1. IL TERRITORIO DELL’ALTO FERRARESE 1.1. EVOLUZIONE AMBIENTALE E ANTROLOPOGICA L’analisi condotta si rivolge agli insediamenti rurali tradizionali nella pianura compresa fra il Po, il Po di Primaro, il Panaro ed il Reno per conoscere le caratteristiche tipologiche delle corti rurali, per individuare i caratteri di sostenibilità delle costruzioni e per definire criteri di intervento compatibile. Si tratta di un’area influenzata dalle continue variazioni di assetto delle maggiori linee di deflusso del Po e delle sue diramazioni, che producono la formazione di una vasta piattaforma deltizia e lasciano molte zone paludose. Gli etruschi furono i primi a realizzare opere di regimentazione delle acque, ma poi anche i romani furono artefici di grandi opere idrauliche, generalmente rivolte più alla navigazione interna che alla bonifica. Dissesti geologici nell’alto medio evo condizionano la geometria del grande cordone litoraneo che separa il mare dalla terra ferma, mentre acque salmastre entrano nelle aree più ribassate dalla subsidenza. L’analisi dell’evoluzione del suolo è una prima fase importante per comprendere il rapporto fra l’ambiente, l’attività primaria dell’agricoltura e l’insediamento stabile dell’uomo in un territorio. Si ritiene utile, di conseguenza, ripercorrere gli episodi salienti delle modificazioni del territorio per individuare alcuni dei tratti caratteristici dell'evoluzione storica dell’antropizzazione di un territorio e dello sviluppo di una civiltà. Si tratta di fenomeni lenti ai quali l’uomo si adatta e nei quali introduce quei cambiamenti che gli consentono di applicare la propria operosità ed il proprio ingegno per svolgere le attività per la sopravvivenza: la caccia, la pesca, l’agricoltura e tutte le altre attività integrative come la raccolta di erbe e bacche selvatiche, la lavorazione di giunchi e vimini, l’uso di rami e di fusti per ricavare materiali per utensili e travi adatte alla costruzione di ricoveri per gli animali e di abitazioni per la famiglia. Pagina 1 di 87 Con la colonizzazione romana comincia l’organizzazione sistematica del territorio: la centuriazione suddivide il terreno in una scacchiera di poderi cadenzata da una rete ordinata di scoli, fossi, canali e da una rete gerarchica di strade, i disboscamenti liberano il terreno per usi agricoli, i sistemi di scolo raccolgono ordinatamente le acque superficiali, le bonifiche prosciugano aree paludose, la viabilità consente spostamenti veloci. L’organizzazione centuriale sul terreno rimane anche nel periodo medioevale in cui la palude ed il bosco riconquistano ampi spazi, e da essa si riparte con l’intervento di colonizzazione dei conventi sorti nel frattempo ai quali i re barbari prima e gli imperatori successivamente, affidano il compito di riportare i territori in condizioni vivibili. I terreni incolti e degradati idrograficamente cominciano ad essere bonificati e disboscati dai primi abitanti e tale attività riceve impulso dai monaci Benedettini che effettuano opere di bonifica con la costruzione di argini, di canali e di chiaviche. I monaci dell’Abbazia di Nonantola, fondata nel 752, diffondono la loro attività fino nell’alto ferrarese (anche in forza di elargizioni imperiali), mentre nel basso ferrarese sono molto attivi i monaci dell’Abbazia di Pomposa già prima del IX secolo. i grandi possedimenti terrieri cominciano ad essere suddivisi in unità più piccole e affidati ai contadini con la clausola “ad meliorandum”, cioè con l’obbligo di apportare miglioramenti ed in particolare modo di prosciugare le terre, dissodare l campi, disboscare aree silvane e mettere a coltura le terre assegnate. Si diffondono contratti tipici adatti a territori con presenza di terreni boschivi, paludosi od incolti, come il contratto enfiteutico, con il quale il contadino si obbliga a migliorare il campo del proprietario e a pagare un canone annuo (in natura o in denaro), ed il contratto livellare, che, rispetto al primo, consente la continuità agli eredi di godere dei vantaggi di una colonizzazione e di una bonifica lenta e faticosa. E’ con l’intervento delle comunità di monaci benedettini e cistercensi che si diffonde la forma di concessione collettiva di terre da bonificare che conosciamo come Partecipanze agrarie (Cento, Pieve, Persiceto, Sant’Agata e Villa Fontana). Tutto questo fervore fa confluire sul territorio lavoratori e famiglie che cominciano a costruire i primi agglomerati e la bonifica diventa un fatto collettivo in cui tutti lavorano per formare una fittissima rete di canali per allontanare le acque superflue, ed avere il controllo del territorio. Controllo che diventa anche ricchezza perché i fiumi e i canali sono le principali vie di trasporto delle merci e di uomini e l’acqua Pagina 2 di 87 costituisce una formidabile fonte energetica per la forza motrice che sa trasmettere a mulini, filatoi, gualchiere. Nei documenti del XII secolo la casa rurale comincia ad apparire nella normativa giuridica (fino ad allora si trovano riferimenti al podere e non all’abitazione), e, quindi, acquisisce un valore come bene economico. I documenti dei periti agrimensori cominciano a descrivere gli edifici indicando i materiali da costruzione (muratura, paglia, vimini, fango, coppi). Si differenziano anche i contratti di locazione dei fondi agricoli. Nel ‘300 appare predominante il contratto di mezzadria con il quale il mezzadro ed i suoi famigli sono obbligati a risiedere sul fondo ed a lavorare il podere con la definizione del processo produttivo da parte del