La Rubrica degli Psicologi di Psya

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La Rubrica degli Psicologi di Psya
Numero 2 - Marzo 2014
C
ontinua la Newsletter degli psicologi di Psya, che propone ogni trimestre articoli su
aspetti che possono riguardare la vita privata o lavorativa, temi ricorrenti nella vita
quotidiana di tutti noi approfonditi sotto l'aspetto psicologico dai nostri esperti.
Per prima cosa verrà chiarita la differenza fra le varie figure che lavorano nell’ambito della
salute psicologica, distinguendo i diversi campi di competenza, così da chiarire il ruolo di
ogni figura. La rubrica analizzerà poi la difficoltà nella gestione dei figli, soprattutto quando
essi si rifiutano di seguire le regole quotidiane. Questa proposta darà alcuni spunti di riflessione per coloro che ricoprono il complesso ruolo di genitore.
Buona lettura!
Numero a cura di: Dott.ssa Federica Camellini e Laurence Duretz
Sommario
■ La Rubrica degli Psicologi
di Psya
■ A chi mi rivolgo?
■ Figli tiranni
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A chi mi rivolgo?
Dottoressa Federica Camellini
Psicologa Psicoterapeuta, Centro di Ascolto Psicologico - Psya Italia
uò capitare a tutti di attraversare un momento difficile, come ad esempio un lutto, un licenziamento,
la separazione dal coniuge, ecc. o di avere un sintomo psicologico che condiziona la propria vita ( attacchi di
panico, ansia, depressione, ecc.). L'assenza di una cultura psicologica in Italia ha fatto nascere molti luoghi comuni,
come quello, assai diffuso, che dallo psicologo ci vanno
solo i matti. In realtà non è così: oltre alle situazioni di sofferenza e malattia psicologica grave, in cui l'intervento di uno
specialista è necessario, chiunque, in qualsiasi momento
della propria vita, può avere bisogno o desiderio di rivolgersi
ad uno esperto in campo psicologico per prendersi cura di
se stesso e iniziare un percorso di benessere e serenità. A chi
ci si deve rivolgere in questi casi? Che differenza c’è tra tutte
le professioni “psi”, come psicologo, psicoterapeuta, psichiatra?
cologo può condurre un accertamento psicodiagnostico e,
nel caso in cui venisse diagnosticato un disturbo psichico, inviare il paziente allo specialista più adatto. In pratica, se uno
psicologo vi diagnostica una depressione, non potrà essere
lui a curarvi, ma vi darà consiglio su che figura sia meglio
Facciamo dunque un po’ d’ordine sulle principali figure che
trattano il disagio psicologico.
Lo psicologo è il laureato in psicologia che ha sostenuto
e superato l'Esame di Stato che permette l'iscrizione all'Ordine degli Psicologi. È quindi abilitato all’esercizio della
professione di psicologo fornendo un aiuto non farmacologico (non può prescrivere farmaci), ma occupandosi di promuovere il benessere della persona intervenendo in situazioni in cui il malessere non è ancora conclamato. Quindi
cosa può fare lo psicologo? Questa figura professionale
può effettuare colloqui di sostegno, consulenze, usare strumenti diagnostici, tecniche di rilassamento ecc. Lo psicologo
non può compiere interventi che si configurino come terapia, poiché essa richiede il titolo di psicoterapeuta: lo psi-
contattare nel vostro caso. Completamente diversa dalla consulenza psicologica è invece la psicoterapia, che è un invece
un intervento che va più in profondità.
P
psicologo
psicoterapeuta
psichiatra
neurologo
Lo psicoterapeuta oltre alla laurea, sia essa in psicologia
che in medicina, si è specializzato nel trattamento terapeutico delle patologie psichiche (fobie, attacchi di panico, depressioni, ansia,ecc). Oltre a svolgere tutte le funzioni di supporto e sostegno già descritte per lo psicologo, lo
psicoterapeuta può intervenire in quei casi in cui nella persona, oltre ad un disagio transitorio, è stata rilevato un disturbo più profondo: dopo aver effettuato una diagnosi tra-
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mite colloquio clinico può quindi impostare una cura adeguata. Esistono molti indirizzi di scuole di specializzazione
in psicoterapia, ma principalmente possono essere riconducibili a tre: la psicoanalisi, quella cognitivo-comportamentale e quella sistemica. Per essere più chiari prendiamo
spunto da una metafora: sia un politico di centro-destra che
di centro-sinistra si occupano di politica, ma hanno diverse
scuole di pensiero che li guidano verso differenti approcci ai
problemi. Quindi lo psicoanalista, lo psicoterapeuta sistemico
o cognitivo-comportamentale avranno un modo differente di
vedere il sintomo e quindi di curarlo, ma sono tutti e tre psicoterapeuti. Per essere certi che lo psicologo a cui ci rivolgiamo sia anche psicoterapeuta, la strada più sicura è consultare l’Ordine Professionale Regionale, al quale deve essere
iscritto con entrambi i titoli.
