"è compagno militante comunista e rivoluzionario chi ha saputo

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
“FEDERICO II”
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA
TESI DI LAUREA
IN
FILOSOFIA MORALE
Etica e Politica in Pëtr Kropotkin
RELATORE
CH.MO PROF.
GIUSEPPE LISSA
CANDIDATO
LUIGI DEL PRETE
MATR. 04/12481
ANNO ACCADEMICO 2001/2002
1
INDICE
INTRODUZIONE ...................................................................... p.4
I CAPITOLO: VITA DI PËTR KROPOTKIN
1.1 IN FUGA VERSO L’ANARCHIA ................................................ p.16
II CAPITOLO: SCIENZA E ANARCHIA
2.1 L’INTIMO RAPPORTO TRA SCIENZA E ANARCHIA ....................... p.43
2.2 METODO INDUTTIVO-DEDUTTIVO .......................................... p.57
2.3 EDUCAZIONE ALLA LIBERTÀ ................................................ p.71
III CAPITOLO: LA MORALE ANARCHICA
3.1 IL MUTUO APPOGGIO: UN FATTORE DELL’EVOLUZIONE .............. p.83
3.2 UN’ETICA UMANA: SOCIEVOLEZZA, GIUSTIZIA, ABNEGAZIONE ... p.106
IV CAPITOLO: IL COMUNISMO LIBERTARIO
4.1 LO STATO: AUTORITÀ, GOVERNO, LEGGE .............................. p.121
4.2 RIVOLUZIONE, ESPROPRIAZIONE, LAVORO ............................. p.134
4.3 FEDERALISMO COMUNITARIO ............................................. p.146
CONCLUSIONE .................................................................... p.158
BIBLIOGRAFIA.................................................................... p.167
2
INTRODUZIONE
La storia del socialismo e del movimento operaio, a partire
dall’insurrezione parigina del Giugno 1848, passando per la Prima
3
Internazionale, fino alla Guerra Civile Spagnola, è caratterizzata dallo
scontro teorico e pratico, tra due correnti di pensiero legate ad un vasto
movimento popolare ed ad un’istanza ideale per un mondo migliore:
marxismo e anarchismo. La disputa tra marxisti e anarchici ha avuto per
il movimento operaio un’importanza eccezionale, perché con esso
furono oggetto di discussione generale i capisaldi della rivoluzione
proletaria e il modello di società futura, ed il superamento
dell’anarchismo fu condizione necessaria per l’affermarsi del socialismo
scientifico.
In questo ambito, discutere del rapporto fra marxismo e
anarchismo non vuol dire seguire gli sviluppi di una polemica storica, su
cui si ha a disposizione un’ampia documentazione, ma evidenziare come
la contesa tra comunisti e anarchici sia riconducibile allo scontro tra una
dottrina politico-economica ed una teoria della vita o della condotta; tra
un’ideologia marxista che stabilisce il primato dell’economico e un
modo del pensiero anarchico, che si fa poi modo di vivere, riconoscente
la centralità dell’uomo e dei suoi bisogni.
Marx con la sua interpretazione materialistica della storia, con la
legge della concentrazione del capitale, con la teoria della lotta di classe
ha fatto dell’uomo un anello naturale nel processo evolutivo della natura
4
materiale, considerando la società umana come l’organizzazione della
produzione e della distruzione, e il capitalismo come una fase dello
sviluppo della società umana. “Tutta la forza del metodo marxista sta nel
suo affrontare i fenomeni economici non dal punto di vista oggettivo di
certe persone, ma da quello obiettivo dello sviluppo della società come
un tutto, così come uno studioso di scienze sperimentali si pone a
considerare un alveare o un formicaio. Per la scienza economica il
valore decisivo è dato da ciò che gli uomini fanno e come lo fanno, non
da ciò che essi pensano delle loro proprie azioni. Alla base della società
non stanno la religione e la morale, ma la natura e il lavoro. Il metodo di
Marx è materialista perché procede dall’esistenza alla coscienza e non in
senso opposto. Il metodo di Marx è dialettico, perché considera la
società e la natura in fase evolutiva, e l’evoluzione stessa come la lotta
costante di forze contrapposte”1.
L’anarchismo pur condividendo con i marxisti la critica al sistema
capitalista e la necessità della lotta diretta contro il capitale, rifiuta
l’approccio economicistico perché ha una concezione naturalistica della
società, “tutti gli anarchici, credo, sarebbero pronti a sottoscrivere
l’affermazione che l’uomo possiede per natura tutti gli attributi necessari
per vivere in libertà e in concordia sociale. Forse non credono che
1
L.TROTSKIJ, Cos’è il marxismo, Milano, 1999, p.5.
5
l’uomo sia buono per natura, ma sono fermamente convinti che l’uomo
sia per natura socievole. (....) non soltanto l’uomo è per natura socievole,
affermano gli anarchici, ma la tendenza a vivere in società si è
manifestata da pari passo con l’emergere dell’uomo dal mondo
animale”2. La natura umana, come parte della grande trama della vita
naturale e dei suoi complessi processi, è stata e sarà sempre impregnata
di impulso morale. Gli individui sono più simili di quanto siano diversi,
la socialità e la reciprocità sono impulsi morali fondamentali che si
manifestano nella coscienza di una solidarietà umana di primaria
importanza. Ne consegue che l’anarchismo “indica un principio o una
teoria della vita e della condotta in cui la società è concepita senza
governo. Una società del genere viene raggiunta non attraverso la
sottomissione alla legge o l’obbedienza a qualche autorità, ma attraverso
libere intese stipulate tra i vari gruppi, territoriali e professionali,
liberamente costituiti in vista della produzione e del consumo, oltre che
per la soddisfazione dell’infinita varietà di bisogni e aspirazioni propri
di un essere civilizzato”3. Le norme morali interiorizzate, per gli
anarchici, sono in grado di far maggiormente presa sull’individuo in
quanto toccano il suo naturale impulso morale, la sua connaturata
2
G.WOODCOCK, Anarchism - A History of libertarian idea and movements, Londra, 1962, trad.it.
L’anarchia, storia delle idee e dei movimenti libertari, a cura di E.Vaccari, Milano, 1976, pp.17-18.
6
libertà. L’anarchismo mira a semplificare la società, non cerca il sogno
marxista di sviluppo industriale illimitato che offre all’uomo la
liberazione dal lavoro, ma mira alle virtù di una vita semplice e
moralmente piena. Gli anarchici hanno sempre lottato per ottenere ciò
che basta per essere liberi, Kropotkin nella Conquista del pane, quando
parla di bisogni di lusso, intende la letteratura, la scienza, l’arte, e non la
ricchezza materiale. “L’anarchico concepisce il progresso non nei
termini di un continuo aumento della ricchezza materiale e della
complessità della vita, ma piuttosto come moralizzazione della società
attraverso
l’abolizione
dell’autorità,
dell’ineguaglianza,
dello
sfruttamento economico”4. Il libertario è avverso a ogni forma di potere
esercitato da un gruppo a spese di un altro, come corollario in lui c’è la
profonda fede nel potere dell’individuo autonomo. “Occorre osservare
che, in linea di principio, a nessun individuo, società o popolo si può
dare ciò che in essi non sia già almeno in germe,
se non proprio
ad un certo grado di sviluppo”5. In tutti gli anarchici troviamo una sorta
di sacralizzazione della decisione individuale e della
3
P.KROPOTKIN, Anarchism, in Encyclopaedia britannica, 11a ed. 1970, trad.it. Anarchismo, a cura
di P.Costa, in ‘La società degli individui’, VIII (2000), p.133.
4
Ibid., p.24.
5
M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-Ginevra, 1873, trad.it. Stato e
Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, Milano, 2000, p.239.
7
partecipazione volontaria ad eventi collettivi; il popolo non viene visto
marxisticamente come soggetto storico globale, bensì come un insieme
di individui sovrani che liberamente e spontaneamente decidono
l’azione rivoluzionaria. La stessa società liberata, si configura come
federazione di uomini liberi che avrà come unica autorità la naturale
tendenza degli uomini ad aiutarsi reciprocamente. “Gli anarchici negano
il diritto della maggioranza di imporre la sua volontà alla minoranza: il
diritto non sta nel numero ma nella ragione; non si fa giustizia contando
i voti, bisogna cercarla nel cuore degli uomini”6. L’anarchismo ci offre
l’attualizzazione del sé morale autonomo, come un qualcosa che riflette
l’impulso morale in natura e che si è completamente liberato dai propri
fondamenti universalistici. In questo modo, si giunge a una convergenza
che consente una moralità senza ricorso all’universalismo, e che sostiene
piuttosto un universo di differenze e una moralità naturale che non
conosce doveri o obblighi, ma solo gli istinti innati verso la socialità e
l’aiuto reciproco. “Nelle sue azioni l’uomo sarebbe pertanto guidato dal
suo stesso intelletto, che porterebbe necessariamente l’impronta di una
libera
presenti
azione e reazione tra il proprio io e le concezioni etiche
nel suo ambiente. Gli sarebbe pertanto consentito di
raggiungere il pieno
6
Ibid., p. 28.
8
sviluppo di tutte le sue facoltà, intellettuali, artistiche e morali, senza
essere ostacolato da un surplus di lavoro in favore dei monopolisti, o dal
servilismo e dall’inerzia spirituale dei più. Gli sarebbe pertanto
consentito di raggiungere una piena individualizzazione, che non è
possibile nel presente sistema di individualismo”7.
L’anarchismo, nonostante sia intriso di profonda morale, nel
momento in cui dovette passare dalla formulazione teorica alla prassi
quotidiana, non poté sfuggire alla medesima sorte del marxismo, cioè
sfaldarsi in una serie di anarchismi, alcuni dei quali in apparente
contraddizione
tra loro. L’intensa propaganda della borghesia
capitalista, ha stereotipato l’anarchismo facendone solo un’ideologia
fautrice del caos e del disordine, e radicalizzando la figura
dell’anarchico lo ha disegnato esclusivamente come un bombarolo, un
nichilista, un violento. L’identificazione tra terrorismo e anarchismo è
dovuta alle azione dei cosiddetti anarchici individualisti, quali
Ravachol, Caserio, Villant, Angiolillo, Henry, uomini isolati e
disadattati animati da un singolare miscuglio di austero idealismo e di
passione apocalittica, che adoperando l’attentato dinamitardo e
l’assassinio dei monarchi, miravano a colpire al cuore il potere
7
P.KROPOTKIN, Anarchism, in Encyclopaedia britannica, 11a ed. 1970, trad.it. Anarchismo, a cura
di P.Costa, in ‘La società degli individui’, cit., p.134.
9
abbattendo i suoi simboli. La convinzione che non si potesse attendere
la presa di coscienza del popolo, ma che era necessario iniziare a
distruggere, ha legittimato l’azione di repressione dello Stato borghese
nei confronti di tutti gli anarchici.
Coloro che all’interno del movimento anarchico, si opposero
all’azione sconsiderata degli individualisti, evidenziarono la necessità di
porre al centro dell’anarchismo il rapporto tra fini e mezzi; questi ultimi,
qualunque sia la forma di lotta, non possono mai discostarsi dagli
obiettivi a cui si tende e devono anzi contenerli
nelle forme
dell’organizzazione. Nessuna rivoluzione può mai accadere come fattore
di liberazione a meno che i mezzi utilizzati per promuoverla siano
identici in spirito e tendenza ai propositi che devono essere conseguiti.
Se coercizione, dominio, gerarchia e violenza sono evitati come fini,
non bisogna mantenerli come mezzi, indipendentemente dalla nobiltà
dello scopo. “La libertà può essere creata solo dalla libertà ovvero dalla
rivolta di tutto il popolo e dalla libera organizzazione delle masse dei
lavoratori dal basso in alto”8.
La violenza non è assolutamente connaturata al pensiero
libertario, basta pensare che non esiste un solo morto anarchico, per
8
M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-ginevra, 1873, trad.it. Stato e
Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, cit., p. 212.
10
mano anarchica, su dispute di carattere ideologico; mentre tutte le altre
ideologie hanno prodotto martiri di loro stessi. E’ interessante notare
però come il carattere non violento e antiautoritario dell’anarchismo
teorico, trovi nella prassi quotidiana la sua massima contraddizione; tutti
gli anarchismi non hanno mai chiarito in che modo si possano
combinare antiautoritarismo e rivoluzione sociale. Unendo il fattore
della subitaneità della rivoluzione e dello spontaneismo popolare, così
come viene proposto dal movimento anarchico, a quello dell’autorità,
che la stessa rivoluzione necessariamente comporta, avendo di fronte
l’esempio della Comune Parigina, nella quale il proletariato aveva
dominato autoritariamente, Engels con piglio polemico e sottile ironia,
osservava giustamente che “gli anti-autoritari domandano che lo Stato
politico autoritario sia abolito d’un tratto, prima ancora che si abbiano
distrutte le condizioni sociali che l’hanno fatto nascere. Loro
domandano che il primo atto della rivoluzione sociale sia l’abolizione
dell’autorità. Non hanno mai veduto una rivoluzione questi signori? Una
rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che vi sia: è l’atto per il
quale un parte della popolazione impone la sua volontà all’altra parte col
mezzo di fucili, baionette e cannoni, mezzi autoritari, se ce ne sono” 9.
Rivoluzione e autoritarismo sono legati a doppio filo, una rivoluzione
9
Marxismo e Anarchismo, a cura di G.M.Bravo, Roma, 1971,p.79.
11
senza spargimento di sangue è impossibile, in una rivolta per cambiare
lo status quo ci sarà sempre chi non accetterà il cambiamento e sarà
oggetto di imposizione forzata. Quando Bakunin dice che bisogna
insegnare al popolo “a resistere ferocemente ma anche a passare
audacemente all’attacco”10, cosa intende per attacco? Cos’è la
rivoluzione per l’antiautoritarismo anarchico?
La contraddizione ce
la offre Bakunin stesso: “non può esserci rivoluzione
senza
una
distruzione vasta e appassionata, una distruzione salutare e feconda
dato che appunto da questa e solo per mezzo di questa si creano e
nascono i mondi nuovi”11.
Il circolo vizioso, antiautoritarismo,
violenza, rivoluzione sociale è esplicitato e reso insolubile da colui che
comunemente è inteso come il padre dell’anarchismo.
La storia nel suo divenire ha sancito la sconfitta politica
dell’anarchismo nei confronti del marxismo, il movimento operaio e
anticapitalistico ha avuto come riferimento ideologico solo il marxismo,
anche se più correttamente dovremmo dire i marxismi. Allo stesso
tempo
la storia, ci ha anche consegnato un lascito pesante e
drammatico: le grandi tragedie dello Stalinismo e dei vari totalitarismi
10
M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-ginevra, 1873, trad.it. Stato e
Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, cit., p.254.
11
Ibid., p.40.
12
comunisti in qualsiasi latitudine, hanno confermato la tesi anarchica che
la dittatura del
proletariato si sarebbe trasformata nella dittatura di una piccola
burocrazia sul proletariato. L’incontrovertibile verità della critica
anarchica, riguardo agli esiti del pensiero marxista, ci deve oggi
stimolare ad una ricerca più attenta intorno all’anarchismo, o per meglio
dire intorno agli anarchismi e ai suoi teorici.
Bakunin, nonostante sia considerato il fondatore dell’anarchismo,
non produsse mai un corpo di dottrine compiuto e sistematico; qualcosa
del genere si trova piuttosto nelle opere di Pëtr Kropotkin. L’anarchico
russo, proveniente da una famiglia dell’aristocrazia zarista, attraverso
una lunga vita di scritti, ha contribuito a dare direzione e coerenza ad
una teoria che non aveva ancora una formulazione nei termini del
pensiero scientifico moderno. La vasta opera e l’intensa attività di
propagandista, ci consentono di ricostruire le caratteristiche essenziali
dell’anarco-comunismo, di cui insieme a Cafiero e Malatesta fu la
massima espressione, ed allo stesso tempo di comprendere il suo metodo
di ricerca che unisce scienza e anarchia, con cui cerca di far coesistere
evoluzione
e
rivoluzione,
facendo
dell’azione
rivoluzionaria
un’accelerazione rapida, una fase concentrata dell’evoluzione generale.
13
Kropotkin ha analizzato tutti i temi cari all’anarchismo: Stato, Autorità,
Rivoluzione, Società Futura, Lavoro, preferendo alle astratte formule
politiche, la centralità del problema morale, i bisogni umani, le esigenze
dell’individuo.
In Kropotkin possiamo individuare il vero
teorico dell’anarchismo come teoria sociale; i compagni anarchici lo
amarono tantissimo, molti poeti e scrittori lo ricordano con
ammirazione, le pagine di storia però lo hanno dimenticato,
valorizzando personaggi più appariscenti, ma meno profondi e coerenti.
Nella La loro morale e la nostra Trotskij, un altro dimenticato
dalla storia, a proposito dei veri rivoluzionari, scrive: “Essi sanno
rimontare la corrente nella convinzione profonda che l’afflusso storico
di nuova potenza li porterà sino all’altra riva. Non tutti: molti
annegheranno per via. Ma il partecipare a tale movimento con gli occhi
aperti, con una volontà tesa, costituisce la soddisfazione morale per
eccellenza che possa essere data ad un essere pensante”12.
Pëtr Kropotkin fu un essere pensante, assaporare il suo pensiero è
cosa necessaria per comprendere l’anarchismo nelle sue verità, nelle sue
contraddizioni, nella sconfitta di ieri e nelle possibilità di un domani.
12
L.TROTSKIJ, Ih moral’ i naša, s.l., 1939, trad.it. La loro morale e la nostra, Bari, 1967, p.78.
14
15
CAPITOLO PRIMO
16
In fuga verso l’anarchia
“I suoi talenti letterari, il valore e la mole della sua produzione, la sua
instancabile attività, il prestigio che gli veniva dalla fama di grande
scienziato, il fatto che egli aveva sacrificato una posizione altamente
privilegiata per difendere, a costo di sofferenze e di pericoli, la causa
popolare, e di più il fascino della sua persona che incantava tutti quelli
che avevano la fortuna di avvicinarlo, gli dettero tale notorietà e tale
influenza che egli sembrò, ed in gran parte fu realmente, il maestro
riconosciuto della grande maggioranza degli anarchici ”13; queste parole
di Errico Malatesta ci danno una chiara idea dello spessore intellettuale
e delle qualità morali di uno dei più grandi teorici dell’anarchismo:
Pëtr Kropotkin. Se però accettiamo la definizione data da Amedeo
Bordiga del vero rivoluzionario: “E’ compagno militante comunista e
rivoluzionario chi ha saputo dimenticare, rinnegare, strapparsi dalla
mente e dal cuore la classificazione in cui lo iscrisse l’anagrafe di
questa società in putrefazione, e vede e confonde se stesso in tutto
l’arco millenario che lega l’ancestrale uomo tribale lottatore con le
belve al
17
membro della comunità futura, fraterna nell’armonia gioiosa dell’uomo
sociale”14, allora possiamo dire che Kropotkin è stato un rivoluzionario
a tutto tondo. Fu un’instancabile agitatore, un coraggioso militante
anarchico, un fine teorico e soprattutto con la sua esistenza
riuscì a dimenticare, rinnegare e strapparsi dalla mente e dal cuore
la classificazione in cui l’aveva iscritto l’anagrafe della società russa.
Pëtr Kropotkin nacque a Mosca nel dicembre del 1842, la famiglia era
ricca, potente e antica; gli antenati erano stati principi di Smolensk
e si vantavano discendenti dell’antica dinastia reale fondata da Rurik,
che aveva regnato sulla moscovia prima dei Romanov. Il padre
Aleksandr Kropotkin era un generale in ritiro e proprietario di servi, uno
di quei ufficiali rigidissimi che piacevano tanto allo zar regnante Nicola
I; la madre, Ekaterina Sulima moriva di tubercolosi nell’aprile del 1846,
era una donna vivace e molto allegra, appassionata di ballo e dal
temperamento artistico e l’amore che trasfuse nei suoi quattro figli Nicola nato nel 1834, Helen un anno dopo, Alexander nel 1841 e Petr
nel 1842 - rimase un vivo ricordo per tutta la loro vita. “Tutti coloro che
la conobbero l’amarono, fu a suo nome che Madame Burnam si prese
cura di noi, ed è a suo nome che la nurse russa ci diede il suo amore.
13
E.MALATESTA, Ricordi e critiche di un vecchio amico, Montevideo, s.p., aprile 1931.
Quaderni del Partito Comunista Combattente, Che cos’è il partito comunista combattente, Milano,
Aprile 1996, p.30.
14
18
(....) Tutta la nostra infanzia è illuminata dal suo ricordo. Quante volte,
in qualche corridoio buio, la mano di una serva si posava su Alexander o
su di me con una carezza; oppure una contadina, incontrandoci nei
campi, ci chiedeva ‘Sarete buoni come vostra madre? Lei aveva
compassione per noi. Anche voi sicuramente’. Per ‘noi’, naturalmente,
intendeva i servi. Io non so che ne sarebbe stato di noi se non avessimo
trovato nella nostra casa, tra la servitù, quell’atmosfera d’amore che i
bambini devono avere attorno a loro ”15.
Grazie al contatto con i servi, compagni di sofferenza sotto la
rigida tirannia di suo padre, Kropotkin - come Turgenev prima di lui sentì fin da bambino il legame di una comune umanità fra i poveri e i
ricchi e imparò quale bontà si nascondeva nel cuore dello schiavo e del
contadino russo. Un precettore francese lo iniziò al concetto di
uguaglianza, e un precettore russo gli offri i libri che ravvivarono il suo
spirito in lenta formazione. I libri di Gogol’, i versi di Puskin e
Nekrasov, le taglienti pagine di Cernisevskij, accesero la sua fantasia e
così, sotto la guida del precettore N. P. Smirnov, Kropotkin cominciò a
scrivere,
della
pubblicando all’età di dodici anni una rivista letteraria
quale lui ed il fratello Alessandro erano gli unici
15
P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a
cura di L. Berrini Pajetta, Milano, 1969, p.9.
19
collaboratori.
Questa felice e spensierata esistenza terminò all’età di quindici anni
quando gli si aprirono le porte della carriera militare nel Corpo militare
dei Paggi. La vita militare non gli piaceva, il lusso raffinato che lo
circondava e la dissoluta esistenza dei coetanei aristocratici gli
risultavano insopportabili, la lettura del cantore ‘degli oppressi e dei
reietti’ Nekrasov lo avvicinava spiritualmente alla vita del popolo,
l’assidua corrispondenza
e gli intensi scambi intellettuali con il fratello Alessandro gli resero
limpide le enormi e ingiustificate disuguaglianze sociali. Accolse con
entusiasmo l’ascesa al trono di Alessandro II e la sua decisione, nel
1861, di emancipare i servi; “erano maturati i suoi istinti liberali, in
parte attraverso la lettura della prima rivista di Herzen, La stella polare,
in parte per reazione alla tirannia degli ufficiali del Corpo dei Paggi.
Nello stesso tempo il suo interesse per la scienza stava diventando vera
passione”16.
L’ambiente gretto e reazionario della scuola, non gli impedì di
diventare sergente del corpo, il che significava essere per un anno
paggio personale del nuovo zar. Questa esperienza fu fondamentale per
16
G.WOODCOCK, Anarchism - A History of libertarian ideas and movements, Londra, 1962,
trad.it. L’anarchia, storia delle idee e dei movimenti libertari, a cura di E.Vaccari, cit., p.165.
20
gli orientamenti futuri, presto si rese conto dello strano miscuglio
d’idealismo e di tendenze autocratiche che regnava alla corte dello zar,
nonché della paura che continuamente tormentava Alessandro: una
paura e “un’incapacità di provare affetto sincero” 17 che lo spingevano
nelle braccia dei reazionari ogni qualvolta si evidenziava l’opposizione
o la resistenza del popolo all’oppressione. Kropotkin conobbe anch’egli
la profonda delusione da cui fu attraversata l’intelligencija russa quando
i vantaggi dell’emancipazione furono in gran parte annullati dagli
oneri
imposti ai servi per indennizzare i proprietari terrieri e dalla feroce
repressione di
ogni manifestazione di malcontento. Quando venne,
per Kropotkin, il momento di lasciare il corpo dei paggi e di scegliersi
un reggimento, si arruolò, non nel reggimento delle Guardie che gli
avrebbe consentito una brillante carriera militare, ma nel nuovo e
disprezzato reggimento dei Cosacchi a cavallo dell’Amur in Siberia. Più
degli onori e del prestigio a lui interessava fuggire dall’atmosfera
mefitica di Pietroburgo, continuare gli studi scientifici e conoscere il
conte Murjakov, governatore generale della Siberia Orientale,
riformatore avanzato, che aveva fatto tantissimo per ripulire
17
P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a
cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.110.
21
l’amministrazione da funzionari corrotti e reazionari. “I cinque anni
trascorsi in Siberia furono per me di grande utilità per la conoscenza
della vita e degli uomini”18,
nella gelida Russia Orientale ebbe l’opportunità di osservare gli usi e le
abitudini dei contadini nella loro vita quotidiana ed apprezzare così
quanto poco utile fosse per loro l’amministrazione dello stato; “essi mi
insegnarono anche come pochi siano i reali bisogni dell’uomo, non
appena egli sia uscito dal cerchio magico della civiltà convenzionale” 19.
Un’indagine sociologica sul diritto penale suscitò in lui oltre ad una
profonda repulsione per l’autarchia, un tormentoso senso di vergogna
per la propria condizione di privilegiato; lo sdegno lo portò a rifugiarsi
negli studi scientifici, specialmente geografici. Viaggiò in lungo e in
largo, si spinse nelle estreme regioni orientali della Russia e nella
Manciuria cinese per raccogliere dati ed osservazioni, con questa attività
gettò le basi dello studio scientifico delle regioni e dei popoli
dell’Estremo Oriente; i suoi rapporti furono pubblicati dalla Società
geografica russa e in poco tempo Kropotkin si conquistò la fama di
valente geografo e la nomina a segretario della società geografica Russa.
Tutto questo peregrinare, come un novello Lord Jim in fuga continua
18
19
Ibid., p.124.
Ibid.
22
dall’anagrafe in cui lo aveva posto la società, lo convinse dell’assoluta
impossibilità di fare qualcosa di utile per il popolo servendosi del
meccanismo
amministrativo.
Vivere
con
gli
indigeni,
vedere
l’organizzazione comunista dei Duchoborcy dell’Amur, osservare lo
spettacolo di una natura in equilibrio perenne, lo aiutarono a capire
come il comandare, il punire, il dare ordini fossero inutili nella vita
reale, e che solo attraverso lo sforzo costante di tante volontà
convergenti era possibile raggiungere gli obiettivi. L’amicizia con il
poeta M.L.Michailov, mandato in Siberia nel 1861 per i suoi scritti
populisti, rafforzarono la tendenza alla ribellione di Kropotkin; fu
Michajlov
colui
che
iniziò
Kropotkin
alle
idee
anarchiche
incoraggiandolo a leggere Proudhon e in particolare una copia annotata
delle sue Contraddizioni economiche: ormai il principe russo aveva fatto
il primo passo sulla strada verso le montagne del Giura.