proprietario (tipi di colture e ordine delle lavorazioni) e con la divisione dei prodotti della terra. E’ un contratto diffuso nelle cosiddette terre alte, come dossi o paleoalvei, che erano più fertili e sicure dalle alluvioni. Verso il ‘500 si diffonde il contratto di boaria, soprattutto nelle terre basse, meno fertili e più soggette ad allagamenti; si fondava su un rapporto di lavoro dipendente del boaro che lavorava poderi di ampie dimensioni (il “versuro”, di circa 25-30 ettari) e che poteva anche prendere una quota parte dei prodotti agricoli. Il boaro, come il mezzadro, non pagava l'affitto per l'alloggio, il porcile, il pollaio e l’orto. Nel VII secolo d.C. il principale ramo del Po (il Padoa) va estinguendosi ma una rotta presso Ferrara porta alla nascita di due nuovi rami: il Po di Primaro e il Po di Volano mentre ad est si consolida il cordone litoraneo che da Massenzatica si estende fino al Delta del Po di Volano. Una delle numerose esondazioni del Primaro e del Volano, corsi ormai pensili, porta alla Rotta di Ficarolo (1152) e alla nascita del ramo del Po di Ficarolo (attualmente Po di Venezia) ed al declassamento del ramo ferrarese. Il Po di Primaro e il Po di Volano sboccano rispettivamente a nord e a sud delle valli di Comacchio. Il Po di Ariano, una diramazione del Po di Ficarolo passante per Ariano (oggi Po di Goro), tra il XIII e il XVI secolo si divide in due rami di foce: quello detto di Goro, verso nord, e quello dell’Abate verso sud; fra di essi viene compresa l’isola di Mesola. Gli Estensi verso la fine del ‘500 cercano di consolidare la loro presenza alla foce del Po (a Mesola costruiscono un castello e prevedono di realizzare un vero centro fortificato dedito all’attività del commercio fluviale) e di controllare il commercio lungo il fiume tramite la deviazione del ramo de Po verso nord con un sistema rivelatosi inefficace (come per altro sosteneva G.B. Aleotti), ed a questa mossa i Pagina 3 di 87 Veneziani rispondono (1604) con l’efficace opera del Taglio del Po delle Fornaci (conosciuto come Taglio di Porto Viro) che apre un nuovo letto di deflusso più breve al mare. L’opera ha conseguenze devastanti sul territorio ferrarese e sulle opere della cosiddetta Grande Bonificazione Estense: il Porto e la Chiavica dell’Abate che regolava le acque alte vengono rapidamente interrati, mentre il Porto di Volano e la chiavica di Volano, che regolava le acque basse, vengono sommersi dalle acque marine. Lo scolo delle acque a mare diventa inefficiente e successivi fenomeni alluvionali per il peggioramento dl clima e di subsidenza del territorio annullano le opere di bonifica. Anche l’idrografia dell’Alto Ferrarese presenta un andamento tormentato. A nord le intemperanze del canale di Burana vengono regolate (1281) con la costruzione della Chiavica della Bova, che trasforma il cavo di Burana da asse di navigazione a canale di bonifica e regola il deflusso delle acque dalla Burana al Po di Ferrara (poi Panaro). Il fiume Panaro, che un tempo si univa al Po di Ferrara viene successivamente collegato al Po di Ficarolo, divenuto ramo principale, andando ad occupare l’antico alveo interrito, e, di fatto, incanalandosi in modo innaturale verso monte. Le acque di scolo che defluivano verso il Po attraverso il canale di Burana ora tornano al Po alle porte di Ferrara. Il Reno, fiume torrentizio che passava per i territori bolognesi, ferraresi e ravennati aveva frequenti rotture degli argini e le polemiche e le accuse reciproche sono continue. Nel 1450 il Reno rompe a Pieve di Cento e si fa strada per sboccare nel Panaro. Nel 1459 la rotta di Cento allaga territori di influenti famiglie bolognesi che si lamentano, contrariamente ai ferraresi che, invece, vedono che la grande quantità di detriti portati dal Reno a sud della città fa innalzare i loro terreni (ogni espansione depositava 1,5-2 cm. di terreno fertile) e non finire ad intasare il Po e a danneggiare la navigazione interna fino al mare e a Ravenna, e soprattutto non penalizzano il commercio fluviale di rivestiva grande importanza economica per gli estensi. Nel 1497 il Reno cambia corso e si scarica nella valle Sammartina che viene interrata. Nel 1521 il Reno rompe vicino a Cento e dilaga nelle valli di Galliera. Nel 1522 si trova finalmente l’accordo di condurre il Reno nel Po di Primaro realizzando un alveo artificiale da Vigarano Mainarda a Cassana ed i bolognesi si Pagina 4 di 87 accollano il costo. Tale opera risulta disastrosa: a fronte di un forte interrimento del Po di Ferrara in 20 anni si riscontrano oltre 4 rotte del Reno. Il Ducato Estense torna sotto il Papato che nel 1600 fa condurre uno studio a sei esperti romani per capire se il Po di Ferrara può interrire con l’immissione di Reno e Panaro: solo Aleotti vede il pericolo e consiglia di immetterli in Po Grande (di Venezia). La “Bonifica Maggiore” o ”Clementina” ottiene il risultato di togliere il Reno dal Po di Primaro (che era più alto di 25 piedi) e di immetterlo nella Sammartina che viene colmata in pochi decenni. La conseguenza è che il problema dell’acqua si sposta a sud e l’espansione delle valli di Marrana e Poggio minaccia le campagne del bolognese. D’altra parte era impensabile scavare gli alvei del Volano e del Primaro. Nel 1617 il Panaro viene immesso nel Po di Ferrara mediante un canale (Canale Serra), che poi si rivela inadeguato, perché il Panaro trova comunque migliore sfogo verso il Po Grande. Urbano VIII (1623-1644) viene molto coinvolto nella bonificazione del territorio e, nel 1625, viene