I maestri del sospetto: Paul Ricoeur esponente dell’ermeneutica contemporanea (una filosofia che si basa sulla teoria dell’interpretazione), definisce Marx, Nietzche e Freud come “MAESTRI DEL SOSPETTO”. I tre sono autori molto diversi fra loro: Marx orienta il suo pensiero sulla politica, Nietzche è un personaggio unico e la sua filosofia è assolutamente originale e non appartiene ad alcun filone, mentre Freud non è neppure un vero e proprio filosofo, eppure Ricoeur ha trovato in loro una sorta di filo conduttore e li ha raggrupparti sotto quella che definisce la “SCUOLA DEL SOSPETTO”. Infatti, tutti e tre, seppur in ambiti diversi e con altrettanto differente bagaglio culturale, hanno messo in discussione tutte le certezze, tutte le convinzioni, che la filosofia occidentale aveva accumulato fino a quel tempo. Le sicurezze e le pretese assolute vengono destituite del loro valore. Da un lato quindi noi assisteremo ad una distruzione, ma dall’altro vedremo anche la soluzione. Questa distruzione delle certezze, “l’arte del sospetto”, si concentrava soprattutto sulla coscienza e sulla soggettività. Secondo l’umanesimo classico, la coscienza è trasparente a se stessa (autotrasparente), pura e disinteressata (un esempio potrebbe essere il Cogito cartesiano), e ciò implica che l’uomo sappia tutto ciò che è. L’uomo è un soggetto consapevole, libero, lucidamente cosciente di tutto ciò che è, e quindi in grado di dominarsi e di scegliere. La coscienza è l’espressione più elevata del suo essere. È questa l’idea che tutti e tre, da punti di vista diversi, distruggono. La coscienza è un’illusione, non è pura coscienza ma falsa coscienza, ovvero il prodotto di altri fattori. Secondo Marx la coscienza è il prodotto di diverse condizioni economiche e sociali, in cui l’uomo si trova a vivere. Per Nietzche è il prodotto di alcuni bisogni vitali. Mentre per Freud, la coscienza, ovvero quello che l’uomo sa, è solo la punta di un iceberg, la superficie di qualcosa di assolutamente più complesso. L’uomo è dominato dall’inconscio. Tutti e tre hanno avuto una notevole influenza sulle filosofie contemporanee. Karl Marx : PRECISAZIONI: Marxiano: è il pensiero di Marx, tutto ciò che emerge dalle sue opere. Marxista: è un aggettivo che si riferisce alle interpretazioni successive che sono state date al pensiero di Marx (i neomarxismi, per esempio). Sono teorie che hanno portato ad applicazioni concrete in campo politico, ma possono essere anche diametralmente opposte. COMUNISMO e SOCIALISMO sono sinonimi. SOCIALISMO REALE = COMUNISMO In particolare per Marx il vero socialismo è soltanto il comunismo. Infatti, per lui il socialismo sarebbe avvenuto soltanto con lo smantellamento della proprietà privata e per raggiungerlo occorreva fare una rivoluzione. Marx riteneva utopistiche le teorie socialiste che auspicavano un cambiamento graduale attraverso le riforme (vedi Saint-Simon e Owen). Il pensiero di Marx non è un pensiero ricchissimo dal punto di vista filosofico, ma ricco di valenze politico sociali. Le analisi che Marx compie sono legate al suo contesto storico. BIOGRAFIA: Marx nasce a Treviri nel 1818 da una famiglia ebrea. Inizia gli studi presso la Facoltà di Giurisprudenza. Entrato in contatto con il Doktorclub, un circolo della sinistra Hegeliana, studia a fondo la filosofia di Hegel. Passato da Giurisprudenza a Filosofia, si laurea all’Università di Jena con una tesi sulle “Differenze tra la filosofia di Democrito ed Epicuro”, entrambi considerati dei filosofi materialisti. Abbandonati i progetti universitari intraprende la carriera di giornalista politico. Nel 1843 si trasferisce a Parigi. Qui conosce Engels, il quale collaborerà a molte opere dell’amico. Nel 1845, per motivi, per motivi Politici si trasferisce in Belgio, dove elabora il “Manifesto del Partito Comunista”, commissionato dai comunisti tedeschi. Ancora per motivi politici è costretto a rifugiarsi prima a Parigi e successivamente a Londra, dove nonostante le grandi difficoltà economiche riesce ad andare a avanti negli studi. Nel 1849, scrive la sua opera maggiore: “il Capitale”, opera