Sia lo psicologo che lo psicoterapeuta hanno l’ascolto e la
parola come strumento principe d’aiuto, che si esplica nelle
sedute durante le quali un paziente può parlare liberamente delle proprie difficoltà senza essere etichettato come
“sano” o “malato”. La durata di una psicoterapia generalmente non può essere stabilita a priori, ma dipende dalle difficoltà che presenta la persona in cura, e dalle risorse che il
paziente ed il suo contesto sanno mettere in gioco durante
il percorso. È inoltre possibile effettuare psicoterapia e di
gruppo, di coppia e familiari.
Differente invece è il ruolo dello psichiatra, che, avendo una
laurea in medicina, cura le malattie mentali (ad esempio schizofrenia, disturbo borderline di personalità, ecc.) attraverso
l'utilizzo dei metodi propri della psichiatria, che comprendono
spesso l'utilizzo di farmaci. Avviene di sovente che sia lo psicologo/psicoterapeuta che lo psichiatra forniscano contemporaneamente il loro supporto ad una stessa persona, ottenendo un risultato migliore di quello che verrebbe raggiunto
attraverso l'utilizzo esclusivo di uno dei due approcci.
Il neurologo è laureato in medicina e si occupa di disturbi
collegati a lesioni o deficit del sistema nervoso, del movimento,
della sensibilità, dell'equilibrio, problemi relativi alla memoria,
al linguaggio, all’invecchiamento (problemi di natura cognitiva) e al decadimento cognitivo (come ad esempio l’Alzheimer). Il neurologo si interessa di queste malattie sulla base
delle lesioni al cervello, basandosi sull’evidenza che le malattie
neurologiche siano in stretta relazione con la sede della lesione. Collabora, inoltre, con l'equipe psicologica/psichiatrica
quando emergono difficoltà psicologiche e relazionali che possono insorgere in persone con patologie del sistema nervoso
(problemi di ansia e depressione, ad esempio).
Infine, un’altra figura importante nell’ambito dei professionisti “Psi”, è quella del neuropsichiatra infantile, ovvero
colui che si occupa di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie neurologiche, neuropsicologiche e
psichiatriche che possono manifestarsi nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza, cioè fino ai 18 anni di età, e di tutti
i disordini dello sviluppo del bambino nei suoi vari aspetti:
psicomotorio, linguistico, cognitivo, intellettivo, relazionale.
Tutti i professionisti laureati in medicina hanno come strumento principale di cura l’inquadramento diagnostico e la
conseguente somministrazione di farmaci.
In conclusione è importante, in caso di disagio, scegliere il
professionista più adatto al vostro disturbo, o la collaborazione fra due figure, ad esempio psichiatra e psicoterapeuta. Generalmente se il malessere è lieve e transitorio sarà
sufficiente rivolgersi ad uno psicologo o ad uno psicoterapeuta, se invece il disturbo è più profondo, occorrerà contattare uno psichiatra o uno psicoterapeuta.
Informatevi sempre agli Ordini Professionali se chi vi segue
è regolarmente iscritto, e quindi se possiede le qualifiche per
aiutarvi a superare le vostre difficoltà.
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Figli tiranni
Dottoressa Federica Camellini
Psicologa Psicoterapeuta, Centro di Ascolto Psicologico - Psya Italia
I
genitori oggi fanno sempre più fatica a dire di “no” ai
loro figli, e non di rado sono tiranneggiati dai loro bambini, alcuni ormai rassegnati ad obbedire al loro piccolo despota. Perché accade questo? I genitori sono
spesso incapaci di porre limiti e contenere le continue richieste dei loro figli, senza distinguere tra bisogni reali o
fittizi dei bambini. Tendono, viceversa, a soddisfarli in ogni
cosa e ad accontentarli, ma in questo modo non vi è spazio per i desideri, ma solo per i bisogni che continuano ad
essere in crescita e che vengono soddisfatti ancor prima di
essere espressi. Non vi è attesa e nemmeno conquista, e
tutto si ottiene subito, senza impegnarsi e senza lottare. È
facile allora che un bambino mantenga dentro di sé l’idea
di essere onnipotente e, divenuto adolescente, continui a
coltivare una sensazione di forza e invincibilità, che si disintegrerà alla prima difficoltà che dovrà affrontare nel
mondo degli adulti. Il paradosso è però che, nonostante i
bambini ed i ragazzi ormai abbiano tutti quello che desiderano, raramente si sentono soddisfatti. In realtà, poiché
è stato privato dell’esperienza della frustrazione e non ha
potuto sperimentare la sensazione di sconfitta, ma nemmeno quella di riprendersi e riorganizzare le proprie forze,
quindi, posto di fronte ad una difficoltà anche minima,
quel bambino o quell’adolescente soccombe. È debole, fragile, senza fiducia in sé, nelle proprie capacità. Spesso si
ritrova a non sapere dove andare.