L’orrore per la brutale repressione della rivolta polacca del 1866,
alcune vittime della quale capitarono sotto la sua giurisdizione, spinsero
Kropotkin ed il fratello Alessandro ad abbandonare il servizio militare e
tornare in Russia nel 1867. La sua avventura in Siberia era terminata,
ma questa esperienza fu fondamentale e come lui stesso ci dice: “benché
allora non formulassi le mie osservazioni nei termini della lotta politica,
23
posso dire che in Siberia persi tutta la fiducia che avevo avuto fino a
quel momento nella disciplina dello Stato. Ero già è pronto a diventare
un anarchico”20. A Pietroburgo, si iscrisse alla facoltà di fisica e
matematica; per cinque anni si dedicò solo agli studi universitari e alla
sua attività di
segretario della sezione di geografia fisica della Società geografica
russa. Nel 1871 esplorò i depositi glaciali della Finlandia e della Svezia,
nel 1873 pubblicò una mappa ed uno scritto nel quale provò che le carte
esistenti dell’Asia, interpretavano in maniera del tutto erronea la
formazione fisica del continente. Questo intenso lavoro di geografo gli
portò non pochi riconoscimenti, tutto sembrava avviarlo alla vita di
scienziato e l’invito a ricoprire il ruolo di segretario generale della
Società Geografica era un sogno che si realizzava. Kropotkin rifiutò ed è
lui stesso a spiegarci i motivi: “Ma quale diritto avevo io a queste gioie
profonde, mentre intorno a me non vi era che miseria e lotta per un tozzo
di pane ammuffito; quanto tutto quello di cui io potevo aver bisogno per
poter vivere in questo mondo di altissime emozioni doveva essere tolto
dalla bocca di quelli che fanno crescere il grano e non hanno abbastanza
pane per i loro bambini ? (....) Tutte le belle parole sono inutili, quando
gli apostoli del progresso si tengono lontani da quelli che pretendono
20
Ibid., p.160.
24
spingere in avanti; quelle frasi non sono che sofismi di spiriti desiderosi
di sfuggire a una contraddizione irritante. Per questo dunque mandai alla
Società Geografica la mia risposta negativa”21; il tenero adolescente
amico e compagno dei servi di casa Kropotkin, il paggio che odiava la
vita militare e leggeva i poeti rivoluzionari, il giovane geologo che
aveva studiato la natura e gli uomini, il sensibile esploratore della
morale umana, era diventato il cosciente e realista rivoluzionario.
La Comune Parigina del 1871 aveva acceso la fantasia e la
speranza dei rivoluzionari, era giunto il momento, per Kropotkin, di
conoscere i fermenti rivoluzionari dell’Europa Occidentale, così nel
1872 venne per la prima volta a visitare la Svizzera, fermandosi a Zurigo
e a Ginevra. Era l’epoca in cui, l’internazionale faceva parlare di sé. Era
avvenuta la celebre scissione fra Marx e Bakunin al congresso dell’Aia,
dopo che al congresso di Berna gli anarchici avevano tracciato le linee
generali del loro programma e della loro tattica, che respingeva ogni
partecipazione all’azione politica che consolidasse la forma dello stato,
cioè il parlamentarismo. Per cinque settimane frequentò il gruppo
Marxista di Ginevra; ma i calcoli politici di Nikolaj Utin, il più influente
marxista russo, lo infastidirono non poco; Kropotkin, che già professava
idee liberali ed avanzate, si rese conto immediatamente degli intrighi e
21
Ibid., p.178.
25
della sete di potere che animava i capi del gruppo marxista, nonché del
carattere piramidale e dirigista che caratterizzava il gruppo ginevrino.
Decise di incontrare Zukovskij, a quel tempo il punto di riferimento per
il gruppo Bakunista, che lo invitò a visitare il Giura. Nel Giura incontrò
James Guillaume ed ebbe la possibilità di osservare la vita degli
orologiai delle montagne; “gli operai qui non erano una massa ignara,
asservita agli interessi politici dei pochi; i loro capi erano
semplicemente i più attivi di loro, più che dirigere, davano l’esempio
agli altri”22, l’assenza di divisione fra i capi e le masse, il livello
intellettuale più alto determinato dalla possibilità di lavorare in casa
propria e la forte coesione sociale, impressionarono favorevolmente
Kropotkin. Le idee anarchiche di Bakunin: la critica al socialismo di
stato, la paura di una tirannide economica molto più pericolosa della
tirannide politica, la socializzazione dell’educazione, l’integrazione fra
lavoro manuale e intellettuale, l’abolizione dello stato, l’organizzazione
della società su base federale, il collettivismo economico e autogestione
delle aziende, conquistarono definitivamente il principe russo e così
come lui stesso scrive: “quando lasciai quelle montagne dopo una
22
Ibid., p.211.
26
settimana passata fra gli orologiai, le mie idee in fatto di socialismo
erano chiare: ero un anarchico”23.
In questo soggiorno Svizzero vi fu una prima elaborazione teorica,
Kropotkin giunse alla conclusione che vi sono periodi nell’evoluzione
della società umana nei quali la lotta è inevitabile e la guerra civile
scoppia, indipendentemente dalla volontà degli individui; è necessario
orientare questa lotta in favore di grandi ideali in modo da suscitare
l’entusiasmo degli uomini. Portando la lotta su di un piano più elevato,
secondo Kropotkin, l’atmosfera sociale si purificherà da sé ed il numero
delle vittime sarà sicuramente inferiore a quello che si avrebbe se
la lotta si combattesse su problemi di importanza secondaria. L’idea
che la rivoluzione è il frutto meccanico dell’evoluzione sociale o della
degenerazione spontanea del sistema capitalistico, presente in tutte le
opere più importanti di Kropotkin, sarà oggetto di critica da parte di non
pochi anarchici, fra cui l’amico Errico Malatesta. Su consiglio di
Guillaume, Kropotkin lasciò la Svizzera e fece ritorno a Pietroburgo; era
giunto il momento di svolgere propaganda attiva in una Russia che si era
svegliata dal suo torpore. Il movimento nichilista, così battezzato da
Turgenev nel grande romanzo Padri e figli, si stava sviluppando fra la
gioventù colta come ribellione a tutte le ‘menzogne convenzionali della
23
Ibid., p.212.
27
civiltà’; non gratuito terrorismo ma rivolta di giovani esasperati, molti
dei quali cacciati dai ginnasi e dalle università. Il nichilista, impersonato
dall’eroe di Turgenev Bazarov, rifiutando di piegarsi a qualsiasi autorità
che non fosse la ragione negava validità alla vecchie convenzioni, era
fautore dell’emancipazione della donna e dei figli dalla soggezione
paterna, riteneva essenziale l’educazione del popolo e il mescolarsi con
la
massa
dei
diseredati.
Kropotkin
giudicava
troppo
duro
l’atteggiamento dei nichilisti nei confronti della famiglia e mal
sopportava l’uso immorale che ne faceva Necaev; pur ritenendo
importante la rinascita di un forte impegno sociale tra i giovani russi,
decise di entrare a far parte del circolo Caikovskij, il più famoso fra i
gruppi populisti del 1870-80. I membri del circolo si proponevano di
svolgere opera di propaganda, di scrivere e diffondere opuscoli, di
continuare il grande compito di educare il popolo. Per la maggior parte
erano costituzionalisti moderati con inclinazioni socialdemocratiche,
Kropotkin era fra loro l’unico anarchico, e le sue idee esercitavano poca
influenza sul circolo. Si sentiva, in questa prima fase, molto vicino a
Proudhon e Bakunin, in particolare l’influenza di Proudhon era evidente
nella proposta che al denaro si sostituissero buoni di lavoro e nella
convinzione di dare vita a cooperative di consumatori e produttori. Il
28
mutualismo economico Proudhoniano: un sistema di produzione e di
scambio nel quale i lavoratori erano proprietari dei mezzi di produzione,
e nel quale le unità produttive autogestite, federandosi tra loro,
applichino il principio della cooperazione, era garanzia per Kropotkin di
un organizzazione in cui l’autorità si orientava dal basso verso l’alto.
Per due anni svolse l’attività di agitatore col nome di Borodin; travestito
da contadino tenne una serie di conferenze clandestine nei quartieri
popolari di Pietroburgo, per sviluppare nella massa l’idea del socialismo
libertario; era diventato in poco tempo lo spettro rosso della polizia
zarista. Nel 1874 però fu arrestato, per la delazione di un operaio
vendutosi alla polizia, e rinchiuso nella terribile fortezza Di S.Pietro e
Paolo; dopo due anni si ammalò e fu trasferito nella parte dell’ospedale
militare di Pietroburgo riservata ai carcerati. Da qui, con l’aiuto
dell’amico e compagno Dott.Weimar, compì l’audace fuga descritta con
grande passione nelle sue Memorie di un rivoluzionario.
Da quel momento iniziò la sua vita di esiliato ed il suo periodo più
attivo come agitatore e pubblicista; nell’agosto del 1876 raggiunse
l’Inghilterra, nel gennaio del 1877 si spostò di nuovo in Svizzera
stringendo amicizia con Reclus e con alcuni internazionalisti italiani,
capeggiati da Carlo Cafiero ed Errico Malatesta. L’8 ottobre 1878 sposò
29
Sophie Ananiev e alla fine del 1878 fondò Le Révolté. Gli inizi del
giornale furono complessi a causa della difficoltà di trovare un tipografo
che avesse il coraggio di stampare un giornale anarchico. Kropotkin e
Herzig decisero di aprire una propria tipografia e comprare a credito
una cassa di caratteri a stampa e un po’ di carta, con le entrate
provenienti dal Révolté si sarebbero pagati i debiti; la cosa riuscì e
presto il giornale divenne il principale organo di stampa del movimento
anarchico riuscendo a vendere fino a duemila copie. Kropotkin continuò
a redigerlo in Svizzera finché non fu espulso, dopo l’assassinio di
Alessandro II nel 1881, in seguito alle pressioni del governo zarista. Due
dei suoi primi libri, Parole di un ribelle e La conquista del pane furono
composti di articoli pubblicati sul Révolté, lo stesso vale per alcuni
opuscoli quali Ai Giovani, Governo Rivoluzionario e Lo spirito di
ribellione.
La posizione dottrinale di Kropotkin era ormai giunta a piena
maturazione: al collettivismo di Bakunin e al mutualismo di Proudhon,
contrapponeva,
ora,
l’anarco-comunismo, cioè l’idea di
libera
distribuzione delle risorse attraverso la formula ‘da ciascuno secondo le
sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni’. Era sempre di più
convinto che il criterio di distribuzione dei beni dovesse essere il
30
bisogno più che la quantità di lavoro fatto. Il comunismo, nel senso di
abolizione di ogni forma di sistema salariale e di economia mercantile,
sarebbe naturalmente derivato dalla collettivizzazione dei mezzi di
produzione e in nessun modo si sarebbe dovuto configurare come
dittatura del proletariato; per Kropotkin all’individualismo capitalistico
non si doveva sostituire la proprietà statale bensì una società senza stato
fondata su un sistema di cooperazione volontaria. Quanto alla
realizzazione di questo nuovo assetto societario, Kropotkin crede
fermamente che non si possa realizzare né per le vie pacifiste indicate da
Godwin e Tolstoj, né attraverso atti terroristici individuali o di piccoli
gruppi e neppure ad opera di un governo rivoluzionario; soltanto una
spontanea sollevazione popolare senza alcuna guida dittatoriale, potrà
rovesciare l’attuale assetto sociale per ricostruirlo ex novo.
Il comunismo anarchico si diffuse rapidamente, nei circoli
libertari svizzeri e presso l’internazionale italiana ottenne grande
consenso, rimaneva da fare l’ultimo passo, accettare il nome di
comunismo anarchico. Kropotkin, Reclus e Cafiero persuasero, nel
1880,
il Congresso della Federation Jurassienne ad accettare il
comunismo libertario come dottrina economica; Cafiero pronunciò il
discorso Anarchia e Comunismo, Kropotkin e Reclus difesero con forti
31
discorsi l’idea anarchica-comunista ed il congresso l’adottò in modo
definitivo.
Sulla fine del 1882 fu coinvolto nel celebre processo di Lione
contro gli anarchici accusati di aver capeggiato le manifestazioni di
piazza degli operai lionesi. Poiché non vi erano prove, Kropotkin e altri
cinquantatré compagni, furono condannati al carcere in base ad una
legge del ’72 che considerava reato l’appartenenza all’internazionale. Il
‘principe’ russo sarebbe potuto fuggire ma preferì affrontare il processo
e redasse la dichiarazione di principi che tutti sottoscrissero.
Essa denunciava i governi e il capitalismo e così si concludeva:
“Vogliamo, in una parola, l’Uguaglianza: l’uguaglianza di fatto come
corollario o piuttosto come condizione primordiale della libertà. A
ciascuno secondo le sue facoltà, a ciascuno secondo i suoi bisogni: ecco
quello che vogliamo sinceramente, energicamente; ecco ciò che sarà,
poiché non c’è prescrizione che possa prevalere su rivendicazioni
insieme legittime e necessarie. Ecco perché ci si vuole offrire a tutte le
ignomie. Scellerati che noi siamo! Noi reclamiamo il pane per tutti, il
sapere per tutti, il lavoro per tutti, per tutti pure l’indipendenza e la
giustizia.”24 Kropotkin e tre altri propagandisti anarchici furono
24
M.BENDISCIOLI-A.GALLIA, Documenti di storia Contemporanea 1815-1970, Milano, 1973,
p. 214.
32
condannati a cinque anni di carcere da scontare nella prigione di
Clairvaux, nella vecchia abbazia di San Bernardo, dove ricevettero
il trattamento di favore
riservato ai carcerati politici. Questa seconda esperienza carceraria
convinse ancora di più Kropotkin dell’inutilità della detenzione nel
processo di reintegrazione sociale dell’individuo; aveva provato sulla
sua pelle come qualsiasi costrizione e segregazione pervertisse l’uomo,
la prigione era una delle più atroci filiazioni dell’autoritarismo, una vera
e propria ‘università del delitto’, tanto più efficace quanto più giovane
era il recluso. La cella e la vita carceraria determinavano un processo di
demoralizzazione
del
carcerato,
“la
prigionia,
necessariamente,
fatalmente, distrugge nell’uomo l’energia e più che mai ne uccide la
volontà. (....) La volontà del carcerato deve essere annientata e vi è
ancora meno il modo di coltivare lo spirito di socievolezza”25. La
volontà di Kropotkin però non si fiaccò nonostante in prigione si
ammalasse di malaria, il conforto dei compagni e della moglie furono
costanti, Ernest Renan gli mise a disposizione la sua biblioteca, Georges
Clemenceau presentò alla camera dei deputati una mozione in cui
chiedeva per lui l’amnistia, l’opinione pubblica si schierò dalla parte
25
P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a
cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.341.
33
dell’anarchico e così il 15 gennaio del 1886 fu liberato, per l’amnistia
accordata da Grevy, dopo la sua rielezione a presidente della
Repubblica. Nel Marzo dello stesso anno sbarca per la quarta volta in
Inghilterra, che sarebbe stata per
più di trent’anni la sua seconda patria. Rimase molto impressionato
dal
cambiamento intervenuto nel clima politico inglese da quanto vi aveva
soggiornato nel 1881-82: trovò già formato un vivace movimento
socialista, una lotta in pieno svolgimento tra i marxisti della federazione
socialdemocratica di Hyndman e i libertari della lega socialista di
William Morris animava il dibattito politico, un fermento di idee
socialiste riscaldava gli intellettuali più giovani; Bernard Shaw e Tom
Mann erano soliti frequentare la sua casa per dibattiti e discussioni,
Oscar Wilde subì il fascino della sua personalità e del suo vangelo: “Due
delle vite più perfette in cui mi sia imbattuto nelle mie esperienze sono
quelle di Verlaine e del principe Kropotkin: l’uno come l’altro hanno
passato anni in carcere: il primo l’unico poeta cristiano da Dante in poi;
l’altro, un uomo dall’anima di quel bellissimo Cristo bianco che pare
venire dalla Russia.”26 Contribuì a fondare il periodico anarco-
26
O.WILDE, De Profundis, London, 1899, trad.it. De Profundis, a cura di O. Del Buono, Milano,
1958, p.114.
34
comunista Freedom che aiutò non poco lo sviluppo del movimento
anarchico inglese, scrisse alcuni tra i suoi libri più importanti: Campi,
fabbriche e officine, Mutuo Appoggio, La grande rivoluzione, La
conquista del pane.
In Inghilterra gli giunse notizia del suicidio del fratello
Alessandro, mandato in esilio in Siberia per la sola colpa di essere il
fratello di un grande anarchico; questa morte gettò Kropotkin in una
malinconia senza
sbocchi: erano sempre gli innocenti a pagare il prezzo del dispotismo, le
sue attività di agitatore non avevano prodotto i rapidi risultati che si
aspettava ma, gli avevano lasciato alle spalle una scia di morti, delusioni
e fallimenti. Prevalse in lui la tendenza al ritiro, a una vita di studioso e
di teorico. Raccomandava sempre meno i metodi violenti e già nel 1881
accennò, in uno dei suoi discorsi, alla possibilità che l’anarchia si
affermasse grazie al semplice maturare dell’opinione pubblica e con il
minimo possibile di agitazione e disordini. Ciò che contribuì al mutare
delle sue opinioni fu anche il contatto con il movimento socialista
inglese;
Kropotkin
fu
colpito
dalla
reciproca
tolleranza
che
caratterizzava le varie correnti del movimento operaio inglese,
riconosceva che nel socialismo inglese l’elemento libertario era più forte
35
che nei movimenti marxisti continentali, e fu influenzato, forse senza
saperlo, da quella speranza di procedere verso la meta ideale attraverso
cambiamenti graduali e ragionevoli che permea la tradizione laburista
britannica. Le azioni degli assassini anarchici in questo periodo erano
per lui motivo di autentica angoscia e quindi nel Mutuo Appoggio
sancirà il rifiuto definitivo della ‘propaganda del fatto’ e l’adesione ai
principi evoluzionistici. Sostenne che la solidarietà e il lavoro in
comune erano gli elementi da cui la specie trae la forza nella lotta per la
conservazione dell’esistenza contro gli avversi poteri della natura e che
in nessun modo l’azione violenta di singoli individui isolati sarebbe
stata utile alla causa anarchica. Queste riflessioni, unite ad un’indole
mite, lo predisponevano a preferire i mutamenti graduali alla violenza
rivoluzionaria; i continui insuccessi del movimento anarchico gli fecero
apparire sempre più improbabile una vittoria nel futuro immediato. Il
peggioramento delle sue condizioni di salute rendeva necessaria
un’esistenza più tranquilla, quindi gli anni che vanno dalla fine del
diciannovesimo secolo fino allo scoppio della prima guerra mondiale
furono occupati da un intenso lavoro di scrittura e studio geografico.
Nonostante l’attività di agitatore non rientrasse più nelle sue
prerogative, il pensiero di Kropotkin continuò a permeare fortemente il
36
movimento anarchico internazionale. Questa straordinaria influenza
ebbe però, una battuta d’arresto in conseguenza della posizione assunta
dal teorico in occasione della prima Guerra mondiale. Pëtr Kropotkin e
altri esponenti dell’anarchismo internazionale, tra cui Jean Grave,
Charles Malato e James Guillame, dichiararono che la Francia era il
paese che possedeva le maggiori tradizioni rivoluzionarie, democratiche,
laiche e repubblicane. La Germania, al contrario, rappresentava la
concezione monarchica, dinastica e reazionaria. Bisognava pertanto
difendere a tutti i costi la Francia dall’assalto tedesco. Questa
dichiarazione
lacerò
profondamente
il
movimento
anarchico
internazionale, determinando una spaccatura tra interventisti e antiinterventisti che avrà conseguenze devastanti sulle progettualità future
del movimento. Errico Malatesta ribadì in vari articoli l’insensatezza del
proclamare la lotta contro il pericolo di un’oppressione esterna se non
veniva combattuta con uguale vigore quella interna, non vi era
differenza tra Francia e Germania, tra Stati liberali e Stati reazionari,
gli uni valevano gli altri. La posizione Malatestiana fu ribadita in un
manifesto internazionale apparso nel Marzo del 1915 firmato da grandi
anarchici quali Alexander Berkman, Emma Goldman e Vicente Garcia.
Nel manifesto si dichiarava la totale avversione alla guerra, priva di
37
qualsiasi giustificazione etica e politica, si respingeva la distinzione
Kropotkiana tra guerra difensiva e guerra offensiva, si ribadiva che la
causa del conflitto era di carattere generale e consisteva nell’esistenza
del sistema di sfruttamento economico e politico rappresentato dal
capitalismo e dallo Stato.
La Guerra era il frutto del militarismo e della volontà di potenza
degli Stati, solo favorendo la rivolta degli sfruttati e degli oppressi
sarebbe stato possibile far cessare le morti inutili e aprire la strada alla
rivoluzione. In risposta al manifesto degli anarchici anti-interventisti, il
14 Marzo del 1916 apparve sul parigino La Bataille, il maggior organo
sindacalista Francese, il famoso Manifesto dei sedici. In opposizione ad
una possibile richiesta di pace da parte tedesca, Kropotkin e altri
quattordici anarchici sottoscrissero una dichiarazione che rigettava
qualsiasi ipotesi di pace. Non si potevano accettare le false richieste
della Germania; la guerra doveva continuare fino al rientro, senza
annessioni territoriali, della Germania nei suoi territori. Il documento
rigettava il pacifismo assoluto perché poneva in primo piano l’idea di
giustizia, la quale doveva stare sopra la pace, dato che questa non aveva
un valore prioritario. Malatesta definì Kropotkin e gli altri degli
‘anarchici di governo’, non si poteva credere che alleandosi ai governi
38
sarebbe stato possibile fermare il militarismo, solo una rivoluzione
popolare poteva fermarlo. Ormai la frattura era insanabile, Kropotkin era
destinato all’isolamento, visse con immenso dolore questa rottura ma
non ebbe mai dubbi sulla correttezza della sua posizione, e la
rivoluzione russa del 1917 gli parve la massima giustificazione della sua
scelta.
Appena fu possibile lasciò l’Inghilterra e arrivò a Pietroburgo,
dove fu accolto da Kerenskij, da un reggimento di Guardie e da bande
militari che suonavano la marsigliese. Con suo grande dolore erano
assenti gli anarchici russi, la scelta per la guerra non gli era stata
perdonata, anche perché Kropotkin si era espresso a favore dell’entrata
in guerra della Russia contro i tedeschi e per la realizzazione di una
Repubblica moderata. A lungo andare però Kropotkin si riconciliò con
gli anarchici, grazie alla comune lotta contro il regime bolscevico; tutte
le speranze che aveva nutrito per il futuro della Russia vennero distrutte
dalla dittatura bolscevica e dalle persecuzioni a cui furono sottoposti gli
anarchici dissidenti da parte della Ceka. Nella prima parte del 1918
Kropotkin aveva riunito intorno a sé alcuni dei migliori specialisti in
economia politica, il suo scopo era di compiere uno studio attento e
approfondito delle risorse russe e proporre un progetto di ricostruzione
39
industriale del paese. Il gruppo fu sciolto dai bolscevichi e tutto il
materiale confiscato, gli appartamenti di Kropotkin furono in due
occasioni requisiti e la famiglia costretta a trovarsi un altro alloggio.
Dopo tali esperienze i Kropotkin si trasferirono a Dmitrov, dove il
vecchio Pietro incominciò un esilio volontario. Furono anni difficili, gli
unici suoi visitatori erano contadini, operai del villaggio e amici come
Emma Goldman, Lebedeff e Makhno. Iniziò a scrivere L’Etica ma
l’avventura si presentava
complessa, non aveva libri poiché la
biblioteca personale era rimasta in Inghilterra, per mancanza di mezzi
economici non poteva avvalersi dell’aiuto di un segretario o di un
dattilografo, le debilitate condizioni di salute lo costringevano spesso ad
interrompere la scrittura, il più delle volte era costretto a lavorare di
sera con una luce molto scarsa.
Il pensiero del fallimento della
Rivoluzione, delle difficoltà della Russia e dei rastrellamenti senza fine
gli risultava insopportabile, più volte Kropotkin cercò di convincere
Lenin che la dittatura stava seppellendo la rivoluzione. In una lettera
nell’autunno del 1920 espresse tutta la sua indignazione per l’abitudine
dei bolscevichi di prendere ostaggi per proteggersi contro l’eventuale
violenza dei loro oppositori. Nella Lettera ai lavoratori di tutto il mondo
Kropotkin esaltò l’esperimento dei Soviet ma mise in luce come i Soviet
40
nel momento in cui fossero caduti sotto il controllò della dittatura
politica sarebbero diventati strumenti dell’autorità. Mai parole
inascoltate furono così profetiche. L’8 febbraio 1921 la morte lo colpì.
Un corteo lungo cinque miglia seguì la sua bara; organizzazioni
anarchiche, sindacati dei lavoratori, società scientifiche e letterarie,
corpi studenteschi, marciarono per oltre due ore dal Tempio del lavoro
al posto di sepoltura. La famiglia e i compagni di Kropotkin accettarono
la cerimonia solo in cambio della liberazione degli anarchici incarcerati;
questi, terminato il funerale, avendo dato la loro parola, fecero ritorno
alla prigione. Le bandiere nere del gruppo anarchico recavano in lettere
scarlatte la scritta: “Dove c’è autorità non c’è libertà”. Come Kropotkin
stesso disse, “l’uomo aspira a vivere ancora dopo la morte, ma come mai
non si accorge che la memoria di una persona veramente buona vive
sempre? Rimane impressa fortemente nella nuova generazione e viene
tramandata ai figli. Non è forse questa un’immortalità degna di ogni
sacrificio?”27.
27
P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a
cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.9.