costituita da 3 volumi, dei quali solo il primo viene pubblicato quando Marx è ancora in vita. Muore a Londra nel 1883. Marx si dedica soprattutto all’organizzazione del movimento operaio, nel 1864 fonda con Engels la Prima Internazionale, che però fallisce per gli insanabili contrasti interni tra la linea di Marx ed Engles e quella degli anarchici. PENSIERO FILOSOFICO: CRITICA DELL’IDEALISMO HEGELIANO: Nonostante il pensiero di Marx da una parte critichi l’idealismo Hegeliano, è innegabile il fatto che questo abbia esercitato una forte pressione sullo sviluppo del suo pensiero, che è infatti comprensibile solo sullo sfondo hegeliano. Il pensiero di Marx deve essere compreso a partire da quello di Hegel. Questa sorta di sfondo alla filosofia marxiana, sta nell’intendere la realtà come un continuo divenire, un continuo sviluppo necessario, verso il meglio. Infatti, anche per Marx la dialettica rappresenta, come per Hegel, sia un modo di essere della realtà che un metodo per comprenderla efficacemente. Tuttavia Marx crede che in Hegel la dialetti risulti capovolta, allora si propone di rovesciarla, ossia “ribaltarla dalla testa ai piedi”, sforzandosi di liberale il nocciolo razionale dal guscio mistico, che distingue in essa. - Il NOCCIOLO RAZIONALE, è costituito da ciò che egli accetta della dialettica, ovvero il progresso necessario verso il meglio, che passa dalla contraddizione (che è vista ancora come il principio “motore e generatore” per raggiungere la sua piena realizzazione. N.B. Le contraddizioni sono necessarie perché condurranno al rovesciamento dialettico che porterà all’affermazione del Comunismo. Accetta anche il modello della totalità organica, la realtà è una totalità in divenire formata da una serie di momenti intercollegati (la storia è un tutto). - Il GUSCIO MISTICO, è costituito da ciò che egli non accetta della dialettica. Dunque, il fatto che protagonista della dialettica sia la vita dello spirito assoluto, ovvero la coscienza. Per Marx, infatti,la dialettica non è la vita dello spirito (perché è misteriosa), non è un gioco di concetti (tesi, antitesi e sintesi), non è soprattutto astratta: è qualcosa di reale. È un processo storico reale che vede come protagonisti gruppi di individui con interessi comuni, con le loro condizioni sociali e i loro interessi economici. La coscienza è solo una sovrastruttura. Hegel aveva “falsificato” la realtà, ponendo come reale ciò che è solo ideale, quello che per Marx, posto che esista, è solo il prodotto di diversi fattori. Aveva posto come primario ciò che è soltanto derivato. Per Marx la filosofia deve promuovere un cambiamento della realtà, non può essere solo interpretazione (critica al giustificazionismo Hegeliano). Nell’ “XI Tesi su Feuerbach” scrive che i filosofi si sono limitati ad interpretare il mondo, ora si tratta di cambiarlo. Quindi per Marx la filosofia deve diventare pratica (prassi), azione politica, deve essere un vero e proprio impegno per cambiare la realtà, altrimenti si resterebbe nell’astratto. La filosofia deve incidere sulla realtà anche e soprattutto attraverso atti rivoluzionari. Infondo a quest’affermazione troviamo il presupposto Hegeliano dell’identificazione tra pensiero ed essere. Infatti, la teoria è una forma di sapere, (pensiero) mentre, la prassi è qualcosa di implicato alla realtà (essere). La filosofia può modificare la realtà proprio perché, come per Hegel, sono entrambi strettamente collegati. Teoria Ξ Prassi Politica Questo aspetto emerge, inoltre, nel modo in cui Marx tratta il tema dell’alienazione. Il termine che significa estraniarsi, uscire da sé, non è nuovo o originale, ma affonda le sue radici nella filosofia precedente: usato da Hegel è stato poi ripreso da Feuerbach, e Marx. ALIENAZIONE: Alienazione - Marx Feuerbach Hegel Lavoro Religione Vita dello Spirito per Hegel: è il momento negativo della vita dello Spirito assoluto (lo spirito è fuori da sé) e di tutte le sue rappresentazioni. Feuerbach aveva criticato questa concezione riportando l’alienazione al concreto. - per Feuerbach: il soggetto dell’alienazione sono gli uomini come