TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE DELLE PSICOSI A cura di Roger Hagen, Douglas Turkington, Torkil Berge and Rolf W. Gråwe Edizione italiana a cura di Giuseppe Nicolò Pubblicato per ISPS International Society for the Psychological Treatments of the Schizophrenias and Other Psychoses ECLIPSI Collana Scienze Cognitive e Psicoterapia, con la Supervisione Scientifica dell’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva (IPSICO, Firenze) Traduzione italiana di: CBT for Psychosis. A symptom-based approach. Traduzione: Elisa Brumat Cura: Giuseppe Nicolò Videoimpaginazione: Camilla Romoli Copyright © 2011 ISPS – International Society for the Psychological Treatments of the Schizophrenias and Other Psychoses Copyright © 2012 Eclipsi srl Via Mannelli 139 50132 Firenze Tel. 055-2466460 www.eclipsi.it 978-88-89627-23-5 I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi. lA SOCIETÀ INTERNAZIONALE PER I TRATTAMENTI PSICOLOGICI DELLA SCHIZOFRENIA E DELLE ALTRE PSICOSI Direttore della collana: Brian Martindale La ISPS (International Society for the Psychological Treatments of the Schizophrenias and other Psychoses) ha una storia che risale a più di cinquant’anni fa, durante i quali ha dominato la ricerca relativa alle spiegazioni biologiche per la psicosi. Ora il vento sta nuovamente cambiando. Si è assistito a un rinnovato interesse in merito ai fattori psicologici coinvolti nella psicosi, che hanno un considerevole potere esplicativo e offrono interessanti possibilità terapeutiche. I governi, le associazioni professionali, gli utenti e i caregiver chiedono sempre più insistentemente interventi caratterizzati da un miglior dialogo e un maggiore ascolto. Oggi, gli psicoterapeuti specializzati nei principali approcci di trattamento sono considerati dei fattori chiave nel trattamento della malattia mentale grave. L’ISPS è una società composita, formata da un numero crescente di professionisti, familiari, persone con vulnerabilità alle psicosi e altri soggetti, che si sono organizzati in tutto il mondo a livello nazionale, regionale o locale. Queste persone riconoscono il potenziale umano e d’intervento di un’efficace comprensione psicologica e terapeutica nel campo delle psicosi. I nostri membri adoperano un ampio spettro di approcci, che comprendono quello psicodinamico, sistemico, cognitivo, di arte terapia adattata al bisogno e di gruppo. Siamo particolarmente interessati a instaurare un dialogo significativo con gli operatori e i ricercatori che hanno maggior familiarità con l’approccio biologico. Le nostre attività includono regolari conferenze internazionali e nazionali, newsletter e gruppi di discussione via e-mail in molti Paesi del mondo. Una delle nostre attività è quella editoriale. Routledge ha riconosciuto l’importanza di questo settore, pubblicando la rivista ISPS Psychosis: Psychological, Social and Integrative Approaches (www.isps.org/journal.shtml), a complemento della collana di libri pubblicati, che ha preso il via nel 2004. Queste opere letterarie spaziano tra diversi ambiti all’interno dello spettro delle terapie psicologiche della psicosi e della loro applicazione in diversi setting, con l’obiettivo di informare e educare sia i professionisti della salute mentale, sia chi si occupa dello sviluppo e dell’attuazione delle politiche sanitarie. Alcuni libri, inoltre, sono serviti a diffondere le idee di clinici e ricercatori che sono conosciuti in alcuni Paesi ma non in altri. La nostra mission principale è quella di incoraggiare la diffusione della conoscenza e delle idee esistenti, di promuovere il dibattito sulla salute e di incoraggiare l’attuazione di ricerche in un campo così importante i cui segreti, sicuramente, non possono essere svelati esclusivamente dalle neuroscienze. Per avere maggiori informazioni sull’ISPS, scrivete una mail a [email protected] o visitate il nostro sito web all’indirizzo www.isps.org. Altri titoli della collana: Models of Madness: Psychological, Social and Biological Approaches to Schizophrenia A cura di John Read, Loren R. Mosher e Richard P. Bentall Psychoses: An Integrative Perspective Johan Cullberg Evolving Psychosis: Different Stages, Different Treatments A cura di Jan Olav Johanessen, Brian V. Martindale e Johan Cullberg Family and Multi-Family work with Psychosis Gerd-Ragna Bloch Thorsen, Trond Gronnestad e Anne Lise Oxenvad Experiences of Mental Health In-Patient Care: Narratives from Service Users, Carers and Professionals A cura di Mark Hardcastle, David Kennard, Sheila Grandison e Leonard Fagin Psychotherapies for Psychoses: Theoretical, Cultural, and Clinical Integration A cura di John Gleeson, Eión Killackey e Helen Krstev Therapeutic Communities for Psychosis: Philosophy, History and Clinical Practice A cura di John Gale, Alba Realpe ed Enrico Pedriali Beyond Medication: Therapeutic Engagement and the Recovery from Psychosis A cura di David Garfield e Daniel Mackler Making Sense of Madness: Contesting the Meaning of Schizophrenia Jim Geekie e John Read Psychotherapeutic Approaches to Schizophrenic Psychosis A cura di Yrjö O. Alanen, Manuel González de Chávez, Ann-Louise S. Silver e Brian Martindale SOMMARIO Prefazione all’edizione italiana Giuseppe Nicolò 1 Prefazione 