Domande di teoria prima prova in itinere 2016-2017

Prof. Sonia Leva
Teoria di Sistemi Elettrici
Primo Parziale
REGIME QUASI STAZIONARIO
2
1) TENSIONE ELETTRICA: DEFINIZIONE OPERATIVA, PROPRIETÀ E LEGGE DELLE TENSIONI
2
2) CORRENTE ELETTRICA: DEFINIZIONE OPERATIVA, PROPRIETÀ E LEGGE DELLE CORRENTI
2
3) BIPOLO ELETTRICO E PORTA ELETTRICA
2
4) POTENZA ELETTRICA: DEFINIZIONE FORMALE, DEFINIZIONE OPERATIVA, SEGNO E CONVENZIONE DEGLI UTILIZZATORI E
DEI GENERATORI
2
5) REGIME QUAI STAZIONARIO: DEFINIZIONE E CONDIZIONE DI ABRAHAM
3
6) EQUAZIONE DI OHM PER UN BIPOLO: DEDUZIONE PER VIA TERMODINAMICA DELL’EQUAZIONE DI OHM, BIPOLI PERFETTI E
FORMALIZZAZIONE TIPO SERIE E PARALLELO.
3
REGIME STAZIONARIO
5
1) METODO COMPLETO: NUMERO DI INCOGNITE E TIPO DI EQUAZIONI NECESSARIE PER LA RISOLUZIONE. ESEMPIO.
5
2) METODO RIDOTTO: INCOGNITE PRINCIPALI. NUMERO DI INCOGNITE E TIPO DI EQUAZIONI NECESSARIE PER LA
RISOLUZIONE. ESEMPIO.
5
1) ENUNCIARE IL PRINCIPIO NEL CASO GENERALE
5
2) PARTICOLARIZZARE ALLE RETI ELETTRICHE (RUOLO DEI GENERATORI, DELLE RESISTENZE, ECC.)
5
3) ILLUSTRARE I LIMITI DI APPLICABILITA’ DEL PSCE
6
1) ENUNCIARE IL TEOREMA DEL GENERATORE EQUIVALENTE ED EVIDENZIARE LE SUE PARTICOLARIZZAZIONI SERIE
(THEVENIN) E PARALLELO (NORTON)
6
2) DIMOSTRARE IL TEOREMA DI THEVENIN ED ESEMPLIFICARE IL TEOREMA NEI DUE DIVERSI CASI
6
3) ILLUSTRARE I LIMITI DI APPLICABILITA’ DEL TEOREMA
6
1) ENUNCIARE E DIMOSTRARE IL TEOREMA DEL MASSIMO TRASFERIMENTO DI POTENZA
7
2) RENDIMENTO DI TRASMISSIONE
7
CAMPO MAGNETICO
8
1) ANALOGIA FORMALE TRA CAMPO ELETTRICO E MAGNETICO: TABELLA DI CORRISPONDENZA DELLE GRANDEZZE, DEFINIZIONE
DI RILUTTANZA, PERMEANZA MAGNETICA E FMM.
8
2) CRITERIO GENERALE DI COSTRUZIONE DI UNA RETE MAGNETICA A PARTIRE DA UN CIRCUITO MAGNETICO (CON ESEMPIO)
8
3) CHIARIRE I CONTENUTI DELL’ANALOGIA TRA CE E CM DAL PUNTO DI VISTA FISICO
9
4) FORMULARE A PARTIRE DALLA LEGGE DELL’INDUZIONE DI FARADAY LA NOZIONE DI INDUTTANZA PER UN CIRCUITO
MAGNETICO ISOLATO.
9
5) CALCOLARE CON RIFERIMENTO AD UN ESEMPIO SEMPLICE L’INDUTTANZA ASSOCIATA AD UN CIRCUITO AD UN SOLO
SOLENOIDE.
9
6) ENERGIA NEL CAMPO MAGNETICO: ESPRESSIONE E DIMOSTRAZIONE DELLA STESSA.
10
7) FORMULARE A PARTIRE DALLA LEGGE DELL’INDUZIONE DI FARADAY LA NOZIONE DI AUTO E MUTUA INDUTTANZA PER UN
CIRCUITO MAGNETICO A DUE AVVOLGIMENTI.
10
8) IL CONCETTO DEI MORSETTI CONTRASSEGNATI E LA LORO IDENTIFICAZIONE.
10
9) ENERGIA IN PRESENZA DI DUE AVVOLGIMENTI: ESPRESSIONE E DIMOSTRAZIONE.
11
TRANSITORI
12
1) DEDURRE, BASANDOSI SU UN ESEMPIO, LE RELAZIONI CHE GOVERNANO UN FENOMENO TRANSITORIO SPIEGANDO IL
SIGNIFICATO FISICO DEI TERMINI CHE LA COMPONGONO.
12
2) PRECISATA LA DIFFERENZA CONCETTUALE TRA LE NOZIONE DI VARIABILE DI STATO E DI RETE, DEDURRE LA FORMULA
GENERALE CHE DESCRIVE IL TRANSITORIO DI ENTRAMBI I TIPI DI GRANDEZZA.
12
3) ILLUSTRARE IL METODO PER ISPEZIONE
13
REGIME SINUSOIDALE
14
1) INTRODOTTO IL CONCETTO DI FASORE ESPLICITARE IL SUO LEGAME CON LE GRANDEZZE NEL TEMPO (TRASFORMAZIONE E
ANTITRASFORMAZIONE DI UNA GRANDEZZA).
14
2) DEDURRE CON RIFERIMENTO AL CIRCUITO SERIE R-L O R-L-C, IL TEOREMA DI KENNELLY-STEINMETZ. ENUNCIARE IL
TEOREMA E RIPORTARE LA TABELLA DI CORRISPONDENZA.
14
3) USO DELL’ALGEBRA DEI FASORI NELL’ANALISI DI RETI ELETTRICHE IN REGIME SINOSUIDALE: CONDIZIONI RICHIESTE
PER L’APPLICABILITA’
14
1) POTENZA ISTANTANEA E PARTICOLARIZZAZIONE NEL CASO DI BIPOLI ELEMENTARI PASSIVI.
15
2) DEDUZIONE, A PARTIRE DALLA POTENZA ISTANTANEA, DELLA POTENZA ATTIVA E SUA INTERPRETAZIONE FISICA.
