Luchino Visconti - Sentiero Planetario del Monte Terminillo

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Luchino
Visconti
Regista e sceneggiatore italiano
1906-1976
Luchino Visconti
Milano, 2.11.1906 – Roma, 17.03.1976
Regista e sceneggiatore italiano
Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate
Pozzolo è stato regista cinematografico
e teatrale di grande fama anche e per le sue
sceneggiature. E’ considerato uno dei più
importanti artisti e uomini di cultura del XX secolo. Fu uno dei padri del neorealismo italiano. Diresse
numerosi film di carattere storico, dove l'estrema cura delle ambientazioni e le ricostruzioni sceniche
sono state ammirate e imitate da intere generazioni di registi. E’ ricordata la cura maniacale con cui
faceva decorare anche gli interni dei cassetti e quegli spazi che nessuno avrebbe visto.
Aiuto regista - Verso la vita (Les basfonds) di Jean Renoir (1936) - La scampagnata (Une partie de
campagne) di Jean Renoir (1936) La Tosca di Jean Renoir e Carl Koch (1941)
Regista - Film: Ossessione (1943) - La terra trema (1948) - Bellissima (1951) - Siamo donne - episodio quinto (1953) - Senso
(1954) - Le notti bianche (1957) - Rocco e i suoi fratelli (1960) - Boccaccio '70 (1962) - episodio Il lavoro - Il Gattopardo (1963)
Vaghe stelle dell'Orsa (1965) - Le streghe (1967) - episodio La strega bruciata viva - Lo straniero (1967) - La caduta degli dei (1969)
- Morte a Venezia (1971) - Ludwig (1973) - Gruppo di famiglia in un interno (1974) - L'innocente (1976)
Documentari: Giorni di gloria (1945) - Appunti su un fatto di cronaca (1951) Alla ricerca di Tadzio (1970)
Premi cinematografici
Festival di Cannes: 1963: Palma d'oro - Il Gattopardo - 1971: Premio del 25º anniversario - Morte a Venezia
Mostra del cinema di Venezia : 1948: Premio internazionale per valori stilistici e corali- La terra trema - 1957: Leone d'argento- Le
notti bianche - 1960: Leone d'argento - Rocco e i suoi fratelli - 1965: Leone d'Oro - Vaghe stelle dell'Orsa
David di Donatello: 1971: miglior regista - Morte a Venezia - 1973: miglior regista – Ludwig - 1973: miglior film – Ludwig - 1975:
miglior film - Gruppo di famiglia in un interno
Nastri d'argento: 1961: miglior regista e migliore sceneggiatura - Rocco e i suoi fratelli - 1970: miglior regista - La caduta degli dei 1972: miglior regista - Morte a Venezia - 1975: miglior regista - Gruppo di famiglia in un interno
nomination Oscar alla migliore sceneggiatura originale 1970- La caduta degli dei
nomination al Premio BAFTA British Academy of Film and Television Arts del 1972 per la miglior regia - Morte a Venezia
Luchino Visconti Segue profilo biografico e opere
Regista di teatro di prosa: Parenti terribili di Jean Cocteau (1945) - Quinta colonna di Ernest Hemingway (1945)
La macchina da scrivere di Jean Cocteau (1945) - Antigone di Jean Anouilh (1945) - A porte chiuse di J.P: Sartre
(1945) - Adamo di Marcel Achard (1945) - La via del tabacco di John Kirkland (da Erskine Caldwell) (1945)
Il matrimonio di Figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais (1946) Delitto e castigo di Gaston Bary
(da F.M. Dostoevskij) (1946) – Zoo di vetro di Tennessee Williams (1946) – Euridice di Jean Anouilh (1947)
Rosalinda o Come vi piace di William Shakespeare (1948) - Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams
(1949) - Oreste di Vittorio Alfieri (1949) - Troilo e Cressida di WilliamShakespeare (1949) - Morte di un commesso
viaggiatore di Arthur Miller (1951) - Il seduttore di Diego Fabbri (1951) - - La locandiera di Carlo Goldoni (1952)