3 PARTE I I MODELLI COGNITIVI E L’ASSESSMENT DELLE PSICOSI CAPITOLO 1 CAPITOLO 2 Introduzione. Terapia cognitivo comportamentale delle psicosi: un approccio mirato ai sintomi Roger Hagen e Douglas Turkington Modelli cognitivi delle allucinazioni uditive Peter Kinderman 17 CAPITOLO 3 Modelli cognitivi dei deliri Douglas Turkington, Caroline Bryant e Victoria Lumley 27 CAPITOLO 4 Assessment dei sintomi psicotici 47 7 Emmanuelle Peters Parte II La TCC per i sintomi psicotici in pratica CAPITOLO 5 L’alleanza terapeutica nella terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi Live E. C. Hoaas, Sara Eidsbø Lindholm, Torkil Berge e Roger Hagen 67 CAPITOLO 6 L’uso della normalizzazione nella terapia cognitivo-comportamentale della Schizofrenia Robert Dudley e Douglas Turkington 87 CAPITOLO 7 Terapia cognitivo-comportamentale e intervento precoce Jean Addington, Enza Mancuso e Maria Haarmans 97 CAPITOLO 8 Allucinazioni imperative Teorie e interventi psicologici Maria Michail e Max Birchwood 111 CAPITOLO 9 La terapia per i sintomi negativi e i disturbi formali del pensiero Neal Stolar e Paul Grant 129 CAPITOLO 10 Il recupero dalla psicosi Un approccio cognitivo interpersonale per la gestione emotiva e la prevenzione delle ricadute Andrew Gumley CAPITOLO 11 Problemi e soluzioni nella terapia cognitivo comportamentale delle psicosi Tania Lecomte e Claude Leclerc 143 161 Parte III La comorbilità delle psicosi CAPITOLO 12 Il trattamento dell’abuso di sostanze in soggetti con disturbi mentali gravi David J. Kavanagh e Kim T. Mueser CAPITOLO 13 Il trattamento cognitivo-comportamentale del trauma nei soggetti al primo episodio psicotico 197 Pauline Callcott, Robert Dudley, Sally Standart, Mark Freeston e Douglas Turkington CAPITOLO 14 Il coinvolgimento della famiglia nel trattamento dei disturbi psicotici William R. McFarlane 215 CAPITOLO 15 Interventi psicologici per migliorare il funzionamento lavorativo delle persone con disabilità psichiatrica Morris D. Bell, Jimmy Choi e Paul Lysaker 233 181 Parte IV Terapia cognitivo-comportamentale del Disturbo Bipolare CAPITOLO 16 La psicologia del Disturbo Bipolare Sara Tai 259 CAPITOLO 17 Teoria e terapia cognitiva dei disturbi bipolari Jan Scott 271 AUTORI Jean Addington, professore di psichiatria all’University of Toronto, ricercatore al Centre of Addiction and Mental Health, Toronto, e direttore del Prime Research e del Psychosocial Treatments in the First Episode Psychosis Program, CAMH, Canada. Morris Bell, PhD, professore al dipartimento di psichiatria, Yale University School of Medicine, ricercatore al Rehabilitation Research and Development Service, VA Connecticut Healthcare System, USA. Torkil Berge, PsyD, psicologo presso il Vinderen Community Mental Health Centre, Diakonhjemmet Sykehus, Oslo, Norvegia. Max Birchwood, PhD, DSc, professore alla scuola di Psicologia dell’University of Birmingham, direttore dell’Early Intervention Service, Birmingham e del Solihull Mental Health Foundation NHS Trust, United Kingdom. Caroline Bryant, BSc, assistente ricercatore presso la Newcastle University, United Kingdom. Pauline Callcott, Registered Mental Nurse presso il Newcastle Cognitive Therapy Centre, Newcastle-upon-Tyne, United Kingdom. Jimmy Choi professore associato presso il dipartimento di psichiatria della Yale University School of Medicine, è stato psicologo ricercatore del VA Connecticut Healthcare System, USA. Robert Dudley, PhD, psicologo clinico consulente del South of Tyne Early Intervention in Psychosis Service, Northumberland Tyne and Wear Mental Health NHS Trust, ricercatore all’Institute of Neuroscience, Newcastle University, United Kingdom. Mark Freeston, PhD, responsabile ricerca e formazione del Newcastle Cognitive Therapy Centre, Newcastle-upon-Tyne, United Kingdom. Paul Grant, PhD, Assistant Professor of Psychology in Psychiatry presso la Psychopathology Research Unit, dipartimento di psichiatria, University of Pennsylvania, USA. Rolf W. Gråwe, PhD, PsyD, direttore della R & D Unit at the Drug and Alcohol Treatment Centre in Norvegia centrale. Andrew Gumley, PhD, Senior Lecturer presso la Section of Psychological Medicine, University of Glasgow, psicologo clinico consulente dell’ESTEEM, North Glasgow First Episode Psychosis Service, United Kingdom. Maria Haarmans, MA, MED, psicoterapeuta del Prime Clinic and the First Episode Psychosis Program (FEPP) presso il Centre of Addiction and Mental Health, Toronto, Canada. Roger Hagen, PhD, PsyD, professore associato presso il dipartimento di psicologia, Norwegian University of Science and Technology, Trondheim, Norvegia. Live E. C. Hoaas, PsyD, psicologo presso il Norwegian Centre for Violence and Traumatic Stress Studies, Oslo, Norvegia. David Kavanagh, PhD, professore presso la School of Medicine, University of Queensland, Australia. Peter Kinderman, MA, MSc, PhD, professore di psicologia clinica, University of Liverpool, e Honorary Consultant Clinical Psychologist, Merseycare NHS Trust, United Kingdom. Claude Leclerc, PhD, professore presso l’University of Quebec e direttore del Caring Laboratory, University of Quebec, Canada. Tania Lecomte, PhD, Assistant Professor presso il dipartimento di psicologia, University of Montreal, e Adjunct Professor