16
3) DEFINIZIONE DELLA POTENZA REATTIVA E SUA INTERPRETAZIONE FISICA.
16
4) DEDUZIONE DELLA POTENZA COMPLESSA E LEGAME CON LA POTENZA ATTIVA E REATTIVA.
16
5) DEFINIZIONE DI POTENZA APPARENTE E LEGAME CON CIMENTO TERMICO.
16
6) ENUNCIARE IL COROLLARIO DI BOUCHEROT.
17
7) IL RIFASAMENTO.
17
8) DEFINIRE UNA “LINEA CORTA” E IL SUO MODELLO.
17
8) ESPRESSIONE DELLA CADUTA DI TENSIONE INDUSTRIALE.
17
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REGIME QUASI STAZIONARIO
GRANDEZZE ELETTRICHE E NOZIONE DI BIPOLO
1) TENSIONE ELETTRICA: DEFINIZIONE OPERATIVA, PROPRIETÀ E LEGGE DELLE
TENSIONI
la tensione elettrica è definita
unitaria tra due punti A e B.
il
lavoro
vAB =
fatto
LAB
= vA − vb
q
per
spostare
una
carica
[V ]
la tensione possiede un segni algebrico e dipende solamente dai due estremi
considerati ma non dal percorso. La tensione si misura in Volt attraverso il
voltmetro o tensiometro.
la legge delle tensioni o II legge di Kirchhoff prevede che la somma algebrica
delle tensioni ordinatamente misurabili lungo un percorso chiuso qualunque sia
identicamente nullo. Questo esprime la conservatività del campo elettrico.
n
∑
j=1
vj = 0
2) CORRENTE ELETTRICA: DEFINIZIONE OPERATIVA, PROPRIETÀ E LEGGE DELLE
CORRENTI
E’ la grandezza fisica che descrive il moto delle cariche elettriche, viene
definita come la quantità di carica che attraversa una superficie nell’unità di
tempo.
i(t ) =
dq
dt
[A]
La corrente è una grandezza dotata di segno e dipende dal conduttore ma preso un
conduttore la corrente è la stessa in ogni sezione. Lo strumento di misura è
l’amperometro.
La legge delle correnti o I legge di Kirchhoff prevede che la somma algebrica
delle correnti attraverso una superficie chiusa qualunque sia identicamente
nulla.
n
∑
j=1
ij (t ) = 0
3) BIPOLO ELETTRICO E PORTA ELETTRICA
Il bipolo è l’elemento fondamentale della teoria delle reti. E’ costituito da
una superficie chiusa dalla quale fuoriescono due morsetti attraverso i quali,
in unione con le connessioni elettriche ( almeno 2 fili) forma la porta
elettrica che permette al bipolo di comunicare con l’esterno.
4) POTENZA ELETTRICA: DEFINIZIONE FORMALE, DEFINIZIONE OPERATIVA, SEGNO E
CONVENZIONE DEGLI UTILIZZATORI E DEI GENERATORI
La potenza esprime la rapidità di accrescimento del lavoro ed è definita come il
prodotto delle grandezze tensione e corrente.
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P (t ) = v (t ) ⋅ i(t ) =
LAB Δq
⋅
Δq Δt
[W ]
il wattmetro combinazione di un tensiometro e di un amperometro permette di
misurare la grandezza potenza. La potenza così calcolata può essere
numericamente positiva o negativa. Si dice assorbita la potenza entrante
positiva e erogata la potenza uscente positiva. Oltre al segno si stabilisce una
convenzione:
• convenzione utilizzatori: I e V sono coordinate allo stesso morsetto e la
potenza è assorbita
• convenzione generatori: I e V non hanno verso coordinato e la potenza è
generata
5) REGIME QUAI STAZIONARIO: DEFINIZIONE E CONDIZIONE DI ABRAHAM
La condizione di RQS consente di modellare il fenomeno elettromagnetico mediante
tensione e corrente univoche e costanti nel tempo.
Per la condizione di Abraham si considera un bipolo: data la celerità della luce
c = 300 ⋅ 106 m /s il tempo di propagazione di un segnale iniettato in un morsetto si
chiama Delay time ed è pari, nel caso di l=1m a:
Δτ =
l
1
=
≅ 3n s
c
3 ⋅ 10 8
In base alla frequenza del segnale, dipendente dal periodo, si stabilisce se il
fenomeno del ritardo può essere trasformato in relazione alla scala dei tempi
del fenomeno. La condizione di regime quasi stazionario è
λ =
c
≫d
f
dove λ è la lunghezza d’onda del campo elettromagnetico, c è la velocità della
luce, f è la frequenza massima del campo elettromagnetico e d è la massima
dimensione lineare misurabile nel campo.
Se
1.
2.
3.
4.
è valida la condizione di RQS allora:
Il tempo di propagazione del campo elettromagnetico è nullo.
Le dimensioni del circuito elettrico sono trascurabili
La variabile spaziale può essere eliminata dal modello matematico.
EQUAZIONE DI OHM PER UN BIPOLO
6) EQUAZIONE DI OHM PER UN BIPOLO: DEDUZIONE PER VIA TERMODINAMICA
DELL’EQUAZIONE DI OHM, BIPOLI PERFETTI E FORMALIZZAZIONE TIPO SERIE E
PARALLELO.
Applicando il 1° principio della TDN si ha che tutto il lavoro entrante alla
porta (δ L) viene convertito in parte in energia immagazzinata nel bipolo (d W ) e
in parte in calore dissipato (δQ).
δ L = d W + δQ
Il lavoro esterno è la somma del lavoro elettrico e di quello scambiato in modo
reversibile con i sistemi fisici interagenti
δ L = δ Le + δ L *
essendo δ Le = p (t )d t = v (t ) ⋅ i(t )d t l’equazione di Ohm per un bipolo diventa
v (t ) ⋅ i(t )d t + δ L * = d W + δQ
P (t ) + P * =
dW
+ Ppersa
dt
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Primo Parziale
Nei bipoli perfetti avviene solo una di queste trasformazioni energetiche, si
hanno:
1. δ Le = δ L * ⟶ Generatori di tensione o corrente ovvero si converte energia
elettrica in energia non elettrica
• v (t ) ⋅ i(t ) = e (t ) ⋅ i(t ) ⟶ v (t ) = e (t ) il generatore di tensione applica ai suoi
morsetti una tensione pari alla sua forza elettromotrice.