Teatro La Fenice di Venezia - Tre sorelle di Anton Čechov (1952) - Il tabacco fa male di Anton Čechov (1953) - Medea di Euripide (1953) - Come le
foglie di Giuseppe Giacosa (1954) - Il crogiuolo di Arthur Miller (1955) - Zio Vania di Anton Čechov (1955) - Contessina Giulia di August
Strindberg (1957) - L'impresario delle Smirne di Carlo Goldoni (1957) Teatro La Fenice - Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller (1958) - Immagini
e tempi di Eleonora Duse (1958) - Veglia la mia casa, angelo di Ketti Frings (da Thomas Wolfe) (1958) - Deux sur la balançoire di William Gibson
(1958) - I ragazzi della signora Gibbons di Will Glickman e Joseph Stein (1958) - Figli d'arte di Diego Fabbri (1959) - L'Arialda di Giovanni Testori
(1960) - Dommage qu'elle soit une p... di John Ford (drammaturgo) (1961) - Il tredicesimo albero di André Gide (1963) - Après la chute di Arthur
Miller (1965) - Il giardino dei ciliegi di Anton Čechov (1965) - Egmont di Johann Wolfgang von Goethe (1967) Teatro alla Scala - La monaca di
Monza di Giovanni Testori (1967) - L'inserzione di Natalia Ginzburg (1969) Tanto tempo fa di Harold Pinter (1973) - Gruppo di famiglia in un
interno di Enrico Medioli (1974)
Collaborazioni (teatro di prosa) - Carità mondana di Giannino Antona Traversi, messinscena (1936) - Il dolce aloe di Jay Mallory, messinscena
(1936) - Il viaggio di Henry Bernstein, scena (non firmata) (1938) - Vita col padre di Howard Lindsay e Russel Crouse (da Clarence Day),
supervisione (1947) - Festival di Age, Scarpelli, Dino Verde e Vergani, supervisione, (1954)
Regia d opere liriche - La Vestale di Gaspare Spontini (1954) Teatro alla Scala - La sonnambula di Vincenzo Bellini (1955) Teatro alla Scala (anche
al King's Theatre di Edimburgo del 1957 per l'Opera di Scozia) - La traviata di Giuseppe Verdi (1955) Teatro alla Scala - Anna Bolena di Gaetano
Donizetti (1957) Teatro alla Scala - Ifigenia in Tauride di Christoph Willibald Gluck(1957) Teatro alla Scala - Don Carlos di Giuseppe Verdi (1958)
Royal Opera House, Covent Garden (andato in scena fino al 2002) - Macbeth di Giuseppe Verdi (1958) - Il Duca d'Alba di Gaetano Donizetti
(1959) - Salomè di Richard Strauss (1961) Teatro Verdi (Trieste) - Il diavolo in giardino di Franco Mannino su libretto dello stesso Visconti, Filippo
Sanjust e Enrico Medioli (1963) - La traviata di Giuseppe Verdi (1963) - Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart (1964) - Il trovatore di
Giuseppe Verdi (1964) Teatro alla Scala - Il trovatore di Giuseppe Verdi (1964), diverso allestimento Royal Opera House, Covent Garden (andato
in scena fino al 1985) - Don Carlos di Giuseppe Verdi (1965) - Falstaff di Giuseppe Verdi (1966) Wiener Staatsoper (25 rappresentazioni fino al
1970) - Der Rosenkavalier di Richard Strauss (1966) Royal Opera House, Covent Garden (andato in scena fino al 1983) - La traviata di Giuseppe
Verdi (1967) Royal Opera House, Covent Garden (andato in scena fino al 1986) - Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi (1969) Wiener Staatsoper
(19 rappresentazioni fino al 1970) - Manon Lescaut di Giacomo Puccini (1973) - Balletti Mario e il Mago, azione coreografica, (1956) - Maratona
di danza, libretto (1957)
Esperienze di un regista sul palcoscenico e nello studio di Luchino Visconti
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Dovrei definire le differenze tra una regìa cinematografica e una regia teatrale; ma,
come mi pare sia stato già affermato durante i precedenti incontri, non credo che
esistano differenze tra regia teatrale e regia cinematografica.
Le differenze sono materiali, pratiche, di «lavorazione».
