Corso di Studi: Innovazione Tecnologica e Design per i Sistemi Urbani e il Territorio
Insegnamento: Audit e progettazione energetica. AA 2013/2014.
Docente: Arch. Antonio Carbonari
I contenuti di questa dispensa sono tratti dalla Tesi di Laurea di Guidolin Alberto (A.A. 2011-2012)
Sviluppo sostenibile
Sviluppo del concetto di sviluppo sostenibile: tappe più significative.
Nel 1968 per iniziativa dell’industriale Aurelio Peccei, venne costituito il Club di Roma,un’associazione
internazionale non governativa, no-profit, di scienziati, economisti, uomini d’affari, attivisti dei diritti civili,
alti dirigenti e capi di stato di cinque i continenti, che si proponeva di elaborare e suggerire politiche
fondate su un modello di sviluppo alternativo a quello dominante, più attento alle dimensioni sociali e
ambientali.
Quattro anni dopo il Club di Roma commissionò al MIT di Boston una ricerca avente per oggetto
l’indagine delle risorse disponibili esistenti sul pianeta. Lo studio prodotto mise in evidenza come il
sistema ambiente avesse in primo luogo subito rapidi cambiamenti a seguito della rivoluzione
industriale, e come tali mutamenti dipendessero da una serie di fattori in forte crescita, quali il numero
della popolazione mondiale, la richiesta di alimenti e di capitale industriale, il consumo di risorse naturali
e le emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, acqua e suolo. L’aumento vertiginoso della popolazione
era dovuto, in particolare, ai progressi della medicina che debellava sempre più malattie mortali
aumentando la vita media degli individui; una maggiore cultura unita alla possibilità di produrre alimenti
contribuiva inoltre a sfamare e a migliorare lo stile di vita che si allargava a nuove condizioni di
benessere.
A fronte del verificarsi di tali eventi, la ricerca condotta affermò come tale modello di crescita avrebbe
incontrato inevitabilmente i limiti posti dalla disponibilità delle risorse in natura (flussi di input) e i limiti
posti dalla capacità del pianeta terra di “metabolizzare” rifiuti ed inquinanti immessi nell’ambiente (flussi
di output).
Nello stesso anno si svolse a Stoccolma la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano
(UNCHD). In risposta alla crescente preoccupazione dell’opinione pubblica per il degrado ambientale, i
delegati di 113 nazioni danno vita al primo Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP).Venne
anche approvata una Dichiarazione sull’Ambiente Umano, documento di principi relativo a diritti e
responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente e alle generazioni future, da assumere come
riferimento sia per le iniziative individuali, sia per le politiche globali.
Con la crisi petrolifera degli anni ’73-75 il mondo occidentale acquisisce la consapevolezza della
limitatezza ed esauribilità delle risorse naturali a fronte della contingente dipendenza della propria
economia da approvvigionamenti di materie prime provenienti da altri paesi.
Nel 1983 le Nazioni Unite istituiscono la Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo (WCED),
più nota come Commissione Brundtland, dal nome del presidente Gro Harlem Bruntland (ministro
dell’ambiente e due volte Primo Ministro della Norvegia).
Quattro anni dopo la Commissione pubblica il noto rapporto Our Common Future all’interno del quale la
protezione dell’ambiente non è ritenuta né un limite inconciliabile con lo sviluppo economico e sociale,
ne una “distorsione” facilmente rimediabile, ma un requisito indispensabile per uno sviluppo stabile e
durevole, che richiede interventi ad ogni scala e in ogni settore, introducendo così il concetto di sviluppo
sostenibile.
Nel 1992 gli stessi ricercatori del M.I.T. autori dell’indagine citata, misero a punto un nuovo rapporto
intitolato “Oltre i limiti di sviluppo”. Il trascorrere di 20 anni dal primo studio permise loro di verificare che
nel frattempo nessuna azione politica aveva saputo incidere significativamente su una inversione di
tendenza o su un rallentamento al consumismo.
Nello stesso anno i capi di Stato e di Governo, presenti alla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente
e Sviluppo (UNCED), approvano la Dichiarazione di Rio e l’Agenda 21, riferimenti fondamentali per le
politiche e le iniziative volte alla sostenibilità dello sviluppo nel 21° secolo. Alla Conferenza di Rio
vengono anche messe a punto due rilevanti convenzioni: quella sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e
quella sulla biodiversità (CBD), oltre alla Dichiarazione di principi sulla gestione sostenibile delle foreste.
Si avviano così le sessioni periodiche delle conferenze delle parti (organismi tecnico-politici costituiti per
l’attuazione delle convenzioni) e viene istituita la Commissione delle Nazioni Unite sullo Sviluppo
Sostenibile (UNCSD), con il compito di garantire e di registrare l’attuazione degli impegni assunti a Rio.
Inoltre, viene avviato il Programma Capacity 21, destinato ad accrescere le capacità gestionali e
decisionali “interne” dei paesi in via di sviluppo, per favorire l’integrazione dei principi di Agenda 21 nelle
attività di pianificazione e programmazione a livello locale e a livello nazionale.
Nel 1997 viene approvato il Protocollo di Kyoto, il primo atto contenente indicazioni operative per
l’attuazione di alcuni degli impegni più urgenti previsti della convenzione sui cambiamenti climatici
(UNFCCC). Il trattato prevede l'obbligo dei Paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni
di gas climalteranti (CO₂ ed altri gas serra tra i quali il metano e l’ossido di azoto) in una misura non
inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990, considerato come anno base, nel periodo
2008-2012. Siamo dunque verso la fine degli anni ’90, quando si delinea una prospettiva di rendere
attuabile uno sviluppo definito come “volto a soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la
possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni”.
Nel 2002 si svolse a Johannesburg il World Summit on Sustainable Development, che si concluse con
l’approvazione della Johannesburg Declaration on Sustainable Development e del relativo Plan of Action.
Si valutò l’operato dei Paesi firmatari e si definirono le linee di sviluppo future. Vennero confermati i
principi dell’approccio precauzionale e delle responsabilità comuni, pur se differenziati tra Paesi
industrializzati e Paesi in via di sviluppo.
Le principali aree d’azione furono: diritti umani; lotta alla povertà; protezione della salute; acqua potabile;
sostanze chimiche; biodiversità; protezione degli oceani e pesca; energia; cambiamenti climatici.
Vennero definiti finanziamenti con l’istituzione di un fondo mondiale per la solidarietà a carattere
volontario cercando inoltre la riduzione del debito dei Paesi in via di Sviluppo e vennero previsti interventi
come l’avvio della riforma del sistema dei sussidi al commercio internazionale e la promozione nei
mercati internazionali dei processi e dei prodotti sostenibili.
Nel 2012 si è svolta la conferenza delle nazioni unite sullo sviluppo sostenibile Rio+20 con l’obiettivo di
garantire un rinnovato impegno politico per lo sviluppo sostenibile, valutando i progressi ottenuti fino ad
oggi e le lacune ancora esistenti per l’attuazione dei risultati dei principali vertici sullo sviluppo
sostenibile ed affrontare i problemi futuri. La conferenza si è concentrata su due temi: un’ economa
verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e l’eliminazione della povertà. I sette problemi affrontati
sono stati: la necessità di garantire posti di lavoro alla popolazione mondiale, la necessità di utilizzare
energia rinnovabile ed a basso costo, lo sviluppo sostenibile delle città, il bisogno di produrre cibo a
sufficienza per sfamare la popolazione, garantire il più possibile la reperibilità dell’acqua, la salvaguardia
degli oceani e cercare di prevenire ed arginare i disastri ambientali oramai sempre più frequenti.
Si stima che al 31 ottobre 2011 il numero degli abitanti della Terra abbia raggiunto la soglia di sette
miliardi. La popolazione mondiale è stata interessata da una crescita continua sin dalla fine della piaga
della peste nera del XIV secolo; il tasso di crescita della popolazione mondiale raggiunse un picco del
2,19% nel 1963, nel 2008 si è quasi dimezzato. Superata la soglia dei 7 miliardi alla fine del 2011, l'ONU
stima che nell'anno 2040 sul nostro pianeta ci saranno circa 9 miliardi di abitanti.
A fronte dell’aumento demografico, degli impatti dello sviluppo industriale e dell’esauribilità delle fonti
energetiche l’unica strada possibile da percorrere è lo sviluppo sostenibile che riconosce nel sistema
ambiente i limiti entro cui contenere tale crescita. Posto dunque l’obiettivo di perseguire comunque la
ricerca del benessere della società, la possibilità di “giocarsi” tale sviluppo deve avvenire
necessariamente entro appunto, i confini posti dal sistema ambiente.
In base a quanto sopra riportatosi possono individuare delle azioni finalizzate alla realizzazione di uno
sviluppo sostenibile.
In relazione alla gestione dei flussi di input impiegati nei molteplici processi che coinvolgono lo sviluppo
economico, sociale, ecc., si possono individuare i seguenti obiettivi:
- assicurare che alle risorse del pianeta sia data la possibilità di “rigenerarsi”: è il caso dell’utilizzo di
alcuni materiali, quali, il legno, il sughero, ecc.;
- minimizzare in generale i consumi di energia;
- produrre energia ricorrendo a fonti rinnovabili.
In riferimento ai limiti posti “a valle”di un processo, e dunque ai flussi di output sono individuabili le
seguenti azioni:
- minimizzare le emissioni nell’ambiente di rifiuti: ciò si persegue individuando nel concetto di rifiuto, cioè
di bene, materiale o sostanza non più atta a soddisfare una certa funzione, la capacità di divenire
“risorsa” per dare vita ad un nuovo processo. Questo obiettivo si esplica attraverso concrete politiche di
incentivo al “riuso” e al “riciclo”;
- individuare attraverso specifiche logiche di produzione processi industriali meno impattanti da un punto
di vista delle emissioni rilasciate in aria, acqua e suolo;
-adottare politiche di compensazione ambientale, partendo dalla constatazione che la maggior parte dei
processi di produzione di un bene non possono essere ad impatto zero: tuttavia, il bilancio può risultare
zero se a fronte di un impatto generato siano promosse azioni che lo rendono “nullo”. E’ il caso dei
progetti che riportano il logo ad “Impatto zero”, i quali prevedono la contabilizzazione del GWP, il Global
Warming Potential e la compensazione dei gas serra immessi nell’ambiente attraverso azioni di
riforestazione e di salvaguardia.
1. LCA
1.1. Origini del metodo LCA
Verso la fine degli anni sessanta alcuni ricercatori iniziarono al occuparsi in modo scientifico delle
problematiche relative al consumo di risorse e della generazione di rifiuti nei processi industriali e si
accorsero che per studiare in modo corretto il carico energetico ed ambientale dei processi produttivi è
necessario analizzare l’intero percorso compiuto dalle materie prime, dall’estrazione attraverso tutti i
processi di trasformazione, lavorazione e trasporto, fino al loro ritorno alla terra sotto forma di rifiuti.
Questo approccio era innovativo per l’epoca, perché fino ad allora gli studi scientifici applicavano un
approccio per parti, esaminando separatamente i singoli processi e cercando miglioramenti parziali.
Con questo nuovo metodo esteso all’intero ciclo di vita veniva invece coinvolta l’intera filiera produttiva e
si cercava un’ottimizzazione dell’intero sistema.
1.2. Il metodo Life Cycle Assessment (LCA)
Per ricostruire il bilancio ecologico di un prodotto è necessario esaminare gli impatti ambientali lungo
l’intero ciclo di vita, spesso un prodotto viene definito ecologico solamente perché realizzato con
materiale riciclato, con il fine di contenere il consumo di materie prime e della produzione di rifiuti, senza
considerare che un prodotto realizzato con materiale riciclato può aver richiesto un consumo energetico
in fase di riprocessamento e trasporto tale da annullare o ridurre consistentemente la positività del
risparmio di materie prime.
La valutazione ambientale del ciclo di vita è un metodo di analisi che valuta gli impatti ambientali di un
prodotto, di un processo o di un servizio durante tutto il suo ciclo di vita, attraverso la quantificazione dei
flussi di materia ed energia in ingresso (consumi) e in uscita (emissioni) nelle fasi di estrazione delle
materie prime, trasporto, produzione, distribuzione, uso e dismissione. Questo metodo permette di
valutare quantitativamente i carichi energetici e ambientali determinati da un prodotto, un processo,
un’attività o un sevizio, durante tutto il suo ciclo di vita, “dalla culla alla tomba” (from cradle to grave) o
“dalla culla alla culla” (from cradle to cradle) nel caso del riciclaggio.
La prima fase di una valutazione LCA è la definizione delle finalità dello studio, dell’oggetto dello studio
(spesso alternative da confrontare) e del livello di approfondimento, e l’esplicitazione di chi esegue e a
chi è indirizzato lo studio. In relazione a queste assunzioni di partenza occorre definire:
- L’unità funzionale
- Il flusso di riferimento
- I confini del sistema
- L’ampiezza del ciclo di vita
- Le fasi del ciclo di vita
- Quali sono le assunzioni e la tipologia dei dati da raccogliere.
L’impostazione dello studio è fondamentale poiché a obiettivi diversi corrisponde un approccio differente
al problema e dunque una diversa modalità di svolgimento della valutazione LCA. La capacità di
adattamento di questo tipo di analisi dimostra la flessibilità del metodo, ma porta anche ad adattamenti
nell’uso del metodo che possono distorcere i risultati. Per questo è necessario esplicitare in modo chiaro
tutte le assunzioni, non solo nell’impostazione, ma anche durante lo svolgimento. In base agli obiettivi
dello studio è necessario definire i “confini del sistema”, ovvero quali parti del ciclo di vita saranno
incluse nell’analisi e quali invece verranno trascurate poiché di minore importanza o poco influenti.
Generalmente la valutazione LCA viene utilizzata allo scopo di confrontare il comportamento ambientale
di due prodotti alternativi o con l’obiettivo di individuare possibili miglioramenti lungo il ciclo di vita di uno
specifico prodotto. Gli utilizzatori dello strumento LCA nel settore edilizio sono da una parte i progettisti,
che, attraverso il confronto degli impatti ambientali di prodotti differenti, possono avere indicazioni di
supporto alle scelte progettuali e avere uno strumento di valutazione dell’effettiva eco-compatibilità di un
prodotto, dall’altra le aziende che, tramite l’individuazione delle fasi più impattanti, possono adottare
strategie di miglioramento del prodotto in termini di eco-efficienza e di eco-compatibilità. La definizione
degli scopi influisce considerevolmente sulla scelta delle procedure di analisi e valutazione, sul livello di
approfondimento dell’analisi e sulla tipologia dei dati da raccogliere.
A seconda delle finalità dello studio è possibile realizzare diversi tipi di LCA:
- Una valutazione LCA “concettuale” (Life Cycle Thinking), usata per effettuare una valutazione
basata su un ridotto numero di dati di inventario e per lo più di tipo qualitativo;
- Una valutazione LCA “semplificata” (Screening) o ottimizzata (Streamlining), dove vengono
attuate semplificazioni volte a ridurre il tempo necessario a svolgere lo studio;
- Una valutazione LCA “dettagliata”, che invece approfondisce tutti i dati.
Tutte le valutazioni LCA sono in qualche modo un modello “semplificato” del sistema esaminato perché
la ricostruzione reale di tutti i processi e di tutti i flussi è un’operazione pressoché impossibile e di
conseguenza si operano sempre ipotesi e assunzioni che tendono a trascurare parti del sistema. Nel
contempo, però l’eccessiva semplificazione può essere rischiosa in quanto possono venir omesse parti
considerate trascurabili, ma in realtà importanti, alterando il risultato finale. Una valutazione LCA
semplificata deve perciò essere fatta solo quando serve farsi un’idea generale o di orientamento.
Fig.1.1 grafico del ciclo "from cradle to grave"
La definizione delle fasi che verranno analizzate porta al tracciamento dei confini di sistema: se lo scopo
è per esempio quello di valutare il comportamento ambientale in fase di produzione, è possibile
realizzare studi parziali come gli eco profili “from cradle to gate” (dalla culla al cancello), coinvolgendo
dunque anche le fasi di approvvigionamento dei materiali, o gli eco bilanci “from gate to gate” (dal
cancello al cancello), limitandosi dunque alla valutazione di quello che accade in stabilimento. Nella
costruzione dell’informazione è possibile anche realizzare un’analisi “from gate to grave” (dal cancello, in
uscita dallo stabilimento, alla tomba), oppure degli scenari relativi alla fase d’uso dell’edificio (service life
scenarios) e al fine vita (end of life scenarios).
Il metodo LCA può essere applicato a prodotti fisici o a servizi e può essere applicato a diverse scale,
dalla produzione industriale alla progettazione edilizia. Tutti questi elementi rendono l’impostazione dello
studio il momento più importante e determinante ai fini dell’esito finale: la precisione e la correttezza dei
calcoli estesa ai numeri decimali non ha senso a fronte di una impostazione complessiva del lavoro che
devia il risultato.
Un passaggio delicato nell’impostazione dello studio è la definizione dell’unità funzionale, rispetto a cui
viene determinato il flusso di riferimento oggetto poi dell’analisi del ciclo di vita.
L’unità funzionale definisce cosa precisamente deve essere studiato e quantifica il servizio espletato / la
prestazione svolta da un certo prodotto, prestazione che viene identificata come caratterizzante la
tipologia di prodotto presa in esame. L’unità funzionale è l’unità di misura comune che consente la
comparazione tra prodotti; a questa unità di misura vanno riferiti tutti i dati dell’inventario: essa viene
dunque trasformata nel flusso di riferimento che è espresso in peso/quantità di materiale necessario per
realizzare/espletare l’unità funzionale. L’unità funzionale è dunque la misura della prestazione che il
sistema assicura (per esempio, per un isolante, l’unità funzionale può essere la resistenza termica di
1m²K/W; la quantità di prodotto che garantisce 1m²K/W di resistenza termica è il flusso di riferimento da
considerare nell’inventario). Sempre nella fase istruttoria, devono essere definite le categorie di dati
(flussi di energia e materiali ed emissioni in ambiente) associate ai processi e occorre formulare ipotesi e
assunzioni riguardo ai dati che verranno presi in esame (per esempio motivare quali dati in ingresso e in
uscita verranno trascurati).
L’LCA ha come obiettivo il miglioramento della qualità ambientale dei prodotti attraverso:
- L’ottimizzazione dei bilanci energetici;
- La riduzione del consumo di risorse;
- La riduzione delle emissioni inquinanti;
- La riduzione del carico ambientale degli scarti.
1.3. Norme UNI EN ISO 14000
La metodologia LCA è normata a livello europeo dalla norma EN ISO 14040 recepita in Italia come UNI
EN ISO 14040:2006 e la norma 14044:2006 le quali sostituiscono le UNI EN ISO 14041:1999 e la 140423:2001. La EN ISO 14040 è stata elaborata dal Comitato Tecnico ISO/TC 207 “Gestione ambientale”
divenuta norma nazionale in Italia mediante la notifica di adozione a seguito dell’approvazione da parte
del CEN, l’ente nazionale di normazione.
La norma UNI EN ISO 14040, “Gestione ambientale – Valutazione del ciclo di vita – Principi e quadro di
riferimento”, introduce alla metodologia LCA specificando che l’LCA tratta gli aspetti ambientali e i
potenziali impatti ambientali (uso di risorse e i rilasci nell’ambiente) lungo tutto il ciclo di vita del
prodotto, dall’acquisizione delle materie prime attraverso la fabbricazione e l’utilizzo, fino al trattamento
di fine vita, riciclaggio e allo smaltimento finale.
La norma UNI EN ISO 14040 (edizione luglio 2006) descrive i principi ed il quadro di riferimento per la
valutazione del ciclo di vita (LCA), comprendendo:
a) la definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione dell'LCA;
b) la fase di inventario del ciclo di vita (LCI);
c) la fase di valutazione dell'impatto del ciclo di vita (LCIA);
d) la fase di interpretazione del ciclo di vita;
e) la rendicontazione e la revisione critica dell'LCA;
f) le limitazioni dell'LCA;
g) le correlazioni tra le fasi dell'LCA;
h) le condizioni per l'utilizzo delle scelte dei valori e degli elementi facoltativi.
La norma tratta gli studi di valutazione del ciclo di vita (LCA) e di inventario del ciclo di vita (LCI) ma non
descrive in dettaglio la tecnica di valutazione del ciclo di vita e non specifica metodologie per le singole
fasi dell'LCA.
La norma uni EN ISO 14044 (edizione luglio 2006) specifica i requisiti e fornisce linee guida per la
valutazione del ciclo di vita (LCA), comprendendo:
a) la definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione dell'LCA;
b) la fase di inventario del ciclo di vita (LCI);
c) la fase di valutazione dell'impatto del ciclo di vita (LCIA);
d) la fase di interpretazione del ciclo di vita;
e) la rendicontazione e la revisione critica dell'LCA;
f) le limitazioni dell'LCA;
g) le correlazioni tra le fasi dell'LCA;
h) le condizioni per l'utilizzo delle scelte dei valori e degli elementi facoltativi.
La norma tratta gli studi di valutazione del ciclo di vita (LCA) e di inventario del ciclo di vita (LCI).
1.4. Embodied Energy
L’Embodied Energy (EE) o energia grigia è “la quantità di energia necessaria per produrre, trasportare
fino al luogo di utilizzo e smaltire un prodotto o un materiale o per assicurare un servizio”.
Per quanto riguarda il prodotto edilizio “l’Embodied Energy è l’energia consumata da tutti i processi
associati alla produzione di un edificio, dalla raccolta e processamento delle risorse naturali fino alla
fabbricazione, al trasporto e alla consegna del prodotto finito.
Altri termini impiegati in sostituzione del concetto di energia grigia sono: "energia virtuale", "energia
congelata" o "energia nascosta". Ma il significato letterale di queste parole può trarre in inganno, infatti
l’energia grigia non è da intendersi come energia disponibile o inclusa in un materiale o prodotto. Un
termine più accurato sarebbe “richiesta energetica cumulativa” (gross energy) poiché, come si può
dedurre dalla definizione, si riferisce agli input di energia nelle fasi del ciclo di vita considerate nello
studio.
Nel calcolo dell’energia grigia rientra l’energia richiesta per estrarre e lavorare le materie prime di tutti i
componenti e l’energia impiegata per trasportare i prodotti finiti sul sito di costruzione ed assemblarli. A
seconda del metodo con il quale viene quantificata, potrebbero essere anche compresi i contributi di
energia impiegata per la manutenzione dei componenti edilizi, per la loro rimozione ed il riciclaggio alla
fine della vita utile.
Si distinguono due tipi di energia grigia:
- energia grigia iniziale;
- energia grigia periodica o per manutenzione;
L’energia grigia iniziale viene intesa come il quantitativo di energia impiegata per l’estrazione, il
trasporto, la lavorazione di un materiale o un prodotto fino alla sua posa in opera all’interno della
costruzione. Essa è costituita da due componenti:
- l’energia diretta, utilizzata per trasportare al sito i prodotti edilizi e per edificare la costruzione;
- l’energia indiretta, utilizzata per acquisire, elaborare, e produrre i materiali costruttivi, compreso
ogni trasporto connesso a queste attività.
L’energia grigia periodica o ricorrente considera gli interventi di manutenzione, riparazione e/o
sostituzione dei vari componenti di un edificio ipotizzando una durata di vita predefinita. La quantità di
energia grigia periodica dipende da numerosi fattori, tra cui:
- il tipo di edificio (residenziale o commerciale, numero di piani, ecc.);
- il tipo e la durabilità di materiali e componenti impiegati;
- i sistemi installati nell’edificio;
- la qualità degli interventi di manutenzione;
- la durata dell’edificio nel suo complesso;
- il comportamento degli utenti utilizzatori.
L’energia grigia periodica è difficile da stimare nel lungo termine e soprattutto a causa della difficoltà di
prevedere il contenuto di energia non rinnovabile dei materiali, componenti o sistemi sostitutivi.
Di solito l’energia grigia si misura come la quantità di energia non rinnovabile riferita all’unità di materiale
da costruzione, al componente o al sistema. Per esempio si può esprimere in megajoules (MJ) o
gigajoules (GJ) per unità di peso (kg oppure t) o di superficie (m2).
1.4.1. L’energia grigia degli edifici
Valutare l’energia grigia di un intero edificio, o anche di singoli materiali, non è semplice perché la
produzione e l’installazione di componenti edilizi sono processi complessi e coinvolgono numerose
variabili. Non esistono misurazioni standard riconosciute a livello internazionale, ma si possono
comunque individuare diverse metodologie per quantificare l’energia grigia nei materiali. Alcuni
ricercatori prendono in considerazione esclusivamente l’energia grigia dei materiali, altri non includono le
operazioni di trasporto o considerano solo in parte l’energia richiesta per l’estrazione delle materie
prime. Altri distinguono l’energia grigia nella costruzione in sé e quella coinvolta nell’intero ciclo di vita
dell’edificio, che comprende quella impiegata nella manutenzione, riparazione, demolizione e
smaltimento della struttura fisica. Quest’ultimo procedimento non deve essere però confuso con una
LCA: la valutazione dell’energia grigia nel ciclo di vita di un edificio misura soltanto l’energia impiegata e
non include gli impatti ambientali. Il valore di energia grigia di un prodotto dipende dal tipo di processo
di produzione cui è stato sottoposto ma anche da una serie di numerosi fattori tra i quali l’efficienza
energetica dei macchinari utilizzati, la distanza di approvvigionamento delle materie prime e le modalità
di trasporto adottate, le possibili fonti di energia impiegate e il mix energetico caratteristico di ogni area
geografica.
Di conseguenza due prodotti identici possono essere caratterizzati da differenti quantità di energia grigia
a causa dei diversi luoghi e/o contesti in cui vengono prodotti e di dove e come vengono utilizzati.
Inoltre, anche variabili come la distanza del sito dagli operai, la distanza che i fornitori devono percorrere
per raggiungere il sito durante la costruzione, il tipo di combustibile impiegato nella produzione e nel
trasporto dei materiali, influenzano il valore finale dell’energia grigia di un prodotto. Essa deve essere poi
rapportata alla prestazione e alla durata di un elemento o componente, poiché questi fattori possono
avere l’effetto di mitigare o compensare gli impatti ambientali iniziali associati all’energia grigia.
In conclusione, l’energia grigia di un edificio è variabile e anche i dati concernenti i materiali da
costruzione che si riferiscono a nazioni diverse possono essere differenti. Nonostante questa serie di
considerazioni, essa può essere una misura molto utile a patto che non la si guardi in termini assoluti,
rappresenta solo una delle molte misurazioni possibili e non dovrebbe essere utilizzata come l’unica
base per la scelta di materiali, componenti o sistemi.
Di seguito viene riportato il sommario ICE (Inventory of Carbon & Energy) elaborato dall’Università di
Bath (Inghilterra) nel 2011 in cui vengono illustrati l’energia grigia misurata in MJ/kg e le emissioni di
anidride carbonica per Kg di materiale prodotto dei materiali più utilizzati in ambito edilizio ed industriale.
1.4.2. Energia grigia ed energia consumata in fase d’uso: il bilancio energetico
Fino a poco tempo fa si pensava che il contenuto di energia grigia di un edificio fosse molto inferiore
dell’energia utilizzata per farlo funzionare nel corso della sua vita utile (energia operativa). Per questo
motivo la maggior parte degli sforzi è stata rivolta alla riduzione dell’energia operativa tramite
miglioramento dell’efficienza energetica dell’isolamento termico degli edifici.
Le ricerche condotte hanno, però, dimostrato che non è sempre così. Mentre il consumo di energia
operativa dipende dagli occupanti dell’edificio, l’energia grigia non dipende da questi ma è “incorporata”
nei materiali. Il contenuto di energia grigia si costituisce tutto in una sola volta (tralasciando la
manutenzione e il rinnovamento), mentre l’energia operativa si accumula nel tempo e può essere
influenzata nel corso della vita utile dell’edificio.
