UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA TESI DI LAUREA IN FILOSOFIA MORALE Etica e Politica in Pëtr Kropotkin RELATORE CH.MO PROF. GIUSEPPE LISSA CANDIDATO LUIGI DEL PRETE MATR. 04/12481 ANNO ACCADEMICO 2001/2002 1 INDICE INTRODUZIONE ...................................................................... p.4 I CAPITOLO: VITA DI PËTR KROPOTKIN 1.1 IN FUGA VERSO L’ANARCHIA ................................................ p.16 II CAPITOLO: SCIENZA E ANARCHIA 2.1 L’INTIMO RAPPORTO TRA SCIENZA E ANARCHIA ....................... p.43 2.2 METODO INDUTTIVO-DEDUTTIVO .......................................... p.57 2.3 EDUCAZIONE ALLA LIBERTÀ ................................................ p.71 III CAPITOLO: LA MORALE ANARCHICA 3.1 IL MUTUO APPOGGIO: UN FATTORE DELL’EVOLUZIONE .............. p.83 3.2 UN’ETICA UMANA: SOCIEVOLEZZA, GIUSTIZIA, ABNEGAZIONE ... p.106 IV CAPITOLO: IL COMUNISMO LIBERTARIO 4.1 LO STATO: AUTORITÀ, GOVERNO, LEGGE .............................. p.121 4.2 RIVOLUZIONE, ESPROPRIAZIONE, LAVORO ............................. p.134 4.3 FEDERALISMO COMUNITARIO ............................................. p.146 CONCLUSIONE .................................................................... p.158 BIBLIOGRAFIA.................................................................... p.167 2 INTRODUZIONE La storia del socialismo e del movimento operaio, a partire dall’insurrezione parigina del Giugno 1848, passando per la Prima 3 Internazionale, fino alla Guerra Civile Spagnola, è caratterizzata dallo scontro teorico e pratico, tra due correnti di pensiero legate ad un vasto movimento popolare ed ad un’istanza ideale per un mondo migliore: marxismo e anarchismo. La disputa tra marxisti e anarchici ha avuto per il movimento operaio un’importanza eccezionale, perché con esso furono oggetto di discussione generale i capisaldi della rivoluzione proletaria e il modello di società futura, ed il superamento dell’anarchismo fu condizione necessaria per l’affermarsi del socialismo scientifico. In questo ambito, discutere del rapporto fra marxismo e anarchismo non vuol dire seguire gli sviluppi di una polemica storica, su cui si ha a disposizione un’ampia documentazione, ma evidenziare come la contesa tra comunisti e anarchici sia riconducibile allo scontro tra una dottrina politico-economica ed una teoria della vita o della condotta; tra un’ideologia marxista che stabilisce il primato dell’economico e un modo del pensiero anarchico, che si fa poi modo di vivere, riconoscente la centralità dell’uomo e dei suoi bisogni. Marx con la sua interpretazione materialistica della storia, con la legge della concentrazione del capitale, con la teoria della lotta di classe ha fatto dell’uomo un anello naturale nel processo evolutivo della natura 4 materiale, considerando la società umana come l’organizzazione della produzione e della distruzione, e il capitalismo come una fase dello sviluppo della società umana. “Tutta la forza del metodo marxista sta nel suo affrontare i fenomeni economici non dal punto di vista oggettivo di certe persone, ma da quello obiettivo dello sviluppo della società come un tutto, così come uno studioso di scienze sperimentali si pone a considerare un alveare o un formicaio. Per la scienza economica il valore decisivo è dato da ciò che gli uomini fanno e come lo fanno, non da ciò che essi pensano delle loro proprie azioni. Alla base della società non stanno la religione e la morale, ma la natura e il lavoro. Il metodo di Marx è materialista perché procede dall’esistenza alla coscienza e non in senso opposto. Il metodo di Marx è dialettico, perché considera la società e la natura in fase evolutiva, e l’evoluzione stessa come la lotta costante di forze contrapposte”1. L’anarchismo pur condividendo con i marxisti la critica al sistema capitalista e la necessità della lotta diretta contro il capitale, rifiuta l’approccio economicistico perché ha una concezione naturalistica della società, “tutti gli anarchici, credo, sarebbero pronti a sottoscrivere l’affermazione che l’uomo possiede per natura tutti gli attributi necessari per vivere in libertà e in concordia sociale. Forse non credono che 1 L.TROTSKIJ, Cos’è il marxismo, Milano, 1999, p.5. 5 l’uomo sia buono per natura, ma sono fermamente convinti che l’uomo sia per natura socievole. (....) non soltanto l’uomo è per natura socievole, affermano gli anarchici, ma la tendenza a vivere in società si è manifestata da pari passo con l’emergere dell’uomo dal mondo animale”2. La natura umana, come parte della grande trama della vita naturale e dei suoi complessi processi, è stata e sarà sempre impregnata di impulso morale. Gli individui sono più simili di quanto siano diversi, la socialità e la reciprocità sono impulsi morali fondamentali che si manifestano nella coscienza di una solidarietà umana di primaria importanza. Ne consegue che l’anarchismo “indica un principio o una teoria della vita e della condotta in cui la società è concepita senza governo. Una società del genere viene raggiunta non attraverso la sottomissione alla legge o l’obbedienza a qualche autorità, ma attraverso libere intese stipulate tra i vari gruppi, territoriali e professionali, liberamente costituiti in vista della produzione e del consumo, oltre che per la soddisfazione dell’infinita varietà di bisogni e aspirazioni propri di un essere civilizzato”3. Le norme morali interiorizzate, per gli anarchici, sono in grado di far maggiormente presa sull’individuo in quanto toccano il suo naturale impulso morale, la sua connaturata 2 G.WOODCOCK, Anarchism - A History of libertarian idea and movements, Londra, 1962, trad.it. L’anarchia, storia delle idee e dei movimenti libertari, a cura di E.Vaccari, Milano, 1976, pp.17-18. 6 libertà. L’anarchismo mira a semplificare la società, non cerca il sogno marxista di sviluppo industriale illimitato che offre all’uomo la liberazione dal lavoro, ma mira alle virtù di una vita semplice e moralmente piena. Gli anarchici hanno sempre lottato per ottenere ciò che basta per essere liberi, Kropotkin nella Conquista del pane, quando parla di bisogni di lusso, intende la letteratura, la scienza, l’arte, e non la ricchezza materiale. “L’anarchico concepisce il progresso non nei termini di un continuo aumento della ricchezza materiale e della complessità della vita, ma piuttosto come moralizzazione della società attraverso l’abolizione dell’autorità, dell’ineguaglianza, dello sfruttamento economico”4. Il libertario è avverso a ogni forma di potere esercitato da un gruppo a spese di un altro, come corollario in lui c’è la profonda fede nel potere dell’individuo autonomo. “Occorre osservare che, in linea di principio, a nessun individuo, società o popolo si può dare ciò che in essi non sia già almeno in germe, se non proprio ad un certo grado di sviluppo”5. In tutti gli anarchici troviamo una sorta di sacralizzazione della decisione individuale e della 3 P.KROPOTKIN, Anarchism, in Encyclopaedia britannica, 11a ed. 1970, trad.it. Anarchismo, a cura di P.Costa, in ‘La società degli individui’, VIII (2000), p.133. 4 Ibid., p.24. 5 M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-Ginevra, 1873, trad.it. Stato e Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, Milano, 2000, p.239. 7 partecipazione volontaria ad eventi collettivi; il popolo non viene visto marxisticamente come soggetto storico globale, bensì come un insieme di individui sovrani che liberamente e spontaneamente decidono l’azione rivoluzionaria. La stessa società liberata, si configura come federazione di uomini liberi che avrà come unica autorità la naturale tendenza degli uomini ad aiutarsi reciprocamente. “Gli anarchici negano il diritto della maggioranza di imporre la sua volontà alla minoranza: il diritto non sta nel numero ma nella ragione; non si fa giustizia contando i voti, bisogna cercarla nel cuore degli uomini”6. L’anarchismo ci offre l’attualizzazione del sé morale autonomo, come un qualcosa che riflette l’impulso morale in natura e che si è completamente liberato dai propri fondamenti universalistici. In questo modo, si giunge a una convergenza che consente una moralità senza ricorso all’universalismo, e che sostiene piuttosto un universo di differenze e una moralità naturale che non conosce doveri o obblighi, ma solo gli istinti innati verso la socialità e l’aiuto reciproco. “Nelle sue azioni l’uomo sarebbe pertanto guidato dal suo stesso intelletto, che porterebbe necessariamente l’impronta di una libera presenti azione e reazione tra il proprio io e le concezioni etiche nel suo ambiente. Gli sarebbe pertanto consentito di raggiungere il pieno 6 Ibid., p. 28. 8 sviluppo di tutte le sue facoltà, intellettuali, artistiche e morali, senza essere ostacolato da un surplus di lavoro in favore dei monopolisti, o dal servilismo e dall’inerzia spirituale dei più. Gli sarebbe pertanto consentito di raggiungere una piena individualizzazione, che non è possibile nel presente sistema di individualismo”7. L’anarchismo, nonostante sia intriso di profonda morale, nel momento in cui dovette passare dalla formulazione teorica alla prassi quotidiana, non poté sfuggire alla medesima sorte del marxismo, cioè sfaldarsi in una serie di anarchismi, alcuni dei quali in apparente contraddizione tra loro. L’intensa propaganda della borghesia capitalista, ha stereotipato l’anarchismo facendone solo un’ideologia fautrice del caos e del disordine, e radicalizzando la figura dell’anarchico lo ha disegnato esclusivamente come un bombarolo, un nichilista, un violento. L’identificazione tra terrorismo e anarchismo è dovuta alle azione dei cosiddetti anarchici individualisti, quali Ravachol, Caserio, Villant, Angiolillo, Henry, uomini isolati e disadattati animati da un singolare miscuglio di austero idealismo e di passione apocalittica, che adoperando l’attentato dinamitardo e l’assassinio dei monarchi, miravano a colpire al cuore il potere 7 P.KROPOTKIN, Anarchism, in Encyclopaedia britannica, 11a ed. 1970, trad.it. Anarchismo, a cura di P.Costa, in ‘La società degli individui’, cit., p.134. 9 abbattendo i suoi simboli. La convinzione che non si potesse attendere la presa di coscienza del popolo, ma che era necessario iniziare a distruggere, ha legittimato l’azione di repressione dello Stato borghese nei confronti di tutti gli anarchici. Coloro che all’interno del movimento anarchico, si opposero all’azione sconsiderata degli individualisti, evidenziarono la necessità di porre al centro dell’anarchismo il rapporto tra fini e mezzi; questi ultimi, qualunque sia la forma di lotta, non possono mai discostarsi dagli obiettivi a cui si tende e devono anzi contenerli nelle forme dell’organizzazione. Nessuna rivoluzione può mai accadere come fattore di liberazione a meno che i mezzi utilizzati per promuoverla siano identici in spirito e tendenza ai propositi che devono essere conseguiti. Se coercizione, dominio, gerarchia e violenza sono evitati come fini, non bisogna mantenerli come mezzi, indipendentemente dalla nobiltà dello scopo. “La libertà può essere creata solo dalla libertà ovvero dalla rivolta di tutto il popolo e dalla libera organizzazione delle masse dei lavoratori dal basso in alto”8. La violenza non è assolutamente connaturata al pensiero libertario, basta pensare che non esiste un solo morto anarchico, per 8 M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-ginevra, 1873, trad.it. Stato e Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, cit., p. 212. 10 mano anarchica, su dispute di carattere ideologico; mentre tutte le altre ideologie hanno prodotto martiri di loro stessi. E’ interessante notare però come il carattere non violento e antiautoritario dell’anarchismo teorico, trovi nella prassi quotidiana la sua massima contraddizione; tutti gli anarchismi non hanno mai chiarito in che modo si possano combinare antiautoritarismo e rivoluzione sociale. Unendo il fattore della subitaneità della rivoluzione e dello spontaneismo popolare, così come viene proposto dal movimento anarchico, a quello dell’autorità, che la stessa rivoluzione necessariamente comporta, avendo di fronte l’esempio della Comune Parigina, nella quale il proletariato aveva dominato autoritariamente, Engels con piglio polemico e sottile ironia, osservava giustamente che “gli anti-autoritari domandano che lo Stato politico autoritario sia abolito d’un tratto, prima ancora che si abbiano distrutte le condizioni sociali che l’hanno fatto nascere. Loro domandano che il primo atto della rivoluzione sociale sia l’abolizione dell’autorità. Non hanno mai veduto una rivoluzione questi signori? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che vi sia: è l’atto per il quale un parte della popolazione impone la sua volontà all’altra parte col mezzo di fucili, baionette e cannoni, mezzi autoritari, se ce ne sono” 9. Rivoluzione e autoritarismo sono legati a doppio filo, una rivoluzione 9 Marxismo e Anarchismo, a cura di G.M.Bravo, Roma, 1971,p.79. 11 senza spargimento di sangue è impossibile, in una rivolta per cambiare lo status quo ci sarà sempre chi non accetterà il cambiamento e sarà oggetto di imposizione forzata. Quando Bakunin dice che bisogna insegnare al popolo “a resistere ferocemente ma anche a passare audacemente all’attacco”10, cosa intende per attacco? Cos’è la rivoluzione per l’antiautoritarismo anarchico? La contraddizione ce la offre Bakunin stesso: “non può esserci rivoluzione senza una distruzione vasta e appassionata, una distruzione salutare e feconda dato che appunto da questa e solo per mezzo di questa si creano e nascono i mondi nuovi”11. Il circolo vizioso, antiautoritarismo, violenza, rivoluzione sociale è esplicitato e reso insolubile da colui che comunemente è inteso come il padre dell’anarchismo. La storia nel suo divenire ha sancito la sconfitta politica dell’anarchismo nei confronti del marxismo, il movimento operaio e anticapitalistico ha avuto come riferimento ideologico solo il marxismo, anche se più correttamente dovremmo dire i marxismi. Allo stesso tempo la storia, ci ha anche consegnato un lascito pesante e drammatico: le grandi tragedie dello Stalinismo e dei vari totalitarismi 10 M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-ginevra, 1873, trad.it. Stato e Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, cit., p.254. 11 Ibid., p.40. 12 comunisti in qualsiasi latitudine, hanno confermato la tesi anarchica che la dittatura del proletariato si sarebbe trasformata nella dittatura di una piccola burocrazia sul proletariato. L’incontrovertibile verità della critica anarchica, riguardo agli esiti del pensiero marxista, ci deve oggi stimolare ad una ricerca più attenta intorno all’anarchismo, o per meglio dire intorno agli anarchismi e ai suoi teorici. Bakunin, nonostante sia considerato il fondatore dell’anarchismo, non produsse mai un corpo di dottrine compiuto e sistematico; qualcosa del genere si trova piuttosto nelle opere di Pëtr Kropotkin. L’anarchico russo, proveniente da una famiglia dell’aristocrazia zarista, attraverso una lunga vita di scritti, ha contribuito a dare direzione e coerenza ad una teoria che non aveva ancora una formulazione nei termini del pensiero scientifico moderno. La vasta opera e l’intensa attività di propagandista, ci consentono di ricostruire le caratteristiche essenziali dell’anarco-comunismo, di cui insieme a Cafiero e Malatesta fu la massima espressione, ed allo stesso tempo di comprendere il suo metodo di ricerca che unisce scienza e anarchia, con cui cerca di far coesistere evoluzione e rivoluzione, facendo dell’azione rivoluzionaria un’accelerazione rapida, una fase concentrata dell’evoluzione generale. 13 Kropotkin ha analizzato tutti i temi cari all’anarchismo: Stato, Autorità, Rivoluzione, Società Futura, Lavoro, preferendo alle astratte formule politiche, la centralità del problema morale, i bisogni umani, le esigenze dell’individuo. In Kropotkin possiamo individuare il vero teorico dell’anarchismo come teoria sociale; i compagni anarchici lo amarono tantissimo, molti poeti e scrittori lo ricordano con ammirazione, le pagine di storia però lo hanno dimenticato, valorizzando personaggi più appariscenti, ma meno profondi e coerenti. Nella La loro morale e la nostra Trotskij, un altro dimenticato dalla storia, a proposito dei veri rivoluzionari, scrive: “Essi sanno rimontare la corrente nella convinzione profonda che l’afflusso storico di nuova potenza li porterà sino all’altra riva. Non tutti: molti annegheranno per via. Ma il partecipare a tale movimento con gli occhi aperti, con una volontà tesa, costituisce la soddisfazione morale per eccellenza che possa essere data ad un essere pensante”12. Pëtr Kropotkin fu un essere pensante, assaporare il suo pensiero è cosa necessaria per comprendere l’anarchismo nelle sue verità, nelle sue contraddizioni, nella sconfitta di ieri e nelle possibilità di un domani. 12 L.TROTSKIJ, Ih moral’ i naša, s.l., 1939, trad.it. La loro morale e la nostra, Bari, 1967, p.78. 14 15 CAPITOLO PRIMO 16 In fuga verso l’anarchia “I suoi talenti letterari, il valore e la mole della sua produzione, la sua instancabile attività, il prestigio che gli veniva dalla fama di grande scienziato, il fatto che egli aveva sacrificato una posizione altamente privilegiata per difendere, a costo di sofferenze e di pericoli, la causa popolare, e di più il fascino della sua persona che incantava tutti quelli che avevano la fortuna di avvicinarlo, gli dettero tale notorietà e tale influenza che egli sembrò, ed in gran parte fu realmente, il maestro riconosciuto della grande maggioranza degli anarchici ”13; queste parole di Errico Malatesta ci danno una chiara idea dello spessore intellettuale e delle qualità morali di uno dei più grandi teorici dell’anarchismo: Pëtr Kropotkin. Se però accettiamo la definizione data da Amedeo Bordiga del vero rivoluzionario: “E’ compagno militante comunista e rivoluzionario chi ha saputo dimenticare, rinnegare, strapparsi dalla mente e dal cuore la classificazione in cui lo iscrisse l’anagrafe di questa società in putrefazione, e vede e confonde se stesso in tutto l’arco millenario che lega l’ancestrale uomo tribale lottatore con le belve al 17 membro della comunità futura, fraterna nell’armonia gioiosa dell’uomo sociale”14, allora possiamo dire che Kropotkin è stato un rivoluzionario a tutto tondo. Fu un’instancabile agitatore, un coraggioso militante anarchico, un fine teorico e soprattutto con la sua esistenza riuscì a dimenticare, rinnegare e strapparsi dalla mente e dal cuore la classificazione in cui l’aveva iscritto l’anagrafe della società russa. Pëtr Kropotkin nacque a Mosca nel dicembre del 1842, la famiglia era ricca, potente e antica; gli antenati erano stati principi di Smolensk e si vantavano discendenti dell’antica dinastia reale fondata da Rurik, che aveva regnato sulla moscovia prima dei Romanov. Il padre Aleksandr Kropotkin era un generale in ritiro e proprietario di servi, uno di quei ufficiali rigidissimi che piacevano tanto allo zar regnante Nicola I; la madre, Ekaterina Sulima moriva di tubercolosi nell’aprile del 1846, era una donna vivace e molto allegra, appassionata di ballo e dal temperamento artistico e l’amore che trasfuse nei suoi quattro figli Nicola nato nel 1834, Helen un anno dopo, Alexander nel 1841 e Petr nel 1842 - rimase un vivo ricordo per tutta la loro vita. “Tutti coloro che la conobbero l’amarono, fu a suo nome che Madame Burnam si prese cura di noi, ed è a suo nome che la nurse russa ci diede il suo amore. 13 E.MALATESTA, Ricordi e critiche di un vecchio amico, Montevideo, s.p., aprile 1931. Quaderni del Partito Comunista Combattente, Che cos’è il partito comunista combattente, Milano, Aprile 1996, p.30. 14 18 (....) Tutta la nostra infanzia è illuminata dal suo ricordo. Quante volte, in qualche corridoio buio, la mano di una serva si posava su Alexander o su di me con una carezza; oppure una contadina, incontrandoci nei campi, ci chiedeva ‘Sarete buoni come vostra madre? Lei aveva compassione per noi. Anche voi sicuramente’. Per ‘noi’, naturalmente, intendeva i servi. Io non so che ne sarebbe stato di noi se non avessimo trovato nella nostra casa, tra la servitù, quell’atmosfera d’amore che i bambini devono avere attorno a loro ”15. Grazie al contatto con i servi, compagni di sofferenza sotto la rigida tirannia di suo padre, Kropotkin - come Turgenev prima di lui sentì fin da bambino il legame di una comune umanità fra i poveri e i ricchi e imparò quale bontà si nascondeva nel cuore dello schiavo e del contadino russo. Un precettore francese lo iniziò al concetto di uguaglianza, e un precettore russo gli offri i libri che ravvivarono il suo spirito in lenta formazione. I libri di Gogol’, i versi di Puskin e Nekrasov, le taglienti pagine di Cernisevskij, accesero la sua fantasia e così, sotto la guida del precettore N. P. Smirnov, Kropotkin cominciò a scrivere, della pubblicando all’età di dodici anni una rivista letteraria quale lui ed il fratello Alessandro erano gli unici 15 P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di L. Berrini Pajetta, Milano, 1969, p.9. 19 collaboratori. Questa felice e spensierata esistenza terminò all’età di quindici anni quando gli si aprirono le porte della carriera militare nel Corpo militare dei Paggi. La vita militare non gli piaceva, il lusso raffinato che lo circondava e la dissoluta esistenza dei coetanei aristocratici gli risultavano insopportabili, la lettura del cantore ‘degli oppressi e dei reietti’ Nekrasov lo avvicinava spiritualmente alla vita del popolo, l’assidua corrispondenza e gli intensi scambi intellettuali con il fratello Alessandro gli resero limpide le enormi e ingiustificate disuguaglianze sociali. Accolse con entusiasmo l’ascesa al trono di Alessandro II e la sua decisione, nel 1861, di emancipare i servi; “erano maturati i suoi istinti liberali, in parte attraverso la lettura della prima rivista di Herzen, La stella polare, in parte per reazione alla tirannia degli ufficiali del Corpo dei Paggi. Nello stesso tempo il suo interesse per la scienza stava diventando vera passione”16. L’ambiente gretto e reazionario della scuola, non gli impedì di diventare sergente del corpo, il che significava essere per un anno paggio personale del nuovo zar. Questa esperienza fu fondamentale per 16 G.WOODCOCK, Anarchism - A History of libertarian ideas and movements, Londra, 1962, trad.it. L’anarchia, storia delle idee e dei movimenti libertari, a cura di E.Vaccari, cit., p.165. 20 gli orientamenti futuri, presto si rese conto dello strano miscuglio d’idealismo e di tendenze autocratiche che regnava alla corte dello zar, nonché della paura che continuamente tormentava Alessandro: una paura e “un’incapacità di provare affetto sincero” 17 che lo spingevano nelle braccia dei reazionari ogni qualvolta si evidenziava l’opposizione o la resistenza del popolo all’oppressione. Kropotkin conobbe anch’egli la profonda delusione da cui fu attraversata l’intelligencija russa quando i vantaggi dell’emancipazione furono in gran parte annullati dagli oneri imposti ai servi per indennizzare i proprietari terrieri e dalla feroce repressione di ogni manifestazione di malcontento. Quando venne, per Kropotkin, il momento di lasciare il corpo dei paggi e di scegliersi un reggimento, si arruolò, non nel reggimento delle Guardie che gli avrebbe consentito una brillante carriera militare, ma nel nuovo e disprezzato reggimento dei Cosacchi a cavallo dell’Amur in Siberia. Più degli onori e del prestigio a lui interessava fuggire dall’atmosfera mefitica di Pietroburgo, continuare gli studi scientifici e conoscere il conte Murjakov, governatore generale della Siberia Orientale, riformatore avanzato, che aveva fatto tantissimo per ripulire 17 P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.110. 21 l’amministrazione da funzionari corrotti e reazionari. “I cinque anni trascorsi in Siberia furono per me di grande utilità per la conoscenza della vita e degli uomini”18, nella gelida Russia Orientale ebbe l’opportunità di osservare gli usi e le abitudini dei contadini nella loro vita quotidiana ed apprezzare così quanto poco utile fosse per loro l’amministrazione dello stato; “essi mi insegnarono anche come pochi siano i reali bisogni dell’uomo, non appena egli sia uscito dal cerchio magico della civiltà convenzionale” 19. Un’indagine sociologica sul diritto penale suscitò in lui oltre ad una profonda repulsione per l’autarchia, un tormentoso senso di vergogna per la propria condizione di privilegiato; lo sdegno lo portò a rifugiarsi negli studi scientifici, specialmente geografici. Viaggiò in lungo e in largo, si spinse nelle estreme regioni orientali della Russia e nella Manciuria cinese per raccogliere dati ed osservazioni, con questa attività gettò le basi dello studio scientifico delle regioni e dei popoli dell’Estremo Oriente; i suoi rapporti furono pubblicati dalla Società geografica russa e in poco tempo Kropotkin si conquistò la fama di valente geografo e la nomina a segretario della società geografica Russa. Tutto questo peregrinare, come un novello Lord Jim in fuga continua 18 19 Ibid., p.124. Ibid. 22 dall’anagrafe in cui lo aveva posto la società, lo convinse dell’assoluta impossibilità di fare qualcosa di utile per il popolo servendosi del meccanismo amministrativo. Vivere con gli indigeni, vedere l’organizzazione comunista dei Duchoborcy dell’Amur, osservare lo spettacolo di una natura in equilibrio perenne, lo aiutarono a capire come il comandare, il punire, il dare ordini fossero inutili nella vita reale, e che solo attraverso lo sforzo costante di tante volontà convergenti era possibile raggiungere gli obiettivi. L’amicizia con il poeta M.L.Michailov, mandato in Siberia nel 1861 per i suoi scritti populisti, rafforzarono la tendenza alla ribellione di Kropotkin; fu Michajlov colui che iniziò Kropotkin alle idee anarchiche incoraggiandolo a leggere Proudhon e in particolare una copia annotata delle sue Contraddizioni economiche: ormai il principe russo aveva fatto il primo passo sulla strada verso le montagne del Giura. L’orrore per la brutale repressione della rivolta polacca del 1866, alcune vittime della quale capitarono sotto la sua giurisdizione, spinsero Kropotkin ed il fratello Alessandro ad abbandonare il servizio militare e tornare in Russia nel 1867. La sua avventura in Siberia era terminata, ma questa esperienza fu fondamentale e come lui stesso ci dice: “benché allora non formulassi le mie osservazioni nei termini della lotta politica, 23 posso dire che in Siberia persi tutta la fiducia che avevo avuto fino a quel momento nella disciplina dello Stato. Ero già è pronto a diventare un anarchico”20. A Pietroburgo, si iscrisse alla facoltà di fisica e matematica; per cinque anni si dedicò solo agli studi universitari e alla sua attività di segretario della sezione di geografia fisica della Società geografica russa. Nel 1871 esplorò i depositi glaciali della Finlandia e della Svezia, nel 1873 pubblicò una mappa ed uno scritto nel quale provò che le carte esistenti dell’Asia, interpretavano in maniera del tutto erronea la formazione fisica del continente. Questo intenso lavoro di geografo gli portò non pochi riconoscimenti, tutto sembrava avviarlo alla vita di scienziato e l’invito a ricoprire il ruolo di segretario generale della Società Geografica era un sogno che si realizzava. Kropotkin rifiutò ed è lui stesso a spiegarci i motivi: “Ma quale diritto avevo io a queste gioie profonde, mentre intorno a me non vi era che miseria e lotta per un tozzo di pane ammuffito; quanto tutto quello di cui io potevo aver bisogno per poter vivere in questo mondo di altissime emozioni doveva essere tolto dalla bocca di quelli che fanno crescere il grano e non hanno abbastanza pane per i loro bambini ? (....) Tutte le belle parole sono inutili, quando gli apostoli del progresso si tengono lontani da quelli che pretendono 20 Ibid., p.160. 