Molto spesso, anzi, quasi sempre, colui che poi realizzerà il film è anche
uno degli autori; qualche volta ne è il solo autore. Perciò l’elaborazione di quella
che poi sarà l’opera definitiva – inquadratura per inquadratura – incomincia ad
essere elaborata con grande anticipo. Perciò viene mano mano modificandosi e
subendo trasformazioni che in alcuni casi sono radicali. Mi è capitato non di rado
di avere avuto una sceneggiatura e di averla girata in un modo completamente
diverso. E non per ragioni «polemiche», per così dire, verso la sceneggiatura
o verso gli sceneggiatori; ma proprio perché istintivamente e fatalmente la realizzazione richiedeva un risultato completamente
diverso da quello che era sulla carta.
Ecco quella che, secondo me, è una grande differenza fra la regia teatrale e la regia cinematografica: un dramma di Cecov, una
commedia di Ibsen, una tragedia di Shakespeare si presentano al regista in una forma che è compiuta, intoccabile. Bisogna darne
la realizzazione spettacolare sul palcoscenico, cercando naturalmente di avere il massimo rispetto per un testo che abbiamo
scelto noi stessi e che quindi, indubitabilmente, amiamo. Un testo cinematografico, prima della sua definitiva realizzazione sulla
pellicola, non ha mai riscosso (almeno da parte mia) un tale rispetto per cui mi sentissi intimidito. Molte volte una sceneggiatura
è stata da me completamente capovolta, perché la realtà davanti alla quale mi trovavo girando, era assolutamente diversa da
quella precedentemente concepita al tavolino.
Queste sono le famose ragioni de La terra trema e questa è la necessità di far nascere le scene lì per lì.
Sono stato accusato molte volte di violentare i testi teatrali.
E’ stato forse vero agli inizi della mia carriera, non lo è più adesso e lo sarà sempre meno, perché sempre più mi accorgo del
rispetto che si deve a un grande teatro. Certamente può anche accadere di incontrarsi con un testo per il quale questo rispetto è
inferiore e allora si sente il bisogno di aiutarlo e si pensa di potergli dare una «carica» che gli manca. Ma quando affronto Cecov
(cito Cecov ad esempio, perché è una delle mie ultime esperienze) il mio rispetto è tale – veramente una specie di paura, di
tremore – che mi guardo bene dal modificarlo o dall’alterarlo minimamente. mentre se anche mi affidassero una sceneggiatura di
Charles Spaack o di Jean Auranche, al momento di realizzarla mi sentirei di poterla modificare, di poterla alterare.
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Per quanto riguarda il dialogo, è evidente che se io affronto la prima scena
di Zio Vania di Cecov, essa mi appare già definita, già chiara. Il dialogo contiene
tutto quanto occorre per descrivere, rappresentare un certo stato d’animo,
una certa situazione sociale e morale dei personaggi. Bisogna soltanto
preoccuparsi di esprimere il pensiero del poeta e di renderlo plastico e vivo
allo spettatore. Se, invece, affronto la prima scena della sceneggiatura di un film
che si svolga, per esempio, a Catania, in una piazza che avrò scelta perchè
mi sembra quella più rispondente ala immagine offerta dagli sceneggiatori,
e mi troverò dinanzi ai personaggi reali, dinanzi alla gente che passa,
col sole che cambia di posizione ogni momento, tutto questo mi costringerà
per forza ad una versione di quel testo che non poteva essere prevista.
No credo che esistano grandi differenze fra la recitazione teatrale e quella cinematografica.
Ma è diverso il mezzo e diversa è la distanza dallo spettatore. Evidentemente certi elementi hanno un rilievo o non l’hanno a
seconda che siano su un palcoscenico o su uno schermo. Le differenze fra la recitazione di un attore cinematografico e la
recitazione di un attore teatrale dunque sono più nel testo, nella materia che si affronta con quegli attori.
E’ logico che non avrei potuto impiegare ne La terra trema attori professionisti. Sarebbe stato uno forzo vano quello di portare
attori anche bravissimi alla verità, alla semplicità dei pescatori siciliani non ad esprimere sentimenti ad essi estranei (il che
sarebbe stato egualmente vano), ma ad esprimere sé stessi, la propria situazione ed i sentimenti della loro vita.