Il contenuto di energia grigia varia in base ai diversi tipi di costruzione. In molti casi un suo più alto valore
può essere giustificato se porta a una più bassa energia operativa. Per esempio, grandi quantitativi di
massa termica, dotata di grande energia grigia, possono ridurre significativamente le necessità di
raffreddamento e di riscaldamento in abitazioni passive ad energia solare ben progettate e isolate.
Mentre gli edifici diventano sempre più energeticamente efficienti e la quantità di energia operativa
diminuisce, l’energia grigia è destinata ad acquistare maggiore importanza.
Al fine della riduzione delle dispersioni di calore e quindi dei consumi energetici, le vigenti normative
hanno favorito la realizzazione di involucri edilizi iperisolati. Questi non sono realmente contraddistinti da
una riduzione dei consumi energetici, infatti, se si esegue una valutazione estesa al ciclo di vita, si può
spesso riscontrare uno spostamento dei consumi dalla fase d’uso a quella di produzione, e quindi,
senza aver prodotto un’effettiva riduzione del bilancio complessivo energetico.
L’importanza di operare un bilancio energetico, sta nella possibilità di confrontare l’energia spesa nella
costruzione dell’edificio con l’energia consumata nella fase d’uso dello stesso. Affinché ciò sia possibile,
è necessario riferirsi ad una stessa unità di misura, operando quindi una normalizzazione.
Ad esempio, in funzione della durabilità dell’edificio è possibile ricavare il consumo energetico in fase
d’uso relativo a tutto il ciclo di vita, espresso in MJ o kWh, partendo dal fabbisogno energetico specifico
annuo (espresso in MJ/(m2ּanno) oppure in kWh/(m2ּanno)) e moltiplicandolo prima per il numero di
anni ipotizzato e poi per la superficie utile interna (m2). Se invece si divide l’energia grigia per il tempo in
cui l’edificio sarà utilizzato e per i m2 di superficie utile interna, la si può esprimere con la stessa unità di
misura dell’energia operativa (MJ/(m2ּanno) o kWh/( m2ּanno)) e diventa così possibile un confronto fra i
due valori.
Per poter effettuare queste operazioni è necessario definire con precisione la durata attesa dell’edificio
oppure ci si può riferire a quattro differenti scenari:
- medio-breve (≤ 25 anni);
- medio (25 < anni < 50);
- medio-lungo (50 <anni< 100);
- lungo (≥ 100 anni).
La scelta che generalmente si opera è di riferirsi alla durata attesa di un edificio pari a 100 anni però
questa durata è differente da quella dei materiali che costituiscono l’edificio perché sono soggetti ad un
decadimento prestazionale che comporta interventi di manutenzione e sostituzione. Si potrebbe,
altrimenti, considerare il ciclo di vita dei prodotti, ma conoscere la vita utile di ogni prodotto e stimare i
tempi di manutenzione degli stessi non è cosa semplice poiché a riguardo vi è una limitata informazione
scientifica.
Nonostante queste incertezze la durabilità di un materiale rappresenta un utile indicatore di sostenibilità
perché materiali durevoli hanno la possibilità di diluire nel tempo gli impatti causati per produrli. L’unica
possibilità è quella di stimare degli scenari di durata dell’edificio analizzando e confrontando i consumi
in fase di costruzione e i consumi energetici nella sua fase di gestione. Ciò può permettere ad esempio
di valutare i tempi di ritorno dell’investimento energetico nella realizzazione dell’edificio, si ritiene infatti
che ogni edificio rappresenti un investimento energetico di lunga durata.
L’analisi del tempo di ritorno dell’elevato consumo di energia speso nella fase di realizzazione
dell’edificio dovrebbe spingere a prolungare la vita utile degli edifici e ci si aspetta che i materiali ad
elevata energia incorporata durino più a lungo per “recuperare” l’investimento energetico iniziale.
1.4.3. L’energia grigia come indicatore di sostenibilità
Nel concetto di energia grigia rientrano anche implicazioni relative ad alcuni aspetti dell’impatto
ambientale dell’edilizia come ad esempio l’esaurimento delle risorse, le emissioni di gas serra, il
degrado ambientale e la riduzione della biodiversità. L’energia grigia è per sua natura un indicatore
oggettivo e quantitativo che consente di valutare l’impatto ambientale di un materiale, prodotto e/o
sistema, infatti il consumo di risorse per la produzione di un materiale o prodotto può sempre essere
rapportato alle seguenti categorie di impatti ambientali:
- effetto serra, global warming potential (GWP) (g CO2);
- assottigliamento dello strato di ozono (g CFC11);
- acidificazione (g SO2);
- eutrofizzazione (g NO3);
- consumo di risorse non rinnovabili: petrolio (Mtep);
- altre.
L’energia grigia può essere quindi considerata un indicatore di sostenibilità dei materiali da costruzioni,
dei sistemi costruttivi o degli edifici nel loro complesso. In generale i prodotti che possiedono una
maggiore energia grigia comportano elevati impatti ambientali, in particolare legati alle emissioni di gas
serra associate al consumo di energia.
1.4.4. Modalità di calcolo
La quantificazione dell’energia grigia di un edificio è una questione molto complessa e non è stata
ancora definita una procedura di calcolo standardizzata accettata a livello internazionale. Le principali
procedure/approcci attualmente adottati per le analisi energetiche sono:
- Analisi di processo (process analysis). L’analisi di processo permette di identificare e
quantificare l’energia diretta e indiretta richiesta dai processi di lavorazione. Anche se richiede un
elevato impegno, anche in termini temporali è un’analisi molto diffusa perché permette di
ottenere risultati accurati e specifici. Consiste nella scomposizione del processo produttivo di un
bene in singole attività e nella quantificazione dei flussi di energia necessari per il compimento
delle stesse. Il valore finale di energia consumata è noto come richiesta energetica dei processi
(PER);
- Analisi input-output (input-output analysis). Si tratta di una tecnica macroeconomica introdotta
negli anni ’70 dal premio Nobel Leontief. Attraverso la matrice intersettoriale si determina
l’energia consumata direttamente e indirettamente all’interno del sistema economico. Il limite di
questo approccio è quello di fornire dati aggregati per settore nel quale però vengono prodotti
beni e/o servizi dissimili. L’analisi dell’energia grigia di un edificio effettuata con questa tecnica
nasce dall’esigenza di includere nel bilancio complessivo anche le voci che vengono solitamente
ignorate nell’analisi di processo, ovvero l’incidenza dei servizi indirettamente coinvolti nella
produzione, e quella di tutte le lavorazioni che precedono il livello al quale l’analisi di processo
potrebbe decidere di arrestarsi. La quantità finale di energia calcolata con l’analisi input-output è
nota come richiesta energetica lorda (GER);
-
Metodo ibrido (hybrid method). Incorpora le caratteristiche principali dei due metodi precedenti.
Si tratta di un’analisi di processo che, quando l’acquisizione dei dati incontra difficoltà eccessive,
viene completato con l’analisi input-output.
Si possono quindi distinguere due valori caratteristici dell’energia grigia:
- la richiesta energetica lorda (GER), che include idealmente tutte le variabili considerabili ed è una
misura della vera energia grigia di un materiale. Rappresenta una grandezza non realmente
misurabile;
- la richiesta energetica dei processi (PER), essa è una misura dell’energia che riguarda
direttamente la manifattura del materiale.
La richiesta energetica dei processi è più semplice da quantificare e di conseguenza la maggior parte
dei dati utilizzati per l’energia grigia sono espressi in questo modo. Il PER include l’energia utilizzata per
il trasporto della materia prima alla fabbrica ma non l’energia utilizzata per trasportare il prodotto finito al
cantiere.
In base alle indagini bibliografiche effettuate, il PER costituisce circa il 50-80% del GER. Anche per il
PER, che è una misura più precisa, arrivare ad un singolo dato per un materiale è alquanto difficile in
quanto bisognerebbe considerare:
- l’efficienza del singolo processo di fabbricazione;
- i combustibili utilizzati nella manifattura del materiale;
- le distanze che i materiali devono percorrere;
- l’ammontare dei prodotti riciclati utilizzati, ecc.
Ognuno di questi fattori varia in funzione del prodotto, del processo produttivo e delle sue modalità di
esecuzione/applicazione. Di conseguenza i dati di energia grigia riportati nelle tabelle sono soltanto di
natura indicativa e non devono essere considerati corretti in senso assoluto. La grande utilità degli stessi
è quella di fornire degli strumenti per eseguire dei confronti fra i materiali avvantaggiando l’impiego di
materiali aventi la più bassa energia grigia.
Come anticipato, per il confronto fra le quantità di energia grigia dei vari materiali è opportuno
considerare alcune raccomandazioni che riguardano sia il dato in sé che il valore di energia grigia di
materiali singoli e compositi:
- nel caso in cui siano disponibili dati di uno specifico produttore, bisognerebbe comunque
esercitare cautela nel fare paragoni con dati forniti da altri produttori o dalle tabelle in genere;
- utilizzare differenti metodi di calcolo produce risultati che possono differire notevolmente l’uno
dall’altro (di un fattore che varia fino a 10). Per ottenere i migliori risultati occorre confrontare dati
prodotti da una singola fonte utilizzando principi di base e metodologie coerenti.
Data tutta questa variabilità, per decidere quali materiali da costruzione utilizzare per abbassare l’energia
grigia della struttura, è importante non concentrarsi troppo sui dati precisi, ma più che altro seguire linee
guida generali.
1.4.5. Considerazioni e linee guida per la riduzione dell’energia grigia
Nella scelta della migliore tipologia costruttiva riveste notevole importanza considerare le caratteristiche
climatiche del luogo in cui l’edificio sarà realizzato. In generale valgono le seguenti considerazioni:
- la costruzione di edifici leggeri come quelli con struttura in legno ha un contenuto di energia
grigia spesso più basso rispetto alla costruzione di edifici pesanti. La stessa cosa non vale nel
caso di edifici realizzati con grandi quantitativi di acciaio e alluminio, materiali caratterizzati da un
alto contenuto energetico;
-
-
-
in molti contesti, dove il clima non richiede la presenza di una rilevante massa termica, può
risultare preferibile realizzare edifici leggeri contraddistinti da un basso consumo energetico
nell’arco del ciclo di vita (per esempio nel caso di climi umidi e caldi, siti in pendenza o
ombreggiati oppure paesaggi particolari);
in zone climatiche con più alti requisiti di riscaldamento e raffreddamento e significative
escursioni termiche notte/giorno, l’energia grigia contenuta in una grande quantità di massa
termica ben isolata può controbilanciare in maniera significativa l’utilizzo energetico per il
raffreddamento e il riscaldamento;
in aree dove i requisiti di raffreddamento e riscaldamento sono minimi o dove altri principi di
progettazione passivi non sono applicati, può risultare poco conveniente, visti i ridotti benefici,
realizzare edifici massivi e isolati ad alto contenuto di energia grigia.
Le caratteristiche climatiche del luogo in cui l’edificio è inserito, insieme a considerazioni legate alla
migliore destinazione d’uso dello stesso, le distanze di trasporto, la disponibilità dei materiali e del
budget e una maggiore attenzione al contenuto di energia grigia delle soluzioni d’involucro e
dell’edificio, possono sicuramente contribuire a realizzare interventi edilizi sostenibili. A tal fine è
opportuno perseguire un approccio olistico e integrato. Le soluzioni possono derivare dall’integrazione
di diversi possibili metodi. Nessuno di questi funziona da solo, e non tutti sono rilevanti se si dovesse
considerare ogni strategia. Ad ogni modo è necessario considerare le seguenti tattiche:
- ridurre la domanda energetica complessiva dell’edificio;
- effettuare una selezione di materiali ragionata che includa il più possibile la conoscenza
dell’energia grigia dei materiali;
- specificare l’utilizzo di equipaggiamento e tecnologie energeticamente efficienti;
- utilizzare strategie rinnovabili e cercare di utilizzare energia pulita;
- sensibilizzare i proprietari degli edifici, gli operatori e gli occupanti sulla scelta dei materiali
ambientalmente sostenibili e con un basso contenuto di energia grigia.
Altre linee guida per la riduzione dell’energia grigia negli edifici sono:
- progettare in maniera tale da garantire adattabilità e lunga durata,
- utilizzare materiali duraturi e a bassa richiesta di manutenzione;
- assicurarsi che i materiali possano essere facilmente separati;
- evitare di costruire più abitazioni del necessario per risparmiare materiali;
- modificare/riadattare invece di aggiungere/demolire;
- assicurarsi che i materiali provenienti dalla demolizione di edifici esistenti e da discariche di
materiali edili vengano riutilizzati o riciclati;
- utilizzare materiali rinvenibili localmente, inclusi quelli recuperati nel cantiere per ridurre i trasporti;
- scegliere materiali a basso contenuto di energia grigia (che possono includere materiali con
contenuto altamente riciclato) basandosi preferibilmente su dati prodotti da fornitori specifici;
- specificare dimensioni standard, e non utilizzare materiale ad alto contenuto energetico come
riempitivi;
- assicurarsi che gli avanzi vengano riciclati ed evitare strutture ridondanti;
- alcune finiture ad altissimo contenuto energetico come le pitture, hanno spesso alti livelli di
spreco;
- scegliere materiali che possono essere riutilizzati e riciclati facilmente alla fine del loro ciclo di vita
utilizzando sistemi di riciclaggio esistenti;
- dare preferenza a materiali prodotti utilizzando fonti di energia rinnovabili;
- utilizzare progetti e allestimenti di rivestimento degli edifici efficienti per minimizzare l’uso di
materiali (per esempio un rivestimento energeticamente efficiente può ridurre o eliminare la
-
necessità di dispositivi riscaldanti e raffreddanti, rubinetti efficienti permettono la riduzione delle
tubature);
chiedere ai fornitori informazioni sui loro prodotti e condividere queste informazioni.
1.5. Consumo energetico nell’ambito dei trasporti
Il contesto attuale è caratterizzato da uno scenario in cui si sta raggiungendo il picco estrattivo del
petrolio con la conseguente fine dell’era del petrolio a basso prezzo. Vi è tuttora incertezza su quando e
come avverrà una transizione ma non c’è alcun dubbio sull’importanza di ridurre i combustibili fossili, sia
per la tutela dell’ambiente, sia per prepararsi a vivere in un sistema caratterizzato da alti costi energetici.
Dei consumi energetici complessivi nel settore dei trasporti, in Italia circa i 2/3 (circa 26 Mtep/anno) sono
dovuti al trasporto passeggeri, la restante parte (circa 15 Mtep) al trasporto merci, e sono entrambi
dominati dalla modalità stradale.
Fig.1.2 Fonte Eurostat 2006
Dal questo grafico si può notare che ad oggi in Europa la maggior parte delle merci vengono ancora
trasportate su gomma mentre il trasporto marittimo detiene un quarto dei trasporti che avvengono nel
continente. Rimane un ruolo marginale per il trasporto ferroviario e fluviale rispettivamente del 3 e del 4%
Fig.1.3 Mix dei consumi per combustibile (UE) 2006 Fonte Eurostat
Attualmente non ci sono sostituti ai combustibili fossili per i trasporti marittimi ed aerei, solo la modalità
ferroviaria risulta essere meno dipendente dal petrolio. Il metano, pur registrando un aumento degli
impieghi rilevante, rappresenta solo lo 0,1 del fabbisogno totale energetico. Il gasolio rappresenta il 67%
dei carburanti derivati dal petrolio impiegati nel trasporto. Le tep prodotte dai biocarburanti pur essendo
cresciute da 2000 nel 1990 a 5 milioni nel 2006 hanno ancora un ruolo marginale nel trasporto stradale.
Dal 1990 lo sviluppo tecnologico ed in parte gli accordi volontari hanno consentito un aumento
dell’efficienza del 20% del trasporto su strada però la domanda è aumentata del 61% e i consumi
complessivi del 29%. Riduzioni paragonabili si sono registrate per l’aereo grazie al rinnovo della flotta e a
maggiori fattori di riempimento. Innovazione tecnologica e miglioramenti in termini di efficienza
energetica sono stati significativi negli ultimi anni in particolare per i veicoli diesel, ma sono stati più che
compensati dall’aumento della domanda.
gep/(t∙km) = grammi equivalenti di petrolio per tonnellata e per chilometro
Fig.1.4 Fonte: Elaborazione ENEA su dati ISPRA, BEN,TERNA, FS,CNT
I consumi dei trasporti sono aumentati progressivamente fino al 2007, e hanno segnato solo nel 2008 e
nel 2009 un’inversione di tendenza, con una riduzione annuale intorno al 2%, a causa della crisi
economica, che ha prodotto una riduzione dei consumi sia del trasporto passeggeri sia del trasporto
merci.
Dalla Fig.1.4 si possono notare le basse prestazioni ottenute dal trasporto aereo e da quello stradale. A
differenza del primo, però il trasporto su gomma è largamente il più diffuso prettamente per due motivi:
è relativamente economico e più dinamico in quanto consente di effettuare trasporti da un sito all’altro
utilizzando talvolta un solo mezzo evitando così i periodi di stoccaggio e di immagazzinamento che si
vengono ad avere con gli altri mezzi di trasporto. Il trasporto su rotaia risulta cinque volte più efficiente
rispetto a quello su gomma, però è penalizzato rispetto ad esso dai vincoli di tempo e di tragitto
ovviamente prestabilito e non modificabile che impone quasi sempre di utilizzare un secondo mezzo di
trasporto su gomma per consegnare le merci nei siti finali. Il trasporto marittimo è di gran lunga il più
economico dal punto di vista energetico e viene spesso utilizzato per trasporti intercontinentali.
Fig.1.5 Consumi totali per tipo di trasporto (Fonte ENEA)
Il segmento meno efficiente è rappresentato dalla distribuzione urbana con il maggiore consumo
specifico di energia primaria, per tonnellata-chilometro, addirittura dieci volte maggiore di quella del
trasporto su rotaia, il più efficiente energeticamente.
Figura 1.6 Fonte: IRU on VDA – Verband der Automobilindustrie, 2008
Questo valore evidenzia bene il fatto che vengono prevalentemente utilizzati veicoli con bassa capacità
di trasporto e che viaggiano mediamente scarichi.
Anche per il trasporto merci su strada si sono registrati negli ultimi anni notevoli riduzioni dei consumi
unitari grazie alle innovazioni tecniche e motoristiche, controbilanciati però dalla crescita della domanda,
maggiore che nel caso del trasporto di persone.
Misure per migliorare l’efficienza nel trasporto merci stradale:
- ridurre la percentuale dei viaggi a vuoto,
- utilizzare veicoli con maggiore capacità di carico,
- riduzione del “just in time”,
- imballaggi più razionali,
- utilizzo di software di ottimizzazione dei percorsi,
- pianificazione del territorio: puntare anche sullo sprawl industriale/commerciale.
Attraverso l’innovazione tecnologica si dovrà puntare alla riduzione delle dimensioni e del peso dei
veicoli, allo sviluppo degli attuali propulsori per ottimizzare i consumi e le emissioni, ad un maggiore uso
di biocarburanti ed all’utilizzo di veicoli elettrici, ibridi o ad idrogeno.
Il Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili individua per il settore trasporti misure in materia
di efficienza energetica tali da produrre un risparmio energetico di circa 3 Mtep al 2016 e di circa 5 Mtep
al 2020 rispetto allo scenario di riferimento che già comprende le azioni in favore della diffusione di
autovetture a basse emissioni di CO2, come da Regolamento Europeo.
1.6. Indici di conversione energetica
L’energia è un flusso determinante per stabilire gli impatti ambientali e dunque uno degli aspetti basilari
in una valutazione LCA. Il mix energetico utilizzato nelle diverse nazioni per la produzione di energia
elettrica, la fonte energetica utilizzata dai processi produttivi o dai sistemi di riscaldamento domestico, le
specificità di approvvigionamento energetico caratterizzanti singole regioni possono modificare
notevolmente gli impatti ambientali, poiché questi dipendono dal vettore energetico usato per alimentare
i processi.
Per ora i combustibili fossili sono ancora predominanti e contribuiscono al fabbisogno di energia
mondiale per circa l’80%. Allo stato attuale delle conoscenze, le riserve disponibili di idrocarburi liquidi e
gassosi ammontano a circa 400 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio, mentre le riserve di
combustibili solidi, ad esempio il carbone, ammontano a 1000 miliardi di tep. Il problema dell’esauribilità
delle risorse non appare dunque una minaccia imminente, anche se gli attuali andamenti di crescita dei
consumi dovrebbero comunque portare alla ricerca di fonti alternative e il problema è che stanno
esaurendosi le fonti fossili accessibili a basso costo.
Generalmente, il processo di generazione di energia elettrica passa attraverso varie trasformazioni. Ad
esempio, in una centrale termoelettrica l’energia primaria viene convertita in vapore ad alta temperatura,
poi in energia meccanica nelle turbine le quali muovono i generatori elettrici.
1.6.1. Efficienza della produzione di energia elettrica delle centrali termoelettriche
Nelle centrali termoelettriche il vapore è generato dalla combustione di combustibili fossili o dal calore
generato dalla fissione nucleare.
Le risorse energetiche utilizzate vengono raggruppate in:
- combustibili fossili quali carbone, petrolio, gas naturale;
- combustibili preparati artificialmente come l'idrogeno, l’alcool e l’acetilene;
- combustibili di conversione, come il metano ed il biogas;
- combustibili nucleari;
- vapore geotermico.
I combustibili fossili
Il combustibile è una sostanza organica utilizzata per il suo contenuto energetico che, prima di qualsiasi
trattamento o conversione, corrisponde a energia primaria. Ogni combustibile è caratterizzato da un
determinato potere calorifico, che è la quantità di calore prodotto dalla combustione completa di una
quantità unitaria del prodotto in una ben determinata condizione. Il calcolo del potere calorifico può o
meno tener conto della condensazione del vapore acqueo determinando il potere calorifico superiore o
inferiore.
L’efficienza η di un impianto di generazione elettrica viene definita come il rapporto tra la produzione di
energia elettrica utile, in una unità di tempo specifica e il valore energetico della fonte di energia fornita a
monte nella stessa unità di tempo.
I combustibili solidi, liquidi e gassosi utilizzati in una centrale termica sono il carbone, la lignite, gli oli
combustibili, il gasolio e del gas naturale. I poteri calorifici di questi prodotti sono mediamente i
seguenti:
Fig.1.7 Potere calorifico dei principali combustibili.
(Fonte Efficiency in electricity generation. VGB PowerTech)
L'efficienza di un impianto dipende dal generatore di vapore e dall’efficienza della turbina. Generalmente
le perdite si verificano nel generatore di vapore (es. perdite di carico, perdite di massa e raffreddamento
a vapore) nella fase di passaggio dal generatore di vapore alla turbina; e rappresentano circa il 10%.
La potenza meccanica trasmessa al generatore è circa il 40% dell’energia prodotta dalla combustione,
mentre il generatore possiede un rendimento medio del 99%.
All'uscita del generatore l’energia lorda che arriva ai morsetti del generatore è il 39% di quella fornita a
monte dell’impianto. Dalla produzione lorda detraendo l’energia elettrica consumata dai servizi ausiliari e
dalle perdite varie si arriva ad una potenza elettrica fornita alla rete pari al 36% dell’energia di partenza
con una perdita del 64%. Di seguito vengono indicati i valori medi di efficienza di conversione dei
combustibili in energia elettrica attraverso l’uso degli impianti contemporanei:
- centrali termoelettriche ad olio combustibile: 38-44%
- centrali termoelettriche a carbone: 39-47%
- centrali termoelettriche a gas: 39%
- centrali termoelettriche a gas con ciclo combinato: 58%
- centrali termoelettriche a biomassa o biogas: 30-40%
- centrali termoelettriche a biomassa o biogas a ciclo combinato: 40%
- termovalorizzatori: 22-28%
- centrali nucleari: 33-36%
1.6.2. Efficienza della produzione di energia elettrica con la geotermia
Le placche terrestri si muovono continuamente (diversi centimetri all’anno). La collisione tra le placche
può generare sollevamenti della crosta terrestre, processo orogenetico, vulcani ecc. Lungo le linee di
frattura il calore interno della Terra e evidentemente più “sentito”.
Nella maggior parte delle aree terrestri, le rocce hanno una temperatura di circa 25-30°C a 500 m di
profondità, e di 35- 45°C a 1000 m. In altre zone, dove le condizioni geologiche sono più “favorevoli”
(crosta terrestre più sottile, vulcanismo e/o fratture tettoniche), le temperature possono raggiungere e
superare i 200°C. L’energia termica accumulata in queste zone viene resa disponibile a profondità
accessibili da vettori termici presenti nella crosta terrestre e denominati fluidi geotermici. Al di sotto di
15-20 metri si ha la zona di omotermia, in cui il calore e fornito esclusivamente dal flusso proveniente
dall’interno della terra con un aumento medio progressivo di circa 1°C ogni 33 metri di profondità.
Dall’Art.1 del D. Lgs. 11 febbraio 2010, n. 22 Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione
delle risorse geotermiche, nel secondo comma vengono descritte le seguenti definizioni:
- sono risorse geotermiche ad alta entalpia quelle caratterizzate da una temperatura del fluido
reperito superiore a 150°C;
- sono risorse geotermiche a media entalpia quelle caratterizzate da una temperatura del fluido
reperito compresa tra 90°C e 150°C;
- sono risorse geotermiche a bassa entalpia quelle caratterizzate da una temperatura del fluido
reperito inferiore a 90°C.
Nel caso delle risorse geotermiche ad alta entalpia il vapore (saturo secco) viene estratto dal sottosuolo
e fatto espandere in una turbina accoppiata ad un generatore elettrico (In Italia ciò avviene nella città di
Larderello in Toscana). L'efficienza degli impianti che generano energia elettrica con la geotermia varia
dal 10% al 15,5% se il vapore viene prelevato ad una temperatura compresa tra i 100°C e i 160°C per
arrivare fino al 17% nel caso in cui il vapore abbia una temperatura fino a 190°C.
1.6.3. Efficienza della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
Una delle fonti rinnovabili maggiormente utilizzata per la produzione di energia elettrica è l’irraggiamento
solare ed in base al tipo di impianto si possono raggiungere efficienze che variano dal 14 al 23 %. Il
materiale utilizzato per realizzare i pannelli fotovoltaici è il silicio che può essere monocristallino,
policristallino o a film sottile con una efficienza media rispettivamente del 17, 13 e 6%. In alcuni casi
viene utilizzato il silicio amorfo caratterizzato da un costo energetico di produzione contenuto ma anche
da un’ efficienza inferiore all’8%.
Per quantificare l’efficienza di conversione dell’energia eolica in elettrica occorre considerare il tipo di
turbina utilizzata, ma generalmente si ottengono rendimenti del 35%.
Il miglior rendimento elettrico si ottiene dalle centrali idroelettriche, dove, in base al tipo di turbina
utilizzata e alle dimensioni dell’impianto, si possono avere rendimenti del 90-95%.
Fig.1.8 Efficiency in electricity generation. Fonte VGB PowerTech
Una volta determinato l’indice di conversione energetica delle fonti maggiormente impiegate è
necessario osservare il mix medio nazionale utilizzato per la produzione dell’energia elettrica.
Fig.1.9 Fonte gse
Nel caso-studio oggetto di questa tesi, per calcolare l’energia primaria necessaria per la realizzazione di
un prodotto in Italia, si è partiti dal costo energetico in MJ/kg dei singoli materiali trovati nel database
dell’università di Bath. In seguito l’energia primaria è stata scomposta, in base al processo produttivo, in
energia termica (generata dai combustibili fossili) ed elettrica (generata dal mix energetico UK). Una
volta moltiplicati questi valori per i rispettivi rendimenti ci si trova con i valori “normalizzati” da poter
utilizzare in ambito internazionale. In seguito i dati sono stati contestualizzati in ambito italiano.