• v (t ) ⋅ i(t ) = e (t ) ⋅ i(t ) ⟶ i(t ) = a (t ) il generatore di corrente eroga una corrente pari
alla sua corrente interna.
2. δ Le = δQ ⟶ Resistenza o conduttanza ovvero si converte lavoro elettrico in
calore dissipato. La potenza assorbita è sempre non negativa e il resistore
può solo assorbire potenza da degradare in calore. R,G sono carichi cioè
utilizzatori e vengono detti elementi passivi che necessitano alimentazioni
esterne.
• v (t ) = R ⋅ i(t ) ⟶ Pp(t ) = R ⋅ i(t )2
• i(t ) = G ⋅ v (t ) ⟶ Pp(t ) = G ⋅ v (t )2
3. δ Le = d W ⟶ Induttanza e condensatore dove si converte lavoro elettrico
accumulando energia nel campo magnetico (induttanza L [H]) o nel campo
elettrico (condensatore C [F])
d i(t )
• v (t ) = L ⋅ d t
d v (t )
• i(t ) = C ⋅ d t
I bipoli sono lineari e tempo-invariati (LTI) ovvero i loro valori sono
indipendenti dalla corrente che circolano dalla tensione e non variano nel
tempo, sono bipoli ideali.
Se LTI —> esiste un’unica soluzione
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REGIME STAZIONARIO
ANALISI RETI ELETTRICHE: METODO DI KIRCHHOFF E KIRCHHOFF
MODIFICATO
1) METODO COMPLETO: NUMERO DI INCOGNITE E TIPO DI EQUAZIONI NECESSARIE
PER LA RISOLUZIONE. ESEMPIO.
In generale se una rete ha L lati si hanno 2L incognite, ovvero una corrente ed
una tensione per ogni lato. Queste 2L equazioni devono essere linearmente
indipendenti si scrivono:
L
LΩ
N−1
L KC
L − N + 1 LKT
Esempio, considero una rete LTI, definisco il numero di lati, il numero di nodi
e determino il numero di incognite. Successivamente si scrivono per ogni lato le
relative L equazioni di ohm, le N-1 LKC e le L-N+1 LKT
2) METODO RIDOTTO: INCOGNITE PRINCIPALI. NUMERO DI INCOGNITE E TIPO DI
EQUAZIONI NECESSARIE PER LA RISOLUZIONE. ESEMPIO.
Se esiste un legame tra la corrente e la tensione allora si può scrivere un
sistema di incognite principali, pari al numero di lati della rete (L) e dedurre
le altre incognite utilizzando le equazioni costitutive.
Bisogna innanzitutto individuare per ogni lato le incognite principali cioè le
variabili non vincolate. L’altra variabile di lato può essere ricavata dal
legame costitutivo (L Ω implicite).
L
N
N−1
L −N+1
I NCO GN I T E
NODI
L KC
LKT
PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DELLE CAUSE E DEGLI EFFETTI
1) ENUNCIARE IL PRINCIPIO NEL CASO GENERALE
Il PSCE si basa sul fatto che gli effetti sono combinazione lineare delle cause.
Considerando un sistema lineare: i termini noti cioè le forzanti/cause f , le
incognite cioè le risposte/effetti x , i coefficienti cioè le proprietà
costitutive sono in relazione tramite:
a1 x1 + b1 x 2 = f1
[A] ⋅ [x] = [ f ] ⟶ {a x + b x = f
2 1
2 2
2
tramite il PSCE si ha quindi che:
−1
[x] = [A]
⋅ [ f ];
[x′] = [A]
−1
⋅
f1
;
[ 0]
−1
[x′′] = [A]
⋅
0
;
[ f2]
x1
x′1
x′1′
=
+
[x 2] [x′2 ] [x′2′]
2) PARTICOLARIZZARE ALLE RETI ELETTRICHE (RUOLO DEI GENERATORI, DELLE
RESISTENZE, ECC.)
Nelle reti elettriche i generatori di tensione e corrente sono i termini noti
(le forzanti), le variabili di rete (le risposte) sono gli effetti e le
resistenze (proprietà costitutive del sistema) sono i coefficienti.
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Primo Parziale
Ciascuna variabile di rete in un circuito lineare può essere espressa come somma
dei valori che essa assume quando nel circuito agisce un solo generatore alla
volta cioè come sovrapposizione degli effetti prodotti dai singoli generatori.
Si può quindi scomporre la rete in tante sottoreti ognuna delle quali ha un solo
generatore funzionante. Spegnere un generatore di tensione corrisponde a
sostituire il generatore con un corto circuito, spegnere un generatore di
corrente corrisponde a sostituire il generatore con un circuito aperto.
3) ILLUSTRARE I LIMITI DI APPLICABILITA’ DEL PSCE
Il PSCE non vale per le potenze perché implicano relazioni non lineari. Il PSCE richiede che tutti i componenti siano lineari.
L’applicazione comporta la risoluzione di molte semplici reti
TEOREMA DEL GENERATORE EQUIVALENTE
1) ENUNCIARE IL TEOREMA DEL GENERATORE EQUIVALENTE ED EVIDENZIARE LE SUE
PARTICOLARIZZAZIONI SERIE (THEVENIN) E PARALLELO (NORTON)
Un bipolo misto può essere reso equivalente agli effetti esterni a due bipoli
serie e parallelo, nel senso che questi risultano caratterizzati dal medesimo
legame ingresso- uscita proprio del bipolo originario.
• TEOREMA DI THEVENIN: l’ipotesi alla base è che la rete sia lineare. Se la rete
è lineare allora può essere sostituita da una rete equivalente costituita
dalla serie di un generatore ideale di tensione e da un resistore. La tensione
del generatore è la tensione ai capi dei morsetti A e B quando sono lasciati
aperti (tensione a vuoto), la resistenza del resistore è la resistenza
equivalente vista dai morsetti A e B quando la rete è passivata.
• TEOREMA DI NORTON: l’ipotesi alla base è che la rete sia lineare. Se la rete è
lineare allora può essere sostituita da una rete equivalente costituita dal
parallelo di un generatore ideale di corrente e da un conduttore. La corrente
del generatore è la corrente tra i morsetti quando sono chiusi in corto
circuito (corrente di corto circuito), la conduttanza del conduttore è la
conduttanza equivalente vista dai morsetti quando la rete è passivata.