24 spingere in avanti; quelle frasi non sono che sofismi di spiriti desiderosi di sfuggire a una contraddizione irritante. Per questo dunque mandai alla Società Geografica la mia risposta negativa”21; il tenero adolescente amico e compagno dei servi di casa Kropotkin, il paggio che odiava la vita militare e leggeva i poeti rivoluzionari, il giovane geologo che aveva studiato la natura e gli uomini, il sensibile esploratore della morale umana, era diventato il cosciente e realista rivoluzionario. La Comune Parigina del 1871 aveva acceso la fantasia e la speranza dei rivoluzionari, era giunto il momento, per Kropotkin, di conoscere i fermenti rivoluzionari dell’Europa Occidentale, così nel 1872 venne per la prima volta a visitare la Svizzera, fermandosi a Zurigo e a Ginevra. Era l’epoca in cui, l’internazionale faceva parlare di sé. Era avvenuta la celebre scissione fra Marx e Bakunin al congresso dell’Aia, dopo che al congresso di Berna gli anarchici avevano tracciato le linee generali del loro programma e della loro tattica, che respingeva ogni partecipazione all’azione politica che consolidasse la forma dello stato, cioè il parlamentarismo. Per cinque settimane frequentò il gruppo Marxista di Ginevra; ma i calcoli politici di Nikolaj Utin, il più influente marxista russo, lo infastidirono non poco; Kropotkin, che già professava idee liberali ed avanzate, si rese conto immediatamente degli intrighi e 21 Ibid., p.178. 25 della sete di potere che animava i capi del gruppo marxista, nonché del carattere piramidale e dirigista che caratterizzava il gruppo ginevrino. Decise di incontrare Zukovskij, a quel tempo il punto di riferimento per il gruppo Bakunista, che lo invitò a visitare il Giura. Nel Giura incontrò James Guillaume ed ebbe la possibilità di osservare la vita degli orologiai delle montagne; “gli operai qui non erano una massa ignara, asservita agli interessi politici dei pochi; i loro capi erano semplicemente i più attivi di loro, più che dirigere, davano l’esempio agli altri”22, l’assenza di divisione fra i capi e le masse, il livello intellettuale più alto determinato dalla possibilità di lavorare in casa propria e la forte coesione sociale, impressionarono favorevolmente Kropotkin. Le idee anarchiche di Bakunin: la critica al socialismo di stato, la paura di una tirannide economica molto più pericolosa della tirannide politica, la socializzazione dell’educazione, l’integrazione fra lavoro manuale e intellettuale, l’abolizione dello stato, l’organizzazione della società su base federale, il collettivismo economico e autogestione delle aziende, conquistarono definitivamente il principe russo e così come lui stesso scrive: “quando lasciai quelle montagne dopo una 22 Ibid., p.211. 26 settimana passata fra gli orologiai, le mie idee in fatto di socialismo erano chiare: ero un anarchico”23. In questo soggiorno Svizzero vi fu una prima elaborazione teorica, Kropotkin giunse alla conclusione che vi sono periodi nell’evoluzione della società umana nei quali la lotta è inevitabile e la guerra civile scoppia, indipendentemente dalla volontà degli individui; è necessario orientare questa lotta in favore di grandi ideali in modo da suscitare l’entusiasmo degli uomini. Portando la lotta su di un piano più elevato, secondo Kropotkin, l’atmosfera sociale si purificherà da sé ed il numero delle vittime sarà sicuramente inferiore a quello che si avrebbe se la lotta si combattesse su problemi di importanza secondaria. L’idea che la rivoluzione è il frutto meccanico dell’evoluzione sociale o della degenerazione spontanea del sistema capitalistico, presente in tutte le opere più importanti di Kropotkin, sarà oggetto di critica da parte di non pochi anarchici, fra cui l’amico Errico Malatesta. Su consiglio di Guillaume, Kropotkin lasciò la Svizzera e fece ritorno a Pietroburgo; era giunto il momento di svolgere propaganda attiva in una Russia che si era svegliata dal suo torpore. Il movimento nichilista, così battezzato da Turgenev nel grande romanzo Padri e figli, si stava sviluppando fra la gioventù colta come ribellione a tutte le ‘menzogne convenzionali della 23 Ibid., p.212. 27 civiltà’; non gratuito terrorismo ma rivolta di giovani esasperati, molti dei quali cacciati dai ginnasi e dalle università. Il nichilista, impersonato dall’eroe di Turgenev Bazarov, rifiutando di piegarsi a qualsiasi autorità che non fosse la ragione negava validità alla vecchie convenzioni, era fautore dell’emancipazione della donna e dei figli dalla soggezione paterna, riteneva essenziale l’educazione del popolo e il mescolarsi con la massa dei diseredati. Kropotkin giudicava troppo duro l’atteggiamento dei nichilisti nei confronti della famiglia e mal sopportava l’uso immorale che ne faceva Necaev; pur ritenendo importante la rinascita di un forte impegno sociale tra i giovani russi, decise di entrare a far parte del circolo Caikovskij, il più famoso fra i gruppi populisti del 1870-80. I membri del circolo si proponevano di svolgere opera di propaganda, di scrivere e diffondere opuscoli, di continuare il grande compito di educare il popolo. Per la maggior parte erano costituzionalisti moderati con inclinazioni socialdemocratiche, Kropotkin era fra loro l’unico anarchico, e le sue idee esercitavano poca influenza sul circolo. Si sentiva, in questa prima fase, molto vicino a Proudhon e Bakunin, in particolare l’influenza di Proudhon era evidente nella proposta che al denaro si sostituissero buoni di lavoro e nella convinzione di dare vita a cooperative di consumatori e produttori. Il 28 mutualismo economico Proudhoniano: un sistema di produzione e di scambio nel quale i lavoratori erano proprietari dei mezzi di produzione, e nel quale le unità produttive autogestite, federandosi tra loro, applichino il principio della cooperazione, era garanzia per Kropotkin di un organizzazione in cui l’autorità si orientava dal basso verso l’alto. Per due anni svolse l’attività di agitatore col nome di Borodin; travestito da contadino tenne una serie di conferenze clandestine nei quartieri popolari di Pietroburgo, per sviluppare nella massa l’idea del socialismo libertario; era diventato in poco tempo lo spettro rosso della polizia zarista. Nel 1874 però fu arrestato, per la delazione di un operaio vendutosi alla polizia, e rinchiuso nella terribile fortezza Di S.Pietro e Paolo; dopo due anni si ammalò e fu trasferito nella parte dell’ospedale militare di Pietroburgo riservata ai carcerati. Da qui, con l’aiuto dell’amico e compagno Dott.Weimar, compì l’audace fuga descritta con grande passione nelle sue Memorie di un rivoluzionario. Da quel momento iniziò la sua vita di esiliato ed il suo periodo più attivo come agitatore e pubblicista; nell’agosto del 1876 raggiunse l’Inghilterra, nel gennaio del 1877 si spostò di nuovo in Svizzera stringendo amicizia con Reclus e con alcuni internazionalisti italiani, capeggiati da Carlo Cafiero ed Errico Malatesta. L’8 ottobre 1878 sposò 29 Sophie Ananiev e alla fine del 1878 fondò Le Révolté. Gli inizi del giornale furono complessi a causa della difficoltà di trovare un tipografo che avesse il coraggio di stampare un giornale anarchico. Kropotkin e Herzig decisero di aprire una propria tipografia e comprare a credito una cassa di caratteri a stampa e un po’ di carta, con le entrate provenienti dal Révolté si sarebbero pagati i debiti; la cosa riuscì e presto il giornale divenne il principale organo di stampa del movimento anarchico riuscendo a vendere fino a duemila copie. Kropotkin continuò a redigerlo in Svizzera finché non fu espulso, dopo l’assassinio di Alessandro II nel 1881, in seguito alle pressioni del governo zarista. Due dei suoi primi libri, Parole di un ribelle e La conquista del pane furono composti di articoli pubblicati sul Révolté, lo stesso vale per alcuni opuscoli quali Ai Giovani, Governo Rivoluzionario e Lo spirito di ribellione. La posizione dottrinale di Kropotkin era ormai giunta a piena maturazione: al collettivismo di Bakunin e al mutualismo di Proudhon, contrapponeva, ora, l’anarco-comunismo, cioè l’idea di libera distribuzione delle risorse attraverso la formula ‘da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni’. Era sempre di più convinto che il criterio di distribuzione dei beni dovesse essere il 30 bisogno più che la quantità di lavoro fatto. Il comunismo, nel senso di abolizione di ogni forma di sistema salariale e di economia mercantile, sarebbe naturalmente derivato dalla collettivizzazione dei mezzi di produzione e in nessun modo si sarebbe dovuto configurare come dittatura del proletariato; per Kropotkin all’individualismo capitalistico non si doveva sostituire la proprietà statale bensì una società senza stato fondata su un sistema di cooperazione volontaria. Quanto alla realizzazione di questo nuovo assetto societario, Kropotkin crede fermamente che non si possa realizzare né per le vie pacifiste indicate da Godwin e Tolstoj, né attraverso atti terroristici individuali o di piccoli gruppi e neppure ad opera di un governo rivoluzionario; soltanto una spontanea sollevazione popolare senza alcuna guida dittatoriale, potrà rovesciare l’attuale assetto sociale per ricostruirlo ex novo. Il comunismo anarchico si diffuse rapidamente, nei circoli libertari svizzeri e presso l’internazionale italiana ottenne grande consenso, rimaneva da fare l’ultimo passo, accettare il nome di comunismo anarchico. Kropotkin, Reclus e Cafiero persuasero, nel 1880, il Congresso della Federation Jurassienne ad accettare il comunismo libertario come dottrina economica; Cafiero pronunciò il discorso Anarchia e Comunismo, Kropotkin e Reclus difesero con forti 31 discorsi l’idea anarchica-comunista ed il congresso l’adottò in modo definitivo. Sulla fine del 1882 fu coinvolto nel celebre processo di Lione contro gli anarchici accusati di aver capeggiato le manifestazioni di piazza degli operai lionesi. Poiché non vi erano prove, Kropotkin e altri cinquantatré compagni, furono condannati al carcere in base ad una legge del ’72 che considerava reato l’appartenenza all’internazionale. Il ‘principe’ russo sarebbe potuto fuggire ma preferì affrontare il processo e redasse la dichiarazione di principi che tutti sottoscrissero. Essa denunciava i governi e il capitalismo e così si concludeva: “Vogliamo, in una parola, l’Uguaglianza: l’uguaglianza di fatto come corollario o piuttosto come condizione primordiale della libertà. A ciascuno secondo le sue facoltà, a ciascuno secondo i suoi bisogni: ecco quello che vogliamo sinceramente, energicamente; ecco ciò che sarà, poiché non c’è prescrizione che possa prevalere su rivendicazioni insieme legittime e necessarie. Ecco perché ci si vuole offrire a tutte le ignomie. Scellerati che noi siamo! Noi reclamiamo il pane per tutti, il sapere per tutti, il lavoro per tutti, per tutti pure l’indipendenza e la giustizia.”24 Kropotkin e tre altri propagandisti anarchici furono 24 M.BENDISCIOLI-A.GALLIA, Documenti di storia Contemporanea 1815-1970, Milano, 1973, p. 214. 32 condannati a cinque anni di carcere da scontare nella prigione di Clairvaux, nella vecchia abbazia di San Bernardo, dove ricevettero il trattamento di favore riservato ai carcerati politici. Questa seconda esperienza carceraria convinse ancora di più Kropotkin dell’inutilità della detenzione nel processo di reintegrazione sociale dell’individuo; aveva provato sulla sua pelle come qualsiasi costrizione e segregazione pervertisse l’uomo, la prigione era una delle più atroci filiazioni dell’autoritarismo, una vera e propria ‘università del delitto’, tanto più efficace quanto più giovane era il recluso. La cella e la vita carceraria determinavano un processo di demoralizzazione del carcerato, “la prigionia, necessariamente, fatalmente, distrugge nell’uomo l’energia e più che mai ne uccide la volontà. (....) La volontà del carcerato deve essere annientata e vi è ancora meno il modo di coltivare lo spirito di socievolezza”25. La volontà di Kropotkin però non si fiaccò nonostante in prigione si ammalasse di malaria, il conforto dei compagni e della moglie furono costanti, Ernest Renan gli mise a disposizione la sua biblioteca, Georges Clemenceau presentò alla camera dei deputati una mozione in cui chiedeva per lui l’amnistia, l’opinione pubblica si schierò dalla parte 25 P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.341. 33 dell’anarchico e così il 15 gennaio del 1886 fu liberato, per l’amnistia accordata da Grevy, dopo la sua rielezione a presidente della Repubblica. Nel Marzo dello stesso anno sbarca per la quarta volta in Inghilterra, che sarebbe stata per più di trent’anni la sua seconda patria. Rimase molto impressionato dal cambiamento intervenuto nel clima politico inglese da quanto vi aveva soggiornato nel 1881-82: trovò già formato un vivace movimento socialista, una lotta in pieno svolgimento tra i marxisti della federazione socialdemocratica di Hyndman e i libertari della lega socialista di William Morris animava il dibattito politico, un fermento di idee socialiste riscaldava gli intellettuali più giovani; Bernard Shaw e Tom Mann erano soliti frequentare la sua casa per dibattiti e discussioni, Oscar Wilde subì il fascino della sua personalità e del suo vangelo: “Due delle vite più perfette in cui mi sia imbattuto nelle mie esperienze sono quelle di Verlaine e del principe Kropotkin: l’uno come l’altro hanno passato anni in carcere: il primo l’unico poeta cristiano da Dante in poi; l’altro, un uomo dall’anima di quel bellissimo Cristo bianco che pare venire dalla Russia.”26 Contribuì a fondare il periodico anarco- 26 O.WILDE, De Profundis, London, 1899, trad.it. De Profundis, a cura di O. Del Buono, Milano, 1958, p.114. 34 comunista Freedom che aiutò non poco lo sviluppo del movimento anarchico inglese, scrisse alcuni tra i suoi libri più importanti: Campi, fabbriche e officine, Mutuo Appoggio, La grande rivoluzione, La conquista del pane. In Inghilterra gli giunse notizia del suicidio del fratello Alessandro, mandato in esilio in Siberia per la sola colpa di essere il fratello di un grande anarchico; questa morte gettò Kropotkin in una malinconia senza sbocchi: erano sempre gli innocenti a pagare il prezzo del dispotismo, le sue attività di agitatore non avevano prodotto i rapidi risultati che si aspettava ma, gli avevano lasciato alle spalle una scia di morti, delusioni e fallimenti. Prevalse in lui la tendenza al ritiro, a una vita di studioso e di teorico. Raccomandava sempre meno i metodi violenti e già nel 1881 accennò, in uno dei suoi discorsi, alla possibilità che l’anarchia si affermasse grazie al semplice maturare dell’opinione pubblica e con il minimo possibile di agitazione e disordini. Ciò che contribuì al mutare delle sue opinioni fu anche il contatto con il movimento socialista inglese; Kropotkin fu colpito dalla reciproca tolleranza che caratterizzava le varie correnti del movimento operaio inglese, riconosceva che nel socialismo inglese l’elemento libertario era più forte 35 che nei movimenti marxisti continentali, e fu influenzato, forse senza saperlo, da quella speranza di procedere verso la meta ideale attraverso cambiamenti graduali e ragionevoli che permea la tradizione laburista britannica. Le azioni degli assassini anarchici in questo periodo erano per lui motivo di autentica angoscia e quindi nel Mutuo Appoggio sancirà il rifiuto definitivo della ‘propaganda del fatto’ e l’adesione ai principi evoluzionistici. Sostenne che la solidarietà e il lavoro in comune erano gli elementi da cui la specie trae la forza nella lotta per la conservazione dell’esistenza contro gli avversi poteri della natura e che in nessun modo l’azione violenta di singoli individui isolati sarebbe stata utile alla causa anarchica. Queste riflessioni, unite ad un’indole mite, lo predisponevano a preferire i mutamenti graduali alla violenza rivoluzionaria; i continui insuccessi del movimento anarchico gli fecero apparire sempre più improbabile una vittoria nel futuro immediato. Il peggioramento delle sue condizioni di salute rendeva necessaria un’esistenza più tranquilla, quindi gli anni che vanno dalla fine del diciannovesimo secolo fino allo scoppio della prima guerra mondiale furono occupati da un intenso lavoro di scrittura e studio geografico. Nonostante l’attività di agitatore non rientrasse più nelle sue prerogative, il pensiero di Kropotkin continuò a permeare fortemente il 36 movimento anarchico internazionale. Questa straordinaria influenza ebbe però, una battuta d’arresto in conseguenza della posizione assunta dal teorico in occasione della prima Guerra mondiale. Pëtr Kropotkin e altri esponenti dell’anarchismo internazionale, tra cui Jean Grave, Charles Malato e James Guillame, dichiararono che la Francia era il paese che possedeva le maggiori tradizioni rivoluzionarie, democratiche, laiche e repubblicane. La Germania, al contrario, rappresentava la concezione monarchica, dinastica e reazionaria. Bisognava pertanto difendere a tutti i costi la Francia dall’assalto tedesco. Questa dichiarazione lacerò profondamente il movimento anarchico internazionale, determinando una spaccatura tra interventisti e antiinterventisti che avrà conseguenze devastanti sulle progettualità future del movimento. Errico Malatesta ribadì in vari articoli l’insensatezza del proclamare la lotta contro il pericolo di un’oppressione esterna se non veniva combattuta con uguale vigore quella interna, non vi era differenza tra Francia e Germania, tra Stati liberali e Stati reazionari, gli uni valevano gli altri. La posizione Malatestiana fu ribadita in un manifesto internazionale apparso nel Marzo del 1915 firmato da grandi anarchici quali Alexander Berkman, Emma Goldman e Vicente Garcia. Nel manifesto si dichiarava la totale avversione alla guerra, priva di 37 qualsiasi giustificazione etica e politica, si respingeva la distinzione Kropotkiana tra guerra difensiva e guerra offensiva, si ribadiva che la causa del conflitto era di carattere generale e consisteva nell’esistenza del sistema di sfruttamento economico e politico rappresentato dal capitalismo e dallo Stato. La Guerra era il frutto del militarismo e della volontà di potenza degli Stati, solo favorendo la rivolta degli sfruttati e degli oppressi sarebbe stato possibile far cessare le morti inutili e aprire la strada alla rivoluzione. In risposta al manifesto degli anarchici anti-interventisti, il 14 Marzo del 1916 apparve sul parigino La Bataille, il maggior organo sindacalista Francese, il famoso Manifesto dei sedici. In opposizione ad una possibile richiesta di pace da parte tedesca, Kropotkin e altri quattordici anarchici sottoscrissero una dichiarazione che rigettava qualsiasi ipotesi di pace. Non si potevano accettare le false richieste della Germania; la guerra doveva continuare fino al rientro, senza annessioni territoriali, della Germania nei suoi territori. Il documento rigettava il pacifismo assoluto perché poneva in primo piano l’idea di giustizia, la quale doveva stare sopra la pace, dato che questa non aveva un valore prioritario. Malatesta definì Kropotkin e gli altri degli ‘anarchici di governo’, non si poteva credere che alleandosi ai governi 38 sarebbe stato possibile fermare il militarismo, solo una rivoluzione popolare poteva fermarlo. Ormai la frattura era insanabile, Kropotkin era destinato all’isolamento, visse con immenso dolore questa rottura ma non ebbe mai dubbi sulla correttezza della sua posizione, e la rivoluzione russa del 1917 gli parve la massima giustificazione della sua scelta. Appena fu possibile lasciò l’Inghilterra e arrivò a Pietroburgo, dove fu accolto da Kerenskij, da un reggimento di Guardie e da bande militari che suonavano la marsigliese. Con suo grande dolore erano assenti gli anarchici russi, la scelta per la guerra non gli era stata perdonata, anche perché Kropotkin si era espresso a favore dell’entrata in guerra della Russia contro i tedeschi e per la realizzazione di una Repubblica moderata. A lungo andare però Kropotkin si riconciliò con gli anarchici, grazie alla comune lotta contro il regime bolscevico; tutte le speranze che aveva nutrito per il futuro della Russia vennero distrutte dalla dittatura bolscevica e dalle persecuzioni a cui furono sottoposti gli anarchici dissidenti da parte della Ceka. Nella prima parte del 1918 Kropotkin aveva riunito intorno a sé alcuni dei migliori specialisti in economia politica, il suo scopo era di compiere uno studio attento e approfondito delle risorse russe e proporre un progetto di ricostruzione 39 industriale del paese. Il gruppo fu sciolto dai bolscevichi e tutto il materiale confiscato, gli appartamenti di Kropotkin furono in due occasioni requisiti e la famiglia costretta a trovarsi un altro alloggio. Dopo tali esperienze i Kropotkin si trasferirono a Dmitrov, dove il vecchio Pietro incominciò un esilio volontario. Furono anni difficili, gli unici suoi visitatori erano contadini, operai del villaggio e amici come Emma Goldman, Lebedeff e Makhno. Iniziò a scrivere L’Etica ma l’avventura si presentava complessa, non aveva libri poiché la biblioteca personale era rimasta in Inghilterra, per mancanza di mezzi economici non poteva avvalersi dell’aiuto di un segretario o di un dattilografo, le debilitate condizioni di salute lo costringevano spesso ad interrompere la scrittura, il più delle volte era costretto a lavorare di sera con una luce molto scarsa. Il pensiero del fallimento della Rivoluzione, delle difficoltà della Russia e dei rastrellamenti senza fine gli risultava insopportabile, più volte Kropotkin cercò di convincere Lenin che la dittatura stava seppellendo la rivoluzione. In una lettera nell’autunno del 1920 espresse tutta la sua indignazione per l’abitudine dei bolscevichi di prendere ostaggi per proteggersi contro l’eventuale violenza dei loro oppositori. Nella Lettera ai lavoratori di tutto il mondo Kropotkin esaltò l’esperimento dei Soviet ma mise in luce come i Soviet 40 nel momento in cui fossero caduti sotto il controllò della dittatura politica sarebbero diventati strumenti dell’autorità. Mai parole inascoltate furono così profetiche. L’8 febbraio 1921 la morte lo colpì. Un corteo lungo cinque miglia seguì la sua bara; organizzazioni anarchiche, sindacati dei lavoratori, società scientifiche e letterarie, corpi studenteschi, marciarono per oltre due ore dal Tempio del lavoro al posto di sepoltura. La famiglia e i compagni di Kropotkin accettarono la cerimonia solo in cambio della liberazione degli anarchici incarcerati; questi, terminato il funerale, avendo dato la loro parola, fecero ritorno alla prigione. Le bandiere nere del gruppo anarchico recavano in lettere scarlatte la scritta: “Dove c’è autorità non c’è libertà”. Come Kropotkin stesso disse, “l’uomo aspira a vivere ancora dopo la morte, ma come mai non si accorge che la memoria di una persona veramente buona vive sempre? Rimane impressa fortemente nella nuova generazione e viene tramandata ai figli. Non è forse questa un’immortalità degna di ogni sacrificio?”27. 27 P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.9. 41 CAPITOLO SECONDO 42 L’intimo rapporto tra scienza e anarchia 43 L’intensa attività di geologo presso la Società Geografica Russa, l’iscrizione alla facoltà di fisica e matematica, la frequentazione degli ambienti scientifici russi, il lungo soggiorno Siberiano, valgono a Kropotkin la consapevolezza dell’essenzialità della scienza e dell’istruzione tecnica per il progresso di ogni gruppo umano. Il principe russo è convinto che il progresso delle scienze e delle tecniche, soprattutto in campo agricolo, sia la necessità assoluta della Russia, il cui tratto essenziale, è “il carattere ritardato del suo sviluppo con l’arretratezza economica che ne consegue, la primitività delle forme sociali e un livello culturale basso.”28. Nonostante questa arretratezza atavica, Kropotkin, già dai suoi studi a Pietroburgo verifica come lo sviluppo scientifico e tecnologico fosse ostacolato dalla Russia zarista, tanto che “l’istruzione tecnica - in un paese dove c’è tanta domanda di ingegneri, periti agrari e geologi - era trattata come un’istruzione rivoluzionaria”29. In Europa, sotto la forte spinta della Rivoluzione industriale, l’impiego delle scoperte scientifiche stava trasformando l’intero modo di produzione, moltiplicando in modo impressionante la popolazione delle grandi città e la rete dei traffici, modificando alla radice il modo di vivere urbano ed extraurbano. Kropotkin non si lascia 28 L.TROTSKIJ, Istorija russkoj revolucii, s.l., 1932, trad.it. Storia della rivoluzione russa, a cura di F.Perfetti, Roma, 1994, p.22. 