41
CAPITOLO SECONDO
42
L’intimo rapporto tra scienza e anarchia
43
L’intensa attività di geologo presso la Società Geografica Russa,
l’iscrizione alla facoltà di fisica e matematica, la frequentazione degli
ambienti scientifici russi, il lungo soggiorno Siberiano, valgono a
Kropotkin
la
consapevolezza
dell’essenzialità
della
scienza
e
dell’istruzione tecnica per il progresso di ogni gruppo umano. Il principe
russo è convinto che il progresso delle scienze e delle tecniche,
soprattutto in campo agricolo, sia la necessità assoluta della Russia, il
cui tratto essenziale, è “il carattere ritardato del suo sviluppo con
l’arretratezza economica che ne consegue, la primitività delle forme
sociali e un livello culturale basso.”28. Nonostante questa arretratezza
atavica, Kropotkin, già dai suoi studi a Pietroburgo verifica come lo
sviluppo scientifico e tecnologico fosse ostacolato dalla Russia zarista,
tanto che “l’istruzione tecnica - in un paese dove c’è tanta domanda di
ingegneri, periti agrari e geologi - era trattata come un’istruzione
rivoluzionaria”29. In Europa, sotto la forte spinta della Rivoluzione
industriale, l’impiego delle scoperte scientifiche stava trasformando
l’intero modo di produzione, moltiplicando in modo impressionante la
popolazione delle grandi città e la rete dei traffici, modificando alla
radice il modo di vivere urbano ed extraurbano. Kropotkin non si lascia
28
L.TROTSKIJ, Istorija russkoj revolucii, s.l., 1932, trad.it. Storia della rivoluzione russa, a cura di
F.Perfetti, Roma, 1994, p.22.
44
impressionare dalle facili apparenze della borghesia e dallo sfavillio
industriale, nel suo peregrinare tra i vari paesi occidentali, osserva i mali
dell’industrializzazione: forti squilibri sociali, rottura dell’equilibrio tra
campagna e città,
immiserimento del proletariato, sfruttamento del
lavoro minorile. Gli osceni sobborghi Parigini e Londinesi gli danno la
consapevolezza che la borghesia
ha individuato nello sviluppo
scientifico e tecnologico un nuovo
strumento di dominio teorico e
pratico del proletariato; il grande potenziale libertario della tecnica
diviene nelle mani del borghese strumento di oppressione.
In questo contesto storico è evidente che lo sviluppo delle scienze
viene a condizionare largamente il pensiero sociale, economico, storico
ed umanistico dell’epoca; il primato della scienza, le sue interpretazioni
e le possibili implicazioni sono il campo di battaglia in cui avviene lo
scontro tra il “Socialismo scientifico” ed il “Darwinismo sociale”. Marx
ed Engels partendo dallo studio scientifico dei rapporti economici e
sociali creati dal capitalismo moderno, erano giunti alla consapevolezza
che solo il proletariato industriale sarebbe stato in grado di condurre la
lotta contro la borghesia; la presa del potere politico da parte del
proletariato e la sua dittatura temporanea avrebbero creato i fondamenti
29
P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a
cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.183.
45
prima della società socialista (nella quale l’economia pianificata avrebbe
retribuito ciascuno secondo il proprio lavoro) e poi della società
comunista (nella quale, estinte le classi, venuta meno la necessità di un
potere coercitivo come lo stato, sviluppatesi enormemente le forze
produttive, ciascuno avrebbe lavorato secondo le proprie capacità e
ricevuto secondo i propri bisogni). “Appare il capitalista: nella sua
qualità di proprietario dei mezzi di produzione si appropria anche dei
prodotti e li trasforma in merci. La produzione è diventata un atto
sociale; lo scambio e con esso l’appropriazione rimangono atti
individuali, atti del singolo. Il prodotto sociale se lo appropria il
capitalista singolo. Contraddizione fondamentale da cui sorgono tutte le
contraddizioni tra le quali si muove la società odierna e che la grande
industria mette chiaramente in evidenza. (.....) Soluzione delle
contraddizioni: il proletariato si impadronisce del potere pubblico e in
virtù di questo potere trasforma i mezzi di produzione sociale che
sfuggono dalle mani della borghesia, in proprietà pubblica. Con questo
atto il proletariato libera i mezzi di produzione dal carattere di capitale
che sinora essi avevano e dà loro al loro carattere sociale la piena libertà
di esplicarsi. (....) Nella misura in cui scompare l’anarchia della
produzione sociale, viene meno anche l’autorità politica dello Stato. Gli
46
uomini, finalmente padroni della propria forma di organizzazione
sociale, diventano perciò ad un tempo padroni della natura, padroni di se
stessi, liberi”30.
Nel campo avverso, quello liberale, il Darwinismo sociale,
partendo dagli studi di Darwin sulle specie, e trasportando alcune sue
conclusioni sul piano sociale, pretendeva di fornire una interpretazione
scientifica e una giustificazione obiettiva delle gerarchie sociali. Questa
prospettiva di pensiero, muovendo da un approccio comparatistico,
affermava che come nell’evoluzione animale la lotta tra le specie e
all’interno della stessa specie sanciva la vittoria dei più forti sui più
deboli, allo stesso modo nell’evoluzione umana la lotta competitiva per
la sopravvivenza decretava la vittoria degli individui e dei popoli più
forti, la subordinazione dei popoli inferiori a quelli selezionati, e,
all’interno di uno stesso popolo, degli individui deboli alle élite
dominanti. “Nella lotta per l’esistenza le parti in causa sono il singolo
individuo e la natura: l’individuo è impegnato in un processo mediante il
quale egli strappa all’ambiente ciò che gli occorre per sostentare la sua
esistenza. Nella competizione vitale, invece, le parti in causa sono gli
uomini e gli altri organismi: gli uomini lottano tra loro, oppure con la
30
F.ENGELS, Die Entwicklung des sozialismus von der utopie zur wissenschaft, Zurigo, 1883, trad.it.
L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, a cura di G.Prestipino, Roma, 1971, pp.117-119.
47
flora e la fauna che li circondano. La competizione vitale consiste nella
rivalità, nell’antagonismo, nella sopraffazione reciproca in cui
l’individuo si trova impegnato con gli altri organismi attraverso i suoi
sforzi di condurre la lotta per la propria esistenza. La competizione
vitale
costituisce
quindi
l’elemento
sociale,
e
conduce
all’organizzazione della società.(....) La cooperazione antagonistica è la
forma più produttiva di combinazione negli stadi avanzarti di civiltà; è
uno strumento altamente razionale inteso a stimolare la collaborazione
in nome degli interessi superiori, accantonando gli antagonismi
minori”31.
Nonostante l’apparente diversità, per Kropotkin, le due dottrine
vengono ad essere profondamente convergenti. La dittatura del
proletariato e il dominio dei migliori, sono opposti estremismi che si
incontrano in una radicale visione elitaria e disarmonica della natura e
della società, contribuendo a determinare di fatto il dominio di un
gruppo chiuso facile preda di istinti oligarchici. Il processo di
gerarchizzazione della natura e della società è l’effetto scontato ed il
risultato ineluttabile di questa visione conflittuale della vita e del
processo storico. Kropotkin, sulla scia di Bakunin, è convinto che il
31
W.G.SUMNER, Folkways, 1906, trad.it. Costumi di gruppo(1906), a cura di A.M.CireseV.Gilardoni, Milano, 1962, pp.21-23.
48
marxismo subordini la lotta economica a quella del partito politico, il
quale mirando alla conquista del potere statale, non può che piegarsi alla
politica nazionale dello stato, determinando una forte frattura tra i
proletari dei vari stati e allargando sempre più il solco tra la
nomenclatura del partito, a cui competono le decisioni sulle politiche
statali, e il resto della popolazione.
E’ necessario, per l’anarchico russo, che l’etica della libertà e
dell’uguaglianza trovino un tentativo di riscontro in un’interpretazione
della
scienza
e
dell’evoluzione
umana
secondo
un
modello
anti-darwiniano e anti-marxista, fondato sul mutuo appoggio come
motore dello sviluppo della storia. Kropotkin viene ad elaborare un
ampio disegno teorico: innestare nel pensiero anarchico la dimensione
scientifica al fine di integrare scienza ed anarchia all’interno di un
quadro sistematico e razionale. L’obiettivo dell’anarchico russo è quello
di dimostrare come l’anarchismo sia in perfetta sintonia con la crescita e
il fine della scienza, e come lo sviluppo delle scienze vada in una
direzione totalmente opposta alla logica del conflitto e del dominio
sociale.
“Ma un cambiamento ancora più profondo e d’una portata
molto più grande, sta compiendosi nella scienza, e l’anarchia, lo vedrete,
non è che una delle molte manifestazioni di questa evoluzione. Essa non
49
è che un ramo della filosofia nuova che viene annunciandosi” 32.
Kropotkin esasperando il naturalismo di Bakunin, pone sullo stesso
piano la scienza positiva e le questioni sociali e morali, considerando
l’aspirazione
umana
verso
la
libertà
e
la
giustizia
come
un’insopprimibile necessità naturale e meccanica. Nel tentativo di unire
il concetto di rivoluzione a quello di evoluzione, il principe ribelle
sostiene
l’assoluta
importanza
della
scienza
nella
lotta
per
l’emancipazione. La scienza dimostra che la libertà e l’uguaglianza sono
mete intrinseche alla logica evolutiva dell’umanità, costituiscono
dimensioni oggettivamente latenti della società, rappresentano la
necessità e il bisogno stesso del genere umano nella sua evoluzione. La
scienza trasforma la condizione dell’uomo, sottraendolo definitivamente
allo sfruttamento, perché depositaria della verità sinonimo di saggezza.
La natura stessa, di cui la scienza non è solo interprete ma anche
conseguenza e premessa per ogni ulteriore approfondimento, non può
essere maligna, in quanto in caso contrario non avrebbe prodotto uno
strumento di liberazione.
La scienza, in questo modo, ha una
valenza rivoluzionaria e nella sua critica al principio d’autorità tende ad
esprimere un fine che coincide con quello anarchico: l’anarchismo è
32
P.KROPOTKIN, L’anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’anarchia: la sua
filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, Ragusa, 1994, p.8.
50
contemporaneamente l’autocoscienza della natura e la traduzione
ideologica della scienza, poiché i suoi valori sono spiegati dalla prima e
giustificati dalla seconda. “Nel tempo stesso in cui una nuova veduta
d’insieme, viene in tal modo elaborata nelle scienze, noi vediamo anche
elaborarsi una concezione della società del tutto diversa da quelle che
hanno prevalso fino ad oggi. Col nome di anarchia nasce una nuova
interpretazione della vita passata e presente della società, e nello stesso
tempo, una previsione sul loro avvenire, l’una e l’altra concepite nello
stesso spirito della concezione della natura”33.
In
Kropotkin
evoluzionismo,
positivismo
e determinismo
scientifico si incontrano a dimostrare il legame tra natura e cultura, tra
bisogno e libertà, tra anarchismo e scienza. Tutta l’opera Kropotkiana è
improntata a cercare un fondamento scientifico ed antropologico
dell’anarchia; la ricerca della libertà, il rifiuto dell’autoritarismo, la lotta
per l’uguaglianza e la convivenza pacifica vengono presentate dal
principe ribelle come dimensioni naturali dell’agire umano, quali valori
etici fondanti della socialità umana, “quello di Kropotkin è il tentativo di
giustificare la libertà e l’uguaglianza attraverso una spiegazione di tipo
naturale. L’accostamento appare antinomico e problematico perché,
mentre la giustificazione attiene al campo dell’etica, la spiegazione si
33
Ibid., p.15.
51
risolve in quello di scienza. Ecco il teorema di Kropotkin: dare la
giustificazione dell’etica attraverso la spiegazione della natura.” 34
Natura, spontaneità e libertà sono strettamente collegate e solo la
scienza consente di cogliere il loro legame. Per Kropotkin “la scienza si
fa coscienza della duplice valenza delle leggi naturali: da una parte esse
risultano, in quanto necessità, fondamento oggettivo, dall’altra esse
sono, come spiegazione di questa stessa necessità, spontaneità
riconosciuta”35, solo la scienza è in grado di vedere l’intrinseca libertà
connaturata alla natura; come la scienza esclude dall’universo
qualsiasi principio intelligente e provvidenziale, così l’anarchismo ha la
sua base teorica non nei principi metafisici ed idealistici ma in una
filosofia naturale e sociale, del tutto meccanicistica. L’anarchismo, per
il principe russo, è in perfetta sintonia con il fine della scienza, ne è anzi
la sintesi
ideologico-scientifica: come prodotto del pensiero
illuministico, l’anarchismo riassume e sistematizza la critica al principio
d’autorità iniziata dai lumi e proseguita dallo sviluppo scientifico. La
scienza è progressista e libertaria, allo stesso tempo l’anarchismo si
caratterizza per il tentativo di analizzare scientificamente la realtà, così
facendo si può arrivare all’anarchia partendo dalla natura e si può
34
35
ID., Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, Milano, 1998, p.9.
Ibid. p.10.
52
ritornare alla natura partendo dall’anarchia. L’incontro tra scienza e
anarchia è così esplicitato da Kropotkin: “l’anarchia è qualche cosa di
più di un semplice metodo d’azione, del semplice ideale di una società
libera; l’anarchia fa parte di una filosofia naturale e sociale che dovrà
essere sviluppata in modo completamente diverso dai sistemi metafisici
e dialettici applicati fino ad ora alla sociologia. Mi persuasi che deve
essere studiata con i metodi che si usano per le scienze naturali; non
però come intende Spencer, fondandosi sul terreno ingannevole delle
semplici analogie ma solo sulla base dell’induzione applicata alle
istituzioni umane”36, il passaggio dalle scienze della natura alle scienze
umane diviene immediato.
Kropotkin sa benissimo che la rivoluzione copernicana, con il
rifiuto del geocentrismo e dell’antropocentrismo, ha determinato la
nascita delle scienze naturali e quindi “se un tempo la scienza studiava i
grandi risultati e le grandi somme( gli integrali, direbbe il matematico ),
oggi studia soprattutto gli infinitamente piccoli, gli individui che
compongono le somme e di cui ha finito per riconoscere l’indipendenza
e
l’individualità,
contemporaneamente
36
allo
loro
stessa
intima
ID., Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di
L. Berrini Pajetta, cit., p.297.
53
aggregazione”37, ma allo stesso tempo
ha visto in questo mutato
orizzonte scientifico la dimostrazione che la struttura oggettiva della
natura, la struttura atomica della materia e dell’intero cosmo è
costituzionalmente non gerarchica. Non esistono leggi naturali
prestabilite, non esiste nessun principio trascendente che regola il
cosmo, esistono solo rapporti di causalità tra fenomeni, “l’armonia
appare così come equilibrio temporaneo, stabilito fra tutte le forze, un
provvisorio adattamento: e questo equilibrio durerà solo ad una
condizione, quella di modificarsi continuamente; di rappresentare ad
ogni momento la risultante di tutte le azioni contrarie. Che una sola di
queste forze sia impedita per qualche tempo nella sua azione, e
l’armonia scomparirà.
La forza accumulerà il suo effetto, deve
manifestarsi, esercitare la sua azione, e se altre forze glielo impediscono,
essa non si annullerà, ma finirà per rompere l’equilibrio e distruggere
l’armonia per trovare un nuovo equilibrio e lavorare ad un nuovo
adattamento. Così è l’eruzione di un vulcano, la cui forza imprigionata
finisce per rompere la lava che impediva di eruttare gas, magma e cenere
incandescenti. Così le rivoluzioni”38.
37
ID., L’anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’anarchia: la sua filosofia e il suo
ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.12.
38
Ibid., p.14.
54
La rivoluzione, secondo il principe russo, non sarebbe possibile se
non fosse già in atto; considerare la rivoluzione come qualcosa che un
giorno esploderà improvvisamente è totalmente estraneo al suo
determinismo scientifico. Portando le sue certezze scientifiche sul piano
politico e sociale, Kropotkin individua nella società una potenziale
anti-gerarchia e riconoscendo che l’armonia della natura è frutto di un
equilibrio dovuto all’indipendenza delle forze in campo in quanto
nessuna legge prestabilita la determina, arriva alla conclusione che la
società umana sfocia naturalmente, spontaneamente e soprattutto
autonomamente nell’anarchia. “Infatti, è certo che man mano che
l’intelletto umano si libera dalle idee inculcategli dalle minoranze di
preti, di capi militari, di giudici tesi a stabilire il loro dominio e di
scienziati pagati per perpetuarlo, sorge una concezione della società
nella quale non rimane più posato per queste minoranze dominatrici.
Questa società, venendo in possesso di tutto il capitale sociale
accumulato dal lavoro delle generazioni precedenti, si organizza per
utilizzarlo nell’interesse di tutti, e si costituisce senza ricostituire il
potere delle minoranze. Essa racchiude nel suo seno una infinita varietà
di capacità, di temperamenti e di energie individuali: non esclude
nessuno”39. La scienza, liberando dai fantasmi metafisici e dalle paure
39
Ibid., pp.15-16.
55
religiose, portando l’uomo a prendere atto della sua naturalità e
materialità, guidandolo nel passaggio dalla morale dei preti a quella
umana e libertaria, ribadisce che il societarismo e il solidarismo della
specie sono un istinto naturale. La solidarietà è fatto biologico, dice
Kropotkin, e come un seme nascosto dal manto nevoso giace come
morto tutto l’inverno per poi riprendere vita in primavera, così questo
principio essenziale dell’umanità sopporta le peripezie angosciose della
tirannide per risvegliarsi al sole della rivoluzione. Questa immagine
poetica è la testimonianza che l’uomo può essere liberato perché ha in sé
le condizioni della liberazione, le condizioni naturali della bontà, le
condizioni di una società di eguali.
“Per Kropotkin, quindi, lo sviluppo scientifico condiziona la
crescita sociale, la
accompagna alla
sviluppa
l’etica
<<democratizzazione>>
<<democratizzazione>>
,
la
spiegazione
delle scienze spinge e si
delle coscienze, la scienza
rafforza
la
giustificazione,
l’informazione quantitativa si traduce in consapevolezza qualitativa” 40.
Il progresso scientifico è la vera struttura della libertà, e su di esso si
adagia la specie, nella sua fede verso l’avvenire. Kropotkin, con il suo
ottimismo scientifico, è assolutamente certo che le invenzioni nel suo
rapido succedersi contribuiscano ad accelerare la produttività del lavoro
56
umano, consentendo alla società civile di raggiunge un livello di
benessere e di sovrabbondanza fino ad allora insperato. Per la prima
volta l’umanità può soddisfare i propri bisogni, può liberarsi da peso
della miseria e dello
sfruttamento, può dedicare al lavoro solo il necessario. “L’agiatezza per
tutti - senza che alcuno si veda imposto il peso di un lavoro che
opprime e distrugge
tutta
la sua personalità - è ormai possibile;
l’umanità può finalmente ricostruire la sua vita sociale sulle basi della
giustizia.”41 . Ancorando l’anarchismo alla scienza, studiando i modelli
di società dominanti in modo oggettivo, radicando le proprie teorie
sociali su basi scientifiche, Kropotkin mira a dare al suo sistema quel
carattere di universalità, attributo principe della scienza e far nascere
una dottrina che sia in grado di utilizzare le conquiste della scienza per
“una nuova scienza della morale realista, liberata dal dogmatismo
religioso, dalle superstizioni e dalla mitologia metafisica, com’è liberata
la filosofia moderna fondata sulle scienze naturali, una scienza della
morale contemporaneamente animata da tutti i sentimenti migliori e da
tutte le più luminose speranze nate a seguito dell’attuale nostra
40
ID., Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.13.
ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e
M.Bonanno, Ragusa, 1990, p.20.
41
57
conoscenza dell’uomo e della sua storia: ecco ciò che l’umanità reclama
instancabilmente.”42.
Il Metodo induttivo-deduttivo
Di quale metodo di indagine devono avvalersi la scienza anarchica e
l’etica? Kropotkin si pone la questione in questi termini: “benché
l’anarchia, in ciò simile a tutte le correnti rivoluzionarie, sia nata in seno
al popolo, nel tumulto della lotta e non nello studio di un pensatore, è
però utile capire dove si colloca fra le diverse correnti del pensiero
scientifico e filosofico contemporaneo. Come si pone di fronte a
queste diverse correnti ? A quale fa riferimento di preferenza ? Quale
metodo di ricerca adopera per avallare le sue conclusioni? In altre parole
a quale scuola di filosofia del diritto appartiene l’anarchia? Con quale
corrente della scienza
moderna presenta la maggiore affinità?” 43.
Bacone, per Kropotkin, ha dato alla scienza un nuovo metodo,
estremamente fecondo, di studio dei fenomeni naturali: il metodo
42
43
Ibid., p.23.
ID., Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.63.
58
induttivo; con esso nasce una scienza nuova che non fa appello a
spiegazioni religiose e metafisiche. Cartesio, pur restando ancorato in
parte al metodo deduttivo,
si mantiene sul terreno dello
studio fisico dei fenomeni e rimane un fisico anche nell’avanzare le
ipotesi più audaci sulla struttura della natura, sforzandosi di esprimerle
nel linguaggio matematico. Anche se con entrambi il pensiero moderno
viene condizionato dall’avvento della scienza, il principe ribelle rifiuta
la tendenza a vedere la filosofia della Rivoluzione scientifica in Bacone
e Cartesio. Solo l’illuminismo, rappresenta la vera e propria filosofia
della Rivoluzione scientifica e la coscienza più adeguata di essa, in
quanto gli illuministi tentarono di “fondare il sapere generale - la
filosofia dell’universo e della sua vita - con un metodo strettamente
scientifico”44. Kropotkin innesta il pensiero anarchico sulla tradizione
dell’illuminismo francese, sottraendolo contemporaneamente al contesto
storicistico-hegeliano
di
tradizione
tedesca
e
alle
metafisiche
economiche di stampo socialiste. La scienza è intesa nella sua forte
accezione illuministica perché i filosofi inglesi e francesi del XVIII
secolo, rifiutando interamente la scolastica e la metafisica medievale,
ebbero il coraggio di osservare il mondo delle stelle, il nostro sistema
solare, la Terra e lo sviluppo vegetale, animale e umano sulla sua
44
Ibid., p.64.
59
superficie, come un’insieme di fatti che possono essere studiati allo
stesso modo in cui si studiano tutte le scienze naturali. Gli illuministi,
“avvalendosi ampiamente del vero metodo scientifico - il metodo
induttivo-deduttivo -”45, erano riusciti ad adoperare, nell’esame del
mondo animale e umano, un approccio uguale a quello adoperato da un
naturalista per studiare problemi di fisica; questi pensatori non
cambiavano metodo quando nei loro studi passavano dal mondo fisico a
quello animale, dal mondo economico allo studio delle religioni.
Partendo da una collezione di fatti, quando si avventuravano nelle
generalizzazioni, facevano ricorso all’induzione, le ipotesi di lavoro
erano semplici supposizioni che offrivano una spiegazione temporanea e
facilitavano il raggruppamento dei fatti, nonché il lo studio susseguente,
ma queste supposizioni non erano accettate se prima non erano
confermate dalla loro compatibilità con una moltitudine di altri fatti, “
queste non potevano diventare leggi (cioè generalizzazioni provate) se
non dopo essere state sottoposte a tale verifica e solo dopo che le cause
dei rapporti costanti da loro espressi fossero state spiegate”46.
Procedendo in questo modo, gli illuministi, applicavano a tutte le
branche della scienza, il metodo induttivo determinando una radicale
45
46
Ibid.
Ibid.
60
trasformazione nelle scienze che si occupavano dell’uomo. Lavoisier
con la teoria dell’indistruttibilità della materia, Lomonosoff con la teoria
meccanica, Lamark con la teoria dell’adattamento ambientale, Rousseau
con
il
contratto
sociale,
Laplace
con
la
fervente
mentalità
meccanicistica, nello sforzo di spiegare l’intero universo e tutti i suoi
fenomeni come i naturalisti, diedero al XIX secolo un potente metodo di
ricerca da applicare a tutti i settori del sapere; “il filosofo veramente
utile al progresso della scienza è colui che, unendo in sé
un’immaginazione profonda ed una grande severità nel ragionare e
nell’osservare, è attratto dal desiderio di innalzarsi alle cause dei
fenomeni e insieme trattenuto dalla paura d’ingannarsi intorno a quello
che lui escogita”47. Grazie a questo metodo la storia, afferma Kropotkin,
dopo essere stata la storia dei regni, tende oggi a divenire la storia dei
popoli e, per conseguenza, lo studio degli individui. La giurisprudenza
si rivolge in modo particolare a studiare la genesi delle istituzioni che si
sono succedute e che continuano a succedersi, seguendo la loro
evoluzione
attraverso le diverse età; più che la legge scritta si
analizzano gli usi locali e le consuetudini sociali. L’economia politica
che nel suo sviluppo iniziale si occupava della ricchezza delle nazioni
47
P.S.LAPLACE, Precis de l’historie de l’astronomie, Parigi, 1821, trad.it. Compendio di storia
dell’astronomia, a cura di M.Viscardini, Milano, 1953, p.59.
61
adesso si occupa dei bisogni umani; dopo essere stata una semplice
constatazione delle ricchezze dei pochi ora tende a diventare una vera
scienza , “una fisiologia delle società umane”48.
Tutto questo è stato
possibile grazie alla rivoluzione illuminista che attraverso l’ottimistica
esaltazione della scienza e la lotta serrata contro i pregiudizi e l’autorità
metafisiche, ha mirato a costruire una scienza
dell’uomo in grado di comprendere e dominare a proprio vantaggio i
meccanismi economici, politici e morali. “Con questi mezzi il
diciannovesimo secolo ricevette l’eredità di un potente strumento di
ricerca. E con questo strumento, la scienza moderna fu messa in grado di
costruire l’intera nostra concezione su una base scientifica”49.
L’anarchia è, per Kropotkin, il risultato inevitabile di questo
movimento intellettuale delle scienze naturali che procedono secondo il
metodo induttivo-deduttivo,
di
conseguenza
“l’anarchia
è una
concezione dell’universo basata su un’interpretazione meccanica dei
fenomeni ( meglio sarebbe dire cinetica, ma è parola meno conosciuta)
che abbraccia tutta la natura, compresa la vita della società. Il suo
metodo è quello delle scienze naturali, e in base a questo metodo ogni
conclusione scientifica dev’essere verificata. La sua tendenza è di
48
P.KROPOTKIN, L’anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’anarchia: la sua
filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.15
49
ID., La società aperta, scelta negli scritti a cura di H.Read, Cesena, 1973, p.249.
62
fondare una filosofia di sintesi, che includa tutti i fatti della natura,
compresa la vita delle società umane e i loro problemi economici,
politici e morali.”50. L’uomo è parte integrante della natura e la sua vita
personale e sociale è anch’essa un fenomeno della natura e quindi non vi
è nessuna ragione, nel passare allo studio dell’uomo, di abbandonare
l’approccio induttivo-deduttivo. Così facendo, l’obiettivo di Kropotkin
“è quello di evidenziare, nell’accostamento metodologico, la sostanziale
analogia fra natura e anarchia. In questo modo lo sperimentalismo
scientifico per il suo carattere di “apertura”, di “modificabilità”, per il
suo costituzionale antidogmatismo svolge, in un certo senso, una
funzione analoga a quella svolta dal pluralismo all’interno del
procedimento proprio dell’anarchismo”51. L’anarchia si presenta così
come parte integrante di una nuova filosofia che con ardore lavora per la
revisione profonda e totale della storia delle società passate, e per
l’elaborazione di nuovi sistemi filosofici e scientifici destinati a divenire
la base delle società futura. “Nella filosofia del diritto, nella teoria della
morale, nell’economia politica e nello studio della storia dei popoli e
delle istituzioni, gli anarchici hanno già dimostrato di non accontentarsi
di soluzioni metafisiche, ma di voler dare alle loro conclusioni un
50
51
ID., Scienza e Anarchia, a cura di N.Berti, cit., p.66.