presso il dipartimento di psichiatria, University of British Columbia, Canada. Sara Eidsbø Lindholm, PsyD, psicologo presso il Josefinesgate Community Mental Health Centre, Oslo University Hospital, Norvegia. Victoria Lumley, RMN, psicoterapeuta cognitivo presso Tees, Esk and Wear Valleys NHS Foundation Trust, United Kingdom. Paul Lysaker, PhD, professore associato presso il dipartimento di psichiatria, Indiana University School of Medicine, ed è stato psicologo clinico presso il Roudebush VA Medical Center, Indiana, USA. William R. McFarlane, MD, professore di psichiatria all’University of Vermont e direttore del Center for Psychiatric Research del Maine Medical Center, USA. Dr Maria Michail, BSc, MSc, PhD, ricercatore presso la scuola di psicologia, University of Birmingham, United Kingdom. Kim Mueser, PhD, professore presso il dipartimento di psichiatria, Dartmouth Medical School, Hanover, New Hampshire, USA. Enza Munusco, MED, psicoterapeuta del Prime Clinic and the First Episode Psychosis Program (FEPP) presso il Centre of Addiction and Mental Health, Toronto, Canada. Emmanuelle R. Peters, BSc, MSc, PhD, Senior Lecturer in psicologia clinica presso il King’s College London, Institute of Psychiatry, United Kingdom. Jan Scott, professore all’University of Newcastle-upon-Tyne e Honorary Professor of Psychological Treatments Research presso l’Institute of Psychiatry, London, United Kingdom. Sally Standart, MR, CPsych, psichiatra e psicoterapeuta cognitivo presso il Newcastle Cognitive Therapy Centre, Newcastle-upon-Tyne, United Kingdom. Neal Stolar, MD-PhD, professore associato presso il dipartimento di psichiatria, University of Pennsylvania, USA. Sara Tai, BA (Hons), MSc, DclinPsy, Lecturer in psicologia clinica presso la School of Psychological Sciences, University of Manchester, United Kingdom. Douglas Turkington, MD, professore di psichiatra sociale presso la Newcastle University, Newcastle-upon-Tyne, United Kingdom. RINGRAZIAMENTI Siamo infinitamente grati al Journal of the Norwegian Psychological Association che, nel 2007, ha pubblicato l’opera Towards a new understanding of psychosis, permettendoci poi di adoperarne molti capitoli che hanno fatto da base per la stesura di questo libro. Durante la sua preparazione, molti scritti sono stati aggiornati e altri ancora sono stati aggiunti. Siamo anche riconoscenti per tutto l’aiuto ricevuto dal direttore della collana ISPS, Brian Martindale, che, nel processo editoriale, è stato prezioso per i commenti e i feedback che ci ha offerto, davvero utili per realizzare quest’opera. Come curatori ci sentiamo in debito con Brian, un eccellente direttore per la collana ISPS di Routledge. PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA È stato un grande piacere e onore per me ricevere la richiesta di curare l’edizione italiana di questo volume. L’importanza dell’argomento e il calibro degli autori mi fa considerare questo lavoro come cruciale per la diffusione della terapia cognitiva per i pazienti gravi nel nostro paese. Il testo ha uno schema molto didattico e fornisce al lettore una buona descrizione e approfondimento delle tecniche di terapia cognitiva per il trattamento psicologico delle psicosi. Il punto di forza dell’approccio presentato è quello di fondare l’approccio terapeutico sulla sintomatologia presentata dal paziente e non semplicemente sulla diagnosi posta. Questo libro permette di passare, quasi con semplicità e naturalezza, dalla prospettiva descrittiva a quella fenomenologica, fino a una teoria esplicativa delle psicosi. La modellistica cognitivista è esplicitata con molta chiarezza e dettaglio nella prima parte del volume; il lettore viene guidato, passo dopo passo, alla comprensione dei sintomi, all’assessment adeguato, alla conduzione esperta del colloquio. Ciò che avvince nel testo è la capacità degli autori di prendere sempre in considerazione l’interazione psicoterapeuta-paziente da ambedue le prospettive. Un aspetto rivoluzionario per chi si occupa di tali problematiche e di pazienti così gravi è che l’approccio proposto considera i sintomi come costrutti personali che ci segnalano lo schema sottostante e ci guidano nell’impostazione del trattamento. I deliri e le allucinazioni vengono spiegati con una modellistica prettamente psicologica, che forse in alcuni casi sembra essere eccessivamente normalizzante. Sicuramente la normalizzazione delle esperienze psicotiche può essere considerata una tecnica efficace nel trattamento, ma l’ipotesi del continuum tra normalità e patologia, tra pensiero normale e patologico, rischia di spingerci a considerare i fenomeni di tali esperienze considerandone solo gli aspetti quantitativi e non quelli qualitativi. In realtà, gli autori insistono molto sull’attenzione che il clinico deve porre su come si siano formate le credenze disfunzionali e patologiche. L’approccio e le tecniche del colloquio proposte sono di grande utilità nella pratica clinica anche per coloro che adottino un orientamento esclusivamente biologico. La parte del volume dedicata al trattamento è davvero esaustiva e prevede anche una parte dedicata agli esordi psicotici, in cui oltre ad essere descritti in dettaglio gli aspetti tecnici viene anche evidenziata