44 impressionare dalle facili apparenze della borghesia e dallo sfavillio industriale, nel suo peregrinare tra i vari paesi occidentali, osserva i mali dell’industrializzazione: forti squilibri sociali, rottura dell’equilibrio tra campagna e città, immiserimento del proletariato, sfruttamento del lavoro minorile. Gli osceni sobborghi Parigini e Londinesi gli danno la consapevolezza che la borghesia ha individuato nello sviluppo scientifico e tecnologico un nuovo strumento di dominio teorico e pratico del proletariato; il grande potenziale libertario della tecnica diviene nelle mani del borghese strumento di oppressione. In questo contesto storico è evidente che lo sviluppo delle scienze viene a condizionare largamente il pensiero sociale, economico, storico ed umanistico dell’epoca; il primato della scienza, le sue interpretazioni e le possibili implicazioni sono il campo di battaglia in cui avviene lo scontro tra il “Socialismo scientifico” ed il “Darwinismo sociale”. Marx ed Engels partendo dallo studio scientifico dei rapporti economici e sociali creati dal capitalismo moderno, erano giunti alla consapevolezza che solo il proletariato industriale sarebbe stato in grado di condurre la lotta contro la borghesia; la presa del potere politico da parte del proletariato e la sua dittatura temporanea avrebbero creato i fondamenti 29 P.KROPOTKIN, Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.183. 45 prima della società socialista (nella quale l’economia pianificata avrebbe retribuito ciascuno secondo il proprio lavoro) e poi della società comunista (nella quale, estinte le classi, venuta meno la necessità di un potere coercitivo come lo stato, sviluppatesi enormemente le forze produttive, ciascuno avrebbe lavorato secondo le proprie capacità e ricevuto secondo i propri bisogni). “Appare il capitalista: nella sua qualità di proprietario dei mezzi di produzione si appropria anche dei prodotti e li trasforma in merci. La produzione è diventata un atto sociale; lo scambio e con esso l’appropriazione rimangono atti individuali, atti del singolo. Il prodotto sociale se lo appropria il capitalista singolo. Contraddizione fondamentale da cui sorgono tutte le contraddizioni tra le quali si muove la società odierna e che la grande industria mette chiaramente in evidenza. (.....) Soluzione delle contraddizioni: il proletariato si impadronisce del potere pubblico e in virtù di questo potere trasforma i mezzi di produzione sociale che sfuggono dalle mani della borghesia, in proprietà pubblica. Con questo atto il proletariato libera i mezzi di produzione dal carattere di capitale che sinora essi avevano e dà loro al loro carattere sociale la piena libertà di esplicarsi. (....) Nella misura in cui scompare l’anarchia della produzione sociale, viene meno anche l’autorità politica dello Stato. Gli 46 uomini, finalmente padroni della propria forma di organizzazione sociale, diventano perciò ad un tempo padroni della natura, padroni di se stessi, liberi”30. Nel campo avverso, quello liberale, il Darwinismo sociale, partendo dagli studi di Darwin sulle specie, e trasportando alcune sue conclusioni sul piano sociale, pretendeva di fornire una interpretazione scientifica e una giustificazione obiettiva delle gerarchie sociali. Questa prospettiva di pensiero, muovendo da un approccio comparatistico, affermava che come nell’evoluzione animale la lotta tra le specie e all’interno della stessa specie sanciva la vittoria dei più forti sui più deboli, allo stesso modo nell’evoluzione umana la lotta competitiva per la sopravvivenza decretava la vittoria degli individui e dei popoli più forti, la subordinazione dei popoli inferiori a quelli selezionati, e, all’interno di uno stesso popolo, degli individui deboli alle élite dominanti. “Nella lotta per l’esistenza le parti in causa sono il singolo individuo e la natura: l’individuo è impegnato in un processo mediante il quale egli strappa all’ambiente ciò che gli occorre per sostentare la sua esistenza. Nella competizione vitale, invece, le parti in causa sono gli uomini e gli altri organismi: gli uomini lottano tra loro, oppure con la 30 F.ENGELS, Die Entwicklung des sozialismus von der utopie zur wissenschaft, Zurigo, 1883, trad.it. L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, a cura di G.Prestipino, Roma, 1971, pp.117-119. 47 flora e la fauna che li circondano. La competizione vitale consiste nella rivalità, nell’antagonismo, nella sopraffazione reciproca in cui l’individuo si trova impegnato con gli altri organismi attraverso i suoi sforzi di condurre la lotta per la propria esistenza. La competizione vitale costituisce quindi l’elemento sociale, e conduce all’organizzazione della società.(....) La cooperazione antagonistica è la forma più produttiva di combinazione negli stadi avanzarti di civiltà; è uno strumento altamente razionale inteso a stimolare la collaborazione in nome degli interessi superiori, accantonando gli antagonismi minori”31. Nonostante l’apparente diversità, per Kropotkin, le due dottrine vengono ad essere profondamente convergenti. La dittatura del proletariato e il dominio dei migliori, sono opposti estremismi che si incontrano in una radicale visione elitaria e disarmonica della natura e della società, contribuendo a determinare di fatto il dominio di un gruppo chiuso facile preda di istinti oligarchici. Il processo di gerarchizzazione della natura e della società è l’effetto scontato ed il risultato ineluttabile di questa visione conflittuale della vita e del processo storico. Kropotkin, sulla scia di Bakunin, è convinto che il 31 W.G.SUMNER, Folkways, 1906, trad.it. Costumi di gruppo(1906), a cura di A.M.CireseV.Gilardoni, Milano, 1962, pp.21-23. 48 marxismo subordini la lotta economica a quella del partito politico, il quale mirando alla conquista del potere statale, non può che piegarsi alla politica nazionale dello stato, determinando una forte frattura tra i proletari dei vari stati e allargando sempre più il solco tra la nomenclatura del partito, a cui competono le decisioni sulle politiche statali, e il resto della popolazione. E’ necessario, per l’anarchico russo, che l’etica della libertà e dell’uguaglianza trovino un tentativo di riscontro in un’interpretazione della scienza e dell’evoluzione umana secondo un modello anti-darwiniano e anti-marxista, fondato sul mutuo appoggio come motore dello sviluppo della storia. Kropotkin viene ad elaborare un ampio disegno teorico: innestare nel pensiero anarchico la dimensione scientifica al fine di integrare scienza ed anarchia all’interno di un quadro sistematico e razionale. L’obiettivo dell’anarchico russo è quello di dimostrare come l’anarchismo sia in perfetta sintonia con la crescita e il fine della scienza, e come lo sviluppo delle scienze vada in una direzione totalmente opposta alla logica del conflitto e del dominio sociale. “Ma un cambiamento ancora più profondo e d’una portata molto più grande, sta compiendosi nella scienza, e l’anarchia, lo vedrete, non è che una delle molte manifestazioni di questa evoluzione. Essa non 49 è che un ramo della filosofia nuova che viene annunciandosi” 32. Kropotkin esasperando il naturalismo di Bakunin, pone sullo stesso piano la scienza positiva e le questioni sociali e morali, considerando l’aspirazione umana verso la libertà e la giustizia come un’insopprimibile necessità naturale e meccanica. Nel tentativo di unire il concetto di rivoluzione a quello di evoluzione, il principe ribelle sostiene l’assoluta importanza della scienza nella lotta per l’emancipazione. La scienza dimostra che la libertà e l’uguaglianza sono mete intrinseche alla logica evolutiva dell’umanità, costituiscono dimensioni oggettivamente latenti della società, rappresentano la necessità e il bisogno stesso del genere umano nella sua evoluzione. La scienza trasforma la condizione dell’uomo, sottraendolo definitivamente allo sfruttamento, perché depositaria della verità sinonimo di saggezza. La natura stessa, di cui la scienza non è solo interprete ma anche conseguenza e premessa per ogni ulteriore approfondimento, non può essere maligna, in quanto in caso contrario non avrebbe prodotto uno strumento di liberazione. La scienza, in questo modo, ha una valenza rivoluzionaria e nella sua critica al principio d’autorità tende ad esprimere un fine che coincide con quello anarchico: l’anarchismo è 32 P.KROPOTKIN, L’anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, Ragusa, 1994, p.8. 50 contemporaneamente l’autocoscienza della natura e la traduzione ideologica della scienza, poiché i suoi valori sono spiegati dalla prima e giustificati dalla seconda. “Nel tempo stesso in cui una nuova veduta d’insieme, viene in tal modo elaborata nelle scienze, noi vediamo anche elaborarsi una concezione della società del tutto diversa da quelle che hanno prevalso fino ad oggi. Col nome di anarchia nasce una nuova interpretazione della vita passata e presente della società, e nello stesso tempo, una previsione sul loro avvenire, l’una e l’altra concepite nello stesso spirito della concezione della natura”33. In Kropotkin evoluzionismo, positivismo e determinismo scientifico si incontrano a dimostrare il legame tra natura e cultura, tra bisogno e libertà, tra anarchismo e scienza. Tutta l’opera Kropotkiana è improntata a cercare un fondamento scientifico ed antropologico dell’anarchia; la ricerca della libertà, il rifiuto dell’autoritarismo, la lotta per l’uguaglianza e la convivenza pacifica vengono presentate dal principe ribelle come dimensioni naturali dell’agire umano, quali valori etici fondanti della socialità umana, “quello di Kropotkin è il tentativo di giustificare la libertà e l’uguaglianza attraverso una spiegazione di tipo naturale. L’accostamento appare antinomico e problematico perché, mentre la giustificazione attiene al campo dell’etica, la spiegazione si 33 Ibid., p.15. 51 risolve in quello di scienza. Ecco il teorema di Kropotkin: dare la giustificazione dell’etica attraverso la spiegazione della natura.” 34 Natura, spontaneità e libertà sono strettamente collegate e solo la scienza consente di cogliere il loro legame. Per Kropotkin “la scienza si fa coscienza della duplice valenza delle leggi naturali: da una parte esse risultano, in quanto necessità, fondamento oggettivo, dall’altra esse sono, come spiegazione di questa stessa necessità, spontaneità riconosciuta”35, solo la scienza è in grado di vedere l’intrinseca libertà connaturata alla natura; come la scienza esclude dall’universo qualsiasi principio intelligente e provvidenziale, così l’anarchismo ha la sua base teorica non nei principi metafisici ed idealistici ma in una filosofia naturale e sociale, del tutto meccanicistica. L’anarchismo, per il principe russo, è in perfetta sintonia con il fine della scienza, ne è anzi la sintesi ideologico-scientifica: come prodotto del pensiero illuministico, l’anarchismo riassume e sistematizza la critica al principio d’autorità iniziata dai lumi e proseguita dallo sviluppo scientifico. La scienza è progressista e libertaria, allo stesso tempo l’anarchismo si caratterizza per il tentativo di analizzare scientificamente la realtà, così facendo si può arrivare all’anarchia partendo dalla natura e si può 34 35 ID., Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, Milano, 1998, p.9. Ibid. p.10. 52 ritornare alla natura partendo dall’anarchia. L’incontro tra scienza e anarchia è così esplicitato da Kropotkin: “l’anarchia è qualche cosa di più di un semplice metodo d’azione, del semplice ideale di una società libera; l’anarchia fa parte di una filosofia naturale e sociale che dovrà essere sviluppata in modo completamente diverso dai sistemi metafisici e dialettici applicati fino ad ora alla sociologia. Mi persuasi che deve essere studiata con i metodi che si usano per le scienze naturali; non però come intende Spencer, fondandosi sul terreno ingannevole delle semplici analogie ma solo sulla base dell’induzione applicata alle istituzioni umane”36, il passaggio dalle scienze della natura alle scienze umane diviene immediato. Kropotkin sa benissimo che la rivoluzione copernicana, con il rifiuto del geocentrismo e dell’antropocentrismo, ha determinato la nascita delle scienze naturali e quindi “se un tempo la scienza studiava i grandi risultati e le grandi somme( gli integrali, direbbe il matematico ), oggi studia soprattutto gli infinitamente piccoli, gli individui che compongono le somme e di cui ha finito per riconoscere l’indipendenza e l’individualità, contemporaneamente 36 allo loro stessa intima ID., Memoirs of a Revolutionist, Londra, 1899, trad.it. Memorie di un rivoluzionario, a cura di L. Berrini Pajetta, cit., p.297. 53 aggregazione”37, ma allo stesso tempo ha visto in questo mutato orizzonte scientifico la dimostrazione che la struttura oggettiva della natura, la struttura atomica della materia e dell’intero cosmo è costituzionalmente non gerarchica. Non esistono leggi naturali prestabilite, non esiste nessun principio trascendente che regola il cosmo, esistono solo rapporti di causalità tra fenomeni, “l’armonia appare così come equilibrio temporaneo, stabilito fra tutte le forze, un provvisorio adattamento: e questo equilibrio durerà solo ad una condizione, quella di modificarsi continuamente; di rappresentare ad ogni momento la risultante di tutte le azioni contrarie. Che una sola di queste forze sia impedita per qualche tempo nella sua azione, e l’armonia scomparirà. La forza accumulerà il suo effetto, deve manifestarsi, esercitare la sua azione, e se altre forze glielo impediscono, essa non si annullerà, ma finirà per rompere l’equilibrio e distruggere l’armonia per trovare un nuovo equilibrio e lavorare ad un nuovo adattamento. Così è l’eruzione di un vulcano, la cui forza imprigionata finisce per rompere la lava che impediva di eruttare gas, magma e cenere incandescenti. Così le rivoluzioni”38. 37 ID., L’anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.12. 38 Ibid., p.14. 54 La rivoluzione, secondo il principe russo, non sarebbe possibile se non fosse già in atto; considerare la rivoluzione come qualcosa che un giorno esploderà improvvisamente è totalmente estraneo al suo determinismo scientifico. Portando le sue certezze scientifiche sul piano politico e sociale, Kropotkin individua nella società una potenziale anti-gerarchia e riconoscendo che l’armonia della natura è frutto di un equilibrio dovuto all’indipendenza delle forze in campo in quanto nessuna legge prestabilita la determina, arriva alla conclusione che la società umana sfocia naturalmente, spontaneamente e soprattutto autonomamente nell’anarchia. “Infatti, è certo che man mano che l’intelletto umano si libera dalle idee inculcategli dalle minoranze di preti, di capi militari, di giudici tesi a stabilire il loro dominio e di scienziati pagati per perpetuarlo, sorge una concezione della società nella quale non rimane più posato per queste minoranze dominatrici. Questa società, venendo in possesso di tutto il capitale sociale accumulato dal lavoro delle generazioni precedenti, si organizza per utilizzarlo nell’interesse di tutti, e si costituisce senza ricostituire il potere delle minoranze. Essa racchiude nel suo seno una infinita varietà di capacità, di temperamenti e di energie individuali: non esclude nessuno”39. La scienza, liberando dai fantasmi metafisici e dalle paure 39 Ibid., pp.15-16. 55 religiose, portando l’uomo a prendere atto della sua naturalità e materialità, guidandolo nel passaggio dalla morale dei preti a quella umana e libertaria, ribadisce che il societarismo e il solidarismo della specie sono un istinto naturale. La solidarietà è fatto biologico, dice Kropotkin, e come un seme nascosto dal manto nevoso giace come morto tutto l’inverno per poi riprendere vita in primavera, così questo principio essenziale dell’umanità sopporta le peripezie angosciose della tirannide per risvegliarsi al sole della rivoluzione. Questa immagine poetica è la testimonianza che l’uomo può essere liberato perché ha in sé le condizioni della liberazione, le condizioni naturali della bontà, le condizioni di una società di eguali. “Per Kropotkin, quindi, lo sviluppo scientifico condiziona la crescita sociale, la accompagna alla sviluppa l’etica <<democratizzazione>> <<democratizzazione>> , la spiegazione delle scienze spinge e si delle coscienze, la scienza rafforza la giustificazione, l’informazione quantitativa si traduce in consapevolezza qualitativa” 40. Il progresso scientifico è la vera struttura della libertà, e su di esso si adagia la specie, nella sua fede verso l’avvenire. Kropotkin, con il suo ottimismo scientifico, è assolutamente certo che le invenzioni nel suo rapido succedersi contribuiscano ad accelerare la produttività del lavoro 56 umano, consentendo alla società civile di raggiunge un livello di benessere e di sovrabbondanza fino ad allora insperato. Per la prima volta l’umanità può soddisfare i propri bisogni, può liberarsi da peso della miseria e dello sfruttamento, può dedicare al lavoro solo il necessario. “L’agiatezza per tutti - senza che alcuno si veda imposto il peso di un lavoro che opprime e distrugge tutta la sua personalità - è ormai possibile; l’umanità può finalmente ricostruire la sua vita sociale sulle basi della giustizia.”41 . Ancorando l’anarchismo alla scienza, studiando i modelli di società dominanti in modo oggettivo, radicando le proprie teorie sociali su basi scientifiche, Kropotkin mira a dare al suo sistema quel carattere di universalità, attributo principe della scienza e far nascere una dottrina che sia in grado di utilizzare le conquiste della scienza per “una nuova scienza della morale realista, liberata dal dogmatismo religioso, dalle superstizioni e dalla mitologia metafisica, com’è liberata la filosofia moderna fondata sulle scienze naturali, una scienza della morale contemporaneamente animata da tutti i sentimenti migliori e da tutte le più luminose speranze nate a seguito dell’attuale nostra 40 ID., Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.13. ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e M.Bonanno, Ragusa, 1990, p.20. 41 57 conoscenza dell’uomo e della sua storia: ecco ciò che l’umanità reclama instancabilmente.”42. Il Metodo induttivo-deduttivo Di quale metodo di indagine devono avvalersi la scienza anarchica e l’etica? Kropotkin si pone la questione in questi termini: “benché l’anarchia, in ciò simile a tutte le correnti rivoluzionarie, sia nata in seno al popolo, nel tumulto della lotta e non nello studio di un pensatore, è però utile capire dove si colloca fra le diverse correnti del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo. Come si pone di fronte a queste diverse correnti ? A quale fa riferimento di preferenza ? Quale metodo di ricerca adopera per avallare le sue conclusioni? In altre parole a quale scuola di filosofia del diritto appartiene l’anarchia? Con quale corrente della scienza moderna presenta la maggiore affinità?” 43. Bacone, per Kropotkin, ha dato alla scienza un nuovo metodo, estremamente fecondo, di studio dei fenomeni naturali: il metodo 42 43 Ibid., p.23. ID., Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.63. 58 induttivo; con esso nasce una scienza nuova che non fa appello a spiegazioni religiose e metafisiche. Cartesio, pur restando ancorato in parte al metodo deduttivo, si mantiene sul terreno dello studio fisico dei fenomeni e rimane un fisico anche nell’avanzare le ipotesi più audaci sulla struttura della natura, sforzandosi di esprimerle nel linguaggio matematico. Anche se con entrambi il pensiero moderno viene condizionato dall’avvento della scienza, il principe ribelle rifiuta la tendenza a vedere la filosofia della Rivoluzione scientifica in Bacone e Cartesio. Solo l’illuminismo, rappresenta la vera e propria filosofia della Rivoluzione scientifica e la coscienza più adeguata di essa, in quanto gli illuministi tentarono di “fondare il sapere generale - la filosofia dell’universo e della sua vita - con un metodo strettamente scientifico”44. Kropotkin innesta il pensiero anarchico sulla tradizione dell’illuminismo francese, sottraendolo contemporaneamente al contesto storicistico-hegeliano di tradizione tedesca e alle metafisiche economiche di stampo socialiste. La scienza è intesa nella sua forte accezione illuministica perché i filosofi inglesi e francesi del XVIII secolo, rifiutando interamente la scolastica e la metafisica medievale, ebbero il coraggio di osservare il mondo delle stelle, il nostro sistema solare, la Terra e lo sviluppo vegetale, animale e umano sulla sua 44 Ibid., p.64. 59 superficie, come un’insieme di fatti che possono essere studiati allo stesso modo in cui si studiano tutte le scienze naturali. Gli illuministi, “avvalendosi ampiamente del vero metodo scientifico - il metodo induttivo-deduttivo -”45, erano riusciti ad adoperare, nell’esame del mondo animale e umano, un approccio uguale a quello adoperato da un naturalista per studiare problemi di fisica; questi pensatori non cambiavano metodo quando nei loro studi passavano dal mondo fisico a quello animale, dal mondo economico allo studio delle religioni. Partendo da una collezione di fatti, quando si avventuravano nelle generalizzazioni, facevano ricorso all’induzione, le ipotesi di lavoro erano semplici supposizioni che offrivano una spiegazione temporanea e facilitavano il raggruppamento dei fatti, nonché il lo studio susseguente, ma queste supposizioni non erano accettate se prima non erano confermate dalla loro compatibilità con una moltitudine di altri fatti, “ queste non potevano diventare leggi (cioè generalizzazioni provate) se non dopo essere state sottoposte a tale verifica e solo dopo che le cause dei rapporti costanti da loro espressi fossero state spiegate”46. Procedendo in questo modo, gli illuministi, applicavano a tutte le branche della scienza, il metodo induttivo determinando una radicale 45 46 Ibid. Ibid. 60 trasformazione nelle scienze che si occupavano dell’uomo. Lavoisier con la teoria dell’indistruttibilità della materia, Lomonosoff con la teoria meccanica, Lamark con la teoria dell’adattamento ambientale, Rousseau con il contratto sociale, Laplace con la fervente mentalità meccanicistica, nello sforzo di spiegare l’intero universo e tutti i suoi fenomeni come i naturalisti, diedero al XIX secolo un potente metodo di ricerca da applicare a tutti i settori del sapere; “il filosofo veramente utile al progresso della scienza è colui che, unendo in sé un’immaginazione profonda ed una grande severità nel ragionare e nell’osservare, è attratto dal desiderio di innalzarsi alle cause dei fenomeni e insieme trattenuto dalla paura d’ingannarsi intorno a quello che lui escogita”47. Grazie a questo metodo la storia, afferma Kropotkin, dopo essere stata la storia dei regni, tende oggi a divenire la storia dei popoli e, per conseguenza, lo studio degli individui. La giurisprudenza si rivolge in modo particolare a studiare la genesi delle istituzioni che si sono succedute e che continuano a succedersi, seguendo la loro evoluzione attraverso le diverse età; più che la legge scritta si analizzano gli usi locali e le consuetudini sociali. L’economia politica che nel suo sviluppo iniziale si occupava della ricchezza delle nazioni 47 P.S.LAPLACE, Precis de l’historie de l’astronomie, Parigi, 1821, trad.it. Compendio di storia dell’astronomia, a cura di M.Viscardini, Milano, 1953, p.59. 61 adesso si occupa dei bisogni umani; dopo essere stata una semplice constatazione delle ricchezze dei pochi ora tende a diventare una vera scienza , “una fisiologia delle società umane”48. Tutto questo è stato possibile grazie alla rivoluzione illuminista che attraverso l’ottimistica esaltazione della scienza e la lotta serrata contro i pregiudizi e l’autorità metafisiche, ha mirato a costruire una scienza dell’uomo in grado di comprendere e dominare a proprio vantaggio i meccanismi economici, politici e morali. “Con questi mezzi il diciannovesimo secolo ricevette l’eredità di un potente strumento di ricerca. E con questo strumento, la scienza moderna fu messa in grado di costruire l’intera nostra concezione su una base scientifica”49. L’anarchia è, per Kropotkin, il risultato inevitabile di questo movimento intellettuale delle scienze naturali che procedono secondo il metodo induttivo-deduttivo, di conseguenza “l’anarchia è una concezione dell’universo basata su un’interpretazione meccanica dei fenomeni ( meglio sarebbe dire cinetica, ma è parola meno conosciuta) che abbraccia tutta la natura, compresa la vita della società. Il suo metodo è quello delle scienze naturali, e in base a questo metodo ogni conclusione scientifica dev’essere verificata. La sua tendenza è di 48 P.KROPOTKIN, L’anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.15 49 ID., La società aperta, scelta negli scritti a cura di H.Read, Cesena, 1973, p.249. 62 fondare una filosofia di sintesi, che includa tutti i fatti della natura, compresa la vita delle società umane e i loro problemi economici, politici e morali.”50. L’uomo è parte integrante della natura e la sua vita personale e sociale è anch’essa un fenomeno della natura e quindi non vi è nessuna ragione, nel passare allo studio dell’uomo, di abbandonare l’approccio induttivo-deduttivo. Così facendo, l’obiettivo di Kropotkin “è quello di evidenziare, nell’accostamento metodologico, la sostanziale analogia fra natura e anarchia. In questo modo lo sperimentalismo scientifico per il suo carattere di “apertura”, di “modificabilità”, per il suo costituzionale antidogmatismo svolge, in un certo senso, una funzione analoga a quella svolta dal pluralismo all’interno del procedimento proprio dell’anarchismo”51. L’anarchia si presenta così come parte integrante di una nuova filosofia che con ardore lavora per la revisione profonda e totale della storia delle società passate, e per l’elaborazione di nuovi sistemi filosofici e scientifici destinati a divenire la base delle società futura. “Nella filosofia del diritto, nella teoria della morale, nell’economia politica e nello studio della storia dei popoli e delle istituzioni, gli anarchici hanno già dimostrato di non accontentarsi di soluzioni metafisiche, ma di voler dare alle loro conclusioni un 50 51 ID., Scienza e Anarchia, a cura di N.Berti, cit., p.66. G.BERTI, Il pensiero anarchico: dal settecento al novecento, Manduria, 1998, p.296. 