G.BERTI, Il pensiero anarchico: dal settecento al novecento, Manduria, 1998, p.296.
63
fondamento naturalistico”52; non a caso in tutta la vasta produzione
teorica
Kropotkin mostrerà uno scarso interesse per i problemi
metafisici: il tempo e la presenza, il duplice volto del rapporto intellettovolontà sono totalmente ignorati, il meccanismo dialettico viene
marginalmente criticato. Come gli illuministi si mossero lungo la linea
del rifiuto della gnoseologia razionalista e della critica radicale alle
costruzioni metafisiche, così per il principe ribelle l’anarchismo deve
mettere alla berlina tutti i ‘romanzi’ metafisici antichi e moderni,
rinunciando a dibattere tutti i problemi riguardanti l’essenza ultima del
reale e le questioni relative alla sostanza-spirito e alla sostanza-corpo.
Gli anarchici non si devono lasciar suggestionare dalla metafisica,
devono giudicare irrilevanti ai fini della conoscenza effettiva del mondo
i tradizionali enigmi della mente, devono rifiutare l’idea che la vita
intellettuale e passionale dell’uomo si svolge secondo le leggi
immanenti dello spirito, devono rivolgere una critica radicale ai saperi
totalizzanti.
Il vero antagonista di Kropotkin è Spencer con la sua metafisica
del mistero ed il suo liberalismo radicale. Spencer, nel lavoro I Primi
Principi, analizzando la complessa e delicata questione dei rapporti tra
scienza e religione, sostiene l’inconoscibilità della realtà ultima e la
52
P.KROPOTKIN, Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.66.
64
stretta correlazione tra religione e scienza nel riconoscimento
dell’assoluto e dell’incondizionato. Per Kropotkin la religione è solo
mistificazione del reale e in nessun modo può essere legata alla scienza,
il cui campo d’azione non è l’indagine impotente del mistero ma
l’osservazione
della
realtà.
Spencer
sostiene
anche
la
tesi
dell’infruttuosità dell’azione rivoluzionaria e la gradualità dello
sviluppo sociale, perché
“una repentina sostituzione del
regime proposto in luogo del regime che esiste, qual è intesa dai seguaci
della bandiera rossa, sembra meno probabile di una progressiva
metamorfosi. (....) L’evoluzione sociale in tutto il futuro, come
l’evoluzione sociale in tutto il passato, mentre produce a poco a poco
società più alte deve lasciare esistere molte società inferiori. (....) Ma
mentre l’intero complesso di società adempie alla legge dell’evoluzione
mediante l’aumento dell’eterogeneità, mentre in ciascuna di esse i
contrasti di struttura, originati dalle differenze delle condizioni
circostanti e delle conseguenti occupazioni, producono dissomiglianze
che implicano ulteriore eterogeneità; possiamo dedurre che il processo
primario dell’evoluzione - l’integrazione - che fino ad oggi si è
manifestato nella formazione delle nazioni sempre più grandi,
raggiungerà alla fine uno stadio ancor più alto e porterà benefici ancora
65
maggiori. Così, nel futuro, una federazione delle nazioni più elevate,
esercitando una suprema autorità, potrà, vietando le guerre tra tutte le
nazioni che la costituiscono, porre un termine al processo di ritorno alla
barbarie che va continuamente dissolvendo la civiltà. Quando si sia
formata questa federazione con lo scopo di mantenere la pace, vi potrà
essere un progresso effettivo verso quell’equilibrio tra costituzione e
condizioni - tra facoltà interiori e necessità esteriori - implicato
dallo
stadio finale dell’evoluzione umana.”53. Il principe ribelle considera
questa di Spencer una dottrina dell’immobilismo radicale; affermare che
lo sviluppo dell’umanità è lento ma inevitabile e che in nessun modo è
possibile accelerare i tempi di questo sviluppo, significa ammettere che
nessuno sforzo dell’uomo può modificare il ritmo della crescita e della
costituzione delle forze sociali, come nessuno stimolo può operare un
ricambio veloce. Kropotkin riconosce in questo immobilismo di Spencer
la
paura
conservatrice
sovvertitrici
sviluppo sociale,
delle
azioni
rivoluzionarie,
considerate
del corso predeterminato degli eventi e dello
“La paura della rivoluzione gli impedisce
di entrare decisamente e coraggiosamente in lotta contro lo sfruttamento
53
H.SPENCER, Principles of Sociology, Londra, 1885, trad.it. Principi di sociologia, a cura di
C.Antiochia-P.Migliucci-S.Stella, vol. II, Torino, 1967, pp.1076-82.
66
del lavoro
nell’industria”54. Per Kropotkin “ la mancanza di
ispirazione poetica nel positivismo di Littrè e di Spencer e la loro
incapacità di dare una risposta soddisfacente alle grandi domande
avanzate dalla vita moderna; la ristrettezza di certe posizioni del
principale filosofo della teoria evoluzionista, Spencer, e come se non
bastasse, il fatto che i positivisti successivi hanno rigettato le teorie
umanitarie degli enciclopedisti francesi del XVIII tutto ciò ha
contribuito a provocare una forte reazione in favore di un nuovo
idealismo mistico-religioso”55. I “credenti”, come li definisce Kropotkin,
pur sapendo che la scienza procede per approssimazioni sempre più
esatte, hanno approfittato delle inesattezze concernenti le prime
approssimazioni, di alcune supposizioni sbagliate e non confermate, per
urlare l’evidente fallimento delle scienze.
Kropotkin vuole indirizzare l’anarchismo lungo la strada
dell’analisi razionale e dell’osservazione del reale, di conseguenza la
critica all’Hegelismo e al Marxismo oltre ad essere necessaria, deve
partire dalla messa in questione del metodo dialettico. Hegel considera
la dialettica come la legge suprema del reale e come metodo capace di
portare al di là dei limiti dell’intelletto garantendo la conoscenza
54
P.KROPOTKIN, Ethics, Origin and development,, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di
Maria e A.M.Bonanno, cit., p.293.
55
Ibid., p.26.
67
scientifica del reale nella sua totalità; la dialettica non fa che illustrare
il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del
finito nell’infinito. “Nel suo carattere peculiare, la dialettica è, per
converso la propria e vera natura delle determinazioni intellettuali, delle
cose e del finito in genere. La riflessione è dapprima l’andare oltre la
determinazione isolata, ed un riferimento, mediate cui questa è posta in
relazione, ma del resto viene conservata nel suo valore isolato. La
dialettica, per contrario è questa risoluzione immanente, nella quale la
unilateralità e limitatezza delle determinazioni intellettuali si esprime
come ciò che essa è, ossia come la sua negazione. Ogni finito ha questo
di proprio, che sopprime sé medesimo. La dialettica forma, dunque,
l’anima motrice del progresso scientifico: ed è il solo principio per cui la
connessione immanente e la necessità entrano nel contenuto della
scienza: in essa soprattutto c’è la vera, e non estrinseca, elevazione sul
finito”56. Marx pur rovesciando la dialettica hegeliana trasportandola
dalle idee alla storia, dalla coscienza infelice alla società in conflitto,
sostiene che la dialettica è la legge di sviluppo della realtà storica e che
tale legge esprime l’inevitabile passaggio dalla società capitalista alla
società comunista. “Per il suo fondamento, il mio metodo dialettico, non
G.W.F.HEGEL, Encyclopädie der Philosophischen wissenschaften in grudisse , Berlino, 1817,
trad.it. Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di B.Croce, Bari, 1951, pp.87-88.
56
68
solo è differente da quello hegeliano ma ne è
anche direttamente
l’opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli, sotto il nome di
Idea, trasforma addirittura in soggetto indipendente, è il demiurgo del
reale, mentre il reale non è che il fenomeno esterno del processo del
pensiero. Per me, viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento
materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini. (....) La
mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non
toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente
e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica
stessa. In lui la dialettica è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il
nocciolo razionale entro il guscio mistico. Nella sua forma mistificata, la
dialettica divenne una moda tedesca, perché sembrava trasfigurare lo
stato di cose esistente. Nella sua forma razionale, la dialettica è scandalo
e orrore per la borghesia, perché nella comprensione positiva dello stato
di cose esistente include simultaneamente anche la comprensione della
negazione di essa, la comprensione del suo necessario tramonto” 57.
Kropotkin ritiene che non una delle grandi scoperte del XVIII secolo
sia stata conquistata con il metodo dialettico, tutte sono frutto dell’unico
metodo veramente scientifico quello induttivo-deduttivo. Il principe
57
K.MARX, Das Kapital. Kritik der politischen oekonomie, Amburgo, 1867, trad.it Il Capitale, a cura
di D.Cantimori, 5 voll., Roma, 1974, vol.I, pp.44-45.
69
russo non si perde in una critica sistematica delle due dottrine, per lui è
sufficiente dimostrare l’infruttuosità del metodo dialettico nella storia
dello sviluppo delle scienze, per mostrare la vacuità delle formulazioni
teoriche sia di Marx che di Hegel: se il metodo di indagine da loro
adottato è errato, naturalmente errate sono le conclusioni a cui giungono
attraverso questo metodo. “Recentemente, si è molto sentito parlare del
metodo dialettico, che i socialdemocratici raccomandano per elaborare
l’ideale socialista. Noi non accettiamo affatto questo metodo, che del
resto non è riconosciuto da nessuna scienza naturale. Al naturalista
moderno questo metodo dialettico ricorda qualcosa di molto vecchio, di
già vissuto e che fortunatamente la scienza ha dimenticato da un pezzo.
Non una delle grandi scoperte del XIX secolo - in meccanica,
astronomia, fisica, chimica, biologia, psicologia o antropologia - si deve
al metodo dialettico”58. Il metodo-induttivo è l’unico in grado di
costruire l’intera concezione dell’universo su una base scientifica e di
gettare nel dimenticatoio le ombre di Dio, le parole nebulose,
l’intuizione, il neoplatonismo e il metodo dialettico; “e da quando si è
cominciato ad applicare questo metodo anche allo studio della società
umana, non ci si è mai minimamente trovati nella necessità di doverlo
58
P.KROPOTKIN, Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p. 68.
70
rigettare per far ritorno alla scolastica medioevale resuscitata da
Hegel”59.
Kropotkin sa bene che l’indagine scientifica e lo sviluppo della
scienza sono infruttuose se non hanno un obiettivo determinato in
quanto lo scopo della scienza è quello di trovare risposte concrete a
questioni ben definite. Gli obiettivi, però, non possono essere raggiunti
se non attraverso l’adeguamento dei mezzi alla natura dei fini stessi.
Questo comporta l’intervento continuo dell’uomo e più in generale delle
masse nella determinazione della prassi in relazione a degli scopi
prefissati. Quali forme sociali possono garantire maggiormente il
benessere dell’uomo? quali forme sociali favoriscono l’accrescimento di
questo benessere? Queste sono le domande da cui deve partire
l’anarchico per individuare gli obiettivi dell’azione rivoluzionaria.
Kropotkin nel porsi gli obiettivi non ha mai operato un’astrazione
dell’ente individuo né dell’ente società, ha sempre considerato la società
come l’unione di individui e l’individuo come parte della società. La
concezione scientifica dell’anarchia non è che la conclusione, la somma
di progressi dello spirito umano e dell’attività individuale e sociale in
tutti i campi, anche in quelli più visibilmente contrari. Come nei lavori
anche più severamente scientifici Kropotkin giunge sempre a
59
Ibid.
71
conclusioni anarchiche, così nell’attività intellettuale di partito e negli
opuscoli di propaganda le sue argomentazioni, sempre ispirate ad un
forte sentimento di libertà e di amore per gli uomini, seguono ognora un
metodo che si ispira alla scienza ed alla scienza stessa rimanda la più
ampia documentazione. Tutta l’opera di Kropotkin è un tessuto di cui
ciascun argomento e ciascun studio sono un filo continuo mai troncato,
che si sviluppa in ordine logico.
Educazione alla libertà
Kropotkin è certo che il movimento delle idee, può partire dalla scienza
per arrivare all’anarchia, ma allo stesso tempo dall’anarchia si può
diffondere e dilatare sulle scienze. Questo diviene possibile solo nel
momento in cui i cultori delle scienze e gli uomini di cultura,
profondamente penetrati dai principi dell’anarchia e compreso la
straordinaria portata della rivoluzione anarchica, capiranno che tutta la
scienza è da rifare per ancorarla al metodo induttivo-deduttivo.
L’ignoranza delle masse, gli ostacoli posti dai governi liberali a quanti
72
vogliono istruirsi, la mancanza totale di scuole nelle campagne, i sistemi
antichi di insegnamento sono per Kropotkin problemi essenziali
dell’indagine anarchica; quelli che un tempo pensava fossero solo
problemi della Russia, divengono ora problemi che riguardano tutta
l’Europa industrializzata.
“Qual differenza passa tra lo scienziato che coltiva la scienza per
passare piacevolmente la vita e l’ubriacone che cerca nella vita il piacere
immediato e lo trova nel vino? Lo scienziato ha certamente trovato una
fonte di soddisfazione, perché la scienza gliele procura più intense, più
durevoli; ma è tutto qui! L’uno e l’altro, lo scienziato e l’ubriacone,
hanno lo stesso scopo egoista, il piacere individuale” 60. Kropotkin,
nell’intensa attività di scienziato ha verificato quanto la scienza possa
servire poco ai bisogni dell’uomo e quanto invece venga utilizzata dagli
scienziati per il successo personale e per il semplice profitto. Il principe
ribelle, che aveva svolto il ruolo di scienziato in terre impervie quale
Siberia e Manciuria con il solo scopo di ampliare le conoscenze
dell’uomo e cercare migliorare le condizioni di vita delle popolazioni
soggette al giogo russo, è consapevole che nella società in cui si trova a
vivere le scienze sono un bene di lusso che serve ad abbellire la vita di
pochi e resta del tutto inaccessibile alle masse; “oggi la scienza non è
73
fatta che per pochi privilegiati, perché l’ineguaglianza sociale che divide
la società in due classi, quella dei salariati e quella dei detentori del
capitale, fa si che tutti gli insegnamenti sulle condizioni adatte ad una
vita razionale siano come un’ironia per i nove decimi dell’umanità”61.
Per cambiare tale stato di cose è necessario che le verità della scienza
siano proprietà comune di tutti gli uomini, occorre che tutti possano
assimilarle e applicarle, è essenziale che la scienza cessi di essere bene
di lusso e diventi la base della vita di tutti. Colui che si propone di
aiutare l’uomo nel processo di formazione deve tenere conto oltre che
della meta, anche del punto di partenza, ossia della sua natura, che è
essenzialmente buona e portata a desiderare la felicità non soltanto
propria ma anche altrui. Lo studente di medicina deve capire che la
donna ricca potrà sempre curarsi mentre il povero morirà del suo male,
lo studente di giurisprudenza deve capire che la legge è legge del più
forte e che asservendosi a tale legge entra in contrasto con la propria
coscienza, lo studente di ingegneria deve capire che applicando la
scienza all’industria non migliora le condizioni dei lavoratori ma rende
un servigio all’impoverimento dell’operaio e all’aumento della
disoccupazione, il giovane maestro di scuola deve capire che
60
61
ID., Ai giovani, Ragusa, 1997, p.11.
Ibid., p.12.
74
l’istruzione è solo per i pochi ricchi mentre la maggioranza della
popolazione ne è esclusa, il giovane artista deve capire che le sue opere
sono rimaste per troppo tempo lontane dalla vera vita degli oppressi per
farsi semplice strumento di riconoscimento del potere borghese. Gli
studenti devono sapere che la scienza astratta è un lusso, la pratica della
medicina un’apparenza, la legge un’ingiustizia, le scoperte meccaniche
uno strumento di speculazione, la scuola un’arma di riproduzione
dell’ideologia borghese e l’arte una oasi della frivolezza. E’ necessario
che gli uomini di cultura immergendosi nella vita del popolo e andando
verso il popolo comprendano la miseria degli oppressi ma anche il
grande movimento della classe operaio per spezzare le catene della
schiavitù; è necessario, per il principe ribelle, una nuova formazione
umana che dia il colpo di grazia al modello educativo della società
borghese.
Kropotkin, nella sua vita da studente, ha visto come qualsiasi
potere costituito utilizzi l’istruzione al fine di plasmare sudditi
sottomessi con l’obiettivo di perpetrare il dominio di classe; la società
borghese, difende se stessa impedendo il libero sviluppo della
personalità individuale e ostacolando l’accesso al sapere della maggior
parte degli uomini. Il principe ribelle ritiene che l’autoritarismo
75
borghese si limita ad impartire alle classi subalterne un’educazione
puramente manuale con lo scopo evidente di accrescere la quantità di
manodopera da utilizzare nel processo produttivo; alle classi agiate
impartisce le peggiori discipline intellettuali, avviandoli ad imparare
senza prove pratiche, a fidarsi del libro, delle autorità e a soffocare ogni
pensiero indipendente. La scuola borghese è l’anticamera della caserma,
è scuola di menzogna ed ipocrisia, alimenta negli studenti valori vacui
quali l’amore sacro della patria, la gloria delle armi, l’obbedienza alla
legge e il rispetto della proprietà privata con lo scopo di creare dei
buoni cittadini che obbediranno ai governi. Il servilismo ha per effetto di
asservire l’uomo nel fanciullo, nel momento in cui il suo intelletto è
senza forza, la sua memoria vuota e la sua immaginazione ingenua e
senza diffidenza; i risultati del metodo d’istruzione borghese sono “la
superficialità, lo psittacismo, il servilismo e la pigrizia di spirito”62
Kropotkin è fermamente convinto che tutte le classi sociali
devono
ricevere
un’identica
formazione,
che
all’educazione
specializzata dominante nella società borghese si deve sostituire
l’educazione integrale: “noi affermiamo che nell’interesse della scienza
e dell’industria, come pure nell’interesse della società considerata nel
suo insieme, ogni essere umano, senza distinzione di nascita, dovrebbe
62
ID., Lavoro intellettuale e lavoro manuale, Ragusa, 1972, p.15.
76
ricevere un’educazione che gli permettesse di acquistare una nozione
profonda delle scienze, contemporaneamente con la cognizione seria di
un mestiere” ed inoltre
“alla divisione della società in lavoratori
intellettuali e lavoratori manuali, noi opponiamo la combinazione dei
due ordini di attività; e invece dell’insegnamento professionale, che
sottintende il mantenimento della separazione attuale, preconizziamo,
coi fourieristi e con molti scienziati moderni , l’educazione integrale,
l’educazione completa, che determina la scomparsa della perniciosa
distinzione.”63. L’educazione non consiste nell’acquisizione di sapere
esterno, ma nel trarre dall’interno ciò che vi è in germe; essa cerca di
trovare per ciascuno l’ambiente che gli conviene, perché l’uomo deve
poter svilupparsi nella pienezza della propria indipendenza, in modo da
costituire un’individualità. Quello di Kropotkin è un progetto complesso
ed ambizioso, siamo dinanzi ad un’istituzione educativa in grado di
dare una formazione insieme teorica e pratica, umanistica e scientifica,
attraverso contenuti culturali e libri non più astratti ed evasivi ma
concreti ed impegnati, non elitari ma popolari. Si tratta di un’educazione
che consente al giovane ventenne di avere una buona conoscenza
scientifica, delle nozioni generali su ciò che costituisce la base
dell’educazione professionale e la conoscenza di un mestiere.
63
Ibid., p.5.
77
Il metodo didattico deve eliminare lo spreco di tempo ed evitare di
trasmettere un’infinità di cognizioni teoriche, i giovani devono osservare
praticamente ciò che studiano. Kropotkin dice che già all’età di dieci o
dodici anni si può dare ai fanciulli un idea generale dell’universo, della
terra e dei suoi abitanti, dei principali fenomeni fisici, chimici, zoologici
e botanici, in modo che più avanti negli studi siano in grado di
formulare le leggi di questi fenomeni. Gli studenti devono sapere che i
segni matematici esistono “come segni viventi di cose viventi nella
natura, come espressioni semplificate di fatti che sono la vita infinita ed
infinitamente viva della natura”64 e non come deduzioni che hanno perso
il significato originale.
Kropotkin ridefinisce anche il compito dell’educatore il cui ruolo
non è quello di semplice funzionario dello stato, di uomo di mestiere e
di servitore che esegue una consegna, ma di aiutante dell’alunno nello
sforzo di liberarsi dai guasti operati dall’ambiente. L’insegnamento è un
mezzo potente per propagare e infiltrare negli spiriti idee generose, è un
sussidio per rialzare il livello morale della gioventù, ma ciò è possibile
solo eliminando la disciplina, i programmi e le classificazioni.
L’educatore deve rifiutare tutti gli strumenti offerti da una tradizione
64
ID., La scuola. Che cos’è, che cosa dovrebbe essere, in <<Il pensiero>>, 17 (1909), Roma, 1
settembre 1909, pp.261-262.
78
repressiva volta a soffocare fin dall’infanzia lo spirito critico, l’iniziativa
personale e portata ad inculcare il principio di autorità e l’obbedienza ai
genitori. Non vi è tirannia più grande di quella dei genitori verso i loro
figli, è il diritto del più forte esercitato con il massimo arbitrio e senza
controllo. Si esige dal fanciullo l’obbedienza più passiva, si opprime la
sua volontà, la sua individualità; i suoi pensieri , le sue parole, i suoi atti
devono modellarsi su quelli dei genitori. Kropotkin è convinto che il
compito dei genitori saggi sia quello di rendersi inutili in modo che ad
una certa età, i fanciulli possano sentirsi indipendenti e liberi di se stessi.
L’autorità dei genitori non riposa su nulla.
Kropotkin ritiene essenziale il culto della libertà di ciascuno e di
tutti, il valore della giustizia, non giuridica ma umana; la grandezza
della ragione, non teologica né metafisica, ma della scienza e del lavoro,
tanto manuale che intellettuale; solo questo è la base prima della dignità
e del diritto di tutti. L’educazione della nuova società non solo annullerà
la divisione tra lavoro manuale e intellettuale e l’autorità dei genitori,
ma non attuerà alcuna discriminazione tra maschi e femmine in modo da
favorire una comunicazione costante, fraterna e viva tra i due sessi; ogni
uomo diventa responsabile di se stesso e degli altri, altruista, capace di
vivere moralmente con il solo aiuto della propria coscienza. L’uomo
79
impara a vivere, e vivere significa svolgere tutte le proprie facoltà,
realizzare tutte le proprie attitudini, non solo per sé, ma anche per gli
altri. In questa nuova scuola la scienza viene a trovare un ambiente
preparato ad accoglierla e a favorirne lo sviluppo, ciò è essenziale
perché lo scienziato, ma in generale l’intellettuale, è sempre il prodotto
della società nella quale vive ed opera. Affinché il prodotto sia il
migliore possibile è necessario che la società sia la migliore possibile,
bisogna modificare le condizioni attuali della convivenza sociale che
fanno dello scienziato uno scopritore amorfo e della quasi totalità degli
esseri umani schiavi e macchine incapaci di assimilare le scoperte della
scienza; quando i rapporti attuali saranno sovvertiti allora “traendo
nuove forze dal lavoro scientifico collettivo, e col potente concorso
delle schiere di lavoratori che verranno a mettere le loro forze al suo
servizio, la scienza prenderà un nuovo slancio in confronto al quale i
lenti progressi dei giorni nostri sembreranno dei semplici esercizi di
scolari. Allora soltanto potrete godere della scienza; ma non soltanto
voi; il godimento e la soddisfazione saranno per tutti.”65.
Kropotkin attraverso l’analisi del sistema educativo borghese
opera la critica di quella che Foucault chiamerà ‘microfisica del potere’
e cioè un potere che agisce in molti luoghi del sociale, in forma
65
ID., Ai Giovani, cit., p.14.
80
capillare, appunto micrologica, e che penetra nelle coscienze attraverso i
corpi, attraverso il minuto controllo di gesti, di posizioni, di
atteggiamenti fisici, stabilendo l’ordine di una disciplina, e rendendo
così i soggetti docili alle finalità del potere. L’istituzione borghese, per
Kropotkin, attraverso un’organizzazione razionale e produttiva di orari e
di mansioni, mira a produrre quello che ancora Foucault definisce
‘individuo normalizzato’ e a perpetrare il dominio di classe.
Con la scuola ‘anarchica’ di Kropotkin siamo invece, dinanzi ad
una proposta di scuola libertaria, che educa alla libertà, che ha come
obiettivo il pieno sviluppo dell’individualità e il rifiuto del principio
d’autorità. Il sentimento della dignità umana deve essere coltivato; e ciò
è possibile per mezzo della conoscenza di sé e dell’ambiente nel quale si
vive. Il desiderio di Kropotkin è quello di una scuola che insegni ad “
un amore sincero della verità, ad amare tutto ciò che è bello di una
bellezza interna e più intima, a comprendere la necessità di essere
un’unità fra le altre unità umane, e così a sentire battere il proprio cuore
all’unisono
col resto dell’umanità”66. All’individuo ‘normalizzato’
Kropotkin contrappone l’individuo ‘completo’.
66
ID., Lavoro intellettuale e lavoro manuale, cit., p.19.
81
82
CAPITOLO TERZO
83
Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione
William Godwin nella sua opera Political Justice, sostiene che se gli
uomini si comportano razionalmente, facendo la loro parte di lavoro
socialmente utile, eliminando le attività improduttive e sfruttando le
scoperte scientifiche a beneficio della società, potrebbero vivere nel
benessere e nello sviluppo economico, avendo così maggiore tempo
libero per coltivare lo spirito e le vere passioni dell’anima. “Il lavoro di
mezz’ora al giorno da parte di ciascuno sarebbe stato probabilmente
sufficiente a fornire tutte le cose necessarie per la vita. Un’attività
mantenuta entro tali limiti, dunque, anche se non prescritta da alcuna
84
legge o fatta valere per mezzo di punizioni dirette, s’imporrebbe con
estrema efficacia sulle menti forti per un senso di giustizia e su quelle
deboli per un sentimento di vergogna. Dopo di che, gli uomini come
occuperebbero il tempo libero? Probabilmente né totalmente in ozio
integrale né totalmente alla ricerca di soddisfazioni personali. Vi sono
molti oggetti, frutto dell’operosità umana, i quali, benché non
classificabili tra le necessità della vita, sono utili per il nostro benessere
E’ palese come possono venire valutati tali beni, quando avremo
stabilito quali siano le comodità che ci procureranno vero piacere, dopo
aver bandito gli allattamenti della vanità e dell’ostentazione. (....) Si
dimostra
così
che
uno
stato
d’eguaglianza
non
comporta
necessariamente una condizione di semplicità stoica, ma è compatibile
con un grado elevato di agi e persino, in un certo senso, con il fasto:
almeno, se con tale termine intendiamo l’abbondanza di comodità e la
varietà di invenzioni per procurarle. Si può concludere, pertanto, che
sembrano aver ben
stato con quello selvaggio,
poca ragione coloro che confondono questo
o pensano che l’acquisizione del primo
debba essere ritenuta un prologo al secondo”67.