l’efficacia, in termini di costruzione del rapporto sé/altro, di un intervento precoce, strutturato e intensivo. Il trattamento dei deliri, delle allucinazioni e dei disturbi formali del pensiero è molto ben spiegato e corredato di innumerevoli esemplificazioni; viene anche dedicata una parte al trattamento psicologico necessario nella fase di recupero successiva a una esperienza psicotica. La modernità del volume è ravvisabile in particolare per l’attenzione posta al trattamento delle comorbilità e dell’uso di sostanze, oltre che all’assessment e al trattamento delle esperienze psicotiche secondarie a un evento traumatico. Non usuale in un testo di terapia cognitiva è l’enfasi posta sull’importanza del coinvolgimento della famiglia nel trattamento, cui è dedicato un intero capitolo. L’approccio presentato è oltremodo moderno, in quanto considera il sistema familiare come una risorsa e non come la causa della malattia. L’utilizzo dell’inserimento lavorativo come strumento terapeutico rappresenta un patrimonio ormai imprescindibile, che dovrebbe far parte del trattamento standard delle psicosi, e il capitolo ad esso dedicato ci permette di poter sfruttare al massimo tale opportunità. L’ultima parte del volume, infine, è dedicata al trattamento degli esiti disabilitanti della psicosi e dei disturbi bipolari. L’ organizzazione del testo ne permette una facile consultazione e un rapido aggiornamento sullo stato dell’arte in tema di terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi. La numerosità dei pazienti con problemi complessi rende necessario l’aggiornamento sistematico su tali tematiche e sulla letteratura ad essa relativa. Purtroppo nel nostro Paese non è facile per i pazienti affetti da psicosi poter usufruire di trattamenti psicologi adeguati, sia per carenza di risorse, sia per le diffuse difficoltà che incontrano i clinici nell’acquisire una formazione specifica a riguardo. Per tali ragioni, troppo spesso l’unico trattamento di cui beneficiano i pazienti è quello farmacologico. Invece, la forza e la potenzialità di un intervento psicoterapeutico sono ormai di tale portata che questo dovrebbe essere garantito come diritto ai pazienti psicotici e ai loro familiari. Un’ ultima riflessione da fare è che in tema di trattamento delle psicosi le evoluzioni che la scienza ha compiuto in questi anni sono state talmente importanti e rilevanti da trasformare una patologia con prognosi infausta quasi certa in un fenomeno che rappresenta una sfida per il professionista, che può dare a questo e ai suoi pazienti grandi soddisfazioni e risultati. Auguro a tutti una buona lettura. Giuseppe Nicolò PREFAZIONE La comprensione dei disturbi psicotici sta andando incontro a una trasformazione considerevole e, negli ultimi decenni, ci si è interrogati seriamente in merito all’utilità e alla validità del sistema di classificazione diagnostico categoriale in uso per le psicosi (Bentall, 2003; van Os e Kapur, 2009). Dagli studi e dalle osservazioni cliniche emerge sempre più chiaramente come un approccio dimensionale basato su sintomi discreti riesca a rendere conto in maniera migliore della presenza di un continuum tra salute e malattia mentale, tra il soggetto “psicotico” e quello “normale”. Il libro che state leggendo è stato scritto con l’intento di sviluppare quest’approccio, dimostrando come il modello cognitivo-comportamentale offra un’ottima cornice per una terapia impostata su questa concezione sintomatica delle psicosi. Il volume racchiude i contributi di esperti internazionali, che hanno considerato diversi aspetti all’interno di questo campo di studi in rapida evoluzione, ed è di grande interesse per tutti i professionisti della salute mentale che operano con pazienti che soffrono di sintomi psicotici. Bibliografia Bentall, R. P. (2003). Madness Explained. Psychosis and Human Nature. London: Penguin Books. van Os, J. & Kapur, S. (2009). Schizophrenia. The Lancet, 374, 635-645. PARTE I I MODELLI COGNITIVI E L’ASSESSMENT DELLE PSICOSI 1 INTRODUZIONE TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE DELLE PSICOSI: UN APPROCCIO MIRATO AI SINTOMI Roger Hagen e Douglas Turkington In questo capitolo metteremo in evidenza le caratteristiche principali della terapia cognitivo-comportamentale (TCC), descrivendone poi l’applicazione ai problemi di tipo psicotico. Nella parte conclusiva introdurremo il resto del libro, chiarendone l’impostazione. Cos’è la terapia cognitivo-comportamentale? La terapia cognitivo-comportamentale enfatizza l’importanza del ruolo dei pensieri e dei comportamenti nell’origine e nel mantenimento dei problemi di tipo psicologico ed emotivo. Ci sono diversi modi per condurre un intervento cognitivo-comportamentale ma, in ogni caso, i differenti approcci sono accomunati da alcuni fattori relativi ai principi di trattamento e alle tecniche. Cercheremo ora di descriverne brevemente alcuni e, volendo approfondire maggiormente queste tematiche, si possono consultare i testi di Beck (1995) o di Wright et al. (2006). Gli interventi di TCC mirano a trattare disturbi specifici e sono sviluppati su misura per risolvere i problemi presentati dal paziente. All’inizio della terapia, paziente e terapeuta ne concordano gli obiettivi, operazionalizzando