63 fondamento naturalistico”52; non a caso in tutta la vasta produzione teorica Kropotkin mostrerà uno scarso interesse per i problemi metafisici: il tempo e la presenza, il duplice volto del rapporto intellettovolontà sono totalmente ignorati, il meccanismo dialettico viene marginalmente criticato. Come gli illuministi si mossero lungo la linea del rifiuto della gnoseologia razionalista e della critica radicale alle costruzioni metafisiche, così per il principe ribelle l’anarchismo deve mettere alla berlina tutti i ‘romanzi’ metafisici antichi e moderni, rinunciando a dibattere tutti i problemi riguardanti l’essenza ultima del reale e le questioni relative alla sostanza-spirito e alla sostanza-corpo. Gli anarchici non si devono lasciar suggestionare dalla metafisica, devono giudicare irrilevanti ai fini della conoscenza effettiva del mondo i tradizionali enigmi della mente, devono rifiutare l’idea che la vita intellettuale e passionale dell’uomo si svolge secondo le leggi immanenti dello spirito, devono rivolgere una critica radicale ai saperi totalizzanti. Il vero antagonista di Kropotkin è Spencer con la sua metafisica del mistero ed il suo liberalismo radicale. Spencer, nel lavoro I Primi Principi, analizzando la complessa e delicata questione dei rapporti tra scienza e religione, sostiene l’inconoscibilità della realtà ultima e la 52 P.KROPOTKIN, Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.66. 64 stretta correlazione tra religione e scienza nel riconoscimento dell’assoluto e dell’incondizionato. Per Kropotkin la religione è solo mistificazione del reale e in nessun modo può essere legata alla scienza, il cui campo d’azione non è l’indagine impotente del mistero ma l’osservazione della realtà. Spencer sostiene anche la tesi dell’infruttuosità dell’azione rivoluzionaria e la gradualità dello sviluppo sociale, perché “una repentina sostituzione del regime proposto in luogo del regime che esiste, qual è intesa dai seguaci della bandiera rossa, sembra meno probabile di una progressiva metamorfosi. (....) L’evoluzione sociale in tutto il futuro, come l’evoluzione sociale in tutto il passato, mentre produce a poco a poco società più alte deve lasciare esistere molte società inferiori. (....) Ma mentre l’intero complesso di società adempie alla legge dell’evoluzione mediante l’aumento dell’eterogeneità, mentre in ciascuna di esse i contrasti di struttura, originati dalle differenze delle condizioni circostanti e delle conseguenti occupazioni, producono dissomiglianze che implicano ulteriore eterogeneità; possiamo dedurre che il processo primario dell’evoluzione - l’integrazione - che fino ad oggi si è manifestato nella formazione delle nazioni sempre più grandi, raggiungerà alla fine uno stadio ancor più alto e porterà benefici ancora 65 maggiori. Così, nel futuro, una federazione delle nazioni più elevate, esercitando una suprema autorità, potrà, vietando le guerre tra tutte le nazioni che la costituiscono, porre un termine al processo di ritorno alla barbarie che va continuamente dissolvendo la civiltà. Quando si sia formata questa federazione con lo scopo di mantenere la pace, vi potrà essere un progresso effettivo verso quell’equilibrio tra costituzione e condizioni - tra facoltà interiori e necessità esteriori - implicato dallo stadio finale dell’evoluzione umana.”53. Il principe ribelle considera questa di Spencer una dottrina dell’immobilismo radicale; affermare che lo sviluppo dell’umanità è lento ma inevitabile e che in nessun modo è possibile accelerare i tempi di questo sviluppo, significa ammettere che nessuno sforzo dell’uomo può modificare il ritmo della crescita e della costituzione delle forze sociali, come nessuno stimolo può operare un ricambio veloce. Kropotkin riconosce in questo immobilismo di Spencer la paura conservatrice sovvertitrici sviluppo sociale, delle azioni rivoluzionarie, considerate del corso predeterminato degli eventi e dello “La paura della rivoluzione gli impedisce di entrare decisamente e coraggiosamente in lotta contro lo sfruttamento 53 H.SPENCER, Principles of Sociology, Londra, 1885, trad.it. Principi di sociologia, a cura di C.Antiochia-P.Migliucci-S.Stella, vol. II, Torino, 1967, pp.1076-82. 66 del lavoro nell’industria”54. Per Kropotkin “ la mancanza di ispirazione poetica nel positivismo di Littrè e di Spencer e la loro incapacità di dare una risposta soddisfacente alle grandi domande avanzate dalla vita moderna; la ristrettezza di certe posizioni del principale filosofo della teoria evoluzionista, Spencer, e come se non bastasse, il fatto che i positivisti successivi hanno rigettato le teorie umanitarie degli enciclopedisti francesi del XVIII tutto ciò ha contribuito a provocare una forte reazione in favore di un nuovo idealismo mistico-religioso”55. I “credenti”, come li definisce Kropotkin, pur sapendo che la scienza procede per approssimazioni sempre più esatte, hanno approfittato delle inesattezze concernenti le prime approssimazioni, di alcune supposizioni sbagliate e non confermate, per urlare l’evidente fallimento delle scienze. Kropotkin vuole indirizzare l’anarchismo lungo la strada dell’analisi razionale e dell’osservazione del reale, di conseguenza la critica all’Hegelismo e al Marxismo oltre ad essere necessaria, deve partire dalla messa in questione del metodo dialettico. Hegel considera la dialettica come la legge suprema del reale e come metodo capace di portare al di là dei limiti dell’intelletto garantendo la conoscenza 54 P.KROPOTKIN, Ethics, Origin and development,, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p.293. 55 Ibid., p.26. 67 scientifica del reale nella sua totalità; la dialettica non fa che illustrare il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del finito nell’infinito. “Nel suo carattere peculiare, la dialettica è, per converso la propria e vera natura delle determinazioni intellettuali, delle cose e del finito in genere. La riflessione è dapprima l’andare oltre la determinazione isolata, ed un riferimento, mediate cui questa è posta in relazione, ma del resto viene conservata nel suo valore isolato. La dialettica, per contrario è questa risoluzione immanente, nella quale la unilateralità e limitatezza delle determinazioni intellettuali si esprime come ciò che essa è, ossia come la sua negazione. Ogni finito ha questo di proprio, che sopprime sé medesimo. La dialettica forma, dunque, l’anima motrice del progresso scientifico: ed è il solo principio per cui la connessione immanente e la necessità entrano nel contenuto della scienza: in essa soprattutto c’è la vera, e non estrinseca, elevazione sul finito”56. Marx pur rovesciando la dialettica hegeliana trasportandola dalle idee alla storia, dalla coscienza infelice alla società in conflitto, sostiene che la dialettica è la legge di sviluppo della realtà storica e che tale legge esprime l’inevitabile passaggio dalla società capitalista alla società comunista. “Per il suo fondamento, il mio metodo dialettico, non G.W.F.HEGEL, Encyclopädie der Philosophischen wissenschaften in grudisse , Berlino, 1817, trad.it. Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di B.Croce, Bari, 1951, pp.87-88. 56 68 solo è differente da quello hegeliano ma ne è anche direttamente l’opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli, sotto il nome di Idea, trasforma addirittura in soggetto indipendente, è il demiurgo del reale, mentre il reale non è che il fenomeno esterno del processo del pensiero. Per me, viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini. (....) La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui la dialettica è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico. Nella sua forma mistificata, la dialettica divenne una moda tedesca, perché sembrava trasfigurare lo stato di cose esistente. Nella sua forma razionale, la dialettica è scandalo e orrore per la borghesia, perché nella comprensione positiva dello stato di cose esistente include simultaneamente anche la comprensione della negazione di essa, la comprensione del suo necessario tramonto” 57. Kropotkin ritiene che non una delle grandi scoperte del XVIII secolo sia stata conquistata con il metodo dialettico, tutte sono frutto dell’unico metodo veramente scientifico quello induttivo-deduttivo. Il principe 57 K.MARX, Das Kapital. Kritik der politischen oekonomie, Amburgo, 1867, trad.it Il Capitale, a cura di D.Cantimori, 5 voll., Roma, 1974, vol.I, pp.44-45. 69 russo non si perde in una critica sistematica delle due dottrine, per lui è sufficiente dimostrare l’infruttuosità del metodo dialettico nella storia dello sviluppo delle scienze, per mostrare la vacuità delle formulazioni teoriche sia di Marx che di Hegel: se il metodo di indagine da loro adottato è errato, naturalmente errate sono le conclusioni a cui giungono attraverso questo metodo. “Recentemente, si è molto sentito parlare del metodo dialettico, che i socialdemocratici raccomandano per elaborare l’ideale socialista. Noi non accettiamo affatto questo metodo, che del resto non è riconosciuto da nessuna scienza naturale. Al naturalista moderno questo metodo dialettico ricorda qualcosa di molto vecchio, di già vissuto e che fortunatamente la scienza ha dimenticato da un pezzo. Non una delle grandi scoperte del XIX secolo - in meccanica, astronomia, fisica, chimica, biologia, psicologia o antropologia - si deve al metodo dialettico”58. Il metodo-induttivo è l’unico in grado di costruire l’intera concezione dell’universo su una base scientifica e di gettare nel dimenticatoio le ombre di Dio, le parole nebulose, l’intuizione, il neoplatonismo e il metodo dialettico; “e da quando si è cominciato ad applicare questo metodo anche allo studio della società umana, non ci si è mai minimamente trovati nella necessità di doverlo 58 P.KROPOTKIN, Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p. 68. 70 rigettare per far ritorno alla scolastica medioevale resuscitata da Hegel”59. Kropotkin sa bene che l’indagine scientifica e lo sviluppo della scienza sono infruttuose se non hanno un obiettivo determinato in quanto lo scopo della scienza è quello di trovare risposte concrete a questioni ben definite. Gli obiettivi, però, non possono essere raggiunti se non attraverso l’adeguamento dei mezzi alla natura dei fini stessi. Questo comporta l’intervento continuo dell’uomo e più in generale delle masse nella determinazione della prassi in relazione a degli scopi prefissati. Quali forme sociali possono garantire maggiormente il benessere dell’uomo? quali forme sociali favoriscono l’accrescimento di questo benessere? Queste sono le domande da cui deve partire l’anarchico per individuare gli obiettivi dell’azione rivoluzionaria. Kropotkin nel porsi gli obiettivi non ha mai operato un’astrazione dell’ente individuo né dell’ente società, ha sempre considerato la società come l’unione di individui e l’individuo come parte della società. La concezione scientifica dell’anarchia non è che la conclusione, la somma di progressi dello spirito umano e dell’attività individuale e sociale in tutti i campi, anche in quelli più visibilmente contrari. Come nei lavori anche più severamente scientifici Kropotkin giunge sempre a 59 Ibid. 71 conclusioni anarchiche, così nell’attività intellettuale di partito e negli opuscoli di propaganda le sue argomentazioni, sempre ispirate ad un forte sentimento di libertà e di amore per gli uomini, seguono ognora un metodo che si ispira alla scienza ed alla scienza stessa rimanda la più ampia documentazione. Tutta l’opera di Kropotkin è un tessuto di cui ciascun argomento e ciascun studio sono un filo continuo mai troncato, che si sviluppa in ordine logico. Educazione alla libertà Kropotkin è certo che il movimento delle idee, può partire dalla scienza per arrivare all’anarchia, ma allo stesso tempo dall’anarchia si può diffondere e dilatare sulle scienze. Questo diviene possibile solo nel momento in cui i cultori delle scienze e gli uomini di cultura, profondamente penetrati dai principi dell’anarchia e compreso la straordinaria portata della rivoluzione anarchica, capiranno che tutta la scienza è da rifare per ancorarla al metodo induttivo-deduttivo. L’ignoranza delle masse, gli ostacoli posti dai governi liberali a quanti 72 vogliono istruirsi, la mancanza totale di scuole nelle campagne, i sistemi antichi di insegnamento sono per Kropotkin problemi essenziali dell’indagine anarchica; quelli che un tempo pensava fossero solo problemi della Russia, divengono ora problemi che riguardano tutta l’Europa industrializzata. “Qual differenza passa tra lo scienziato che coltiva la scienza per passare piacevolmente la vita e l’ubriacone che cerca nella vita il piacere immediato e lo trova nel vino? Lo scienziato ha certamente trovato una fonte di soddisfazione, perché la scienza gliele procura più intense, più durevoli; ma è tutto qui! L’uno e l’altro, lo scienziato e l’ubriacone, hanno lo stesso scopo egoista, il piacere individuale” 60. Kropotkin, nell’intensa attività di scienziato ha verificato quanto la scienza possa servire poco ai bisogni dell’uomo e quanto invece venga utilizzata dagli scienziati per il successo personale e per il semplice profitto. Il principe ribelle, che aveva svolto il ruolo di scienziato in terre impervie quale Siberia e Manciuria con il solo scopo di ampliare le conoscenze dell’uomo e cercare migliorare le condizioni di vita delle popolazioni soggette al giogo russo, è consapevole che nella società in cui si trova a vivere le scienze sono un bene di lusso che serve ad abbellire la vita di pochi e resta del tutto inaccessibile alle masse; “oggi la scienza non è 73 fatta che per pochi privilegiati, perché l’ineguaglianza sociale che divide la società in due classi, quella dei salariati e quella dei detentori del capitale, fa si che tutti gli insegnamenti sulle condizioni adatte ad una vita razionale siano come un’ironia per i nove decimi dell’umanità”61. Per cambiare tale stato di cose è necessario che le verità della scienza siano proprietà comune di tutti gli uomini, occorre che tutti possano assimilarle e applicarle, è essenziale che la scienza cessi di essere bene di lusso e diventi la base della vita di tutti. Colui che si propone di aiutare l’uomo nel processo di formazione deve tenere conto oltre che della meta, anche del punto di partenza, ossia della sua natura, che è essenzialmente buona e portata a desiderare la felicità non soltanto propria ma anche altrui. Lo studente di medicina deve capire che la donna ricca potrà sempre curarsi mentre il povero morirà del suo male, lo studente di giurisprudenza deve capire che la legge è legge del più forte e che asservendosi a tale legge entra in contrasto con la propria coscienza, lo studente di ingegneria deve capire che applicando la scienza all’industria non migliora le condizioni dei lavoratori ma rende un servigio all’impoverimento dell’operaio e all’aumento della disoccupazione, il giovane maestro di scuola deve capire che 60 61 ID., Ai giovani, Ragusa, 1997, p.11. Ibid., p.12. 74 l’istruzione è solo per i pochi ricchi mentre la maggioranza della popolazione ne è esclusa, il giovane artista deve capire che le sue opere sono rimaste per troppo tempo lontane dalla vera vita degli oppressi per farsi semplice strumento di riconoscimento del potere borghese. Gli studenti devono sapere che la scienza astratta è un lusso, la pratica della medicina un’apparenza, la legge un’ingiustizia, le scoperte meccaniche uno strumento di speculazione, la scuola un’arma di riproduzione dell’ideologia borghese e l’arte una oasi della frivolezza. E’ necessario che gli uomini di cultura immergendosi nella vita del popolo e andando verso il popolo comprendano la miseria degli oppressi ma anche il grande movimento della classe operaio per spezzare le catene della schiavitù; è necessario, per il principe ribelle, una nuova formazione umana che dia il colpo di grazia al modello educativo della società borghese. Kropotkin, nella sua vita da studente, ha visto come qualsiasi potere costituito utilizzi l’istruzione al fine di plasmare sudditi sottomessi con l’obiettivo di perpetrare il dominio di classe; la società borghese, difende se stessa impedendo il libero sviluppo della personalità individuale e ostacolando l’accesso al sapere della maggior parte degli uomini. Il principe ribelle ritiene che l’autoritarismo 75 borghese si limita ad impartire alle classi subalterne un’educazione puramente manuale con lo scopo evidente di accrescere la quantità di manodopera da utilizzare nel processo produttivo; alle classi agiate impartisce le peggiori discipline intellettuali, avviandoli ad imparare senza prove pratiche, a fidarsi del libro, delle autorità e a soffocare ogni pensiero indipendente. La scuola borghese è l’anticamera della caserma, è scuola di menzogna ed ipocrisia, alimenta negli studenti valori vacui quali l’amore sacro della patria, la gloria delle armi, l’obbedienza alla legge e il rispetto della proprietà privata con lo scopo di creare dei buoni cittadini che obbediranno ai governi. Il servilismo ha per effetto di asservire l’uomo nel fanciullo, nel momento in cui il suo intelletto è senza forza, la sua memoria vuota e la sua immaginazione ingenua e senza diffidenza; i risultati del metodo d’istruzione borghese sono “la superficialità, lo psittacismo, il servilismo e la pigrizia di spirito”62 Kropotkin è fermamente convinto che tutte le classi sociali devono ricevere un’identica formazione, che all’educazione specializzata dominante nella società borghese si deve sostituire l’educazione integrale: “noi affermiamo che nell’interesse della scienza e dell’industria, come pure nell’interesse della società considerata nel suo insieme, ogni essere umano, senza distinzione di nascita, dovrebbe 62 ID., Lavoro intellettuale e lavoro manuale, Ragusa, 1972, p.15. 76 ricevere un’educazione che gli permettesse di acquistare una nozione profonda delle scienze, contemporaneamente con la cognizione seria di un mestiere” ed inoltre “alla divisione della società in lavoratori intellettuali e lavoratori manuali, noi opponiamo la combinazione dei due ordini di attività; e invece dell’insegnamento professionale, che sottintende il mantenimento della separazione attuale, preconizziamo, coi fourieristi e con molti scienziati moderni , l’educazione integrale, l’educazione completa, che determina la scomparsa della perniciosa distinzione.”63. L’educazione non consiste nell’acquisizione di sapere esterno, ma nel trarre dall’interno ciò che vi è in germe; essa cerca di trovare per ciascuno l’ambiente che gli conviene, perché l’uomo deve poter svilupparsi nella pienezza della propria indipendenza, in modo da costituire un’individualità. Quello di Kropotkin è un progetto complesso ed ambizioso, siamo dinanzi ad un’istituzione educativa in grado di dare una formazione insieme teorica e pratica, umanistica e scientifica, attraverso contenuti culturali e libri non più astratti ed evasivi ma concreti ed impegnati, non elitari ma popolari. Si tratta di un’educazione che consente al giovane ventenne di avere una buona conoscenza scientifica, delle nozioni generali su ciò che costituisce la base dell’educazione professionale e la conoscenza di un mestiere. 63 Ibid., p.5. 77 Il metodo didattico deve eliminare lo spreco di tempo ed evitare di trasmettere un’infinità di cognizioni teoriche, i giovani devono osservare praticamente ciò che studiano. Kropotkin dice che già all’età di dieci o dodici anni si può dare ai fanciulli un idea generale dell’universo, della terra e dei suoi abitanti, dei principali fenomeni fisici, chimici, zoologici e botanici, in modo che più avanti negli studi siano in grado di formulare le leggi di questi fenomeni. Gli studenti devono sapere che i segni matematici esistono “come segni viventi di cose viventi nella natura, come espressioni semplificate di fatti che sono la vita infinita ed infinitamente viva della natura”64 e non come deduzioni che hanno perso il significato originale. Kropotkin ridefinisce anche il compito dell’educatore il cui ruolo non è quello di semplice funzionario dello stato, di uomo di mestiere e di servitore che esegue una consegna, ma di aiutante dell’alunno nello sforzo di liberarsi dai guasti operati dall’ambiente. L’insegnamento è un mezzo potente per propagare e infiltrare negli spiriti idee generose, è un sussidio per rialzare il livello morale della gioventù, ma ciò è possibile solo eliminando la disciplina, i programmi e le classificazioni. L’educatore deve rifiutare tutti gli strumenti offerti da una tradizione 64 ID., La scuola. Che cos’è, che cosa dovrebbe essere, in <<Il pensiero>>, 17 (1909), Roma, 1 settembre 1909, pp.261-262. 78 repressiva volta a soffocare fin dall’infanzia lo spirito critico, l’iniziativa personale e portata ad inculcare il principio di autorità e l’obbedienza ai genitori. Non vi è tirannia più grande di quella dei genitori verso i loro figli, è il diritto del più forte esercitato con il massimo arbitrio e senza controllo. Si esige dal fanciullo l’obbedienza più passiva, si opprime la sua volontà, la sua individualità; i suoi pensieri , le sue parole, i suoi atti devono modellarsi su quelli dei genitori. Kropotkin è convinto che il compito dei genitori saggi sia quello di rendersi inutili in modo che ad una certa età, i fanciulli possano sentirsi indipendenti e liberi di se stessi. L’autorità dei genitori non riposa su nulla. Kropotkin ritiene essenziale il culto della libertà di ciascuno e di tutti, il valore della giustizia, non giuridica ma umana; la grandezza della ragione, non teologica né metafisica, ma della scienza e del lavoro, tanto manuale che intellettuale; solo questo è la base prima della dignità e del diritto di tutti. L’educazione della nuova società non solo annullerà la divisione tra lavoro manuale e intellettuale e l’autorità dei genitori, ma non attuerà alcuna discriminazione tra maschi e femmine in modo da favorire una comunicazione costante, fraterna e viva tra i due sessi; ogni uomo diventa responsabile di se stesso e degli altri, altruista, capace di vivere moralmente con il solo aiuto della propria coscienza. L’uomo 79 impara a vivere, e vivere significa svolgere tutte le proprie facoltà, realizzare tutte le proprie attitudini, non solo per sé, ma anche per gli altri. In questa nuova scuola la scienza viene a trovare un ambiente preparato ad accoglierla e a favorirne lo sviluppo, ciò è essenziale perché lo scienziato, ma in generale l’intellettuale, è sempre il prodotto della società nella quale vive ed opera. Affinché il prodotto sia il migliore possibile è necessario che la società sia la migliore possibile, bisogna modificare le condizioni attuali della convivenza sociale che fanno dello scienziato uno scopritore amorfo e della quasi totalità degli esseri umani schiavi e macchine incapaci di assimilare le scoperte della scienza; quando i rapporti attuali saranno sovvertiti allora “traendo nuove forze dal lavoro scientifico collettivo, e col potente concorso delle schiere di lavoratori che verranno a mettere le loro forze al suo servizio, la scienza prenderà un nuovo slancio in confronto al quale i lenti progressi dei giorni nostri sembreranno dei semplici esercizi di scolari. Allora soltanto potrete godere della scienza; ma non soltanto voi; il godimento e la soddisfazione saranno per tutti.”65. Kropotkin attraverso l’analisi del sistema educativo borghese opera la critica di quella che Foucault chiamerà ‘microfisica del potere’ e cioè un potere che agisce in molti luoghi del sociale, in forma 65 ID., Ai Giovani, cit., p.14. 80 capillare, appunto micrologica, e che penetra nelle coscienze attraverso i corpi, attraverso il minuto controllo di gesti, di posizioni, di atteggiamenti fisici, stabilendo l’ordine di una disciplina, e rendendo così i soggetti docili alle finalità del potere. L’istituzione borghese, per Kropotkin, attraverso un’organizzazione razionale e produttiva di orari e di mansioni, mira a produrre quello che ancora Foucault definisce ‘individuo normalizzato’ e a perpetrare il dominio di classe. Con la scuola ‘anarchica’ di Kropotkin siamo invece, dinanzi ad una proposta di scuola libertaria, che educa alla libertà, che ha come obiettivo il pieno sviluppo dell’individualità e il rifiuto del principio d’autorità. Il sentimento della dignità umana deve essere coltivato; e ciò è possibile per mezzo della conoscenza di sé e dell’ambiente nel quale si vive. Il desiderio di Kropotkin è quello di una scuola che insegni ad “ un amore sincero della verità, ad amare tutto ciò che è bello di una bellezza interna e più intima, a comprendere la necessità di essere un’unità fra le altre unità umane, e così a sentire battere il proprio cuore all’unisono col resto dell’umanità”66. All’individuo ‘normalizzato’ Kropotkin contrappone l’individuo ‘completo’. 66 ID., Lavoro intellettuale e lavoro manuale, cit., p.19. 81 82 CAPITOLO TERZO 83 Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione William Godwin nella sua opera Political Justice, sostiene che se gli uomini si comportano razionalmente, facendo la loro parte di lavoro socialmente utile, eliminando le attività improduttive e sfruttando le scoperte scientifiche a beneficio della società, potrebbero vivere nel benessere e nello sviluppo economico, avendo così maggiore tempo libero per coltivare lo spirito e le vere passioni dell’anima. “Il lavoro di mezz’ora al giorno da parte di ciascuno sarebbe stato probabilmente sufficiente a fornire tutte le cose necessarie per la vita. Un’attività mantenuta entro tali limiti, dunque, anche se non prescritta da alcuna 84 legge o fatta valere per mezzo di punizioni dirette, s’imporrebbe con estrema efficacia sulle menti forti per un senso di giustizia e su quelle deboli per un sentimento di vergogna. Dopo di che, gli uomini come occuperebbero il tempo libero? Probabilmente né totalmente in ozio integrale né totalmente alla ricerca di soddisfazioni personali. Vi sono molti oggetti, frutto dell’operosità umana, i quali, benché non classificabili tra le necessità della vita, sono utili per il nostro benessere E’ palese come possono venire valutati tali beni, quando avremo stabilito quali siano le comodità che ci procureranno vero piacere, dopo aver bandito gli allattamenti della vanità e dell’ostentazione. (....) Si dimostra così che uno stato d’eguaglianza non comporta necessariamente una condizione di semplicità stoica, ma è compatibile con un grado elevato di agi e persino, in un certo senso, con il fasto: almeno, se con tale termine intendiamo l’abbondanza di comodità e la varietà di invenzioni per procurarle. Si può concludere, pertanto, che sembrano aver ben stato con quello selvaggio, poca ragione coloro che confondono questo o pensano che l’acquisizione del primo debba essere ritenuta un prologo al secondo”67. 