Circuits Mercoledì 15 Dicembre 2010 n n Soluzioni Best Buy ha adottato la business analytics invece della business intelligence Una bussola per procedere sfruttando il valore dei dati di Diana Bin I database di aziende grandi e piccole possono contare oggi su una vasta mole di dati corretti, puntuali e aggiornati: una risorsa importante, che offre grandi potenzialità in termini di vantaggio competitivo. Ma estrarre valore dalla massa disordinata di informazioni non è facile, tanto che molte organizzazioni ammettono di non riuscire a utilizzare tutti i dati di cui dispongono. Le soluzioni di business analytics permettono di sfruttare al meglio i dati combinandoli in modo da ottenere le risposte di cui si ha bisogno. L’Institute for Business Value di Ibm ha condotto uno studio, in collaborazione con Giovanni Sgalambro, il MIT Sloan ManageIbm ment, per capire la percezione delle aziende nei confronti dei sistemi di analisi dei dati e fornire alcune raccomandazioni per permettere loro di sfruttare al meglio le informazioni già presenti in archivio. «La business analytics è un passo ulteriore rispetto alla business intelligence descrittiva, che racconta cosa è accaduto, quanto spesso è accaduto e perché è accaduto, e di quella predittiva, che effettua previsioni e delinea scenari», ha spiegato Giovanni Sgalambro, business analytics leader della divisione Global business services di Ibm. Si tratta piuttosto di «un’analisi prescrittiva, in grado di indicare linee di azione per raggiungere gli obiettivi aziendali, definire modelli migliori attraverso algoritmi statistici e descrivere la forte variabilità del mercato». Lo studio, intitolato Analytics: The new path to value è stato condotto su un campione di quasi 3.000 dirigenti e analisti di business di 108 paesi e 30 settori d’industria. È emerso un chiaro collegamento tra l’utilizzo della tecnologia per l’analisi dei dati e la capacità di realizzare migliori performance e differenziazione competitiva. La metà degli intervistati ha definito una priorità della propria azienda il miglioramento dell’informazione e l’adozione di sistemi di business analytics, ma sei su dieci hanno ammesso di avere attualmente accesso a una mole di dati superiore alla capacità di elaborazione. I dirigenti chiedono oggi di disporre di simulazioni derivanti da complesse analisi dei dati che offrano linee guida immediate sull’azione migliore da intraprendere in qualunque situazione, dall’ingresso di un nuovo competitor sul mercato a un cliente che annuncia di voler cambiare fornitore. Un caso emblematico della strategicità della business analytics è quello di Best Buy, rivenditore al dettaglio di elettronica di consumo negli Usa. Abituati da tempo a prendere decisioni con un certo grado di incertezza e di imprecisione, i dirigenti della società hanno deciso di migliorare la propria strategia in termini di marketing mix adottando strumenti di business analytics firmati Ibm per ricavare il massimo dai numerosi dati sui clienti già a disposizione. Il risultato è stato sorprendente: l’unico media ritenuto da tutti in rapido declino, la tv, si è rivelato decisamente importante per il target di riferimento di Best Buy. La società ha quindi rivisto il proprio piano di investimenti destinando un budget maggiore alla tv rispetto alla carta stampata, una decisione che si è subito rivelata vincente. «Da qualche parte nel nostro sistema abbiamo già circa l’85% dei dati che ci servono», ha commentato Bill Hoffmann di Best Buy. Il vero problema non era dunque tanto quello di ottenere i dati corretti, quanto piuttosto la capacità di utilizzare le tecniche di analisi per trasformare i numeri in informazioni. E i contesti di applicazione delle tecnologie di business analytics sono estremamente vari. «Le aree amministrative e acquisti sono molto trasversali, ci sono aree più specifiche ma comunque la business analytics è applicabile a tutte le realtà aziendali. Può fornire indicazioni alle compagnie petrolifere su dove andare a trivellare, o spiegare come fare una segmentazione o un’analisi di una campagna di marketing, ed è molto utilizzata anche nel campo della sanità», ha continuato Sgalambro. Ma non si tratta semplicemente di numeri: «condividere le informazioni e i contenuti per prendere decisioni sulla base delle indicazioni fornite dai nuovi strumenti a disposizione, e non dell’intuito, richiede un profondo cambiamento culturale», ha spiegato il manager. Per questo lo studio individua cinque passi che le organizzazioni dovrebbero affrontare nell’introduzione di questo nuovo approccio ai processi decisionali: innanzitutto applicare la business analytics a progetti significativi e ambiziosi per aumentare il coinvolgimento e l’impegno di tutti. Partire quindi dalle domande a cui si vuole dare risposta piuttosto che dai numeri a disposizione, acquisire le conoscenze per orientare le proprie azioni a generare e trasferire valore, salvaguardare ciò che già funziona aggiungendo nuove capacità di elaborazione e pianificare le azioni