Questo metodo risulta molto utile nel caso in cui si debba fare un’analisi LCA in una regione o in uno
stato del quale non si riescono a reperire i valori di EE dei materiali in ambito locale o quantomeno
nazionale. Questo procedimento è efficace solamente nel caso in cui il paese a cui fa riferimento il
database e la nazione a cui fa riferimento l’analisi LCA siano comparabili per quanto riguarda
l’innovazione tecnologica nelle lavorazioni industriali e la generazione di energia elettrica, come ad
esempio Italia e Regno Unito.
2. LCA IN EDILIZIA
2.1. Riferimenti:strumenti di certificazione energetica (protocollo ITACA, LEED)
Le valutazioni LCA degli edifici permettono di determinare il costo energetico esclusivamente dal punto
di vista quantitativo tralasciando l’aspetto qualitativo delle opere. Questo capitolo evidenzia l’importanza
che viene data alle prestazioni energetiche e ai materiali utilizzati in due dei più autorevoli strumenti di
certificazione energetica.
2.1.1. Protocollo ITACA
Il protocollo ITACA è uno strumento per la certificazione del livello di sostenibilità ambientale di edifici
residenziali, commerciali, industriali o ad uso ufficio. E’ promosso da alcune regioni italiane e gestito da
uno specifico comitato di gestione, che, oltre a rappresentanti di queste ultime e di ITACA, vede la
partecipazione di iiSBE Italia e di ITC-CNR. Il Protocollo ITACA è basato su SBMethod di iiSBE, scelto nel
2002 come riferimento da alcune regioni italiane.
Questo protocollo si configura come una federazione di protocolli di valutazione regionali caratterizzati
da una metodologia e da requisiti tecnico-scientifici comuni. L’idea è quella di condividere uno standard
comune ma di permettere una declinazione a livello locale.
Il Protocollo ITACA consente una contestualizzazione alle peculiarità territoriali delle regioni, pur
mantenendo la medesima struttura, sistema di punteggio e di pesatura. Questa qualità è
particolarmente importante per l’Italia in quanto caratterizzata da profili climatici e da prassi costruttive
diverse.
Sistema di valutazione
Il Protocollo ITACA permette di stimare il livello di qualità ambientale di un edificio di nuova realizzazione
oppure di uno ristrutturato, misurandone le prestazioni rispetto a criteri e sottocriteri contenuti in due
strumenti, sito ed edificio secondo lo schema seguente:
sito:
A Qualità del sito: - A1selezione del sito
edificio:
A Qualità del sito: - A3 Progettazione dell’area
B Consumo di risorse: -B1 Energia primaria non rinnovabile richiesta durante il ciclo di vita
-B2 Energia da fonti rinnovabili
-B4 Materiali eco-compatibili
-B5 Acqua potabile
-B6 Prestazioni dell’involucro
C Carichi ambientali: -C1 Emissioni di CO equivalente
-C3 Rifiuti solidi
-C4 Acque reflue
-C6 Impatto sull’ambiente circostante
D Qualità ambientale indoor: -D1 Ventilazione
-D3 Benessere termo igrometrico
-D4 Benessere visivo
-D5 Benessere acustico (solo su edifici residenziali ed uffici)
-D6 Inquinamento elettromagnetico
E Qualità del servizio: -E1 Sicurezza in fase operativa (solo su edifici residenziali)
-E2 Sicurezza ed efficienza (solo su edifici residenziali)
-E3 Controllabilità degli impianti (no su edifici residenziali)
-E6 Mantenimento delle prestazioni in fase operativa.
I criteri e sottocriteri di valutazione sono associati a caratteristiche specifiche, sono quantificabili o
definibili anche solo qualitativamente, in relazione a scenari prestazionali oggettivi e predefiniti.
In base alla specifica prestazione, l’edificio per ogni criterio e sotto-criterio riceve un punteggio che può
variare da –1 a +5. Lo zero rappresenta lo standard di paragone riferibile a quella che deve considerarsi
come la pratica costruttiva corrente, nel rispetto delle leggi o dei regolamenti vigenti. La scala di
valutazione utilizzata è così composta:
- -1 negativo, rappresenta una prestazione inferiore allo standard e alla pratica corrente.
- 0 sufficiente, rappresenta la prestazione minima accettabile definita da leggi o regolamenti
vigenti, o in caso non vi siano regolamenti di riferimento rappresenta la pratica corrente.
- 3 buono, rappresenta un significativo miglioramento della prestazione rispetto ai regolamenti
vigenti e alla pratica comune. E’ da considerarsi come la migliore pratica corrente.
- 5 ottimo, rappresenta una prestazione considerevolmente avanzata rispetto alla pratica
corrente migliore, di carattere sperimentale.
Il punteggio viene assegnato in base alle indicazioni e al metodo di verifica riportati nella “Scheda
descrittiva” di ogni criterio di valutazione. Le informazioni riportate su ogni scheda sono:
- l’esigenza, ovvero l’obiettivo di qualità ambientale che si intende perseguire;
- l’indicatore di prestazione. E’ il parametro utilizzato per valutare il livello di performance
dell’edificio rispetto al criterio di valutazione; può essere di tipo quantitativo o qualitativo.
Quest’ultimo viene descritto sotto forma di possibili scenari;
- l’unità di misura, solo nel caso di indicatore di prestazione quantitativo;
- il metodo di verifica, che definisce la procedura per determinare il livello di prestazione
dell’edificio rispetto al criterio di valutazione;
- le strategie di riferimento, che indica a livello non vincolante e di indirizzo possibili soluzioni per
ottimizzare la prestazione dell’edificio rispetto al criterio di valutazione;
- la scala di prestazione, che definisce il punteggio ottenuto dall’edificio in base al livello
dell’indicatore di prestazione determinato applicando il metodo di verifica;
- i riferimenti legislativi; sono i dispositivi legislativi di riferimento a carattere cogente o
rientranti nella prassi progettuale;
- i riferimenti normativi; sono le normative tecniche di riferimento utilizzate per determinare le
scale di prestazione e le metodologie di verifica.
- le note, in cui eventualmente possono essere chiariti aspetti relativi alla verifica del criterio.
2.1.2. LEED
LEED® - Leadership in Energy and Environmental Design - è un sistema di certificazione degli edifici
che nasce su base volontaria e che viene applicato in oltre 140 Paesi nel mondo. Lo standard LEED
nasce in America ad opera di U.S. Green Building Council (USGBC), associazione no profit nata nel
1993, che conta ad oggi più di 20.000 membri e che ha come scopo la promozione e lo sviluppo di un
approccio globale alla sostenibilità, dando un riconoscimento alle performance virtuose in aree chiave
della salute umana ed ambientale.
Gli standard LEED, elaborati da USGBC e presenti anche in Italia grazie al lavoro di GBC Italia che ne ha
creato una versione locale, indicano i requisiti per costruire edifici ambientalmente sostenibili, sia dal
punto di vista energetico che dal punto di vista del consumo di tutte le risorse ambientali coinvolte nel
processo di realizzazione.
LEED è un sistema volontario e basato sul consenso, per la progettazione, costruzione e gestione di
edifici sostenibili ed aree territoriali ad alte prestazioni e che si sta sviluppando sempre più a livello
internazionale; può essere utilizzato su ogni tipologia di edificio e promuove un sistema di progettazione
integrata che riguarda l’intero edificio.
LEED è inoltre un sistema flessibile e articolato che prevede formulazioni differenziate per le nuove
costruzioni (Building Design & Construction – Schools – Core & Shell), edifici esistenti (EBOM - Existing
Buildings Operation & Maintenance), piccole abitazioni (GBC Italia Home), per aree urbane (ND Neighborhood) pur mantenendo una impostazione di fondo coerente tra i vari ambiti.
La certificazione costituisce una verifica di parte terza, indipendente, delle performance di un intero
edificio (o parte di esso) e/o di aree urbane. La certificazione LEED, riconosciuta a livello internazionale,
afferma che un edificio è rispettoso dell'ambiente e che costituisce un luogo salubre in cui vivere e
lavorare.
L’ottenimento della certificazione LEED permette di ottenere sia vantaggi economici che ambientali, tra
cui:
- Stabilire uno standard comune di misurazione dei “green buildings”, definiti come edifici a basso
impatto ambientale;
- Fornire e promuovere un sistema integrato di progettazione che riguarda l’intero edificio;
- Dare riconoscimento a chi realizza prestazioni virtuose nel campo delle costruzioni;
- Stimolare la competizione sul tema della prestazione ambientale;
- Stabilire un valore di mercato con la creazione di un marchio riconosciuto a livello mondiale;
- Aiutare i committenti e accrescere in loro la consapevolezza dell’importanza di costruire green;
- Trasformare il mercato e il settore delle costruzioni.
- La riduzione dei costi operativi, accrescendo il valore dell’immobile.
- La riduzione dei rifiuti inviati in discarica.
- Il risparmio energetico e idrico.
- Lo sviluppo di edifici più sani e più sicuri per gli occupanti.
- La creazione di comunità compatte e accessibili con un buon accesso ai servizi di vicinato e di
transito
- La tutela delle risorse naturali e agricole, incoraggiando lo sviluppo urbano in zone già
antropizzate.
- La riduzione delle emissioni nocive di gas serra.
- La possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali, sussidi di zonizzazione, e altri incentivi in
centinaia di città.
- La dimostrazione dell'impegno del proprietario nella tutela dell'ambiente e nella responsabilità
sociale.
Lavorando sull’intero processo, dalla progettazione fino alla costruzione vera e propria, LEED richiede
un approccio olistico pena il non raggiungimento degli obiettivi preposti. Solo con un ampio sforzo di
progettazione integrata e di coordinamento è possibile creare un edificio armonioso in tutte le aree
sopra menzionate.
I vantaggi competitivi per coloro che adottano gli standard LEED, siano essi professionisti o imprese,
sono identificabili soprattutto nella grande qualità finale del manufatto, nel notevole risparmio di costi di
gestione che questi edifici permettono di ottenere se comparati con edifici tradizionali e nella
certificazione da parte di un ente terzo.
La certificazione LEED, infatti, fornisce al mercato un approccio condiviso, su cui basare le scelte ed uno
standard misurabile per ogni aspetto trattato. Si tratta di uno standard volontario e che come tale va
molto oltre se comparato con la cogenza normativa.
Il sistema di certificazione degli edifici LEED rappresenta un quadro flessibile che permette ai gruppi di
progettazione e di costruzione di valutare la strategia che ottimizza il rapporto fra edificio e l'ambiente
circostante. Il sistema di rating LEED si struttura in 7 sezioni organizzate in prerequisiti e in crediti. I
prerequisiti di ogni sezione sono obbligatori affinché l'intero edificio possa venire certificato; i crediti
possono essere scelti in funzione delle caratteristiche del progetto. Dalla somma dei punteggi dei crediti
deriva il livello di certificazione ottenuto.
LEED è composto dalle seguenti sezioni:
Sostenibilità del Sito (1 prerequisito, 8 crediti - max 26 punti): questa
sezione affronta gli aspetti ambientali legati al sito entro il quale
verrà costruito l'edificio e al rapporto di questo con l'intorno. Gli
obiettivi sono limitare l'impatto generato dalle attività di costruzione,
controllare il deflusso delle acque meteoriche, stimolare modalità e
tecniche costruttive rispettose degli equilibri dell'ecosistema.
Criterio di assegnazione dei punti:
-
Prevenzione dell'inquinamento da attività di cantiere (prerequisito, obbligatorio)
Selezione del sito
Densità edilizia e vicinanza ai servizi
Recupero e riqualificazione dei siti contaminati
Trasporti alternativi: accesso ai trasporti pubblici
Trasporti alternativi: portabiciclette e spogliatoi
Trasporti alternativi: veicoli a bassa emissione e a carburante alternativo
Trasporti alternativi: capacità dell'area di parcheggio
Sviluppo del sito: proteggere e ripristinare l'habitat
Sviluppo del sito:massimizzazione degli spazi aperti
Acque meteoriche: controllo della quantità
Acque meteoriche: controllo della qualità
Effetto isola di calore: superfici esterne
Effetto isola di calore:coperture
Riduzione dell'inquinamento luminoso
Gestione delle Acque (1 Prerequisito, 3 Crediti - max 10 punti):
questa sezione approccia le tematiche ambientali legate all'uso, alla
gestione e allo smaltimento delle acque negli edifici monitorando
l'efficienza dei flussi d'acqua e promuovendo la riduzione dei
consumi idrici e il riutilizzo delle acque meteoriche.
Criterio di assegnazione dei punti:
-
Riduzione dell'uso dell'acqua (prerequisito, obbligatorio)
Gestione efficiente delle acque a scopo irriguo
Tecnologie innovative per le acque reflue
Riduzione dell'uso dell'acqua
Energia ed Atmosfera (3 Prerequisiti, 6 Crediti - max 35 punti): in
questa sezione viene promosso il miglioramento delle prestazioni
energetiche degli edifici, l'impiego di energia proveniente da fonti
rinnovabili o alternative e il controllo delle prestazioni energetiche
dell'edificio.
Criterio di assegnazione dei punti:
-
Commissioning di base dei sistemi energetici dell'edificio (obbligatorio - prerequisito)
Prestazioni energetiche minime (obbligatorio - prerequisito)
Gestione di base dei fluidi refrigeranti (obbligatorio - prerequisito)
Ottimizzazione delle prestazioni energetiche
Produzione in sito di energie rinnovabili
Commissioning avanzato dei sistemi energetici
Gestione avanzata dei fluidi refrigeranti
Misure e collaudi
Energia verde
Materiali e Risorse (1 Prerequisito, 7 Crediti - max 14 punti): in
quest'area vengono prese in considerazione le tematiche
ambientali correlate alla selezione dei materiali, alla riduzione
dell'utilizzo di materiali vergini, allo smaltimento dei rifiuti e alla
riduzione dell'impatto ambientale dovuto ai trasporti.
Criterio di assegnazione dei punti:
-
Raccolta e stoccaggio dei materiali riciclabili (prerequisito, obbligatorio)
Riutilizzo degli edifici: mantenimento delle murature, solai e coperture esistenti
Riutilizzo degli edifici: mantenimento del 50% degli elementi non strutturali interni
Gestione dei rifiuti da costruzione
Riutilizzo dei materiali
Contenuto di riciclato
Materiali estratti, lavorati e prodotti a distanza limitata (materiali regionali)
Qualità ambientale Interna (2 Prerequisiti, 8 Crediti - max 15 punti):
questa sezione affronta le preoccupazioni ambientali relazionate alla
qualità dell'ambiente interno, che riguardano la salubrità, la
sicurezza e il comfort, il consumo di energia, l'efficacia del cambio
d'aria e il controllo della contaminazione dell'aria.
Criterio di assegnazione dei punti:
-
Controllo ambientale del fumo di tabacco(prerequisito, obbligatorio)
Monitoraggio della portata dell'aria di rinnovo
Incremento della ventilazione
Piano di gestione IAQ: fase costruttiva
Piano di gestione IAQ: prima dell'occupazione
Materiali basso emissivi: Adesivi, primers, sigillanti, materiali cementizi e finiture per legno
Materiali basso emissivi: pitture
Materiali basso emissivi: pavimentazioni
Materiali basso emissivi: prodotti in legno composto e fibre vegetali
Controllo delle fonti chimiche ed inquinanti indoor
Controllo e gestione degli impianti: illuminazione
Controllo e gestione degli impianti: comfort termico
Comfort termico: progettazione
Comfort termico: verifica
Luce naturale e visione: luce naturale per il 75% degli spazi
Luce naturale e visione: visuale esterna per il 90% degli spazi
Priorità Regionale (1 Credito - max 4 punti): tale area ha come
obiettivo quello di incentivare i gruppi di progettazione a focalizzare
l'attenzione su caratteristiche ambientali del tutto uniche e peculiari
della località in cui è situato il progetto.
Criterio di assegnazione dei punti:
-
Un punto viene assegnato nel caso in cui vi sia la partecipazione di un membro LEED AP
(Accredited Professional) come partecipante principale del progetto.
Punti addizionali per questa categoria vengono concessi sopra e al di là dei 64 punti "core", e
vengono descritti come strategie di ricompensa che vanno al di là dei criteri per quei punti.
Esempi citabili possono essere fino a quattro punti di disegno che usano la costruzione in
acciaio includono strutture come il rivestimento, l'impianto idraulico, materiali leggeri, riciclabilità,
e la facilità per lo smontaggio. (fino a 4 punti)
Livelli di certificazione
La somma dei punteggi dei crediti determina il livello di certificazione dell'edificio. Su 110 punti
disponibili nel sistema di rating LEED, almeno 40 devono essere ottenuti per il raggiungimento della
certificazione di base. I livelli di certificazione si articolano su 4 livelli in funzione del punteggio ottenuto:
Base
(40-49 punti)
Argento
(50-59 punti)
Oro
(60-79 punti)
Platino
(80 punti e oltre)
2.2. LCA in ambito edilizio
Il metodo Life Cycle Assessment (LCA) in edilizia
L’obiettivo principale dell’applicazione del metodo LCA in edilizia è quello di fornire informazioni di
natura ambientale di supporto alle scelte progettuali, attraverso una valutazione integrale dei consumi e
delle emissioni inquinanti derivanti, a livello di sistema edificio, dalla scelta dei materiali e dei
componenti edilizi e delle soluzioni tecnico-costruttive e impiantistiche.
Un aspetto peculiare del settore edilizio è il fatto che il prodotto edilizio che esce dallo stabilimento non
costituisce il prodotto finale, ma solo un componente che deve essere integrato all’interno del sistema
edificio. Per quanto un edificio possa essere costituito da componenti prefabbricati, molte operazioni
“produttive” avvengono in cantiere, un luogo difficilmente monitorabile e con lavorazioni semiartigianali
difficilmente controllabili, e dunque sfuggendo alle rilevazioni ambientali e all’implementazione
dell’inventario (e soprattutto alla verifica della qualità finale del sistema). Sia la fase di costruzione sia la
fase di demolizione contengono processi impattanti, ma poco controllabili, che tendono quindi ad
essere omessi.
L’edificio è un prodotto non solo complesso ma soprattutto non replicabile: nonostante i processi edilizi
possano essere sempre gli stessi, ogni edificio è diverso, in base alla collocazione geografica, climatica,
alle specificità del sito, alle esigenze di progetto, alle modalità d’uso ecc. Questo determina anche una
difficoltà di valutazione del ruolo in fase d’uso dei componenti edilizi utilizzati.
Di conseguenza, ipotizzando di riuscire nel tempo a collezionare dati attendibili relativi alla fase di
produzione, i profili ambientali dei prodotti edilizi non sono sufficienti a rendere completa e affidabile la
valutazione alla scala dell’edificio. La somma degli impatti dei singoli prodotti non corrisponde agli
impatti del sistema edificio realizzato in opera. Inoltre sono ogni volta difficili da stimare gli impatti
ambientali della fase d’uso dell’edificio (gestione energetica, manutenzione, adeguamenti), che variano
in relazione dello specifico progetto. La pulizia, la manutenzione, le ristrutturazioni, gli adeguamenti
impiantistici generano attività durante l’uso che attivano nuove filiere di impatti, difficilmente quantificabili
al momento del progetto. La valutazione degli impatti lungo il ciclo di vita dei singoli componenti e la
valutazione degli impatti lungo il ciclo di vita dell’intero edificio sono due livelli di analisi, distinti, ma in
realtà correlati. Le responsabilità rispetto a questi due livelli ricadono su operatori diversi: i produttori
sono responsabili dei cicli di vita dei componenti edilizi (e dell’eventuale certificazione di prodotto), i
progettisti e i costruttori sono responsabili del sistema edificio nel suo complesso (e dell’eventuale
certificazione dell’edificio).
In fase di scelta progettuale dei materiali e componenti vanno evidenziate le interrelazioni del
componente rispetto al sistema edificio e va valutato non solo il profilo ambientale del singolo
componente, ma anche il comportamento ambientale del sistema edificio, prima di poter esprimere un
giudizio sull’ ecocompatibilità di un prodotto o di una soluzione tecnica.
Il metodo LCA, esauriente nell’analisi del processo produttivo dei prodotti edilizi, risulta meno completo
invece se utilizzato come strumento di valutazione ambientale alla scala dell’intero edificio. Questo
metodo ha dei confini molto rigidi, prende in considerazione solo alcuni aspetti e non la complessità dei
temi che investono la progettazione di edifici e riguarda gli oggetti che compongono l’edificio. Per
esempio nel metodo LCA non rientrano tutte quelle verifiche di tipo “macroambientale” che riguardano il
corretto rapporto dell’edificio con il contesto, la qualità ambientale dell’insediamento, la vicinanza ai
servizi, la permeabilità dei suoli, l’uso di materiali per evitare la formazione di isole di calore, e così via. Il
metodo LCA si occupa dei flussi di materia e di energia: è un metodo che quantifica gli impatti
sull’ambiente derivanti dalle attività antropiche ed è rispetto a questo apporto informativo che va
utilizzato, senza presunzioni di assoluzione dei risultati a indirizzo di scelta progettuale. Occorre infatti
conciliare il controllo degli impatti ambientali con altri aspetti governati dal progetto. Essendo un metodo
quantitativo, si tratta di un metodo oggettivo, il suo punto di forza è anche il suo punto di debolezza:
prende in considerazione solo gli elementi quantificabili, escludendo tutti gli aspetti qualitativi.
Il metodo LCA, occupandosi dell’intero ciclo di vita, introduce il tempo come variabile importante in
ambito edilizio, infatti vengono considerati i carichi ambientali in un bilancio globale esteso a tutte le fasi
del ciclo di vita. Lo schema LCA in edilizia viene suddiviso nelle seguenti fasi:
- Fase di realizzazione costituita da: approvvigionamento delle materie prime
trasporto allo stabilimento
processi produttivi
trasporto dallo stabilimento al cantiere
realizzazione ed impatti di cantiere
- Fase di gestione
- Fase di dismissione
L’energia consumata nel settore civile rappresenta circa il 40% dell’energia consumata dall’UE e tale
energia si ripartisce nelle fasi di costruzione, ristrutturazione e gestione. Le fasi del processo edilizio,
comprese le sottofasi in cui ognuna può suddividersi, comportano un importante consumo di energia,
oltre che l’emissione di gas inquinanti e la produzione di rifiuti. Individuare i consumi specifici per ogni
fase del ciclo di vita di un edificio è determinante al fine di adottare strategie e interventi mirati per
conseguire il risparmio energetico degli edifici e l’uso parsimonioso delle risorse naturali. In Italia studi
ENEA hanno evidenziato che degli 84 Mtep di energia consumati nel settore abitativo, 12 Mtep sono da
imputarsi alle attività di costruzione e gestione, e 72 Mtep sono imputabili alla fase d’uso degli edifici.
Inoltre, studi condotti dall’UNEP30 nel 2007 hanno illustrato i seguenti risultati:
- Il fabbisogno energetico nella fase d’uso di un edificio (soprattutto per riscaldamento e
raffrescamento) comporta il 75-80% dell’energia consumata;
- Il 10-15% dei consumi energetici si deve alla fase di estrazione delle materie prime destinate alla
produzione edilizia;
- Poco meno del 10% si deve, infine, ai processi di demolizione e/o di riciclaggio.
2.2.1. Fase di realizzazione
Approvvigionamento delle materie prime
Il reperimento delle materie prime costituisce una attività che incide notevolmente sugli impatti
ambientali derivanti dal “consumo” per il progressivo esaurimento delle risorse ambientali dall’altro e
per gli impatti che provocano sul territorio i luoghi di estrazione del materiale (cave). La maggior parte
dei materiali che compongono l’edificio sono derivati dalla terra: gli edifici sono responsabili del
consumo di circa il 40% di pietra, ghiaia e sabbia utilizzate globalmente ogni anno e del consumo del
25% di legno vergine.
Il problema non si può risolvere semplicemente orientando i consumi delle risorse rinnovabili. Queste
risorse, ossia le materie prime di origine vegetale e animale, solo teoricamente hanno un miglior
comportamento ambientale, infatti hanno il vantaggio di non avere impatti durevoli sul territorio come
una ad esempio una cava, ma se il prelievo e l’abbattimento non è programmato e controllato può
comunque essere impattante paesaggisticamente; inoltre anche dal punto di vista dell’esaurimento delle
risorse le foreste hanno comunque dei limiti di rinnovabilità, per cui un prelievo eccessivo
comprometterebbe gli equilibri naturali. Per ovviare a questo si è introdotto lo strumento della
“certificazione forestale” (Forestry Stewardship Council), che consente di garantire un prelievo
equilibrato della materia prima e di non prelevare specie pregiate.
Un aspetto da considerare è la disponibilità delle materie prime, indipendentemente dal fatto che esse
siano rinnovabili o no. L’inversione di tendenza deve consistere in una radicale riduzione di prelievo delle
risorse e dei consumi. Altro versante da monitorare è la sempre più elevata presenza di materiali di
sintesi chimica. Fino alla prima metà del ‘900 la totalità dei materiali da costruzione era per un 60-70 %
di derivazione naturale (pietra, calce, laterizio, cemento) e per un 30-40% di derivazione vegetale e
animale. Oggi invece la quasi totalità dei materiali in commercio presenta una maggiore o minore
quantità di sostanze di origine petrolchimica.
Trasporto allo stabilimento
Diversamente da quanto succedeva in passato, quando l’unica possibilità era quella di avvalersi di
materiali locali, oggi il progettista ha a disposizione una elevata varietà di materiali provenienti da tutto il
mondo, grazie ai processi di globalizzazione dei mercati favoriti dall’economia e dalla facilità dei
trasporti, anche il settore edilizio tende ad usare elementi costruttivi e tecnologie non più locali, portando
spesso a “movimenti” di materiali che creano nuovi impatti.
I viaggi compiuti dai materiali e componenti edilizi determinano un innalzamento degli impatti ambientali
non trascurabile: i trasporti sono una delle voci più incidenti (assieme agli edifici e alle industrie) nella
generazione di impatti ambientali complessivi. Bisogna sottolineare che il tema della mobilità non
riguarda solo gli impatti generati dagli autoveicoli, ma anche l’uso di territorio che la costruzione e la
manutenzione delle reti di trasporto comporta.
Durante l’intero ciclo di vita del prodotto edilizio è necessario trasportare le materie prime dal luogo di
estrazione al luogo di produzione, in seguito occorre trasportare i semilavorati da una zona di
produzione all’altra, dopodiché è necessario trasportare i prodotti finiti al cantiere e a fine vita si
trasportano i materiali alla discarica o all’impianto di riciclaggio. Inoltre prima di arrivare al componente
finito, spesso occorre passare attraverso diversi semilavorati che “viaggiano” da uno stabilimento
all’altro, a volte con impatti superiori rispetto alle lavorazioni. Per esempio chi realizza profilati a freddo,
opera una lavorazione molto contenuta (piegatura tramite presse) rispetto alla produzione dell’acciaio:
frequentemente accade che i trasporti dallo stabilimento di piegatura superano gli impatti di piegatura
dell’acciaio (e quindi gli impatti dello stabilimento di lavorazione). Ricostruire i percorsi effettuati dalle
materie prime e dai semilavorati lungo tutta la filiera produttiva costituisce dunque un aspetto importante
nella costruzione di un bilancio LCA e nella costruzione di un profilo ambientale dei prodotti edilizi.
Processi produttivi
Le attività industriali producono, trasformano e lavorano i materiali, utilizzando materie prime ed energia.
Il trattamento dei materiali può essere finalizzato a un cambiamento delle proprietà chimiche o fisiche
(fusione, cottura, impregnatura), al fine di cambiare le prestazioni (resistenza, durata), oppure
semplicemente a una variazione dimensionale (formatura, piegatura, taglio).