E desidero chiarire un aspetto fondamentale del problema.
Si parla spesso di attori «presi dalla strada». Mi sembra una contraddizione in termini: non sono attori presi dalla strada, perché
sarebbe difficile trasformare uno di questi personaggi in attore oppure occorrerebbero anni di lavoro.
Se si tentasse di far recitare un pescatore, un tramviere o chiunque altri credo che non si potrebbe ottenere se non una
recitazione filodrammatica. Ma, se invece si sceglierà un contadino, un minatore e gli si domanderà si essere contadino,
minatore, sarà abbastanza semplice ottenere un risultato positivo.
In fondo i cosiddetti «attori presi dalla strada» non sono interpreti, ma personaggi veri che esprimono sentimenti veri.
Non è possibile creare un film neorealista, né con dialoghi composti da scrittori né con attori provenienti Dal Burgtheater. ma non
bisogna generalizzare eccessivamente perché subito dopo affiorano alla memoria i casi contrari: Roma città aperta, per esempio,
che ha fra gli altri interpreti Anna Magnani.
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Io ricordo la prima visione di Roma città aperta In una saletta di Via Veneto:
la scena dei tedeschi, la scena della Magnani e la caduta: Siamo tutti saltati
in piedi urlando.Questo film è sempre stato considerato come il primo film
neorealista o, se mon il primo, uno dei primi. E v’era già dentro Anna Magnani.
Forse allora non sapevamo quale caricaportasse dentro di sé, ma una carica
«professionale.E’, dunque, molto pericoloso stabilire una regola, perché essa
può essere sempre contraddetta da casi definitivi.
Come si arriva a una regìa teatrale?
Vi si arriva attraverso uno studio approfondito del testo, con gli attori
naturalmente, ai quali si chiede di spogliarsi completamente della loro
individualità, di entrare nel personaggio. Si indirizzano, si guidano, si aiutano si consigliano e, finché essi non siano
perfettamente maturi nei loro personaggi, non si dà inizio alla parte spettacolare, scenica della regia. Io seguo questo metodo
che ormai è diventato comune.
Molto lentamente la commedia prende forma, prende consistenza. Si pongono quindi problemi di ogni genere che sono simili nel
cinema e nel teatro: problemi di luce, problemi tecnici.
Questi problemi esistono anche nel teatro e sono problemi molto delicati. Accade di assistere ad uno spettacolo che appare
sciatto e ci si domanda il perché. Gli attori sono buoni, i ruoli sono a posto ecc. Ma qualche cosa non va. L’atmosfera, la magia
dello spettacolo non si è creata perché alcuni particolari tecnici non sono stati curati abbastanza.
E’ accaduto a tutti, è accaduto anche a me e accade molto spesso. Lo sforzo più direttamente inteso ad ottenere quella specie di
magìa è in un certo senso il momento che nel cinema corrisponde al montaggio. Anche nel teatro, infatti, si lavorano le scene
«staccate» e un bel giorno si decide: «Oggi attacchiamo insieme, vediamo!». E ci si accorge che è lento, che non c’è ritmo, che
non c’è tensione. E allora si «monta» veramente; si taglia, si attacca, si stringe una scena, finché il pezzo teatrale acquista il suo
ritmo, così come si fa in moviola.
Anche in questa seconda fase della lavorazione si rileva una sostanziale somiglianza. La differenza fra le due tecniche è data dal
risultato: una prima rappresentazione teatrale è un «prima», è una volta sola, e non si ripete più.
Inoltre ogni sera un particolare elemento suscita il miracolo di quella determinata sera. Non che ci siano cambiamenti: tutto è
rimasto perfettamente uguale.
E’ la atmosfera, è quel determinato stato di animo, è la reazione degli spettatori di quella serata. Ogni sera io assisto quasi
sempre alle rappresentazioni dei miei spettacoli in palcoscenico. Sento che ogni sera è un po’ diversa dalle precedenti e sempre
mi domando che cosa c’è di nuovo. E questo è il fascino del teatro.
© "Cinema e teatro" 1957.
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