67 W. GODWIN, Political Justice (1793), in Gli Anarchici, a cura di G.M.Bravo, Torino, 1971, vol.I, pp.275-276. 85 In risposta alla visione ottimistica della benevolenza universale di Godwin, Malthus nel Saggio sul principio della popolazione e la sua influenza sul miglioramento futuro della società, afferma invece che la popolazione aumenta in maniera geometrica quando i mezzi di sussistenza lo permettono, mentre il meglio che si può sperare per la disponibilità di cibo è una crescita aritmetica; questa asimmetria è destinata a persistere, con il risultato che la crescita della popolazione viene limitata dalla disponibilità di cibo. L’equilibrio apparente è mantenuto soltanto da fenomeni come epidemie, carestie, guerre e soprattutto dalla generale lotta per l’esistenza nella quale i deboli soccombono a vantaggio dei più forti. Tradurre in pratica le proposte di Godwin, per Malthus, significa solo disturbare questo sistema naturale di limitazione dell’incremento demografico, con il risultato che la popolazione sarebbe cresciuta più in fretta della disponibilità di cibo e che la fame avrebbe ristabilito l’equilibrio. “Ritengo pertanto esatti i miei postulati e affermo che il potere di crescita della popolazione è infinitamente più grande di quello che possiede la terra di produrre i mezzi di sussistenza necessari all’uomo: la popolazione ,infatti, se non viene frenata aumenta secondo una progressione geometrica, mentre le risorse aumentano secondo una progressione aritmetica; una sia pur 86 minima confidenza con i numeri basta a mostrare l’enorme superiorità della prima forza nei confronti della seconda. Ma per la legge di natura in base alla quale il nutrimento è indispensabile alla vita umana, gli effetti di queste due potenze così diverse devono essere uguali: ne deriva che la scarsità di risorse fa da freno duro e costante alla popolazione, che queste difficoltà si fanno sentire necessariamente in qualche parte della terra e che pesano duramente su gran parte dell’umanità. (....) La disparità naturale fra capacità di crescita della popolazione e quella produttiva della terra costituisce, insieme alla legge di natura che vuole uguali i loro rispettivi effetti, il grande ostacolo, a mio parere insormontabile, che si frappone al cammino della società verso la perfezione”68. Queste teorie, insieme alle personali osservazioni di naturalista, spinsero Darwin, nella sua opera L’Origine della specie a dar vita alla dottrina dell’evoluzione biologica fondata su due principi: 1° l’esistenza di piccole variazioni organiche, che si verificherebbero negli esseri viventi sotto l’influenza delle condizioni ambientali, e alcune delle quali, per la legge della probabilità, sarebbero biologicamente vantaggiose, 2° la selezione naturale secondo la quale, portando l’idea 68 T.H.MALTHUS, An essay on the principle of population, Londra, 1798, trad.it Primo saggio sulla popolazione, a cura di G.Nebbia, Bari, 1976, pp.10-11. 87 evolutiva nello studio della vita organica, la lotta per la sopravvivenza, che si osserva dovunque nel mondo animale e vegetale, tende a conservare le variazioni favorevoli e ad eliminare quelle meno privilegiate e porta, come risultato finale, alla formazione di nuove specie. Da questi due ordini di fatti segue che gli individui presso i quali si manifestino mutamenti organici vantaggiosi hanno maggiori probabilità di sopravvivere nella lotta per la vita; e in virtù del principio di eredità ci sarà in essi un’accentuata tendenza a lasciare in eredità ai loro discendenti i caratteri accidentali. “Se gli esseri organizzati variano nelle diverse parti della loro organizzazione, durante il lungo corso dei tempi e sotto condizioni variabili di vita, io penso che ciò non potrebbe impugnarsi; se essi hanno a sostenere, dietro la forte proporzione geometrica dell’aumento di ciascuna specie, una severa lotta per la vita, in qualche periodo della loro età e in certi anni o in certe stagioni, e questo per fermo non può mettersi in dubbio; se da ultimo considerassi la complicazione infinita delle relazioni di tutti gli esseri organizzati fra loro e colle loro condizioni di vita, relazioni che producono infinite varietà di adatte strutture, di costituzioni e di abitudini, e riescono perciò vantaggiose; sarebbe certamente un fatto molto straordinario che nessuna variazione sia avvenuta mai utile alla prosperità di essi, nello 88 stesso modo in cui si manifestarono le variazioni favorevoli all’uomo. Ora se si producono variazioni favorevoli ad un essere organizzato, certamente gli individui così caratterizzati, avranno maggiori possibilità di essere preservati nella lotta per la vita, e in seguito al forte principio di ereditabilità, tenderanno a generale una prole dotata di caratteri simili. Questo principio di conservazione, per amore di brevità, fu da me chiamato elezione naturale, o sopravvivenza del più adatto. Questa elezione conduce al perfezionamento di ogni creatura, in relazione alle sue condizioni organiche ed inorganiche di vita” 69. Dodici anni dopo la comparsa dell’Origine della specie Darwin pubblicò La discendenza dell’uomo in cui, oltre a sostenere la discendenza dell’uomo da animali inferiori, analizza la lotta per l’esistenza in un senso molto più ampio di quello della lotta eterna in seno ad ogni specie, mostrando come il sentimento morale viene acquisito da ciascun uomo nel corso della propria esistenza. Darwin fa derivare l’origine del sentimento morale da una socialità istintiva, innata negli animali inferiori e probabilmente anche nell’uomo; “lo sviluppo delle qualità morali è un problema interessante. La base si trova negli istinti sociali, che includono sotto questo nome i vincoli familiari. Questi istinti sono assai complessi, e nel 69 C.DARWIN, On the origin of species by means of natural selection, Londra, 1859, trad.it. L’Origine delle specie mediante selezione naturale, , a cura di G.Canestrini, Torino, 1875, p.116. 89 caso degli animali inferiori determinano tendenze particolari verso certe azioni definite; ma gli elementi più importanti sono l’amore, e la simpatia, che è un’emozione diversa. Gli animali cresciuti con istinti sociali traggono piacere dalla reciproca compagnia, si avvisano del pericolo, si difendono e aiutano l’un l’altro in vari modi. (....) L’uomo è spinto dallo stesso desiderio generico di aiutare i suoi simili; egli differisce dagli animali inferiori anche per la capacità di esprimere i suoi desideri mediante parole, che così diventano di guida per richiedere e accordare aiuto. La valutazione e il conseguimento della lode o del biasimo si fondano entrambi sulla simpatia; e questo sentimento, come abbiamo visto, è uno dei più importanti elementi degli istinti sociali.”70. Darwin, quindi, non solo riconosce che presso gli animali gregari a causa del loro regime di vita gregario l’istinto sociale si sviluppa così fortemente da divenire l’istinto caratteristico assolutamente permanente, forte al punto tale che prende addirittura il sopravvento sull’istinto di autoconservazione, ma rende manifesto come l’uomo malgrado così com’è abbia scarsi istinti sociali, resti nonostante 70 ID., The descent of man, Londra, 1871, trad.it. L’origine dell’uomo, a cura di F.Paparo, Roma, 1972, pp.246-247. 90 tutto un essere sociale, capace di conservare anche in un’epoca socialmente degradata qualche grado di affezione istintiva e di simpatia per i suoi simili; “senza dubbio un uomo, di mente lenta, se ha affetti e simpatie sociali ben sviluppate, sarà portato alle buone azioni, e potrà avere una coscienza abbastanza sensibile”71. Nella Discendenza dell’uomo Darwin non opera che un approfondimento della teoria evolutiva in quanto al momento della composizione dell’Origine della Specie l’autore possedeva ancora poche nozioni, di natura strettamente biologica, sullo studio della natura vivente e questo lo aveva portato a considerare solo la lotta all’interno della specie come necessaria per aumentare la variabilità e dar vita a nuove razze e a nuove specie. Successivamente man mano che la biologia penetrava nella vita della natura Darwin dovette riconoscere che gruppi di animali agiscono come un tutto e lottano contro i nemici facendo uso del mutuo appoggio all’interno dello stresso gruppo, giungendo così ad approfondire anche il ruolo del mutuo appoggio nell’organizzazione umana di ogni epoca storica e la sua valenza nel processo evolutivo: 71 Ibid., p.248. 91 “non è improbabile che le buone tendenze, dopo una lunga pratica, possano divenire ereditarie”72. Kropotkin comprende immediatamente la complessità e l’alto valore dell’intera opera di Darwin; soffermandosi su quella che lui definisce l’opera della maturità, cioè la Discendenza dell’uomo, il principe ribelle sostiene che Darwin “ha avuto il coraggio di dire che, dei due istinti, quello sociale e quello personale, il primo è più imperativo e più costantemente presente che il secondo. In questo aveva decisamente ragione”73. Per Kropotkin Darwin ha mostrato sotto una luce nuova l’immagine millenaria della società, risistemando l’ordine temporale dell’uomo. La grande ammirazione che Kropotkin mostra per il padre della teoria evolutiva, lo porta a trovare inaccettabile e contraddittorio l’estremismo evolutivo dei “volgarizzatori” di Darwin, che fraintendendo volontariamente l’opera del maestro hanno fatto del mondo animale “un mondo di eterna lotta fra individui affamati, assetati di sangue”74. Thomas Henry Huxley ribadisce in più conferenze e nel saggio The struggle for existence and its bearing upon man, che la vita è 72 Ibid. P.KROPOTKIN, Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p. 60. 74 ID., Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, Catania, 1979, p.22. 73 92 una lotta continua per l’esistenza, che in forza di questa lotta le specie sopravvivono e che la vita dell’uomo primitivo è la maggiore testimonianza di questa continua lotta; “dal punto di vista morale il mondo animale è all’incirca allo stesso livello dello spettacolo dei gladiatori. Gli esseri sono abbastanza bene trattati e addestrati a combattere - per cui il più forte, il più lesto e il più astuto sopravvivono per combattere il giorno dopo. Lo spettatore non ha bisogno di volgere il pollice in basso, poiché non viene concessa alcuna grazia” 75. Huxley ci presenta una natura amorale, “se noi desideriamo rappresentare il corso della natura in termini di pensiero umano, e supporre di intenderlo per ciò che è, dobbiamo dire che il suo principio regolatore e intellettuale e non morale; che è un processo logico materializzato, accompagnato da piaceri e da dolori, la cui incidenza, nella maggioranza dei casi, non ha il minimo riferimento alla morale”76. Per Huxley la storia primitiva è segnata dalla sconfitta dei deboli e degli stupidi, la vita dei primitivi è una rissa continua in cui la guerra hobbesiana di tutti contro tutti diviene la normale condizione di esistenza; “i primi uomini che sostituirono lo stato di guerra reciproca con quello della pace reciproca, qualunque fosse il motivo che li spingeva a fare quel passo, crearono la società. 75 T.H. HUXLEY, The struggle for existence and its bearing upon man, in P. KROPOTKIN, Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad. it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, Catania, 1979, p.198. 93 Ma, costituendo la pace, ovviamente lotta ponevano un limite alla per l’esistenza”77. Huxley vuole solo sottolineare che man mano che l’uomo naturale cresce e si moltiplica senza costrizioni, la pace e l’industria non solo gli permetteranno, ma lo costringeranno ad una lotta per l’esistenza dura come quella del regime di guerra. Kropotkin ritiene che il grande errore di Huxley è quello di riconoscere che l’uomo può ricavare dalla natura solo la lezione della violenza, così facendo dovrà allo stesso tempo riconoscere l’esistenza di qualche entità soprannaturale, esterna alla natura, che ispira all’uomo l’idea del bene e che conduce verso un fine superiore lo sviluppo umano; procedendo in questo modo Huxley e compagni annullano la possibilità di spiegare l’evoluzione dell’umanità in termini di sole forze naturali ricadendo nella barbarie metafisica. Il Darwinismo sociale finisce così col giustificare ogni forma di dominio e di oppressione; ‘la lotta per la vita’ e l’impossibilità di una forma sociale libera ed ugualitaria erano facilmente utilizzabili dal pensiero borghese per legittimare il dominio sociale. Kropotkin considera essenziale criticare tale teoria perché se fosse risultata vera avrebbe reso impossibile pensare ad una società anarchica 76 77 Ibid., p.199. Ibid., p.200. 94 che individua nell’armonia e nell’uguaglianza tra gli uomini la condizione di una società migliore. La facoltà intellettuale, secondo il principe ribelle, è eminentemente sociale, in quanto alimentata dal linguaggio, dall’imitazione, dall’esperienza. Inoltre il fatto stesso di vivere in società tende a sviluppare quel senso collettivo di giustizia che finisce per diventare un abito mentale e che è l’essenza stessa della vita in società. L’anarchico russo sulla base di indagini etologiche condotte personalmente sul campo e sulla scorta di altri studi affini, cerca di dimostrare che nell’evoluzione animale il ruolo della competizione e del conflitto va notevolmente ridimensionato. La sua valenza, poi è assolutamente insignificante qualora si considera il fenomeno evolutivo all’interno di una stessa specie. Secondo lo scienziato russo, infatti, il processo evolutivo rende manifesto il dispiegarsi di un logos assai più determinante: il mutuo appoggio. I fattori che hanno permesso l’evoluzione della specie, la sopravvivenza di alcune e la scomparsa di altre, sono i meccanismi di collaborazione e aiuto reciproco che avevamo permesso alla specie, e ai singoli componenti di ciascuna di essa, di sopravvivere e riprodursi. Si tratta, per il principe ribelle, di dimostrare scientificamente non solo la possibilità della socievolezza come condizione del vivere sociale, ma anche chiarire come la 95 socievolezza sia già in atto nel mondo della natura e nello sviluppo dell’uomo. Rifiutando sia il pessimismo Darwiniano sia l’ottimismo di Rousseau, Kropotkin dà vita ad un grande affresco del mondo animale ed umano con il chiaro intento di mostrare che la “sociabilità è una legge di natura tanto quanto la lotta tra simili” ma allo stesso tempo che “come fattore dell’evoluzione, la prima ha probabilmente un’importanza molto maggiore, in quanto favorisce lo sviluppo delle abitudini dei caratteri eminentemente atti ad assicurare la conservazione e lo sviluppo della specie; essa procura inoltre, con minor perdita di energia, una maggiore somma di benessere e di felicità a ciascun individuo.” 78 . Grazie agli studi del valente zoologo russo Kessler e alla sua attività di geologo, Kropotkin giunge alla conclusione che la legge di natura è una legge di cooperazione, di mutuo appoggio, piuttosto che di lotta. La vita delle formiche, delle api, delle termiti, degli uccelli, nei mammiferi, delle scimmie e di altri animali, minuziosamente analizzate dall’anarchico russo nel Mutuo Appoggio, dimostrano che nell’evoluzione del regno animale il mutuo appoggio e l’iniziativa individuale sono due fattori infinitamente più importanti della lotta reciproca, ed inoltre che la vita 78 P.KROPOTKIN, Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., p.23. 96 in società è l’arma più potente per sopravvivere in quanto “la vita in comune rende i più deboli insetti, i più deboli mammiferi, capaci di lottare e di proteggersi contro i più terribili carnivori e contro gli uccelli rapaci; essa favorisce la longevità; rende le diverse specie capaci di allevare la loro prole con un minimo di perdita di energia” 79. L’anarchico russo ritiene che la principale causa della diminuzione della popolazione animale, non sia la competizione, ma la forte influenza degli ostacoli naturali; le terribili tormente di neve che si abbattono al Nord dell’Eurasia alla fine dell’inverno, i geli e le tormente di neve che ritornano ogni anno nella sperduta terra siberiana, le piogge torrenziali, dovute ai monsoni, che piombano sulle regioni più temperate, le terribili condizioni in cui si dibatte la vita animale nell’Asia Settentrionale, sono la massima testimonianza che i più grandi nemici degli animali sono i bruschi cambiamenti climatici, le malattie contagiose, la siccità e le carestie. Quelli che Darwin descrive come ‘gli ostacoli naturali’ all’eccessiva moltiplicazione hanno una valenza superiore alla lotta per i mezzi di esistenza; coloro che sopravvivono a questi ostacoli naturali non sono, per Kropotkin, i più forti o i più sani ma solo i dotati di maggiore resistenza nell’affrontare un mondo di privazioni. Gli ostacoli naturali da affrontare nel vivere quotidiano sono 79 Ibid., p.50. 97 già così tanti che “nella grande lotta per la vita - per la più grande pienezza e per la più grande intensità di vita, con la minore perdita di energia - la selezione naturale cerca sempre i mezzi di evitare la competizione quando è possibile”80. Molti autori, fra cui Spencer, pur ammettendo l’importanza dell’aiuto reciproco negli animali, rifiutavano di ammetterlo tra gli uomini, “la società nel suo primo e più basso stadio è una riunione omogenea di individui che hanno poteri simili e simili funzioni: la sola notevole differenza di funzioni è quella che accompagna la differenza di sesso. (....) Assai presto tuttavia, nel corso dell’evoluzione sociale troviamo una differenziazione incipiente tra i governanti e i governati. Qualche specie di preminenza da parte di un capo sorge subito dopo che la riunione di famigli erranti separatamente L’autorità dei più forti e dà luogo alla formazione di tribù nomadi. dei più astuti si fa sentire tra i selvaggi, come in un branco di animali o in un’adunanza di scolari: specialmente in guerra.” 81. Sull’onda della scuola di Hobbes, questi autori, sostengono che nell’uomo primitivo, la guerra di tutti contro tutti è la legge della vita. Ancora una volta, il 80 Ibid., p.59. H. SPENCER, First Principles, New York, 1886, trad.it. I primi principi, a cura di G.Salvatori, Milano, 1901, pp. 277-278. 81 98 principe ribelle, non si trova d’accordo perché “l’errore principale di Hobbes e così pure dei filosofi del XVIII era di supporre che il genere umano fosse cominciato sotto la forma di piccole famiglie isolate, un po’ simili alle famiglie ‘limitate e temporanee’ dei grandi carnivori”82. Attraverso un’indagine attenta delle istituzioni sociali dei popoli primitivi e grazie agli studi della zoologia e della paleontologia, Kropotkin giunge alla conclusione che la tribù, non la famiglia, è stata la prima forma di organizzazione sociale poiché le prime società umane non sono altro che uno sviluppo ulteriore dell’organizzazione sociale dei mammiferi più elevati. Secondo il principe ribelle è totalmente errato rappresentare il mondo primitivo come un’epoca di lotta e di contrasti in cui l’uomo traeva vantaggio esclusivamente dalla propria forza e dalla capacità di imporre l’autorità agli altri rappresentanti della specie. Con le popolazioni primitive non siamo dinanzi ad aggregazioni disordinata di uomini e donne, ma di fronte a clan con un ordinamento determinato, dove vige il matrimonio comune, un’intensa attività comune di stampo agricolo e in cui non esiste nessuna autorità se non l’opinione pubblica. Alcune pratiche quali l’infanticidio, il parricidio, il cannibalismo e la 82 P. KROPOTKIN, Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., p.61. 99 vendetta di sangue, giudicate immorali e crudeli, sono dettate esclusivamente dalla stretta necessità. Le scarse riserve di cibo spingono a delle misure per diminuire la specie, favorendo l’infanticidio; il parricidio è una favola poiché sono gli stessi vecchi che resisi conto di essere un peso per la tribù chiedono di morire in quanto la morte è un dovere verso la tribù, i periodi di carestia spingono i selvaggi a divorare cadaveri per sfamarsi; la vendetta di sangue è giustificata dalla necessità di difendere l’onore del clan. L’ipocrisia borghese porta a giudicare come immorali e crudeli questi gesti necessari alla sopravvivenza, ma se con la stessa ipocrisia questi borghesi “dovessero dire ad un selvaggio che delle genti, estremamente amabili, amanti teneramente i loro figli, e così impressionabili che piangono quando vedono una disgrazia simulata sulla scena, vivono in Europa a qualche passo da tuguri dove fanciulli muoiono letteralmente di fame, a sua volta il selvaggio non li comprenderebbe”83. Il selvaggio, per Kropotkin, non è un’ideale di virtù, ma non è neppure un ideale di selvatichezza, egli identifica la propria esistenza con quella della sua tribù, il diritto comune è la sua religione, il sacrificio è valido solo in nome della tribù, il ciascuno per tutti è la legge sovrana. “L’individualismo sfrenato è prodotto moderno, non è 83 Ibid., pp.75-76 100 una caratteristica dell’umanità primitiva”84, esso viene a svilupparsi con la nascita della famiglia che rompendo l’unità della tribù, introduce gli interessi particolaristici e l’accumulazione delle ricchezze. Questo avviene con la nascita del villaggio rurale, concepito come un’unione tra famiglie di origine comune nel quale si lascia maggiore spazio all’iniziativa personale e si rinuncia a qualsiasi gestione comune delle ricchezze. Il comune rurale “riconosceva pienamente l’accumularsi privato della ricchezza nella famiglia e la sua trasmissione ereditaria. Ma la ricchezza era concepita esclusivamente sotto forma di beni mobili, comprendenti il bestiame, gli utensili, le armi e la casa di abitazione. In quanto alla proprietà fondiaria, il comune rurale, non la conosceva” 85. Il principe ribelle è convinto però, che nonostante questa prima forma di accumulazione di ricchezza la vita dei barbari sia imbevuta di autorità morale; i legami di solidarietà sono testimoniati dallo svilupparsi di numerosi associazioni di cooperazione e di antiche istituzioni miranti ad impedire od attenuare la guerra. Il termine dispregiativo ‘barbaro’ che ancora oggi va a definire popolazioni guerriere rozze e incolte dedite esclusivamente alla guerra e alle razzie, per Kropotkin deve lasciare il posto ad una nuova valutazione di queste popolazioni perché con la loro 84 85 Ibid., p.66. Ibid., p.86. 101 organizzazione “il concetto di una più larga unione estesa ad intere popolazioni ed a parecchie popolazioni di diverse origini fu lentamente elaborato. L’antica concezione della giustizia, che non conteneva che un’idea di vendetta, subì una lenta e profonda modificazione - la riparazione del danno cagionato si sostituì alla vendetta, (....) fu elaborato un sistema di abitudini tendente ad impedire l’oppressione delle masse da parte della minoranza.”86. Dopo avere rivalutato il ‘selvaggio’ ed il ‘barbaro’ Kropotkin passa ad analizzare il Medio evo perché “la socievolezza, il bisogno di aiuto ed il mutuo appoggio sono così inerenti alla natura umana che in nessuna epoca storica troviamo gli uomini viventi in piccole famiglie isolate, combattenti le une contro le altre per assicurarsi i mezzi di sussistenza”87. Nel medio Evo, il crescere dell’occupazione, dei mestieri e delle arti, l’estensione del commercio con i paesi lontani favorì la nascita di un nuovo modello di unione sociale: le corporazioni; per Kropotkin le corporazioni rappresentano il massimo sviluppo dei principi stessi nelle gentes e nei comuni rurali. che abbiamo visto in azione “Le gilde rispondevano ad un profondo bisogno della natura umana, e riunivano tutte le 86 87 Ibid., p.100. Ibid., p.101. 102 attribuzioni di cui lo Stato si appropriò più tardi per la sua burocrazia e la sua polizia. Esse erano più di questo, perché rappresentavano associazioni per l’appoggio mutuo in tutte le circostanze e per tutti gli incidenti della vita; erano anche associazioni per il mantenimento della giustizia - differenti in questo dallo Stato perché in tutte le occasioni interveniva un elemento umano, fraterno, invece dell’elemento formalista che è la caratteristica essenziale dell’intervento dello Stato”88. Kropotkin è convinto che la gilda non può non estendersi e rafforzarsi ma è necessario una forma che permetta di federare le unioni delle gilde senza invadere il campo di quelle dei comuni rurali e di federare le une e le altre in un tutto armonico. Il tutto armonico, per l’anarchico russo, è rappresentato dal Comune perché “la città del Medio evo ci appare così come una doppia federazione; dapprima, di tutti i capi di famiglia costituenti delle piccole unioni territoriali - la strada, la parrocchia, la sezione - e poi degli individui uniti da giuramento in gilde secondo le loro professioni; la prima era un prodotto del comune rurale, origine della città, invece la seconda era una creazione posteriore di cui l’esistenza era dovuta alle nuove condizioni”89. 88 89 Ibid. p.113. Ibid. p.116. 103 Il Comune non è una semplice organizzazione politica a difesa di date libertà politiche ma si configura come un’organizzazione di mutuo appoggio per il consumo, per la produzione e per la vita sociale nel suo insieme. L’età comunale, per il principe ribelle, è l’epoca che meglio esprime la tendenza al mutuo appoggio perché non pone gli impedimenti dello Stato ma lascia piena libertà a ciascun gruppo nell’arte, nei mestieri, nella scienza e nella politica; “il periodo compreso tra il X e il XVI secolo della nostra era potrebbe essere descritto come un immenso sforzo per stabilire l’aiuto, l’appoggio reciproco, il principio di federazione e d’associazione in tutte le manifestazioni della vita umana e in tutti i gradi possibili”90. Kropotkin individua il crollo dell’età comunale e la nascita dello Stato nel mancato accordo tra cittadini e masse contadine, nelle divisioni all’interno del comune tra borghesi e popolo minuto, nella supremazia accordata all’industria a scapito dell’agricoltura, nella propaganda anticomunale della Chiesa che nelle Università insegnava a “cercare la salvezza in uno Stato fortemente centralizzato, posto sotto un’autorità semi-divina”91. “ E’ così che all’interno di ogni città, una volta libera, si costituì una classe aristocratica di mercanti che la dominava sostenendo 90 91 Ibid., p.130. Ibid., p.136. 