riproposta l’idea di riportare il Reno nel Po grande ma, nel 1630 vicende belliche ed epidemia di peste fermano i lavori. Nei decenni successivi, motivi di ragion di Stato, cavilli burocratici e guerre dinastiche lasciarono la situazione in totale immobilismo e nel 1705 a queste tragedie si aggiunge una tremenda inondazione. Nei decenni successivi ancora guerre e problemi di Stato bloccano le bonifiche e Benedetto XIV (1740-1758) comprende che nell’impossibilità di effettuare un programma di prosciugamento e riequilibrio idraulico complessivo, sarebbe stato meglio prendere provvedimenti parziali. Uno di questi riguarda l’Idice, di cui viene ripresa una rotta; nel frattempo, nel 1742, inizia lo scavo di un canale per convogliare le acque del Reno unito a torrenti minori (tra cui l’Idice stesso) portandole nel Po di Primaro: il taglio viene effettuato nel 1744 aprendo il Cavo Benedettino. L’opera è fallimentare per i danni arrecati a entrambe le province. Nel 1750 la rottura del Reno presso S.Agostino (in destra alla Panfilia) suggerisce di piegare il fiume secondo un angolo retto e di congiungerlo al Cavo Benedettino presso Passo Segni. In quello stesso periodo l’Idice, allora affluente destro del Primaro, rompe nel 1731, ed inizia a colmare le valli fra S. Maria Codifiume, Spiazzino e Passo Segni. Pagina 5 di 87 Clemente XIII (1758-1768), successore di benedetto XIV, decide di dare una scossa finale e una risoluzione a problemi di due secoli: accogliendo le richieste dei bolognesi e senza ascoltare le lamentele dei ferraresi, si decide di portare il Reno al mare, attraverso il Cavo benedettino restaurato e il Primaro. I ferraresi pagano subito le conseguenze con due rotte nel 1767 a Filo e nel 1772 a Traghetto. Ma nel 1775 il collegamento è completo. Vengono intanto rinforzati (1767-1769) gli argini del Po di Primaro per impedire il passaggio al Polesine di S. Giorgio, avente una quota altimetrica media molto inferiore, ed evitare le alluvioni derivanti dalle rotte del Reno. Il Po di Primaro viene trasformato in un canale di scolo che intercetta e separa nettamente le acque delle valli “alte” a sud di Ferrara da quelle basse del Polesine di S. Giorgio. Tale intervento richiede un ulteriore innalzamento dell’alveo del Reno e la chiusura del collegamento, a Traghetto, tra Reno e Primaro. Con questi lavori si rende possibile la bonifica e lo sfruttamento agricolo delle vaste valli di Poggio, Marrara, Malalbergo e Argenta. Ulteriori lavori (1782)sono effettuate per raddrizzare il corso del Reno ed agevolare l’efflusso delle acque. L’elemento di rischio permanente si riscontra con le rotte disastrose del 1842, del 1864 e del 1896 che hanno sommerso i territori alla sinistra del suo nuovo alveo. Si riesce a regolare le esondazioni del Reno con una certa sicurezza solo tramite opere continue di innalzamento degli argini, di costruzione di uno scolmatore di piena e di lavori di svaso. Sono stati, inoltre, creati tanti piccoli bacini con proprie macchine di sollevamento (bacini di Tenore, Tersalo, Bevilacqua, Trava, Benvignante, Sabbiosola, Montesanto, Campocieco) per garantire il prosciugamento meccanico dei terreni nel Polesine di S. Giorgio. Dopo l’occupazione napoleonica iniziata nel 1796, i bolognesi pensano di approfittare della mutata condizione politica: vogliono portare il Reno al Po grande come nel progetto di molti anni prima e Napoleone li accontenta iniziando i lavori per lo scavo del Cavo Napoleonico, iniziato nel 1808 e interrotti nel 1811 per il mutare delle condizioni. La presenza di un potere (quello francese) superiore a quelli di tipo localistico sembra poter imporre una visione complessiva dei problemi idraulici del Reno, del Panaro, del Burana e del Po. Il Cavo napoleonico e la Botte di Burana si configurano come una soluzione di ampio respiro al disordine idraulico della zona ed ai danni ingenti lamentati dalle popolazioni locali: devastazioni, allagamenti, perdite di animali e di messi, malattie ed epidemie, persistenza di valli e di acquitrini. Pagina 6 di 87 La bonificazione si diffonde e si consolida con l’introduzione nel 1870 di pompe meccaniche per il prosciugamento dei terreni e il sollevamento delle acque che consente l’arrivo in modo stabile di capitali di rischio italiani e stranieri i quali sostengono gli investimenti per la cosiddetta Grande Bonificazione Ferrarese che si rivolge sia ai terreni del basso ferrarese (come, ad esempio, nelle zone di Codigoro, Tresigallo, Formignana), sia a quelli del medio ferrarese (come, ad esempio, bonifica e prosciugamento meccanico dei bacini di Denore, Benvignante, Montesanto, Martinella e di altri comprensori), sia, infine, ai territori dell’alto ferrarese, come, ad esempio, nella bonifica del Burana, territorio immenso a cavaliere di tre province (Mantova, Modena e Ferrara). Nel 1899 viene inaugurata la Botte del Burana che sottopassa il fiume Panaro: i due fiumi continuano a defluire separati nel Po come nel passato. Nel primo dopoguerra iniziano le opere di prosciugamento delle valli di Comacchio (Valli Pega, Rillo, Ponti, ecc.) e nel secondo dopoguerra vengono interessati dalla bonificazione zone dei comuni di Mesola e Goro e l’area del Mezzano con l'avvento dell'Ente di bonificazione. Si tratta di operazioni imponenti che modernizzano l’agricoltura, danno lavoro a migliaia di braccianti agricoli giornalieri presenti nel ferrarese ed anzi attirano nuova manodopera (la provincia ferrarese ha 135.000 abitanti nel 1800, 230.000 abitanti nel 1880, 310.000 abitanti nel 