67
W. GODWIN, Political Justice (1793), in Gli Anarchici, a cura di G.M.Bravo, Torino, 1971, vol.I,
pp.275-276.
85
In risposta alla visione ottimistica della benevolenza universale di
Godwin, Malthus nel Saggio sul principio della popolazione e la sua
influenza sul miglioramento futuro della società, afferma invece che la
popolazione aumenta in maniera geometrica quando i mezzi di
sussistenza lo permettono, mentre il meglio che si può sperare per la
disponibilità di cibo è una crescita aritmetica; questa asimmetria è
destinata a persistere, con il risultato che la crescita della popolazione
viene limitata dalla disponibilità di cibo. L’equilibrio apparente è
mantenuto soltanto da fenomeni come epidemie, carestie, guerre e
soprattutto dalla generale lotta per l’esistenza nella quale i deboli
soccombono a vantaggio dei più forti. Tradurre in pratica le proposte di
Godwin, per Malthus, significa solo disturbare questo sistema naturale
di limitazione dell’incremento demografico, con il risultato che la
popolazione sarebbe cresciuta più in fretta della disponibilità di cibo e
che la fame avrebbe ristabilito l’equilibrio. “Ritengo pertanto esatti i
miei postulati e affermo che il potere di crescita della popolazione è
infinitamente più grande di quello che possiede la terra di produrre i
mezzi di sussistenza necessari all’uomo: la popolazione ,infatti, se non
viene frenata aumenta secondo una progressione geometrica, mentre le
risorse aumentano secondo una progressione aritmetica; una sia pur
86
minima confidenza con i numeri basta a mostrare l’enorme superiorità
della prima forza nei confronti della seconda. Ma per la legge di natura
in base alla quale il nutrimento è indispensabile alla vita umana, gli
effetti di queste due potenze così diverse devono essere uguali: ne
deriva che la scarsità di risorse fa da freno duro e costante alla
popolazione, che queste difficoltà si fanno sentire necessariamente in
qualche parte della terra e che pesano duramente su gran parte
dell’umanità. (....) La disparità naturale fra capacità di crescita della
popolazione e quella produttiva della terra costituisce, insieme alla legge
di natura che vuole uguali i loro rispettivi effetti, il grande ostacolo, a
mio parere insormontabile, che si frappone al cammino della società
verso la perfezione”68.
Queste teorie, insieme alle personali osservazioni di naturalista,
spinsero Darwin, nella sua opera L’Origine della specie a dar vita alla
dottrina dell’evoluzione biologica fondata su due principi: 1° l’esistenza
di piccole variazioni organiche, che si verificherebbero negli esseri
viventi sotto l’influenza delle condizioni ambientali, e alcune delle
quali, per la legge della probabilità, sarebbero biologicamente
vantaggiose, 2° la selezione naturale secondo la quale, portando l’idea
68
T.H.MALTHUS, An essay on the principle of population, Londra, 1798, trad.it Primo saggio sulla
popolazione, a cura di G.Nebbia, Bari, 1976, pp.10-11.
87
evolutiva nello studio della vita organica, la lotta per la sopravvivenza,
che si osserva dovunque nel mondo animale e vegetale, tende a
conservare le variazioni favorevoli e ad eliminare quelle meno
privilegiate e porta, come risultato finale, alla formazione di nuove
specie. Da questi due ordini di fatti segue che gli individui presso i quali
si manifestino mutamenti organici vantaggiosi hanno maggiori
probabilità di sopravvivere nella lotta per la vita; e in virtù del principio
di eredità ci sarà in essi un’accentuata tendenza a lasciare in eredità ai
loro discendenti i caratteri accidentali. “Se gli esseri organizzati variano
nelle diverse parti della loro organizzazione, durante il lungo corso dei
tempi e sotto condizioni variabili di vita, io penso che ciò non potrebbe
impugnarsi; se essi hanno a sostenere, dietro la forte proporzione
geometrica dell’aumento di ciascuna specie, una severa lotta per la vita,
in qualche periodo della loro età e in certi anni o in certe stagioni, e
questo per fermo non può mettersi in dubbio; se da ultimo considerassi
la complicazione infinita delle relazioni di tutti gli esseri organizzati fra
loro e colle loro condizioni di vita, relazioni che producono infinite
varietà di adatte strutture, di costituzioni e di abitudini, e riescono perciò
vantaggiose; sarebbe certamente un fatto molto straordinario che
nessuna variazione sia avvenuta mai utile alla prosperità di essi, nello
88
stesso modo in cui si manifestarono le variazioni favorevoli all’uomo.
Ora se si producono variazioni favorevoli ad un essere organizzato,
certamente gli individui così caratterizzati, avranno maggiori possibilità
di essere preservati nella lotta per la vita, e in seguito al forte principio
di ereditabilità, tenderanno a generale una prole dotata di caratteri simili.
Questo principio di conservazione, per amore di brevità, fu da me
chiamato elezione naturale, o sopravvivenza del più adatto. Questa
elezione conduce al perfezionamento di ogni creatura, in relazione alle
sue condizioni organiche ed inorganiche di vita” 69. Dodici anni dopo la
comparsa dell’Origine della specie Darwin pubblicò La discendenza
dell’uomo in cui, oltre a sostenere la discendenza dell’uomo da animali
inferiori, analizza la lotta per l’esistenza in un senso molto più ampio di
quello della lotta eterna in seno ad ogni specie, mostrando come il
sentimento morale viene acquisito da ciascun uomo nel corso della
propria esistenza. Darwin fa derivare l’origine del sentimento morale da
una socialità istintiva, innata negli animali inferiori e probabilmente
anche nell’uomo; “lo sviluppo delle qualità morali è un problema
interessante. La base si trova negli istinti sociali, che includono sotto
questo nome i vincoli familiari. Questi istinti sono assai complessi, e nel
69
C.DARWIN, On the origin of species by means of natural selection, Londra, 1859, trad.it.
L’Origine delle specie mediante selezione naturale, , a cura di G.Canestrini, Torino, 1875, p.116.
89
caso degli animali inferiori determinano tendenze particolari verso certe
azioni definite; ma gli elementi più importanti sono l’amore, e la
simpatia, che è un’emozione diversa. Gli animali cresciuti con istinti
sociali traggono piacere dalla reciproca compagnia, si avvisano del
pericolo, si difendono e aiutano l’un l’altro in vari modi. (....) L’uomo è
spinto dallo stesso desiderio generico di aiutare i suoi simili; egli
differisce dagli animali inferiori anche per la capacità di esprimere i suoi
desideri mediante parole, che così diventano di guida per richiedere e
accordare aiuto. La valutazione e il conseguimento della lode o del
biasimo si fondano entrambi sulla simpatia; e questo sentimento,
come
abbiamo visto, è uno dei
più importanti
elementi degli
istinti
sociali.”70. Darwin, quindi, non solo riconosce che presso gli animali
gregari a causa del loro regime di vita gregario l’istinto sociale si
sviluppa
così
fortemente
da
divenire
l’istinto
caratteristico
assolutamente permanente, forte al punto tale che prende addirittura il
sopravvento sull’istinto di autoconservazione, ma rende manifesto come
l’uomo malgrado così com’è abbia scarsi istinti sociali, resti nonostante
70
ID., The descent of man, Londra, 1871, trad.it. L’origine dell’uomo, a cura di F.Paparo, Roma,
1972, pp.246-247.
90
tutto un essere sociale, capace di conservare anche in un’epoca
socialmente degradata qualche grado di affezione istintiva e di simpatia
per i suoi simili; “senza dubbio un uomo, di mente lenta, se ha affetti e
simpatie sociali ben sviluppate, sarà portato alle buone azioni, e potrà
avere una coscienza abbastanza sensibile”71.
Nella Discendenza dell’uomo Darwin non opera che un
approfondimento della teoria evolutiva in quanto al momento della
composizione dell’Origine della Specie l’autore possedeva ancora poche
nozioni, di natura strettamente biologica, sullo studio della natura
vivente e questo lo aveva portato a considerare solo la lotta all’interno
della specie come necessaria per aumentare la variabilità e dar vita a
nuove razze e
a nuove specie. Successivamente
man mano che la biologia
penetrava nella vita della natura Darwin dovette riconoscere che gruppi
di animali agiscono come un tutto e lottano contro i nemici facendo uso
del mutuo appoggio all’interno dello stresso gruppo, giungendo così ad
approfondire anche il ruolo del mutuo appoggio nell’organizzazione
umana di ogni epoca storica e la sua valenza nel processo evolutivo:
71
Ibid., p.248.
91
“non è improbabile che le buone tendenze, dopo una lunga pratica,
possano divenire ereditarie”72.
Kropotkin comprende immediatamente la complessità e l’alto
valore dell’intera opera di Darwin; soffermandosi su quella che lui
definisce l’opera della maturità, cioè la Discendenza dell’uomo,
il principe ribelle sostiene che Darwin “ha avuto il coraggio di dire che,
dei due istinti, quello sociale e quello personale, il primo è più
imperativo e più costantemente presente che il secondo. In questo aveva
decisamente ragione”73. Per Kropotkin Darwin ha mostrato sotto una
luce nuova l’immagine millenaria della società, risistemando l’ordine
temporale dell’uomo.
La grande ammirazione che Kropotkin mostra per il padre
della
teoria
evolutiva,
lo
porta
a
trovare
inaccettabile
e
contraddittorio l’estremismo evolutivo dei “volgarizzatori” di Darwin,
che fraintendendo volontariamente l’opera del maestro hanno fatto del
mondo animale “un mondo di eterna lotta fra individui affamati, assetati
di sangue”74. Thomas Henry Huxley ribadisce in più conferenze e nel
saggio The struggle for existence and its bearing upon man, che la vita è
72
Ibid.
P.KROPOTKIN, Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di
Maria e A.M.Bonanno, cit., p. 60.
74
ID., Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore
dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, Catania, 1979, p.22.
73
92
una lotta continua per l’esistenza, che in forza di questa lotta le specie
sopravvivono e che la vita dell’uomo primitivo è la maggiore
testimonianza di questa continua lotta; “dal punto di vista morale il
mondo animale è all’incirca allo stesso livello dello spettacolo dei
gladiatori. Gli esseri sono abbastanza bene trattati e addestrati a
combattere - per cui il più forte, il più lesto e il più astuto sopravvivono
per combattere il giorno dopo. Lo spettatore non ha bisogno di volgere il
pollice in basso, poiché non viene concessa alcuna grazia” 75. Huxley ci
presenta una natura amorale, “se noi desideriamo rappresentare il corso
della natura in termini di pensiero umano, e supporre di intenderlo per
ciò che è, dobbiamo dire che il suo principio regolatore e intellettuale e
non morale; che è un processo logico materializzato, accompagnato da
piaceri e da dolori, la cui incidenza, nella maggioranza dei casi, non ha il
minimo riferimento alla morale”76. Per Huxley la storia primitiva è
segnata dalla sconfitta dei deboli e degli stupidi, la vita dei primitivi è
una rissa continua in cui la guerra hobbesiana di tutti contro tutti diviene
la normale condizione di esistenza; “i primi uomini che sostituirono lo
stato di guerra reciproca con quello della pace reciproca, qualunque
fosse il motivo che li spingeva a fare quel passo, crearono la società.
75
T.H. HUXLEY, The struggle for existence and its bearing upon man, in P. KROPOTKIN, Mutual
aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad. it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura
di C.Berneri, Catania, 1979, p.198.
93
Ma, costituendo la pace, ovviamente
lotta
ponevano
un
limite
alla
per l’esistenza”77. Huxley vuole solo sottolineare che man mano
che l’uomo naturale cresce e si moltiplica senza costrizioni, la pace e
l’industria non solo gli permetteranno, ma lo costringeranno ad una
lotta per l’esistenza dura come quella del regime di guerra.
Kropotkin ritiene che il grande errore di Huxley è quello di
riconoscere che l’uomo può ricavare dalla natura solo la lezione della
violenza, così facendo dovrà allo stesso tempo riconoscere l’esistenza di
qualche entità soprannaturale, esterna alla natura, che ispira all’uomo
l’idea del bene e che conduce verso un fine superiore lo sviluppo
umano; procedendo in questo modo Huxley e compagni annullano la
possibilità di spiegare l’evoluzione dell’umanità in termini di sole forze
naturali ricadendo nella barbarie metafisica. Il Darwinismo sociale
finisce così col giustificare ogni forma di dominio e di oppressione; ‘la
lotta per la vita’ e l’impossibilità di una forma sociale libera ed
ugualitaria erano facilmente utilizzabili dal pensiero borghese per
legittimare il dominio sociale.
Kropotkin considera essenziale criticare tale teoria perché se fosse
risultata vera avrebbe reso impossibile pensare ad una società anarchica
76
77
Ibid., p.199.
Ibid., p.200.
94
che individua nell’armonia e nell’uguaglianza tra gli uomini la
condizione di una società migliore. La facoltà intellettuale, secondo il
principe ribelle, è eminentemente sociale, in quanto alimentata dal
linguaggio, dall’imitazione, dall’esperienza. Inoltre il fatto stesso di
vivere in società tende a sviluppare quel senso collettivo di giustizia che
finisce per diventare un abito mentale e che è l’essenza stessa della vita
in società. L’anarchico russo sulla base di indagini etologiche condotte
personalmente sul campo e sulla scorta di altri studi affini, cerca di
dimostrare che nell’evoluzione animale il ruolo della competizione e del
conflitto va notevolmente ridimensionato. La sua valenza, poi è
assolutamente insignificante qualora si considera il fenomeno evolutivo
all’interno di una stessa specie. Secondo lo scienziato russo, infatti, il
processo evolutivo rende manifesto il dispiegarsi di un logos assai più
determinante: il mutuo appoggio. I fattori che hanno permesso
l’evoluzione della specie, la sopravvivenza di alcune e la scomparsa di
altre, sono i meccanismi di collaborazione
e aiuto reciproco che
avevamo permesso alla specie, e ai singoli componenti di ciascuna di
essa, di sopravvivere e riprodursi. Si tratta, per il principe ribelle, di
dimostrare scientificamente non solo la possibilità della socievolezza
come condizione del vivere sociale, ma anche chiarire come la
95
socievolezza sia già in atto nel mondo della natura e nello sviluppo
dell’uomo.
Rifiutando sia il pessimismo Darwiniano sia l’ottimismo di
Rousseau, Kropotkin dà vita ad un grande affresco del mondo animale
ed umano con il chiaro intento di mostrare che la “sociabilità è una legge
di natura tanto quanto la lotta tra simili” ma allo stesso tempo che “come
fattore dell’evoluzione, la prima ha probabilmente un’importanza molto
maggiore, in quanto favorisce lo sviluppo delle abitudini dei caratteri
eminentemente atti ad assicurare la conservazione e lo sviluppo della
specie; essa procura inoltre, con minor perdita di energia, una maggiore
somma di benessere e di felicità a ciascun individuo.”
78
. Grazie agli
studi del valente zoologo russo Kessler e alla sua attività di geologo,
Kropotkin giunge alla conclusione che la legge di natura è una legge di
cooperazione, di mutuo appoggio, piuttosto che di lotta. La vita delle
formiche, delle api, delle termiti, degli uccelli, nei mammiferi, delle
scimmie e di altri animali, minuziosamente analizzate dall’anarchico
russo nel Mutuo Appoggio, dimostrano che nell’evoluzione del regno
animale il mutuo appoggio e l’iniziativa individuale sono due fattori
infinitamente più importanti della lotta reciproca, ed inoltre che la vita
78
P.KROPOTKIN, Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un
fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., p.23.
96
in società è l’arma più potente per sopravvivere in quanto “la vita in
comune rende i più deboli insetti, i più deboli mammiferi, capaci di
lottare e di proteggersi contro i più terribili carnivori e contro gli uccelli
rapaci; essa favorisce la longevità; rende le diverse specie capaci di
allevare la loro prole con un minimo di perdita di energia” 79.
L’anarchico russo ritiene che la principale causa della diminuzione della
popolazione animale, non sia la competizione, ma la forte influenza
degli ostacoli naturali; le terribili tormente di neve che si abbattono al
Nord dell’Eurasia alla fine dell’inverno, i geli e le tormente di neve
che ritornano ogni anno nella sperduta terra siberiana, le piogge
torrenziali, dovute ai monsoni, che piombano sulle regioni più
temperate, le terribili condizioni in cui si dibatte la vita animale
nell’Asia Settentrionale, sono la massima testimonianza che i più grandi
nemici degli animali sono i bruschi cambiamenti climatici, le malattie
contagiose, la siccità e le carestie. Quelli che Darwin descrive come ‘gli
ostacoli naturali’ all’eccessiva moltiplicazione hanno una valenza
superiore alla lotta per i mezzi di esistenza; coloro che sopravvivono a
questi ostacoli naturali non sono, per Kropotkin, i più forti o i più sani
ma solo i dotati di maggiore resistenza nell’affrontare un mondo di
privazioni. Gli ostacoli naturali da affrontare nel vivere quotidiano sono
79
Ibid., p.50.
97
già così tanti che “nella grande lotta per la vita - per la più grande
pienezza e per la più grande intensità di vita, con la minore perdita di
energia - la selezione naturale cerca sempre i mezzi di evitare la
competizione quando è possibile”80.
Molti autori, fra cui Spencer, pur ammettendo l’importanza
dell’aiuto reciproco negli animali, rifiutavano di ammetterlo tra
gli uomini, “la società nel suo primo e più basso stadio è una riunione
omogenea di individui che hanno poteri simili e simili funzioni:
la sola notevole differenza di funzioni è quella che accompagna
la differenza di sesso. (....) Assai presto tuttavia, nel corso
dell’evoluzione sociale troviamo una differenziazione incipiente tra i
governanti e
i governati. Qualche specie di preminenza da parte
di un capo sorge subito dopo che la riunione di famigli erranti
separatamente
L’autorità dei più forti e
dà luogo alla formazione di tribù nomadi.
dei più astuti si fa sentire tra i
selvaggi, come in un branco di animali
o in un’adunanza di scolari: specialmente in guerra.” 81. Sull’onda della
scuola di Hobbes, questi autori, sostengono che nell’uomo primitivo, la
guerra di tutti contro tutti è la legge della vita. Ancora una volta, il
80
Ibid., p.59.
H. SPENCER, First Principles, New York, 1886, trad.it. I primi principi, a cura di G.Salvatori,
Milano, 1901, pp. 277-278.
81
98
principe ribelle, non si trova d’accordo perché “l’errore principale di
Hobbes e così pure dei filosofi del XVIII era di supporre che il genere
umano fosse cominciato sotto la forma di piccole famiglie isolate, un
po’ simili alle famiglie ‘limitate e temporanee’ dei grandi carnivori”82.
Attraverso un’indagine attenta delle istituzioni sociali dei popoli
primitivi e grazie agli studi della zoologia e della paleontologia,
Kropotkin giunge alla conclusione che la tribù, non la famiglia, è stata la
prima forma di organizzazione sociale poiché le prime società umane
non sono altro che uno sviluppo ulteriore dell’organizzazione sociale dei
mammiferi più elevati. Secondo il principe ribelle è totalmente errato
rappresentare il mondo primitivo come un’epoca di lotta e di contrasti in
cui l’uomo traeva vantaggio esclusivamente dalla propria forza e dalla
capacità di imporre l’autorità agli altri rappresentanti della specie. Con
le popolazioni primitive non siamo dinanzi ad aggregazioni disordinata
di uomini e donne, ma di fronte a clan con un ordinamento determinato,
dove vige il
matrimonio comune, un’intensa attività comune di stampo agricolo e in
cui non esiste nessuna autorità se non l’opinione pubblica.
Alcune pratiche quali l’infanticidio, il parricidio, il cannibalismo e la
82
P. KROPOTKIN, Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un
fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., p.61.
99
vendetta di sangue, giudicate immorali e crudeli, sono dettate
esclusivamente dalla stretta necessità. Le scarse riserve di cibo spingono
a delle misure per diminuire la specie, favorendo l’infanticidio; il
parricidio è una favola poiché sono gli stessi vecchi che resisi conto di
essere un peso per la tribù chiedono di morire in quanto la morte è un
dovere verso la tribù, i periodi di carestia spingono i selvaggi a divorare
cadaveri per sfamarsi; la vendetta di sangue è giustificata dalla necessità
di difendere l’onore del clan. L’ipocrisia borghese porta a giudicare
come immorali e crudeli questi gesti necessari alla sopravvivenza, ma se
con la stessa ipocrisia questi borghesi “dovessero dire ad un selvaggio
che delle genti, estremamente amabili, amanti teneramente i loro figli, e
così impressionabili che piangono quando vedono una disgrazia
simulata sulla scena, vivono in Europa a qualche passo da tuguri dove
fanciulli muoiono letteralmente di fame, a sua volta il selvaggio non li
comprenderebbe”83.
Il selvaggio, per Kropotkin, non è un’ideale di virtù, ma non è
neppure un ideale di selvatichezza, egli identifica la propria esistenza
con quella della sua tribù, il diritto comune è la sua religione, il
sacrificio è valido solo in nome della tribù, il ciascuno per tutti è la
legge sovrana. “L’individualismo sfrenato è prodotto moderno, non è
83
Ibid., pp.75-76
100
una caratteristica dell’umanità primitiva”84, esso viene a svilupparsi con
la nascita della famiglia che rompendo l’unità della tribù, introduce gli
interessi particolaristici e l’accumulazione delle ricchezze. Questo
avviene con la nascita del villaggio rurale, concepito come un’unione tra
famiglie di origine comune
nel quale si lascia maggiore spazio
all’iniziativa personale e si rinuncia a qualsiasi gestione comune delle
ricchezze. Il comune rurale “riconosceva pienamente l’accumularsi
privato della ricchezza nella famiglia e la sua trasmissione ereditaria. Ma
la ricchezza era concepita esclusivamente sotto forma di beni mobili,
comprendenti il bestiame, gli utensili, le armi e la casa di abitazione. In
quanto alla proprietà fondiaria, il comune rurale, non la conosceva” 85. Il
principe ribelle è convinto però, che nonostante questa prima forma di
accumulazione di ricchezza la vita dei barbari sia imbevuta di autorità
morale; i legami di solidarietà sono testimoniati dallo svilupparsi di
numerosi associazioni di cooperazione e di antiche istituzioni miranti ad
impedire od attenuare la guerra. Il termine dispregiativo ‘barbaro’ che
ancora oggi va a definire popolazioni guerriere rozze e incolte dedite
esclusivamente alla guerra e alle razzie, per Kropotkin deve lasciare il
posto ad una nuova valutazione di queste popolazioni perché con la loro
84
85
Ibid., p.66.
Ibid., p.86.
101
organizzazione “il concetto di una più larga unione estesa ad intere
popolazioni ed a parecchie popolazioni di diverse origini fu lentamente
elaborato. L’antica concezione della giustizia, che non conteneva che
un’idea di vendetta, subì una lenta e profonda modificazione - la
riparazione del danno cagionato si sostituì alla vendetta, (....) fu
elaborato un sistema di abitudini tendente ad impedire l’oppressione
delle masse da parte della minoranza.”86.
Dopo avere rivalutato il ‘selvaggio’ ed il ‘barbaro’ Kropotkin
passa ad analizzare il Medio evo perché “la socievolezza, il bisogno di
aiuto ed il mutuo appoggio sono così inerenti alla natura umana che in
nessuna epoca storica troviamo gli uomini viventi in piccole famiglie
isolate, combattenti le une contro le altre per assicurarsi i mezzi di
sussistenza”87.
Nel medio Evo, il crescere
dell’occupazione, dei mestieri e delle arti, l’estensione del commercio
con i paesi lontani favorì la nascita di un nuovo modello di unione
sociale: le corporazioni; per Kropotkin le corporazioni rappresentano il
massimo sviluppo dei principi stessi
nelle gentes e nei comuni rurali.
che abbiamo visto in azione
“Le gilde rispondevano
ad un profondo bisogno della natura umana, e riunivano tutte le
86
87
Ibid., p.100.
Ibid., p.101.
102
attribuzioni di cui lo Stato si appropriò più tardi per la sua burocrazia e
la sua polizia. Esse erano più di questo, perché rappresentavano
associazioni per l’appoggio mutuo in tutte le circostanze e per tutti gli
incidenti della vita; erano anche associazioni per il mantenimento della
giustizia - differenti in questo dallo Stato perché in tutte le occasioni
interveniva
un elemento umano, fraterno, invece dell’elemento
formalista che è la caratteristica essenziale dell’intervento dello Stato”88.
Kropotkin è convinto che la gilda non può non estendersi e rafforzarsi
ma è necessario una forma che permetta di federare le unioni delle gilde
senza invadere il campo di quelle dei comuni rurali e di federare le une e
le altre in un tutto armonico. Il tutto armonico, per l’anarchico russo, è
rappresentato dal Comune perché “la città del Medio evo ci appare così
come una doppia federazione; dapprima, di tutti i capi di famiglia
costituenti delle piccole unioni territoriali - la strada, la parrocchia, la
sezione - e poi degli individui uniti da giuramento in gilde secondo le
loro professioni; la prima era un prodotto del comune rurale, origine
della città, invece la seconda era una creazione posteriore di cui
l’esistenza era dovuta alle nuove condizioni”89.
88
89
Ibid. p.113.
Ibid. p.116.
103
Il Comune non è una semplice organizzazione politica a difesa di
date libertà politiche ma si configura come un’organizzazione di mutuo
appoggio per il consumo, per la produzione e per la vita sociale nel suo
insieme. L’età comunale, per il principe ribelle, è l’epoca che meglio
esprime la tendenza al mutuo appoggio perché non pone gli impedimenti
dello Stato ma lascia piena libertà a ciascun gruppo nell’arte, nei
mestieri, nella scienza e nella politica; “il periodo compreso tra il X e il
XVI secolo della nostra era potrebbe essere descritto come un immenso
sforzo per stabilire l’aiuto, l’appoggio reciproco, il principio di
federazione e d’associazione in tutte le manifestazioni della vita umana
e in tutti i gradi possibili”90.