individui concreti. L’alienazione consiste e si manifesta nel fenomeno religioso, nella religione: l’uomo proietta le proprie qualità positive, la perfezione dell’umanità in un essere superiore e trascendente che chiama Dio, a cui si sottomette adorandolo. Dio non è altro che una proiezione dell’uomo. L’uomo togliendo a se stesso le qualità migliori e la sua perfezione si espropria da sé, esce da sé e si aliena. Quanto più l’uomo attribuisce a Dio, tanto più toglie a se stesso; più si impoverisce, più arricchisce Dio. La teologia, ovvero lo studio di Dio, deve diventare antropologia, studio dell’uomo, perché appunto non è l’uomo che è fatto a immagine e somiglianza di Dio, ma viceversa è Dio che è immagine e somiglianza dell’uomo. Questo discorso è il punto di partenza per Marx, che si rifà a Feuerbach, e accetta la struttura formale del meccanismo dell’alienazione, intesa come una autoestraneazione. Marx ha definito la religione come l’ “oppio dei popoli”, l’uomo per coprire la miseria della vita presente, per distrarsi, si narcotizza con la religione, proiettando ogni suo desiderio in un mondo ultraterreno (autoestraneazione). Tuttavia tale visione non è sufficiente. Feuerbach non è stato abbastanza radicale ha infatti interpretato il fenomeno dell’alienazione ancora come un fatto prevalentemente di coscienza (sia pure religiosa) derivante da un’errata interpretazione di sé. L’alienazione non si riduce alla religione. Bisognerà dunque cambiare l’interpretazione del rapporto tra uomo e Dio per superare l’alienazione. Quando l’uomo avrà preso atto che le caratteristiche di Dio non sono che le sue (teologia antropologia) allora l’alienazione sarà superata. Per Marx dunque l’alienazione non è solo un fatto di coscienza, di religione, ma riguarda le condizioni reali, economiche e sociali della società capitalista. Per superare l’alienazione occorrerà dunque, necessariamente, cambiare le situazioni concrete e la struttura economica della società e del lavoro. Uscire dall’alienazione significa ritrovarsi. Queste posizioni riguardo l’alienazione sono contenute nei Manoscritti economici e filosofici, un’opera giovanile in cui emerge un tono umanistico. Infatti, per esempio compare il termine “essenza dell’uomo” che nelle opere successive non sarà più riportato, perché improntate su ricerche più scientifiche e meno umanistiche. L’alienazione dell’operaio viene descritta da Marx sotto quattro aspetti fondamentali: - RISPETTO AL PRODOTTO: nel sistema di fabbrica l’operaio non controlla tutte le fasi di produzione, come può essere per un artigiano, ne controlla solo una, o poche fasi. Il prodotto tende così a porsi davanti all’operaio, e viene considerato estraneo. In virtù della sua forzalavoro, l’operaio produce un oggetto che non gli appartiene e che viene a costituire una potenza dominatrice nei suoi confronti. Quanto più l’operaio mette di sé e lavora un prodotto, tanto più si impoverisce (alienazione), perché il prodotto (per cui lui ha messo molta energia) va ad arricchire il capitalista. Si innesta così il meccanismo dello sfruttamento. - RISPETTO ALL’ATTIVITÀ PRODUTTIVA: perché prende la forma di un “lavoro forzato”, in cui egli è strumento di fini estranei. Questa attività è spersonalizzante, non lo mette in condizione di realizzarsi, perché è ripetitiva e coercitiva (costrittiva); il lavoro dell’operaio non è libero, spontaneo o creativo ma è sotto costrizione. Non realizzandosi nel lavoro, l’uomo cerca allora la propria realizzazione nella vita privata, ad esempio nello svago o nel cibo…. N.B. Marx mette così tanto in evidenza che l’uomo nel lavoro si aliena perché, per lui, il lavoro ha una funzione essenziale per l’uomo, quella di realizzarlo. Per Marx il lavoro è ANTROPOGENO, è ciò che realizza l’essenza dell’uomo. Perciò deve essere spontaneo e non costrittivo, creativo e non ripetitivo, perché deve essere l’espressione di tutte le energie, anche spirituali, dell’uomo. Il lavoro deve, in ultima analisi, appartenere all’uomo. - RISPETTO ALL’ESSENZA DELL’UOMO: parlando di “essenza dell’uomo” Marx intende l’intera umanità. Parla