1910), incentivano la nascita di industrie di trasformazione agricola sul territorio (zuccherifici, canapifici, essiccatoi, ecc.) ed introducono una valenza pubblica e sanitaria interrompendo lo stretto rapporto fra palude e malaria. Nel 1875 oltre il 50% del territorio si presenta improduttivo perché occupato da valli dolci e salse e da prati a pascolo ed il 47% (100.000 ettari) risulta destinato a seminativo mentre il resto era a orti, giardini e frutteti, risaie e boschi. Un secolo dopo, nel 1980, 160.000 ettari sono a seminativo, 30.000 a frutteto, 36.000 ad altre colture, 10.000 occupati da aree vallive mentre sono totalmente scomparsi il prato e il pascolo. Il secondo dopoguerra vede una profonda trasformazione del territorio agricolo, da un lato a causa del lento ripristino della base produttiva danneggiata dagli eventi bellici (distruzioni di zone industriali, di ponti, di ferrovie, ecc.), e dalla fine della produzione della canapa e della filiera industriale ad essa collegata, mentre, dall’altro, vede l’applicazione di non solo nuove una forte tecniche di meccanizzazione sistemazione Pagina 7 di 87 dell’attività agricola, dei campi, l’aumento dell’apparato idrovoro con canalizzazioni e arginature diffuse, ma anche l’inurbamento di molti contadini e il trasferimento nelle aree industriali. Il risultato finale è la scarsa utilizzazione o l’abbandono di molte corti coloniche, di scuole, di torri colombaie, di chiese, di conventi. 1.2. Il paesaggio agrario nell'Alto Ferrarese Il paesaggio europeo è per secoli il risultato della convivenza dell’attività agricola che produce sostentamento per gli uomini con le attività silvo-pastorali che producono da una parte combustibile e materiali da costruzione (legnami, pali, resine, ecc.) e dall’altra producono biomasse alimentari utilizzabili dagli animali (erbe da pascolo, ghiande, ecc.) e dagli uomini (frutti selvatici, castagne, ecc.). L’economia contadina si impadronisce della foresta sia per strappare terreno boschivo e creare nuove aree seminative, sia per usarlo come riserva di combustibile e di legname d’opera, sia, infine, per integrare le pratiche di fertilizzazione utilizzandola come riserva di materia organica vegetale. L’area mediterranea presenta un clima secco o semiarido che lo rende meno fertile dell’area centro-europea che ha terreni di grande fertilità sostenuta dall’abbondante disponibilità di acqua e dalla rapida ricostruzione del manto forestale. Presenta un ecosistema fortemente eterogeneo ma molto fragile che, a fronte di una alterazione dell’equilibrio originale non reintegra facilmente la fertilità del territorio ma, anzi, presenta fenomeni di degrado della copertura vegetale per sovraccarico pascolivo e per l’ampliamento delle superfici coltivate. La valle del Po presenta un caso ancora diverso poiché ha un clima continentale, abbondanti acque freatiche e di superficie, condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo di alberi ad alto fusto ed a foreste di pioppo bianco, di ontano, di frassino, di salice, di olmo. Foreste ed acque stagnati costituiscono una presenza costante nell’area deltizia del Po e l’antropizzazione del territorio porta alla regimentazione delle acque, alla difesa del bosco e della sua funzione di pascolo per gli animali combustibile. Pagina 8 di 87 e di fornitura di La lenta distruzione delle aree boschive all’avanzare dell’agricoltura e delle bonifiche idrauliche impone all’uomo una “riforestazione artificiale ordinata”, cioè la ricostruzione della presenza di alberature per assolvere alla funzione del bosco. Si diffonde il “sistema della piantata” di alberi e viti collocate ai bordi delle aree seminative e le essenze arboree vengono scelte con cura: salici e pioppi per asciugare terreni e fornire pali e fascine; olmi, aceri e frassini per fornire foraggio ai buoi e sostegno alle viti; gelsi per le foglie necessarie all’allevamento dei bachi da seta; noci per produrre olio e legname per mobili; farnie per fare travi e legnami da opera. Le piantate (dette anche “strenne”) si diffondono velocemente fra il ‘400 e il ‘500 e nei contratti di lavorazione delle terre (mezzadri, affittuari, ecc.) viene sempre previsto l’obbligo di piantare gli alberi forniti dal proprietario, di sostituire gli alberi morti con nuove piante, di potare gli alberi con almeno tre anni, e viene imposto il divieto di tagliare alberi verdi. Gli storici documentano che nel Polesine di Casaglia, a nord ovest della città di Ferrara, la bonifica di oltre 1000 ettari di un terreno degli Estensi ha previsto l’invio di ventun famiglie di lavoratori con l’obbligo di effettuare opere idrauliche e di piantare alberi (oltre 50.000 in nove anni) per dotare di viti ed alberi degli appezzamenti di terreni organizzati con fossi, capezzagne e collettori per lo scolo delle acque. Il paesaggio agricolo padano, non solo del ferrarese e delle terre emilianoromagnole ma anche del mantovano, del rodigino, del basso veronese e del basso padovano, è, in sintesi, caratterizzato dai tre elementi agricoli della campagna: la vite, l’alberatura di sostegno e la superficie coltivata a granaglie (cereali, piante da foraggio e piante da rinnovo). La stabilità colturale rispecchia la stabilità sociale ed economica che vede la continuità di una economia poderale di sussistenza, soprattutto in terreni di qualità limitata. La regolarità di impianto degli appezzamenti è conseguente ad un sistema ordinato di regimentazione idraulica e all’organizzazione di opere scolanti che favoriscono una efficace