il cervello come macchina quantistica

IL CERVELLO COME MACCHINA QUANTISTICA
Nel 1994 il più eminente fisico teorico dell’Università di Oxford,
Sir Roger Penrose, pubblica Shadows of the Mind, discusso libro
in cui afferma che il cervello elabora quantisticamente
l’informazione grazie alla presenza di microscopiche molecole di
tubulina all’interno dei neuroni.
Il cervello viene visto come una macchina quantistica di primo
livello.
Il suo modello richiede che 20.000 neuroni si mantengano per
1/40 di secondo in sovrapposizione quantistica a temperatura
ambiente.
Il suo lavoro ha molti detrattori. Sembra improbabile che in queste
condizioni le peturbazioni dell’ambiente non danneggino la
sovrapposizione.
Eppure se la vita ha imparato a sfruttare il livello quantistico, la
temperatura ambiente deve potenziarne le prorietà e non
annullarle.
L’idea fondamentale di Penrose deriva dall’osservazione che
anche gli organismi unicellulari hanno comportamento finalizzato,
reagiscono alla luce, evitano ostacoli, hanno una forma di
memoria, senza avere neuroni.
L’agente primario del comportamento “intelligente” del paramecio
sono le sue ciglia:
filamenti che sono sia antenne che strumenti per il movimento
elaborano informazioni dall’ambiente
generano i movimenti sincroni necessari per attuare le decisioni
conseguenti
Le ciglia generano onde oscillatorie sincronizzate, pervenendo ad
un’autoorganizzazione globale sulla base di interazioni locali.
Le ciglia del paramecio sono microtubuli.
I fusi mitotici che nelle cellule attuano “spontaneamente” la
divisione e la ricomposizione in cellule figlie sono microtubuli.
La coda dello spermatozoo, che ondeggia muovendosi in direzione
dell’ovulo, è una struttura a microtubuli.
I neuroni contengono molti microtubuli.
Probabilmente l’elemento fondamentale dell’intelligenza cellulare
è il microtubulo.
Stuart Hameroff, medico ricercatore dell’Università dell’Arizona,
negli anni 80 ipotizza che i microtubuli siano capaci di calcolo.
Fino ad allora erano sempre stati considerati solo componenti del
citoscheletro.
Nel tempo si è scoperto che le funzioni dei microtubuli sono:
- Il trasposrto intracellulare di organelli
- Il movimento ciliare, ondulatorio e sincronizzato
- L’organizzazione della divisione cromosomica (movimento
oscillatorio sincronizzato)
- Scambio di segnali da un elemento all’altro
- Comunicazione fra nucleo e interno della cellula
- Crescita di collegamenti fra neuroni.
L’energia dei microtubuli è di tipo elettromeccanico, e la rete di
microtubuli si comporta come un calcolatore elettromeccanico.
Hameroff ipotizzò nel 1982 che i microtubuli si comportassero
come automi cellulari.
In realtà la struttura del microtubulo assomiglia esattamente ad un
automa cellulare.
Ogni tubulo è costruito sulla base di migliaia di dimeri di tubulina
sistemati in una griglia bidimensionale arrotolata su se stessa.
La griglia forma un vicinato esagonale con sei vicini.
Le cariche elettrostatiche provocano l’allineamento dei dimeri.
Il passaggio di un elettrone cambia la conformazione del dimero.
In un automa cellulare è necessario un “meccanismo di
temporizzazione” che faccia scattare l’aggiornamento simultaneo
delle celle: è necessario trasmettere un segnale regolare, una
vibrazione periodica.
Oggi sappiamo che le reti di microtubuli trasmettono davvero
forze fluttuanti, mantenendo quasi istantaneamente in tutta la rete
un equilibrio dinamico.
Il meccanismo di temporizzazione può essere dato dalle onde
ritmiche.
Tuttavia il modello di Hameroff era sbagliato: le regole che
governano le interazioni fra tubuline non sono quelle da lui
predette.
Inoltre il suo modello per funzionare necessita dello zero assoluto.
Le reti di tubuline assomigliano ad automi cellulari ma non lo
sono.
Tuttavia abbiamo visto che funzionano davvero come computer
paralleli. Il modo in cui calcolano è ancora da stabilire.
Il modello di Jack Tuszynski (Università di Alberta) è più
convincente.
Parte dal principio che le reti di microtubuli devono funzionare a
temperatura ambiente e dimostra che sono trasmettitori
elettromeccanici di segnali che computano in base a un modello
simile ai vetri di spin.
Il microtubulo funziona quindi come un cavo intelligente
autoadattativo.
In questo caso la rete neurale del cervello è abbinata alla rete dei
microtubuli e viceversa.
Un gruppo di scienziati della Wayne State University sta
simulando un computer molecolare basato su microtubuli, che
apprende come una rete di Hopfield e si basa sulla natura
oscillatoria dei suoi elementi.
Si può a questo punto ipotizzare la natura quantistica di questi
processi: infatti la tubulina, che possiede due possibili stati,  e ,
passa dall’uno all’altro a causa del passaggio per effetto tunnel dal
dimero  a quello .