L’attuale sistema produttivo industriale utilizza risorse naturali e immette nell’ambiente rifiuti e
inquinamento in modo indiscriminato. Fino ad un certo punto questo comportamento è stato assorbito
dal pianeta, mentre oggi il consumo delle risorse e la produzione di rifiuti è arrivata a una quantità tale da
non essere più “sostenibile” per l’ambiente.
Solo in una visione globale, che tenga conto del rapporto costi-benefici a livello nazionale, se non
globale, emerge come le misure ambientali costituiscano un vantaggio anche in termini economici: se si
pensa ai costi dei disastri ambientali e degli interventi ex-post, appare evidente la necessità di adottare
strategie di prevenzione. Vantaggi economici, possono essere percepiti anche dalle stesse aziende,
infatti le industrie che si sono orientate all’adozione di strategie ambientali hanno avuto vantaggi nella
competitività, nell’innovazione e nel risparmio di energia e materiali in fase di produzione. Anche i rifiuti
possono costituire una risorsa e dovrebbero essere le stesse aziende ad attivarsi nel recupero dei
materiali, dando vita ad attività legate al riciclaggio.
Oggi gli edifici sono costituiti per il 60-70% da sub sistemi e componenti di provenienza industriale;
questo spesso comporta anche un adeguamento della durata di tali componenti (e quindi dell’intero
edificio) alla durata media utile degli altri beni di consumo, rientrando nelle stesse logiche di produzione
e consumo che consentono all’industria la continuità produttiva. Questo passaggio, non controllato,
rischia di diventare una ulteriore fonte di impatto sull’ambiente. Le tipicità della produzione industriale
sono:
- Necessità di garantire un processo continuo di produzione
- Riduzione della durata utile dei propri prodotti (durata programmata)
- Necessità di garantirsi un mercato (domanda continua)
- Concorrenza sulla qualità dei prodotti (miglioramento continuo, innovazione)
Proprio in relazione al tema della necessità di una continuità produttiva tipica della produzione
industriale, si scopre che esistono delle logiche perverse dal punto di vista ambientale in alcuni processi
di produzione: per esempio la produzione industriale del vetro e dei suoi derivati (lana di vetro) richiede il
funzionamento dei forni 24 ore su 24 per l’intero anno poiché il raffreddamento farebbe solidificare il
vetro fuso sulle pareti dell’impianto e lo renderebbe inutilizzabile. Questo significa che l’impianto, dal
giorno in cui viene avviato, non deve mai fermarsi e deve avere una combustione continua per
mantenere il vetro allo stato fuso. Di conseguenza l’impianto produce vetro a ciclo continuo,
indipendentemente dalla quantità vendibile, e il vetro non utilizzato viene riciclato e rifuso. Ovviamente il
produttore ha interesse a vendere il suo prodotto, indipendentemente dalle reali esigenze di mercato,
cercando piuttosto di diversificare la sua produzione. La non-fermabilità dell’impianto condanna a
un’incessante produzione di inquinamento e a un elevato consumo di combustibile. In questi casi
occorrerebbe poter trovare delle economie di scala (per esempio alimentare con il calore un impianto di
teleriscaldamento per il paese limitrofo, oppure riuscire a cogenerare energia elettrica).
Trasporto dallo stabilimento al cantiere
L’incidenza dei trasporti dei materiali e dei componenti edilizi dallo stabilimento al cantiere non è
assolutamente trascurabile. I materiali edilizi sono pesanti e il peso aumenta il consumo di combustibile
dei mezzi di trasporto. Inoltre spesso i componenti, specialmente quelli prefabbricati, sono ingombranti,
di notevoli dimensioni e richiedendo un numero elevato di viaggi. Per questo appare importante
l’orientamento verso l’alleggerimento dei materiali da costruzione e le strategie di ottimizzazione dello
spazio di carico per il trasporto. In uno scenario di prefabbricazione spinta, la tendenza è quella di
realizzare elementi di grandi dimensioni, con un aumento degli impatti relativi ai trasporti: il trasporto di
elementi piani o tridimensionali significa grande ingombro. Sarebbe invece opportuno scegliere elementi
prefabbricati di piccole dimensioni, da assemblare in opera: il trasporto di elementi lineari consente una
maggiore ottimizzazione del carico di trasporto.
Altra scelta importante riguarda il mezzo di trasporto: attualmente viene privilegiato il trasporto su
gomma, anche perché consente con un unico mezzo di raggiungere localizzazioni decentrate ma è
notevolmente più impattante dal punto di vista ambientale se paragonato al trasporto su treno e su
nave. In genere gli strumenti di valutazione ambientale degli edifici e in genere i criteri ambientali per la
progettazione sostenibile, promuovono la scelta di materiali locali al fine di ridurre gli impatti relativi ai
trasporti. Per esempio il protocollo di Itaca indica in una distanza inferiore ai 100 km la distanza
adeguata per un reperimento “locale” dei prodotti edilizi. Il soddisfacimento di questo requisito richiede
la conoscenza della collocazione del reale stabilimento produttivo: bisogna infatti sottolineare che
spesso l’acquisto dei prodotti viene fatto attraverso rivenditori locali, che però si possono
approvvigionare anche molto distante. Inoltre a volte i prodotti possono provenire da stabilimenti che
hanno prodotto il componente finito, operando l’assemblaggio e le ultime lavorazioni, ma la rete degli
approvvigionamenti dei materiali e semilavorati può essere più articolata e i materiali possono provenire
da molto lontano. La “provenienza locale” dovrebbe essere dimostrata in tutta la filiera e non solo negli
ultimi passaggi. Un’altra questione è l’individuazione dell’operatore che ”attesta” la provenienza dei
materiali: il progettista in genere fornisce le specifiche tecniche relative ai prodotti, ma non si occupa
della scelta dei fornitori, che è compito dell’impresa di costruzione. La responsabilità dunque ricadrebbe
sul direttore lavori, che è il supervisore delle forniture in cantiere.
Infine occorre evidenziare che la provenienza locale non è sinonimo di riduzione dei carichi ambientali,
perché sugli impatti incidono anche il peso dei materiali e gli ingombri di trasporto. Per esempio può
essere più vantaggioso un prodotto con modalità di trasporto ottimizzate (carico compreso) proveniente
da 200 km rispetto ad un prodotto con modalità di trasporto non ottimizzate proveniente da 100 km.
Per far emergere quantomeno l’incidenza del peso dei materiali nelle valutazioni LCA si usa come
indicatore non la semplice distanza ma la distanza moltiplicata per il peso: la tkm (tonnellata per
chilometro). Questo indicatore è più completo rispetto alla verifica delle sole distanze poiché considera
anche il peso dei materiali trasportati.
Realizzazione ed impatti del cantiere
Il cantiere è un luogo di lavorazioni in cui si determinano consumi di risorse (energia, acqua,
combustibile e materie prime) e impatti ambientali, la cui incidenza è più o meno consistente in relazione
alle operazioni svolte.
Il cantiere ospita mezzi e macchinari, che richiedono consumi di energia e che generano rumore e
inquinamento nella zona circostante. Inoltre al cantiere arrivano i mezzi di trasporto dei materiali edilizi,
che generano impatti nelle operazioni di carico, scarico e deposito dei materiali. Durante la gestione del
cantiere, soprattutto se si tratta di un cantiere di tipo tradizionale, gli impatti sono generati dalle
lavorazioni in opera, che richiedono energia e acqua e producono rifiuti (taglio dei materiali, impasto di
inerti e leganti ecc.).
Le implicazioni ambientali delle attività di cantiere sono:
- consumo di risorse per le attività di costruzione
- rifiuti prodotti da scarti di lavorazione, imballaggi
- polvere e inquinamento atmosferico
- inquinamento del suolo o delle acque per il versamento di sostanze pericolose
Anche in cantiere è possibile operare una gestione ambientale (SGA) che può consentire una serie di
vantaggi:
- la riduzione dei costi di produzione
- la riduzione del consumo di risorse naturali
- la riduzione degli sprechi
- l’utilizzo ottimale dell’ energia
- la riduzione dei rifiuti da smaltire in discarica (separazione della frazione riutilizzabile o riciclabile)
- la riduzione della possibilità di incorrere in sanzioni normative
- la riduzione della possibilità di incorrere in risarcimenti per danni ambientali
Queste “attenzioni” ambientali possono tradursi, per le imprese costruttrici, in risparmi economici e in
una più razionale gestione delle attività di cantiere.
2.2.2. Fase di gestione
Negli edifici la fase d’uso è quella di maggior durata e che comporta i maggiori consumi energetici e gli
impatti legati alle attività di adeguamento, manutenzione e riqualificazione. Con un termine oggi molto in
voga viene definita come la fase più “energivora” del processo edilizio. Nota come fabbisogno
energetico, essa è necessaria per garantire e mantenere le condizioni di confort e benessere
(temperatura, illuminamento, ventilazione, produzione di acqua calda sanitaria ecc.) all’interno degli
edifici durante il loro ciclo di vita. Essa quindi è costituita dall’energia per il funzionamento degli impianti
e l’energia per la manutenzione del manufatto edilizio.
Occorre sottolineare che la lunga durata degli edifici permette di “diluire” nel tempo gli impatti generati
per la produzione e costruzione dell’edificio. La durata dell’edificio nel tempo è dunque l’aspetto che ha
maggiore incidenza sulla riduzione degli impatti sull’ambiente. A patto che si tratti di un edificio a basso
consumo energetico e che sia realizzato con materiali e componenti durevoli (a bassa manutenzione).
L’efficacia delle scelte tecnico-costruttive dipende anche dai tempi previsti d’uso e sostituzione e che
esiste un versante progettuale legato alla temporaneità che ha bisogno ancora di più di essere oggetto
di una progettazione attenta all’ambiente.
In genere i prodotti edilizi vengono scelti per le loro prestazioni, soprattutto termiche, piuttosto che per il
loro profilo ambientale e per i ridotti impatti generati in fase di produzione. Pur essendo fondamentale la
scelta dei materiali ad alte prestazioni, occorre però verificare, in un bilancio complessivo, se gli impatti
generati dai prodotti ad alte prestazioni sono compensati dalle prestazioni in uso. Questo è il ruolo
fondamentale svolto dalle valutazioni LCA, che, per questo, andrebbero maggiormente integrate nella
fase decisionale.
Estendere la vita degli edifici diventa un obiettivo primario: se un edificio ha un ciclo di vita ridotto, o
perché ne decade la funzione e viene abbandonato (come le industrie dismesse) o perché i materiali e
componenti con cui è stato costruito sono di scarsa qualità e ne hanno comportato un rapido
decadimento prestazionale, l’impatto nei confronti dell’ambiente è elevato, poiché occorrono più cicli di
produzione e costruzione per garantire il parco di edifici in uso. Se un edificio invece ha un lungo ciclo di
vita, riuscendo a mantenere le sue capacità prestazionali, l’impatto sull’ambiente si riduce.
Per consentire all’edificio di mantenersi efficiente a lungo nel tempo e di conservare le sue capacità
prestazionali, è necessario che venga progettato in modo da garantire una facile manutenibilità e
adeguabilità facendo diventare di primaria importanza il tema della manutenzione in edilizia.
Negli edifici residenziali, secondo dati ENEA, il fabbisogno energetico si suddivide nelle seguenti attività:
- riscaldamento (68%);
- produzione di acqua calda (11%);
- usi cucina (5%);
- illuminazione, elettrodomestici, condizionamento (16).
Fig.2.1 ripartizione del consumo di energia nel settore domestico Fonte
http://www.leafcommunity.com/wp content/uploads/2010/03/Efficienza-energeticanegli-edifici_LeafMeeting_Butera.pdf 30.7.2010
Emerge dal grafico che la maggior parte dei consumi energetici domestici nei paesi dell’UE serve per il
riscaldamento degli edifici ma anche il raffrescamento ha una sua quota di consumo sempre più
rilevante, come dimostrano le situazioni di picco di richiesta nei mesi estivi, che spesso mettono in crisi
l’intera rete elettrica. Il resto dei consumi serve per l’illuminazione, il funzionamento degli apparecchi
elettrici, la produzione di acqua calda e gli usi di cucina. La riduzione dei consumi di energia dovrebbe
diventare un vantaggio economico di gestione percepito dagli utenti, e quindi richiesto. La certificazione
energetica degli edifici ha proprio questo obiettivo: informare l’utente finale sui costi di gestione
dell’edificio, stimolando ad un investimento maggiore al momento della costruzione a fronte di elevate
prestazioni e ridotti costi di gestione.
Gli studi condotti dall’ENEA con la collaborazione di F.IN.CO. hanno mostrato che il consumo annuo
medio per il riscaldamento invernale di un’abitazione italiana è all’incirca pari a 1Mtep. Ricordando che
un’abitazione per essere realizzata necessita di 5 Mtep, alla luce di questo ulteriore dato, significa che in
poco più di 5 anni un appartamento consuma per il solo riscaldamento una quantità di energia pari a
quella impiegata per la sua costruzione. Se poi si considerano oltre ai consumi per il riscaldamento,
quelli dovuti al raffrescamento, alla produzione di acqua calda e altri utilizzi energetici basteranno tre
anni di abitazione in un appartamento per consumare la stessa quantità di energia che è servita per
costruirlo. (ENEA, F.IN.CO, 2004).
In questi anni, inoltre, vi è una crescente domanda di energia nel settore delle costruzioni dovuta alle
attività di riscaldamento, climatizzazione ed illuminazione artificiale.
A livello europeo si è verificato un aumento dei consumi per il condizionamento estivo (principalmente
dovuto al settore terziario) soprattutto in Italia e Spagna che, come illustrato nel grafico successivo,
hanno un rilevante distacco rispetto agli altri Paesi in termini di superfici climatizzate:
Fig.2.2-Trend di crescita delle superfici raffrescate (CAC) per i diversi Paesi dal 1985 al 2020.
Fonte Energy Efficiency and Certification of Central Air Conditioners (EECCAC),2003
La crescita delle superfici raffrescate dei principali paesi europei incide in modo determinante sui
consumi energetici e conseguentemente sull’aumento delle emissioni di CO₂.
Fig.2.3-Emissioni di CO₂ per il raffrescamento in Europa. Fonte Energy Efficiency and Certification of
Central Air Conditioners (EECCAC),2003
Fig.2.4-Evoluzione storica della domanda di picco invernale ed estiva di energia elettrica in Italia.
Fonte Scenario tendenziale dei consumi e del fabbisogno al 2020, Ministero attività produttive, 2005
Oggi il fabbisogno medio di una casa italiana è di circa 200 kWh per m2 di superficie utile annui,
corrispondenti a circa 20 litri di gasolio. Questi valori, seppure in linea con la media europea, superano
notevolmente i corrispondenti livelli di consumo specifico di nazioni caratterizzate da climi ben più rigidi,
come la Germania e la Svezia.
Fig.2.5-Analisi dei consumi energetici per tipologia di edificio. Fonte http://www.eco-solizioni.org
Alcuni dati importanti vengono forniti dall’EURIMA:
-
l’Italia nel 2001 è stato il Paese europeo che ha prodotto più emissioni di CO₂;
Fig.2.6-Emissioni di CO₂ Fonte EURIMA 2001-02
-
In termini di perdita di energia, le case italiane sono tra le più energivore del panorama edilizio
europeo
Fig.2.7- Perdita di energia all’anno per casa Fonte EURIMA
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Il livello di isolamento termico degli edifici italiani è insufficiente: lo spessore medio dei pannelli
isolanti impiegati nelle soluzioni tecnologiche d’involucro è fra i più bassi in Europa.
Per isolare termicamente l’involucro edilizio occorre orientarsi verso l’uso di materiali leggeri e porosi,
particolarmente favoriti anche in un bilancio ambientale, poiché il flusso di riferimento diminuisce e
diminuiscono le risorse materiche consumate nel ciclo di vita. Ma l’alleggerimento degli edifici porta a
una riduzione della massa e dunque dell’inerzia termica degli stessi, con possibili condizioni di
discomfort sia invernale sia estivo.
Per implementare le prestazioni dell’involucro, in termini di isolamento termico e massa termica si sta
assistendo alla realizzazione di involucri iperisolati e ipermassivi, con un notevole investimento materico
all’atto della costruzione. Inoltre si assiste alla proliferazione di nuovi prodotti ad alte prestazioni
termiche, ottenuti spesso per combinazione di diversi materiali (laterizio con perlite, vetri basso emissivi
ecc). L’uso di prodotti compositi rende più complesso il riciclaggio a fine vita e quindi determina una
criticità dal punto di vista ambientale.
Fig.2.8 - Riscaldamento e condizionamento: spessori di isolamento e perdita di calore attraverso le
pareti Fonte EURIMA
La necessità di riscaldare o di raffreddare gli ambienti, dipende strettamente dai sistemi e dalle
caratteristiche dell’edificio. Le scelte progettuali, sono determinanti al fine di ottenere il miglior confort
termico sia invernale che estivo, con il minor dispendio di energie. In scala di priorità, il contenimento
delle perdite di calore e l’isolamento termico degli edifici rappresentano due dei più efficaci obiettivi in
vista della realizzazione di edifici sostenibili. L’Unione Europea nella comunicazione “Verso una strategia
tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60) ha evidenziato l’importanza di un adeguamento del
vecchio patrimonio immobiliare al fine di perseguire sia una riduzione delle emissioni di CO₂ che una
riduzione dei costi energetici del 42%.
Le caratteristiche dell’involucro edilizio e quindi le soluzioni tecnologiche e i materiali in esse adottati
rappresentano aspetti importanti perché permettono parallelamente di contenere i consumi energetici e
garantire condizioni di confort e di benessere all’interno degli edifici. Alcuni degli aspetti che influenzano
il consumo energetico di un edificio sono quelli mostrati nel seguente grafico.
Figura 2.9 - Influenza dei vari fattori dell’involucro che incidono sulle sue performance energetiche
Fonte La casa passiva in Italia: teoria e progetto di una casa passiva in tecnologia tradizionale”,
Rockwool, A.Carotti-D.Madè.
Il grafico conferma il ruolo fondamentale svolto dall’isolamento termico e dall’impermeabilità all’aria
dell’involucro edilizio. Questi aspetti sono quindi i principali da considerare per ottenere alte prestazioni
energetiche dell’edificio compatibilmente con i livelli di qualità indoor richiesti dagli utenti. Le strategie
per ottenere una riduzione del fabbisogno energetico nella fase di gestione di un edificio sono diverse e
principalmente possono essere ricondotte ad alcune regole fondamentali:
- progettare edifici passivi, che sfruttino le risorse disponibili tramite la forma, l’orientamento e
l’involucro;
- utilizzare energie rinnovabili per ovviare agli impatti generati dall’utilizzo di fonti di energia fossile.
Al fine di ridurre il consumo di energia nella fase di gestione possono essere individuate tre tipologie
d’interventi per conseguire l’efficienza energetica.
Interventi legati all’involucro edilizio
-
-
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scegliere un adeguato isolamento termico delle strutture al fine di contenere le dispersioni di
calore verso l’esterno e quindi verificare l’isolamento delle pareti, i ponti termici e le condizioni
delle finestre;
adottare materiali e soluzioni d’involucro contraddistinte da buone prestazioni termiche quindi
considerare l’inerzia termica, la massa termica e la trasmittanza. Oltre che impiegare materiali
caratterizzati da un minore decadimento prestazionale nel tempo (diminuzione delle capacità di
isolamento, esalazioni nocive ecc.);
progettare secondo principi bioclimatici. Tale approccio considera numerosi aspetti:
l’orientamento dell’edificio rispetto al percorso del Sole, la forma dell’edificio, il colore delle
superfici, il rapporto volume/superficie disperdente (o “coefficiente di forma”), la dimensione ed il
numero delle aperture, la corretta disposizione dei locali in base all’esposizione, una adeguata e
sufficiente illuminazione e ventilazione naturale degli ambienti, i sistemi di schermatura ed
ombreggiamento.
Interventi legati agli impianti
-
Utilizzare generatori ad elevata efficienza energetica (caldaie a condensazione e/o sistemi di
cogenerazione);
utilizzare terminali a bassa temperatura, installazione di sistemi automatizzati di termoregolazione
(valvole termostatiche di zona);
sostituire gli impianti autonomi con impianti centralizzati;
integrare gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili per ridurre gli impatti generati
dall’estrazione e dalla combustione delle fonti energetiche fossili;
realizzare sistemi di raccolta e riciclaggio delle acque meteoriche per usi secondari con
conseguente risparmio di acqua potabile.
Interventi di gestione dell’impianto
-
ottimizzazione dei consumi.
2.2.3. Fase di dismissione
L’impiego di energia nella fase di fine vita si può suddividere nelle seguenti voci:
- energia per la demolizione che si suddivide in attività di demolizione e trasporto delle macerie dal
cantiere alla discarica;
- Energia impiegata per il riciclaggio, tale consumo è ripartito in relazione a tre scenari possibili:
riutilizzo, recupero o incenerimento. In questo caso l’energia impiegata è da considerarsi come
un “credito” da dedurre dal consumo di energia necessaria per le attività di costruzione e
manutenzione degli edifici realizzati o ristrutturati successivamente con i materiali riciclati.
I progetti architettonici si confrontano sempre di più con la dimensione temporale: la fase di dismissione
entra dunque nella progettazione, legata alla durata controllata e programmata nei componenti edilizi e
dell’edificio nel suo complesso. Ma l’innovazione dello scenario della dismissione deve passare
attraverso l’innovazione dei materiali, dei componenti e delle tecniche di assemblaggio. Per favorire
scenari di fine vita non più legati allo smaltimento di discarica ma al riciclaggio occorre una rinnovata
progettualità e un impegno sul versante della produzione e della programmazione.
La separabilità dei materiali, la reversibilità delle operazioni di assemblaggio, la scomponibilità
dell’edificio, la demolizione selettiva sono tutti scenari che favoriscono il riciclaggio dei materiali e il riuso
dei componenti, ma si tratta di scenari che per essere percorsi richiedono una progettazione che
preventivamente li abbia predisposti e condizioni di mercato che li rendano favorevoli economicamente.
I processi di demolizione e ricostruzione comportano il consumo di materie prime e di energie per la
nuova costruzione e la produzione di rifiuti (macerie). Occorre dunque cercare di prolungare il più
possibile la vita dell’edificio e delle sue parti per evitare gli impatti ambientali della dismissione e
ricostruzione. Nel caso si renda necessaria la demolizione, occorre almeno indirizzare la dismissione
verso il riciclaggio dei materiali. Per poter affermare però che un materiale è riciclabile, oltre alla
possibilità di separarlo in fase di demolizione, occorre anche che esista un mercato del riciclaggio.
Le lavorazioni a umido durante la costruzione dell’edificio rendono solidali i materiali tra loro impedendo
a fine vita la separazione dei materiali. In particolare i processi di impermeabilizzazione o di incollaggio
sono irreversibili: i materiali trattati con bitume o applicati con colle e adesivi, anche se potenzialmente
riciclabili diventano non riciclabili (i materiali bituminosi e le colle non sono più separabili dai materiali
con cui vengono a contatto). Tutte le parti non separabili e quindi non recuperabili e non riciclabili,
vengono demolite “collettivamente”, dando luogo ad un insieme di macerie che viene avviato alla
discarica.
L’Unione Europea nella comunicazione “Verso una strategia tematica sull’ambiente urbano”
(COM(2004)60) ha evidenziato che un quinto degli edifici del parco immobiliare comunitario necessita di
piccoli lavori di ristrutturazione, tre quinti hanno bisogno di grandi lavori di ristrutturazione e un quinto
deve essere completamente demolito e ricostruito.
La ristrutturazione rispetto alla demolizione e ricostruzione presenta numerosi vantaggi ambientali, in
particolare la conservazione dell’energia grigia e dei materiali presenti. Purché ciò sia possibile, è
necessario prolungare la vita dell’edificio e dei suoi componenti: i materiali impiegati nella costruzione
devono essere durevoli.
Qualora la demolizione con ricostruzione sia l’unica strada percorribile, è importante che la dismissione
sia rivolta verso il riciclaggio dei materiali. Questi devono poter essere separabili in fase di demolizione e
poter essere immessi in un esistente mercato del riciclaggio. Con le tradizionali tecniche di demolizione,
generalmente, viene prodotto un flusso indifferenziato di macerie, costituito da frazioni eterogenee, che
rende però di difficile esecuzione e costose le operazioni di recupero. La maggior parte dei rifiuti da
demolizione è costituita da materiali quali calcestruzzo, acciaio, laterizi, ceramiche, terre di scavo, ecc.,
che possiedono elevate potenzialità di recupero e riutilizzo quindi conseguente risparmio di energia
altrimenti necessaria per l’acquisizione di nuovi materiali. Ad esempio il riciclaggio dell’alluminio e del
vetro (può essere riciclato per gli stessi usi, oppure per usi differenti: per la produzione di lana di vetro),
potrebbe portare a dei risparmi di energia (energia per la produzione, per la lavorazione e il trasporto al
cantiere) rispettivamente fino al 95% e al 20% dell’energia necessaria per acquisire materiale vergine.
Strategie per ridurre i consumi energetici nella fase di fine vita
Al fine di ottenere un importante risparmio di energia nella fase di fine vita di un edificio si possono
adottare una serie di scelte e strategie, alcune delle quali vengono di seguito elencate:
- utilizzo di materiali e componenti durevoli e riciclabili, che permettano la reversibilità delle
operazioni di assemblaggio e la scomponibilità dell’edificio. Le soluzioni costruttive basate sulla
costruzione stratificata permettono a fine vita una facile disaggregazione delle parti. A causa
delle sostanze chimiche impiegate nella produzione dei materiali per l’edilizia il riciclaggio
spesso è impedito e le macerie devono essere classificate come rifiuti speciali pericolosi;
- limitare le lavorazioni ad umido durante la costruzione dell’edificio. Queste rendono solidali i
materiali e impediscono la loro separazione a fine vita. In particolare i processi
d’impermeabilizzazione o d’incollaggio sono irreversibili. Di conseguenza la demolizione
(demolizione collettiva) di tutte le parti non separabili dà luogo a un insieme di macerie che viene
avviato alla discarica senza possibilità di recupero e/o riciclaggio. La separabilità dei differenti
materiali è favorita dall’adozione di metodi costruttivi basati sulla costruzione stratificata
(accostamento di materiali differenti) e sull’assemblaggio a secco, che permettono a fine vita
una facile disaggregazione delle parti;
- poter operare una demolizione selettiva degli edifici. La demolizione selettiva è una pratica che
mira a separare i diversi materiali demoliti per poterli sottoporre ad adeguati trattamenti che ne
facilitino il re-impiego. Tanto più omogeneo è il materiale ottenuto dalla demolizione, tanto
maggiori sono le opportunità di recupero e re-impiego dei materiali. Questo tipo di demolizione
richiede, naturalmente, una riorganizzazione del tradizionale cantiere edilizio poiché è richiesto
personale ad alta specializzazione con un’adeguata formazione. Anche il progettista assume un
nuovo compito, dovrà predisporre già dalla fase di progettazione una “carta dei materiali” nella
quale siano indicati quei materiali che andranno a costituire i rifiuti da demolizione in modo da
poter individuare, per ognuno, la tecnica di smantellamento o riciclaggio più adeguata. Il reimpiego e il recupero dei materiali nelle nuove costruzioni permette sicuramente un importante
risparmio energetico confrontato ai consumi che si avrebbero nel caso di acquisizione di nuove
materie prime e trasporto al cantiere, oltre che tutte i processi produttivi relativi;
-
operare una progettazione integrata che contempli il ciclo di vita dell’edificio, dei suoi
componenti e dei materiali. Considerare la fase di dismissione sin dalla fase di progettazione,
permette di favorire scenari di fine vita legati al riciclaggio e il riuso, anziché il convenzionale
smaltimento in discarica.