infatti di un’essenza sociale o comune dell’uomo, che non è dunque posseduta come singolo ma come specie. Il lavoro dunque deve realizzare un’essenza comune, deve realizzare l’umanità. N.B. La NATURA è il corpo inorganico dell’uomo: il lavoro alienato estranea l’uomo dalla natura, ma in realtà questa dovrebbe essere il suo corpo inorganico. Secondo un concetto biblico (da lui laicizzato) il compito del lavoro è di trasformare la natura e di “immanizzare” il cosmo, ovvero modellarlo, plasmarlo secondo un progetto che parte dall’uomo stesso. La natura deve avere una forma che corrisponda il più possibile alle esigenze dell’uomo, la natura allora risulta essere un prolungamento dell’essere umano. - RISPETTO AGLI ALTRI UOMINI: se ciascun uomo è estraniato dall’umanità, risulterà estraneo anche dagli altri uomini. I rapporti nel lavoro e nella società, non a caso, sono conflittuali e non armonici, e questo a causa della proprietà privata, che distribuisce i beni in modo disuguale. L’operaio è alienato rispetto al prossimo perché vede nell’altro un individuo che lo tratta come un mezzo e lo espropria dalla sua proprietà, creando così un rapporto conflittuale. Per Marx l’uomo è definito dall’attività lavorativa come forma più raffinata, per la realizzazione dei bisogni. È un uomo economico, un animale in grado di fabbricare i propri mezzi di sussistenza (homo faber). La radice di tutti i mali e quindi la causa di questo meccanismo globale dell’alienazione è la proprietà privata. Nella società capitalistica l’operaio a causa della proprietà privata si trova separato sia rispetto al prodotto della sua attività (che appartiene al capitalista, detentore dei mezzi di produzione), sia rispetto alla sua attività stessa (l’operaio si sente uno strumento, è un lavoro costrittivo) , il prodotto si contrappone come una potenza indipendente da colui che la produce. Se allora l’alienazione deriva dal regime di proprietà privata, per uscire da questa bisogna abolire il sistema capitalistico. Non si tratta di una semplice modifica ma proprio dell’eliminazione totale della proprietà privata (instaurazione del Comunismo). Se l’essenza dell’uomo è comune nulla gli può appartenere come singolo, ma come collettività. Come per Hegel il tutto viene prima delle parti, ma per Marx si tratta di “un tutto” concreto: l’umanità. CRITICA ALL’IDEOLOGIA TEDESCA: L’ideologia tedesca è un testo del 1845, dove troviamo la critica che rivolge alle ideologie. Anche qui troviamo il passaggio del rovesciamento della dialettica e dei concetti concreto-astratto di Hegel. È in questa critica alle ideologie che si trova la motivazione per cui Ricoeur ha definito Marx un “maestro del sospetto”. IDEOLOGIA: È un modo di interpretare la realtà sulla base di principi assoluti e totalizzanti. Per Marx è una visione deformata della realtà, una forma di falsa coscienza, è una qualsiasi teoria che pretende di porsi come assoluta sulla base di principi assolutamente validi e che pretende di dare alle idee una validità assoluta ed immutabile. L’ideologia è una “copertura” di certi interessi economico-sociali, nascosti dietro idee che pretendono di essere assolute. Emblema dell’ideologia è Hegel, che pretendeva di ridurre tutto ad un movimento dialettico della vita dello spirito . Ma anche la filosofia di Feuerbach era un’ideologia: considerava la coscienza prima delle condizioni reali ; non riconosce che le idee non hanno un valore assoluto, ma dipendono da delle condizioni reali. L’idea di Marx è che se uno assume una certa posizione ideologica lo fa perché appartiene a una certa classe sociale e ha certi interessi economici da difendere. Le ideologie non riconoscono che qualsiasi idea deriva da certe condizioni, è quindi inevitabile che ogni pensiero risenta di queste condizioni. Testo: L’idea della coscienza è solo un’illusione, perché in realtà è solo la manifestazione di certi interessi. La coscienza non è dunque mai pura, non è limpida ha sempre un fondo opaco, è sempre condizionata da fattori materiali. E il sospetto si esercita proprio in questo modo, mettendo in discussione la limpidezza