Kropotkin individua il crollo dell’età comunale e la nascita dello
Stato nel mancato accordo tra cittadini e masse contadine, nelle divisioni
all’interno del comune tra borghesi e popolo minuto, nella supremazia
accordata all’industria a scapito dell’agricoltura, nella propaganda
anticomunale della Chiesa che nelle Università insegnava a “cercare la
salvezza in uno Stato fortemente centralizzato, posto sotto un’autorità
semi-divina”91. “ E’ così che all’interno di ogni città, una volta libera, si
costituì una classe aristocratica di mercanti che la dominava sostenendo
90
91
Ibid., p.130.
Ibid., p.136.
104
tanto il Papa che l’imperatore nell’intento di avere dalla loro quella o
quell’altra città; oppure un re o un principe che, interessato alla
conquista di una città, si appoggiava ai ricchi mercanti oltre che alle
popolazioni più povere. Gli stati centralizzati moderni si formarono in
questo modo.”92
Con il Mutuo Appoggio Kropotkin ci offre una storia totale poiché
“la storia scritta fino ad oggi, non è per così dire, che una descrizione
delle vedute e dei mezzi con i quali la teocrazia, il potere militare,
l’autocrazia e più tardi la plutocrazia sono stati stabiliti e mantenuti. Le
lotte tra queste differenti forze formano l’essenza stessa della storia.
Possiamo dunque ammettere che si conosce già il fattore individuale
nella storia del genere umano. (....) al contrario il fattore del mutuo
appoggio non ha attirato nessuna attenzione. Era dunque necessario
mostrare
la
parte
immensa
che
questo
fattore
rappresenta
nell’evoluzione del mondo animale e in quella della società umana.”93.
La storia dell’uomo, per il principe ribelle non è altro che una
variabile della grande storia della natura, “tutta la storia dell’umanità
può essere considerata, in definitiva come la manifestazione di due
tendenze: da una parte la tendenza degli individui o dei gruppi a
92
ID.,Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e
A.M.Bonanno, cit., p.91.
105
impadronirsi
del potere per sottomettere le grandi masse al loro
dominio; dall’altra, la tendenza a mantenere l’uguaglianza e resistere a
questa conquista del potere, o a, limitarla.”94. L’età comunale e l’età
moderna sono i due poli di questa filosofia della vita, la prima
rappresenta l’epoca delle decentralizzazione, dello sviluppo culturale ed
artistico, della collettività produttiva, della democrazia dal basso che
fonda l’idea di collettività nazionale, del mutuo appoggio; la seconda è
l’epoca della volontà di potenza, dello stato che penetra in ogni ambito
della vita individuale e collettiva, dell’individualismo sfrenato,
dell’oppressione delle masse violenza. Allo stesso modo, in questo
dualismo evolutivo, a fare la storia, per Kropotkin, non sono i grandi
uomini ma le masse anonime che attraverso la spontanea solidarietà
collettiva contribuiscono a costruire la società. “Nella pratica del mutuo
appoggio, che risale fino ai più lontani principi dell’evoluzione,
troviamo così la sorgente positiva e sicura delle nostre concezioni
etiche; e possiamo affermare che il grande fattore del progresso morale
dell’uomo fu il mutuo e non la lotta. Ed anche ai giorni nostri, è in una
93
ID., Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore
dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., pp.176-177.
94
ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e
A.M.Bonanno, cit., p.90.
106
più larga estensione di esso che vediamo la migliore garanzia per una
più alta evoluzione della nostra specie”95.
Siamo dinanzi alla formulazione dell’idea che la società è un
fenomeno naturale esistente fin da prima dell’apparizione dell’uomo, e
che l’uomo per sua natura è portato a rispettarne le leggi senza bisogno
di regolamenti artificiali. Kropotkin “vuole confermare l’esistenza di
una spontanea autofondazione della società quale premessa storica
decisiva
per concepire la possibilità di una sua edificazione
anarchica”96.
Ma come è possibile giungere ad una condizione di mutuo
appoggio collettivo che favorisca la nascita della società anarchica?
E’ necessaria un’etica realistica ed umana.
95
ID., Mutual aid: a factor of evolution, London, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore
dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., p.179.
107
Un’etica umana: Socievolezza, Giustizia, Abnegazione
96
G. BERTI, Il pensiero anarchico: dal settecento al novecento, cit., p.317.
108
Kropotkin pensa di essere, prima di tutto e soprattutto, uno scienziato, e
ritiene che la sua filosofia sociale e il suo sistema etico devono poggiare
sulla solida base di osservazioni empiriche. Con il suo libro sul mutuo
appoggio, il principe ribelle, ha voluto dimostrare dal punto di vista
scientifico che la natura non è amorale e non insegna all’uomo il male,
ma che la morale è un prodotto naturale dell’evoluzione della vita
sociale e non soltanto dell’uomo, ma di tutti gli esseri viventi, nella
maggior parte dei quali noi vediamo già i sintomi dei rapporti umani.
“Comprendiamo così che non solo la natura non ci dà lezioni di
amoralismo, che è l’indifferenza riguardo la morale, indifferenza che
essendo un principio estraneo alla natura dovrebbe combattere per
dominarla, ma al contrario, che la nozione del bene e del male, i
ragionamenti sul bene supremo, sono improntati sulla base della stessa
natura”97.
La storia umana e il ragionamento morale sono inestricabilmente
connessi, al punto che non è possibile discutere la prima senza fare
riferimento alla seconda; per Kropotkin una morale legata alla forma
sociale, alla cultura complessiva, al periodo storico di cui è espressione,
97
P.KROPOTKIN, Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di
Maria e A.M.Bonanno, cit., p.33.
109
è una morale relativa, dunque non è morale, dal momento che una
morale vera, cioè la morale, non può che fondarsi su principi
sovrastorici e sovrasociali. “La morale non può mai avere per scopo
qualcosa di trascendente, cioè di superiore a ciò che in realtà esiste,
come vogliono gli idealisti; il suo scopo deve essere reale; è nella vita e
non in uno stato successivo del decorso naturale della vita, che noi
dobbiamo trovare la nostra soddisfazione morale.”98. L’impulso morale
in natura precede l’esistenza della vita umana, la natura umana come
parte della grande trama della vita naturale e dei suoi complessi
processi, è stata e sarà sempre impregnata di impulso morale. “Man
mano che studiamo più da vicino l’uomo primitivo, constatiamo sempre
più profondamente che dalla vita degli animali, con i quali viveva in
stretta comunità, egli ricevette le prime lezioni della coraggiosa difesa
dei propri simili, dell’abnegazione a favore del gruppo, dell’amore
illimitato per la famiglia, dell’utilità della vita in società in generale. Le
nozioni di ‘virtù’ e di ‘vizio’ non sono soltanto umane, ma
zoologiche”99.
La vita in società naturalmente ed inevitabilmente genera, sia
negli uomini che negli animali, l’istinto di socievolezza, di mutuo
98
99
Ibid., p.29.
Ibid., p.39.
110
appoggio, che nello sviluppo successivo si trasformano, nelle persone,
in sentimento di benevolenza, di simpatia e di amore. La socialità
naturale dell’uomo è il fondamento di ogni credo di etica sociale, e se
non condizionasse quasi tutti i nostri atti, i quotidiani rapporti con i
nostri simili, lo stato meglio organizzato non potrebbe impedire la
disgregazione sociale.
istinti, ha inizio
Da questi sentimenti, da questi
la morale umana che, per il principe ribelle, può
riassumersi nella formula: ‘fa agli altri ciò che tu vorresti che gli altri ti
facessero nelle stesse circostanze’, “ senza questa solidarietà
dell’individuo colla specie, il regno animale non si sarebbe mai
sviluppato né perfezionato”100.
Kropotkin è convinto che le idee divengano forze etiche quando
sono giuste e sufficientemente diffuse per esprimere la vita della natura
nel suo insieme e non soltanto in uno dei due lati; “è per questo che
quando si tratta di creare una morale suscettibile di determinare sulla
società un’influenza duratura, bisogna cominciare a stabilirne la basi per
mezzo di verità solidissime”101. La verità solidissima dell’etica umana di
Kropotkin è che il conflitto e il mutuo appoggio sono entrambi presenti
nella storia dell’umanità, di conseguenza il compito dell’etica è quello di
100
101
Ibid., p.38.
Ibid., p.40.
111
cercare ciò che vi è di comune tra i sentimenti egoistici e quelli
mutualistici, con l’obiettivo non di trovare un semplice compromesso o
un accordo tra idee, ma la loro sintesi, la loro generalizzazione.
I sentimenti di dominio sull’altro uomo rispondono ad un bisogno
fondamentale dell’uomo: il bisogno della lotta; i sentimenti mutualistici
rispondono allo stesso modo ad un altro bisogno, egualmente essenziale:
il bisogno di unione e di reciproca simpatia; è assolutamente necessario
trovare la loro sintesi. “Generalmente, i moralisti che hanno fabbricato i
loro sistemi su di una pretesa opposizione fra sentimenti egoistici e
sentimenti altruistici, hanno sbagliato la strada. Se questa opposizione
esistesse realmente, se il bene dell’individuo fosse realmente opposto a
quello della società, la specie umana non avrebbe potuto esistere:
nessuna specie animale avrebbe potuto raggiungere il suo sviluppo
attuale”102. L’uomo moderno non può ammettere “la lotta per la
dominazione, la guerra al coltello tra gli individui e le nazioni, sia
l’ultima parola della scienza; d’altra parte egli non crede che la
questione possa essere risolta predicando la fraternità e l’abnegazione,
come il cristianesimo ha fatto per secoli”103.
P.KROPOTKIN, La Morale Anarchiste, Parigi, 1889, trad. it. La morale anarchica, Ragusa, 1994,
p.59.
103
ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e
A.M.Bonanno, cit., p.40.
102
112
Lo scopo principale dell’etica è quello di suggerire all’uomo
un ideale capace di risvegliare l’entusiasmo, dando agli uomini la
forza
per conciliare l’energia individuale con il lavoro per il bene di
tutti. Il bene dell’individuo e quello della specie sono identici, l’uomo
trova la maggiore intensità di vita nella socievolezza, nella perfetta
identificazione dei propri bisogni con quelli di coloro che lo circondano.
“Il compito dell’etica non è quello di insistere sui difetti dell’uomo e di
rimproverargli i suoi peccati: essa deve fare opera positiva,
indirizzandosi ai suoi migliori istinti”104. L’etica deve definire i principi
fondamentali della convivenza sociale e poi successivamente facendo
appello all’amore, al coraggio, alla fraternità, al rispetto di se stessi e
degli altri, far capire agli uomini che non è possibile vivere senza tenere
conto dei bisogni e dei desideri degli altri. L’etica deve mirare a creare
un’atmosfera sociale in grado di far comprendere alla maggioranza
degli uomini, in modo abitudinario, cioè senza esitazioni, gli atti che
conducono al benessere di tutti e al massimo di felicità per ciascuno;
“ne consegue , dunque, che il sentimento morale non si configura come
semplice irruzione soggettiva dell’anima, ma come la verità della sua
datità biologico-naturale giunta al punto della sua auto-riconoscenza
113
razionale”105. La moralità diviene così un sistema complesso di
sentimenti e di nozioni che si sono sviluppate lentamente, che si
svilupperanno lentamente, ma che sono presenti fin dall’inizio nella
natura e che necessitano solo di essere coltivate.
Tre sono per Kropotkin gli elementi fondamentali della morale:
“l’istinto di socievolezza, da cui si sviluppano le abitudini e le usanze
ulteriori; la nozione di giustizia; e sulla base di questi due si forma il
terzo elemento della morale, il sentimento che noi non del tutto
esattamente definiamo abnegazione o anche sacrificio di sé, altruismo,
generosità,
sostanza,
morale”.106
e che viene confermato dalla ragione, che costituisce, in
proprio ciò che bisognerebbe chiamare sentimento
Questa classificazione Kropotkiana è
essenziale in quanto per il principe ribelle il mutuo appoggio risulta
insufficiente senza la nozione di giustizia, “l’essenza della quale è il
riconoscimento dell’uguale valore di tutti i membri di una determinata
società e di conseguenza della loro parità di diritti, dell’uguaglianza di
rivendicazioni che essi possono avanzare agli altri membri della
società”107. La giustizia è una nozione fondamentale della moralità, tanto
104
Ibid., p.42.
G. BERTI, Il pensiero anarchico: dal settecento al novecento, cit., p.326.
106
P.KROPOTKIN, Giustizia e moralità, in << La società degli individui>>, VIII(2000), p. 121.
107
ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e
A.M.Bonanno, cit., p.122.
105
114
che non vi può essere moralità senza giustizia, e se la maggior parte dei
pensatori non vuole ammettere
questa verità
è
solo
perché “un simile riconoscimento sarebbe stato
un’ammissione della parità di diritti politici e sociali degli uomini
e di conseguenza avrebbe condotto alla negazione della divisione
di classe”108. Il riconoscimento della giustizia, ossia dell’uguaglianza di
tutti gli essere umani è condizione essenziale dell’etica umana di
Kropotkin, in quanto senza giustizia la moralità sociale si configura
come mera ipocrisia e uno strumento di perpetrazione del dominio di
classe.
“Ma la socievolezza e la giustizia, tuttavia, ancora non
costituiscono tutta la moralità. In essa rientra anche la terza parte
costitutiva che si può definire, in mancanza di un’espressione più adatta,
predisposizione al sacrificio di sé, alla generosità” 109. Il sacrificio di sé
è per Kropotkin la capacità dell’uomo di identificarsi con le persone
circostanti, l’uomo che si mette a disposizione per aiutare gli altri, senza
cercare alcun merito perché ha sulla propria pelle sperimentato i
sentimenti dell’altro.
“Il mutuo soccorso, la giustizia, la morale, sono i gradi della serie
ascendente degli stati psichici che ci sono stati fatti conoscere dallo
108
109
Ibid., p.124.
Ibid., p.125.
115
studio del mondo animale e dell’uomo. Essi sono una necessità
organica, portante in se stessa la propria giustificazione e confermante
tutta l’evoluzione del mondo animale, dai primi scalini (sotto la forma di
colonie di molluschi), alla successiva elevazione graduale fino alle
società più perfette dell’uomo. Possiamo dire che in questo vi è una
legge generale e universale dell’evoluzione organica, agente in modo
che il mutuo soccorso, la giustizia e il sentimento morale siano
profondamente radicati nell’uomo, con tutta la potenza degli istinti
innati.”110. Il senso di questa interpretazione è da ricercare nella certezza
del principe ribelle che l’etica è una pratica immanente alla natura e di
conseguenze alle relazioni sociali, in quanto necessità organica
dell’evoluzione naturale; l’uomo, non può in nessun modo cercare le
motivazioni del proprio agire morale in un’ispirazione soprannaturale,
“il mondo animale, in genere dall’insetto sino all’uomo, conosce
perfettamente ciò che è bene e ciò che è male, senza per questo
consultare né la bibbia né la filosofia.”111. L’idea del bene e del male,
per Kropotkin, non hanno nulla a che vedere con la religione o con la
coscienza misteriosa, ma rappresentano un bisogno naturale delle razze
110
111
Ibid., p.48.
Ibid., p.30.
116
animali; tutto il progresso dell’umanità, afferma l’anarchico russo, è
legato indissolubilmente alla vita sociale.
Sul pensiero di Kropotkin influì profondamente un giovane
filosofo francese, la cui opera principale, Esquisse d’une morale sans
obligation ni sanction, apparve nel 1885 mentre Kropotkin, detenuto
politico a Clairvaux, andava meditando sui fondamenti etici della
società futura; “però spetta ad un giovane filosofo, a Guyau - questo
pensatore anarchico senza saperlo - di avere indicato la vera origine di
questi coraggi e di queste abnegazioni, al di fuori di ogni forza mistica,
al di fuori di tutti questi calcoli mercantili”112. L’interessante pensatore
francese aveva analizzato freddamente le filosofie morali dominanti, e
ne aveva messo il luce gli errori mostrando come una moralità basata su
sanzioni metafisiche esterne sia altrettanto fallace quanto una moralità
poggiante sul calcolo edonistico degli utilitaristi. L’uomo deve
ripiegarsi su se stesso: i moventi delle sue azioni sono, più o meno
consapevoli, in lui, e la sua condotta ne è il prodotto necessario; bisogna
sentire interiormente ciò che si è capaci di fare, è , per questo fatto
stesso, che l’uomo assume la prima coscienza di ciò che si ha il dovere
di fare. E’ un errore attendersi dall’uomo che agisca diversamente da
come la natura gli detta: “chi non agisce come pensa, pensa
117
incompiutamente”113. Il sentimento morale del dovere, che ogni uomo ha
provato nella sua vita e che si è cercato di spiegare per mezzo di tutti i
misticismi, non è altro
che una sovrabbondanza di vita ed
allo stesso tempo il sentimento di
una potenza. Il neostoicismo di
Guyau è molto più cupo della morale
Kropotkiana
basata
sull’istinto
naturale
del
mutuo
appoggio.
Egli immagina l’uomo come un marinaio alla deriva su un vascello il cui
albero sia stato abbattuto dal vento: “Nessuna mano ci guida, nessun
occhio vede per noi; il timone è spezzato da lungo tempo, o piuttosto
non ne abbiamo avuto mai; bisogna foggiarcelo, è un grande compito, ed
è il nostro compito”114. Però come Kropotkin, Guyau sottolinea gli
istinti generosi latenti nell’uomo accanto agli istinti egoistici, la simpatia
e la pietà non meno dell’invidia e dell’odio, “la vita non è solo
nutrizione, essa è produzione e fecondità. Vivere è tanto spendere,
quanto acquistare.”115. La vita, per Guyau, non può mantenersi che alla
condizione di espandersi, potere agire è dovere agire; questo vale, per il
principe ribelle, ancora più per l’uomo poiché “la forza si accumula in
lui, ed egli espande la sua vita, e dà senza calcolare perché senza di ciò
ID., La Morale Anarchiste, Parigi, 1889, trad.it. La morale anarchica, cit., p.53.
M.GUYAU, Esquisse d’une morale sans obligation ni sanction, Parigi 1885, trad.it. di
A.Biancotti , Abbozzo di una morale senza obbligo ne sanzione, Torino, 1923, p.85.
114
Ibid. p.195.
115
Ibid. p.191.
112
113
118
non vivrebbe. E quand’anche egli dovesse perire, come il fiore che
sboccia, poco importa! Il succo sale, se di succo ve n’è.” 116. Kropotkin
vede
in
Guyau
un
pensatore,
dell’evoluzionismo
che
ponendosi
sulla
scia
e del positivismo, vuole liberare la morale
da ogni prescrizione mistica
e soprannaturale, così come da
ogni dovere imposto esternamente.
“Concludendo, possiamo dire che più una società primitiva è vicina alla
forma meno evoluta, più è possibile osservare la regola ciascuno per
tutti. E’ per una ignoranza pressoché completa della vita reale degli
uomini primitivi, che alcuni pensatori come Hobbes, Rousseau e i loro
discepoli, hanno affermato gli uni che la morale è nata a seguito di un
immaginario ‘contratto sociale’, gli altri che essa è dovuta ad una
ispirazione dall’alto venuta da un legislatore leggendario. In realtà
l’origine della morale si trova nella socialità, propria a tutti gli animali
superiori e soprattutto all’uomo.”117
Con la sua morale anarchica, Kropotkin , riconosce la libertà
piena e completa dell’individuo, la pienezza della sua estensione, lo
sviluppo libero di tutte le sue facoltà; “è l’uomo che si ribella alla vista
di un’iniquità, senza domandarsi ciò che ne potrà risultare e,
116
117
P.KROPOTKIN, La Morale Anarchiste, Parigi, 1889, trad.it. La morale anarchica, cit., p.53.
Ibid., p.89.
119
allorquando tutti curvano la schiena, smaschera invece l’iniquità,
colpisce lo sfruttatore, il piccolo tiranno dell’officina o il gran tiranno di
un impero. Sono finalmente tutti quegli innumerevoli atti di
abnegazione, meno evidenti e perciò sconosciuti (....) ciò che costituisce
il fondo dell’umanità”118. La morale umana non imporrà nulla, rifiuterà
in modo assoluto di modellare l’individuo secondo un’idea astratta,
ricuserà di diminuire l’uomo attraverso la religione, della legge e del
governo.
Siamo dinanzi ad una morale umana e realistica che non
riconosce la ripartizione degli uomini in padroni e schiavi, governanti e
sudditi, e che si presenta come espressione di una collaborazione
collettiva libera per il bene collettivo. Un’etica che unica può dare la
possibilità di stabilire sulla terra una ragione non fantomatica, ma reale,
di operosità fraterna; essa lascerà all’individuo la piena libertà, essa
diventerà una semplice constatazione di fatti, una scienza.
Questa scienza dirà all’uomo solamente: “Sii forte. E non appena
tu avrai scorto un’iniquità e l’avrai compresa - un’iniquità nella vita, una
menzogna nella scienza, o una sofferenza imposta ad altri - ribellati
contro l’iniquità, la menzogna, l’ingiustizia. Lotta! La lotta è la vita, che
sarà tanto più intensa quanto più la lotta sarà viva. E allora avrai vissuto,
e per alcune ore soltanto di questa vita tu non avrai dato anni interi di
118
Ibid., pp.51-52.
120
vegetazione alla putredine della palude. Lotta per permettere a tutti di
vivere questa vita ricca ed esuberante, e sii sicuro che troverai in questa
lotta gioie così grandi quali non ne troverai di simili in nessun’altra
attività. A te la scelta.”119.
Più che di scienza, i critici di Kropotkin hanno
parlato
di
utopia,
ma come era solito dire Bakunin ai suoi compagni: ‘E’ ricercando
l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile. Coloro che si
sono saggiamente limitati a ciò che appariva loro come possibile, non
hanno mai avanzato di un solo passo. Ricordate che l’utopia non è
l’irrealizzabile ma l’irrealizzato’.
119
Ibid., p.61.
121
122
CAPITOLO QUARTO
123
Lo Stato: Autorità, Governo, Legge
Kropotkin sa bene che nel momento in cui affronta la problematica dello
Stato e del suo ruolo storico, va ad affrontare uno dei problemi
essenziali dell’annosa disputa fra marxismo e anarchismo. Lo scontro
tra marxisti e libertari nella Prima internazionale non solo aveva
determinato la drastica divisione del movimento operaio internazionale,
ma aveva portato anche alla luce il contrasto insanabile tra due diverse,
anzi opposte, concezioni dello Stato e dell’azione rivoluzionaria. Marx
ed Engels avevano sostenuto che “il proletariato si servirà della sua
supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il
capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello
Stato, vale a dire del proletariato stesso organizzato come classe
dominante, e per aumentare con la massima rapidità possibile, la massa
124
Commento [L1]: P.Kropotkin,
Memorie di un rivoluzionario cit., p.8 ;
Milano, Feltrinelli
delle forze produttive. (....) Quando nel corso dell’evoluzione, le
differenze di classe saranno sparite e tutta la produzione sarà
concentrata nelle mani degli individui associati, il potere pubblico
perderà il carattere politico. Il potere politico, nel senso proprio della
parola, è il potere organizzato di una classe per l’oppressione di un’altra.
Se il proletariato, nella lotta contro la borghesia, si costituisce,
necessariamente in classe, e per mezzo della rivoluzione trasforma se
stesso in classe dominante e, come tale, distrugge violentemente i vecchi
rapporti di produzione, esso abolisce, insieme con questi rapporti di
produzione, anche le condizioni d’esistenza dell’antagonismo di classe e
le classi in generale, e quindi anche il suo proprio dominio di classe. Al
posto della vecchia società borghese con le sue classi e coi suoi
antagonismi di classe subentra un’associazione nella quale il libero
sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti 120. Per
Marx ed Engels la dittatura del proletariato non è altro che un periodo
politico di transizione, che mira successivamente al superamento di se
medesima e di ogni forma di Stato. Il filosofo di Treviri vede nello
Stato lo strumento di dominio politico della classe economica
dominante, la ‘sovrastruttura’ politica mero riflesso, privo di una reale
120
K.MARX - F.ENGELS, Manifest der Kommunistischen, Londra, 1848, trad.it. Il manifesto del
partito comunismo, a cura di P.Togliatti, Roma, 1971, Roma, 1971, p.88.
125
autonomia, della struttura economica della società, della sua base
materiale. La divisione in classi nella società è dovuta alla proprietà
privata dei mezzi di produzione e lo Stato ha lo scopo di garantire questa
divisione in classi, di renderla legittima e duratura. E’ evidente che nel
momento in cui il proletariato abolisce le classi attraverso l’azione
rivoluzionaria, pone le basi per quello che Engels chiamerà
‘deperimento’ dello Stato. “La classe lavoratrice sostituirà, nel corso del
suo sviluppo, all’antica società civile una associazione che escluderà le
classi e il loro antagonismo, e non vi sarà più potere politico
propriamente detto, poiché il potere politico è precisamente il riassunto
ufficiale dell’antagonismo nella società civile”121; solo quando
l’edificazione del socialismo sarà compiuta, lo Stato, potrà davvero
estinguersi, e far posto all’ideale di un autogoverno dei produttori
associati in cui il dominio sugli uomini sarà completamente sostituito
dalla semplice amministrazione delle cose.
Bakunin, dal canto suo, ritiene che la diseguaglianza sociale e la
divisione classistica della società è il prodotto della più generale
divisione gerarchica del lavoro, tra la sfera intellettuale e quella
manuale, tra chi sa e chi non sa, tra chi comanda e chi ubbidisce. Lo
121
ID., Misère de la philosophie. Reponse à la philosophie de la misère de M.Proudhon, Parigi, 1847,
trad.it Miseria della filosofia, Roma, 1969, p.146.
126
Stato è la condizione e non la causa di questa divisione, per cui il
comunismo, mirando alla conquista del potere politico, avrebbe di fatto
rafforzato il potere dello Stato, creando una nuova classe, quella
burocratica, e un nuovo dominio, assolutamente più spietato di quello
borghese; la dittatura del proletariato sarebbe diventata dittatura sul
proletariato. “Noi abbiamo già manifestato la nostra profonda
ripugnanza per le teorie di Lassalle e Marx che raccomandano ai
lavoratori se non proprio come supremo ideale almeno come immediato
e principale obiettivo la fondazione di uno Stato popolare che, come
loro stessi hanno spiegato, non sarebbe altro che ‘il proletariato elevato
al rango di casta dominante’. Se il proletariato, ci si chiede, diverrà la
casta dominante, su chi dominerà? Ciò significa che rimarrà ancora un
altro proletariato sottomesso a questa nuova dominazione, a questo
nuovo Stato. E’ questo il caso, per esempio, della plebaglia contadina
che, come è noto, non gode della benevolenza dei marxisti e che,
trovandosi al grado più basso di cultura, sarà evidentemente governata
dal proletariato delle città e delle fabbriche; oppure, se consideriamo la
questione dal punto di vista nazionale, prendendo gli slavi rispetto ai
tedeschi, i primi per lo stesso motivo staranno, nei confronti del
proletariato tedesco vittorioso, nella stessa servile soggezione in cui ora
127
questi ultimi si trovano nei confronti della loro borghesia. Dov’è c’è lo
Stato c’è inevitabilmente la dominazione e di conseguenza la schiavitù;
lo Stato senza la schiavitù, aperta o mascherata, è inconcepibile; ecco
perché siamo nemici dello Stato”122. Nella visione di Bakunin, che è poi
quella di tutti gli anarchici, lo Stato non ha una autonomia strutturale e
non è un mero prodotto della dimensione economica della società, può
anzi divenire esso stesso produttore di classi, di conseguenza l’azione
rivoluzionaria deve avere come primo obiettivo l’abbattimento dello
Stato.