lavorazione della terra. L’agricoltura poderale viene ottimizzata dalla regolarità dei campi arativi alternati ai filari arborati e vitati e la sistemazione permanente dei campi regolati con viottoli, cavedagne, scoline e fossati consente di raggiungere alti valori commerciali. Alberature e viti maritate forniscono non solo vino, frutta, fascine, legna da ardere, da costruzione e da opera, ma anche Pagina 9 di 87 biomassa fresca per sfamare il bestiame tagliando il rigoglioso fogliame dell’olmo ed in parte quello della vite. Merita ricordare che la vite maritata è un sistema di coltura dei vigneti già usata dagli Etruschi e diffusa in molta parte del territorio italiano fino a metà del ‘900: la coltivazione della vite prevede la presenza di un tutore per cui le viti, legate ad alberi disposti in filari (la piantata), sviluppano i loro rami lungo funi legate tra i rami di due alberi successivi. La vite, spesso piantata di fianco al fusto dell’albero, veniva innalzata verso i ramoscelli dello stesso albero e fatta sviluppare lungo i fili, che spesso erano sostenuti in mezzeria da pali secchi per portare il peso dei grappoli, ma in alcuni casi (come nelle terre romagnole) si usava anche la tecnica di pali secchi (di due o tre metri) collegati perpendicolarmente all’albero a circa 2 metri di altezza che sostenevano i fili lungo cui si svolgeva la vite. La soluzione della vite maritata, inoltre, consentiva di sfruttare aree marginali del territorio agricolo per non intralciare la coltivazione dei campi, soprattutto lungo i fossi di raccolta delle acque o lungo i confini delle proprietà. I trattatisti bolognesi prevedevano una piantata semplice (con passo degli alberi di circa 3,00-3,80 metri) o doppia con due filari ai bordi opposti del fossato di scolo. Il passo dei filari variava a seconda delle diverse zone agricole: 35 m. circa nel padovano con 20-30 piante per campo per filari semplici e 45 per filare doppio (densità 50-80-116 piante per ettaro); 35-50 m. nel basso Polesine, e fino a 90 piante per campo (densità 130-180 alberi/ha); 40-50 m. nell’alto Polesine, con 50-70 piante per campo (densità oltre 200 alberi/ha). Ultimo elemento caratterizzante dell’agricoltura poderale sono gli insediamenti rurali sparsi costituiti dalla cosiddetta “corte aperta”, cioè da una corte costituita da una abitazione per la residenza dei coltivatori, da una stalla per ospitare i buoi da lavoro, da eventuali edifici minori come la casella ed il forno e da unità poderali organizzate in appezzamenti regolari delimitati da filari di alberi e viti per consentire un’autosufficienza agro-alimentare ed energetica del nucleo familiare insediato. Alberature piantate di viti ad esse maritate forniscono vino, frutta, legna da ardere, pali di sostegno e biomassa vegetale fresca per il bestiame (come le foglie dell’olmo o il fogliame delle viti) da sfamare in primavera e dopo la raccolta delle messi quando scarseggiano i foraggi freschi. Già nel ‘300 il paesaggio delle piantate viene descritto nei trattati agrari (Pier de’ Crescenzi) e a partire dal ‘600 vengono pubblicati trattati che diffondono l’arte Pagina 10 di 87 dell’innesto e della potatura dei fruttiferi da giardino ma contengono anche norme per gestire correttamente la piantagione degli alberi, per controllare l’ombreggiatura eccessiva, per evitare espansione di radici verso l’area seminativa, per allevare e potare le viti, per curare salici, pioppi e olmi, alberi tipici della piantata padana. Vengono indicate anche le distanze fra due piantate successive (fra i 30 e i 40 metri a seconda dei diversi agrimensori) e il passo degli alberi. La piantata poteva essere semplice o doppia con due filari ai bordi opposti del fossato di scolo. Nella “possessione” tipica ferrarese (il “versuro”) secondo alcuni studi si prevedevano circa 100 alberi per ettaro, quantità che poteva salire fino oltre 200 nell’alto Polesine. Le alberature, fra l’altro, costituivano un rendimento economico per la produzione di pali, di fascine forti e dolci, di zocche dolci da ardere, la cui rendita contribuiva alla rendita totale del podere e che, comunque, contribuivano alla cottura dei cibi ed al riscaldamento invernale. Per non parlare del vino che ha grande diffusione nel periodo rinascimentale, ed assume grande importanza sia sociale che economica, tanto che la viticoltura si diffonde anche su terreni ritenuti oggi inadatti e gli enti benefici distribuivano agli indigenti anche il vino insieme al pane, considerandolo come un bene di prima necessità. Pagina 11 di 87 2. INDAGINE TIPOLOGICA SUGLI INSEDIAMENTI RURALI 2.1. STRUMENTI DI ANALISI DEI CARATTERI TIPOLOGICO-MORFOLOGICI Gli strumenti di lettura e di analisi messi a punto nel corso dello studio sugli insediamenti rurali di interesse architettonico documentale dell’Alto Ferrarese sono costituiti da schede di rilevamento e di catalogazione dei caratteri tipologici riscontrati in organismi edilizi ed architettonici rappresentativi della realtà costruita, integrati da schede di analisi dei caratteri rilevabili in sito per gli edifici rurali analizzati nei vari Comuni. Rilevamento e schedatura sono condotti secondo le diverse scale di lettura, in modo da evidenziare i rapporti a livello edilizio tra gli edifici raccolti attorno ad una stessa corte, i caratteri elementari dei singoli organismi architettonici relativi all'organizzazione spaziale-distributiva, geometrico-formale, fruitivo-funzionale ed alle soluzioni tecnologico-materiche, fino ad individuare singole cellule edilizie e le modalità di aggregazione nei tipi base. L’analisi degli insediamenti rurali tradizionali nella pianura compresa fra il Po, il Po di Primaro, il Panaro ed il Reno è condotta allo scopo di conoscere le caratteristiche tipologiche delle corti rurali, per individuare i caratteri di sostenibilità delle costruzioni e per definire criteri di intervento compatibile. 