le difficoltà della persona e gli obiettivi della terapia tramite la cosiddetta “formulazione cognitiva del caso”, che costituisce un’ipotesi in merito alla natura delle difficoltà psicologiche sottostanti ai sintomi del paziente e, a livello teorico, è basata sui modelli riguardanti l’apprendimento e la cognizione umana. Le terapie cognitivocomportamentali enfatizzano l’importanza del rapporto collaborativo tra pazien- 8 Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi te e terapeuta, in cui entrambi rivestono un ruolo attivo fondamentale per i progressi nel trattamento. Basandosi sul presupposto che i pensieri e i comportamenti giochino un ruolo importante sia nella genesi che nel mantenimento della maggior parte dei disturbi psicologici, gli interventi cognitivo-comportamentali cercano di ridurre la sofferenza soggettiva e di aumentare le strategie di coping adattive, modificando le credenze maladattive e insegnando nuove abilità (Grant et al., 2005); i diversi approcci si distinguono per la maggior enfasi sui processi comportamentali o su quelli cognitivi (Hollon e Beck, 2004). L’obiettivo degli interventi cognitivo-comportamentali è quello di modificare le credenze disfunzionali e i comportamenti maladattivi usando un ampio ventaglio di tecniche, tra cui l’automonitoraggio, l’identificazione e la messa in discussione dei pensieri negativi e delle assunzioni che mantengono in vita i comportamenti e le esperienze problematiche, la decatastrofizzazione, la programmazione delle attività e gli esperimenti comportamentali, che facilitano ulteriormente l’automonitoraggio e la modificazione delle credenze disfunzionali (Wright et al., 2006). La TCC sembra efficace per numerosi disturbi clinici; esistono anche molte indicazioni relative al fatto che gli interventi di questo tipo producano cambiamenti più duraturi rispetto ad altre tipologie di intervento psicoterapeutico, sia per disturbi di Asse I che di Asse II (Butler et al., 2006). Che cos’è la TCC per le psicosi? Storicamente, esistono tre paradigmi per la comprensione delle psicosi (Morrison et al., 2004). Il paradigma di malattia, introdotto da Kraepelin (1899-1990) all’inizio del ventesimo secolo, proponeva una netta distinzione tra normalità e anormalità. Le cause di alcune diagnosi di malattia mentale sarebbero state riconducibili a “tare” ereditarie o a infezioni cerebrali, come ad esempio il disturbo mentale conseguente alla sifilide. Il secondo paradigma si rifà al modello stress-vulnerabilità, in base al quale gli individui biologicamente e psicologicamente predisposti possono divenire psicotici se esposti a eventi di vita stressanti (Zubin e Spring, 1977). I disturbi, come la Schizofrenia, sono concepiti come l’estremità di un continuum che parte dai comportamenti e dalle esperienze normali; un’occasione di cambiamento terapeutico è data quindi dalla possibilità di influenzare l’ambiente e di rafforzare le capacità del paziente di fronteggiare il disturbo psicotico. Il terzo paradigma è quello focalizzato sui sintomi (Bentall, 2003): anziché usare ampie categorie diagnostiche, viene posto l’accento sui singoli sintomi, come ad esempio le voci, i deliri o le credenze insolite, i disturbi del pensiero e i sintomi negativi. In base a questo paradigma, ci si preoccupa di gestire e comprendere i sintomi e di verificare che il paziente possieda sufficienti abilità a livello sociale e professionale, più che di curare il suo disturbo in quanto tale. La terapia cognitivo-comporta- Introduzione 9 mentale per le psicosi ha riconosciuto l’importanza di adottare questo paradigma considerato che, con questo approccio, è possibile ottenere risultati terapeutici migliori. Da un punto di vista cognitivo-comportamentale, quelle psicotiche sono delle esperienze singolari e significative in sé, non soltanto epifenomeni di un disturbo sottostante, per cui risulta determinante l’esplorazione delle esperienze individuali e delle credenze relative ai sintomi stessi. Bentall (2003), inoltre, ha proposto come necessario un cambiamento radicale nella concettualizzazione dei sintomi psicotici, che tenga conto del fatto che le più recenti ricerche hanno confutato il legame tra Disturbo Bipolare e Schizofrenia. Ad oggi, i sintomi psicotici come la mania, i deliri e le allucinazioni uditive sono difficili da inserire in categorie diagnostiche prestabilite e sono meglio comprensibili se posti su dei continuum. Kingdon et al. (2008), adattando questo approccio, hanno suggerito la possibile esistenza di cinque gruppi distinti di Schizofrenia, a seconda delle cause scatenanti e dei sintomi, ovvero: disturbo dell’emotività (alta vulnerabilità, sintomi negativi e deficit cognitivi), psicosi traumatica (un trauma ha contribuito al determinarsi del disturbo e sono presenti allucinazioni, sotto forma di voci commentanti, e depressione), psicosi indotta da sostanze (uso di allucinogeni, deliri paranoidei e sintomi negativi), psicosi ansiosa (schemi personali di vulnerabilità e deliri strutturati) e catatonia. In linea con questo approccio, la TCC svolge un ruolo importante sia nella comprensione che nel trattamento dei singoli sintomi. Da quando, per la prima volta, la terapia cognitiva ha descritto i deliri paranoidei (Beck, 1952), è stato ampiamente fornito supporto empirico all’utilizzo della TCC per il trattamento dei sintomi psicotici (Dickerson, 2004; Gaudiano, 2005; Gould et al., 2001; Rathod e Turkington, 2005; Rector e Beck, 2001; Turkington et al., 2006; Tarrier e Wykes, 2004). Per decenni, la psicosi è stata considerata una condizione biologica, insensibile ai trattamenti psicologici; le ricerche più recenti, però, hanno dimostrato come i sintomi positivi si collochino su un continuum di normalità e come, di conseguenza, possano essere trattati con le stesse tecniche cognitivo-comportamentali che si utilizzano per l’ansia e la depressione (Bentall, 2007; Kuipers et al., 2006). Il modello cognitivo concettualizza la psicosi come una combinazione di fattori che dà forma ai sintomi positivi – come i deliri e le allucinazioni uditive (Garety et al., 2001) – e li mantiene in vita, tra cui i biases attribuzionali e di ragionamento possono svolgere un ruolo peculiare (Bentall, 2003; Freeman e Garety, 2004). In questa introduzione cercheremo di tracciare una breve sinossi dei processi terapeutici essenziali e degli interventi di TCC per la psicosi. Per i terapeuti che non hanno familiarità con questo approccio, raccomandiamo gli scritti di Kingdon e Turkington (2005) e Wright et al. (2008), che serviranno da testi introduttivi per coloro che si stanno avvicinando al trattamento cognitivo-comportamentale 10 Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi per le psicosi. Alcuni capitoli della seconda parte di questo libro ne esemplificano egregiamente gli aspetti essenziali. L’obiettivo principale della terapia è quello di insegnare al paziente a identificare e monitorare i propri pensieri e le proprie credenze in situazioni specifiche, valutandoli e correggendoli alla luce delle prove oggettive esterne e delle circostanze. Le idee deliranti e le allucinazioni uditive si basano su assunzioni e pensieri che i pazienti ritengono veritieri, tengono in gran considerazione e, spesso, li preoccupano. Queste assunzioni causano delle distorsioni nell’elaborazione delle informazioni, contribuendo a mantenere in vita le credenze deliranti e le allucinazioni uditive (Hagen e Nordahl, 2008). Per quanto riguarda l’instaurarsi della relazione tra paziente e terapeuta, la TCC può essere divisa in due fasi. All’inizio, il focus della terapia è centrato sul coinvolgimento del paziente e sulla costruzione dell’alleanza terapeutica. Fattori terapeutici aspecifici – come l’empatia e il calore – sono di enorme importanza nella creazione di una relazione collaborativa. I fattori che favoriscono l’impegno terapeutico sono: adottare uno stile di ascolto attivo, tentare di trovare un linguaggio comune per parlare dei sintomi del paziente, essere aperti a tutte le esperienze ed evitare il confronto diretto (Chadwick, 2006; Kingdon e Turkington, 2005). La fase successiva è basata sui processi di psicoeducazione e normalizzazione dei sintomi psicotici, promuovendo anche la comprensione di fenomeni psicologici analoghi. La ricerca ha dimostrato come la normalizzazione sia il fattore maggiormente predittivo di un buon esito clinico, quando viene associata ad altre tecniche di formulazione del caso, quali, ad esempio, ricercare gli antecedenti della crisi, de-catastrofizzare la psicosi e fornire informazioni riguardo ad essa (Dudley et al., 2007). La normalizzazione, che può essere uno strumento per consolidare l’alleanza terapeutica, è strettamente legata all’idea – già enunciata in precedenza – che le esperienze psicotiche si pongano sullo stesso piano di quelle comuni. Il processo di normalizzazione va integrato con quello di psicoeducazione, che sembra essere cruciale per le persone che soffrono di disturbi psicotici visti i miti che circondano questa patologia. La psicoeducazione e l’informazione in merito alla malattia vanno adattate ai sintomi psicotici del singolo individuo; fornite nel modo giusto, possono aiutare le persone a sentirsi ascoltate e comprese e sono quindi molto apprezzate (Kingdon e Turkington, 2005). In questa fase si inseriscono anche l’assessment e la raccolta di informazioni, necessari allo sviluppo e alla condivisione con il paziente della formulazione del caso: l’obiettivo finale è quello di riuscire a comprenderne i sintomi psicotici. In un’ottica cognitivo-comportamentale, quando si lavora con questo tipo di pazienti, le due aree più importanti da indagare sono il modo in cui si manifestano i sintomi e la spiegazione che la persona dà a questi. La formulazione del caso deriva dal processo di assessment, e a volte lo guida, fornendo una cornice per lo sviluppo Introduzione 11 degli interventi terapeutici (Kingdon e Turkington, 2005) che rappresentano la fase successiva del trattamento. In base alla formulazione si propone un piano di trattamento, in cui paziente e terapeuta sfidano le credenze e i pensieri relativi all’interpretazione dei sintomi stessi, cercando di fornire delle spiegazioni alternative a questi e di sviluppare nuove strategie di coping. L’obiettivo non è la scomparsa dei sintomi psicotici, ma la modificazione delle interpretazioni delle voci e dei deliri e la generazione di spiegazioni alternative a questi fenomeni, meno angoscianti