Il problema è che il “lavoro” dei bambini è proprio quello
di fare i capricci, a loro servono per sentirsi contenuti e
per imparare quello che è importante e ciò che non lo è,
e sarebbe compito dei genitori insegnarglielo. Sembra che
non vogliano sentirsi dire nulla e invece è proprio il contrario hanno un gran bisogno di qualcuno che li guidi e li
protegga. Perché i limiti e le restrizioni non sono piacevoli
per nessun bambino come per nessun giovane, ma, dai
confini e dalle regole posti dai genitori, i ragazzi imparano
sia le proprie risorse che i propri limiti. Le norme irritano
in quanto appaiono come delle porte chiuse che imprigionano, che non lasciano libertà di movimento. Ma le
porte o i cancelli servono: hanno la funzione di proteggere e di far sentire al sicuro. E la grande sfida dei genitori è proprio quella di aiutare i loro figli a sentirsi sicuri,
capaci di entrare ed uscire da soli nel mondo e affrontare
le difficoltà con i propri strumenti e in particolare con la fiducia in se stessi.
Purtroppo però, presi dal loro lavoro, dagli impegni, o dai
sempre più frequenti problemi relazionali e di coppia, questi genitori temono le frustrazioni per i loro figli e preferiscono concedere piuttosto che negare. Sono preoccupati
dal voler essere genitori perfetti e presi dai sensi di colpa
se il proprio figlio piange. In questo modo è un po’ come
se nella loro mente ci fosse questa convinzione: ”Se mio
figlio piange non sono un bravo genitore”. In realtà è proprio il contrario. Così si schierano sempre in difesa dalla
loro parte, criticano gli insegnanti, fanno per loro i compiti,
li accolgono a dormire nel lettone appena piangono e di
fronte alle loro difficoltà tendono a consolarli e confortarli
con regali, acquisti, cibo. Risultato: figli insicuri, sfiduciati
impauriti, incapaci di tollerare più di tanto le frustrazioni,
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di sopportare un insuccesso, oppure bambini agitati, ansiosi, adolescenti prepotenti. Troppe concessioni li possono
convincere che il ricatto, alla fine, paga.
Molto spesso poi, le mamme ed i papà che non hanno
“fatto pace” con la propria infanzia e superato conflitti con
i propri genitori, fanno ancora più fatica a gestire le difficoltà con i propri figli, in quanto si “riattivano” ferite che
non sono ancora guarite. Molto spesso sento genitori, ad
esempio che hanno avuto una figura genitoriale molto severa, che mi dicono: “Non sarò mai come mia madre/padre,
ho sofferto troppo”, ma per essere sicuri di allontanarsi a
sufficienza da un modello genitoriale che non si è mai sopportato, si finisce per incorrere nel rischio di diventare l’opposto dei propri genitori, ma di essere comunque un
modello disfunzionale per i propri figli, ad esempio essendo
troppo permissivi. Ma per un ragazzo ad esempio, non fa
bene né la troppa rigidità che arriva a volte anche la violenza, né essere troppo indulgenti, perché talvolta si rasenta il menefreghismo.