2.2. CARATTERI TIPOLOGICI DEGLI INSEDIAMENTI RURALI 2.2.1 La struttura delle corti Nell’Alto Ferrarese, come in tutto il territorio provinciale, sebbene non manchino esempi di grandi estensioni terriere di proprietà di un’unica famiglia (tuttora la terra rappresenta l’elemento di maggiore ricchezza di un territorio che altrimenti non possiede molte altre risorse economiche), la dimensione e la tipologia degli insediamenti agricoli non raggiungono la complessità compositiva e funzionale della Pagina 12 di 87 corte lombarda, i cui echi architettonici lambiscono il territorio preso in esame senza però contaminarlo, se non in piccolissime zone dei Serragli. La classica corte padana è espressione di un’agricoltura ricca per livelli elevati di produttività nella coltura dei campi e nell’allevamento del bestiame (emblema di perfetta rispondenza fra una razionale organizzazione della grande e media proprietà terriera e le strutture abitative e produttive), mentre nelle zone analizzate l’instabilità delle acque, la relativa fertilità dei terreni, la articolazione delle proprietà e la diffusione di contratti che non vedono in prima persona il proprietario insediarsi nel fondo e coltivarlo direttamente, comportano l’affermarsi dei complessi rurali di dimensioni minori. L’insediamento agricolo si raccoglie attorno ad una “corte aperta”, cioè a un vuoto organizzato come un “sistema” costruito con una precisa gerarchia, al vertice della quale si trovano gli spazi produttivi (aia, stalla), ed in second’ordine gli spazi di servizio (forno, casella, porcilaia), e le abitazioni. L'organismo edilizio della corte aperta ad elementi separati si presenta come una struttura complessa, dove i singoli fabbricati posti su di un’unica direttrice, oppure sistemati a scacchiera su tre lati si distribuiscono attorno ad uno spazio denominato “aia” secondo aggregazioni diverse e si configurano come elementi autonomi sul piano formale, nella concezione strutturale e nella destinazione d’uso. L’aia è un grande spazio aperto posto in posizione centrale quale elemento di unione e raccolta per tutte le attività aziendali (forse da qui nasce il termine “corte” per l’insediamento agricolo) ed è costituita da uno spazio erboso entro il quale è collocato un piano quadrato di mattoni, detto “aia”: i mattoni, posti di piatto o di lista, sono montati con pendenza sui quattro lati e sui bordi erano collocati di punta a formare un perimetro alto. Alcune interruzioni dei muretti posti sul bordo (i mattoni talvolta sono squadrati ma talvolta anche arrotondati in sommità) consentivano l’allontanamento dell’acqua piovana. L’aia era destinata alla trebbiatura dei cereali e a mantenere le granaglie esposte al sole per garantirne l’essiccazione prima dell’immagazzinamento. Pagina 13 di 87 3 2 1 TIPOLOGIE A CORTE APERTA 1. Tipologia ad elementi giustapposti allineati secondo un asse laterale o mediamo. 2. Tipologia ad elementi separati allineati secondo un asse laterale o mediamo. 3. Tipologia a corte aperta con numerosi corpi di fabbrica: abitazione, stalla, casella, forno, porcile L'accorpamento lineare dell'abitazione con la stalla, rivolte a sud nei casi esaminati, presenta un corpo unico dove abitazione e stalla non presentano sporgenze, né in pianta né in alzato (almeno negli edifici più antichi); tale corpo unico risulta separato da un muro a due teste che spesso emerge dal tetto per costituire una linea taglia fuoco. L’accorpamento di stalla e abitazione può avvenire secondo disposizioni differenti: l'accesso all'abitazione è, di solito, posto sul lato lungo della costruzione ed è rivolto verso l’aia allo stesso modo della stalla, ma nella zona dell’alto ferrarese si sono rilevati anche casi con l’accesso sul lato corto dell'edificio, differenziandosi nettamente dall'accesso alla stalla che rimane sempre sul lato lungo. In quest'ultimo caso l'abitazione risulta rivolta costantemente verso ovest e riprende una disposizione diffusa nell'area rurale bolognese. Quando l’edificio produttivo comincia ad acquistare sempre maggiore importanza il corpo unico si spezza e si ha separazione fra abitazione e stalla, che assume proporzioni maggiori e si arricchisce di portici aperti. Si tratta certamente di un’evoluzione tipologica spontanea operata dagli stessi contadini, ma l’evoluzione tecnica degli elementi separati viene fortificata dalle scuole agronomiche del ‘700, Pagina 14 di 87 che applicano valutazioni di carattere aziendale dando maggiore importanza alla stalla, all’allevamento del bestiame, alle colture estensive e prative oltre che alle tradizionali colture intensive. 