2) DIMOSTRARE IL TEOREMA DI THEVENIN ED ESEMPLIFICARE IL TEOREMA NEI DUE
DIVERSI CASI
la dimostrazione del teorema di Thevenin prevede di considerare una rete lineare
accoppiata ad un bipolo generico e tramite il teorema di sostituzione questo
bipolo sia un generatore di corrente dove A = I e V identificano la rete. Successivamente tramite il teorema di sovrapposizione si considera la tensione
V = V′ + V′′ dove nel primo caso si considera la tensione della rete a vuoto ( cioè
I = 0 ) e nel secondo caso la tensione data dalla rete lineare passivata ( cioè
V′′ = − Req ⋅ I da cui si ottiene la caratteristica di un bipolo costituito da un
generatore di tensione Eeq e da un resistore di Req da cui
V = Eeq − Req ⋅ I
3) ILLUSTRARE I LIMITI DI APPLICABILITA’ DEL TEOREMA
L’equivalenza è solo agli effetti esterni in termini di variabili di tensione,
corrente e potenza alla sola porta elettrica ma non è valida per gli effetti
interni, gli elementi circuitali presenti e le potenze dissipate/generate
internamente sono differenti.
I versi dei generatori equivalenti sono correlati ai versi scelti per la
tensione a vuoto e per la corrente di cortocircuito . Per Norton la corrente di
cortocircuito deve essere valutata con verso di riferimento A—> B
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TEOREMA DEL MASSIMO TRASFERIMENTO DI POTENZA ( O DI ADATTAMENTO)
1) ENUNCIARE
POTENZA
E
DIMOSTRARE
IL
TEOREMA
DEL
MASSIMO
TRASFERIMENTO
DI
I generatori reali non possono fornire al carico una potenza infinita come viene
assunto per i generatori ideali. Il modello di un generatore reale di tensione è
in generale costituito da un generatore ideali dei tensione con in serie un
resistore (interno al generatore) si hanno dissipazioni sotto forma di calore.
Il teorema stabilisce le condizioni che massimizzino la potenza ceduta da una
sorgente reale ad un carico.
2
P = R⋅I = R⋅
Es
( Rs + R )
le ipotesi alla base del teorema sono che la sorgente reale sia lineare e che la
resistenza di carico sia lineare e tempo invariante. Il teorema prevede che la
potenza trasferita al carico R da un generatore reale di resistenza interna Rs
sia massima quando la resistenza di carico eguaglia quella interna del
generatore reale, o del suo equivalente di Thevenin.
DIM considerando che la potenza per R = 0 e R → + ∞ assume sempre valori finiti
positivi e presenta un massimo si ha:
dP
= Es2
dR
2
(Rs + R) − 2R (Rs + R)
4
(Rs + R)
=0
da cui si ottiene che Rs + R − 2R = 0 ⟶ R = Rs e che la potenza massima trasferibile
vale
Pma x =
Es2
4Rs
2) RENDIMENTO DI TRASMISSIONE
si definisce il rendimento di trasmissione come il rapporto tra la potenza
utilizzata e la potenza generata:
η=
Putiliz zata
Pgenerata
=
R ⋅ I2
R
=
2
2
R + Rs
R ⋅ I + Rs ⋅ I
R
= 0.5 si ha il massimo trasferimento di potenza ma
2R
con un rendimento di trasmissione pari a 0.5 cioè si produce il doppio di quello
che poi si trasmette effettivamente. Dal punto di vista energetico non è l’ottimo trasferire la massima potenza
poiché lo si farebbe con un rendimento basso. 4
Nella pratica si cerca di avere Rcarico ≥ ⋅ Rth in modo che il rendimento sia
5
almeno η ≥ 90 %
Se R = Rs ⟶ P = Pma x ⟶ η =
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CAMPO MAGNETICO
1) ANALOGIA FORMALE TRA CAMPO ELETTRICO E MAGNETICO: TABELLA DI
CORRISPONDENZA DELLE GRANDEZZE, DEFINIZIONE DI RILUTTANZA, PERMEANZA
MAGNETICA E FMM.
Tabella
Campo Elettrico
Campo Magnetico
E
H
J
B
Grandezze Locali
J = σ ⋅E
Grandezze Integrali
Leggi di Ohm
B =μ ⋅H
E ⋅I =V
H⋅I =U
J⋅A = I
B⋅A = Φ
V = R⋅I
U = R⋅Φ
I =G ⋅V
Φ = P ⋅U
f = N⋅I
E (fem)
A
Leggi di Kirchhoff
∑
/
V =0
∑
I=0
∑
U=0
∑
Φ=0
La forza magnetomotrice è la “causa” del campo magnetico ed è definita, a
partire dalla legge di Ampere, come la sommatoria delle correnti che concatenano
il circuito. Nel caso di un solenoide di N spire in cui passa una corrente I si
ha f = N ⋅ I
La riluttanza misura l’opposizione di un materiale al transito del flusso
magnetico ed è definita come:
Rk =
lk
μ ⋅ Ak
[H
]
−1
dove μ [H /m ] è la permeabilità del materiale e l , A rispettivamente la lunghezza e
l’area. La permeanza è l’inverso della riluttanza
Pk =
μ ⋅ Ak
1
=
Rk
lk
2) CRITERIO GENERALE DI COSTRUZIONE DI UNA RETE MAGNETICA A PARTIRE DA UN
CIRCUITO MAGNETICO (CON ESEMPIO)
Si considera ad esempio un circuito magnetico con 3 colonne (tratti verticali)
di cui due sono avvolti da spire in cui passano correnti differenti e 2
gioghi(tratti orizzontali).
1. Tracciare le linee baricentriche associate ai vari tronchi in modo da
individuare il grafo della rete magnetica.