Come riconoscere un figlio tiranno? Innanzitutto non bisogna confondersi con il bambino viziato, in quanto il figlio
despota è quello che esercita un dominio sui genitori senza
rispettare gli altri.La mancanza di rispetto non per
forza si manifesta nel cercare di uccidere i genitori, è
sufficiente che non obbedisca quando gli chiedete una
cosa, mentre si fa finta di niente pensando che tutti i
bambini tanto fanno così. In generale, il bambino tiranno presenta piccoli atteggiamenti egocentrici, è
Come
riconoscere
un figlio
tiranno?
scarsamente tollerante alle frustrazioni, scolastiche e
sportive, e tende sempre a evitarle alla ricerca del piacere. Di fronte a un pasto dice «fa schifo» e non «questo non mi piace», oppure si alza e se ne va, invece
che limitarsi a mostrare segni di noia. Decide al posto
dei genitori ed esprime desideri che verranno presto
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Di fronte
a un bambino
tiranno
è importante
controllare
l’ansia, i sensi
di colpa
e la collera
esauditi, spesso anticipati. Il bambino sovrano è al centro dell’attenzione di nonni, amici, zie, oltre a mamma e papà, in una
gara silente a chi si mette meglio al suo servizio e gode della
sua preferenza. Sovente viene "adultizzato", ci si rivolge a lui
come a un uomo o a una donna, si anela a un suo parere, a un
assenso, è capace di gestire estenuanti trattative e la vittoria è
quasi sempre sua. In generale, inoltre, si demotiva facilmente, è
viziato materialmente, è abile a sedurre, strumentalizza l’altro,
manifesta una pseudo-maturità, usa il ricatto affettivo. Ma soprattutto, anche se vive nell’impunità, non è felice. Altro tratto
per riconoscere il piccolo re: il bambino sta male. E lo dice in
molti modi, dall’aggressività all’ansia, all’ipercinesi ai disturbi
del sonno. È lui il primo a voler scendere dal trono.
La prima cosa da fare è cominciare a cambiare approccio e linguaggio: tentare di capire le ragioni
profonde, come farebbe uno psicologo, non
aiuta i genitori, che così anzi finiscono per abdicare all’educazione vera e propria. Occorre
invece cambiare il nome alle cose. Se vostro
figlio, per esempio, non saluta mai, non dite
che «ha la luna storta», ma che non conosce
ancora il rispetto verso gli altri. Se rifiuta l’autorità, non vuol dire che abbia «personalità»,
ma semplicemente che aggira le proibizioni.
Molto importante inoltre, di fronte a un bambino
tiranno, è controllare le proprie emozioni, soprattutto
l’ansia e la depressione, ma anche il senso di colpa e
la collera, che non fanno altro che produrre inibizione
e autopunizione, rafforzamento dei suoi privilegi, oppure un’escalation del conflitto. Inoltre, è bene spiegare a voce che non si può fare tutto, perchè
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esistono anche gli altri, saper rifiutare le pretese onnipotenti, accettando tranquillamente il conflitto e senza
aver paura di farlo soffrire (anche perché accettando la
frustrazione imparerà ad apprezzare le cose e a essere
più felice). Infine, fondamentale, è dare punizioni che
non siano solo sgridate o ramanzine. In ogni caso, sia
che vostro figlio sia incline alla tirannide o meno, fissare
delle regole fin da quando è piccolissimo, e farle rispettare senza deroghe: questo è il compito principale dei
genitori. Dall’ora dei pasti, a quella di andare a letto,
dalla routine dei compiti, al tempo per tv e sport. Molto
importante anche stilare un elenco di compiti quotidiani,
dalla pulizia, all’ordine, all’aiuto in casa (vuotare lavastoviglie o pulire il bagno) con eventuali penalità (niente
giornalini o tv) o ricompense, sia in termini di congratulazioni che di attività premio. Solo così la vostra famiglia potrà avere un futuro sereno e…. democratico.
Altrimenti si cresceranno bambini infelici perché sono
dipendenti dal tiranneggiare. Negli ultimi dieci anni si è
notata un’impressionante crescita di disturbi della personalità infantile. Disturbi di carattere distruttivo e aggressivo accompagnati da freddezza dei sentimenti, da
egoismo e da mancanza di rispetto degli altri. Generalizzare è sbagliato, ogni storia familiare è unica e oltre
ai genitori ci sono scuola e amici: il bambino non è solo
il prodotto matematico di ciò che riceve fra le mura do-
mestiche, ma è lì che si plasma la sua personalità. Quello
delle regole è un tema che ossessiona i genitori nell’ultimo periodo e la riprova è il proliferare di libri, programmi tv, che sono visti come la soluzione al problema.
È l’imprevedibilità che rende il bambino padrone. Se i
genitori sono incerti, lui se ne approfitta e comanda.
Senza esagerare con regole rigide e punizioni corporali
e poco affetto, si deve raggiungere un riequilibrio, ma ci
vuole tempo, aiutando i genitori a fare i grandi.
Abituate
il bambino
a confrontarsi
con la realtà
esterna e a
trovare in essa
le soluzioni
per vivere
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