2.2.1.a. Sintesi dell’aggregazione a elementi giustapposti Il tipo di aggregazione più antica, che caratterizza i fondi agricoli di minore estensione, in cui la coltivazione della terra serviva originariamente quasi solo al sostentamento della famiglia, è quello a elementi giustapposti, in cui le funzioni abitative e produttive vengono aggregate in un unico fabbricato. Nella maggior parte dei casi la funzione a supporto dell’abitazione è quella di stalla-fienile, ma non mancano gli esempi in cui lo stesso edificio viene caricato anche delle destinazioni di forno, porcile, deposito per gli attrezzi. La consuetudine costruttiva prevede in questa tipologia una pianta rettangolare e compatta, con il fronte principale lungo quasi il doppio del lato corto e disposto di norma e sud, per garantire il massimo soleggiamento dei locali di abitazione, mentre quelli di deposito e dispensa trovano posto a nord. La porzione dedicata all’abitazione si trova generalmente a est, mentre quella produttiva a ovest, per sfruttare la funzione dei venti dominanti di disperdere così l’odore del bestiame. La stalla-fienile è quasi sempre dotata di portico, su uno o due lati, la cui estensione verticale va dal piano di calpestio alla gronda. Con l’incremento dell’esperienza costruttiva, la parte residenziale e quella produttiva, pur rimanendo a contatto, sono state fisicamente separate soprattutto per evitare che eventuali incendi negli ambienti abitativi (il fuoco serviva regolarmente per cucinare cibi e riscaldarsi nel periodo invernale) si propagassero al foraggio depositato al piano superiore della stalla ed alle strutture lignee portanti: sono stati così realizzati, a seconda dei casi, il muro tagliafuoco e la porta morta. La prima soluzione, molto più frequente nelle campagne ferraresi, consiste nella separazione dei due organismi tramite una parete piena a due o tre teste, spesso emergente rispetto alla copertura per 40-50 cm.; la seconda, invero poco presente nelle zone esaminate ma molto efficace, consta in un corpo di fabbrica centrale rispetto ai due principali formato da un androne passante al piano terra – che serve anche da ricovero per i carri – e da stanzette di filtro al piano superiore. Esiste un tipo di aggregazione a elementi giustapposti poco frequente e presente soprattutto nei territori della Partecipanza Agraria, che prevede la collocazione della Pagina 15 di 87 stalla a nord dell’edificio, con la presenza di un tetto a tre falde con il timpano sulla facciata principale e corrispondente alla porzione residenziale del fabbricato. Questa disposizione è poco usata perché, non sfruttando i venti per disperdere l’odore del bestiame, risulta insalubre. In questo come negli altri schemi di aggregazione individuati nella campagna dell’Alto Ferrarese, i materiali utilizzati per la costruzione degli edifici sono quelli tradizionali: mattoni pieni legati con malta di calce per le murature portanti a due teste e per quelle interne a una testa o in foglio, struttura lignea a doppia orditura per i tetti coperti con manto di coppi ferraresi sorretto da un piano di tavelle di cotto, legno (raramente voltine in foglio) per i solai intermedi, pavimentati in ammattonato. Le pareti esterne possono essere sia faccia a vista sia intonacate, ma quest’ultima finitura è – almeno originariamente – più diffusa: l’intonaco è una superficie di sacrificio e aiuta a proteggere le murature dalle aggressioni endogene. Le dimensioni dei vani interni, piuttosto piccoli, si adattano alla morfologia degli elementi utilizzati. 2.2.1.b. Sintesi della corte agricola aperta a elementi separati L’aumento delle dimensioni dei fondi agricoli e la necessità di incrementare il numero dei capi di bestiame, non solo per il sostentamento personale ma anche per la lavorazione di aree di terra sempre più estese, dal XVIII secolo rende sempre più importante la parte produttiva della corte, che diventa un fabbricato indipendente e di dimensioni significative, destinato a ospitare al piano terra il bestiame e al piano superiore il foraggio. Maggiori sono le dimensioni e la complessità della corte, più numerosi sono i corpi di fabbrica che la compongono: in molti casi sono presenti anche il porcile, il pollaio, il forno separato dall’abitazione e la “casella”, ossia il deposito per gli attrezzi agricoli, che in corti particolarmente ricche assume la dignità della “barchessa”, molto più diffusa però in territorio lombardo-veneto. I modelli di aggregazione della corte aperta sono essenzialmente due: nel primo gli edifici sono allineati secondo una delle facciate o secondo l’asse mediano, con gli ingressi principali orientati a sud; nel secondo i fabbricati sono più di due e sono raccolti attorno a uno spazio centrale rettangolare, ossia l’aia, che funge da spazio esterno per il lavoro e che ancora oggi, anche in taluni casi di corti abbandonate, conserva la pavimentazione originaria in ammattonato. Pagina 16 di 87 Molto più raramente si hanno aggregazioni non compiutamente classificabili, in cui gli edifici assumono posizioni varie. Nel Ferrarese, l’aggregazione degli edifici della corte non raggiunge mai una complessità e una ricchezza tali da giustificare la presenza di corti chiuse a formare i veri e propri borghi che caratterizzano il paesaggio della campagna lombarda, mentre non mancano sporadici esempi di ville suburbane con barchesse simmetriche rispetto al corpo centrale residenziale, numerose invece nel Veneto. 