Esiste una gerarchizzazione “ambientale” dei possibili approcci alla fase di smaltimento dei prodotti
edilizi:
- la “riduzione”, ossia cercare di ridurre la produzione di rifiuti (utilizzando minor materiale nella
realizzazione, minimizzando gli scarti prolungando la vita dei prodotti);
- Il “riuso”, ossia utilizzare prodotti e materiali in un nuovo contesto;
- Il “recupero”, ossia il riciclo, compostaggio o recupero energetico dei rifiuti (che rispetto al riuso
comporta però una “spesa” di energia nel “rinnovamento “ del prodotto rispetto al nuovo uso);
- solo nel caso in cui non si possa perseguire nessuno dei precedenti approcci “sostenibile”, la
soluzione ultima è l’avvio alla discarica.
2.3. Materiali
2.3.1. Masonry and concrete
La muratura ed il calcestruzzo rappresentano il sistema costruttivo di tipo massivo maggiormente
utilizzato in Italia e nell’area mediterranea, i materiali necessari per realizzare questo sistema sono il
laterizio, la malta ed il calcestruzzo. Gli ecoprofili di questi materiali vengono in seguito riportati
descrivendo separatamente l’approvvigionamento delle materie prime, il processo produttivo e gli
scenari di fine vita.
Muratura
Approvvigionamento delle materie prime
La materia prima del laterizio è l’argilla, che, in presenza di acqua, ha proprietà plastiche. All’argilla
vengono aggiunti materiali di tipo non plastico (quarzo, calcite, ecc ) e smagranti, come sabbia, farina di
quarzo, farina di laterizio, scarti (scorie, ceneri, trucioli di segheria), per garantire la stabilità dopo
l’essicamento e la cottura. Il colore del materiale dipende dagli ossidi di metallo presenti nell’argilla e
dalle temperature di cottura: l’ossido di ferro conferisce colore rosso e ad alte temperature colore verdeazzurro; il manganese conferisce colore marrone, la grafite grigio e il calcio giallo.
Gli stabilimenti e le fornaci generalmente sono situate in prossimità delle cave di estrazione e
l’estrazione avviene per strati.
Processo produttivo
L’impasto si ottiene macinando, mescolando e bagnando il composto iniziale. In seguito si procede con
la formatura:si fa passare l’impasto attraverso una formatrice, che ne determina la forma della sezione e
tagliato trasversalmente tramite cavi. Le piastrelle e le forme complesse, come ad esempio le tegole,
vengono invece formate per stampaggio. L'impasto viene quindi essiccato a 120 °C e poi cotto nei forni
a tunnel: a 600 °C l'argilla espelle l'acqua e comincia a cristallizzarsi, a 800 °C il materiale si consolida,
a 1000 0C avviene la compattazione della massa. Nel caso di gres e ceramici, le temperature di cottura
superano i 1200 °C: la sinterizzazione porta alla formazione di una struttura vetrosa superficiale. Per
realizzare i laterizi porizzati, vengono aggiunti inerti all'impasto a crudo: generalmente si tratta di palline
di polistirolo, segatura o residui fibrosi della lavorazione della carta, nella fase successiva la cottura
elimina questi materiali, generando piccoli pori d'aria, che riducono la densità del laterizio e migliorano le
prestazioni di isolamento termico.
Scenari di fine vita
Il riciclaggio post-consumo dei mattoni è un procedimento costoso, poiché è necessario rimuovere
malte ed intonaci. In genere le murature in laterizio vengono demolite e riutilizzate come sottofondo per
la costruzione di strade. Frequentemente, invece, avviene il riciclaggio post-produzione macinando gli
scarti delle fabbriche ed utilizzandoli come smagranti nei cicli di produzione successivi.
Calcestruzzo
Approvvigionamento delle materie prime
Il calcestruzzo è costituito per il 75-80% da aggregati, per il 10-15% da cemento e per il restante 5-10%
da acqua e additivi. Di solito questi materiali si reperiscono localmente. I cementi sono leganti idraulici
composti da miscele di ossido di calcio, silicio, alluminio e ferro. La percentuale dei diversi ossidi varia
a seconda del tipo di cemento (cemento Portland, cemento composito Portland, cemento da altoforno,
cemento pozzolanico, cemento composito). Gli aggregati possono essere leggeri (tufo, pomice, scorie
di lava, argilla espansa, frammenti di laterizio, perlite, lana di legno, sfere di polistirolo), per migliorare le
caratteristiche di isolamento termico, oppure normali (ghiaia, pietrisco, materiale di riciclaggio, sabbia)
o pesanti (minerali di ferro, granulato di ferro, solfato e barite), per costruzioni speciali. La tipologia e la
dimensione dei granuli aggregati determinano le proprietà del calcestruzzo.
Processo produttivo
Il processo produttivo più impattante è la produzione del cemento, ad esempio per realizzare in
cemento Portland si procede alla cottura di una miscela di calcare e argilla al di sopra dei 1450 °C. Il
clinker di cemento in seguito viene macinato da mulini ad elevato consumo energetico fino
all’ottenimento di una polvere fine. Le ceneri volanti e le scorie d’altoforno, che posseggono entrambe
proprietà cementizie, possono sostituire parzialmente il cemento (fino al 35%) potenziando le
prestazioni del calcestruzzo e riducendo gli impatti ambientali.
Scenari di fine vita
In stabilimento gli elementi di calcestruzzo prefabbricato possono essere reimmessi nel processo come
aggreganti. Dopo l’uso il calcestruzzo può essere frantumato e riciclato per usi secondari come
sottofondi stradali e materiale di riempimento, in alcune nazioni come ad esempio il Giappone e
l’Olanda è consentito l’uso del calcestruzzo riciclato per la realizzazione di nuovo materiale (sostituendo
fino ad un terzo degli aggregati) però l’uso del calcestruzzo riciclato come aggregato richiede una
quota più elevata di cemento nell’impasto, annullando di fatto i vantaggi del riciclaggio.
Malta
L’approvvigionamento delle materie prime ed il processo produttivo per la realizzazione di questo
materiale sono comparabili a quelli del calcestruzzo in quanto anche in questo caso le materie prime
sono, in proporzioni diverse, aggregati, generalmente sabbia, legante, che può essere cemento ecc,
acqua ed additivi. Anche in questo caso il processo produttivo più impattante è la produzione del
legante e la malta vera e propria non viene realizzata in stabilimento ma di solito vengono stoccati in
silos direttamente in cantiere oppure vengono commercializzati sacchi contenenti un mix di sabbia e
legante che vengono miscelati con acqua in cantiere imponendo per questo materiale delle modalità di
trasporto e di stoccaggio differenti rispetto al calcestruzzo.
Dopo l’uso la malta non viene separata dai mattoni o dai blocchi e viene utilizzata per la realizzazione di
sottofondi stradali e come materiale di riempimento.
2.3.2. Insulations materials
L'isolamento termico di un edificio costituisce la componente fondamentale per garantire comfort e
benessere all'interno degli ambienti, attraverso la regolazione di parametri come la temperatura, la
velocità e l’umidità dell'aria, temperatura media di irraggiamento delle superfici di rivestimento.
Può essere considerato una delle fonti di energia più importanti in assoluto dal momento che
contribuisce al risparmio energetico e favorisce la riduzione di emissioni di sostanze nocive tra cui il
biossido di carbonio (CO2).
Attraverso l'isolamento termico il flusso di calore, che naturalmente dall'ambiente interno si sposta verso
l'esterno nei periodi invernali e viceversa in quelli estivi, è arginato creando una resistenza.
Un materiale viene definito isolante o meno a seconda del valore di conduttività: se questo valore è
inferiore a 0,065 W/(m∙K) il materiale è isolante, se il valore è compreso tra 0,065 e 0,09 W/(m∙K) si parla
di materiale debolmente isolante mentre se la conduttività termica è maggiore di 0,09 W/(m∙K) il prodotto
viene catalogato come non isolante. Per conduttività λ si intende la quantità di calore che fluisce ogni
secondo attraverso 1 m² di materiale da costruzione dello spessore di 1 m con una differenza di
temperatura tra le due superfici estreme di 1 K.
E’ necessario considerare che la conduttività termica dei materiali dipende da numerosi fattori tra i quali
le caratteristiche di produzione, ma anche le condizioni di esercizio come la temperatura, l’umidità, le
modalità di posa, l’invecchiamento ecc.
Il valore di conduttività termica dei materiali da utilizzare nei calcoli è desunto dalla attestazione rilasciata
dal produttore per il prodotto in esame, corretta per tenere conto delle effettive condizioni di progetto
quali ad esempio l’effettiva temperatura di esercizio, le disomogeneità della posa in opera e il
comportamento nel tempo. In mancanza di informazioni più dettagliate è possibile riferirsi alla tabella
della UNI 10351, che riporta i valori utili di calcolo per la maggior parte dei materiali edilizi.
Gli isolanti termici sono generalmente materiali dal basso peso specifico che inglobano alte quantità
d'aria tra le fibre (materiali fibrosi: dalle lane di vetro a quelle di pecora) o nelle celle (dalle canne palustri
al vetro espanso) e possono essere classificati secondo diversi aspetti. Dal punto di vista chimico si
possono distinguere in materie organiche e inorganiche. Nel primo caso si distinguono isolanti termici
sintetici, biologici e animali; nel secondo caso isolanti di origine minerale o minerale sintetica.
La scelta dell'isolante da inserire nell'involucro deve essere ben ponderata e, soprattutto, il risultato di
un’indagine complessiva di tutti i fattori coinvolti. È perciò necessario approfondire il bilancio energetico
del ciclo di vita del materiale, la qualità e la salubrità dell'ambiente confinato che ne consegue.
La classificazione dei materiali isolanti
I materiali isolanti possono essere suddivisi in quattro categorie a seconda delle loro caratteristiche,
possono essere suddivisi in base all’origine, in base alla struttura che può essere fibrosa, cellulare o
porosa oppure in base al processo produttivo.
Schema classificazioni
Suddivisione in base all’origine del materiale:
 Origine vegetale: in cui la materia prima vegetale subisce una lavorazione che non prevede
l'aggiunta di leganti e fibre sintetiche di sostegno.
 Origine animale: derivante dal pellame degli animali (lana di pecora).
 Origine sintetica: derivanti da un lungo e complesso processo di lavorazione del petrolio, materia
prima di partenza.
 Origine minerale: derivanti dalla lavorazione di materie prime minerali senza l'aggiunta di resine e
leganti.
Suddivisione in base al processo produttivo:
• materiali naturali: derivanti dalla natura senza trasformazioni sostanziali,
• materiali artificiali: ottenuti mediante specifico processo produttivo tendente ad attribuire determinate
caratteristiche ad una miscela di materie prime.
Caratteristiche prestazionali
L'isolamento termico è la chiave per il miglioramento del comportamento energetico dell'edificio,
l'adozione di appositi materiali isolanti comporta numerosi benefici tra i quali:
• riduzione dei flussi termici attraverso l'involucro edilizio,
• miglioramento del controllo delle temperature superficiali interne che soddisfano le esigenze del
comfort termico,
•
•
controllo di condensa superficiale,
riduzione delle fluttuazioni di temperatura in ambienti non climatizzati.
Negli ultimi anni i materiali isolanti venivano valutati in base alle prestazioni ottenute durante il periodo
invernale mentre oggi, con l’aumento dei costi di climatizzazione nel periodo estivo, si è focalizzata
l’attenzione anche alle prestazioni in fase di raffrescamento analizzando le loro proprietà termofisiche
(massa volumica, conducibilità termica, calore specifico) in diverse condizioni di applicazione.
Comportamento termoigrometrico
I componenti edilizi sono interessati da fenomeni di diffusione del vapore acqueo a causa della naturale
migrazione del vapore da ambienti a pressione di vapore maggiore ad ambienti di pressione di vapore
minore. Questo accade soprattutto nel periodo invernale e in ambienti caldi dove la differenza di
pressione che si viene a creare tra ambiente interno ed esterno causa la diffusione del vapore acqueo
nelle pareti.
Il comportamento in presenza di umidità dipende fortemente dalle caratteristiche del materiale.
Per igroscopicità si intende l'assorbimento da parte di un materiale di vapore acqueo espresso in
volume percentuale quando è posto in un ambiente saturo di umidità.
La valutazione del comportamento del materiale isolante in presenza di acqua è molto importante data
la possibilità che esso possa subire modifiche dal punto di vista fisico-prestazionale per la maggiore
attaccabilità chimica o biologica che si verifica in ambienti umidi.
Comportamento acustico
Dal punto di vista acustico un materiale isolante interviene in relazione al fonoassorbimento, cioè alla
capacità di assorbire un suono o un rumore, caratterizzato dal coefficiente di assorbimento acustico che
esprime il rapporto tra l'energia sonora assorbita e l'energia sonora incidente.
Il parametro che caratterizza il comportamento di un componente in merito alla sua capacità di ridurre la
trasmissione del rumore dall'esterno verso l'interno è invece il potere fonoisolante che indica la capacità
di un elemento costruttivo a impedire la trasmissione del suono attraverso di sè.
Il potere fonoisolante dipende dalla massa frontale dell’elemento, dalla sua stratigrafia, dalla
permeabilità all'aria, dalla presenza e dimensione dei pori e dal tipo di posa e ancoraggio dell'elemento
nell'involucro edilizio.
Comportamento al fuoco
Tutti i materiali isolanti sono soggetti ad una classificazione di reazione al fuoco che indica il grado di
partecipazione di un materiale al fuoco cui è sottoposto. Oltre alla reazione al fuoco vengono attribuiti a
questi materiali dei codici in termini di livello di infiammabilità, velocità di propagazione delle fiamme,
produzione di fumo, gocciolamento, post-incandescenza, sviluppo di calore nell’unità di tempo e
produzione di sostanze nocive.
Un materiale isolante combustibile può presentare un buon comportamento al fuoco se collocato
correttamente all'interno dell'involucro edilizio; ogni reazione al fuoco varia a seconda del materiale e
delle sostanze ad esso aggiunte.
Il bilancio ecologico
Il bilancio ecologico fornisce una visione complessiva e comparata degli effetti, positivi e negativi, di un
determinato prodotto sull'ambiente. E' fondato sull'analisi dell'intero ciclo di vita di un materiale, dal
reperimento delle materie prime al processo produttivo, dai trasporti alla lavorazione, dall'utilizzo alla
dismissione.
Esaminare il ciclo di vita di un materiale può mettere in evidenza un miglioramento o un peggioramento
ecologico attuato in una particolare fase del suo ciclo di vita; durante il periodo di vita utile si
evidenziano aspetti che rendono tali materiali differenti da altre tipologie di prodotto. In particolare:
- la durata di vita del materiale incorporato nella costruzione è molto più lunga di quella rilevabile per
altri prodotti industriali;
- la quantità di energia incorporata nel prodotto edilizio va esaminata in relazione ai risparmi energetici
che tale prodotto consente di ottenere una volta incorporato alla costruzione;
- nelle valutazioni devono essere prese in considerazione le modalità di posa e di installazione, che
possono modificare le prestazioni.
ANALISI DELLE FASI DEL CICLO DI VITA DI UN MATERIALE ISOLANTE
Approvvigionamento delle materie prime
Un problema impellente è quello dell'utilizzo irrazionale delle risorse naturali, con il conseguente rischio
di esaurimento. Le risorse non rinnovabili sono quelle la cui disponibilità sul pianeta è sempre più
scarsa, perché non sono rigenerabili se non in tempi geologici (petrolio, oli, gas naturale, carbone,
materiali rocciosi). Dire che è necessario ridurre drasticamente l'utilizzo di risorse non rinnovabili a favore
di quelle rinnovabili è importante ma non sufficiente perché:
- una risorsa può essere non rinnovabile ma di disponibilità pressoché illimitata, non ancora
utilizzata o distribuita ampiamente sulla crosta terrestre;
- una risorsa rinnovabile, come ad esempio i legnami, può essere di limitata disponibilità, non
essere presente localmente e avere tempi di rigenerazione molto lunghi.
E' dunque fondamentale considerare la disponibilità della materia prima e la facilità di reperimento,
incoraggiando l'utilizzo di materiali di produzione locale al fine di ridurre in maniera consistente i costi di
trasporto e di distribuzione. L'utilizzo di materie prime riciclate e il riutilizzo degli inevitabili sfridi di
lavorazione all'interno della fase produttiva possono concorrere in modo determinante al risparmio di
risorse.
Processo produttivo
Il processo produttivo del materiale è la fase che richiede il maggior dispendio di energia, utilizzata per i
processi termici necessari per la lavorazione delle materie prime. I forni vengono alimentati quasi del
tutto da combustibili fossili non rinnovabili; in pochissimi casi vengono anche utilizzati forni elettrici.
Inoltre, di tutta l'energia consumata solo una piccola parte viene effettivamente utilizzata per la
trasformazione del materiale; la maggior parte viene persa, sotto forma di calore dissipato. La quantità
di energia perduta può essere un buon indicatore di efficienza del processo. Alcuni produttori cercano di
ridurre i consumi utilizzando forni con sistema di recupero del calore e in grado di funzionare a
temperature inferiori e forni che operano a ciclo continuo.
La distribuzione di semilavorati e dei prodotti può comportare ingenti consumi energetici, anche
superiori a quelli relativi alla fase di produzione.
Lavorazione e messa in opera
Bisogna prestare molta attenzione a questa fase. Alcuni materiali isolanti, infatti, necessitano di speciali
operazioni di messa in opera che possono richiedere l'utilizzo di sostanze pericolose per l'ambiente e
per gli addetti. I responsabili della posa in opera devono curare con la massima attenzione la
preventivazione legata alla salute propria e degli utenti:
- leggere accuratamente le istruzioni relative alla modalità di applicazione,
- fare uso di guanti e mascherine protettive, favorire la ventilazione durante la manipolazione,
- il taglio e la lavorazione degli elementi,
- areare bene e a lungo gli ambienti anche al termine della posa.
Esercizio
La questione riguardante l'emissione di sostanze tossiche, a breve o a lungo termine, durante la fase di
vita utile del materiale all'interno dell'involucro edilizio è molto problematica perché coinvolge la salute di
tutti i fruitori dell’edificio per un arco temporale prolungato.
Dismissione
Alla fine della vita utile del materiale si presentano quattro possibilità: il riutilizzo, il recupero, il riciclaggio
o l'eliminazione:
- riutilizzo: il materiale, se integro e intatto, viene reimpiegato per lo stesso scopo dopo un
trattamento di pulizia;
- recupero: il materiale, integro e intatto, viene impiegato per uno scopo diverso; anche in questo
caso, senza subire particolari trattamenti se non quello della pulizia. Materiali applicati medianti
incollaggio non possono essere smontati senza danneggiamento, dunque non possono essere
riutilizzati e recuperati; lo stesso vale per i materiali granulari impastati con leganti. In generale
l'elevato costo della manodopera rende antieconomico il riutilizzo e il recupero, se non per
componenti studiati allo scopo;
- riciclaggio: il materiale viene reinserito nel ciclo produttivo come nuova materia prima; lo stesso
può avvenire per i cascami della produzione. Per poter essere riciclati, i materiali edili devono
subire pretrattatamenti più o meno complessi, che vanno dalla semplice frantumazione dei
materiali minerali al trattamento chimico-fisico per i materiali plastici, con conseguente consumo
di energia. Nell'edilizia la quota di riciclaggio è solo del 40% circa, poiché l'eterogeneità dei
componenti rende estremamente difficile la separazione e la rielaborazione dei materiali;
- eliminazione: i materiali biodegradabili, totalmente vegetali o animali, possono essere convogliati
ai siti di compostaggio dove avviene la decomposizione ad opera di microrganismi presenti in
natura e la reintegrazione della materia prima nell'ecosistema; altrimenti possono venire bruciati.
I materiali non biodegradabili di origine totalmente minerale possono essere depositati in
discariche ordinarie o per scarti di materiali da costruzione; quelli di origine sintetica, la cui
biodegradabilità richiede tempi estremamente lunghi, devono essere smaltiti come rifiuti speciali
o inviati all'incenerimento, processo fortemente problematico per l'inquinamento che genera.
I materiali misti, che accoppiano vegetale - sintetico o minerale - sintetico al fine di migliorare alcune
prestazioni e che trovano oggi ampia diffusione, sono e saranno difficilmente smaltibili poiché non si
potranno compostare né convogliare in centri di riciclaggio per materiali sintetici e la combustione per
recupero di energia è problematica per la presenza della fibra sintetica.
La fase di dismissione può comportare un considerevole dispendio di energia, utilizzata per la maggior
parte nei processi di riciclaggio e in misura minore per il funzionamento dei macchinari adibiti al
prelevamento e il deposito in discarica dei materiali.
Di seguito vengono analizzati alcuni materiali isolanti utilizzati negli edifici di seguito studiati:
Fibra di legno
Fig.2.10 Pannello in fibra di legno
Approvvigionamento delle materie prime
Questo materiale è composto da legno tenero di scarto proveniente da segherie o dalla ripulitura dei
boschi.
Processo produttivo
Il legno viene sminuzzato in fibre che successivamente vengono miscelate con acqua per formare un
impasto e compresse a caldo (160-180°C). In seguito l’impasto viene essiccato fino all’umidità residua
del 2% e tagliato in pannelli. Il legame si basa sull’infeltrimento delle fibre e sulla capacità di adesione
degli ingredienti propri del legno. Alcuni produttori aggiungono quantità minime di materiali collanti per
aiutare il processo di legatura.
Scenari di fine vita
I pannelli possono essere riciclati oppure compostati nel caso in cui siano stati messi in opera a secco.
Fibra di legno mineralizzata
Fig.2.11 Pannello in fibra di legno mineralizzata
Approvvigionamento delle materie prime
Composto da residui legnosi, spesso di abete, piallati a lunghe fibre
Processo produttivo
La miscela di trucioli di legno e legante viene pressata a temperature che variano dai 350-450°C con
l’aggiunta di leganti minerali come la magnesite o il cemento Portland ed infine essiccata. Il consumo di
energia complessivo è elevato a causa della produzione dei leganti. Vi è un ulteriore pretrattamento dei
trucioli con solfati di magnesio, serve come impregnamento di protezione contro l’attacco di parassiti.
Scenari di fine vita
Purtroppo il legante rende impossibile il recupero energetico e difficile il riciclaggio. Può essere usato,
dopo la frantumazione, come inerte per il calcestruzzo.
Argilla espansa
Fig.2.12 Argilla espansa sfusa
Approvvigionamento delle materie prime
L’argilla viene estratta dalle cave o dai giacimenti collinari a cielo aperto e in seguito stoccata per circa
un anno in loco.
Processo produttivo
L’argilla viene frantumata, mescolata e granularizzata per rendere omogenea la pezzatura. I granuli
vengono immessi in un forno rotante ad alta temperatura, che opera a ciclo continuo, dove vengono
prima essiccati e in seguito espansi a circa 1200°C con l’evaporazione dell’acqua contenuta e la
formazione di migliaia di micropori. Il rotolamento dei granuli all’interno del forno ne conferisce la forma
tondeggiante.
Scenari di fine vita
Il prodotto è riutilizzabile come riempitivo o come inerte per il calcestruzzo.
Lana di roccia
Fig.2.13 Pannelli di lana di roccia
Approvvigionamento delle materie prime
La lana di roccia si ottiene dalla fusione e dalla filatura di rocce naturali di origine vulcanica come ad
esempio il basalto, la dolomite o il calcare, e materiali riciclati provenienti dagli scarti di produzione del
cemento, del laterizio o dell’acciaio; inoltre è presente un 4% di leganti (resine fenoliche).
Processo produttivo
Le rocce vengono mescolate con scarti di produzione industriali ed il collante viene aggiunto in una
camera di filatura. Il prodotto così ottenuto viene posto in una camera di combustione ed infine tagliato
in pannelli ed imballato
Scenari di fine vita
Come per la lana di vetro, il riutilizzo è possibile, ma viene poco praticato, reimmettendo il materiale nella
produzione.
Polistirene espanso EPS
Fig.2.14 Pannelli di EPS
Approvvigionamento delle materie prime
Questo materiale è un polimero termoplastico derivato dallo stirene, che si ottiene dal petrolio o dal gas
naturale, addizionato di un espandente, il pentano.
Processo produttivo
Con la polimerizzazione dello stirene e l’aggiunta di un agente espandente volatile leggero si ottengono
perle di polistirene sintetizzato con un diametro che può variare da 0,1 a 2 mm. Dopo l’essicazione e lo
stoccaggio intermedio, il granulato viene riscaldato a temperature di circa 100°C ed espanso fino a 2050 volte il suo volume.
Scenari di fine vita
Il materiale può essere avviato al riciclo (in prodotti meno nobili ) o a termovalorizzazione.
2.3.3. Light constructions
In questa parte si definiscono gli ecoprofili dei materiali strutturali e di rivestimento utilizzati per la
realizzazione degli edifici “leggeri”: l’acciaio, l’alluminio, il legno ed il vetro.
Acciaio
Fig.2.15 Connessioni profilati in acciaio
Approvvigionamento delle materie prime
L’acciaio è costituito da leghe ottenute dalla fusione di minerali di ferro, carbonio e altri elementi
accompagnatori (fosforo, zolfo, azoto) e di lega (manganese, silicio, cromo, nichel, molibdeno). Ogni
acciaio contiene quantità minime di additivi che ne influenzano la qualità. Stati Uniti, India, Russia,
Svezia, Norvegia, Venezuela, Africa e Cina possiedono importanti giacimenti di minerali di ferro mentre
il Brasile e l’Australia sono i principali paesi esportatori di minerali di ferro sul mercato europeo.
L'approvvigionamento in Italia dipende esclusivamente da importazioni estere e la produzione di
acciaio prevede alti quantitativi di acciaio riciclato.
Processo produttivo
Fig.2.16 Riversamento acciaio fuso da altoforno
Il minerale viene triturato, distribuito su una griglia e scaldato nell'impianto di agglomerazione a più di
1200°C con il “coke”, ottenuto a partire dal carbone. L'agglomerato e coke vengono caricati
alternativamente per la bocca dell'altoforno. Le gocce di metallo, più pesanti, cadono sul fondo
dell'altoforno, mentre la loppa (scorie) resta in superficie. La ghisa liquida sul fondo viene convogliata
verso i convertitori a ossigeno, dove sono stati introdotti i rottami fusi provenienti dal riciclaggio (2535%). Viene insufflato dell'ossigeno puro così il carbonio contenuto nella ghisa brucia e i rottami
fondono. Si ottiene così dell'acciaio liquido greggio. È possibile produrre acciaio liquido anche
partendo dai rottami (riciclaggio dell'acciaio) fondendoli in un forno elettrico.
L'acciaio liquido greggio acquisirà la sua composizione chimica finale nell'impianto di affinazione: è
possibile ottenere diversi tipi di acciaio a seconda dei procedimento d'affinazione impiegato.
L'acciaio liquido è poi messo in forma allo stato solido mediante "colata continua" e trasformato in
semilavorati siderurgici.
Le bramme, riscaldate a 800-1200oC in forno, vanno al laminatoio a caldo, dove vengono schiacciate
e trafilate per ottenere prodotti piatti (lastre e lamiere in rotoli) o prodotti lunghi (barre e profilati).
Questo processo produttivo così come il riciclaggio risultano molto dispendiosi energeticamente a
causa dell’elevata produzione di calore necessaria per la fusione del materiale e per la laminazione a
caldo.
Scenari di fine vita
L'acciaio è un materiale riciclabile al 100%. Il riciclaggio dell'acciaio viene semplificato molto grazie alle
sue caratteristiche magnetiche che consentono una rapida classificazione dei materiali di rifiuto. Oltre il
40% della produzione mondiale di acciaio deriva da materiali di riciclo.
Alluminio
Fig.2.17 Profilati di alluminio ed componenti per infissi
Approvvigionamento delle materie prime
L'alluminio è Il terzo elemento chimico più comune nella crosta terrestre dopo il silicio e l'ossigeno, è
largamente" diffuso nel primo strato di 16 km della crosta terrestre e si trova nella bauxite, sotto forma di
ossido di alluminio. I giacimenti di bauxite sono localizzati al 90% nei Paesi della fascia tropicale.