delle precedenti. Anziché focalizzarsi solamente sul decremento dei sintomi, il trattamento si considera efficace se comporta una riduzione del distress emotivo del paziente (Birchwood e Trower, 2006) e un suo miglior funzionamento sociale (Turkington et al., 2007). In questa fase, le tecniche cognitive e comportamentali vengono applicate utilizzando una modalità collaborativa ed evitando sempre il confronto diretto. La parte conclusiva della TCC per la psicosi è centrata sulla prevenzione delle ricadute e sulle aspettative di guarigione. Sentimenti di paura, depressione, impotenza, disperazione, imbarazzo e vergogna sembrano infatti essere dei fattori antecedenti comuni alla ricaduta (Gumley e Schwannauer, 2006). È essenziale evitare la ricomparsa dei sintomi psicotici – visti i costi personali e la sofferenza che implicano – anche se quest’aspetto, seppur importante, non deve offuscare l’obiettivo della guarigione definitiva e del miglioramento della qualità di vita. La ricerca relativa alla risoluzione delle psicosi suggerisce che, affinché questa sia quanto più completa possibile, paziente e terapeuta devono far leva sia su fattori personali che ambientali (Wilken, 2007). Generare speranza, facendo capire che la guarigione è possibile, oltre a garantire sempre al paziente la disponibilità di un servizio professionale di elevata qualità, sono criteri essenziali, che possiamo considerare presenti nella terapia cognitivo-comportamentale per la psicosi. I contenuti di questo libro I contenuti di questo libro seguono la sequenza più logica per l’apprendimento della TCC per la psicosi; l’opera è divisa in quattro parti, ognuna delle quali si focalizza su un aspetto diverso. La prima parte è incentrata sui modelli cognitivi dei sintomi psicotici e sull’assessment di questi. Nel capitolo 2 (Kinderman) viene proposto un aggiornamento dei modelli cognitivi delle allucinazioni uditive: nell’ambito della TCC è opinione condivisa che queste derivino da distorsioni cognitive, anche se dalle ricerche non emerge un consenso unanime relativamente alla loro specifica natura. Questo capitolo riesamina le differenti teorie e offre degli esempi di come le allucinazioni uditive possano essere meglio comprese in un’ottica cognitivo-comportamentale. Il capitolo 3 (Turkington et al.) esplora il modello cognitivo relativo alla formazione e al mantenimento dei deliri. Per illustrare le 12 Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi tecniche chiave della TCC relative al coinvolgimento del paziente, alla formulazione del caso e all’esame di realtà dei deliri verranno proposti dei casi esemplificativi, descrivendo anche la pertinenza dei loro schemi rispetto al contenuto dei deliri. Il capitolo 4 (Peters) tratta l’assessment della psicosi: come accennato in precedenza, negli ultimi anni c’è stato un dibattito crescente e fruttuoso in merito all’utilità di adottare un approccio mirato ai singoli sintomi in sostituzione delle categorie diagnostiche tradizionali. Gli strumenti per l’assessment riflettono questi sviluppi e quindi, in questo capitolo, verranno considerati i vantaggi e gli svantaggi degli strumenti di valutazione tradizionali rispetto a quelli “symptom-based”. La seconda parte del volume si focalizza sul trattamento dei sintomi psicotici mediante l’utilizzo della TCC. Hoaas et al. (capitolo 5) aprono questa sezione descrivendo l’importanza di creare una buona alleanza terapeutica col paziente nel corso della terapia cognitivo-comportamentale. Vengono descritti diversi fattori necessari per la costruzione di questa alleanza, offrendo dei suggerimenti per la creazione di un buon rapporto tra paziente e terapeuta. Dudley e Turkington (capitolo 6) si occupano del ruolo della normalizzazione nella terapia cognitiva e di come adattare questo strumento per utilizzarlo nell’ambito dei sintomi psicotici, dal momento che costituisce un aspetto centrale del trattamento della psicosi stessa. L’intervento precoce è di massima importanza nel trattamento di questi disturbi; Addington et al. (capitolo 7) illustrano il ruolo della terapia cognitivocomportamentale nel trattamento dei soggetti con primo episodio psicotico, sia come parte del trattamento, sia come strumento di prevenzione per chi ha un rischio clinicamente elevato di sviluppare una psicosi conclamata. Quelle imperative sono allucinazioni particolarmente problematiche – e a volte pericolose – di cui si sa ancora poco, per le quali si sente l’esigenza di trattamenti evidence-based. Michail e Birchwood (capitolo 8) presentano un approccio di trattamento mirato a queste, offrendo dei chiari suggerimenti passo dopo passo, dalla formulazione del caso all’intervento, che possono trasformarsi in validi strumenti per i clinici che si trovino a lavorare con pazienti che soffrono di questo tipo di allucinazioni. I sintomi negativi e i disturbi formali del pensiero sono fenomeni comuni della Schizofrenia; tuttavia, nella TCC si è dato scarso rilievo al trattamento di questo tipo di sintomi. Le recenti ricerche, però, sembrano suggerire che le credenze negative e gli atteggiamenti cognitivi disfunzionali abbiano un ruolo sia nel mantenimento dei sintomi negativi che in quello dei disturbi formali del pensiero. Grant