2. si associa a ciascun lato omogeneo a sezione costante la corrisponde
lk
riluttanza data da: Rk =
μk ⋅ Ak
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3. In ogni lato di grafo concatenato con un solenoide di N spire percorso
dalla corrente I si colloca un corrispondente generatore serie di fmm
orientato secondo la regola della mano destra: fi = Ni ⋅ Ii
4. Si risolve quindi l’esempio tramite il corollario di Millman: dove
Uab =
1
R1
f1
R1
+
−
1
R2
f2
R2
+
1
R3
e Φ3 =
Uab
;
R3
Φ1 =
F1 − Uab
;
R1
Φ2 = − Φ3 + Φ2
3) CHIARIRE I CONTENUTI DELL’ANALOGIA TRA CE E CM DAL PUNTO DI VISTA
FISICO
L’analogia tra reti elettriche e magnetiche è legata alla sola forma delle
equazioni. Infatti dal punto di vista fisico i due fenomeni differiscono per:
A. La fisica del fenomeno: Nel campo elettrico si ha un effettivo trasporto
di carica netta mentre nel campo magnetico si ha solamente una
polarizzazione locale. Inoltre dal punto di vista energetico nel CE si
hanno perdite in forma di calore dovute agli attriti mentre il CM è
conservativo e tutta l’energia accumulata nel CM viene integralmente
restituita.
B. La natura del legame costitutivo: il legame J (E ) è lineare, infatti σ ≠ f (J )
mentre il legame B(H ) è un ciclo d’isteresi e quindi non lineare, cioè μ
varia con B.
C. Le condizioni al contorno: per il campo di conduzione (CE) è possibile
trovare un isolante che sia capace di rendere la superficie laterale del
conduttore un tubo di flusso per il ce mentre non è così per il CM in
quanto non esiste un materiale che può ritenersi un perfetto isolante
magnetico.
4) FORMULARE A PARTIRE DALLA LEGGE DELL’INDUZIONE DI FARADAY LA NOZIONE
DI INDUTTANZA PER UN CIRCUITO MAGNETICO ISOLATO.
La legge di Faraday afferma che ai capi di una spira immersa in un campo
d φ (t )
magnetico si genera una fem pari a e (t ) = −
e nel caso di N spire si ha
dt
e (t ) = −
d Nφ (t )
dΨ
=−
dt
dt
dove Ψ è il flusso concatenato.
Un qualsiasi circuito percorso da corrente produce un campo magnetico che si
concatena anche al circuito stesso perciò, riferendosi al conduttore ad anello
con N avvolgimenti di spira, per Faraday si ha
e (t ) = −
d Nφ (t )
dt
d ove
φ=
N 2 d I (t )
N⋅I
perciò si ha v (t ) = − e (t ) =
⋅
R
R
dt
da cui si ottiene l’induttanza o coefficiente di autoinduzione L =
dipende
da fattori geometrici e/o dal mezzo.
5) CALCOLARE CON RIFERIMENTO AD UN ESEMPIO
ASSOCIATA AD UN CIRCUITO AD UN SOLO SOLENOIDE.
SEMPLICE
N2
R
[H ] che
L’INDUTTANZA
Si considera un circuito magnetico composto da una sola spira con N
avvolgimenti. La riluttanza i-esima dovuta alla presenza del vuoto
1 δi
( μo = 4π ⋅ 10−7 ) è calcolabile come Ri =
⋅
di conseguenza, calcolata la
μo Ai
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riluttanza equivalente della rete si può calcolare il flusso di campo φ =
Da cui l’induttanza L =
NI
. Req
Φ
Nφ
N2 ⋅ I
=
=
I
I
Req
6) ENERGIA NEL CAMPO MAGNETICO: ESPRESSIONE E DIMOSTRAZIONE DELLA STESSA.
Si considera un bipolo generico con la convenzione degli utilizzatori, cioè I e
V coordinati allo stesso morsetto, δ Le entrante e d W nel bipolo. Si considera
quindi l’induttanza, sempre nella convenzione degli utilizzatori dove P è
entrante. Si ha
δ Le = d W ⟶ p d t = d w ⟶ p =
La
potenza
assorbita
nell’induttanza.
energia
di
Per il calcolo della potenza si ha, poiché V = L
dt
W=
t
∫0
rappresenta
pdt =
t
∫0
V ⋅ Id t = L
la
dW
=V⋅I
dt
t
∫0
i⋅
variazione
di
accumulata
di
1 2 i(t)=I
1
dt = L
i
= L ⋅ I2
[2 ]
dt
2
i(t )=0
0
quindi l’energia associata all’induttore dipende dalla corrente nell’istante
della valutazione.
7) FORMULARE A PARTIRE DALLA LEGGE DELL’INDUZIONE DI FARADAY LA NOZIONE
DI AUTO E MUTUA INDUTTANZA PER UN CIRCUITO MAGNETICO A DUE AVVOLGIMENTI.
In presenza di due avvolgimenti la fem indotta su un avvolgimento può essere
prodotta dalla variazione della propria corrente, fenomeno dell’autoinduzione,
oppure dalla variazione di flusso concatenato al circuito prodotto dall’altro
NI
avvolgimento. Si ha, dato che Φ1 =
I1
L11 =
Ψ1
I1
=
I2 =0
N Φ1
N2
=
I1
Req
la fem indotta sull’avvolgimento 1 dall’avvolgimento 2 risulta essere:
v12 =
d Φ12
di
d Φ12
=
⋅ i 2 = L12 ⋅ 2
)
dt
d t ( i2
dt
dove L12 è detta mutua induttanza LM infatti
LM = L12 = L 21 =
Ψ21
i2
=
i1=0
Ψ12
i1
i 2 =0
8) IL CONCETTO DEI MORSETTI CONTRASSEGNATI E LA LORO IDENTIFICAZIONE.
Nel caso più generale possibile l’equazione del mutuo induttore è la seguente:
v1(t ) = L1
v2 (t ) = L 2
di1
±
dt
di 2
dt
LM
± LM
di 2
dt
di1
dt
dove il termine ± tiene conto del tipo di interazione (additiva o sottratti) tra
i due avvolgimenti. I morsetti contrassegnati sono tali poiché facendo entrare
la corrente nei suddetti morsetti l’effetto sarà additivo. Il procedimento che
porta alla loro identificazione prevede la scelta di primo tentativo del primo
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morsetto, successivamente iniettando la corrente in quel morsetto si verifica,
attraverso la regola della mano destra, il verso del flusso prodotto e
successivamente si sceglie il morsetto dell’altro avvolgimento in modo tale da
avere un flusso cospirante con quello primario.