L'Australia copre il 30% della produzione mondiale ed altri giacimenti si trovano in Guinea, in Camerun,
in Giamaica e in Brasile.
L'alluminio di prima fusione ha una purezza compresa tra il 90% e il 99%. Oltre all'alluminio sono presenti
il manganese e un 2% di componenti di lega come ferro, silicio, zinco, cromo e titanio.
Processo produttivo
Dalla bauxite, tramite elettrolisi, viene ricavato l'ossido di alluminio (allumina), la materia prima
necessaria per la produzione di alluminio primario.
Sono necessarie 4-5 tonnellate di bauxite per fornire 2 tonnellate di alluminia e produrre 1 tonnellata di
alluminio. Con una soluzione di soda caustica l'idrossido di alluminio viene separato dagli altri
componenti del minerale: a 1200°C si ottiene l'ossido di alluminio. La temperatura di fusione dell'allumina
è molto elevata (2000°C). L'alluminio liquido viene prelevato e portato in fonderia e colato in lingotti.
L'alluminio "puro" viene rifuso e mescolato in lega con ferro, silicio, rame, magnesio, a seconda delle
prestazioni attese. I lingotti ottenuti da queste mescole vengono diretti verso presse di estrusione. Con la
laminazione a freddo delle barre si ottengono nastri, lamiere e fogli di spessore inferiore a 1 mm.
La produzione dell'alluminio richiede una notevole spesa energetica: il 40% del costo economico
dell'alluminio dipende dal costo energetico per produrlo.
Scenari di fine vita
La produzione di metallo riciclato richiede solamente il 5-25% dell’energia utilizzata per produrlo
originariamente senza alcuna differenza dal punto di vista della qualità e delle proprietà del materiale tra
nuovo e riciclato. I rifiuti di alluminio vengono frantumati e separati dai materiali diversi. Il rottame pulito
viene trattato a circa 500°C per separarlo da vernici o altre sostanze aderenti e successivamente
immesso in un forno per la fusione. Nell’ultima fase l’alluminio liquido viene colato e formato a seconda
degli usi.
Legno
Fig.2.18 Elementi in legno lamellare
Approvvigionamento delle materie prime
Questo materiale è rinnovabile e di facile reperibilità anche se non sempre si tratta di una risorsa locale.
Per evitare l’utilizzo di legno tropicale oppure di specie pregiate, di superare il limite della rinnovabilità e
la riduzione sconsiderata delle aree forestali e garantire un prelievo equilibrato di legname è stata
introdotta la certificazione delle foreste (Forestry Stewardship Council).
Nel panorama edilizio europeo le pianta più utilizzata è l’abete rosso, seguito dal pino silvestre, il larice
ed il rovere.
Processo produttivo
Per produrre il legno massello è necessario prelevare il materiale, tagliarlo ed asciugarlo. In seguito può
essere trattato con vernici ed impregnanti per aumentarne la durabilità. Nel caso del legno lamellare,
invece, gli sfogliati in legno vengono essiccati, incollati, riuniti e pressati. Gli strati di sfogliato vengono
tagliati con una larghezza di circa 25 cm ed un spessore difficilmente superiore ai 3 cm.
Successivamente avviene la fibratura degli strati in senso longitudinale e l’indurimento della colla con
l’apporto di calore. L’ultima fase consiste nell’applicazione di prodotti impregnanti tramite spennellatura
per preservare il legno da insetti, umidità e funghi.
Scenari di fine vita
Nel caso del legno massello non trattato avviene il riciclaggio organico oppure viene riciclato in nuovi
pannelli truciolati dopo essere stato sminuzzato, oppure viene avviato alla termovalorizzazione. Nel caso
del legno lamellare, invece, i collanti presenti nel materiale impediscono il riciclaggio.
Vetro
Fig.2.19 Rivestimento in vetro
Approvvigionamento delle materie prime
Il vetro utilizzato oggi in edilizia è un vetro sodico-calcico composto per circa il 70% da ossidi di silicio,
per il 10% da ossido di calcio, per il 15% da ossido di sodio e in minor quantità troviamo anche ossido
di magnesio e di alluminio.
Processo produttivo
Per migliorare le prestazioni termiche, da tempo si è diffuso l'uso della vetrocamera. Inoltre è possibile
migliorare le prestazioni collocando gas come l’argon o il krypton in intercapedine e ponendo un
rivestimento di ossidi metallici su una faccia di una lastra di vetro (vetri basso-emissivi).
Il vetro è un solido amorfo composto di elementi inorganici. Durante la produzione le sostanze vengono
riscaldate a temperature così elevate (1400°C) da diventare fluido-viscose, per poi essere sottoposte a
raffreddamento.
Nel 1959 venne sviluppato il procedimento float: la miscela vetrificabile viscosa viene colata su un bagno
piano di stagno fuso, dove galleggia. Grazie alle tensioni superficiali e alle differenze di viscosità della
massa vetrosa e del bagno di stagno, il vetro fluido assume la forma di lastre spesse 6 mm. Oggi è
possibile realizzare lastre spesse da 1,1 mm a 19 mm ed il vetro piano costituisce solamente il 20% del
totale della produzione di vetro.
La produzione industriale del vetro e dei suoi derivati, come ad esempio la lana di vetro, richiede il
funzionamento del forno 24 ore su 24 ore per l'intero anno poiché il raffreddamento farebbe solidificare
il vetro fuso sulla parete dell'impianto e lo renderebbe inutilizzabile. Questo richiede una combustione
continua con consumo di combustibile e con produzione di emissioni atmosferiche.
Per la produzione di vetro colorato si aggiungono concentrazioni minime di altre sostanze (ossidi
metallici). I trattamenti possono essere: smaltatura, satinatura (opacità con acidi), sabbiatura, serigrafia,
tempratura, curvatura ecc.
Scenari di fine vita
Il vetro è riciclabile. Viene sia operato il riciclaggio post-produzione, ossia la reimmissione degli scarti
nel processo produttivo, sia post-consumo. Il vetro può essere riciclato per gli stessi usi, oppure per usi
differenti: per esempio per produrre la lana di vetro, però questa operazione risulta molto energivora in
quanto per riutilizzare il materiale occorre portarlo ad una temperatura di circa 1400°C per fonderlo di
nuovo.
3. ESEMPIO DI PROGRAMMA DI CALCOLO
3.1. Descrizione del programma di calcolo
Lo scopo principale del foglio di calcolo di seguito descritto è quello di realizzare un bilancio energetico
globale dell’intero edificio determinato dai seguenti consumi energetici:
- Embodied energy di costruzioni e sistemi impiantistici,
- Riscaldamento degli ambienti,
- Riscaldamento dell’acqua sanitaria,
- Illuminazione e altri dispositivi elettrici,
e dalla produzione di energia generata da:
- Impianti solari fotovoltaici,
- Impianti solari termici.
All’interno del database del programma vengono inseriti i parametri meteorologici ed i contesti
energetici, nonché i pacchetti costruttivi, i materiali, i componenti ed i sistemi presenti nei progetti
specifici da analizzare. Inoltre occorre specificare i dati generali, le modalità d’uso e di occupazione e gli
impianti utilizzati nel caso specifico.
I dati in uscita del programma riguardano i valori di Embodied Energy dei materiali, dei componenti e dei
sistemi, oltre all’energia totale consumata/prodotta in una specifica finestra temporale.
Le peculiarità di questo programma sono:
- valutazione integrata di Embodied Energy (EE) e di consumi/produzioni energetiche per l’intero
edificio, attraverso il metodo di calcolo stazionario;
- contestualizzazione dei dati rilevati in specifici scenari energetici, attraverso il calcolo delle
energie termica ed elettrica consumate “al contatore”in modo da risolvere le limitazioni indotte
dal carattere localistico dei database LCA disponibili;
- valutazione automatica dell’ Embodied Energy consumata per la realizzazione di tutti gli
elementi costruttivi e dei sistemi impiantistici;
- sviluppo di un database di Embodied Energy per i materiali, i componenti edilizi ed i sistemi;
- ambiente di sviluppo: MS Excel / Visual Basic for Applications
I databases contenuti all’interno del software riguardano i materiali, i componenti, i pacchetti costruttivi
ed i sistemi.
I vantaggi legati all’utilizzo di questo programma sono:
- immediata valutazione delle conseguenze energetiche derivanti dalle scelte sull’involucro edilizio
e sui sistemi impiantistici;
- la contestualizzazione energetica induce un’estrema versatilità nell’uso di database nazionali ed
internazionali;
- versatilità nell’inserimento dei valori di EE per i componenti ed i sistemi, che possono essere
inseriti direttamente o quali assemblaggi di materiali e componenti rispettivamente,
considerando che i processi di formatura richiedono generalmente scarse quantità di energia.
Il programma in futuro potrebbe essere ulteriormente ottimizzato:
- estendendo i databases attraverso ampie analisi parametriche;
- introducendo i consumi energetici dovuti alle attività di manutenzione;
- estendendo le capacità simulative alla stagione estiva;
- svolgendo una valutazione economica;
- implementando algoritmi di ottimizzazione.
DATABASES
PROGETTO SPECIFICO
Parametri
meteo
Contesti
energetici
Pacchetti
costruttivi
Materiali
Componenti
Sistemi
Strutture,
tamponamenti e
finestre
Materiali
Componenti
Sistemi
Dati generali
OUTPUT
Uso e
occupazione
Embodied energy per materiali,
componenti e sistemi
Impianti
Energia consumata/prodotta
nel corso della finestra
temporale specificata
Figura 3.1 Schema di funzionamento del programma
3.2. Caso studio: sede della Banca Etica Popolare di Padova
3.2.1. Definizione valutazione LCA
La finalità di questa valutazione LCA è quella di acquisire dati non da considerare in senso assoluto ma
da vagliare in ambito progettuale per definire, in base alle esigenze della committenza ed al contesto
geografico e paesaggistico, materiali e sistemi costruttivi che permettano un risparmio energetico sia in
fase di realizzazione che di gestione.
Nell’analisi non è stata definita una determinata unità funzionale di riferimento se non la garanzia di
mantenimento del confort abitativo richiesto agli edifici adibiti ad uffici. Il flusso di riferimento considerato
è costituito dall’energia necessaria per la realizzazione dei manufatti, gli impianti principali come la
caldaia, la pompa di calore e l’unità trattamento aria e l’energia richiesta per il riscaldamento e per
l’energia elettrica.
Il lavoro di analisi si è focalizzato sullo studio dei principali materiali utilizzati nei vari pacchetti costruttivi
relativi ai tre edifici ed al piano interrato tralasciando alcune membrane come ad esempio le barriere al
vapore che, dato il peso irrisorio a m², sarebbero risultati pressoché ininfluenti sui valori finali ottenuti.
Inoltre non sono stati considerati i trasporti effettuati per movimentare i materiali dalla “fabbrica” al
“cantiere” e le lavorazioni esterne svolte nel lotto come la pavimentazione, la piantumazione e l’apporto
di sedute ed elementi per l’illuminazione.
Lo studio si estende per la durata del ciclo di vita, pari a 30 anni. Si è deciso di analizzare questo ciclo di
vita perché corrisponde alla durata media degli elementi impiantistici e presumibilmente garantisce un
utilizzo di tutti gli edifici studiati senza particolari opere di manutenzione straordinaria che andrebbero a
modificare consistentemente i risultati ottenuti. Per realizzare un lavoro più completo sarebbe necessario
svolgere l’analisi su un periodo di 50-100 anni però si dovrebbe sviluppare un piano di manutenzione del
sistema edificio-impianto plausibile ed è molto arduo definire una tempistica reale di manutenzione in
quanto ci sono fattori difficilmente controllabili come l’uso che ne viene fatto del manufatto e le esigenze
degli utilizzatori che con il tempo possono variare considerevolmente.
Le fasi del ciclo di vita considerate sono quelle di realizzazione e di gestione dell’intero complesso.
Per il reperimento dati si è utilizzato l’inventario di Embodied Energy realizzato dall’Università di Bath nel
2011. I valori riportati sono riferiti all’energia primaria necessaria per produrre 1 kg del materiale in Regno
Unito nel ciclo “from cradle to gate”. I dati energetici, espressi in MJ/kg, sono stati prima separati in
energia termica ed elettrica e poi moltiplicati per i rendimenti energetici specifici per ottenere dei valori
“normalizzati” da poter usare nel contesto italiano.
3.2.2. Struttura del complesso edilizio
La sede dell’istituto, inaugurata nel 2007, è stata progettata dallo studio “tamassociati” di Venezia ed è
costituita da tre edifici collegati tra loro, che in seguito verranno chiamati “A”, “B” e “C” e da un piano
interrato “I”. E stato scelto di studiare questo complesso perché offre l’opportunità di poter analizzare in
modo distinto quattro costruzioni realizzate in tre modalità costruttive diverse: utilizzando la muratura, il
legno ed il C.A.
In questo studio l’intero complesso edilizio è stato analizzato come se tutti gli edifici fossero di nuova
realizzazione anche se in realtà gli edifici “A” e “B”sono stati ristrutturati. Al fine di rendere l’analisi più
accurata e meno approssimativa possibile, è stato contattato lo studio di ingegneria Francesco
Steffinlongo che ha fornito importanti informazioni riguardo ai pacchetti costruttivi ed alle opere di
ristrutturazione effettuate.
3.2 Planimetria generale con indicazione degli edifici “A”-“B”-“C” e dell’interrato “I”.
Il Fabbricato “A”, i cui lavori di costruzione sono stati terminati nel 1906, si colloca a nord-est del lotto, si
sviluppa su quattro livelli fuori terra ed ospita uffici interni della banca. Le fondazioni sono continue in
muratura ed in fase di restauro non sono state svolte ulteriori opere di consolidamento. Le pareti
perimetrali sono composte da una muratura a tre teste ed intonacata esternamente con termointonaco
mentre all’interno è stata fatta una controparete in cartongesso che ospita l’isolante termico in fibra di
legno. Il solaio del pianterreno è realizzato in calcestruzzo così come i solai del piano primo e secondo
che, però, sono stati rinforzati con profilati IPE, mentre il solaio del terzo piano è in legno. Tutti i solai
calpestabili hanno la pavimentazione in legno industriale. Il tetto a quattro falde ha il manto di copertura
in coppi, la struttura portante è di legno ed è isolato termicamente con pannelli in fibra di legno.
L’edificio “B”, risalente anch’esso ai primi anni del ‘900, è situato a sud-ovest del lotto ed ospita uffici
interni dell’ente, possiede la struttura portante ed i pacchetti costruttivi simili al manufatto sopracitato ed
è costituito da tre piani fuori terra e da un piano interrato realizzato in muratura e C.A.
Il manufatto “C” è di nuova realizzazione, si sviluppa su due piani fuori terra, funge da collegamento tra
gli edifici “A” e “B” ed ospita attività aperte al pubblico al piano terreno (operazioni di sportello,
reception, sala riunioni) e una zona amministrativa non aperta al pubblico al piano primo. A differenza
degli altri due edifici è stato realizzato con una struttura portante in legno e pannelli portanti in legno
massiccio della ditta KLH. Il legno multistrato a strati incrociati (KLH) viene prodotto con tavole di abete
rosso essiccate artificialmente, sovrapposte a strati incrociati e incollate sotto forte pressione per ridurre
al minimo i fenomeni di rigonfiamento e ritiro del legno. Il solaio del pianterreno affida la funzione
portante ad un solaio tipo “predalles” e cordoli in C:A. mentre il solaio di copertura è costituito da un
tetto verde calpestabile dove vengono inseriti i pannelli fotovoltaici e la pompa di calore. Il nuovo edificio
presenta un fronte vetrato (con facciata ventilata) verso il lato est (verso l’interno del lotto) ed un fronte
più compatto verso il lato ovest.
L’interrato “I”, che si estende in un’area complessiva di oltre 850 mq, ospita i vani tecnici della caldaia e
dell’unità di trattamento aria, magazzini, ripostigli, i servizi e l’autorimessa. Il C.A. è il materiale
maggiormente utilizzato nel solaio contro terra, nel solaio di copertura e nelle murature. I muri
perimetrali in C.A. sono affiancati da una micro palificata di sostegno di profondità 6m costituita da tubi
di acciaio Ø 200 mm con interasse di circa 250 mm.
3.2.3. Sistemi impiantistici
La produzione di energia termica è garantita dalla caldaia a biomassa (alimentata con pellets) KÖB
PYROT 150 kW.
Il sistema di combustione di questo tipo di caldaia permette di utilizzare un'ampia gamma di materiali
legnosi. Grazie all'impiego di un pre-essiccatore di nuova concezione, è possibile anche la combustione
di cippato con elevata percentuale di umidità.
Per garantire l’approvvigionamento del pellets la caldaia è fornita di una coclea in grado di prelevare il
materiale da un locale adiacente al vano caldaia nel quale avviene il deposito direttamente dall’esterno.
Fig.3.3 Pianta vano tecnico ed immagine della caldaia
La Centrale di Trattamento dell’Aria per il filtraggio dell’aria inquinata è situata al piano interrato e
permette di ottenere il recupero energetico del 70% con ruota entalpica.
I pannelli fotovoltaici installati sul tetto dell’edificio “C” della potenza nominale di 6,5 kWp, sono in grado
produrre circa 7.200 kWh/anno coprendo il 10% del fabbisogno di elettricità dell’intera sede.
Potenza di picco (rif.)
Efficienza moduli (rif.) Area di moduli per kWpicco
Area totale (rif.)
[kWpicco]
1
Componente
[-]
Moduli fotovoltaici
[%]
[m²/kWpicco]
[m²]
15
6
6
Materiale
Embodied Energy (range) Embodied Energy (rif.) Peso areico Peso totale Embodied Energy areica
2
2
[-]
[MJ/kg]
[MJ/kg]
[kg]
[kg/m ]
[MJ/m ]
Vetro
18,4-26,4
22,4
7,5
45,0
1008,0
Celle fotovoltaiche
70-200
70,0
9,8
58,7
4105,5
Alluminio
154
154,0
2,5
15,2
2335,1
Elementi di fissaggio
Acciaio inox
51,5-74,8
63,2
2,4
14,3
900,3
Inverter
Alluminio
60-95
77,5
9,9
1,0
767,3
Acciaio
154
154,0
9,9
1,0
1524,6
Rame
70
70,0
0,2
1,0
14,0
Nota: si sono trascurati i fogli di E.V.A. utilizzati per impermeabilizzare le celle fotovoltaiche a causa dello scarso peso areico degli stessi
Tab 3.1
Materiali
Nella Tab 3.1 è stato sviluppato uno studio inerente all’impianto fotovoltaico determinando i pesi dei vari
elementi che compongono il sistema ed inserendo dei parametri in grado di modificare i valori di
Embodied Energy dei singoli componenti in base ai kWp richiesti.
Il pannello considerato è lo "Sharp monocristallino NU-E245(J5)", nello studio non sono stati considerati i
valori di EE del foglio E.V.A. in quanto trascurabili ai fini dell’analisi. Per quanto riguarda l’EE delle celle
fotovoltaiche è stato assunto un valore di 70 MJ/kg dopo aver esaminato il sistema produttivo delle celle
fotovoltaiche, le staffe di ancoraggio di riferimento sono le “Tecnomega tipo R” regolabili per il fissaggio
sul calcestruzzo mentre l’inverter adottato è il “Fronius ig 60 hv” dal peso di 20 kg.
Componenti
KOEB - PYROT 150
Materiale
Acciaio
Polistirene
Unità
Item
Quantità [kg]
1893,0
85,0
Tab 3.2
Materiali
La quantità di acciaio presente nella caldaia è stata trovata direttamente nella scheda tecnica del
prodotto mentre il valore del polistirene è stato determinato calcolando la superficie di rivestimento della
caldaia e moltiplicandola per uno spessore di 5cm. Una volta ottenuto il volume totale lo si è moltiplicato
per il peso specifico del materiale determinando così il peso finale.
Componenti
PEX Pipe
Materiale
PEX
Unità
2
m
Quantità [kg]
0,5
Tab 3.3
Si è preferito inserire le tubature in PEx, contenute nei pannelli radianti a soffitto e a pavimento, nei
sistemi e non nei pacchetti costruttivi in quanto hanno uno scopo prettamente impiantistico.
Materiali
Componenti
Tubazioni ACCIAIO DN 80
Materiale
Acciaio
Unità
m
Quantità [kg]
3,3
Tab 3.4
In questo caso si è determinato il peso delle tubazioni per la distribuzione dell’acqua sanitaria.
Materiali
Componenti
AERMEC NRL800 (200 kW)
Materiale
Alluminio
Unità
kWC
Quantità [kg]
13,5
Tab 3.5
Materiali
In base alla richiesta di potenza presunta del refrigeratore aria-acqua si è deciso di esaminare la
macchina Aermec NRL 800 e di dividere il peso dell’alluminio per i kWC forniti; in modo si ottiene un
valore adatto ad essere impiegato in altri contesti immettendo solamente la potenza richiesta caso par
caso.
Componenti
AHU
Materiale
Alluminio
ABS
Acciaio
PET
Acciaio
Unità
Item
Quantità [kg]
11,7
520,0
94
260
218
Tab 3.6
Nel caso dell’unità di trattamento dell’aria sono stati considerati il peso del telaio in alluminio che
sostiene il la struttura di rivestimento delle pareti in abs. I 94 kg di acciaio sono da attribuire alla base
della struttura mentre lo scambiatore di calore è in PET e la ruota entalpica è di acciaio.
3.2.4. Edificio “A”
Di seguito si presentano le piante, i particolari costruttivi ed il computo metrico dell’edificio “A”.
PARETE
PARETE NORD
larghezza m altezza m sup.par. m² sup. aper. m² sup . muro m²
14,94
12,73
190,19
22,20
168
altezza m larghezza m
n° fori
totale m²
APERTURE PT
1,85
1,05
2
3,89
APERTURE P1
1,8
1,05
2
3,78
1,83
0,78
2
2,85
APERTURE P2
1,6
1,05
2
3,36
1,83
0,78
2
2,85
APERTURE P3
0,58
1,15
2
1,33
1,83
0,78
2
2,85
1,8
0,71
1
1,28
22
PARETE
larghezza m altezza m sup.par. m² sup. aper. m² sup . muro m²
PARETE SUD
14,34
12,73
182,55
39,58
143
altezza m larghezza m
n° fori
totale m²
APERTURE PT
1,85
1,05
4
7,77
2,35
0,9
2
4,23
APERTURE P1
1,8
1,05
4
7,56
2,7
1,1
2
5,94
APERTURE P2
1,6
1,05
6
10,08
APERTURE P3
0,58
1,15
6
4,00
40
PARETE
larghezza m altezza m sup.par. m² sup. aper. m² sup . muro m²
PARETE EST
11,44
12,73
145,63
17,61
128
altezza m larghezza m
n° fori
totale m²
APERTURE PT
1,85
0,9
1
1,67
1,85
1,05
2
3,89
APERTURE P1
1,8
0,9
1
1,62
1,8
1,05
2
3,78
APERTURE P2
1,6
0,9
1
1,44
1,6
1,05
2
3,36
APERTURE P3
0,58
0,9
1
0,52
0,58
1,15
2
1,33
18
PARETE
larghezza m altezza m sup.par. m² sup. aper. m² sup . muro m²
PARETE OVEST
11,44
12,73
145,63
18,06
128
altezza m larghezza m
n° fori
totale m²
APERTURE PT
1,85
0,9
1
1,67
2,1
0,8
1
1,68
1,85
1,05
1
1,94
APERTURE P1
1,8
0,9
1
1,62
2,1
0,8
1
1,68
1,8
1,05
1
1,89
APERTURE P2
1,6
0,9
1
1,44
2,48
1,05
1
2,60
1,6
1,05
1
1,68
APERTURE P3
0,58
0,9
1
0,52
0,58
1,15
2
1,33
18
97
sup. tot. Delle aperture m²
Tab 3.7 Analisi pareti esterne edificio “A”
Le superfici delle pareti esterne sono state calcolate in modo distinto in base all’orientamento delle
facciate ed al netto delle superfici delle aperture.
PARETE NORD
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
APERTURE P3
PARETE NORD
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
APERTURE P3
PARETE NORD
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
APERTURE P3
PARETE NORD
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
APERTURE P3
somme totali
valori medi/m²
kg/m²
altezza m
1,85
1,8
1,83
1,6
1,83
0,58
1,83
1,8
altezza m
1,85
2,35
1,8
2,7
1,6
0,58
altezza m
1,85
1,85
1,8
1,8
1,6
1,6
0,58
0,58
altezza m
1,85
2,1
1,85
1,8
2,1
1,8
1,6
2,48
1,6
0,58
0,58
larghezza m
1,05
1,05
0,78
1,05
0,78
1,15
0,78
0,71
larghezza m
1,05
0,9
1,05
1,1
1,05
1,15
larghezza m
0,9
1,05
0,9
1,05
0,9
1,05
0,9
1,15
larghezza m
0,9
0,8
1,05
0,9
0,8
1,05
0,9
1,05
1,05
0,9
1,15
n° fori
2
2
2
2
2
2
2
1
n° fori
4
2
4
2
6
6
n° fori
1
2
1
2
1
2
1
2
n° fori
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
2
tipo fin.
BEL
BEL
F
BEL
F
O
F
P
tipo fin.
BEL B
C
BEL E
G
BEL L
O
tipo fin.
A
B
D
E
I
L
N
O
tipo fin.
A
legno m³
0,1431
0,1408
0,1132
0,1316
0,1132
0,0925
0,1132
0,0623
legno m³
0,2861
0,1911
0,2815
0,1676
0,3947
0,2774
legno m³
0,0628
0,1431
0,0616
0,1408
0,0571
0,1316
0,0341
0,0925
legno m³
0,0628
vetro m³
0,0710
0,0691
0,0351
0,0612
0,0351
0,0260
0,0351
0,0235
vetro m³
0,1420
0,0761
0,1381
0,1083
0,1836
0,0781
vetro m³
0,0276
0,0710
0,0268
0,0691
0,0237
0,0612
0,0079
0,0260
vetro m³
0,0276
acciaio Kg
1,4
1,4
1,4
1,4
1,4
1,4
1,4
0,7
acciaio Kg
2,8
1,4
2,8
1,4
4,2
4,2
acciaio Kg
0,7
1,4
0,7
1,4
0,7
1,4
0,7
1,4
acciaio Kg
0,7
marmo m³
0,0635
0,0635
0
0,0635
0
0,0630
0
0
marmo m³
0,1269
0,0422
0,1269
0,0324
0,1904
0,1889
marmo m³
0,0306
0,0635
0,0306
0,0635
0,0306
0,0635
0,0306
0,0630
marmo m³
0,0306
W
D
0,0730
0,0616
0,0353
0,0268
0,7
0,7
0,0341
0,0306
H
I
M
L
N
O
0,0718
0,0571
0,0847
0,0658
0,0341
0,0925
3,8349
0,0394
23,61
0,034335
0,0237
0,0473
0,0306
0,0079
0,0260
1,6553
0,0170
42,47
0,7
0,7
0,7
0,7
0,7
1,4
42,7
0,0341
0,0306
0,0317
0,0317
0,0306
0,0630
1,6533
0,0170
42,42
0,4382
sup.m²
3,89
3,78
2,85
3,36
2,85
1,33
2,85
1,28
sup.m²
7,77
4,23
7,56
5,94
10,08
4,00
sup.m²
1,67
3,89
1,62
3,78
1,44
3,36
0,52
1,33
sup.m²
1,67
1,68
1,94
1,62
1,68
1,89
1,44
2,60
1,68
0,52
1,33
97,45
Tab 3.8 Analisi serramenti esterni edificio “A”
Per l’analisi dei serramenti esterni è stato svolto un computo metrico dettagliato di tutti gli elementi al fine
di poter attribuire i valori medi, in kg/m², dei principali materiali utilizzati.
sterro
vol. rip.