104 tanto il Papa che l’imperatore nell’intento di avere dalla loro quella o quell’altra città; oppure un re o un principe che, interessato alla conquista di una città, si appoggiava ai ricchi mercanti oltre che alle popolazioni più povere. Gli stati centralizzati moderni si formarono in questo modo.”92 Con il Mutuo Appoggio Kropotkin ci offre una storia totale poiché “la storia scritta fino ad oggi, non è per così dire, che una descrizione delle vedute e dei mezzi con i quali la teocrazia, il potere militare, l’autocrazia e più tardi la plutocrazia sono stati stabiliti e mantenuti. Le lotte tra queste differenti forze formano l’essenza stessa della storia. Possiamo dunque ammettere che si conosce già il fattore individuale nella storia del genere umano. (....) al contrario il fattore del mutuo appoggio non ha attirato nessuna attenzione. Era dunque necessario mostrare la parte immensa che questo fattore rappresenta nell’evoluzione del mondo animale e in quella della società umana.”93. La storia dell’uomo, per il principe ribelle non è altro che una variabile della grande storia della natura, “tutta la storia dell’umanità può essere considerata, in definitiva come la manifestazione di due tendenze: da una parte la tendenza degli individui o dei gruppi a 92 ID.,Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p.91. 105 impadronirsi del potere per sottomettere le grandi masse al loro dominio; dall’altra, la tendenza a mantenere l’uguaglianza e resistere a questa conquista del potere, o a, limitarla.”94. L’età comunale e l’età moderna sono i due poli di questa filosofia della vita, la prima rappresenta l’epoca delle decentralizzazione, dello sviluppo culturale ed artistico, della collettività produttiva, della democrazia dal basso che fonda l’idea di collettività nazionale, del mutuo appoggio; la seconda è l’epoca della volontà di potenza, dello stato che penetra in ogni ambito della vita individuale e collettiva, dell’individualismo sfrenato, dell’oppressione delle masse violenza. Allo stesso modo, in questo dualismo evolutivo, a fare la storia, per Kropotkin, non sono i grandi uomini ma le masse anonime che attraverso la spontanea solidarietà collettiva contribuiscono a costruire la società. “Nella pratica del mutuo appoggio, che risale fino ai più lontani principi dell’evoluzione, troviamo così la sorgente positiva e sicura delle nostre concezioni etiche; e possiamo affermare che il grande fattore del progresso morale dell’uomo fu il mutuo e non la lotta. Ed anche ai giorni nostri, è in una 93 ID., Mutual aid: a factor of evolution, Londra, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., pp.176-177. 94 ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p.90. 106 più larga estensione di esso che vediamo la migliore garanzia per una più alta evoluzione della nostra specie”95. Siamo dinanzi alla formulazione dell’idea che la società è un fenomeno naturale esistente fin da prima dell’apparizione dell’uomo, e che l’uomo per sua natura è portato a rispettarne le leggi senza bisogno di regolamenti artificiali. Kropotkin “vuole confermare l’esistenza di una spontanea autofondazione della società quale premessa storica decisiva per concepire la possibilità di una sua edificazione anarchica”96. Ma come è possibile giungere ad una condizione di mutuo appoggio collettivo che favorisca la nascita della società anarchica? E’ necessaria un’etica realistica ed umana. 95 ID., Mutual aid: a factor of evolution, London, 1915, trad.it. Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione, a cura di C.Berneri, cit., p.179. 107 Un’etica umana: Socievolezza, Giustizia, Abnegazione 96 G. BERTI, Il pensiero anarchico: dal settecento al novecento, cit., p.317. 108 Kropotkin pensa di essere, prima di tutto e soprattutto, uno scienziato, e ritiene che la sua filosofia sociale e il suo sistema etico devono poggiare sulla solida base di osservazioni empiriche. Con il suo libro sul mutuo appoggio, il principe ribelle, ha voluto dimostrare dal punto di vista scientifico che la natura non è amorale e non insegna all’uomo il male, ma che la morale è un prodotto naturale dell’evoluzione della vita sociale e non soltanto dell’uomo, ma di tutti gli esseri viventi, nella maggior parte dei quali noi vediamo già i sintomi dei rapporti umani. “Comprendiamo così che non solo la natura non ci dà lezioni di amoralismo, che è l’indifferenza riguardo la morale, indifferenza che essendo un principio estraneo alla natura dovrebbe combattere per dominarla, ma al contrario, che la nozione del bene e del male, i ragionamenti sul bene supremo, sono improntati sulla base della stessa natura”97. La storia umana e il ragionamento morale sono inestricabilmente connessi, al punto che non è possibile discutere la prima senza fare riferimento alla seconda; per Kropotkin una morale legata alla forma sociale, alla cultura complessiva, al periodo storico di cui è espressione, 97 P.KROPOTKIN, Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p.33. 109 è una morale relativa, dunque non è morale, dal momento che una morale vera, cioè la morale, non può che fondarsi su principi sovrastorici e sovrasociali. “La morale non può mai avere per scopo qualcosa di trascendente, cioè di superiore a ciò che in realtà esiste, come vogliono gli idealisti; il suo scopo deve essere reale; è nella vita e non in uno stato successivo del decorso naturale della vita, che noi dobbiamo trovare la nostra soddisfazione morale.”98. L’impulso morale in natura precede l’esistenza della vita umana, la natura umana come parte della grande trama della vita naturale e dei suoi complessi processi, è stata e sarà sempre impregnata di impulso morale. “Man mano che studiamo più da vicino l’uomo primitivo, constatiamo sempre più profondamente che dalla vita degli animali, con i quali viveva in stretta comunità, egli ricevette le prime lezioni della coraggiosa difesa dei propri simili, dell’abnegazione a favore del gruppo, dell’amore illimitato per la famiglia, dell’utilità della vita in società in generale. Le nozioni di ‘virtù’ e di ‘vizio’ non sono soltanto umane, ma zoologiche”99. La vita in società naturalmente ed inevitabilmente genera, sia negli uomini che negli animali, l’istinto di socievolezza, di mutuo 98 99 Ibid., p.29. Ibid., p.39. 110 appoggio, che nello sviluppo successivo si trasformano, nelle persone, in sentimento di benevolenza, di simpatia e di amore. La socialità naturale dell’uomo è il fondamento di ogni credo di etica sociale, e se non condizionasse quasi tutti i nostri atti, i quotidiani rapporti con i nostri simili, lo stato meglio organizzato non potrebbe impedire la disgregazione sociale. istinti, ha inizio Da questi sentimenti, da questi la morale umana che, per il principe ribelle, può riassumersi nella formula: ‘fa agli altri ciò che tu vorresti che gli altri ti facessero nelle stesse circostanze’, “ senza questa solidarietà dell’individuo colla specie, il regno animale non si sarebbe mai sviluppato né perfezionato”100. Kropotkin è convinto che le idee divengano forze etiche quando sono giuste e sufficientemente diffuse per esprimere la vita della natura nel suo insieme e non soltanto in uno dei due lati; “è per questo che quando si tratta di creare una morale suscettibile di determinare sulla società un’influenza duratura, bisogna cominciare a stabilirne la basi per mezzo di verità solidissime”101. La verità solidissima dell’etica umana di Kropotkin è che il conflitto e il mutuo appoggio sono entrambi presenti nella storia dell’umanità, di conseguenza il compito dell’etica è quello di 100 101 Ibid., p.38. Ibid., p.40. 111 cercare ciò che vi è di comune tra i sentimenti egoistici e quelli mutualistici, con l’obiettivo non di trovare un semplice compromesso o un accordo tra idee, ma la loro sintesi, la loro generalizzazione. I sentimenti di dominio sull’altro uomo rispondono ad un bisogno fondamentale dell’uomo: il bisogno della lotta; i sentimenti mutualistici rispondono allo stesso modo ad un altro bisogno, egualmente essenziale: il bisogno di unione e di reciproca simpatia; è assolutamente necessario trovare la loro sintesi. “Generalmente, i moralisti che hanno fabbricato i loro sistemi su di una pretesa opposizione fra sentimenti egoistici e sentimenti altruistici, hanno sbagliato la strada. Se questa opposizione esistesse realmente, se il bene dell’individuo fosse realmente opposto a quello della società, la specie umana non avrebbe potuto esistere: nessuna specie animale avrebbe potuto raggiungere il suo sviluppo attuale”102. L’uomo moderno non può ammettere “la lotta per la dominazione, la guerra al coltello tra gli individui e le nazioni, sia l’ultima parola della scienza; d’altra parte egli non crede che la questione possa essere risolta predicando la fraternità e l’abnegazione, come il cristianesimo ha fatto per secoli”103. P.KROPOTKIN, La Morale Anarchiste, Parigi, 1889, trad. it. La morale anarchica, Ragusa, 1994, p.59. 103 ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p.40. 102 112 Lo scopo principale dell’etica è quello di suggerire all’uomo un ideale capace di risvegliare l’entusiasmo, dando agli uomini la forza per conciliare l’energia individuale con il lavoro per il bene di tutti. Il bene dell’individuo e quello della specie sono identici, l’uomo trova la maggiore intensità di vita nella socievolezza, nella perfetta identificazione dei propri bisogni con quelli di coloro che lo circondano. “Il compito dell’etica non è quello di insistere sui difetti dell’uomo e di rimproverargli i suoi peccati: essa deve fare opera positiva, indirizzandosi ai suoi migliori istinti”104. L’etica deve definire i principi fondamentali della convivenza sociale e poi successivamente facendo appello all’amore, al coraggio, alla fraternità, al rispetto di se stessi e degli altri, far capire agli uomini che non è possibile vivere senza tenere conto dei bisogni e dei desideri degli altri. L’etica deve mirare a creare un’atmosfera sociale in grado di far comprendere alla maggioranza degli uomini, in modo abitudinario, cioè senza esitazioni, gli atti che conducono al benessere di tutti e al massimo di felicità per ciascuno; “ne consegue , dunque, che il sentimento morale non si configura come semplice irruzione soggettiva dell’anima, ma come la verità della sua datità biologico-naturale giunta al punto della sua auto-riconoscenza 113 razionale”105. La moralità diviene così un sistema complesso di sentimenti e di nozioni che si sono sviluppate lentamente, che si svilupperanno lentamente, ma che sono presenti fin dall’inizio nella natura e che necessitano solo di essere coltivate. Tre sono per Kropotkin gli elementi fondamentali della morale: “l’istinto di socievolezza, da cui si sviluppano le abitudini e le usanze ulteriori; la nozione di giustizia; e sulla base di questi due si forma il terzo elemento della morale, il sentimento che noi non del tutto esattamente definiamo abnegazione o anche sacrificio di sé, altruismo, generosità, sostanza, morale”.106 e che viene confermato dalla ragione, che costituisce, in proprio ciò che bisognerebbe chiamare sentimento Questa classificazione Kropotkiana è essenziale in quanto per il principe ribelle il mutuo appoggio risulta insufficiente senza la nozione di giustizia, “l’essenza della quale è il riconoscimento dell’uguale valore di tutti i membri di una determinata società e di conseguenza della loro parità di diritti, dell’uguaglianza di rivendicazioni che essi possono avanzare agli altri membri della società”107. La giustizia è una nozione fondamentale della moralità, tanto 104 Ibid., p.42. G. BERTI, Il pensiero anarchico: dal settecento al novecento, cit., p.326. 106 P.KROPOTKIN, Giustizia e moralità, in << La società degli individui>>, VIII(2000), p. 121. 107 ID., Ethics, Origin and development, New York, 1947, trad.it. L’etica, a cura di V. Di Maria e A.M.Bonanno, cit., p.122. 105 114 che non vi può essere moralità senza giustizia, e se la maggior parte dei pensatori non vuole ammettere questa verità è solo perché “un simile riconoscimento sarebbe stato un’ammissione della parità di diritti politici e sociali degli uomini e di conseguenza avrebbe condotto alla negazione della divisione di classe”108. Il riconoscimento della giustizia, ossia dell’uguaglianza di tutti gli essere umani è condizione essenziale dell’etica umana di Kropotkin, in quanto senza giustizia la moralità sociale si configura come mera ipocrisia e uno strumento di perpetrazione del dominio di classe. “Ma la socievolezza e la giustizia, tuttavia, ancora non costituiscono tutta la moralità. In essa rientra anche la terza parte costitutiva che si può definire, in mancanza di un’espressione più adatta, predisposizione al sacrificio di sé, alla generosità” 109. Il sacrificio di sé è per Kropotkin la capacità dell’uomo di identificarsi con le persone circostanti, l’uomo che si mette a disposizione per aiutare gli altri, senza cercare alcun merito perché ha sulla propria pelle sperimentato i sentimenti dell’altro. “Il mutuo soccorso, la giustizia, la morale, sono i gradi della serie ascendente degli stati psichici che ci sono stati fatti conoscere dallo 108 109 Ibid., p.124. Ibid., p.125. 115 studio del mondo animale e dell’uomo. Essi sono una necessità organica, portante in se stessa la propria giustificazione e confermante tutta l’evoluzione del mondo animale, dai primi scalini (sotto la forma di colonie di molluschi), alla successiva elevazione graduale fino alle società più perfette dell’uomo. Possiamo dire che in questo vi è una legge generale e universale dell’evoluzione organica, agente in modo che il mutuo soccorso, la giustizia e il sentimento morale siano profondamente radicati nell’uomo, con tutta la potenza degli istinti innati.”110. Il senso di questa interpretazione è da ricercare nella certezza del principe ribelle che l’etica è una pratica immanente alla natura e di conseguenze alle relazioni sociali, in quanto necessità organica dell’evoluzione naturale; l’uomo, non può in nessun modo cercare le motivazioni del proprio agire morale in un’ispirazione soprannaturale, “il mondo animale, in genere dall’insetto sino all’uomo, conosce perfettamente ciò che è bene e ciò che è male, senza per questo consultare né la bibbia né la filosofia.”111. L’idea del bene e del male, per Kropotkin, non hanno nulla a che vedere con la religione o con la coscienza misteriosa, ma rappresentano un bisogno naturale delle razze 110 111 Ibid., p.48. Ibid., p.30. 116 animali; tutto il progresso dell’umanità, afferma l’anarchico russo, è legato indissolubilmente alla vita sociale. Sul pensiero di Kropotkin influì profondamente un giovane filosofo francese, la cui opera principale, Esquisse d’une morale sans obligation ni sanction, apparve nel 1885 mentre Kropotkin, detenuto politico a Clairvaux, andava meditando sui fondamenti etici della società futura; “però spetta ad un giovane filosofo, a Guyau - questo pensatore anarchico senza saperlo - di avere indicato la vera origine di questi coraggi e di queste abnegazioni, al di fuori di ogni forza mistica, al di fuori di tutti questi calcoli mercantili”112. L’interessante pensatore francese aveva analizzato freddamente le filosofie morali dominanti, e ne aveva messo il luce gli errori mostrando come una moralità basata su sanzioni metafisiche esterne sia altrettanto fallace quanto una moralità poggiante sul calcolo edonistico degli utilitaristi. L’uomo deve ripiegarsi su se stesso: i moventi delle sue azioni sono, più o meno consapevoli, in lui, e la sua condotta ne è il prodotto necessario; bisogna sentire interiormente ciò che si è capaci di fare, è , per questo fatto stesso, che l’uomo assume la prima coscienza di ciò che si ha il dovere di fare. E’ un errore attendersi dall’uomo che agisca diversamente da come la natura gli detta: “chi non agisce come pensa, pensa 117 incompiutamente”113. Il sentimento morale del dovere, che ogni uomo ha provato nella sua vita e che si è cercato di spiegare per mezzo di tutti i misticismi, non è altro che una sovrabbondanza di vita ed allo stesso tempo il sentimento di una potenza. Il neostoicismo di Guyau è molto più cupo della morale Kropotkiana basata sull’istinto naturale del mutuo appoggio. Egli immagina l’uomo come un marinaio alla deriva su un vascello il cui albero sia stato abbattuto dal vento: “Nessuna mano ci guida, nessun occhio vede per noi; il timone è spezzato da lungo tempo, o piuttosto non ne abbiamo avuto mai; bisogna foggiarcelo, è un grande compito, ed è il nostro compito”114. Però come Kropotkin, Guyau sottolinea gli istinti generosi latenti nell’uomo accanto agli istinti egoistici, la simpatia e la pietà non meno dell’invidia e dell’odio, “la vita non è solo nutrizione, essa è produzione e fecondità. Vivere è tanto spendere, quanto acquistare.”115. La vita, per Guyau, non può mantenersi che alla condizione di espandersi, potere agire è dovere agire; questo vale, per il principe ribelle, ancora più per l’uomo poiché “la forza si accumula in lui, ed egli espande la sua vita, e dà senza calcolare perché senza di ciò ID., La Morale Anarchiste, Parigi, 1889, trad.it. La morale anarchica, cit., p.53. M.GUYAU, Esquisse d’une morale sans obligation ni sanction, Parigi 1885, trad.it. di A.Biancotti , Abbozzo di una morale senza obbligo ne sanzione, Torino, 1923, p.85. 114 Ibid. p.195. 115 Ibid. p.191. 112 113 118 non vivrebbe. E quand’anche egli dovesse perire, come il fiore che sboccia, poco importa! Il succo sale, se di succo ve n’è.” 116. Kropotkin vede in Guyau un pensatore, dell’evoluzionismo che ponendosi sulla scia e del positivismo, vuole liberare la morale da ogni prescrizione mistica e soprannaturale, così come da ogni dovere imposto esternamente. “Concludendo, possiamo dire che più una società primitiva è vicina alla forma meno evoluta, più è possibile osservare la regola ciascuno per tutti. E’ per una ignoranza pressoché completa della vita reale degli uomini primitivi, che alcuni pensatori come Hobbes, Rousseau e i loro discepoli, hanno affermato gli uni che la morale è nata a seguito di un immaginario ‘contratto sociale’, gli altri che essa è dovuta ad una ispirazione dall’alto venuta da un legislatore leggendario. In realtà l’origine della morale si trova nella socialità, propria a tutti gli animali superiori e soprattutto all’uomo.”117 Con la sua morale anarchica, Kropotkin , riconosce la libertà piena e completa dell’individuo, la pienezza della sua estensione, lo sviluppo libero di tutte le sue facoltà; “è l’uomo che si ribella alla vista di un’iniquità, senza domandarsi ciò che ne potrà risultare e, 116 117 P.KROPOTKIN, La Morale Anarchiste, Parigi, 1889, trad.it. La morale anarchica, cit., p.53. Ibid., p.89. 119 allorquando tutti curvano la schiena, smaschera invece l’iniquità, colpisce lo sfruttatore, il piccolo tiranno dell’officina o il gran tiranno di un impero. Sono finalmente tutti quegli innumerevoli atti di abnegazione, meno evidenti e perciò sconosciuti (....) ciò che costituisce il fondo dell’umanità”118. La morale umana non imporrà nulla, rifiuterà in modo assoluto di modellare l’individuo secondo un’idea astratta, ricuserà di diminuire l’uomo attraverso la religione, della legge e del governo. Siamo dinanzi ad una morale umana e realistica che non riconosce la ripartizione degli uomini in padroni e schiavi, governanti e sudditi, e che si presenta come espressione di una collaborazione collettiva libera per il bene collettivo. Un’etica che unica può dare la possibilità di stabilire sulla terra una ragione non fantomatica, ma reale, di operosità fraterna; essa lascerà all’individuo la piena libertà, essa diventerà una semplice constatazione di fatti, una scienza. Questa scienza dirà all’uomo solamente: “Sii forte. E non appena tu avrai scorto un’iniquità e l’avrai compresa - un’iniquità nella vita, una menzogna nella scienza, o una sofferenza imposta ad altri - ribellati contro l’iniquità, la menzogna, l’ingiustizia. Lotta! La lotta è la vita, che sarà tanto più intensa quanto più la lotta sarà viva. E allora avrai vissuto, e per alcune ore soltanto di questa vita tu non avrai dato anni interi di 118 Ibid., pp.51-52. 120 vegetazione alla putredine della palude. Lotta per permettere a tutti di vivere questa vita ricca ed esuberante, e sii sicuro che troverai in questa lotta gioie così grandi quali non ne troverai di simili in nessun’altra attività. A te la scelta.”119. Più che di scienza, i critici di Kropotkin hanno parlato di utopia, ma come era solito dire Bakunin ai suoi compagni: ‘E’ ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che appariva loro come possibile, non hanno mai avanzato di un solo passo. Ricordate che l’utopia non è l’irrealizzabile ma l’irrealizzato’. 119 Ibid., p.61. 121 122 CAPITOLO QUARTO 123 Lo Stato: Autorità, Governo, Legge Kropotkin sa bene che nel momento in cui affronta la problematica dello Stato e del suo ruolo storico, va ad affrontare uno dei problemi essenziali dell’annosa disputa fra marxismo e anarchismo. Lo scontro tra marxisti e libertari nella Prima internazionale non solo aveva determinato la drastica divisione del movimento operaio internazionale, ma aveva portato anche alla luce il contrasto insanabile tra due diverse, anzi opposte, concezioni dello Stato e dell’azione rivoluzionaria. Marx ed Engels avevano sostenuto che “il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, vale a dire del proletariato stesso organizzato come classe dominante, e per aumentare con la massima rapidità possibile, la massa 124 Commento [L1]: P.Kropotkin, Memorie di un rivoluzionario cit., p.8 ; Milano, Feltrinelli delle forze produttive. (....) Quando nel corso dell’evoluzione, le differenze di classe saranno sparite e tutta la produzione sarà concentrata nelle mani degli individui associati, il potere pubblico perderà il carattere politico. Il potere politico, nel senso proprio della parola, è il potere organizzato di una classe per l’oppressione di un’altra. Se il proletariato, nella lotta contro la borghesia, si costituisce, necessariamente in classe, e per mezzo della rivoluzione trasforma se stesso in classe dominante e, come tale, distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione, esso abolisce, insieme con questi rapporti di produzione, anche le condizioni d’esistenza dell’antagonismo di classe e le classi in generale, e quindi anche il suo proprio dominio di classe. Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e coi suoi antagonismi di classe subentra un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti 120. Per Marx ed Engels la dittatura del proletariato non è altro che un periodo politico di transizione, che mira successivamente al superamento di se medesima e di ogni forma di Stato. Il filosofo di Treviri vede nello Stato lo strumento di dominio politico della classe economica dominante, la ‘sovrastruttura’ politica mero riflesso, privo di una reale 120 K.MARX - F.ENGELS, Manifest der Kommunistischen, Londra, 1848, trad.it. Il manifesto del partito comunismo, a cura di P.Togliatti, Roma, 1971, Roma, 1971, p.88. 125 autonomia, della struttura economica della società, della sua base materiale. La divisione in classi nella società è dovuta alla proprietà privata dei mezzi di produzione e lo Stato ha lo scopo di garantire questa divisione in classi, di renderla legittima e duratura. E’ evidente che nel momento in cui il proletariato abolisce le classi attraverso l’azione rivoluzionaria, pone le basi per quello che Engels chiamerà ‘deperimento’ dello Stato. “La classe lavoratrice sostituirà, nel corso del suo sviluppo, all’antica società civile una associazione che escluderà le classi e il loro antagonismo, e non vi sarà più potere politico propriamente detto, poiché il potere politico è precisamente il riassunto ufficiale dell’antagonismo nella società civile”121; solo quando l’edificazione del socialismo sarà compiuta, lo Stato, potrà davvero estinguersi, e far posto all’ideale di un autogoverno dei produttori associati in cui il dominio sugli uomini sarà completamente sostituito dalla semplice amministrazione delle cose. Bakunin, dal canto suo, ritiene che la diseguaglianza sociale e la divisione classistica della società è il prodotto della più generale divisione gerarchica del lavoro, tra la sfera intellettuale e quella manuale, tra chi sa e chi non sa, tra chi comanda e chi ubbidisce. Lo 121 ID., Misère de la philosophie. Reponse à la philosophie de la misère de M.Proudhon, Parigi, 1847, trad.it Miseria della filosofia, Roma, 1969, p.146. 126 Stato è la condizione e non la causa di questa divisione, per cui il comunismo, mirando alla conquista del potere politico, avrebbe di fatto rafforzato il potere dello Stato, creando una nuova classe, quella burocratica, e un nuovo dominio, assolutamente più spietato di quello borghese; la dittatura del proletariato sarebbe diventata dittatura sul proletariato. “Noi abbiamo già manifestato la nostra profonda ripugnanza per le teorie di Lassalle e Marx che raccomandano ai lavoratori se non proprio come supremo ideale almeno come immediato e principale obiettivo la fondazione di uno Stato popolare che, come loro stessi hanno spiegato, non sarebbe altro che ‘il proletariato elevato al rango di casta dominante’. Se il proletariato, ci si chiede, diverrà la casta dominante, su chi dominerà? Ciò significa che rimarrà ancora un altro proletariato sottomesso a questa nuova dominazione, a questo nuovo Stato. E’ questo il caso, per esempio, della plebaglia contadina che, come è noto, non gode della benevolenza dei marxisti e che, trovandosi al grado più basso di cultura, sarà evidentemente governata dal proletariato delle città e delle fabbriche; oppure, se consideriamo la questione dal punto di vista nazionale, prendendo gli slavi rispetto ai tedeschi, i primi per lo stesso motivo staranno, nei confronti del proletariato tedesco vittorioso, nella stessa servile soggezione in cui ora 127 questi ultimi si trovano nei confronti della loro borghesia. Dov’è c’è lo Stato c’è inevitabilmente la dominazione e di conseguenza la schiavitù; lo Stato senza la schiavitù, aperta o mascherata, è inconcepibile; ecco perché siamo nemici dello Stato”122. Nella visione di Bakunin, che è poi quella di tutti gli anarchici, lo Stato non ha una autonomia strutturale e non è un mero prodotto della dimensione economica della società, può anzi divenire esso stesso produttore di classi, di conseguenza l’azione rivoluzionaria deve avere come primo obiettivo l’abbattimento dello Stato. Kropotkin naturalmente non può non condividere l’interpretazione Bakuniana, in quanto lo Stato rappresenta l’ostacolo materiale e ideologico più grande per il raggiungimento di una società libera. “Vi sono, da una parte, coloro che sperano di compiere la rivoluzione sociale nell’orbita dello Stato: conservare la maggior parte delle sue attribuzioni, magari aumentarle e utilizzarle per la rivoluzione. E vi sono coloro i quali, come noi, vedono nello Stato, non solamente la sua forma attuale, ma nella sua stessa essenza e sotto tutte le forme che può rivestire, un ostacolo alla rivoluzione sociale: l’impedimento massimo allo schiudersi di una società basata sulla uguaglianza e sulla libertà, la 122 M.BAKUNIN, Gosudarstvennost’ I anarchija. Cast. I, Zurigo-Ginevra, 1873, trad.it. Stato e Anarchia, a cura di N.Vincileoni-G.Corradini, cit., pp.210-211. 