9) ENERGIA IN PRESENZA DI DUE AVVOLGIMENTI: ESPRESSIONE E DIMOSTRAZIONE.
Nel caso più generale possibile l’equazione del mutuo induttore è la seguente:
v1(t ) = L1
v2 (t ) = L 2
di1
±
dt
di 2
dt
LM
± LM
di 2
dt
di1
dt
si ha che la potenza è data da P = P1 + P2 = v1i1 + v2 i 2 e si calcola:
W=
t
∫0
=
P1d t +
t
∫0
P2 d t =
i(t)=t
t
d i (t )
d i (t )
d i (t )
d i (t )
± LM 1
L1 1 ± LM 2
i1d t +
L2 2
i dt =
∫0 [
∫0 [
dt
dt ]
dt
dt ] 2
t
t
=
∫i(0)=0
=
i(t)=I
1
1
1
1
L1I12 + L 2 I22 ±
L i d i + i d i = L I 2 + L I 2 ± LM d (i1i 2) =
∫i(0)=0 M ( 1 2 2 1) 2 1 1 2 2 2
∫
2
2
L1d i1 ⋅ i1 ± LM d i 2 ⋅ i1 +
∫0
L 2 d i 2 ⋅ i 2 ± LM d i1 ⋅ i 2 =
1
1
L I 2 + L I 2 ± LM I1I2
2 11 2 2 2
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TRANSITORI
FENOMENI TRANSITORI PER RETI LINEARI TEMPO-INVARIANTI DEL I ORDINE
1) DEDURRE, BASANDOSI SU UN ESEMPIO, LE RELAZIONI CHE GOVERNANO UN
FENOMENO TRANSITORIO SPIEGANDO IL SIGNIFICATO FISICO DEI TERMINI CHE LA
COMPONGONO.
Si considera un circuito formato da i seguenti elementi in serie: un resistenza
R, un generatore di tensione E, un’induttanza L e un interruttore comandato in
chiusura. Si studia il transitorio della variabile di stato i(t). Per t = 0− il circuito è aperto e non passa corrente quindi si ha i(0−) = 0. Per t > 0+ il circuito è chiuso e si può scrivere una legge delle tensioni che
modellizza la rete:
E = vr + vL = Ri + L
di
dt
Si giunge ad un modello differenziale che descrive la variazione delle corrente
nel tempo:
di R
E
+ i= .
dt
L
L
In un modello differenziale come questo, l’uscita (i) dipende dai valori
istantanei e contemporanei dell’ingresso (E). Questo modello differenziale necessita l’abbinamento ad un condizione iniziale
della variabile in oggetto affinché la soluzione sia determinata univocamente.
di
dt
R
i
L
{i(0+ ) =
+
E
L
−
i(0 )
=
relazione che governa il fenomeno transitorio
2) PRECISATA LA DIFFERENZA CONCETTUALE TRA LE NOZIONE DI VARIABILE DI
STATO E DI RETE, DEDURRE LA FORMULA GENERALE CHE DESCRIVE IL TRANSITORIO
DI ENTRAMBI I TIPI DI GRANDEZZA.
Le variabili di stato, corrente nell’induttore e tensione ai capi di un
condensatore, sono variabili che caratterizzano l’evoluzione di una rete poiché
sono le responsabili dell’accumulo energetico nella rete. Essendo variabili di
stato non possono subire discontinuità (proprio perché legate all’energia).
Tutte le altre grandezze sono variabili di rete.
La loro evoluzione è ottenuta tramite combinazione lineare dell’evoluzione delle
variabili di stato. Questo tipo di variabili può subire discontinuità. partendo
dall’esempio precedente si ha
di
dt
R
i
L
{i(0+ ) =
+
E
L
i(0−)
=
L
di
i
E
si ha
+ =
che è un’equazione
dt τ
L
R
differenziale la cui soluzione è la somma dell’integrale generale e di quello
particolare ovvero i(t ) = iG (t ) + IP (t ) dove iG (t ) è la soluzione dell’omogenea
associata, ovvero di
Introducendo la costante di tempo τ =
di 1
t
+ i = 0 che è iG (t ) = K e − τ
dt
τ
La soluzione particolare deve avere la stessa forma della forzante ovvero una
costante iP (t ) = IP
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d IP 1
E
E
E L
E
+ IP =
⟶ IP = ⋅ τ =
=
dt
τ
L
L
L R
R
La soluzione trovata è la soluzione del sistema a regime perciò si ha:
t
i(t ) = K e − τ +
E
t
= K e − τ + i (+∞)
R
Per determinare la costante K si usa la condizione iniziale imposta, ovvero:
0
t = 0 ⟶ i(t = 0) = i(0+ ) = i(0−)i(0) da cui i(0) = K e − τ + i (+∞) e quindi K = i(0) − i(+∞)
Si arriva quindi alla formula
transitorio del primo ordine:
generale
che
esprime
la
soluzione
di
un
t
x (t ) = [x (0) − x (+∞)] ⋅ e − τ + x (+∞)
dove 0 = 0+ se x è una variabile di rete oppure 0 = 0+ = 0− se x variabile di stato.
Per quanto riguarda la costante di tempo si ha:
τ =
τ =
L
R
C
R
In d u t t a n z a
Co n d e n s a t or e
3) ILLUSTRARE IL METODO PER ISPEZIONE
Costituisce un metodo per determinare i valori di x (0−), x (0+ ), x (+∞), τ
A. La condizione in 0− è antecedente alla manovra di interruttore, quindi si
può risolvere la rete in regime stazionario sostituendo all’induttore un
corto circuito e al condensatore un circuito aperto. Si calcolano nella
rete sia le variabili di stato sia quelle di rete.
B. In 0+ l’unica evoluzione riguarda la variabile di rete, che può subire
discontinuità. Per la continuità dello stato bisogna sostituire
all’induttore un generatore di corrente (A = i(0−)) e al condensatore un
generatore di tensione (E = v (0−))
C. Per t = + ∞ si è in una condizione di regime stazionario dopo la manovra
sull’interruttore. Perciò risolviamo la rete sostituendo all’induttore un
corto circuito e al condensatore un circuito aperto.