A
B
C
D
E
F
s1 m²
16,3
18,5
16,3
21,8
24,7
21,8
area m²
163,4
h1 m
1,1
1,1
1,1
1,1
1,1
1,1
rip. Ghiaia
s2 m²
18,6
20,9
18,6
24,4
27,5
24,4
h2 m
0,5
0,5
0,5
0,5
0,5
0,5
fondazioni sezione m² lungh m
ABCD
1,13
9,84
123
1,13
14,14
totale
altezza m vol. tot m³
2,04
333,3
vol 1 m³
s2 m²
18,0
18,6
20,3
20,9
18,0
18,6
24,0
24,4
27,2
27,5
24,0
24,4
h2 m
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
vol 2 m³
5,8
6,5
5,8
7,6
8,5
7,6
ghiaia m³
vol. tot. Sterro m³
9,3
10,5
9,3
12,2
13,7
12,2
67,22
tot. Ghiaia kg
n°
vol. tot m³ lungh m
4
44,57
39,34
3
48,06
42,42
92,63
81,76
vol. tot m³
23,7
26,8
23,7
31,6
35,7
31,6
173,09
160,24
137350
Tab 3.9 Analisi scavi e fondazioni edificio “A”
In questo caso si sono determinati il volume di sterro totale, i kg di ghiaia di riporto e la lunghezza totale
delle fondazioni in muratura.
PIANO TERRA
area pav m²
SOLAIO PT
spess m
CALDANA 10CM
0,1
RETE EL.
PAV. IN LEGNO
spess m
LANA DI LEGNO
0,075
MASS. SABBIA CEM
0,04
LEGNO INDUSTRIALE 0,022
PAV. IN PET
spess m
LANA DI LEGNO
0,075
MASS. SABBIA CEM
0,04
PET
0,003
PIANO 1°
area pav m²
SOLAIO 1°P
spess m
SOLAIO 10CM
0,1
RETE EL.
PAV. IN LEGNO
spess m
LANA DI LEGNO
0,02
MASS. SABBIA CEM
0,04
LEGNO INDUSTRIALE 0,022
PAV. IN PET
spess m
LANA DI LEGNO
0,02
MASS. SABBIA CEM
0,057
PET
0,003
COMPONENTI
TRAVE IPE 20
TRAVE IPE 18
TRAVE CLS
MARMO TERRAZZO
kg/m³
240
8,16
kg/m³
26
80
17,6
kg/m³
26
80
3
kg/m³
240
8,16
kg/m³
10
80
17,6
kg/m³
10
114
3
kg/m
22,4
18,8
125
m³
1,15
136
PIANO 2°
area pav m²
spess m
area m² kg tot SOLAIO 2°P
136
32640 CALDANA 10CM
0,1
136
1109,76 RETE EL.
spess m
area m² kg tot PAV. IN LEGNO
132
3432 MASS. SABBIA CEM
0,04
132
10560 LEGNO INDUSTRIALE
0,02
132
2323,2 POLISTIRENE ESP 200
area m² kg tot TUBO PEX
4
104 PAV IN PET
spess m
4
320 MASS. SABBIA CEM
0,057
4
12
PET
0,003
126
POLISTIRENE ESP 200
area m² kg tot TUBO PEX
126
30240 PIANO 3°
area pav m²
126
1028,16 SOLAIO P3°P
spess m
0,064
area m² kg tot TRAVI 16X20
122
1220 ASSITO 4CM
0,04
122
9760 PAV IN LEGNO
spess m
122
2147,2 MASS. SABBIA CEM
0,04
0,02
area m² kg tot LEGNO INDUSTRIALE
4
40
POLISTIRENE ESP 200
4
456 TUBO PEX
4
12
PAV. IN PET
spess m
m
kg tot MASS. SABBIA CEM
0,057
150,4 3368,96 PET
0,003
51
958,8 POLISTIRENE ESP 200
75,2
9400 TUBO PEX
kg tot
kg/m³
2500
2875
kg/m³
240
8,16
kg/m³
80
16
0,53
0,8
kg/m³
114
3
0,53
0,8
kg/m³
51,2
32
kg/m³
80
16
0,53
0,8
kg/m³
114
3
0,53
0,8
126
area m² kg tot
126
30240
126
1028,16
area m² kg tot
122
9760
122
1952
122
64,66
122
97,6
area m² kg tot
4
456
4
12
4
2,12
4
3,2
126
area m² kg tot
126
6451,2
126
4032,00
area m² kg tot
122
9760
122
1952
122
64,66
122
97,6
area m² kg tot
4
456
4
12
4
2,12
4
3,2
Tab 3.10 Analisi solai edificio “A”
In questa tabella sono state riportate le superfici totali dei solai ed i dati relativi ad elementi che, non
essendo distribuiti uniformemente nei solai, sono stati catalogati come componenti.
SCALINI
MATERIALE sezione m² prof m
n°scalini
MARMO
0,01
1,08
58
CLS
0,03
1,08
58
PIANEROTTOLI A-C-E
MATERIALE sezione m² prof m
n°scalini
MARMO
0,08
2,28
3
CLS
0,17
2,28
3
PIANEROTTOLI B-D-F
MATERIALE sezione m² prof m
n°scalini
MARMO
0,07
2,28
3
CLS
0,26
2,28
3
PIANEROTTOLO G
MATERIALE sezione m² prof m
n°scalini
MARMO
0,08
2,28
1
CLS
0,27
2,28
1
KG TOT.
m³
kg/m³
MC MARMO TOT
2,07
2500
MC CLS TOT
5,55
2400
AREA SCALE VISTE IN PIANTA PER 3 PIANI
m³
0,90
2,01
m³
0,52
1,15
HEA 140
MATERIALE
ACCIAIO
kg/m
24,7
m
33
kg tot
815,1
RINGHIERA
MATERIALE
ACCIAIO
kg/m
14,88
m
19,2
kg tot
285,70
m³
0,46
1,77
m³
0,19
0,62
kg
5169,6
13329,0
10,3
3
30,9
MATERIALE
MARMO
CLS
ACCIAIO
ACCIAIO
kg/m²
167,30
431,36
26,38
9,25
Tab 3.11 Analisi scale edificio”A”
Nell’analisi dell’elemento “scale” si sono calcolati i pesi di tutti i materiali utilizzati da suddividere in
seguito per la superficie totale delle scale. In questo modo si è riusciti, in seguito, a determinare in modo
veloce ed accurato anche i dati relativi all’edificio “B”.
PIANO TERRA
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
9,01
3,55
B
4,27
3,55
B
4,27
3,55
APERTURE
1
0,8
2,1
SUP TOTALE
MURO IN CARTONGESSO
17,94
3,55
APERTURE
1
0,8
2,1
2
1,4
2,1
3
0,8
2,1
4
0,8
2,1
5
0,8
2,1
6
0,75
3,55
APERTURE TOT.
SUP TOTALE
PIANO 1°
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
9,01
3,6
B
4,27
3,6
B
4,27
3,6
APERTURE
1
0,8
2,1
SUP TOTALE
MURO IN CARTONGESSO
17,94
APERTURE
1
0,8
2
1,4
3
0,8
4
0,8
5
0,8
6
0,75
APERTURE TOT.
SUP TOTALE
3,6
2,1
2,1
2,1
2,1
2,1
3,55
sup. m²
31,99
15,16
15,16
1,68
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
6,1
1,09
B
6,1
1,09
SUP TOTALE
IPE 240
lungh m
kg/m
A
6,1
30,7
B
6,1
30,7
sup. m²
6,65
6,65
13,30
n°
2
2
60,62
PROFILATI
63,687
0,0108
lungh m
2,15
kg/m
84,24
n°
4
1,68
2,94
1,68
1,68
1,68
2,66
12,32
51,36
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
6,1
1,09
B
6,1
1,09
SUP TOTALE
IPE 240
lungh m
kg/m
1,68 A
6,1
30,7
B
6,1
30,7
61,5
PROFILATI lungh m
kg/m
64,58
0,0108
2,15
84,24
sup. m²
32,44
15,37
15,37
1,68
2,94
1,68
1,68
1,68
2,66
12,32
52,26
sup. m²
6,65
6,65
13,30
n°
2
2
n°
4
PIANO 2°
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
9,01
3,16
B
4,27
3,16
B
4,27
3,16
APERTURE
1
0,8
2,1
SUP TOTALE
MURO IN CARTONGESSO
17,94
3,16
APERTURE
1
0,8
2,1
2
1,4
2,1
3
0,8
2,1
4
0,8
2,1
5
0,8
2,1
6
0,75
3,55
APERTURE TOT.
SUP TOTALE
PIANO 3°
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
9,95
4
B
4,27
2,85
B
4,27
2,85
APERTURE
1
0,8
2,1
2
0,8
2,1
SUP TOTALE
MURO IN CARTONGESSO
17,94
3,54
APERTURE
1
0,8
2,1
2
1,4
2,1
3
0,8
2,1
4
0,8
2,1
5
0,8
2,1
6
0,75
3,54
APERTURE TOT.
SUP TOTALE
MURATURA A DUE TESTE
MURO
lungh m altezza m
A
6,1
0,59
B
6,1
0,59
SUP TOTALE
IPE 240
lungh m
kg/m
1,68 A
6,1
30,7
B
6,1
30,7
53,78
PROFILATI lungh m
kg/m
56,6904
0,0108
2,15
84,24
sup. m²
28,47
13,49
13,49
sup. m²
3,60
3,60
7,20
n°
2
2
n°
4
1,68
2,94
1,68
1,68
1,68
2,66
12,32
44,37
MURATURA A DUE TESTE
MURO
SUPERFICIE N°
SUP
A
5,09
2
10,18
B
1,49
2
2,98
SUP TOTALE
13,16
IPE 140
lungh m
kg/m
n°
1,68 A
1,8
12,9
2
1,68 B
1,8
12,9
2
60,78
sup. m²
39,8
12,17
12,17
63,51
1,68
2,94
1,68
1,68
1,68
2,66
12,32
51,19
TOTALE METRI IPE 240
TOTALE METRI PROF
TOTALE METRI IPE 140
superfici totali
muratura a due teste m²
pareti in cartongesso m²
73,2
25,8
7,2
283,6
199,2
Tab 3.12 Analisi pareti interne edificio “A”
Le pareti interne sono di due tipologie diverse: muratura a due teste con intonaco e pareti in gesso
cartonato. Inoltre sono presenti profilati in acciaio.
PIANO TERRA
S1
material esez m³
ACCIAIO 0,0015
VETRO 0,008
S2
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S3
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S4
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S5
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S6
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S7
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S8
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S9
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
m³o m
9,1
2,6
kg
kg/m³
7800 106,47
2500
52
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
1,52
3,55
600 226,63
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
0,92
2,1
600 81,144
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
1,47
3,55
600 219,18
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
0,75
3,55
600 111,83
0,5
PIANO 1°
S1
material esez m³
ACCIAIO 0,0015
VETRO 0,008
S2
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S3
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S4
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S5
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S6
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S7
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S8
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
m³o m
9,1
2,6
kg
kg/m³
7800 106,47
2500
52
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
1,52
3,6
600 229,82
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
0,92
2,1
600 81,144
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
1,47
3,6
600 222,26
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,75
3,6
600
kg
113,4
0,5
PIANO 2°
S1
material esez m³
ACCIAIO 0,0015
VETRO 0,008
S2
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S3
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S4
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S5
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S6
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S7
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
S8
material esez m
LEGNO
0,07
ACCIAIO
m³o m
9,1
2,6
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
1,52
3,16
600 201,73
0,5
largh m lungh m kg/m³
kg
0,92
2,1
600 81,144
0,5
largh m lungh m kg/m³
1,47
3,16
600
kg
195,1
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,8
2,1
600
kg
70,56
0,5
largh m lungh m kg/m³
0,75
3,16
600
kg
99,54
0,5
kg acc
kg vetro
largh m lungh m kg/m³
kg
0,67
2,1
600 59,094
0,5
kg
kg/m³
7800 106,47
2500
52
vetro m²
kg/m³
52
2,94
17,69 kg/m³
PIANO 3°
S1
materi al esez m³ m³o m kg/m³
kg
ACCIAIO 0,0015
9,1
7800 106,47
VETRO 0,008
2,6
2500
52
S2
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
0,8
2,1
600
ACCIAIO
S3
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
1,52
3,54
600
ACCIAIO
S4
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
0,92
2,1
600
ACCIAIO
S5
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
1,47
3,54
600
ACCIAIO
S6
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
0,8
2,1
600
ACCIAIO
S7
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
0,8
2,1
600
ACCIAIO
S8
materi al esez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
0,75
3,54
600
ACCIAIO
106,47 kg legno tot
3405,9 kg acc
AREA PT
21,66
AREA P1
20,44
AREA P2
18,79
AREA P3
20,21
m² totali
36,21 kg/m³
81,09
42 kg/m³
kg
70,56
0,5
kg
225,99
0,5
kg
81,144
0,5
kg
218,56
0,5
kg
70,56
0,5
kg
70,56
0,5
kg
111,51
0,5
14,5
0,18
Tab 3.13 Analisi serramenti interni Edificio “A”
Anche nel computo dei serramenti interni è stata fatta un’analisi dettagliata al fine di fornire valori medi
dei materiali utilizzati in kg/m².
ASCENSORE PER 4 PERSONE 1,55m X 1,55m
lungh m
largh m altezza m
1,55
1,55
15,5
m³ tot
37,24
Tab 3.14 Analisi impianto ascensore Edificio “A”
I materiali che vengono impiegati per la realizzazione di un ascensore sono principalmente: la struttura in
C.A., i contrappesi in ghisa e la struttura in acciaio. Per determinare pesi attribuibili a m³ è stata svolta
una ricerca delle specifiche tecniche degli ascensori comuni aventi dimensioni simili e la stessa tipologia
di quelli del caso studio.
FALDA
area totale cop m
area m²
FN1
54,8
FE2
35,5
FS3
54,8
FO4
35,5
COMPONENTI IN LEGNO ORDITURA PRIMARIA
n°
m
n°
sez m²
kg/m³
1 0,0624
2,55
650
1
2 0,0624
3,05
650
1
3 0,0624
5,1
650
1
4 0,0624
3,1
650
4
5 0,0624
8,1
650
4
trave 26x24 sez m²
kg/m
0,0624
40,56
COMPONENTI IN LEGNO ORDITURA SECONDARIA
n°
m
n°
sez m²
kg/m³
1 0,0224
53,1
650
2
2 0,0224
36,5
650
2
travetto 16x14sez m²
kg/m
0,0224
14,56
COMPONENTI IN RAME
ELEMENTO
kg/m
m
PLUVIALI
1,77
52,16
TUBI P.
1,79
49,2
180,6
kg
103,43
123,71
206,86
502,94
1314,14
tot m
55,5
kg
1546,27
1062,88
tot m
179,2
kg
92,323
88,07
Tab 3.15Analisi copertura edificio “A”
Nell’analisi della copertura oltre alla superficie della stessa sono stati rilevati come componenti gli
elementi strutturali in legno e gli elementi in rame
.
3.2.5. Edificio “B”
Di seguito si presentano le piante, i particolari costruttivi ed il computo metrico dell’edificio “B”.
PARETE
PARETE NORD
LARGHEZZA ALTEZZA
SUP. PARETE SUP. APER. SUP MURO
11,5
10,86
124,89
10,41
114
ALTEZZA
LARGHEZZA N. FORI
TOTALE
APERTURE PT
2,1
1,61
1
3,38
APERTURE P1
2,41
1,61
1
3,88
APERTURE P2
2,35
1,34
1
3,149
10
PARETE
LARGHEZZA ALTEZZA
SUP. PARETE SUP. APER. SUP MURO
PARETE SUD
11,5
10,86
124,89
15,32
110
ALTEZZA
LARGHEZZA N. FORI
TOTALE
APERTURE PT
1,65
0,9
2
2,97
2,49
1,2
1
2,99
APERTURE P1
1,84
0,9
2
3,31
2,7
1,34
1
3,62
APERTURE P2
0,9
0,9
3
2,43
15
PARETE
LARGHEZZA ALTEZZA
SUP. PARETE SUP. APER. SUP MURO
PARETE EST
11,35
10,86
123,26
23,59
100
ALTEZZA
LARGHEZZA N. FORI
TOTALE
APERTURE PT
1,65
0,9
3
4,46
3,22
2,88
1
9,27
APERTURE P1
1,84
0,9
4
6,62
APERTURE P2
0,9
0,9
4
3,24
24
PARETE
LARGHEZZA ALTEZZA
SUP. PARETE SUP. APER. SUP MURO
PARETE OVEST
11,35
10,86
123,26
19,64
104
ALTEZZA
LARGHEZZA N. FORI
TOTALE
APERTURE PT
1,65
0,9
2
2,97
3,22
2,88
1
9,27
APERTURE P1
1,84
0,9
3
4,97
APERTURE P2
0,9
0,9
3
2,43
20
SUPERFICIE TOTALE DELLE APERTURE
69
Tab 3.16 Analisi pareti perimetrali Edificio “B”
Le superfici delle pareti esterne sono state calcolate in modo distinto in base all’orientamento delle
facciate ed al netto delle superfici delle aperture.
PARETE NORD
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
PARETE SUD
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
PARETE EST
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
PARETE OVEST
APERTURE PT
APERTURE P1
APERTURE P2
somme totali
valori medi/m²
kg/m²
altezza m
larghezza m
0
0
0
0
2,35
1,34
altezza m larghezza m
1,6
0,9
1,84
0,9
2,7
1,34
0,9
0,9
altezza m larghezza m
1,6
0,9
1,84
0,9
0,9
0,9
altezza m larghezza m
1,6
0,9
1,84
0,9
0,9
0,9
n° fori
legno m³
0
0
1
n° fori
2
2
1
3
n° fori
3
4
4
n° fori
2
3
3
0
0
0,0859
legno m³
0,1225
0,1333
0,0961
0,1363
legno m³
0,1837
0,2667
0,1817
legno m³
0,1225
0,2000
0,1363
1,6649
0,0418
25,06
acciaio Kg
0
0
0
0
0,0457
0,7
vetro m³ acciaio Kg
0,0528
1,4
0,0609
1,4
0,0661
0,7
0,0437
2,1
vetro m³ acciaio Kg
0,0792
2,1
0,1218
2,8
0,0582
2,8
vetro m³ acciaio Kg
0,0528
1,4
0,0914
2,1
0,0437
2,1
0,7162
19,6
0,0180
44,91
0,4506
vetro m³
marmo m³
0
0
0,0328
marmo m³
0,048
0,048
0,0328
0,072
marmo m³
0,072
0,096
0,096
marmo m³
0,048
0,072
0,072
0,6896
0,0173
43,32
sup.m²
0
0
3,15
sup.m²
2,88
3,31
3,62
2,43
sup.m²
4,32
6,62
3,24
sup.m²
2,88
4,97
2,43
39,87
Tab 3.17 Analisi serramenti esterni Edificio “B”
Per l’analisi dei serramenti esterni è stato svolto un computo metrico dettagliato di tutti gli elementi al fine
di poter attribuire i valori medi in kg/m² dei principali materiali utilizzati.
sterro piano interrato area m² altezza m
72,3
2,9
FONDAZIONE
ML
35,6
2
STERRO PARZIALE
38,2
0,5
STERRO TOTALE
ghiaia di riporto
area m² altezza m
38,2
0,5
m³
19,1
muro p int area m² altezza m sup lor m²
45
3
135
APERTURE altezza m larghezza mSUP
0,9
0,7
0,63
0,9
0,7
0,63
2,1
0,9
1,89
2,1
0,9
1,89
2,1
1,5
3,15
kg tot
SUP TOT
8,19
kg/m³
2050 39155
126,81
sup tot m²
m³
209,67
71,2
19,1
299,97
Tab 3.18 Analisi sterro e fondazioni Edificio “B”
In questo caso si sino determinati il volume di sterro totale, i kg di ghiaia di riporto e la superficie netta
del muro del piano interrato.
SOLAI
PIANO INTERRATO
PIANO TERRA
SOLAIO PT L A
SOLAIO PT L B
SOLAIO PT CLS
PIANO PRIMO
SOLAIO P1 A
SOLAIO P1 B
PIANO SECONDO
SOLAIO P2 A
SOLAIO P2 B
COMPONENTI
TERRAZZO
MARMO TERRAZZO
RINGHIERA ACCIAIO
m²
47
74
30,9
5,1
38
104,6
99,5
5,1
104,6
99,5
5,1
m³
0,122
3,55
kg tot
305
52,82
kg/m³
2500
14,88
Tab 3.19 Analisi solai Edificio “B”
Nella tabella sono state riportate le superfici totali dei solai ed i dati relativi al terrazzo che sono stati
catalogati come componenti.
AREA SCALE VISTE IN PIANTA
PIANO INTERRATO
PIANO TERRA
PIANO PRIMO
TOTALE
m²
7,9
8
7
22,9
Tab 3.20 Analisi scale Edificio “B”
Si è calcolata solo l’area delle scale da inserire nel programma con i parametri definiti per le scale
dell’edificio “A”.
PIANO TERRA
MURO
lungh m altezza m
MURO DA 15CM
3,9
3,77
MURO PORTANTE 1
MURO PORTANTE 2
MURO DA 15CM
5,92
3,77
PARZIALE MURO 15 CM
PIANO PRIMO
MURO
lungh m altezza m
MURO DA 15CM
3,9
3,54
MURO PORTANTE 1
MURO PORTANTE 2
MURO DA 15CM
5,92
3,54
PARZIALE MURO 15 CM
PIANO SECONDO
MURO
lungh m altezza m
MURO DA 15CM
3,9
3,52
MURO PORTANTE 1
MURO PORTANTE 2
MURO DA 15CM
PARZIALE MURO 15 CM
MURO PORTANTE TOT
MURO DA 15 TOT
sup. m² IPE 240
14,70 A
14,64 B
15,19
20,43
35,13
lungh m
4,8
4,8
kg/m
30,7
30,7
n°
2
2
sup. m²
13,81
17,58
18,13
19,07
32,87
IPE 240
lungh m
kg/m
n°
A
7,7
30,7
B
7,7
30,7
PROFILATI LUNG.
KG/M
N°
0,0108
2,12
84,24
sup. m²
13,73
19,4
19,95
18,74
32,47
112,99
100,48
IPE 240
lungh m
kg/m
n°
A
7,7
30,7
2
B
7,7
30,7
2
PROFILATI LUNG.
KG/M
N°
0,0108
2,12
84,24
2
ELEMENTO
m
n°
m tot
IPE 240
40,4
2
80,8
PROFILATO
4,24
2
8,48
2
2
2
Tab 3.21 Analisi pareti interne Edificio “B”
Le pareti interne sono di due tipologie diverse: muratura a due teste e pareti in gesso cartonato. Inoltre
sono presenti profilati in acciaio.
PIANO TERRA
SERRAMENTI INTERNI
S1
materiale sez m largh m lungh m kg/m³
LEGNO
0,07
0,9
2,1
600
ACCIAIO
SERRAMENTO IN LEGNO
area m²
1,89
kg /m²
42
kg acc
0,26455
sup tot m²
5,67
lungh m largh m
n°
m²
SUP 1
2,26
1,98
4 17,8992
SUP 2
2,52
1,98
1 4,9896
SUP 3
2,52
2,96
1 7,4592
sup tot m²
30,35
ACC TOT
925,24 kg /m²
30,49
VETRO TOT
535,42 kg /m²
17,64
PIANO 1°
SERRAMENTI INTERNI
S1
kg
materiale sez m largh m lungh m
79,38 LEGNO
0,07
0,9
2,1
0,5 ACCIAIO
S2A
materiale sez m³
m³o m
ACCIAIO
0,0015
12,44
VETRO
0,008
4,16
S2B
materiale sez m³
m³o m
ACCIAIO
0,0015
12,96
VETRO
0,008
4,65
S2C
materiale sez m³
m³o m
ACCIAIO
0,0015
12,44
VETRO
0,008
4,16
kg/m³
600
kg
79,38
0,5
kg/m³
7800
2500
kg
145,55
83,16
kg/m³
7800
2500
kg
151,63
93,06
kg/m³
7800
2500
kg
145,55
83,16
PIANO 2°
SERRAMENTI INTERNI
S1
materiale sez m largh m lungh m
LEGNO
0,07
0,9
2,1
ACCIAIO
S2A
materiale sez m³
m³o m
ACCIAIO
0,0015
12,44
VETRO
0,008
4,16
S2B
materiale sez m³
m³o m
ACCIAIO
0,0015
16,36
VETRO
0,008
5,49
S2C
materiale sez m³
m³o m
ACCIAIO
0,0015
12,44
VETRO
0,008
4,158
kg/m³
600
kg
79,38
0,5
kg/m³
7800
2500
kg
145,55
83,16
kg/m³
7800
2500
kg
191,41
109,72
kg/m³
7800
2500
kg
145,55
83,16
Tab 3.22 Analisi serramenti interni Edificio “B”
Anche nel computo dei serramenti interni è stata fatta un’analisi dettagliata al fine di fornire i dati dei
materiali da utilizzare in kg/m².
ASCENSORE PER 4 PERSONE 1,4X1,5
m³
MATERIALE
ACCIAIO
CLS
9,326
GHISA PER CONTRAPPESO
kg/m³
2500
kg
300
23315
400
lungh m
1,4
largh m altezza m vol. vano interno m³
1,5
13,7
28,77
kg/m³ C.A.
810,39
kg/m³ acc
10,43
kg/m³ ghisa
13,90
Tab 3.23 Analisi impianto ascensore Edificio “B”
I materiali che vengono impiegati per la realizzazione di un ascensore sono principalmente: la struttura in
C.A., i contrappesi in ghisa e la struttura in acciaio. Per determinare pesi attribuibili a m³ è stata svolta
una ricerca delle specifiche tecniche degli ascensori comuni aventi dimensioni simili e la stessa tipologia
di quelli del caso studio.
area m²
FALDA
area tot m² COMPONENTI IN LEGNO ORDITURA SECONDARIA
FN1
38,6
153,3 n°
m
n°
sez m²
kg/m³
FE2
38,1
1
0,0225
32,3
650
2
FS3
38,6
2
0,0225
31,5
650
2
FO4
38,1
3
0,0225
3
650
6
COMPONENTI IN LEGNO ORDITURA PRIMARIA
travetto 16 x 14
tot m
n°
0,0224
14,56
145,6
m
n°
sez m²
kg/m³
1
0,0624
3,8
650
4
2
0,0624
8,38
650
4
3
0,0624
5,97
650
2
4
0,027
13,6
650
1
trave 26 x 24 sez m²
COMPONENTI IN RAME
kg/m
tot m
0,0624
40,56
60,66 ELEMENTO
kg/m
m
kg
trave 18 x 15 sez m²
PLUVIALI
1,77
45,8
81,07
kg/m
tot m
0,027
17,55
13,6 TUBI P.
1,79
42,4
75,90
Tab 3.24 Analisi copertura Edificio “B”
Nell’analisi della copertura oltre alla superficie della stessa sono stati rilevati come componenti gli
elementi strutturali in legno e gli elementi in rame.