Kropotkin naturalmente non può non condividere l’interpretazione
Bakuniana, in quanto lo Stato rappresenta l’ostacolo materiale e
ideologico più grande per il raggiungimento di una società libera.
“Vi sono, da una parte, coloro che sperano di compiere la rivoluzione
sociale nell’orbita dello Stato: conservare la maggior parte delle sue
attribuzioni, magari aumentarle e utilizzarle per la rivoluzione. E vi sono
coloro i quali, come noi, vedono nello Stato, non solamente la sua forma
attuale, ma nella sua stessa essenza e sotto tutte le forme che può
rivestire, un ostacolo alla rivoluzione sociale: l’impedimento massimo
allo schiudersi di una società basata sulla uguaglianza e sulla libertà, la
122
M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-Ginevra, 1873, trad.it.
Stato e Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, cit., pp.210-211.
128
forma storica elaborata per prevenire questo avvento. E per conseguenza
essi lavorano non a riformare lo Stato, ma ad abolirlo.” 123. Solo con
l’abolizione dello Stato, con la conquista della libertà intera
dell’individuo, con il libero accordo, con l’associazione e la federazione
assolutamente libera, per l’anarchico russo, è possibile arrivare al
comunismo, al possesso comune della nostra eredità sociale ed alla
produzione comune di tutte le ricchezze. “L’individuo capisce che sarà
libero veramente solo in rapporto alla libertà di tutti coloro che lo
circondano”124.
Kropotkin ritiene che “lo Stato non è che una delle forme che la
società ha rivestito nel corso della storia”125 ed ignorare questo dato
essenziale, per il principe ribelle, significa dimenticare “che l’uomo ha
vissuto in società durante migliaia di anni, prima di aver conosciuto lo
Stato; significa dimenticare che per le nazioni europee lo Stato è di
origine recente, datandolo appena nel sedicesimo secolo; significa
disconoscere finalmente che i periodi più gloriosi dell’umanità furono
quelli in cui le libertà e la vita locale non erano ancora distrutte dallo
Stato e grandi masse di uomini vivevano in comuni e in federazioni
123
P.KROPOTKIN, L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad. it. Lo Stato, Milano, 1910, p.10.
ID., La società aperta, scelta negli scritti a cura di H.Read, Cesena, 1973, p. 135.
125
ID., L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad. it. Lo stato, cit., p. 12.
124
129
libere.”126. Con tale interpretazione Kropotkin storicizza la genesi dello
Stato, mostrando come “tale forma non è un esito ineludibile e
immodificabile dell’avventura umana, se per millenni non è esistita, se,
appunto, la sua esistenza è principalmente storica, allora è possibile
pensare anche ad una società diversa”127. Kropotkin data nel XVI secolo
la nascita dello Stato, perché solo nel sedicesimo secolo fu dato un colpo
mortale alle idee di libertà locale, di libera unione e organizzazione, di
federazione ad ogni grado, tra gruppi sovrani, che possedevano tutte le
funzioni di cui oggi si è impadronito lo Stato; “nel sedicesimo secolo,
dei barbari moderni vennero a distruggere tutta questa civiltà delle città
medioevali. (....) Distrussero ogni legame fra gli uomini, dichiarando che
solo lo Stato e la Chiesa dovevano d’ora innanzi formare l’unione tra i
sudditi; che soli la Chiesa e lo Stato avevano missione di vegliare sugli
interessi industriali, commerciali, giudiziari, artistici, passionali, per i
quali gli uomini prima erano invece abituati ad unirsi direttamente. E chi
sono questi barbari?- E’ lo Stato: la triplice alleanza del capo militare,
del giudice romano e del prete: i tre che formano una mutua
assicurazione per dominare, i tre uniti in una stessa potenza, la quale
comanderà in nome degli interessi della società e schiaccerà questa
126
127
Ibid.
ID., Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.16.
130
società stessa.”128. Quando lo Stato comincia a costituirsi, lavora a
distruggere tutti i vincoli di unione che esistono tra i cittadini, sia nelle
città, sia nel villaggio; spopola le campagne, semina la miseria nelle
città, riduce milioni di esseri allo stato di pezzenti ed impone la
schiavitù industriale. Il principio d’autorità rappresentato dallo Stato
moderno, non nasce, come afferma il contrattualismo, da uno scambio
tra l’originaria libertà individuale e l’acquisizione di quella sociale, ma
nasce come deformazione e alterazione, a vantaggio di
pochi, del
naturale principio di sociabilità espresso dalla comunità. La legge,
espressione ufficiale dell’autorità statale,
non è altro che la
cristallizzazione gerarchica del costume per fini di dominio: essa non
esprime mai la reale volontà popolare, anche se nasce sfruttando il
prodotto del genio collettivo e anonimo del popolo per piegarlo alle
esigenze dei gruppi politici e economici dominanti.
La Stato e la legge devono la loro origine al desiderio
“dei dominatori di perpetuare i costumi, gli interessi e i privilegi della
loro casta; il loro carattere è l’abile confusione dei costumi utili alla
società, che non abbisognano di nessuna legge per essere rispettati, coi
costumi nocivi alla massa ed utili ai dominatori, che non possono essere
128
ID., L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad.it Lo Stato, cit., p.70.
131
mantenuti se non con la paura dei supplizi” 129. Seguendo lo svolgimento
della legge, non è difficile persuadersi, dice Kropotkin, che mentre il
nucleo dei costumi di socievolezza iscritti in essa, è soggetto ad una
modificazione assai debole nel corso dei secoli, invece l’altra parte delle
norme imperative si sviluppa a tutto vantaggio delle classi dominanti e a
danno delle classi oppresse; la legge, si è nutrita delle sofferenze e delle
miserie dell’umanità. Lo Stato, la legge, l’autorità, cioè l’insieme
dell’apparato coercitivo della società non sono entità separate dagli
individui ma sono parte integrante di ogni manifestazione individuale e
collettiva; nascono
come strutture coercitive operanti contro la libertà individuale, che
rappresenta il principio dominante della società moderna. “Lo Stato non
riconosce un’unione liberamente consentita che funzioni nel suo seno:
esso non riconosce che sudditi. Esso soltanto, e la sua sorella chiesa,
vogliono usare del diritto di servire come legame di congiunzione tra gli
uomini. Per conseguenza, lo Stato deve forzatamente annientare le città,
basate sull’unione diretta fra cittadini. Deve abolire ogni unione, deve
sostituire al principio federativo il principio di sottomissione e
129
ID., La legge e l’autorità, Ragusa, 1961, p.14.
132
disciplina. Questa è la sua sostanza, e senza tale principio cesserebbe di
essere Stato.”130.
Lo Stato, per Kropotkin, ha il compito di far rispettare le tre
categorie di leggi essenziali per perpetrare il dominio di classe:
protezione della proprietà, protezione del governo, protezione delle
persone.
“Tutte queste leggi sulla proprietà, che ingrossano i codici e
giovano tanto agli avvocati, non avendo altro scopo che quello di
proteggere l’appropriazione ingiusta della ricchezza sociale a vantaggio
di pochi. (....) E’ un altro arsenale di leggi, di decreti, di ordinanze, di
pareri, ecc. che servono a proteggere le diverse forme di governo. Noi
sappiamo perfettamente - gli anarchici lo hanno dimostrato - che la
missione di tutti governi, monarchici, costituzionali, e repubblicani è di
proteggere e di mantenere con la forza i privilegi delle classi possidenti:
aristocrazia, clero e borghesia”131. La terza categoria di leggi è, per il
principe ribelle, la più importante in quanto nella mentalità comune le
leggi concernenti la sicurezza personale e la prevenzione dei crimini
sono considerate indispensabili alla sicurezza dell’individuo nella
società. Per Kropotkin ciò che è indispensabile per garantire la sicurezza
dell’individuo non è la legge ma l’abolizione della proprietà privata, in
130
131
ID., L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad.it Lo Stato, cit., p.93.
ID., La legge e l’autorità, cit., p.22.
133
quanto “è noto che i due terzi e spesso anche i tre quarti di tutti i reati
contro le persone ricevono l’impulso dal desiderio di usurpare le
ricchezze altrui.”132. Kropotkin non intende dire che tutti i delitti siano
determinati dalla fame ma solamente mostrare che nel momento in cui la
ricchezza è equamente distribuita, le selvagge passioni incontrano
maggiori resistenze; inoltre la pene scontate in luoghi che distruggono la
dignità umana anziché migliorare l’uomo e reinserirlo nella società
favoriscono l’ulteriore consolidamento
“Si penetri nelle galere e si studi la
degli istinti antisociali.
sorte dell’uomo, privo di
libertà, mescolato ad altri corrotti che si peggiorano a vicenda: si ricordi
che le nostre prigioni, con tanti sforzi di progresso, più si riformano e
più diventano detestabili; i moderni penitenziari modello sono cento
volte più corruttori delle torri medioevali.”133. Il crimine è una malattia
sociale che necessita una cura sociale, l’unica soluzione è una società
fondata su basi libertarie in cui il comportamento antisociale è
estremamente raro, e questa rarità viene trattata non con le leggi, ma
con la comprensione umana e la pressione morale della comunità.
Il regime coercitivo, per l’anarchico russo, non ha creato soltanto i
mali dell’attuale sistema economico, politico e sociale, ma ha dato prova
132
133
Ibid., p.24.
Ibid., p.26.
134
d’impotenza assoluta nell’elevare il livello morale della società; esso
non ha neppure saputo mantenerlo al livello raggiunto. Il dominio di
coloro che assumono il titolo di governo non può coesistere con una
morale basata sulla solidarietà di tutti., ciò è dimostrato nel modo
migliore dai diritti politici dei cittadini che la stampa esalta ogni giorno
con tutti i modi. Tali diritti, per il principe ribelle, sono fatti soltanto per
coloro che ne hanno bisogno, “la libertà di stampa e di riunione,
l’inviolabilità del domicilio e di tutto il resto, non sono rispettate che se
il popolo non ne fa uso contro le classi privilegiate. Ma nel momento in
cui si comincia a servirsene per abbattere i privilegi, tutte queste
sedicenti libertà sono gettate in mare”134. E’ evidente che nella società
attuale, divisa in classi, la vera libertà non può esistere e non potrà mai
esistere finche ci saranno sfruttatori e schiavi, governanti e governati; lo
Stato non serve ad impedire lo sfruttamento dell’operaio ad opera del
capitalista, non assicura ad ognuno la possibilità di lavorare e non
permette alla madre di sfamare i propri figli. Esso permea tutte le
manifestazioni della nostra vita, legiferando su tutti i nostri atti, vivendo
a spese delle generazioni future, orientando ogni aspetto della vita del
singolo, azzerando ogni forma di dissenso.
134
Ibid., p.31.
135
Kropotkin è però convinto che l’istante della scomparsa dello
Stato non può tardare a giungere, che lo stadio dell’evoluzione sociale
cui si connette lo Stato sarà presto superato dall’umanità. Si comincia a
comprendere che governo di maggioranza vuol dire abbandono di tutti
gli affari del paese a coloro che fanno la maggioranza, “cioè ai rospi
della palude, alla Camera e nei comizi: a coloro che non hanno
opinione”135. Ogni uomo ridotto in miseria sente che una società basata
sul salariato e lo sfruttamento delle masse da parte dei detentori del
capitale è figlia fedele della vacua rappresentanza popolare espressa dal
parlamentarismo democratico. Il XIX secolo, secondo Kropotkin, vedrà
la fine dell’istituzione statale poiché già oggi “l’Europa si copre, infatti,
d’associazioni volontarie per lo studio, l’istruzione, l’industria ed
il
commercio, la scienza, l’arte e la letteratura, per lo sfruttamento e la
resistenza allo sfruttamento, per il divertimento e per il lavoro serio, la
gioia e l’abnegazione, per tutto ciò che costituisce la vita dell’essere
attivo e pensante”136. Queste società hanno già sostituito le funzioni
dello Stato, e cercano di sostituire la libera azione dei volontari a quello
dello Stato centralizzato, la loro nascita mostra che si può fare a meno
135
ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e
Claudio Neri, Catania, 1978, cit., p.32.
136
del governo e che il libero accordo rimpiazza la macchina statale, il loro
ulteriore sviluppo testimonia che il mutuo appoggio è una potente
tendenza, una forza latente della società moderna. Quando questa
tendenza si sprigionerà e la rivoluzione sociale andrà ad abbattere
l’autorità statale, “il giorno in cui noi avremo saputo stabilire un’intesa
tale tra gli sfruttati, che saremo capaci di uscire nella via, in numero di
parecchie migliaia, a difesa dei nostri diritti, nessuno oserà più
disputarci né questi, ne altri diritti ancora che sapremo rivendicare.
Allora, ma allora, solamente, noi avremo acquistati quei diritti che
potremmo mendicare invano per decine di anni alla Camera; allora quei
diritti ci saranno garantiti in una maniera ben altrimenti sicura che se li
scrivessimo di nuovo su stracci di carta. Le libertà non concedono, si
prendono”137.
Rivoluzione, Espropriazione, Lavoro
Kropotkin rimase convinto per tutta la vita che per abbattere lo Stato,
per tradurre in pratica una morale senza obblighi ne sanzioni, per
eliminare lo sfruttamento umano, occorre un nuovo ordinamento
136
ID., L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it L’anarchia: la sua filosofia e il suo
ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.30.
137
ID., La legge e l’autorità, cit., p.32.
137
economico della società che favorisce solo gli istinti buoni dell’uomo ed
emargina gli istinti cattivi. Per ottenere ciò è necessario una rivoluzione
avente per fine la riorganizzazione completa della società sulla base di
quello che egli chiama ‘comunismo anarchico’. Secondo Kropotkin
l’umanità civilizzata ha raggiunto un livello di sviluppo e di ricchezza
sufficiente a far vivere bene tutta la popolazione, “la terra è in parte
dissodata, pronta a ricevere il lavoro intelligente e le sementi scelte, e
adornarsi di raccolti lussureggianti - più di quanto non ne occorrono per
soddisfare tutti i bisogni dell’umanità. (....) I prodigi compiuti
nell’industria sono ancora più sorprendenti. Con questi esseri
intelligenti, le macchine moderne, - frutto di tre o quattro generazioni di
inventori, la maggior parte sconosciuti - cento uomini fabbricano di che
vestire diecimila uomini per due anni.”138. Tutte queste ricchezze però
sono nelle mani di una piccola
parte della popolazione, tutto ciò che ha permesso all’uomo di produrre
e di accrescere la produzione è nelle mani di una minoranza che
impedisce al popolo di godersi il frutto del proprio lavoro. Kropotkin
prende le mosse dall’idea che il retaggio della comunità è un retaggio
collettivo, in cui è impossibile isolare e misurare il contributo del
138
ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e
Claudio Neri, cit., p.13.
138
singolo, e del quale gli uomini devono godere collettivamente. Il
principe ribelle vuole mostrare come i mezzi e i frutti della produzione,
ora ingiustamente requisiti da pochi, sono la realizzazione collettiva
dell’umanità intera; “ma affinché l’agiatezza divenga una realtà bisogna
che questo immenso capitale, città, case, campi lavorati, officine, vie di
comunicazione, educazione, cessi di essere considerato come una
proprietà privata di cui l’accaparratore dispone a suo modo. Bisogna che
questa ricca attrezzatura per produrre, faticosamente ottenuta, fabbricata,
foggiata, inventata dai nostri antenati, divenga proprietà comune,
affinché lo spirito collettivo ne tragga il più grande vantaggio per tutti.
Bisogna
ESPROPRIARE.
L’agiatezza
per
tutti
come
fine,
l’espropriazione come mezzo.”139.
La parola d’ordine di Kropotkin è espropriazione, abolizione della
proprietà ed eliminazione delle ineguaglianze, tutto ciò non si può in
alcun modo ottenere attraverso la via legislativa, “tutto si sorregge
mutualmente nelle nostre società, ed è impossibile riformare la parte
senza scuotere l’insieme. Il giorno in cui si colpirà la proprietà privata in
una qualunque delle sue forme, fondiaria o industriale, si sarà costretti a
colpirla
139
in
tutte le altre. Lo stesso successo della rivoluzione lo
Ibid., p.22.
139
imporrà”140. Se la via legislativa è inutile l’unica strada è quella di un
rivolgimento completo, “si sente la necessità di una rivoluzione sociale,
e i ricchi come i poveri non si disilludono che questa rivoluzione è
prossima, che può scoppiare da un giorno all’altro. L’evoluzione si è
compiuta negli anni durante il corso di questo ultimo mezzo secolo: ma
compressa dalla minoranza, cioè dalle classi possidenti, e non avendo
potuto prendere corpo, bisogna che superi gli ostacoli con la forza e che
si realizzi violentemente con la rivoluzione.”141.
Il principe ribelle immagina la rivoluzione come un evento
concreto in cui i lavoratori ribelli devono rendersi conto delle
conseguenze delle loro azioni, affinché la rivoluzione non sfoci nella
creazione di nuovi organi di potere che ostacolano lo sviluppo di una
società libera. La rivoluzione deve essere sociale, portata avanti dalle
masse stesse piuttosto che da un partito politico in quanto le rivoluzioni
politiche sostituiscono un gruppo di dominatori con un altro senza
modificare l’essenza della tirannia. Kropotkin rifiuta l’idea di un
governo rivoluzionario perché un governo di qualsiasi tipo soffoca gli
istinti libertari del popolo derubandolo della sua libertà; la rivoluzione
deve abbattere il governo e mai e poi mai un governo può essere
140
141
Ibid., p.38.
Ibid., p.22.
140
rivoluzionario, “l’uomo del popolo non ragiona su astrazioni, pensa in
termini concreti, e perciò sente che l’astrazione ‘Stato’ avrebbe la forma
di numerosi funzionari, presi fra i suoi compagni d’officina o di
fabbrica, e sa cosa pensare dello loro virtù: eccellenti compagni oggi,
diventano domani insopportabili gestori”142. Solo “con la presa di
possesso immediato di tutto ciò che è necessario per assicurare la vita di
tutti: questa è la sola maniera veramente scientifica di procedere, la sola
che sia compresa e desiderata dalla massa del popolo. Prendere
possesso, in nome del popolo in rivolta, dei depositi di grano, dei negozi
che rigurgitano di vestiario, di case abitabili. Non sprecare niente;
organizzarsi subito per riempire i vuoti, far fronte a tutte le necessità,
soddisfare tutti i bisogni, produrre non più per dare benefici a chiunque
sia, ma per far vivere e sviluppare la società”143.
Dove porterà l’azione rivoluzionaria? Se non un nuovo Stato,
quale sarà il futuro dell’umanità liberata? Kropotkin risponde in modo
eloquente: “Ogni società, che avrà rotto con la proprietà privata, sarà
costretta, secondo noi ad organizzarsi in comunismo anarchico.
L’anarchia conduce al comunismo e il comunismo all’anarchia; l’uno e
l’altra non essendo che l’espressione della tendenza predominante della
142
ID., L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Paris, 1896, trad.it L’anarchia: la sua filosofia e il suo
ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.26
141
società moderna: la ricerca dell’uguaglianza”144. Il comunismo
anarchico deve basarsi sul principio ‘da ciascuno a seconda delle sue
capacità,
a ciascuno secondo i propri bisogni’, rifiutando invece il
principio, per Kropotkin irrealizzabile, della destinazione del prodotto
sociale in conformità al lavoro effettivamente erogato da ciascuno. E’
necessario abolire il sistema salariale, secondo il quale è possibile
misurare il lavoro di ogni individuo, e sostituirlo con un sistema di
uguali compensi per tutti. “Il salariato è nato dall’appropriazione
personale del suolo e degli strumenti di lavoro da parte di qualcuno. Era
la condizione necessaria per lo sviluppo della produzione capitalista:
morirà con essa anche quando lo si cercasse di travestire sotto forma di
‘buoni di lavoro’.
Il possesso comune degli strumenti di lavoro
condurrà necessariamente al godimento in comune dei frutti del lavoro
comune”145. Kropotkin considera ogni sistema di retribuzione basato
sulla capacità dell’individuo a produrre come un’altra forma di schiavitù
salariale; “i collettivisti cominciano con il proclamare un principio
rivoluzionario - l’abolizione della proprietà privata - e lo negano non
appena proclamato, mantenendo un’organizzazione della produzione e
143
ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e
Claudio Neri, cit., p.25.
144
Ibid., p.26.
145
Ibid., p.27.
142
del consumo che è nata dalla proprietà privata”146. Il collettivismo
economico che stabilisce la collettivizzazione industriale e la
remunerazione individuale in base al lavoro effettivamente prestato,
finisce per necessitare di una autorità che misurando la produzione
industriale e distribuendo i prodotti in modo adeguato contiene in sé il
seme dell’autorità e della diseguaglianza. Ancora più sbagliato è, per il
principe ribelle, la distinzione collettivista tra lavoro qualificato e
lavoro semplice, in quanto si va a dividere la società in due classi ben
distinte: l’aristocrazia del sapere e la plebe dalle mani callose. I
collettivisti e i socialisti non capiscono che “l’ingegnere, lo scienziato e
il dottore sfruttano semplicemente un capitale - il diploma - come il
borghese sfrutta un’officina o come il nobile sfruttava i titoli di
nascita”147. Una società che si impossessa di tutta la ricchezza sociale
deve abbandonare l’idea del salariato, sia in moneta, sia in buoni, in
quanto nessuna distinzione può essere fatta fra le opere di ognuno,
bisogna mettere i bisogni al di sopra delle opere e riconoscere il diritto
alla vita subito. Al principio del salario, Kropotkin sostituisce il
principio del bisogno, ognuno è giudice
delle proprie esigenze,
prendendo dalla ricchezza comune solo ciò che gli serve, nessuno lo
146
147
Ibid., pp.106-107.
Ibid., p.108.
143
controllerà, la propria libertà sarà l’unica autorità, questo è “il
comunismo anarchico, il comunismo senza governo - quello degli
uomini liberi. E’ la sintesi dei due perseguiti dall’umanità attraverso i
secoli: la libertà economica e la libertà politica”148.
Kropotkin sostiene che è possibile giungere alla sintesi di libertà
economica e libertà politica solo nel momento in cui si capisce che le
ingiustizie e le crisi economiche del capitalismo hanno origine non nella
sovrapproduzione ma nel sottoconsumo, e nel fatto che troppa parte del
lavoro è assorbita da occupazioni improduttive: se tutta l’energia mal
diretta, sprecata in attività burocratiche e militari, fosse volta a fini
socialmente utili, non sarebbe più un problema produrre di che
soddisfare ampiamente le necessità di tutti. “L’essenza stessa del sistema
economico attuale è che l’operaio non potrà mai godere del benessere da
lui prodotto, e che il numero di coloro che vivono a sue spese andrà
sempre aumentando”149.
Marx
aveva
sostenuto
che
l’accumulazione
del capitale
dipende
dal Plus-valore, ossia quel sovrappiù di forza-lavoro rispetto al salario
che
il
capitalista
non
paga
all’operaio
148
e che gli
consente
Ibid., p.29.
ID., L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Paris, 1896, trad.it L’anarchia: la sua filosofia e il suo
ideale, a cura di D.Tarantini, cit. p.21.
149
144
l’accumulazione di denaro. “Il secondo periodo del processo lavorativo,
nel quale l’operaio sgobba oltre i limiti del lavoro necessario, gli costa
certo lavoro, dispendio di forza lavoro, ma per lui non crea nessun
valore. Esso crea plus-lavoro, che sorride al capitalista con tutto il
fascino di una creazione dal nulla. Chiamo tempo di lavoro soverchio
questa parte della giornata lavorativa, e plus-valore (surplus labor) il
lavoro speso in esso”150. Secondo Kropotkin, invece, l’accumulazione
capitalista deriva non dalla sua facoltà di assorbire il plus-lavoro, ma
dalla necessità, nella quale si trova il lavoratore di vendere la sua forza
lavoro. “Il plus-valore stesso non è che una conseguenza di cause più
profonde. (....) in quanto, affinché ci sia plus-valore, bisogna che degli
uomini, delle donne, dei ragazzi, siano obbligati dalla fame a vendere le
loro forze lavoro per una parte minima di ciò che queste forze
producono, e soprattutto, di ciò che essi sono capaci di produrre. Ma
questo guaio durerà fino a che ciò che è necessario alla produzione sarà
la proprietà di qualcuno solamente”151. Quando gli strumenti di
produzione saranno posti al servizio di tutti, quando i lavoratori saranno
liberati dalla schiavitù salariale e potranno svolgere il loro mestiere in
un ambiente gradevole, quando sarà eliminata l’odiosa divisione tra
150
K.MARX, Das Kapital. Kritik der politischen oekonomie, Amburgo, 1867, trad.it Il Capitale, a
cura di D.Cantimori, 5 voll., cit., vol.I, p.250.
145
lavoro intellettuale e lavoro manuale in modo che l’uomo d’arte sia
operaio e l’operaio artista, quando la produzione di armi e lussi verrà
abbandonata per prodotti socialmente utili, non c’è dubbio, afferma
Kropotkin, che i bisogni di tutti saranno soddisfatti. L’uomo “lavorando
quattro o cinque ore al giorno fino a 45-50 anni, potrebbe facilmente
produrre
tutto ciò che è necessario per garantire la comodità alla
società. (....) L’uomo che avrà fatto quattro o cinque ore di lavoro
manuale necessario per vivere avrà ancora davanti a sé cinque o sei ore
che cercherà di riempire secondo i suoi gusti”152. Eseguite le poche ore
di lavoro necessarie, l’uomo deve essere libero di seguire le proprie
inclinazioni e di produrre per se stesso qualunque cosa desideri o ritenga
indispensabile, al di là dei beni disponibili al fondo comune. Il suo
lavoro non sarà mai sottoposto a una regolamentazione esterna e
coattiva; non gli si chiederà nulla che egli non sia disposto a fornire. Il
principe Ribelle è convinto che anche se nessuno verrà costretto a
lavorare quasi tutti preferiranno il ‘lavoro piacevole’ all’ozio perché il
piacere che ciascuno potrà trovare nel lavoro sarà rafforzato dalla
soddisfazione morale di sapersi un uomo libero che lavora per il bene
comune.
“Allora il lavoro non si presenterà più come una maledizione
151
P.KROPOTKIN, La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di
Graziella e Claudio Neri, cit., p. 65.