della coscienza. Attraverso il lavoro è come se l’uomo producesse anche le proprie condizioni di vita materiale. L’organizzazione del lavoro, ovvero i modi di produzione non sono solo una questione puramente fisica ma costituiscono il mondo in cui questi individui oggettivano e manifestano esteriormente la loro vita. Come l’uomo è, dipende da come produce, da come organizza il suo lavoro, perché è solo lì che si manifesta per quello che è. Per cambiare ciò che gli individui sono non occorre la filosofia ma bisogna modificare le condizioni lavorative in cui essi vivono. Secondo Marx è inevitabile che la classe che abbia più potere economico si anche politicamente più potente, e le sue idee diventeranno dominanti. L’organizzazione politica rispecchi a i rapporti economici. Le idee, le rappresentazioni… non hanno una propria autonomia ma sono tutte condizionate dalla vita materiale, sono direttamente intrecciate e totalmente condizionate da certe idee materiali, sono riflessi di queste condizioni. Le “forme dello spirito oggettivo” diventano qui le manifestazioni di processi concreti economico sociali. La coscienza è il riecheggiamento di processi materiali. È la sublimazione delle condizioni materiali: ciò che è apparentemente leggero (la coscienza) ed evapora, viene ricondotto dai maestri del sospetto agli elementi pesanti da cui deriva (nel caso di Marx condizioni economiche). Non è la coscienza che determina la vita ma la vita che determina la coscienza (si sale dalla terra al cielo). Dunque, non è assolutamente originaria. È solo coscienza di classe perché la coscienza in un certo senso dipende dalla classe di appartenenza. Gli operai, ad esempio, che sono costretti a vivere la stessa situazione lavorativa, avranno allora una coscienza comune, la coscienza di classe appunto, così come l’avranno i borghesi ma con differenze sempre dovute alla diversa situazione materiale. Coloro che svolgono un certo lavoro tendono ad uniformare la loro coscienza. Come conseguenza alla sua critica alle ideologie, Marx propone una visione della storia come MATERIALISMO STORICO-DIALETTICO. Alle ideologie si sostituisce una concezione scientifica della storia. MATERIALISMO STORICO: individua la vere forze motrici della storia, che non sono di natura spirituale o coscienziale, bensì materiale o socio-economica La società in ogni epoca storica nasce dalla fusione di due dimensioni che sono la struttura e la sovrastruttura. Sovrastruttura Società Struttura La struttura è la base economica, l’impalcatura economico-sociale che è costituita dalle forze produttive (uomini, mezzi di produzione e modi di produzione…) e dai rapporti di produzione, ossia i rapporti sociali che derivano da queste forze e da certe situazioni economiche. Per esempio i rapporti conflittuali, alienati tra la borghesia (i capitalisti) e il proletariato che deriva da una distribuzione non equa delle ricchezze (proprietà privata). La struttura condiziona la sovrastruttura, ovvero la coscienza e la cultura, così essa rimane solo un riflesso, un rispecchiamento passivo una derivazione (sublimazione) della struttura. Marx ritiene che ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive corrispondono determinati rapporti di produzione, che si mantengono sino a quando favoriscono la forze produttive e si distruggono quando si convertono in ostacoli per le medesime. I cambiamenti, all’interno della società capitalista, avvengono, infatti, quando si crea uno squilibrio tra le forze produttive e i rapporti di produzione. Non sono dunque dovuti alle idee, ma nascono quando i rapporti di produzione, e i rapporti sociali non rispettano più la reale condizione economica delle forze produttive. In altre parole quando avviene un cambiamento nella struttura. Nel sistema capitalistico il rapporto tra operaio e borghese è un rapporto di sfruttamento e ciò non rispecchia il fatto che nel sistema di fabbrica il contributo maggiore e fondamentale è dato dal proletariato e non dal borghese. Con un cambiamento tale nella base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la sovrastruttura. Questa