PORTICO
COLONNE
mat
MARMO
MURO DA 54 cm
SERRAMENTI
PANNELLI IN LEGNO CON NIDO D'APE
mat
m³
kg/m³
LEGNO
0,05175
650
NIDO D'APE 0,04242
110
sez m²
altezza m
0,1256
3,78
2,04
3,78
n°
n°
4
NIDO D'APELEGNO
kg
4
134,55
4
18,66
153,21
FIN OVEST
LEGNO
VETRO
FIN SUD LAT
LEGNO
VETRO
FIN SUD LAT
LEGNO
VETRO
FIN SUD LAT
LEGNO
VETRO
SOLAIO
PACCHETTO COSTRUTTIVO
TAV. LARICE 4 cm
CELENIT N 50 mm
MEMBRANA imp
LEGNO IND 2,2 cm
TRAVI IN LARICE
m³
1,8991
650
2500
2
2
102,18
488,13
0,0825
0,1096
650
2500
2
2
107,25
548,00
0,0439
0,0390
650
2500
2
2
57,07
194,95
0,081
0,1050
650
2500
1
1
52,65
262,49
31,2
FIN EST
FIN SUD
FIN SUD
area m²
0,33936
600
203,62
vol tot m³
kg/m³
kg
FIN OVEST
0,0786
0,0976
kg/m³ kg
2500 4747,68
sup tot
7,71
mat
LEGNO
VETRO
mat
LEGNO
VETRO
mat
LEGNO
VETRO
mat
LEGNO
VETRO
m³
0,1046
0,0938
m³
0,1046
0,0938
m³
0,11
0,1058
m³
0,108
0,1013
kg/m³
650
2500
kg/m³
650
2500
kg/m³
650
2500
kg/m³
650
2500
n°
1
1
n°
1
1
n°
2
2
n°
1
1
kg
67,99
234,53
kg
67,99
234,53
kg
143
528,79
kg
70,2
253,33
legno kg tot
vetro kg tot
m
m²
0,57
n°
0,08
17
largh m
2,2
alt m
3,03
sup.m²
6,67
largh m
2,2
alt m
3,03
sup.m²
6,67
largh m
2,47
alt m
3,03
sup.m²
14,97
largh m
2,37
alt m
3,03
sup.m²
7,18
349,18
1251,17
sup.m²
kg/m²
kg/m²
35,48
9,84
35,26
m³
0,7752
Tab 3.25 Analisi portico Edificio “B”
Tutti gli elementi relativi al portico sono stati analizzati separatamente in uno stesso foglio excel.
3.2.6. Edificio “C”
Di seguito si presentano le piante, i particolari costruttivi ed il computo metrico dell’edificio “C”.
PAR.NORD larghezza m altezza m sup.par. m²s up. aper. m²sup . muro m² PAR. OVESTlarghezza m altezza m sup.par. m²s up. aper. m²sup . muro m²
6,7
6,2
38,99
9,0744
29,92
22,6
6,2
133,82
19,91
113,91
altezza m larghezza m n° fori
altezza m larghezza m n° fori
totale m²
totale m²
APER. PT
3,1
1,28
1
3,97 APER. PT
1,32
1,04
1
1,37
APER. P1
3,13
1,28
1
4,01
0,38
0,93
1
0,35
2
0,55
1
1,1
0,85
0,54
1
0,46
9,07
0,45
0,42
1
0,19
PAR. SUD larghezza m altezza m sup.par. m²s up. aper. m²sup . muro m²
1,93
1,07
1
2,07
12,1
6,2
65,74
17,9875
47,75
1,79
0,5
1
0,90
0,86
0,75
1
0,65
altezza m larghezza m n° fori
totale m²
APER. PT
1,65
3,33
1
5,49
0,52
0,57
1
0,30
2,45
1,34
1
3,28
0,92
1,26
1
1,16
APER. P1
1,8
3,33
1
5,99
0,45
0,59
1
0,27
2,4
1,34
1
3,22
0,86
0,83
1
0,71
17,99 APER. P1
0,66
0,59
1
0,39
PAR. EST larghezza m altezza m sup.par. m²s up. aper. m²sup . muro m²
2,24
0,74
1
1,66
16,9
6,2
104,78
61,9259
42,85
0,52
0,58
1
0,30
1,31
0,52
1
0,68
altezza m larghezza m n° fori
totale m²
APER. PT
2,45
1,34
1
3,28
0,42
0,7
1
0,29
2,45
1,35
2
6,62
0,87
0,8
1
0,70
2,3
1,35
2
6,21
1,2
1,05
1
1,26
1,65
1,35
5
11,14
0,54
0,9
1
0,49
3,1
1,28
1
3,97
0,57
0,52
1
0,30
APER. P1
2,4
1,34
1
3,22
1,67
0,74
1
1,24
2,4
1,35
2
6,48
1,26
1,23
1
1,55
1,8
1,35
7
17,01
0,59
0,29
1
0,17
3,13
1,28
1
4,01
1,83
0,55
1
1,01
61,93
0,52
0,8
1
0,42
0,52
0,8
1
0,42
0,9
0,45
1
0,64
19,91
COMPO.
largh. m
alt. m
m
n°
kg
kg sez
m
m³
kg/m³
m² sez
PIL. OVEST
0,15
0,6
6,6
13
7,722
650
5019,3
0,09
58,5
85,8
PIL. SUD EST
0,15
0,25
6,6
15
3,7125
650 2413,125
0,0375
24,375
99
PIL. NORD
0,15
0,25
3,3
2
0,2475
650
160,875
0,0375
24,375
6,6
m tot 0,25x0,15
105,6
Tab 3.26 Analisi pareti esterne Edificio “C”
Le superfici delle pareti esterne sono state calcolate in modo distinto in base all’orientamento delle
facciate ed al netto delle superfici delle aperture.
PAR. NORD altezza mlarghezza m
APER. PT
3,1
1,28
APER. P1
3,13
1,28
2
0,55
PAR. SUD altezza mlarghezza m
APER. PT
1,65
3,33
2,45
1,34
APER. P1
1,8
3,33
2,4
1,34
FINESTRE COLLEGAMENTO SUD
altezza mlarghezza m
APER. PT
3,1
1,26
3,1
1,28
APER. P1
3,28
1,26
3,28
1,28
PAR. EST altezza mlarghezza m
APER. PT
2,45
1,34
2,45
1,35
2,3
1,35
1,65
1,35
3,1
1,28
APER. P1
2,4
1,34
2,4
1,35
1,8
1,35
3,13
1,28
n° fori
1
1
1
n° fori
1
1
1
1
n° fori
1
1
1
1
n° fori
1
2
2
5
1
1
2
7
1
somme totali
valori medi/m²
kg/m²
COMPONENTI
LEGNO BRISE SOLEIL
TOT LEGNO KG/MQ
m³/m²
m²
65,729
0,02
m²
legno m³ vetro m³ acc Kg fibrol m³ legno m³ PAR. OVESTaltezza mlarghezza m n° fori
3,97 0,1017 0,0628
0,70 0,1649 0,1099 APER. PT
1,32
1,04
1
4,01 0,1024 0,0634
0,70 0,1660 0,1106
0,38
0,93
1
1,10 0,0869 0,0126
5,85 0,0990 0,0660
0,85
0,54
1
0,45
0,42
1
m²
legno m³ vetro m³ acc Kg fibrol m³ legno m³
5,49 0,1264 0,0589
31,87 0,1865 0,1243
1,93
1,07
1
3,28 0,0755 0,0341
13,24 0,1436 0,0958
1,79
0,5
1
5,99 0,1379 0,0647
31,87 0,1919 0,1279
0,86
0,75
1
3,22 0,0740 0,0334
13,24 0,1418 0,0946
0,52
0,57
1
0,92
1,26
1
0,45
0,59
1
m²
legno m³ vetro m³ acc Kg fibrol m³ legno m³
3,91 0,0898 0,0408
12,49 0,1642 0,1094
0,86
0,83
1
3,97 0,0913 0,0415
12,68 0,1649 0,1099
3
1,56
1
4,13 0,0951 0,0432
12,49 0,1706 0,1138
3
2,1
1
4,20 0,0966 0,0440
12,68 0,1714 0,1142 APER. P1
0,66
0,59
1
2,24
0,74
1
m²
legno m³ vetro m³ acc Kg fibrol m³ legno m³
3,28 0,0755 0,0341
13,24 0,1436 0,0958
0,52
0,58
1
6,62 0,1521 0,0688
14,04 0,1440 0,0960
1,31
0,52
1
6,21 0,1428 0,0644
14,04 0,1143 0,0762
0,42
0,7
1
11,14 0,2562 0,1129
16,14 0,1152 0,0768
0,87
0,8
1
3,97 0,0913 0,0415
12,68 0,1649 0,1099
1,2
1,05
1
3,22 0,0740 0,0334
13,24 0,1418 0,0946
0,54
0,9
1
6,48 0,1490 0,0673
14,04 0,1422 0,0948
0,57
0,52
1
17,01 0,3912 0,1736
17,54 0,1206 0,0804
1,67
0,74
1
4,01 0,0921 0,0419
12,68 0,1660 0,1106
1,26
1,23
1
0,59
0,29
1
105,19
2,50
1,14 275,45
3,02
2,01
1,83
0,55
1
1626,08 2843,00
724,16 1307,51
0,52
0,8
1
27,89
27,03
2,62
6,88
0,52
0,8
1
0,9
0,45
1
m³ tot
1,3146
kg/m³ kg tot
600 788,75
12
somme totali
valori medi/m²
kg/m²
m²
legno m³ vetro m³ acc Kg fibrol m³ legno m³
1,37 0,0807 0,0159
10,43 0,0922 0,0614
0,35 0,0462 0,0039
9,40 0,0544 0,0362
0,46 0,0489 0,0052
5,75 0,0572 0,0382
0,19 0,0318 0,0021
4,63 0,0385 0,0257
2,07 0,1017 0,0241
10,72 0,1152 0,0768
0,90 0,0784 0,0102
5,38 0,0896 0,0598
0,65 0,0561 0,0074
7,72 0,0652 0,0434
0,30 0,0390 0,0033
6,04 0,0464 0,0310
1,16 0,0748 0,0134
12,49 0,0857 0,0571
0,27 0,0374 0,0029
6,22 0,0446 0,0298
0,71 0,0587 0,0082
8,47 0,0680 0,0454
4,68 0,1528 0,0551
15,30
6,30 0,1706 0,0744
20,36
0,39 0,0443 0,0044
6,22 0,0522 0,0348
1,66 0,1010 0,0192
7,63 0,1145 0,0763
0,30 0,0394 0,0034
6,13 0,0468 0,0312
0,68 0,0633 0,0077
5,57 0,0731 0,0487
0,29 0,0400 0,0033
7,25 0,0475 0,0317
0,70 0,0581 0,0080
8,19 0,0673 0,0449
1,26 0,0771 0,0146
10,53 0,0882 0,0588
0,49 0,0505 0,0055
9,12 0,0590 0,0394
0,30 0,0390 0,0033
5,57 0,0464 0,0310
1,24 0,0823 0,0143
7,63 0,0940 0,0626
1,55 0,0850 0,0180
12,21 0,0968 0,0646
0,17 0,0321 0,0018
3,41 0,0389 0,0259
1,01 0,0813 0,0115
5,85 0,0929 0,0619
0,42 0,0466 0,0047
8,19 0,0547 0,0365
0,42 0,0466 0,0047
8,19 0,0547 0,0365
0,64 0,0484 0,0083
4,91 0,0558 0,0372
30,89
Tab 3.27 Analisi serramenti esterni Edificio “C”
1,91
1242,87
66,05
0,36
896,28
29,02
239,51
7,75
1,84
441,59
14,30
1,23
797,32
Per l’analisi dei serramenti esterni è stato svolto un computo metrico dettagliato di tutti gli elementi al fine
di poter attribuire i valori medi in kg/m² dei principali materiali utilizzati.
SOLAI
m²
PIANO TERRA
192,8
PIANO PRIMO
COMPONENTI
TRAVI
TRAVETTI
194,5
larg sez m²alt sez m²
m
n°
m³
kg/m³
kg
sez m²
kg sez
0,15
0,6
285,1
2
51,32
650 33356,7
0,09
58,5
0,075
0,15
648,2
2
14,58
650 9479,93
0,01
7,3
Tab 3.28 Analisi solai Edificio “C”
In questa tabella sono state riportate le superfici totali dei solai ed i dati relativi ad elementi in legno che,
non essendo distribuiti uniformemente nei solai, sono stati catalogati come componenti.
PIANO TERRA
PARETE
lungh m
altezza m
PARETE 95mm
38,1
3,27
altezza m larghezza m
porte
2,1
0,9
2,1
0,8
2,1
0,7
composizione parete
pannello strutturale klh 5s 95mm
PIANO PRIMO
PARETE
lungh m
altezza m
PARETE 95mm
38,1
3,27
altezza m larghezza m
porte
2,1
0,9
2,1
0,7
composizione parete
pannello strutturale klh 5s 95mm
SUP. PORTE SUP. MURO
sup. m²
124,587
9,45
115,137
TOTALE
n°fori
1
1,89
1
1,68
4
5,88
9,45
sup. m²
sup. porte m² sup. muro m²
124,587
13,86
110,727
n°fori
TOTALE
5
9,45
3
4,41
13,86
sup tot m²
225,86
Tab 3.29 Analisi pareti interne Edificio “C”
Le pareti interne sono costituite dai pannelli KLH in legno multistrato a strati incrociati.
PIANO T.
porte
alt m
largh m
2,1
0,9
2,1
0,8
2,1
0,7
vetrata materiale
alt m
apertura
3
acciaio
15
vetro
2,92
PIANI 1°
alt m
largh m
porte
2,1
0,9
2,1
0,7
VALORI TOTALI PORTE
kg/m²
spess m N. FORI
kg legno kg acciaio
kg/m³
0,07
1
600
79,38
0,7
0,07
1
600
70,56
0,7
0,07
4
600
246,96
2,8
largh m spess m sezione m² kg/m³
kg
3,6
7,2
0,0012
7800
207,79 KG/MQ
3,4
0,012
2500
297,84 KG/MQ
spess m N. FORI
kg legno kg acciaio
kg/m³
0,07
5
600
396,9
3,5
0,07
3
600
185,22
2,1
979,02
9,8 SUP TOT
42
0,4204
sup m²
1,89
1,68
5,88
sup m²
10,8
19,24
27,58
sup m²
9,45
4,41
23,31
Tab 3.30 Analisi serramenti interni Edificio “C”
Anche nel computo dei serramenti interni è stata fatta un’analisi dettagliata al fine di fornire i dati dei
materiali utilizzati in kg/m².
COPERTURA
SOLAIO COPERTURA
COMPONENTI
EL IN LEGNO
LEGNO LINEARE
LAMIERA
COMPONENTI IN RAME
PLUVIALI
TUBI P.
m³
0,05
0,18
0,005
m²
194,5
n° o m vol tot m³
64
3,2
63,4
11,412
63,4
0,317
kg/m³
650
650
7800
kg/m
1,77
1,79
kg/m
117
39
m
60,1
37,2
kg tot
2080
7417,8
2472,6
kg tot
106,377
66,588
Tab 3.31 Analisi copertura Edificio “C”
Nell’analisi della copertura oltre alla superficie della stessa sono stati rilevati come componenti elementi
in legno, in lamiera ed i pluviali in rame.
3.2.7. Piano interrato “I”
Di seguito si presentano le piante, i particolari costruttivi ed il computo metrico del piano interrato “I”.
a
secco
sup tot m²
m
altezza m
1095,6
182,6
6
177,25
46,4
3,82
499,85
136,2
3,67
uso tubo OPPO con diametro est. 219,1mm
e spessore 4mm peso 21,20 Kg/ml.
Inserendo 4 tubi per ml 21,2 x 4 = 84,8 Kg/mq
ELEMENTO
palificata
muratura A
muratura B
tubi palificata:
Tab 3.32 Analisi pareti perimetrali “I”
Si sino calcolate separatamente le superfici inerenti alla micro palificata e le due murature perimetrali
aventi altezze diverse.
finestre
zona A
apertura 1
zona B
apertura 1
m² totali
kg totali
kg/m²
ALTEZZA m LARGHEZZA m
1
1,7
ALTEZZA m LARGHEZZA m
1
1,7
3,4
N°
1
N°
1
LEGNO m³
0,0669
LEGNO m³
0,0669
0,1339
87,01
25,59
VETRO m³ ACCIAIO Kg MARMO m³
0,0200
0,7
0,02
VETRO m³ ACCIAIO Kg MARMO m³
0,0200
0,7
0,06
0,0401
1,4
0,07
100,22
175
29,48
0,41
51,47
Tab 3.33 Analisi serramenti esterni interrato “I”
Per l’analisi dei serramenti esterni è stato svolto il computo metrico dei due elementi al fine di poter
attribuire i valori medi in kg/m² dei materiali utilizzati.
m³
2817,8
area m²
722,4
m²
altezza m
3,1
875,8
vol m³
2239,4
153,4
3,77
578,3
VOLUME STERRO
area totale
scavo
Tab 3.34 Analisi sterro interrato “I”
In questo caso si sino determinati il volume di sterro totale.
solaio piano interrato
area
SOLAIO A
SOLAIO B
SOLAIO B PAV
composizione
massetto
soletta
memb imp
magrone
m²
876
145
609
122
cm
20
55
0,3
10
Tab 3.35 Analisi solaio piano interrato “I”
Nella tabella sono state riportate le superfici totali dei tre tipi di solaio solai e la composizione del solaio
“B” maggiormente impiegato.
scala
nord
sud
ovest
mat
C.A.
C.A.
C.A.
area m²
1,1
1,8
1,4
largh m
m³
1
1
1
tot m³ cls
tot kg cls
CORRIMANO IN ACCIAIO
MATERIALE kg/m
m
ACCIAIO
14,88
21,5
kg tot
319,92
area m²
5,1
11
5,4
1,1
1,8
1,4
4,30 tot area
10750,00
C.A. kg/m²
acc kg/m²
Tab 3.36 Analisi scale piano interrati “I”
21,5
500
14,88
Nell’analisi dell’elemento “scale” si sono calcolati i pesi dei materiali utilizzati da suddividere in seguito
per la superficie totale delle scale.
PIANO INT
MURATURE A
muro 10
muro 25
muro 30
MURATURE B
muro 10
muro 15
muro 20
muro 25
muro 30
componenti mat
pilastri
C.A
lungh m altezza m
9,5
3,1
17,6
3,1
4
3,1
lungh m altezza m
10,5
2,6
33,1
2,6
35,7
2,6
28,3
2,6
38,6
2,6
sez m² altezza m
0,07
2,3
n°
6
A1
1,68
1,68
A2
A3
A4
A1
1,68
1,68
1,68
2,52
1,68
tot
0,97
A2
1,68
1,68
A3
1,68
1,68
kg/m³
2500
1,68
kg
2415
1,7
3,36
SUP m²
26,1
49,5
12,4
A4
SUP m² sup tot m²
1,68
20,6
46,7
82,7
82,7
91,1
91,1
71,1
120,6
1,7
93,6
106,0
Tab 3.37 Analisi pareti interne piano interrato “I”
Le pareti interne, pur avendo spessori diversi, sono realizzate in gesso cartonato oppure in C.A.
ZONA A
REI
P1
NO
P2
NO
P3
SI
ZONA B
REI
P4
NO
P5
SI
P6
SI
PORTE ACCIAIO
larg m lung m spess m
1,6
2,1
0,8
2,1
0,8
2,1
0,04
larg m lung m spess m
0,8
2,1
0,8
2,1
0,04
1,2
2,1
0,04
13,44
area m²
PORTE REI 120
area m²
14,28
N°
m³ acc kg/m³ acc
0,0134
7800
0,0067
7800
0,0072
7800
N°
m³ acc kg/m³ acc
5 0,0336
7800
6 0,0431
7800
1 0,0106
7800
kg tot
kg/m²
kg tot
kg/m²
1
1
1
kg acc
104,83
52,42
56,04
kg acc
262,08
336,21
82,74
419,33
31,2
474,99
33,26
m³ fdr
kg/m³ fdr
0,0672
150
m³ fdr kg/m³ fdr
0,4032
0,1008
150
150
kg/m²
kg fdr
10,08
kg fdr
60,48
15,12
85,68
6
Tab 3.38 Analisi serramenti interni piano interrato “I”
Nel computo dei serramenti interni è stata fatta un’analisi dettagliata, considerando anche la lana di
roccia all’interno delle porte REI 120, al fine di fornire i dati dei materiali utilizzati in kg/m².
TIPO DI SOLAIO
SUP TOT.
SUP RAMPA
SUP.REALE
sup. predalles
sup. vetrata
sup. grigliata
m²
876
23
853
430
32
31
TIPO DI SOLAIO
sup. vani scala
sup. C.A.
m²
18
342
SUP SOL NUOVO
SUP ED C
SUP INT NUOVO
772
192,8
579,2
Tab 3.39 Analisi solaio di copertura del piano interrato “I”
Dopo aver calcolato la superficie del solaio è stata scorporata l’area che è già stata analizzata come
solaio del piano terra dell’edificio “C”.
3.2.8. Dati ottenuti con l’ausilio del programma di calcolo
Fig.3.4
Dalla Fig.3.4 si vede l’energia primaria necessaria per la realizzazione dei materiali che sono stati
utilizzati per realizzare l’intero complesso edilizio. Per rendere l’analisi più dettagliata l’energia primaria
viene “scomposta” in energia termica ed energia elettrica utilizzate nel processo produttivo. Si noti che a
parità di peso (1 kg) l’alluminio è il materiale più “energivoro” da realizzare, a causa dell’ampio utilizzo di
energia elettrica (caratterizzata da un rendimento di conversione ( =50%), seguito dai materiali isolanti
di origine sintetica. Tuttavia questo grafico, interessante per capire l’energia richiesta per i processi
produttivi dei singoli materiali, non è molto efficace nel caso in cui si cerchi di fare un paragone tra
materiali specifici come ad esempio i materiali strutturali oppure i materiali isolanti in quanto non sono
state definite le unità funzionali.
Fig.3.5
In questo caso l’obiettivo era di confrontare l’EE dei materiali isolanti principali e si è reso necessario
stabilire l’unità funzionale definendo la resistenza termica pari ad 1 m²K/W. Nel grafico compaiono
anche materiali con funzione non isolante che sono stati inseriti a scopo indicativo come il calcestruzzo,
il mattone ed il cartongesso.
I materiali meno dispendiosi energicamente a parità di resistenza termica sono rispettivamente la lana di
roccia, il polistirene il poliuretano ed l'EPS. Per determinare quale sia il materiale più vantaggioso, però è
necessario determinare la durata dei singoli materiali ed il possibile riciclo a fine vita. Un altro aspetto da
non trascurare sono le caratteristiche dei vari prodotti (ad esempio il grado di permeabilità o
l’impermeabilità, la resistenza meccanica, il peso specifico, ecc.), la modalità di impiego del prodotto e
soprattutto il metodo di fissaggio/ancoraggio del prodotto.
Fig.3.6
Nella
Fig.3.6 si riportano i valori inerenti all’energia primaria, all’energia termica e all’energia elettrica
necessaria per realizzare 1 m² di solaio. Inoltre è stato inserito il rapporto tra energia spesa per la
realizzazione del pacchetto costruttivo e la resistenza termica. Si noti che i solai dell’edificio “C”, pur
essendo i più “energivori”, offrono anche un buon rapporto tra energia spesa e resistenza termica
mentre i solai del piano interrato e del piano terra dell’edificio “B”, pur utilizzando molta energia, non
garantiscono una proporzionale resistenza termica.
Dalla Fig.3.7 si nota che le pareti perimetrali sono le più energivore ma chiaramente offrono resistenze
termiche migliori rispetto alle pareti interne, inoltre l’edificio “C” utilizzando pannelli costruttivi in legno
risulta meno costoso nella fase iniziale sia nelle pareti perimetrali sia nelle pareti interne.
Fig.3.7
Fig.3.8
In questo caso si sono analizzati tutti i pacchetti costruttivi degli edifici studiati focalizzando l’attenzione
sull’Embodied Energy primaria e sull’energia consumata in 30 anni di gestione. Si noti l’apporto
energetico generato dalle finestre e la differenza tra l’energia necessaria per produrre l’impianto
fotovoltaico e quella prodotta dallo stesso in fase operativa. Il maggior consumo di energia proviene
dalle pareti perimetrali, dalle coperture e chiaramente dal sistema di riscaldamento e di ventilazione.
Fig.3.9
Fig.3.10
Nella Fig.3.10 si è cercato di focalizzare l’attenzione sui costi energetici sostenuti separatamente dei tre
edifici, dell’interrato dell’impianto di riscaldamento e di ventilazione e dell’impianto fotovoltaico. Nella
Fig.3.11, invece, è stata svolta un’analisi simile però considerando l’energia per m³ di costruzione per
cercare di capire effettivamente quale sistema costruttivo sia più interessante dal punto di vista
energetico ed è emerso che, dall’analisi LCA condotta, i due edifici “massivi””A” e “B”hanno un costo
iniziale sostanzialmente comparabile all’edificio “leggero” “C”che però risulta molto più interessante dal
punto di vista dell’energia operativa richiesta. In questo caso studio il piano interrato”I”realizzato
prevalentemente in C.A. è stato penalizzato dall’utilizzo di un solaio del piano interrato costituito da uno
spessore di circa 70 cm di calcestruzzo e dalla realizzazione di una micro palificazione lungo tutto il
perimetro che va ad aumentare consistentemente il costo dell’energia grigia iniziale della struttura.
Fig.3.11
TOTAL (w/ I)…
En_Cons_Primary
0
-44
-2000
-92
-4000
-140
-6000
-137,3 -(5740,9)
-188
-8000
-236
-10000
-284
-12000
-332
-14000
-380
Primary Energy (ref.: 30 years) [GJ]
Primary Energy (ref.: 30 years) [toe]
En_Emb_Primary
-16000
-382,1 -(15972,0)
-428
-18000
Fig.3.12
Nella Fig.3.12 si è confrontata l’energia grigia necessaria per realizzare l’intero complesso edilizio con
l’energia utilizzata per farlo funzionare (energia operativa), escluso il consumo energetico per il
raffrescamento estivo, nel corso dei primi 30 anni. Per determinare un confronto più corretto è stato
realizzato il grafico sottostante nel quale è stata scorporata l’embodied Energy spesa per la
realizzazione del piano interrato “I” perché, non possedendo locali climatizzati, andrebbe ad alterare
erroneamente il confronto tra le due energie. L’esito finale di questa analisi afferma che l’energia
operativa per la gestione dei tre edifici “A”, “B” e “C”, senza considerare l’energia per il raffrescamento,
è pari al 70% dell’energia grigia iniziale.
TOTAL (w/o I)…
Primary Energy (ref.: 30 years) [toe]
0
-44
-2000
-92
-4000
-140
-6000
-137,3
-188
-(5740,9)
-8000
-202,9
-(8479,6)
-236
-10000
-284
-12000
-332
-14000
-380
-16000
-428
-18000
Figura 3.13
Primary Energy (ref.: 30 years) [GJ]
En_Cons_Primary
En_Emb_Primary
4. CONCLUSIONI
Una peculiarità del programma utilizzato è la possibilità di “contestualizzare” l’Embodied Energy dei
materiali derivati da databases riferiti a Paesi diversi rispetto al luogo in cui si realizza l’analisi.
Nel caso studio riportato il programma è stato utilizzato per realizzare un confronto tra gli edifici massivi
“A” e “B” in muratura portante, il piano interrato “I” ed il fabbricato “C” realizzato totalmente in legno.
Il programma ha consentito di quantificare l’impatto ambientale degli edifici appartenenti al complesso
simulato, consentendo d’individuare alcune criticità inerenti, per esempio, il rilevante investimento
energetico sotteso alla costruzione dei solai a terra del piano interrato “I”, caratterizzati da uno spessore
di circa 70 cm di calcestruzzo e da una micro palificata profonda 6 m lungo tutto il perimetro della
struttura. Il software ha inoltre consentito di valutare la produzione energetica dovuta all’impianto
fotovoltaico e la sua incidenza rispetto al bilancio totale dell’edificio. Inoltre, il software ha dimostrato
l’utilità delle ampie finestrature dell’edificio “C” nel periodo invernale, giustificandone l’ampiezza dal
punto di vista energetico, grazie ai rilevanti guadagni solari conseguenti.
Bibliografia
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