e Stolar (capitolo 9) ci mostrano come la terapia cognitivo-comportamentale possa essere adoperata anche per identificare tali credenze e per sviluppare dei punti di vista alternativi ad esse. Come accennato nell’introduzione, la prevenzione delle ricadute è una fase importante del processo terapeutico. Gumley (capitolo 10) presenta, in una cor- Introduzione 13 nice di terapia cognitivo-comportamentale, un approccio specifico mirato alla guarigione definitiva e alla prevenzione delle ricadute, che considera gli aspetti cognitivi, interpersonali e dello sviluppo coinvolti in questi processi. Nella parte del libro relativa ai trattamenti, infine, Lecomte e Leclerc (capitolo 11) si concentrano sul paradosso che, nonostante molti studi dimostrino l’efficacia della TCC per la psicosi e le linee guida ne raccomandino l’utilizzo, ci sono comunque dei problemi nel raggiungere l’obiettivo terapeutico. Gli autori descrivono le barriere esistenti e forniscono dei suggerimenti per poterle aggirare al meglio. La terza parte del libro si concentra sulla terapia cognitivo-comportamentale per i disturbi in comorbidità e sui suoi adattamenti necessari per poter lavorare con i familiari dei pazienti e per favorire l’occupazione lavorativa. Le condizioni di comorbidità, come l’abuso di sostanze e i traumi, sono abbastanza comuni nelle persone che soffrono di sintomi psicotici. Kavanagh e Mueser (capitolo 12) dimostrano come l’abuso di sostanze, in persone affette da seria patologia mentale, abbia un ampio spettro di effetti negativi. Il miglior approccio per questo tipo di problemi è un trattamento integrato che affronti sia l’abuso di sostanze che i sintomi psicotici; viene quindi proposta una review delle prove di efficacia riguardo a queste modalità di gestione per i pazienti che soffrono di entrambi i disturbi. Negli ultimi tempi, la relazione tra traumi e psicosi è stata oggetto di molte ricerche, che hanno cercato di cogliere il possibile collegamento tra queste variabili psicologiche; Callcott et al. (capitolo 13) si sono occupati delle ricerche e delle prospettive teoriche al riguardo, tenendo anche presente di come ci si possa servire delle attuali conoscenze all’interno del trattamento, in modo da apportare dei benefici alle persone che soffrono sia per le esperienze traumatiche che per i sintomi psicotici. McFarlane (capitolo 14) chiarisce come sia possibile coinvolgere al meglio i familiari dei pazienti nel trattamento dei disturbi psicotici: la psicoeducazione rivolta alle famiglie, infatti, è particolarmente efficace nel superare i problemi che limitano le possibilità terapeutiche e il miglioramento della qualità di vita. In questo capitolo, McFarlane descrive il background teorico su cui si basa l’approccio di gruppo multifamiliare, le componenti principali per metterlo in pratica e le prove della sua efficacia. Questa parte del libro termina descrivendo i modi in cui la terapia cognitivo-comportamentale è in grado di ottimizzare i risultati occupazionali delle persone con disabilità mentale. Bell et al. (capitolo 15) esaminano in profondità come gli interventi psicologici possano essere utilizzati per promuovere lo sviluppo di abilità fondamentali, quali quella di cercare e trovare un impiego. Nella quarta e ultima parte del volume ci si concentra sulla terapia cognitivocomportamentale per il Disturbo Bipolare. Come suggerito da Bentall (2003), la classificazione delle manifestazioni psicotiche nella Schizofrenia e nel Disturbo Bipolare può rappresentare un artefatto fondato su un approccio neo-kraepelinia- 14 Terapia cognitivo-comportamentale delle psicosi no di categorizzazione dei disturbi psichiatrici. Queste potrebbero essere meglio comprensibili se collocate su un continuum dei disturbi psicotici. Tai (capitolo 16) sottolinea la crescente importanza attribuita alla comprensione dei sintomi bipolari e dei meccanismi ad essi sottostanti in termini psicologici, discutendo anche le evidenze empiriche relative alla genesi e al mantenimento del disturbo. Scott (capitolo 17) approfondisce ulteriormente questo tema, presentando aspetti chiave dei modelli cognitivi del Disturbo Bipolare, discutendo l’applicabilità ad esso della terapia cognitiva e presentando i risultati degli studi al riguardo disponibili. La terapia cognitivo-comportamentale è un intervento promettente per la psicosi, ma non costituisce semplicemente un insieme di tecniche: è anche un modo di approcciarsi alle persone. A un uomo al quale era stata diagnosticata la Schizofrenia è stato chiesto di cosa avrebbe avuto bisogno per vivere fuori dall’ospedale. La sua risposta è servita come spunto di riflessione: ciò di cui necessitava era un posto in cui vivere, qualcosa con cui vivere, qualcosa per cui vivere e qualcuno con cui vivere. Facciamo in modo che coltivare questi desideri divenga la nostra priorità. Ci auguriamo che quest’opera, assieme all’impegno dei pazienti e ai suggerimenti di chi si occupa della TCC per le psicosi (Turkington et al., 2009), fornisca degli spunti validi per riuscire a indirizzare queste persone verso un proficuo recupero del proprio funzionamento sociale. Introduzione Bibliografia 15 Beck, A. T. (1952). 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