152
Ibid., p.70.
146
del destino: diverrà ciò che deve essere: il libero esercizio di tutte le
facoltà dell’uomo”153. A quanti affermano che senza costrizione la
massa non lavorerà mai, Kropotkin risponde che “il benessere, cioè il
soddisfacimento dei bisogni fisici, artistici e morali e la sicurezza di
questo soddisfacimento sono sempre stati il più potente stimolo al
lavoro. (....) Quindi una società che mirerà al benessere di tutti ed alla
possibilità per tutti di godere della vita in tutte le manifestazioni, fornirà
un lavoro volontario infinitamente superiore ed altrettanto considerevole
della produzione ottenuta fino all’epoca attuale sotto lo stimolo della
schiavitù, del servaggio e del salariato.”154. Kropotkin dimostra la sua
anarchica fiducia nella naturale tendenza dell’uomo a prendersi le
proprie responsabilità sociali. La società, sostiene il principe ribelle,
diversamente dal governo, è un fenomeno naturale; rimosse tutte le
restrizioni artificiali, gli uomini si comporteranno da esseri socialmente
responsabili, perché a questo li porta la loro natura. Ne consegue che
nella società rigenerata dalla rivoluzione verrà abolita anche la schiavitù
domestica a cui è soggetta la donna perché tutte le sue funzioni “si fanno
infinitamente meglio con la macchina; e le macchine di tutti i tipi si
introdurranno nella casa, quando la distribuzione della forza a domicilio
153
154
Ibid., p.97.
Ibid., p.95.
147
permettere di mettere tutto in movimento, senza
spendere
il
minimo sforzo muscolare”155; emancipare la donna significa liberarla
dalla schiavitù del lavoro di cucina e darle la possibilità di allevare i
propri figli nel modo in cui gli sembra più giusto, conservando la libertà
per partecipare alla vita sociale.
Il comunismo anarchico di Kropotkin, quando lavora a demolire
l’autorità sotto ogni aspetto, quando chiede l’abolizione delle leggi e del
meccanismo che serve ad imporle, quando rifiuta ogni organizzazione
gerarchica e propugna il libero accordo, lavora contemporaneamente a
mantenere ed allargare il prezioso nucleo dei costumi di socievolezza
senza dei quali non potrebbe esistere nessuna società umana o animale.
Per Kropotkin anarchismo e comunismo possono stare insieme in quanto
il necessario complemento l’uno dell’altro, insieme rappresentano il
migliore fondamento dell’individualità, non di quella che spinge l’uomo
alla guerra di ognuno contro tutti e che è il dominante nella società, ma
quella che rappresenta il pieno rigoglio di tutte le facoltà dell’uomo, lo
sviluppo superiore di quello che c’è di originale in lui, la più grande
fecondità dell’intelligenza, del sentimento e della volontà. Solo la
società, cresciuta con il comunismo anarchico un giorno potrà dire:
“Tutto è di tutti !. E purché l’uomo e la donna apportino la loro parte di
155
Ibid., p.81.
148
lavoro, hanno diritto alla parte di ciò che sarà prodotto in tutto il mondo.
E questa parte darà loro l’agiatezza. Basta con queste formule ambigue
come il ‘diritto al lavoro’ o ‘a ciascuno il prodotto intero del suo lavoro’.
Ciò che noi proclamiamo è il diritto all’agiatezza. L’AGIATEZZA PER
TUTTI” 156.
Federalismo comunitario
156
Ibid., p.19.
149
Le rivoluzioni precedenti, per Kropotkin, sono fallite perché si sono
preoccupate
esclusivamente
riorganizzazione
della
di
macchina
problemi
del
politici
potere,
quali
la
l’epurazione
dell’amministrazione, la separazione della Chiesa e dello Stato, la libertà
civili, ignorando il problema essenziale del pane e dell’annullamento del
divario fra campagna e città. La repubblica del 1793 e la Comune libera
del 1871, si sono dimenticate la miseria del giorno successivo la
rivoluzione, generata dalla cessazione del lavoro e dall’arrestarsi della
circolazione dei prodotti. La mancanza di pane aveva segnato la fine
delle speranze rivoluzionarie, “nostro compito, sarà di fare in modo che
sin dai primi giorni della Rivoluzione, e fintanto che durerà, non ci sia
un solo uomo sul territorio insorto che manchi di pane, non una sola
donna che sia costretta a fare la coda davanti al panificio per portare la
palla di semola che si vorrà gettare in elemosina, non un solo bambino
che manchi del necessario per la sua debole costituzione. (....) E’ con il
pane per tutti che la Rivoluzione vincerà”157. Kropotkin, comprende che
la rivoluzione prima di portare
157
Ibid., p.42.
150
avanti grandi utopie e
esigenze
pratiche
progetti altisonanti,
deve
occuparsi delle
della popolazione affamata. La crisi è la prima
conseguenza dell’azione rivoluzionaria: una società che per secoli si è
mossa secondo il modo di produzione capitalista il cui fattore
predominante è il salariato, non può passare immediatamente ad un
modo di produzione fondato sul bisogno, senza incontrare forti scossoni;
“non sapremo insistere troppo su questo punto: la riorganizzazione
dell’industria su nuove basi non si farà in pochi giorni”158. Per
l’anarchico russo è necessario che il popolo prenda immediatamente
possesso di tutte le derrate che si trovano nei comuni insorti mettendole
in comune ed offra agli operai delle fabbriche le materie prime di cui
mancano, garantendo loro l’esistenza fino a quando non produrranno
quello che necessita al coltivatore. Nelle rivoluzioni passate la
campagna ha affamato le città: “qui è secondo noi tutto il problema.
Offrire al coltivatore, in cambio dei suoi prodotti, non dei pezzi di carta,
qualunque sia l’iscrizione, ma gli oggetti stessi di consumo di cui ha
bisogno. Se ciò si fa, le derrate affluiranno verso le città. Se non si fa,
avremo la penuria nelle città con tutte le sue conseguenze: la reazione e
l’annientamento”159. Il comune libero è la forma politica che dovrà
158
159
Ibid., p. 45.
Ibid., p. 53.
151
prendere la rivoluzione sociale, lo spirito collettivo delle moltitudini
dovrà essere esercitato sulle cose della comunità. Quando Kropotkin
dice che tutto deve tornare alla comunità, non lo intende in senso
vago e generale: intende che deve diventare proprietà della Comune;
per lui la Comune Sociale non è un organo governativo locale, ma è
un’associazione volontaria che si occupa di tutte i bisogni primari della
popolazione. Ogni gruppo della comune sarà necessariamente attratto
verso gli altri gruppi affini delle altre Comuni; si unirà, si federerà con
essi, con legami solidi stabilendo una comunanza d’interessi.
L’individuo troverà il soddisfacimento dei propri bisogni unendosi con
gli individui viventi le altre comuni, formando una rete di rapporti di
cooperazione che sostituisce lo Stato.
Il principe ribelle è convinto che gli esseri umani vivano meglio in
piccoli gruppi, e che in tali gruppi meglio possano sviluppare la loro
innata propensione ad aiutarsi reciprocamente e a comportarsi secondo
principi democratici. Egli pone fortemente l’accento sulla distinzione tra
forme di organizzazione sociale naturali e innaturali, e sul fatto che la
società di grandi dimensioni può funzionare su una base di libertà
soltanto se si fonda su piccole comunità auto-organizzate. Durante il
viaggio in Europa aveva ammirato i costruttori di orologi del Giura,
152
nella loro combinazione di industria domestica e di coltivazione della
propria terra, e nella loro lotta ingaggiata contro la concorrenza dei
prodotti di fabbrica, e per il fatto che preferivano vivere accontentandosi
di poco pur di non rinunciare alla libertà. Questa piccola comunità
riusciva a cavarsela benissimo da sola, senza autorità coercitiva di sorta,
purché la vita fosse reintegrata coordinando industria e agricoltura. Il
loro modo di vivere, per Kropotkin, mostra che l’umanità può vivere
bene solo se il lavoratore dell’industria non viene staccato dalla terra e
costretto ad impegnarsi per tutta la vita in una sola occupazione, per
quanto qualificata, e tanto meno in un lavoro non qualificato nel chiuso
di una fabbrica. L’integrazione geografico sociale di industria e
agricoltura, e quindi anche di città e campagna, è indispensabile per
abbattere
la
divisione
gerarchica
delle
funzioni
sociali.
“La
combinazione dell’agricoltura con l’industria, l’uomo agricoltore e
industriale nello stesso tempo è ciò a cui condurrà necessariamente la
Comune
comunista,
se
si
lancia
liberamente
nella
via
dell’espropriazione”160. Bisogna che le grandi città coltivino la terra così
bene come fanno le campagne, bisogna tornare ‘all’integrazione delle
funzioni’, dopo aver diviso il lavoro è necessario integrare. I cittadini in
gran parte devono farsi agricoltori, seguendo i principi dell’agricoltura
160
Ibid., p.55.
153
intensiva, dell’orticoltura, e adoperando le migliori macchine che
l’uomo ha inventato e potrà inventare.
“Le due attività sorelle dell’agricoltura e dell’industria non sono
sempre state così estranee l’una all’altra come lo sono oggi. C’è stato
un tempo, e quel tempo non è molto lontano, in cui entrambe erano
intimamente legate: i villaggi ospitavano allora una molteplicità di
officine e gli artigiani delle città non abbandonavano l’agricoltura; molte
città non erano altro che villaggi industriali. Se la città medievale ha
costituito la culla di quelle industrie che confinavano con l’arte e che
avevano lo scopo di soddisfare i bisogni delle classi più agiate, era pur
sempre la produzione rurale a soddisfare i bisogni delle masse, come
avviene attualmente in Russia e in buona parte anche in Germania e in
Francia. Ma più tardi, con l’avvento delle turbine, del vapore, con lo
sviluppo della macchina, i legami che una volta vincolavano la fattoria
all’officina si sono spezzati.”161. Con la rivoluzione industriale, diminuì
notevolmente il peso specifico della terra e del capitale circolante: nel
1880 l’agricoltura forniva non più del 10% del prodotto lordo nazionale,
e già allora quattro persone su cinque viveva in grandi città.
La
progressiva
dissoluzione
dell’artigianato
dell’industria
154
indipendente
e
domestica modificò, a sua volta, lo status sociale delle classi lavoratrici
mentre l’urbanizzazione e i rapidi mutamenti tecnologici o le periodiche
fluttuazioni della congiuntura economica crearono nuove forme di
disoccupazione di massa o di occupazione parziale. Per Kropotkin gli
effetti negativi del processo di industrializzazione mostrano che
“i paesi industriali devono tornare all’agricoltura, devono trovare i
mezzi più opportuni per combinarla con l’industria, e devono farlo senza
perdere tempo”162. Kropotkin sa che in alcune attività industriali la
fabbrica ha la meglio sull’industria artigianale, ma vivono settori in cui i
laboratori artigianali mantengono le loro posizioni, “le piccole industrie
sono dunque un mondo che , in modo abbastanza sorprendente, continua
ad esistere nei paesi più industrializzati, fianco a fianco con le grandi
fabbriche”163. Nella stessa industria tessile che tanti vantaggi presenta
per il sistema industriale, soprattutto grazie all’impiego lavorativo di
donne e bambini, il telaio a mano compete con quello meccanico.
Kropotkin pensa che la produzione su larga scala, tranne che per
alcuni prodotti intermedi standardizzati, non sia realmente economica, e
che la sua espansione si deve in gran parte al basso costo della
manodopera non qualificata. Il giorno che questa manodopera non è più
161
ID., Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.149.
Ibid., p.150.
163
Ibid., p.154.
162
155
sfruttabile, allora ci si renderà conto che non solo dal punto di vista della
felicità umana, ma anche da quello economico è molto meglio fabbricare
i prodotti finiti in piccoli stabilimenti o addirittura in piccole officine. Se
le grandi imprese vengono gradualmente trasformate in comunità
autonome e dotate di facoltà di autogovernarsi, in cui i produttori
possono decidere liberamente sulle questioni di metodo, sulle condizioni
e i tempi del lavoro, il progresso verso uno status migliore sarà
garantito.
A quanti lo criticano per il desiderio di creare piccole unità
lavorative in un periodo il cui la grande industria fa sentire sempre di
più la propria forza, Kropotkin risponde che nulla prova che la
produzione di massa faccia scomparire le arti della piccola produzione
perché le imprese rappresentano una necessità economica. “Ogni nuova
fabbrica chiama in vita una quantità di nuove piccole officine, in parte
per sopperire al proprio fabbisogno e in parte per sottomettere il suo
prodotto a una trasformazione ulteriore”164. La grande fabbrica
generando nuovi bisogni, stimola la nascita di nuove attività artigianali,
il basso prezzo del cotone e della lana, della carta e dell’ottone, ha
creato centinaia di nuove piccole imprese.
164
Ibid., p.158.
156
Kropotkin respinge la
dottrina di Marx secondo cui
la concentrazione del capitale
aumenta continuamente a scapito della
piccola impresa e il mutamento delle qualifiche riduce l’esercito
industriale a una massa indifferenziate di forza-lavoro. Il principe ribelle
ammette che nel regime capitalista questa tendenza esiste, ma allo stesso
tempo individua la presenza di forze altrettanto potenti che agiscono in
senso opposto. “Lungi dal manifestare una tendenza a scomparire, le
piccole industrie mostrano al contrario la tendenza verso un ulteriore
sviluppo”165.
Questo sviluppo è maggiore li dove le piccole imprese sono
combinate con l’agricoltura, dove i lavoratori sono rimasti proprietari
del suolo e continuano a coltivarlo. Kropotkin non auspica un ritorno
dell’industria al suo stadio manuale allo scopo di combinarsi con
l’agricoltura, “ogni volta che è possibile risparmiare lavoro umano per
mezzo di una macchina, la macchina è benvenuta e va impiegata; e non
c’è quasi settore dell’industria in cui il lavoro meccanico non possa
essere introdotto con grande vantaggio, almeno in alcune fasi della
produzione. (....) Nello stesso tempo, però, il lavoro manuale estenderà il
proprio dominio sulla rifinitura artigianale di molte merci che oggi
165
Ibid., p.160.
157
vengono interamente prodotte in fabbrica, e rimarrà sempre un fattore
importante per la nascita di migliaia di nuove produzioni industriali.”166.
Kropotkin
ritiene che non
solo
l’industria deve essere
tecnologizzata, ma anche l’agricoltura, “l’agricoltura non si può
sviluppare senza l’aiuto della meccanica, e l’uso dei macchinari avanzati
non può diventare generale senza un’industrializzazione diffusa: senza
officine meccaniche facilmente accessibili al coltivatore del suolo, l’uso
del macchinario agricolo non è possibile”167. I metodi di coltivazione
intensiva, attraverso l’utilizzo di nuovi macchinari, accrescono la
produzione di alimenti fino al punto che anche paesi popolati come
l’Inghilterra possono nutrire i propri abitanti in abbondanza senza dover
fare affidamento ad i prodotti importati; “non c’è una sola nazione al
mondo la quale, armata degli attuali poteri dell’agricoltura, non possa
crescere nelle sue aree coltivabili tutti gli alimenti e la maggior parte dei
materiali di base che derivano dall’agricoltura richiesti dalla
popolazione, anche se le richieste di tale popolazione aumentassero
rapidamente come certo dovrebbe accadere”168. In virtù di queste
intrinseca possibilità, per Kropotkin, l’agricoltura deve cessare di essere
l’occupazione pesante, sopportata tutta la vita da un lavoratore ignorante
166
Ibid., p.173.
Ibid., p.178.
168
ID., La società aperta, scelta negli scritti a cura di H.Read, cit., p. 173.
167
158
sempre sull’orlo di una povertà indecorosa, e divenire l’occupazione
occasionale di uomini e donne impiegati normalmente nell’industria e
nella produzione intellettuale. Se invece di essere gestita con metodi
antichi e tradizionali, senza alcuna possibilità di una partecipazione
creativa del lavoratore, fosse ravvivata dalla ricerca di nuovi sistemi e
nuove invenzioni, animata da un nuovo spirito di libertà; allora,
l’agricoltura diverrebbe un divertimento anziché un compito ingrato, e
una fonte di salute e di energie vitali per coloro che vi sono impegnati.
A favorire l’incontro tra industria e agricoltura, per Kropotkin,
contribuirà anche l’energia elettrica, che distribuita tra le piccole unità di
produzione, permetterà una riduzione delle dimensioni delle imprese
industriali, così che la produzione di prodotti potrà essere trasferita alla
campagne senza sacrificio di energia aggiornata. In questo modo il peso
principale della produzione potrà essere lasciato ai laboratori in cui il
lavoro è più efficace e vantaggioso dal punto di vista del benessere
umano. Alla centralizzazione dell’industria moderna, Kropotkin
contrappone “la disseminazione delle industrie per tutto il paese - in
modo da portare la fabbrica tra i campi e da apportare all’agricoltura
tutti quei benefici che essa trae sempre dalla combinazione con
l’industria (come avviene sulla costa orientale degli Stati Uniti) - è
159
certamente il primo passo da compiere, non appena si sia resa possibile
una riorganizzazione delle nostre condizioni attuali. E questo passo che viene già fatto qua e là - lo impone una necessità, per ogni uomo e
donna sana, di passare parte della vita nel lavoro manuale all’aria aperta;
e diventerà ancora più necessario quando i grandi sommovimenti sociali,
oggi divenuti inevitabili, verranno a perturbare l’attuale scambio
internazionale spingendo ogni nazione a fare ricorso alle proprie risorse
per mantenersi. L’umanità intera, come ogni singolo individuo,
guadagneranno nel cambio, e il cambio sarà inevitabile”169.
Il federalismo comunitario di Kropotkin, rimanda ad una società
che producendo per se stessa e cercando nella propria comunità i bisogni
e le esigenze da soddisfare, assicura largamente la vita e l’agiatezza ad
ognuno dei suoi membri, e nello stesso tempo la soddisfazione morale
dettata da un lavoro liberamente scelto e liberamente svolto. La gioia di
poter vivere senza essere ostacolati nel proprio libero sviluppo, il
sentimento si solidarietà che caratterizza le piccole comunità federate, la
possibilità di realizzare le grandi aspirazioni della vita, fanno sentire
l’uomo finalmente umano. La società decentrata che nascerà “non avrà
da temere né dissensi all’interno, né nemici all’esterno. Alle coalizioni
del passato opporrà il proprio amore per il nuovo ordine, l’audace
169
ID., Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.180.
160
iniziativa di ognuno e di tutti, la propria forza divenuta erculea dal
risveglio del suo genio. Davanti a questa forza irresistibile i re
congiurati non potranno nulla. Non avranno che da inchinarsi davanti ad
essa, attaccarsi al carro dell’umanità, proseguendo verso i nuovi
orizzonti socchiusi dalla Rivoluzione sociale”170.
170
ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e
Claudio Neri, cit., p.140.
161
162
CONCLUSIONE
163
Pietro Kropotkin fu un valente geologo, un appassionato etnologo, un
irriducibile studioso dell’uomo e della natura. Tutta la sua opera è figlia
del determinismo scientifico della sua epoca, della convinzione che la
scienza sia l’unica conoscenza possibile, della certezza che il metodo
scientifico vada esteso a tutti i campi, compresi quelli che riguardano
l’uomo e la società. Il progresso della scienza è per lui la base del
progresso umano e lo strumento di riorganizzazione globale della vita in
società, in lui troviamo a pieno l’animo positivistico, quello che
Abbagnano ha definito romanticismo della scienza.
Come i positivisti non poterono, però, opporsi alla reazione
antipositivistica, similmente molte delle conclusioni di Kropotkin sono
state superate dagli sviluppi e dall’andamento successivo delle scienze e
della società in generale. La lunga trattazione sul Mutuo appoggio, in
cui il principe ribelle, ha ridotto la teoria evoluzionista allo scontro tra
due concezioni, una che privilegia la lotta per la vita, l’altra il mutuo
appoggio, è stata resa vana dall’antropologia moderna e da un pensiero
scientifico e metodologico che ha tratto insegnamento principalmente
dalle ricerche scientifiche sul campo biologico, le quali ultime hanno
provato l’esistenza di un notevole numero di fattori evolutivi, dando vita
164
ad una sorta di relativismo agnostico. L’esaltazione del mondo primitivo
come massima espressione del mutuo appoggio e della socialità, non
tiene conto che le società primitive hanno smania di giustizia, equità, e
solidarietà, ma questa smania è ritualizzata all’estremo, cioè esiste un
rituale
sociale
complicatissimo
per
promulgare,
confermare
e
consolidare questi valori; tali valori non sono il risultato di un gesto
spontaneo ma di un gesto rituale. La tesi che gli uomini non pervertiti
dall’autorità politica e sociale, sono di per sé virtuosi e quindi capaci di
vivere in armonia da fratelli, è andata a cozzare contro la propensione
novecentesca delle masse a seguire capi carismatici, contro la sete di
potere della società industrializzata, contro l’individualismo moderno e
la diseguaglianza imperante. La mitizzazione romantica
dello
spontaneismo popolare, lo ha portato a vedere nel popolo un soggetto
politico e sociale autonomo, dotato di una sua volontà, laddove esso non
è che un insieme eterogeneo di realtà sociali, economiche, etniche e
culturali; più volte nella storia il popolo ha tradito coloro che sognavano
la sua emancipazione, tante volte questa massa di individui anziché
vagheggiare la propria liberazione ha preferito individualizzare i propri
interessi. Il metodo di analisi induttivo-deduttivo, con cui Kropotkin ha
cercato di unire evoluzione e rivoluzione, necessità e libertà, mirava ad
165
una scienza completamente al servizio di una volontà, di un’idea. Il
novecento, ha invece mostrato, come l’unica rivoluzione riuscita, quella
della tecnica, sia stata una rivoluzione senza soggetto. La tecnica
moderna pretende dalla natura che essa fornisca energia da estrarre e
accumulare,
dall’agricoltura
che
sia
industria
meccanizzata
dell’alimentazione, dall’uomo che egli sia solo il ricettore del suo
progresso.
Gli errori di Kropotkin, però non possono allontanare i grandi
meriti e le notevoli intuizioni della sua produzione intellettuale.
L’insistere sulla produzione di alimenti come base di un sistema
economico, il sottolineare un sano equilibrio di agricoltura e industria,
i suggerimenti sulla localizzazione industriale sono sorprendentemente
calzanti ai giorni nostri. Kropotkin aveva capito, diversamente da Marx,
che il numero delle grandi imprese non sarebbe aumentato all’infinito,
ma che anzi, come testimonia il crollo della grande impresa Fordista, le
piccole e medie imprese avrebbero conquistato sempre più spazio nella
realtà industriale. Lo sviluppo industriale moderno sembra aver dato
ragione a Kropotkin, solo che mentre il principe ribelle pensava che la
piccola comunità industriale avrebbe favorito la socialità, la moderna
media impresa è preferita alla grande impresa solo nell’ambito di un
166
sistema
economico
mirante
all’aumento
del
profitto
e
alla
massimizzazione degli utili. Se ingenua è l’idea che lo Stato sarebbe
crollato nel XIX secolo, infatti la fine dell’ottocento e l’inizio del secolo
scorso sono segnati dalla tragedia dell’imperialismo, assolutamente
giusta è la conclusione che lo stato centralizzato e coercitivo implica
l’esistenza della guerra. Lo Stato moderno è sempre più entrato in ogni
aspetto della vita dell’individuo, estendendo i suoi tentacoli burocratici
sull’esistenza quotidiana, emarginando sempre più il dissenso sociale e
cercando di arginare le sacche di resistenza con la guerra. Il principe
russo aveva ragione a considerare lo Stato, qualunque sia, sempre
oppressore e limitatore delle libertà. Le sue battaglie antimarxiste ci
offrono un’analisi profetica di ciò che sarà il comunismo nel ventesimo
secolo, soprattutto come si è evoluto nella Cina maoista e nell’Unione
Sovietica stalinista.
Come ha fatto ben rilevare Lewis Mumford,, con quasi mezzo
secolo di anticipo sul pensiero tecnico ed economico contemporaneo,
Kropotkin aveva intuito che la duttilità e l’adattabilità delle
comunicazioni e dell’energia elettrica, unite alla possibilità di
un’agricoltura intensiva e biodinamica, avevano posto le basi di
un’evoluzione urbana più decentrata da svolgersi attraverso piccole
167
comunità basate sul contatto umano diretto e provviste dei vantaggi
della città oltre che di quelli della campagna. I nuovi mezzi di
comunicazione rapida, insieme all’introduzione dell’energia elettrica nei
distretti rurali attraverso una rete e non mediante una linea
unidimensionale, avrebbero accresciuto il livello tecnologico della
piccola comunità fino a quello della grande città. L’invenzione
dell’automobile, della radio, del cinema e della televisione hanno
avvalorato le sue previsioni perequando i vantaggi tra il centro
metropolitano e la comunità rurale. Questo sviluppo, ha consentito alla
piccole comunità sparse in tutto il mondo, una vita locale più
responsabile e più sensibile, che lasciando maggior campo d’azione alla
socialità umana ha permesso di coltivare gli aspetti relazionali calpestati
dall’organizzazione di massa.
Tra ingenuo positivismo, grandi intuizioni socio-economiche e
ricerca di un’etica umana, il pensiero del principe anarchico, ci porta
verso
orizzonti
non
ancora
dispiegati
nel
pensiero
teorico
anticapitalistico. Se le tragedie del comunismo sono sotto le lenti della
storia con tutto il portato di sofferenze e fallimenti, non possiamo però
non rilevare, che il capitalismo ha creato il proprio divenire a prezzo di
atrocità, violenze, oppressione e sfruttamento inesorabile. Bisogna non
168
rinchiudersi nel nichilismo ideologico, è necessario rielaborare un
pensiero ed una teoria sociale che partendo dalle esigenze primarie
dell’individuo, sviluppando a pieno le contraddizioni dell’attuale
sistema economico, utilizzi e rielabori le intuizioni più pregnanti
dell’anarchismo. Il pensiero di Kropotkin, di questo principe che ha
abbandonato le proprie ricchezze per dedicarsi al sogno di un’umanità
liberata, senza chiedere né onori né vantaggi personali, è un ottimo
punto di partenza. L’anarco-comunismo che parte dai bisogni dell’uomo
e pensa ad una società liberata nel comunismo; il federalismo
comunitario consapevole che il mutuo appoggio è più semplice in
piccole comunità autogestite; una scienza che parte dall’uomo, ha come
soggetto l’uomo e come termine l’uomo; sono qualcosa di estremamente
utile in un percorso culturale di critica al capitalismo e di prospettiva
rivoluzionaria, che dopo la caduta del muro di Berlino si è fermato, ma
che ora, dinanzi alla povertà dei due terzi della popolazione mondiale,
necessita di ripartire con meno egoismi e maggiore mutuo appoggio.
169
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