128 forma storica elaborata per prevenire questo avvento. E per conseguenza essi lavorano non a riformare lo Stato, ma ad abolirlo.” 123. Solo con l’abolizione dello Stato, con la conquista della libertà intera dell’individuo, con il libero accordo, con l’associazione e la federazione assolutamente libera, per l’anarchico russo, è possibile arrivare al comunismo, al possesso comune della nostra eredità sociale ed alla produzione comune di tutte le ricchezze. “L’individuo capisce che sarà libero veramente solo in rapporto alla libertà di tutti coloro che lo circondano”124. Kropotkin ritiene che “lo Stato non è che una delle forme che la società ha rivestito nel corso della storia”125 ed ignorare questo dato essenziale, per il principe ribelle, significa dimenticare “che l’uomo ha vissuto in società durante migliaia di anni, prima di aver conosciuto lo Stato; significa dimenticare che per le nazioni europee lo Stato è di origine recente, datandolo appena nel sedicesimo secolo; significa disconoscere finalmente che i periodi più gloriosi dell’umanità furono quelli in cui le libertà e la vita locale non erano ancora distrutte dallo Stato e grandi masse di uomini vivevano in comuni e in federazioni 123 P.KROPOTKIN, L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad. it. Lo Stato, Milano, 1910, p.10. ID., La società aperta, scelta negli scritti a cura di H.Read, Cesena, 1973, p. 135. 125 ID., L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad. it. Lo stato, cit., p. 12. 124 129 libere.”126. Con tale interpretazione Kropotkin storicizza la genesi dello Stato, mostrando come “tale forma non è un esito ineludibile e immodificabile dell’avventura umana, se per millenni non è esistita, se, appunto, la sua esistenza è principalmente storica, allora è possibile pensare anche ad una società diversa”127. Kropotkin data nel XVI secolo la nascita dello Stato, perché solo nel sedicesimo secolo fu dato un colpo mortale alle idee di libertà locale, di libera unione e organizzazione, di federazione ad ogni grado, tra gruppi sovrani, che possedevano tutte le funzioni di cui oggi si è impadronito lo Stato; “nel sedicesimo secolo, dei barbari moderni vennero a distruggere tutta questa civiltà delle città medioevali. (....) Distrussero ogni legame fra gli uomini, dichiarando che solo lo Stato e la Chiesa dovevano d’ora innanzi formare l’unione tra i sudditi; che soli la Chiesa e lo Stato avevano missione di vegliare sugli interessi industriali, commerciali, giudiziari, artistici, passionali, per i quali gli uomini prima erano invece abituati ad unirsi direttamente. E chi sono questi barbari?- E’ lo Stato: la triplice alleanza del capo militare, del giudice romano e del prete: i tre che formano una mutua assicurazione per dominare, i tre uniti in una stessa potenza, la quale comanderà in nome degli interessi della società e schiaccerà questa 126 127 Ibid. ID., Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.16. 130 società stessa.”128. Quando lo Stato comincia a costituirsi, lavora a distruggere tutti i vincoli di unione che esistono tra i cittadini, sia nelle città, sia nel villaggio; spopola le campagne, semina la miseria nelle città, riduce milioni di esseri allo stato di pezzenti ed impone la schiavitù industriale. Il principio d’autorità rappresentato dallo Stato moderno, non nasce, come afferma il contrattualismo, da uno scambio tra l’originaria libertà individuale e l’acquisizione di quella sociale, ma nasce come deformazione e alterazione, a vantaggio di pochi, del naturale principio di sociabilità espresso dalla comunità. La legge, espressione ufficiale dell’autorità statale, non è altro che la cristallizzazione gerarchica del costume per fini di dominio: essa non esprime mai la reale volontà popolare, anche se nasce sfruttando il prodotto del genio collettivo e anonimo del popolo per piegarlo alle esigenze dei gruppi politici e economici dominanti. La Stato e la legge devono la loro origine al desiderio “dei dominatori di perpetuare i costumi, gli interessi e i privilegi della loro casta; il loro carattere è l’abile confusione dei costumi utili alla società, che non abbisognano di nessuna legge per essere rispettati, coi costumi nocivi alla massa ed utili ai dominatori, che non possono essere 128 ID., L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad.it Lo Stato, cit., p.70. 131 mantenuti se non con la paura dei supplizi” 129. Seguendo lo svolgimento della legge, non è difficile persuadersi, dice Kropotkin, che mentre il nucleo dei costumi di socievolezza iscritti in essa, è soggetto ad una modificazione assai debole nel corso dei secoli, invece l’altra parte delle norme imperative si sviluppa a tutto vantaggio delle classi dominanti e a danno delle classi oppresse; la legge, si è nutrita delle sofferenze e delle miserie dell’umanità. Lo Stato, la legge, l’autorità, cioè l’insieme dell’apparato coercitivo della società non sono entità separate dagli individui ma sono parte integrante di ogni manifestazione individuale e collettiva; nascono come strutture coercitive operanti contro la libertà individuale, che rappresenta il principio dominante della società moderna. “Lo Stato non riconosce un’unione liberamente consentita che funzioni nel suo seno: esso non riconosce che sudditi. Esso soltanto, e la sua sorella chiesa, vogliono usare del diritto di servire come legame di congiunzione tra gli uomini. Per conseguenza, lo Stato deve forzatamente annientare le città, basate sull’unione diretta fra cittadini. Deve abolire ogni unione, deve sostituire al principio federativo il principio di sottomissione e 129 ID., La legge e l’autorità, Ragusa, 1961, p.14. 132 disciplina. Questa è la sua sostanza, e senza tale principio cesserebbe di essere Stato.”130. Lo Stato, per Kropotkin, ha il compito di far rispettare le tre categorie di leggi essenziali per perpetrare il dominio di classe: protezione della proprietà, protezione del governo, protezione delle persone. “Tutte queste leggi sulla proprietà, che ingrossano i codici e giovano tanto agli avvocati, non avendo altro scopo che quello di proteggere l’appropriazione ingiusta della ricchezza sociale a vantaggio di pochi. (....) E’ un altro arsenale di leggi, di decreti, di ordinanze, di pareri, ecc. che servono a proteggere le diverse forme di governo. Noi sappiamo perfettamente - gli anarchici lo hanno dimostrato - che la missione di tutti governi, monarchici, costituzionali, e repubblicani è di proteggere e di mantenere con la forza i privilegi delle classi possidenti: aristocrazia, clero e borghesia”131. La terza categoria di leggi è, per il principe ribelle, la più importante in quanto nella mentalità comune le leggi concernenti la sicurezza personale e la prevenzione dei crimini sono considerate indispensabili alla sicurezza dell’individuo nella società. Per Kropotkin ciò che è indispensabile per garantire la sicurezza dell’individuo non è la legge ma l’abolizione della proprietà privata, in 130 131 ID., L’Etat, son role historique, Parigi, 1906, trad.it Lo Stato, cit., p.93. ID., La legge e l’autorità, cit., p.22. 133 quanto “è noto che i due terzi e spesso anche i tre quarti di tutti i reati contro le persone ricevono l’impulso dal desiderio di usurpare le ricchezze altrui.”132. Kropotkin non intende dire che tutti i delitti siano determinati dalla fame ma solamente mostrare che nel momento in cui la ricchezza è equamente distribuita, le selvagge passioni incontrano maggiori resistenze; inoltre la pene scontate in luoghi che distruggono la dignità umana anziché migliorare l’uomo e reinserirlo nella società favoriscono l’ulteriore consolidamento “Si penetri nelle galere e si studi la degli istinti antisociali. sorte dell’uomo, privo di libertà, mescolato ad altri corrotti che si peggiorano a vicenda: si ricordi che le nostre prigioni, con tanti sforzi di progresso, più si riformano e più diventano detestabili; i moderni penitenziari modello sono cento volte più corruttori delle torri medioevali.”133. Il crimine è una malattia sociale che necessita una cura sociale, l’unica soluzione è una società fondata su basi libertarie in cui il comportamento antisociale è estremamente raro, e questa rarità viene trattata non con le leggi, ma con la comprensione umana e la pressione morale della comunità. Il regime coercitivo, per l’anarchico russo, non ha creato soltanto i mali dell’attuale sistema economico, politico e sociale, ma ha dato prova 132 133 Ibid., p.24. Ibid., p.26. 134 d’impotenza assoluta nell’elevare il livello morale della società; esso non ha neppure saputo mantenerlo al livello raggiunto. Il dominio di coloro che assumono il titolo di governo non può coesistere con una morale basata sulla solidarietà di tutti., ciò è dimostrato nel modo migliore dai diritti politici dei cittadini che la stampa esalta ogni giorno con tutti i modi. Tali diritti, per il principe ribelle, sono fatti soltanto per coloro che ne hanno bisogno, “la libertà di stampa e di riunione, l’inviolabilità del domicilio e di tutto il resto, non sono rispettate che se il popolo non ne fa uso contro le classi privilegiate. Ma nel momento in cui si comincia a servirsene per abbattere i privilegi, tutte queste sedicenti libertà sono gettate in mare”134. E’ evidente che nella società attuale, divisa in classi, la vera libertà non può esistere e non potrà mai esistere finche ci saranno sfruttatori e schiavi, governanti e governati; lo Stato non serve ad impedire lo sfruttamento dell’operaio ad opera del capitalista, non assicura ad ognuno la possibilità di lavorare e non permette alla madre di sfamare i propri figli. Esso permea tutte le manifestazioni della nostra vita, legiferando su tutti i nostri atti, vivendo a spese delle generazioni future, orientando ogni aspetto della vita del singolo, azzerando ogni forma di dissenso. 134 Ibid., p.31. 135 Kropotkin è però convinto che l’istante della scomparsa dello Stato non può tardare a giungere, che lo stadio dell’evoluzione sociale cui si connette lo Stato sarà presto superato dall’umanità. Si comincia a comprendere che governo di maggioranza vuol dire abbandono di tutti gli affari del paese a coloro che fanno la maggioranza, “cioè ai rospi della palude, alla Camera e nei comizi: a coloro che non hanno opinione”135. Ogni uomo ridotto in miseria sente che una società basata sul salariato e lo sfruttamento delle masse da parte dei detentori del capitale è figlia fedele della vacua rappresentanza popolare espressa dal parlamentarismo democratico. Il XIX secolo, secondo Kropotkin, vedrà la fine dell’istituzione statale poiché già oggi “l’Europa si copre, infatti, d’associazioni volontarie per lo studio, l’istruzione, l’industria ed il commercio, la scienza, l’arte e la letteratura, per lo sfruttamento e la resistenza allo sfruttamento, per il divertimento e per il lavoro serio, la gioia e l’abnegazione, per tutto ciò che costituisce la vita dell’essere attivo e pensante”136. Queste società hanno già sostituito le funzioni dello Stato, e cercano di sostituire la libera azione dei volontari a quello dello Stato centralizzato, la loro nascita mostra che si può fare a meno 135 ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e Claudio Neri, Catania, 1978, cit., p.32. 136 del governo e che il libero accordo rimpiazza la macchina statale, il loro ulteriore sviluppo testimonia che il mutuo appoggio è una potente tendenza, una forza latente della società moderna. Quando questa tendenza si sprigionerà e la rivoluzione sociale andrà ad abbattere l’autorità statale, “il giorno in cui noi avremo saputo stabilire un’intesa tale tra gli sfruttati, che saremo capaci di uscire nella via, in numero di parecchie migliaia, a difesa dei nostri diritti, nessuno oserà più disputarci né questi, ne altri diritti ancora che sapremo rivendicare. Allora, ma allora, solamente, noi avremo acquistati quei diritti che potremmo mendicare invano per decine di anni alla Camera; allora quei diritti ci saranno garantiti in una maniera ben altrimenti sicura che se li scrivessimo di nuovo su stracci di carta. Le libertà non concedono, si prendono”137. Rivoluzione, Espropriazione, Lavoro Kropotkin rimase convinto per tutta la vita che per abbattere lo Stato, per tradurre in pratica una morale senza obblighi ne sanzioni, per eliminare lo sfruttamento umano, occorre un nuovo ordinamento 136 ID., L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it L’anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.30. 137 ID., La legge e l’autorità, cit., p.32. 137 economico della società che favorisce solo gli istinti buoni dell’uomo ed emargina gli istinti cattivi. Per ottenere ciò è necessario una rivoluzione avente per fine la riorganizzazione completa della società sulla base di quello che egli chiama ‘comunismo anarchico’. Secondo Kropotkin l’umanità civilizzata ha raggiunto un livello di sviluppo e di ricchezza sufficiente a far vivere bene tutta la popolazione, “la terra è in parte dissodata, pronta a ricevere il lavoro intelligente e le sementi scelte, e adornarsi di raccolti lussureggianti - più di quanto non ne occorrono per soddisfare tutti i bisogni dell’umanità. (....) I prodigi compiuti nell’industria sono ancora più sorprendenti. Con questi esseri intelligenti, le macchine moderne, - frutto di tre o quattro generazioni di inventori, la maggior parte sconosciuti - cento uomini fabbricano di che vestire diecimila uomini per due anni.”138. Tutte queste ricchezze però sono nelle mani di una piccola parte della popolazione, tutto ciò che ha permesso all’uomo di produrre e di accrescere la produzione è nelle mani di una minoranza che impedisce al popolo di godersi il frutto del proprio lavoro. Kropotkin prende le mosse dall’idea che il retaggio della comunità è un retaggio collettivo, in cui è impossibile isolare e misurare il contributo del 138 ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e Claudio Neri, cit., p.13. 138 singolo, e del quale gli uomini devono godere collettivamente. Il principe ribelle vuole mostrare come i mezzi e i frutti della produzione, ora ingiustamente requisiti da pochi, sono la realizzazione collettiva dell’umanità intera; “ma affinché l’agiatezza divenga una realtà bisogna che questo immenso capitale, città, case, campi lavorati, officine, vie di comunicazione, educazione, cessi di essere considerato come una proprietà privata di cui l’accaparratore dispone a suo modo. Bisogna che questa ricca attrezzatura per produrre, faticosamente ottenuta, fabbricata, foggiata, inventata dai nostri antenati, divenga proprietà comune, affinché lo spirito collettivo ne tragga il più grande vantaggio per tutti. Bisogna ESPROPRIARE. L’agiatezza per tutti come fine, l’espropriazione come mezzo.”139. La parola d’ordine di Kropotkin è espropriazione, abolizione della proprietà ed eliminazione delle ineguaglianze, tutto ciò non si può in alcun modo ottenere attraverso la via legislativa, “tutto si sorregge mutualmente nelle nostre società, ed è impossibile riformare la parte senza scuotere l’insieme. Il giorno in cui si colpirà la proprietà privata in una qualunque delle sue forme, fondiaria o industriale, si sarà costretti a colpirla 139 in tutte le altre. Lo stesso successo della rivoluzione lo Ibid., p.22. 139 imporrà”140. Se la via legislativa è inutile l’unica strada è quella di un rivolgimento completo, “si sente la necessità di una rivoluzione sociale, e i ricchi come i poveri non si disilludono che questa rivoluzione è prossima, che può scoppiare da un giorno all’altro. L’evoluzione si è compiuta negli anni durante il corso di questo ultimo mezzo secolo: ma compressa dalla minoranza, cioè dalle classi possidenti, e non avendo potuto prendere corpo, bisogna che superi gli ostacoli con la forza e che si realizzi violentemente con la rivoluzione.”141. Il principe ribelle immagina la rivoluzione come un evento concreto in cui i lavoratori ribelli devono rendersi conto delle conseguenze delle loro azioni, affinché la rivoluzione non sfoci nella creazione di nuovi organi di potere che ostacolano lo sviluppo di una società libera. La rivoluzione deve essere sociale, portata avanti dalle masse stesse piuttosto che da un partito politico in quanto le rivoluzioni politiche sostituiscono un gruppo di dominatori con un altro senza modificare l’essenza della tirannia. Kropotkin rifiuta l’idea di un governo rivoluzionario perché un governo di qualsiasi tipo soffoca gli istinti libertari del popolo derubandolo della sua libertà; la rivoluzione deve abbattere il governo e mai e poi mai un governo può essere 140 141 Ibid., p.38. Ibid., p.22. 140 rivoluzionario, “l’uomo del popolo non ragiona su astrazioni, pensa in termini concreti, e perciò sente che l’astrazione ‘Stato’ avrebbe la forma di numerosi funzionari, presi fra i suoi compagni d’officina o di fabbrica, e sa cosa pensare dello loro virtù: eccellenti compagni oggi, diventano domani insopportabili gestori”142. Solo “con la presa di possesso immediato di tutto ciò che è necessario per assicurare la vita di tutti: questa è la sola maniera veramente scientifica di procedere, la sola che sia compresa e desiderata dalla massa del popolo. Prendere possesso, in nome del popolo in rivolta, dei depositi di grano, dei negozi che rigurgitano di vestiario, di case abitabili. Non sprecare niente; organizzarsi subito per riempire i vuoti, far fronte a tutte le necessità, soddisfare tutti i bisogni, produrre non più per dare benefici a chiunque sia, ma per far vivere e sviluppare la società”143. Dove porterà l’azione rivoluzionaria? Se non un nuovo Stato, quale sarà il futuro dell’umanità liberata? Kropotkin risponde in modo eloquente: “Ogni società, che avrà rotto con la proprietà privata, sarà costretta, secondo noi ad organizzarsi in comunismo anarchico. L’anarchia conduce al comunismo e il comunismo all’anarchia; l’uno e l’altra non essendo che l’espressione della tendenza predominante della 142 ID., L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Paris, 1896, trad.it L’anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, cit., p.26 141 società moderna: la ricerca dell’uguaglianza”144. Il comunismo anarchico deve basarsi sul principio ‘da ciascuno a seconda delle sue capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni’, rifiutando invece il principio, per Kropotkin irrealizzabile, della destinazione del prodotto sociale in conformità al lavoro effettivamente erogato da ciascuno. E’ necessario abolire il sistema salariale, secondo il quale è possibile misurare il lavoro di ogni individuo, e sostituirlo con un sistema di uguali compensi per tutti. “Il salariato è nato dall’appropriazione personale del suolo e degli strumenti di lavoro da parte di qualcuno. Era la condizione necessaria per lo sviluppo della produzione capitalista: morirà con essa anche quando lo si cercasse di travestire sotto forma di ‘buoni di lavoro’. Il possesso comune degli strumenti di lavoro condurrà necessariamente al godimento in comune dei frutti del lavoro comune”145. Kropotkin considera ogni sistema di retribuzione basato sulla capacità dell’individuo a produrre come un’altra forma di schiavitù salariale; “i collettivisti cominciano con il proclamare un principio rivoluzionario - l’abolizione della proprietà privata - e lo negano non appena proclamato, mantenendo un’organizzazione della produzione e 143 ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e Claudio Neri, cit., p.25. 144 Ibid., p.26. 145 Ibid., p.27. 142 del consumo che è nata dalla proprietà privata”146. Il collettivismo economico che stabilisce la collettivizzazione industriale e la remunerazione individuale in base al lavoro effettivamente prestato, finisce per necessitare di una autorità che misurando la produzione industriale e distribuendo i prodotti in modo adeguato contiene in sé il seme dell’autorità e della diseguaglianza. Ancora più sbagliato è, per il principe ribelle, la distinzione collettivista tra lavoro qualificato e lavoro semplice, in quanto si va a dividere la società in due classi ben distinte: l’aristocrazia del sapere e la plebe dalle mani callose. I collettivisti e i socialisti non capiscono che “l’ingegnere, lo scienziato e il dottore sfruttano semplicemente un capitale - il diploma - come il borghese sfrutta un’officina o come il nobile sfruttava i titoli di nascita”147. Una società che si impossessa di tutta la ricchezza sociale deve abbandonare l’idea del salariato, sia in moneta, sia in buoni, in quanto nessuna distinzione può essere fatta fra le opere di ognuno, bisogna mettere i bisogni al di sopra delle opere e riconoscere il diritto alla vita subito. Al principio del salario, Kropotkin sostituisce il principio del bisogno, ognuno è giudice delle proprie esigenze, prendendo dalla ricchezza comune solo ciò che gli serve, nessuno lo 146 147 Ibid., pp.106-107. Ibid., p.108. 143 controllerà, la propria libertà sarà l’unica autorità, questo è “il comunismo anarchico, il comunismo senza governo - quello degli uomini liberi. E’ la sintesi dei due perseguiti dall’umanità attraverso i secoli: la libertà economica e la libertà politica”148. Kropotkin sostiene che è possibile giungere alla sintesi di libertà economica e libertà politica solo nel momento in cui si capisce che le ingiustizie e le crisi economiche del capitalismo hanno origine non nella sovrapproduzione ma nel sottoconsumo, e nel fatto che troppa parte del lavoro è assorbita da occupazioni improduttive: se tutta l’energia mal diretta, sprecata in attività burocratiche e militari, fosse volta a fini socialmente utili, non sarebbe più un problema produrre di che soddisfare ampiamente le necessità di tutti. “L’essenza stessa del sistema economico attuale è che l’operaio non potrà mai godere del benessere da lui prodotto, e che il numero di coloro che vivono a sue spese andrà sempre aumentando”149. Marx aveva sostenuto che l’accumulazione del capitale dipende dal Plus-valore, ossia quel sovrappiù di forza-lavoro rispetto al salario che il capitalista non paga all’operaio 148 e che gli consente Ibid., p.29. ID., L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Paris, 1896, trad.it L’anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D.Tarantini, cit. p.21. 149 144 l’accumulazione di denaro. “Il secondo periodo del processo lavorativo, nel quale l’operaio sgobba oltre i limiti del lavoro necessario, gli costa certo lavoro, dispendio di forza lavoro, ma per lui non crea nessun valore. Esso crea plus-lavoro, che sorride al capitalista con tutto il fascino di una creazione dal nulla. Chiamo tempo di lavoro soverchio questa parte della giornata lavorativa, e plus-valore (surplus labor) il lavoro speso in esso”150. Secondo Kropotkin, invece, l’accumulazione capitalista deriva non dalla sua facoltà di assorbire il plus-lavoro, ma dalla necessità, nella quale si trova il lavoratore di vendere la sua forza lavoro. “Il plus-valore stesso non è che una conseguenza di cause più profonde. (....) in quanto, affinché ci sia plus-valore, bisogna che degli uomini, delle donne, dei ragazzi, siano obbligati dalla fame a vendere le loro forze lavoro per una parte minima di ciò che queste forze producono, e soprattutto, di ciò che essi sono capaci di produrre. Ma questo guaio durerà fino a che ciò che è necessario alla produzione sarà la proprietà di qualcuno solamente”151. Quando gli strumenti di produzione saranno posti al servizio di tutti, quando i lavoratori saranno liberati dalla schiavitù salariale e potranno svolgere il loro mestiere in un ambiente gradevole, quando sarà eliminata l’odiosa divisione tra 150 K.MARX, Das Kapital. Kritik der politischen oekonomie, Amburgo, 1867, trad.it Il Capitale, a cura di D.Cantimori, 5 voll., cit., vol.I, p.250. 145 lavoro intellettuale e lavoro manuale in modo che l’uomo d’arte sia operaio e l’operaio artista, quando la produzione di armi e lussi verrà abbandonata per prodotti socialmente utili, non c’è dubbio, afferma Kropotkin, che i bisogni di tutti saranno soddisfatti. L’uomo “lavorando quattro o cinque ore al giorno fino a 45-50 anni, potrebbe facilmente produrre tutto ciò che è necessario per garantire la comodità alla società. (....) L’uomo che avrà fatto quattro o cinque ore di lavoro manuale necessario per vivere avrà ancora davanti a sé cinque o sei ore che cercherà di riempire secondo i suoi gusti”152. Eseguite le poche ore di lavoro necessarie, l’uomo deve essere libero di seguire le proprie inclinazioni e di produrre per se stesso qualunque cosa desideri o ritenga indispensabile, al di là dei beni disponibili al fondo comune. Il suo lavoro non sarà mai sottoposto a una regolamentazione esterna e coattiva; non gli si chiederà nulla che egli non sia disposto a fornire. Il principe Ribelle è convinto che anche se nessuno verrà costretto a lavorare quasi tutti preferiranno il ‘lavoro piacevole’ all’ozio perché il piacere che ciascuno potrà trovare nel lavoro sarà rafforzato dalla soddisfazione morale di sapersi un uomo libero che lavora per il bene comune. “Allora il lavoro non si presenterà più come una maledizione 151 P.KROPOTKIN, La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e Claudio Neri, cit., p. 65. 152 Ibid., p.70. 