contraddizione tra la forze produttive e i rapporti di produzione si concretizza nella LOTTA DI CLASSE. MATERIALISMO DIALETTICO: È basato sulla concezione della storia di tipo dialettico (basato su una contraddizione) e come un tutto in cui individua una legge necessaria di sviluppo verso il meglio (storicismo hegeliano). Ovviamente è una dialettica “rovesciata dalla testa ai piedi” infatti, seppur diretta sempre verso il meglio è concreta, è reale. Marx ha elaborato una VISIONE SCIENTIFICA DELLA STORIA. E proprio questa sua visione scientifica, gli permetterà di fare delle previsioni sugli sviluppi futuri della storia, ad esempio quella che il Comunismo verrà prima nei paesi più avanzati, questo perché la dialettica è una legge necessaria di sviluppo, che seguirà sempre una certa direzione. Solo che questa scientificità ha un limite, perché questa si basa sulla dialettica, che può sempre rovesciarsi in una visione metafisica, non è però astratta ma si basa su delle previsioni articolate. Se c’è una visione dialettica della storia, vuol dire che si passa attraverso delle contraddizioni. La contraddizione sta nella disuguale distribuzione delle ricchezze che dovrebbero portare alla lotta di classe, che porterà all’affermazione del comunismo. Il Comunismo è dunque, una meta ideale ma anche una necessità dialettica, nel senso che necessariamente la situazione capitalistica dovrà rovesciarsi. Cercare di spingere le forze del proletariato nell’attuare una lotta di classe, non è altro che favorire il processo del divenire della storia, che nonostante tutto andrà lo stesso in quella direzione, perché il capitalismo presenta già delle contraddizioni che necessariamente porteranno al rovesciamento dialettico. LA LOTTA DI CLASSE: Il concetto della storia come “lotta di classe” è uno dei più significativi passaggi del Manifesto del partito Comunista. Marx afferma che il soggetto della trasformazione sociale è la LOTTA FRA LE CLASSI. Secondo Marx essa appartiene a tutte le epoche storiche, è la forza motrice della storia sinora trascorsa, perciò attraverso tale categoria è possibile leggere tutta la storia. La storia di ogni società è storia di lotte di classi. I patrizi e i plebei nella Roma antica, baroni e servi della gleba nel Medioevo e ora, nell’ottocento, quella tra capitalisti e proletariato. Pertanto, nel corso della storia c’è sempre stata una contrapposizione tra classi sociali distinte, che col passare degli anni è andata semplificandosi. Mentre prima la lotta di classe era più complessa, perché assai complicata era la stratificazione sociale, nell’Ottocento lo scontro si è semplificato al massimo: mai come nel mondo moderno si evidenzia questa contrapposizione, infatti nella lotta sono contrapposte due classi sociali nettamente distinte. N.B. Anche in questo Marx si rifà ad Hegel, identificando la storia come un tutto, ha una visione totalizzante, la lotta di classe è infatti uno schema Razionale applicabile a tutta la realtà, con il quale dunque si interpreta tutta la storia. La lotta di classe è azione rivoluzionaria. Per Marx è questo l’unico modo di arrivare a costituire una società giusta, è utopistico pensare di poter cambiare la società attraverso alcune riforme graduali e alcune modifiche nella società capitalistica. Il sistema capitalistico non può essere smantellato dal suo interno ma deve essere distrutto alla base, attraverso la lotta di classe. La lotta di classe la si può vedere come un rovesciamento dialettico della borghesia e del proletariato, che nasce da una contraddizione insita nella proprietà privata. È un rovesciamento simile a quello del servo-padrone di Hegel, la contraddizione che c’è tra il loro rapporto porta ad un rovesciamento delle parti: il padrone diventa servo del servo, più o meno allo stesso modo gli espropriatori diventano espropriati. Lo sfruttamento ha in sé una contraddizione che porterà ad un inevitabile rovesciamento. È una legge necessaria di sviluppo. Solo che per Hegel questo passaggio dialettico era compiuto dalla coscienza, mentre per Marx che sposta tutto sul piano del concreto, il