D. Per la costante di tempo basta calcolare la resistenza equivalente vista
dall’elemento conservativo, infatti:
τL =
L
R eq
τC = C ⋅ Req
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REGIME SINUSOIDALE
ALGEBRA DEI FASORI
1) INTRODOTTO IL CONCETTO DI FASORE ESPLICITARE IL SUO LEGAME CON LE
GRANDEZZE NEL TEMPO (TRASFORMAZIONE E ANTITRASFORMAZIONE DI UNA
GRANDEZZA).
Una funzione sinusoidale del tipo a (t ) = A ⋅ s i n (ω t + φ) può essere vista come la
proiezione di un vettore rotante su un asse. Nel piano complesso un vettore
rotante a velocità angolare ω è descritto dall’espressione in forma polare di un
numero complesso x (t ) = ρ ⋅ e jωt quindi è possibile rappresentare una sinusoide come
una proiezione sull’asse immaginario (sin) o reale (cos) di un numero complesso.
Trascurando uno dei dati caratteristici di una funzione sinusoidale, la
pulsazione, si può ottenere una relazione ancora più efficiente che permette di
passare dal dominio del tempo a quello fasoriale:
a (t ) =
2A ⋅ s i n (ω t + φ) = ℑ{ā (t )} = ℑ [ 2A e jωt+φ] = ℑ [ 2A e jωt ⋅ e jφ] = ℑ [ 2 Ā e jωt]
dove Ā = A ⋅ e jφ è definito fasore.
Un fasore è quindi un numero complesso, non dipendente dal tempo, che
rappresenta una funzione sinusoidale, comprendendone il valore efficace e la
fase. E’ quindi possibile passare da una funzione sinusoidale al corrispondete
fasore (trasformazione) o eseguire l’operazione inversa (antitrasformazione).
Noto il fasore Ā:
Ā = A e jφ ⟶ a (t ) =
2A s i n (ω t + φ) dove A è il valore efficace, φ la fase
Ā = x + j y ⟶
x 2 + y 2 = A;
ar ctg
y
= φ; ⟶ a (t ) =
(x)
2A s i n (ω t + φ)
2) DEDURRE CON RIFERIMENTO AL CIRCUITO SERIE R-L O R-L-C, IL TEOREMA DI
KENNELLY-STEINMETZ. ENUNCIARE IL TEOREMA E RIPORTARE LA TABELLA DI
CORRISPONDENZA.
Si considera un circuito tipo serie con un generatore di tensione e (t ) , una
resistenza R , un’induttanza L e un condensatore C . Per risolvere il circuito si
può applicare la LKT ma si arriva ad un’equazione integro-differenziale:
e (t ) = vR (t ) + vL (t ) + vC (t )
e (t ) = Ri(t ) + L
di(t)
dt
+
1
C
∫ i(t )d t
Il teorema di Kennelly-Steinmetz permette di passare dal dominio del tempo al
dominio favoriate in modo da avere un’equazione in cui compaiono solo fasori.
ENUNCIATO: qualunque problema relativo a reti lineari tempo-invariati stabili,
sottoposte ad ingressi sinusoidali isofrequenziali, può risolversi impiegando
gli stessi metodi e le stesse formule del regime stazionario, sostituendo
ordinatamente gli ingressi stazionari con i fasori e gli operatori reali con
quelli complessi come riassunto in tabella seguente.
TEMPO
FASORI
Fe jφ
2Fs i n (ω t + φ)
∫
K
K
d
dt
jω
1
jω
…d t
< xy >
ℜ{x̄ y} = ℜ{ȳ x}
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3) USO DELL’ALGEBRA DEI FASORI NELL’ANALISI DI RETI ELETTRICHE IN REGIME
SINOSUIDALE: CONDIZIONI RICHIESTE PER L’APPLICABILITA’
Le condizioni per l’applicabilità sono:
La forma fasoriale delle leggi delle correnti e delle tensioni sono:
LC :
∑
ik (t ) = 0 ⟶
∑
ℑ{Ī ⋅ e jωt} ⟶
LT :
∑
vk (t ) = 0 ⟶
∑
ℑ{V̄ ⋅ e jωt} ⟶
k
k
k
k
∑
Īk = 0
k
∑
k
V̄k = 0
Per quanto riguarda resistenza, condensatore e induttore si ha rispettivamente:
r es i s t e n z a
c o n d e n s a t or e
i n d u t t or e
V̄ = R ⋅ Ī
{Ī = G ⋅ V̄
V̄ = − j
1
ωC
⋅ Ī
Ī = jωC ⋅ V̄
V̄ = − jω L ⋅ Ī
Ī = − j
1
ωL
⋅ V̄
Xc =
1
ωC
Bc = ωC
XL = ω L
BL =
1
ωL
dove si è indicata con Xn la reattanza e con Bn la suscettanza.
BILANCIO ENERGETICO IN REGIME ALTERNATO SINUSOIDALE
1) POTENZA ISTANTANEA E PARTICOLARIZZAZIONE NEL CASO DI BIPOLI ELEMENTARI
PASSIVI.
In regime alternato sinusoidale, considerando gli ingressi v (t ) = V ⋅ s e n (ω t + φv ) e
i(t ) = I ⋅ s i n (ω t + φi ) la potenza istantanea è definita come:
P (t ) = v (t ) ⋅ i(t ) = V I ⋅ s i n (ω t + φv ) ⋅ s i n (ω t + φI )
A seguito di passaggi matematici si può dare una definizione più significativa
della potenza istantanea, ovvero:
P (t ) = V I{c os φ − c os φ c os [2(ω t + φI )] + s i n φs i n [2(ω t + φI )]}
Dove emergono la potenza attiva e la potenza reattiva istantanee:
AT T I VA
Pa (t ) = V I ⋅ c os φ{1 − c os [2(ω t + φi )]}
{R E AT T I VA Pr (t ) = V I ⋅ s i n φs i n [2(ω t + φI )]
Particolarizzando ai bipoli passivi si ha:
A. per la resistenza: V̄, Ī sono in fase, quindi φ = 0 ⟶ c os φ = 1; s i n φ = 0
perciò in una resistenza la potenza è solo attiva ed è pari a
Pa = V I ⋅ [1 − c os (2ω t )], è sempre positiva ed il valore medio è V I ( in accordo
con la definizione P = R ⋅ i 2 ). Nei resistori la potenza viene assorbita e
dissipata in calore
π
B. per l’induttore: si ha che φ = ⟶ c os φ = 0; s i n φ = 1 di conseguenza la
2
potenza è rappresentata solo da quella reattiva ed è pari a
Pr (t ) = V I ⋅ s i n (2ω t ) e può essere positiva o negativa poiché essa viene
alternativamente accumulata e ceduta dall’induttore e, data la
conservatività dello stesso, il valore medio è nullo.