146 del destino: diverrà ciò che deve essere: il libero esercizio di tutte le facoltà dell’uomo”153. A quanti affermano che senza costrizione la massa non lavorerà mai, Kropotkin risponde che “il benessere, cioè il soddisfacimento dei bisogni fisici, artistici e morali e la sicurezza di questo soddisfacimento sono sempre stati il più potente stimolo al lavoro. (....) Quindi una società che mirerà al benessere di tutti ed alla possibilità per tutti di godere della vita in tutte le manifestazioni, fornirà un lavoro volontario infinitamente superiore ed altrettanto considerevole della produzione ottenuta fino all’epoca attuale sotto lo stimolo della schiavitù, del servaggio e del salariato.”154. Kropotkin dimostra la sua anarchica fiducia nella naturale tendenza dell’uomo a prendersi le proprie responsabilità sociali. La società, sostiene il principe ribelle, diversamente dal governo, è un fenomeno naturale; rimosse tutte le restrizioni artificiali, gli uomini si comporteranno da esseri socialmente responsabili, perché a questo li porta la loro natura. Ne consegue che nella società rigenerata dalla rivoluzione verrà abolita anche la schiavitù domestica a cui è soggetta la donna perché tutte le sue funzioni “si fanno infinitamente meglio con la macchina; e le macchine di tutti i tipi si introdurranno nella casa, quando la distribuzione della forza a domicilio 153 154 Ibid., p.97. Ibid., p.95. 147 permettere di mettere tutto in movimento, senza spendere il minimo sforzo muscolare”155; emancipare la donna significa liberarla dalla schiavitù del lavoro di cucina e darle la possibilità di allevare i propri figli nel modo in cui gli sembra più giusto, conservando la libertà per partecipare alla vita sociale. Il comunismo anarchico di Kropotkin, quando lavora a demolire l’autorità sotto ogni aspetto, quando chiede l’abolizione delle leggi e del meccanismo che serve ad imporle, quando rifiuta ogni organizzazione gerarchica e propugna il libero accordo, lavora contemporaneamente a mantenere ed allargare il prezioso nucleo dei costumi di socievolezza senza dei quali non potrebbe esistere nessuna società umana o animale. Per Kropotkin anarchismo e comunismo possono stare insieme in quanto il necessario complemento l’uno dell’altro, insieme rappresentano il migliore fondamento dell’individualità, non di quella che spinge l’uomo alla guerra di ognuno contro tutti e che è il dominante nella società, ma quella che rappresenta il pieno rigoglio di tutte le facoltà dell’uomo, lo sviluppo superiore di quello che c’è di originale in lui, la più grande fecondità dell’intelligenza, del sentimento e della volontà. Solo la società, cresciuta con il comunismo anarchico un giorno potrà dire: “Tutto è di tutti !. E purché l’uomo e la donna apportino la loro parte di 155 Ibid., p.81. 148 lavoro, hanno diritto alla parte di ciò che sarà prodotto in tutto il mondo. E questa parte darà loro l’agiatezza. Basta con queste formule ambigue come il ‘diritto al lavoro’ o ‘a ciascuno il prodotto intero del suo lavoro’. Ciò che noi proclamiamo è il diritto all’agiatezza. L’AGIATEZZA PER TUTTI” 156. Federalismo comunitario 156 Ibid., p.19. 149 Le rivoluzioni precedenti, per Kropotkin, sono fallite perché si sono preoccupate esclusivamente riorganizzazione della di macchina problemi del politici potere, quali la l’epurazione dell’amministrazione, la separazione della Chiesa e dello Stato, la libertà civili, ignorando il problema essenziale del pane e dell’annullamento del divario fra campagna e città. La repubblica del 1793 e la Comune libera del 1871, si sono dimenticate la miseria del giorno successivo la rivoluzione, generata dalla cessazione del lavoro e dall’arrestarsi della circolazione dei prodotti. La mancanza di pane aveva segnato la fine delle speranze rivoluzionarie, “nostro compito, sarà di fare in modo che sin dai primi giorni della Rivoluzione, e fintanto che durerà, non ci sia un solo uomo sul territorio insorto che manchi di pane, non una sola donna che sia costretta a fare la coda davanti al panificio per portare la palla di semola che si vorrà gettare in elemosina, non un solo bambino che manchi del necessario per la sua debole costituzione. (....) E’ con il pane per tutti che la Rivoluzione vincerà”157. Kropotkin, comprende che la rivoluzione prima di portare 157 Ibid., p.42. 150 avanti grandi utopie e esigenze pratiche progetti altisonanti, deve occuparsi delle della popolazione affamata. La crisi è la prima conseguenza dell’azione rivoluzionaria: una società che per secoli si è mossa secondo il modo di produzione capitalista il cui fattore predominante è il salariato, non può passare immediatamente ad un modo di produzione fondato sul bisogno, senza incontrare forti scossoni; “non sapremo insistere troppo su questo punto: la riorganizzazione dell’industria su nuove basi non si farà in pochi giorni”158. Per l’anarchico russo è necessario che il popolo prenda immediatamente possesso di tutte le derrate che si trovano nei comuni insorti mettendole in comune ed offra agli operai delle fabbriche le materie prime di cui mancano, garantendo loro l’esistenza fino a quando non produrranno quello che necessita al coltivatore. Nelle rivoluzioni passate la campagna ha affamato le città: “qui è secondo noi tutto il problema. Offrire al coltivatore, in cambio dei suoi prodotti, non dei pezzi di carta, qualunque sia l’iscrizione, ma gli oggetti stessi di consumo di cui ha bisogno. Se ciò si fa, le derrate affluiranno verso le città. Se non si fa, avremo la penuria nelle città con tutte le sue conseguenze: la reazione e l’annientamento”159. Il comune libero è la forma politica che dovrà 158 159 Ibid., p. 45. Ibid., p. 53. 151 prendere la rivoluzione sociale, lo spirito collettivo delle moltitudini dovrà essere esercitato sulle cose della comunità. Quando Kropotkin dice che tutto deve tornare alla comunità, non lo intende in senso vago e generale: intende che deve diventare proprietà della Comune; per lui la Comune Sociale non è un organo governativo locale, ma è un’associazione volontaria che si occupa di tutte i bisogni primari della popolazione. Ogni gruppo della comune sarà necessariamente attratto verso gli altri gruppi affini delle altre Comuni; si unirà, si federerà con essi, con legami solidi stabilendo una comunanza d’interessi. L’individuo troverà il soddisfacimento dei propri bisogni unendosi con gli individui viventi le altre comuni, formando una rete di rapporti di cooperazione che sostituisce lo Stato. Il principe ribelle è convinto che gli esseri umani vivano meglio in piccoli gruppi, e che in tali gruppi meglio possano sviluppare la loro innata propensione ad aiutarsi reciprocamente e a comportarsi secondo principi democratici. Egli pone fortemente l’accento sulla distinzione tra forme di organizzazione sociale naturali e innaturali, e sul fatto che la società di grandi dimensioni può funzionare su una base di libertà soltanto se si fonda su piccole comunità auto-organizzate. Durante il viaggio in Europa aveva ammirato i costruttori di orologi del Giura, 152 nella loro combinazione di industria domestica e di coltivazione della propria terra, e nella loro lotta ingaggiata contro la concorrenza dei prodotti di fabbrica, e per il fatto che preferivano vivere accontentandosi di poco pur di non rinunciare alla libertà. Questa piccola comunità riusciva a cavarsela benissimo da sola, senza autorità coercitiva di sorta, purché la vita fosse reintegrata coordinando industria e agricoltura. Il loro modo di vivere, per Kropotkin, mostra che l’umanità può vivere bene solo se il lavoratore dell’industria non viene staccato dalla terra e costretto ad impegnarsi per tutta la vita in una sola occupazione, per quanto qualificata, e tanto meno in un lavoro non qualificato nel chiuso di una fabbrica. L’integrazione geografico sociale di industria e agricoltura, e quindi anche di città e campagna, è indispensabile per abbattere la divisione gerarchica delle funzioni sociali. “La combinazione dell’agricoltura con l’industria, l’uomo agricoltore e industriale nello stesso tempo è ciò a cui condurrà necessariamente la Comune comunista, se si lancia liberamente nella via dell’espropriazione”160. Bisogna che le grandi città coltivino la terra così bene come fanno le campagne, bisogna tornare ‘all’integrazione delle funzioni’, dopo aver diviso il lavoro è necessario integrare. I cittadini in gran parte devono farsi agricoltori, seguendo i principi dell’agricoltura 160 Ibid., p.55. 153 intensiva, dell’orticoltura, e adoperando le migliori macchine che l’uomo ha inventato e potrà inventare. “Le due attività sorelle dell’agricoltura e dell’industria non sono sempre state così estranee l’una all’altra come lo sono oggi. C’è stato un tempo, e quel tempo non è molto lontano, in cui entrambe erano intimamente legate: i villaggi ospitavano allora una molteplicità di officine e gli artigiani delle città non abbandonavano l’agricoltura; molte città non erano altro che villaggi industriali. Se la città medievale ha costituito la culla di quelle industrie che confinavano con l’arte e che avevano lo scopo di soddisfare i bisogni delle classi più agiate, era pur sempre la produzione rurale a soddisfare i bisogni delle masse, come avviene attualmente in Russia e in buona parte anche in Germania e in Francia. Ma più tardi, con l’avvento delle turbine, del vapore, con lo sviluppo della macchina, i legami che una volta vincolavano la fattoria all’officina si sono spezzati.”161. Con la rivoluzione industriale, diminuì notevolmente il peso specifico della terra e del capitale circolante: nel 1880 l’agricoltura forniva non più del 10% del prodotto lordo nazionale, e già allora quattro persone su cinque viveva in grandi città. La progressiva dissoluzione dell’artigianato dell’industria 154 indipendente e domestica modificò, a sua volta, lo status sociale delle classi lavoratrici mentre l’urbanizzazione e i rapidi mutamenti tecnologici o le periodiche fluttuazioni della congiuntura economica crearono nuove forme di disoccupazione di massa o di occupazione parziale. Per Kropotkin gli effetti negativi del processo di industrializzazione mostrano che “i paesi industriali devono tornare all’agricoltura, devono trovare i mezzi più opportuni per combinarla con l’industria, e devono farlo senza perdere tempo”162. Kropotkin sa che in alcune attività industriali la fabbrica ha la meglio sull’industria artigianale, ma vivono settori in cui i laboratori artigianali mantengono le loro posizioni, “le piccole industrie sono dunque un mondo che , in modo abbastanza sorprendente, continua ad esistere nei paesi più industrializzati, fianco a fianco con le grandi fabbriche”163. Nella stessa industria tessile che tanti vantaggi presenta per il sistema industriale, soprattutto grazie all’impiego lavorativo di donne e bambini, il telaio a mano compete con quello meccanico. Kropotkin pensa che la produzione su larga scala, tranne che per alcuni prodotti intermedi standardizzati, non sia realmente economica, e che la sua espansione si deve in gran parte al basso costo della manodopera non qualificata. Il giorno che questa manodopera non è più 161 ID., Scienza e Anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.149. Ibid., p.150. 163 Ibid., p.154. 162 155 sfruttabile, allora ci si renderà conto che non solo dal punto di vista della felicità umana, ma anche da quello economico è molto meglio fabbricare i prodotti finiti in piccoli stabilimenti o addirittura in piccole officine. Se le grandi imprese vengono gradualmente trasformate in comunità autonome e dotate di facoltà di autogovernarsi, in cui i produttori possono decidere liberamente sulle questioni di metodo, sulle condizioni e i tempi del lavoro, il progresso verso uno status migliore sarà garantito. A quanti lo criticano per il desiderio di creare piccole unità lavorative in un periodo il cui la grande industria fa sentire sempre di più la propria forza, Kropotkin risponde che nulla prova che la produzione di massa faccia scomparire le arti della piccola produzione perché le imprese rappresentano una necessità economica. “Ogni nuova fabbrica chiama in vita una quantità di nuove piccole officine, in parte per sopperire al proprio fabbisogno e in parte per sottomettere il suo prodotto a una trasformazione ulteriore”164. La grande fabbrica generando nuovi bisogni, stimola la nascita di nuove attività artigianali, il basso prezzo del cotone e della lana, della carta e dell’ottone, ha creato centinaia di nuove piccole imprese. 164 Ibid., p.158. 156 Kropotkin respinge la dottrina di Marx secondo cui la concentrazione del capitale aumenta continuamente a scapito della piccola impresa e il mutamento delle qualifiche riduce l’esercito industriale a una massa indifferenziate di forza-lavoro. Il principe ribelle ammette che nel regime capitalista questa tendenza esiste, ma allo stesso tempo individua la presenza di forze altrettanto potenti che agiscono in senso opposto. “Lungi dal manifestare una tendenza a scomparire, le piccole industrie mostrano al contrario la tendenza verso un ulteriore sviluppo”165. Questo sviluppo è maggiore li dove le piccole imprese sono combinate con l’agricoltura, dove i lavoratori sono rimasti proprietari del suolo e continuano a coltivarlo. Kropotkin non auspica un ritorno dell’industria al suo stadio manuale allo scopo di combinarsi con l’agricoltura, “ogni volta che è possibile risparmiare lavoro umano per mezzo di una macchina, la macchina è benvenuta e va impiegata; e non c’è quasi settore dell’industria in cui il lavoro meccanico non possa essere introdotto con grande vantaggio, almeno in alcune fasi della produzione. (....) Nello stesso tempo, però, il lavoro manuale estenderà il proprio dominio sulla rifinitura artigianale di molte merci che oggi 165 Ibid., p.160. 157 vengono interamente prodotte in fabbrica, e rimarrà sempre un fattore importante per la nascita di migliaia di nuove produzioni industriali.”166. Kropotkin ritiene che non solo l’industria deve essere tecnologizzata, ma anche l’agricoltura, “l’agricoltura non si può sviluppare senza l’aiuto della meccanica, e l’uso dei macchinari avanzati non può diventare generale senza un’industrializzazione diffusa: senza officine meccaniche facilmente accessibili al coltivatore del suolo, l’uso del macchinario agricolo non è possibile”167. I metodi di coltivazione intensiva, attraverso l’utilizzo di nuovi macchinari, accrescono la produzione di alimenti fino al punto che anche paesi popolati come l’Inghilterra possono nutrire i propri abitanti in abbondanza senza dover fare affidamento ad i prodotti importati; “non c’è una sola nazione al mondo la quale, armata degli attuali poteri dell’agricoltura, non possa crescere nelle sue aree coltivabili tutti gli alimenti e la maggior parte dei materiali di base che derivano dall’agricoltura richiesti dalla popolazione, anche se le richieste di tale popolazione aumentassero rapidamente come certo dovrebbe accadere”168. In virtù di queste intrinseca possibilità, per Kropotkin, l’agricoltura deve cessare di essere l’occupazione pesante, sopportata tutta la vita da un lavoratore ignorante 166 Ibid., p.173. Ibid., p.178. 168 ID., La società aperta, scelta negli scritti a cura di H.Read, cit., p. 173. 167 158 sempre sull’orlo di una povertà indecorosa, e divenire l’occupazione occasionale di uomini e donne impiegati normalmente nell’industria e nella produzione intellettuale. Se invece di essere gestita con metodi antichi e tradizionali, senza alcuna possibilità di una partecipazione creativa del lavoratore, fosse ravvivata dalla ricerca di nuovi sistemi e nuove invenzioni, animata da un nuovo spirito di libertà; allora, l’agricoltura diverrebbe un divertimento anziché un compito ingrato, e una fonte di salute e di energie vitali per coloro che vi sono impegnati. A favorire l’incontro tra industria e agricoltura, per Kropotkin, contribuirà anche l’energia elettrica, che distribuita tra le piccole unità di produzione, permetterà una riduzione delle dimensioni delle imprese industriali, così che la produzione di prodotti potrà essere trasferita alla campagne senza sacrificio di energia aggiornata. In questo modo il peso principale della produzione potrà essere lasciato ai laboratori in cui il lavoro è più efficace e vantaggioso dal punto di vista del benessere umano. Alla centralizzazione dell’industria moderna, Kropotkin contrappone “la disseminazione delle industrie per tutto il paese - in modo da portare la fabbrica tra i campi e da apportare all’agricoltura tutti quei benefici che essa trae sempre dalla combinazione con l’industria (come avviene sulla costa orientale degli Stati Uniti) - è 159 certamente il primo passo da compiere, non appena si sia resa possibile una riorganizzazione delle nostre condizioni attuali. E questo passo che viene già fatto qua e là - lo impone una necessità, per ogni uomo e donna sana, di passare parte della vita nel lavoro manuale all’aria aperta; e diventerà ancora più necessario quando i grandi sommovimenti sociali, oggi divenuti inevitabili, verranno a perturbare l’attuale scambio internazionale spingendo ogni nazione a fare ricorso alle proprie risorse per mantenersi. L’umanità intera, come ogni singolo individuo, guadagneranno nel cambio, e il cambio sarà inevitabile”169. Il federalismo comunitario di Kropotkin, rimanda ad una società che producendo per se stessa e cercando nella propria comunità i bisogni e le esigenze da soddisfare, assicura largamente la vita e l’agiatezza ad ognuno dei suoi membri, e nello stesso tempo la soddisfazione morale dettata da un lavoro liberamente scelto e liberamente svolto. La gioia di poter vivere senza essere ostacolati nel proprio libero sviluppo, il sentimento si solidarietà che caratterizza le piccole comunità federate, la possibilità di realizzare le grandi aspirazioni della vita, fanno sentire l’uomo finalmente umano. La società decentrata che nascerà “non avrà da temere né dissensi all’interno, né nemici all’esterno. Alle coalizioni del passato opporrà il proprio amore per il nuovo ordine, l’audace 169 ID., Scienza e anarchia, a cura di G.Berti, cit., p.180. 160 iniziativa di ognuno e di tutti, la propria forza divenuta erculea dal risveglio del suo genio. Davanti a questa forza irresistibile i re congiurati non potranno nulla. Non avranno che da inchinarsi davanti ad essa, attaccarsi al carro dell’umanità, proseguendo verso i nuovi orizzonti socchiusi dalla Rivoluzione sociale”170. 170 ID., La conquete du pain, Parigi, 1892, trad. it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e Claudio Neri, cit., p.140. 161 162 CONCLUSIONE 163 Pietro Kropotkin fu un valente geologo, un appassionato etnologo, un irriducibile studioso dell’uomo e della natura. Tutta la sua opera è figlia del determinismo scientifico della sua epoca, della convinzione che la scienza sia l’unica conoscenza possibile, della certezza che il metodo scientifico vada esteso a tutti i campi, compresi quelli che riguardano l’uomo e la società. Il progresso della scienza è per lui la base del progresso umano e lo strumento di riorganizzazione globale della vita in società, in lui troviamo a pieno l’animo positivistico, quello che Abbagnano ha definito romanticismo della scienza. Come i positivisti non poterono, però, opporsi alla reazione antipositivistica, similmente molte delle conclusioni di Kropotkin sono state superate dagli sviluppi e dall’andamento successivo delle scienze e della società in generale. La lunga trattazione sul Mutuo appoggio, in cui il principe ribelle, ha ridotto la teoria evoluzionista allo scontro tra due concezioni, una che privilegia la lotta per la vita, l’altra il mutuo appoggio, è stata resa vana dall’antropologia moderna e da un pensiero scientifico e metodologico che ha tratto insegnamento principalmente dalle ricerche scientifiche sul campo biologico, le quali ultime hanno provato l’esistenza di un notevole numero di fattori evolutivi, dando vita 164 ad una sorta di relativismo agnostico. L’esaltazione del mondo primitivo come massima espressione del mutuo appoggio e della socialità, non tiene conto che le società primitive hanno smania di giustizia, equità, e solidarietà, ma questa smania è ritualizzata all’estremo, cioè esiste un rituale sociale complicatissimo per promulgare, confermare e consolidare questi valori; tali valori non sono il risultato di un gesto spontaneo ma di un gesto rituale. La tesi che gli uomini non pervertiti dall’autorità politica e sociale, sono di per sé virtuosi e quindi capaci di vivere in armonia da fratelli, è andata a cozzare contro la propensione novecentesca delle masse a seguire capi carismatici, contro la sete di potere della società industrializzata, contro l’individualismo moderno e la diseguaglianza imperante. La mitizzazione romantica dello spontaneismo popolare, lo ha portato a vedere nel popolo un soggetto politico e sociale autonomo, dotato di una sua volontà, laddove esso non è che un insieme eterogeneo di realtà sociali, economiche, etniche e culturali; più volte nella storia il popolo ha tradito coloro che sognavano la sua emancipazione, tante volte questa massa di individui anziché vagheggiare la propria liberazione ha preferito individualizzare i propri interessi. Il metodo di analisi induttivo-deduttivo, con cui Kropotkin ha cercato di unire evoluzione e rivoluzione, necessità e libertà, mirava ad 165 una scienza completamente al servizio di una volontà, di un’idea. Il novecento, ha invece mostrato, come l’unica rivoluzione riuscita, quella della tecnica, sia stata una rivoluzione senza soggetto. La tecnica moderna pretende dalla natura che essa fornisca energia da estrarre e accumulare, dall’agricoltura che sia industria meccanizzata dell’alimentazione, dall’uomo che egli sia solo il ricettore del suo progresso. Gli errori di Kropotkin, però non possono allontanare i grandi meriti e le notevoli intuizioni della sua produzione intellettuale. L’insistere sulla produzione di alimenti come base di un sistema economico, il sottolineare un sano equilibrio di agricoltura e industria, i suggerimenti sulla localizzazione industriale sono sorprendentemente calzanti ai giorni nostri. Kropotkin aveva capito, diversamente da Marx, che il numero delle grandi imprese non sarebbe aumentato all’infinito, ma che anzi, come testimonia il crollo della grande impresa Fordista, le piccole e medie imprese avrebbero conquistato sempre più spazio nella realtà industriale. Lo sviluppo industriale moderno sembra aver dato ragione a Kropotkin, solo che mentre il principe ribelle pensava che la piccola comunità industriale avrebbe favorito la socialità, la moderna media impresa è preferita alla grande impresa solo nell’ambito di un 166 sistema economico mirante all’aumento del profitto e alla massimizzazione degli utili. Se ingenua è l’idea che lo Stato sarebbe crollato nel XIX secolo, infatti la fine dell’ottocento e l’inizio del secolo scorso sono segnati dalla tragedia dell’imperialismo, assolutamente giusta è la conclusione che lo stato centralizzato e coercitivo implica l’esistenza della guerra. Lo Stato moderno è sempre più entrato in ogni aspetto della vita dell’individuo, estendendo i suoi tentacoli burocratici sull’esistenza quotidiana, emarginando sempre più il dissenso sociale e cercando di arginare le sacche di resistenza con la guerra. Il principe russo aveva ragione a considerare lo Stato, qualunque sia, sempre oppressore e limitatore delle libertà. Le sue battaglie antimarxiste ci offrono un’analisi profetica di ciò che sarà il comunismo nel ventesimo secolo, soprattutto come si è evoluto nella Cina maoista e nell’Unione Sovietica stalinista. Come ha fatto ben rilevare Lewis Mumford,, con quasi mezzo secolo di anticipo sul pensiero tecnico ed economico contemporaneo, Kropotkin aveva intuito che la duttilità e l’adattabilità delle comunicazioni e dell’energia elettrica, unite alla possibilità di un’agricoltura intensiva e biodinamica, avevano posto le basi di un’evoluzione urbana più decentrata da svolgersi attraverso piccole 167 comunità basate sul contatto umano diretto e provviste dei vantaggi della città oltre che di quelli della campagna. I nuovi mezzi di comunicazione rapida, insieme all’introduzione dell’energia elettrica nei distretti rurali attraverso una rete e non mediante una linea unidimensionale, avrebbero accresciuto il livello tecnologico della piccola comunità fino a quello della grande città. L’invenzione dell’automobile, della radio, del cinema e della televisione hanno avvalorato le sue previsioni perequando i vantaggi tra il centro metropolitano e la comunità rurale. Questo sviluppo, ha consentito alla piccole comunità sparse in tutto il mondo, una vita locale più responsabile e più sensibile, che lasciando maggior campo d’azione alla socialità umana ha permesso di coltivare gli aspetti relazionali calpestati dall’organizzazione di massa. Tra ingenuo positivismo, grandi intuizioni socio-economiche e ricerca di un’etica umana, il pensiero del principe anarchico, ci porta verso orizzonti non ancora dispiegati nel pensiero teorico anticapitalistico. Se le tragedie del comunismo sono sotto le lenti della storia con tutto il portato di sofferenze e fallimenti, non possiamo però non rilevare, che il capitalismo ha creato il proprio divenire a prezzo di atrocità, violenze, oppressione e sfruttamento inesorabile. Bisogna non 168 rinchiudersi nel nichilismo ideologico, è necessario rielaborare un pensiero ed una teoria sociale che partendo dalle esigenze primarie dell’individuo, sviluppando a pieno le contraddizioni dell’attuale sistema economico, utilizzi e rielabori le intuizioni più pregnanti dell’anarchismo. Il pensiero di Kropotkin, di questo principe che ha abbandonato le proprie ricchezze per dedicarsi al sogno di un’umanità liberata, senza chiedere né onori né vantaggi personali, è un ottimo punto di partenza. L’anarco-comunismo che parte dai bisogni dell’uomo e pensa ad una società liberata nel comunismo; il federalismo comunitario consapevole che il mutuo appoggio è più semplice in piccole comunità autogestite; una scienza che parte dall’uomo, ha come soggetto l’uomo e come termine l’uomo; sono qualcosa di estremamente utile in un percorso culturale di critica al capitalismo e di prospettiva rivoluzionaria, che dopo la caduta del muro di Berlino si è fermato, ma che ora, dinanzi alla povertà dei due terzi della popolazione mondiale, necessita di ripartire con meno egoismi e maggiore mutuo appoggio. 169 170 BIBLIOGRAFIA 171 P.KROPOTKIN, La conquete du pain, Parigi, 1892, trad.it. La Conquista del pane, a cura di Graziella e Claudio Neri, Catania, 1978. P.KROPOTKIN, L’Anarchie: sa philosophie, son ideal, Parigi, 1896, trad.it. L’Anarchia: la sua filosofia e il suo ideale, a cura di D. Tarantini, 1994. P.KROPOTKIN, Scienza e Anarchia, raccolta di scritti a cura di G.Berti, Milano, 1998. P. 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