passaggio è concreto. LE CLASSI SOCIALI: Secondo Marx le classi si definiscono essenzialmente in rapporto alla properietà o meno dei mezzi di produzione, la quale fa si che in ogni periodo storico vi siano sempre due classi fondamentali. IN SÉ CLASSE SOCIALE PER SÉ Per Hegel (dal quale hanno origine entrambi i termini) l’essere in sé, costituisce la 1° fase della vita dello spirito, quella dell’immediatezza, lo spirito è spirito ma non ne è ancora cosciente. Per Marx la classe sociale in sé identifica gruppi di individui che condividono certi interessi economici e certe condizioni sociali. Tale classe diventa per sé, quando questi individui prendono coscienza (come per Hegel si passa dall’immediatezza alla consapevolezza, nella 3° fase lo spirito è autoconsapevole di se stesso) di condividere interessi economici e sociali e si organizzano per difenderli. Lo scopo di Marx è di sviluppare nel proletariato la COSCIENZA DI CLASSE, cioè di trasformare il proletariato da una classe in sé ed una classe per sé (il suo intento di costituire la Prima Internazionale, si rifà proprio a questa concezione classi organizzate concretamente). IL PROLETARIATO: Il proletariato è una classe particolare. Marx le attribuisce una missione storica universale, che consiste nell’assumersi le responsabilità del passaggio, della transizione dal Capitalismo al Comunismo, attraverso un’azione rivoluzionaria (Marx in questo senso giustifica il ricorso della violenza nella storia), la lotta di classe, al termine della quale si sarebbe ristabilita l’uguaglianza (intenzione della 1° Internazionale). Il passaggio, per arrivare ad instaurare il Comunismo vero e proprio, richiede dunque, sì una rivoluzione ma prevede anche una fase intermedia che consiste nella dittatura da parte del proletariato. Ma tale concetto di dittatura in un ambito dove tutto era comune , sulla base dei principi Marxiani, qualche problema lo crea. Marx lo ritiene però necessario, perché il passaggio non è immediato ma graduale, per smantellare completamente le istituzioni del capitalismo occorre tempo, e bisogna seguire un determinato percorso. Il proletariato deve per conservare il potere acquistato, instaurare una dittatura. Ma questa instaurata non è una “classica” dittatura, dove al potere vi è una minoranza contro una maggioranza, è diversa: è la dittatura della maggioranza, questo perché il proletariato è una classe particolare che non ha interessi personali da difendere ma i suoi interessi sono quelli di tutta l’umanità intera. Inoltre bisogna sottolineare che questa è una condizione transitoria, non definitiva, che serve per creare le condizioni per l’affermazione del Comunismo (dove non ci sarà alcuna traccia della dittatura) , e per consolidare i principi su cui si basa il Comunismo. LA SOCIETÀ COMUNISTA: Anche l’affermazione del Comunismo avviene attraverso 2 fasi: 1° TAPPA: Ci si avvia al Comunismo ma ci sono ancora le “macchie” del sistema capitalistico precedente: la proprietà privata non è ancora del tutto scomparsa, viene dato a ciascuno secondo i propri meriti e non secondo i propri bisogni (società comunista). 2°TAPPA: Per Marx la meta finale (ideale) è una società senza proprietà privata, senza classi sociali e senza stato. Su queste basi sarà costituita la società comunista pienamente realizzata. È un modello utopico di autogestione e autoregolamentazione dello stato. In questa società non ci sarà nulla di proprietà di un singolo individuo, tutto apparterrà alla collettività. Di conseguenza se scomparirà la proprietà privata non ci saranno più le classi sociali, perché queste si basavano sulla proprietà privata. Lo Stato diventa superfluo e si estingue spontaneamente, non c’è più bisogno di nessun elemento costrittivo (come le leggi), di nessuna istituzione, perché tutto è affidato alla collaborazione spontanea dei membri della collettività (autogestione). Nella società comunista l’uomo si realizza come uomo onnilaterale, cioè sviluppa un rapporto poliedrico con la realtà e si realizza nella totalità delle sue dimensioni. Ciascuno ha la possibilità di realizzarsi nei suoi talenti.