future sulla base di un uso strutturato delle informazioni. Il tema della business analytics, ha concluso Sgalambro, è al centro della strategia di Ibm, basata su quattro pilastri principali: cloud computing, smarter planet, business analytics e grandi aree di crescita. (riproduzione riservata) Corto Circuits Dell acquisisce Compellent Partnership InfoCert e American Express Dell espande la sua presenza nel mercato dello storage aziendale e lo fa acquisendo Compellent, società americana che produce una piattaforma di storage virtualizzato. Ieri l’annuncio dell’ok da parte dei due board. Dell manterrà le attività di Compellent nell’attuale sede in Minnesota, integrerà da subito nella propria offerta quella del nuovo acquisto ma manterrà anche la attuale struttura di vendita con i partner che Compellent ha sviluppato finora. Dell pagherà 27,75 dollari per azione di Compellent in contanti, per un valore totale della società di 960 milioni di dollari e un esborso di 820 milioni al netto della cassa attuale. Ora la palla passa agli azionisti che dovranno approvare la transazione. I prodotti InfoCert acquistabili on-line con carta American Express e direttamente dal portale business to business di quest’ultima. I titolari American Express e gli esercenti convenzionati hanno la possibilità di accedere alla gamma di prodotti e servizi per incrementare l’efficienza e la flessibilità nella gestione degli asset informativi, inclusi i processi di autenticazione, storage e gestione. Ingram Micro distribuisce Cherry Ingram Micro Italia, divisione di Ingram Micro Inc., il maggior distributore mondiale di tecnologia, ha siglato un accordo di distribuzione con Cherry, azienda tedesca produttrice di tastiere, mouse e periferiche per computer. 53 Alpeh di Edoardo Narduzzi Il nucleare è un bene, non solo per l’energia G li esperti di organizzazione aziendale sanno bene che le imprese più performanti sono quelle che occupano una pluralità di profili professionali. Gli investitori in borsa agiscono diversificando il portafoglio posseduto perché puntare tutte le risorse sullo stesso titolo fa correre troppi rischi. Anche gli studiosi di tematiche ambientali conoscono quanto l’eterogeneità sia importante per la sopravvivenza di lungo termine delle comunità. Insomma, in moltissimi aspetti dell’esistenza umana, e non solo, la diversità paga o è quantomeno un bene. Il pluralismo stimola, arricchisce, protegge e rende più competitivi. Una regola che vale anche per le fonti energetiche. Disporre di energia in abbondanza e a buon prezzo è infatti fondamentale per le società e le economie contemporanee. Favorisce la formazione e l’accumulazione di conoscenza, la qualità della vita, la competitività produttiva, la disponibilità di merci e di prodotti agricoli, aumenta il livello di sicurezza individuale e collettivo, rende le vacanze piacevoli e molto altro ancora. L’energia, ovviamente, si può produrre da varie fonti con costi in parte diversi e con distinti impatti territoriali. Ma anche nel caso delle fonti energetiche, un Paese che decide di differenziarne la produzione su più fronti come combustibile fossile, rinnovabili e nucleare arricchisce la propria situazione. Non soltanto perché non dipende troppo da un’unica materia prima, ma perché si attrezza meglio a gestire il possibile futuro energetico. Incerto come qualsiasi futuro. Partendo da questa chiave di lettura, la decisione del governo di individuare le regole per la realizzazione delle nuove centrali nucleari ha una sua coerenza sistemica. Non è la semplice forzatura di un risultato referendario in là nel tempo e molto influenzato dall’effetto Chernobyl, ma rappresenta la volontà di voler diversificare la produzione e la dipendenza energetica italiana legandola a tutte le possibili fonti di mercato. Sono scelte di lungo periodo che vanno oltre la contingenza politica. Come ha recentemente scritto The Economist, l’industria mondiale del nucleare è in una fase superdinamica. I produttori del nuovo mondo, coreani e russi in primis, stanno sfidando le quote di mercato dei tradizionali colossi occidentali. Vincono gare in giro per il mondo approfittando del fatto che tutti i grandi Stati, dal Brasile all’India, hanno approvato piani per realizzare nuove centrali. Se quella del nucleare è una partita talmente strategica da interessare l’intero globo, non è poi così disdicevole che anche l’Italia provi a fare la sua parte. Riassorbire la disoccupazione prodotta dall’ultima crisi non sarà facile e ogni opzione va colta al meglio per creare crescita e lavoro specialistico, spendibile internazionalmente e a valore aggiunto. Nel 2009 l’annuncio del governo di riaprire il dossier nucleare ha già prodotto un risultato positivo: le matricole delle cinque facoltà di ingegneria energetica e nucleare italiane sono esplose: 15 iscritti a Bologna nel 2001 e 155 nel 2009; 68 al politecnico di Torino contro i 27 del 2003; 98 al politecnico di Milano contro i 59 del 2005. 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