π
C. per il condensatore: si ha che φ = − ⟶ c os φ = 0; s i n φ = − 1 quindi anche il
2
condensatore è rappresentato dalla sola potenza reattiva Pr (t ) = − V I ⋅ s i n (2ω t )
che può essere positiva o negativa ma di valor medio nullo.
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2) DEDUZIONE, A PARTIRE DALLA POTENZA ISTANTANEA, DELLA POTENZA ATTIVA E
SUA INTERPRETAZIONE FISICA.
Integrando in un intervallo di tempo la potenza instantanea si ottiene il lavoro
elettrico, dato che per la potenza resisteva il valor medio è nullo:
L =
T
∫0
p (t )d t =
T
∫0
Pa (t )d t =
T
∫0
V I ⋅ c os φ (1 − c os 2ω t )d t = V Ic os φ (t −
1
s i n 2ω t )
2ω
Si nota che il lavoro è dato da una componente lineare nel tempo (V I ⋅ c os φ ⋅ t ) e da
1
una oscillante a frequenza doppia rispetto all’ingresso (−V I ⋅ c os φ
s i n 2ω t ) .
2ω
Quest’ultima è trascurabile considerando le tempistiche dei fenomeni industriali
e la usuale frequenza a 50H z, perciò si può esprimere il lavoro come:
L = V I ⋅ c os φ ⋅ i = P ⋅ t dove si definisce
Po t e n z a
a t t i v a = V I ⋅ c os φ
[W ]
Essa è il valor medio della potenza istantanea e rappresenta il lavoro elettrico
trasmesso. Il suo segno è riconducibile al verso di trasmissione del lavoro.
3) DEFINIZIONE DELLA POTENZA REATTIVA E SUA INTERPRETAZIONE FISICA.
La potenza reattiva Q è definita analogamente alla potenza attiva come
Q = VI ⋅ sin φ
Essa viene introdotta per tener conto dei flussi energetici tra campo elettrico
e campo magnetico. E’ il valore massimo della potenza reattiva istantanea ed è
interpretabile come l’ampiezza della rapidità di variazione delle energie
scambiate dal circuito con il campo elettrico / magnetico.
4) DEDUZIONE DELLA POTENZA COMPLESSA E LEGAME CON LA POTENZA ATTIVA E
REATTIVA.
La potenza complessa sintetizza in forma fasoriale tutte le informazioni
necessarie per il bilancio energetico in regime sinusoidale. Al fine di far
comparire nell’espressione della potenza i valori efficaci di V, I e l’angolo di
fase φ si introduce il fasore coniugato I con cui si definisce:
V̄ I = Ve jφ v ⋅ Ie −jφi = V Ie j(φ v −φI ) = V Ie jφ = S̄
e in forma binomiale:
V I (c os φ + js i n φ) = V Ic os φ + j V Is i n φ = P + jQ = S̄
dove si riconosce ℜ{S̄} = P e ℑ{S̄} = Q è possibile quindi costruire un triangolo
rettangolo delle potenze di cateti P, Q e ipotenusa S.
5) DEFINIZIONE DI POTENZA APPARENTE E LEGAME CON CIMENTO TERMICO.
La potenza apparente è definita come il modulo della potenza complessa:
| S̄ | = A =
P 2 + Q 2 = Ve Ie
Essa esprime la massima elongazione della potenza istantanea attorno al suo
valor medio. Sul piano energetico rappresenta la massima potenza elaboratile dal
bipolo. Essa è legata al cimento termico poiché al valore efficace della
corrente sono legate le perdite in calore (temperatura d’esercizio) e a quella
della tensione è legato il corretto isolamento della macchina. Perciò Ve, Ie
fissano un’area di utilizzo in sicurezza del dispositivo rappresentabile su un
piano con asse delle ascisse I e asse delle ordinate V.
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6) ENUNCIARE IL COROLLARIO DI BOUCHEROT.
Il corollario di Boucherot afferma che in una rete con Ngen componenti descritti
dalla convenzione dei generatori e Nutl da quella degli utilizzatori, vale la
seguente relazione di bilancio energetico:
Ngen
∑
k=1
S¯k =
Nutl
∑
k=1
S¯k ⟶
Ngen
∑
k=1
P̄k =
Ngen
∑
k=1
P̄k ;
Ngen
∑
k=1
Q̄k =
Ngen
∑
k=1
Q̄k
7) IL RIFASAMENTO.
Rifasare significa agire per incrementare il fattore di potenza fornendo
localmente potenza reattiva Qc, prodotta da batterie di condensatori, in modo da
diminuire la corrente richiesta a pari potenza attiva e tensione. Il
rilassamento comporta un miglior utilizzo delle macchine elettriche, riduzione
delle Paride e una riduzione della caduta di tensione.
LINEA ELETTRICA IN REGIME ALTERNATO SINUSOIDALE
8) DEFINIRE UNA “LINEA CORTA” E IL SUO MODELLO.
Una linea corta è una linea di collegamento tra due carichi che a causa della
sua lunghezza non può essere considerata un corto circuito. Il termine corta sta
a significare che il termine preponderante nell’impedenza di tale linea è quello
induttivo e non quello resistivo. Il modello circuitale prevede la serie di una Rlinea resistenza di linea e di una
J Xlinea impedenza di linea.
8) ESPRESSIONE DELLA CADUTA DI TENSIONE INDUSTRIALE.
Schematizzando una linea elettrica come la serie
una resistenza di linea Rlinea , un’induttanza con
impedenza Zlinea. Risolvendo la rete, la caduta di
come ΔV = | Ē | − | V̄ | e poiché Ē = V̄ + Ī (Rlinea + j Xlinea ) si
di un generatore di tensione E,
impedenza j Xlinea e un carico di
tensione industriale è definita
ha che
ΔV ≅ I (Rlinea ⋅ c os φ + j Xlinea ⋅ s i n φ)
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