Da dove viene il termine “pianeta”? L’origine del nome pianeta risale agli antichi Greci. Essi indicavano con il termine di stelle quei corpi luminosi che occupavano posizioni reciproche fisse nel corso dell’anno mentre usavano il termine pianeti per indicare quei corpi celesti (anch’essi luminosi) che si muovevano rispetto alle stelle fisse (planetés in greco significa errante, che vaga). Con la rivoluzione copernicana del 500 il termine pianeta assunse un significato nuovo: è un pianeta un corpo che orbita attorno al Sole e si muove rispetto alle stelle che mantengono posizioni reciproche fisse nella volta celeste. Su un qualsiasi vocabolario troviamo che viene definito pianeta un corpo celeste non dotato di luce propria che si muove su un’orbita ellittica attorno a una stella di cui riflette parte della luce pertanto è un corpo luminoso che brilla di luce riflessa mentre viene definito stella un corpo celeste che ha forma sferica o ellissoidale che emette grandi quantità di energia come luce, calore e altro tipo di radiazioni pertanto si parla di corpo che brilla di luce propria. Nei due secoli successivi al 500 la teoria copernicana e la nuova scienza di Galileo, Keplero e Newton ricevettero conferme inclusa la scoperta di nuovi pianeti come Urano e Nettuno. Nel 1930 fu scoperto Plutone ben oltre l’orbita di Nettuno. Plutone risultò subito un “pianeta” un po’ particolare perché è molto piccolo e la sua orbita è molto eccentrica e inclinata. Successivamente nel 1951 fu scoperta una regione detta Fascia di Kuiper che si trova oltre Nettuno. In tale regione sono presenti oggetti di dimensioni e con orbite simili a quelle di Plutone pertanto Plutone è circondato da oggetti con orbita simile e rappresenta nient’altro che il più grande oggetto di questa fascia. Si cominciò quindi a ritenere che Plutone più che un pianeta dovrebbe essere considerato un oggetto della Fascia di Kuiper e perciò molti chiesero una riclassificazione di Plutone. Agli inizi degli anni duemila sono stati scoperti altri oggetti che si trovano oltre Nettuno (transnettuniani) grandi quasi come Plutone. La scoperta di tutti questi oggetti ha costretto gli astronomi a ripensare la definizione di pianeta e per questo motivo l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) ha formato una commissione che doveva studiare il problema. Alla fine si è deciso di privilegiare il concetto che la parola “pianeta” dovesse essere assegnata sulla base dei processi fisici che portano alla nascita di un tale oggetto. La definizione che è stata votata e approvata il 24 agosto 2006 è la seguente: La IAU quindi stabilisce che i pianeti ed altri oggetti del Sistema Solare, eccetto i satelliti, siano definiti in tre distinte categorie: 1) Un “pianeta” è un corpo celeste che: a) è in orbita attorno al Sole, b) ha una massa sufficiente a conferirgli una forma rotondeggiante,, c) ha svuotato la regione attorno alla sua orbita cioè tale regione è priva di eventuali oggetti di dimensioni confrontabili o superiori al pianeta stesso; 2) Un “pianeta nano” è un corpo celeste che: a) è in orbita attorno al Sole, b) ha una massa sufficiente a conferirgli una forma rotondeggiante, c) non ha svuotato la regione attorno alla sua orbita cioè non è stato in grado di “ripulire” tale regione da altri oggetti di dimensioni confrontabili o superiori, d) non è un satellite; 3) Tutti gli altri oggetti, eccetto i satelliti, in orbita attorno al Sole saranno chiamati collettivamente “Piccolo Corpi del Sistema Solare”. Perché questa definizione? Il primo punto richiede, per lo status di pianeta, tre cose. La prima è ovvia; la seconda serve ad escludere oggetti troppo piccoli e richiede che questi non siano semplici pezzi di roccia, ma oggetti complessi con una storia complessa, che abbiano subito modificazioni interne ed esterne che li abbiano plasmati in forma rotondeggiante; la terza è di tipo evolutivo: non si deve trattare di embrioni planetari, ma per essi il processo di accrescimento deve essere terminato. Questo non è certamente il caso di Plutone che quindi non viene più considerato un pianeta. Possiamo concludere dicendo che una “scoperta” non aggiunge soltanto informazioni a ciò che si sapeva prima: spesso ribalta, apre a nuove domande e questioni, fa vedere con occhi nuovi tutto ciò che si conosceva e si nominava prima, e impone perciò un nuovo linguaggio e nuove definizioni. Studiare Plutone a pag A30 del libro