2.2.2. Tipologie e composizione della stalla-fienile La centralità della struttura produttiva della vita contadina è sottolineata dalla gerarchia dei volumi costruiti, fra i quali emerge appunto la stalla-fienile: si tratta di un edificio imponente costituito da una grande tettoia elevata, a due o quattro acque, sotto cui si distinguono due spazi, il portico e la stalla, sopra la quale insiste il fienile. Il portico, spazio di ricovero di carri e di attrezzi agricoli, può svilupparsi su uno, due o tre lati dell'edificio oppure su due lati paralleli; solo nell’ultimo caso l’accesso alla stalla, sempre rivolta a sud, non è situato sotto il portico, mentre nelle altre disposizioni il portico è in corrispondenza dell'accesso dei bovini alla stalla, per consentire anche l'abbeveramento del bestiame al riparo anche durante le intemperie ed i mesi freddi. La tipologia più frequente prevede la presenza del portico su un solo lato, preferibilmente posto a ovest, ma sono presenti frequenti casi di portici su due o tre lati, tipico,quest’ultimo, degli edifici di grandi dimensioni destinati a molti capi di bestiame; il portico è sempre tamponato a nord, per riparare i capi di bestiame e le attrezzature dai venti di tramontana. L’importanza nella corte agricola della stalla-fienile è dovuta non solo all’imponente mole, ma anche al ruolo che riveste nella vita dei conduttori del fondo agricolo: l’allevamento dei bovini è fondamentale sia per la produzione di latte e carne, sia perché essi sono l’unico efficace mezzo di traino per gli attrezzi agricoli fino all’avvento della Rivoluzione Industriale. Parimenti, è essenziale la presenza di un grande ambiente per la conservazione del foraggio per alimentare gli animali. Le dimensioni delle stalle-fienili sono rilevanti. In linea generale si può affermare che quelle con il portico su uno e su due lati si concentrano su una superficie di almeno Pagina 17 di 87 360-400 m2 ma alcune arrivano fino a 560-600 m2 con lati di almeno 17-18 m. sul fronte e di 17-20 m. sul prospetto trasversale. Lo studio delle dimensioni mostra anche un altro dato significativo: il rapporto fra i lati indica una buona concentrazione di stalle a pianta quadrata o quasi quadrata (infatti il rapporto a/b risulta variabile da 0,8 a 1 nella maggioranza dei casi). Al pianterreno dell’edificio produttivo è di norma presente un ambiente unico, rettangolare, sul cui asse maggiore sono presenti due porte che si fronteggiano per garantire l’aerazione dell’ambiente e, a fianco di queste, due piccole aperture simmetriche (a lunetta o rettangolari). Il grande vano è suddiviso in tre corsie: quella centrale distribuisce due serie di poste. Il portico può essere su un lato, su due contigui, su due paralleli, su tre lati. La stalla è organizzata secondo una regola fissa: un corridoio centrale di accesso ed una serie di "poste" ai due lati per accogliere i bovini a due a due. Un accesso secondario contrapposto a quello principale, in corrispondenza del corridoio centrale, consente una rapida aerazione, un percorso breve per il trasporto del letame che viene accumulato all’esterno sul lato nord ed anche una via di fuga supplementare in caso di incendio. Due piccole aperture simmetriche, generalmente a lunetta, poste ai lati degli accessi, garantiscono una aerazione costante della stalla anche in corrispondenza delle poste. Pagina 18 di 87 Lo spazio funzionalmente tripartito della stalla è cadenzato da una serie di pilastri che suddividono il corridoio dalle poste (con passo mediamente compreso fra 2,50 e 2,75 m.) e che sorreggono il solaio del fienile. Le poste, ossia le postazioni per i bovini, sono separate da muretti bassi e provviste di mangiatoie: sono dimensionate per contenere due bovini per posta e per consentire il loro ingresso e l’uscita e sono tendenzialmente quadrate per cui hanno larghezza 2,50-2,75 m. La prima posta, spesso quello a destra, è parzialmente occupata da un locale chiuso con un cancelletto: da un’apertura del solaio veniva calato dal fienile il foraggio da distribuire nelle mangiatoie. Al piano superiore è presente il grande ambiente del fienile, circondato dai pilastri che sorreggono la copertura; la ventilazione è garantita dalla completa apertura dell’ambiente sul portico a doppia altezza e dalla frequente presenza di aperture, che a seconda della zona geografica possono essere piccole finestre ma più spesso gelosie, formate da mattoni disposti a griglia o, più recentemente, da pezzi speciali in cotto. La copertura, con manto di coppi ferraresi, ha struttura portante lignea la cui complessità dipende dall’ampiezza delle luci: si possono avere travi principali tra loro parallele o capriate, semplici o palladiane. Pagina 19 di 87 Essendo la fabbrica più importante della corte, la stalla-fienile ha un’architettura curata e un’impostazione planimetrica che ne garantisce la solidità, benché il punto debole siano i pilastri che talvolta appaiono troppo snelli. L’altezza utile del vano “stalla” è limitata per favorire il carico del fieno e per contenere le dispersioni di calore prodotte dagli animali: le stalle, infatti, costituivano l’unico ambiente caldo ove i contadini trovavano riparo dal freddo invernale e potevano condurre attività produttive (filatura, lavorazione del legno per produrre attrezzi, ecc.) o ricreative. La successiva evoluzione della stalla con destinazione ad allevamento di bovini da latte o da carne (abbastanza frequente nell’alto ferrarese) porta a realizzare ulteriormente sotto la stessa copertura un’altra fila di poste o una ulteriore doppia fila di poste che raddoppia la capienza di bovini. Il fienile corrisponde al volume posto sopra la stalla, la quale, chiusa superiormente da un solaio, fornisce il piano di appoggio del foraggio per il sostentamento del bestiame nel periodo invernale. Lo spazio destinato a fienile veniva proporzionato in base al prevedibile fabbisogno di foraggio durante i mesi invernali. La stalla-fienile presenta un impianto imponente sia che il portico sia posto su uno o due lati contigui, sia soprattutto che arrivi ad estendersi su due lati paralleli o su tre lati. La maglia strutturale delle stalle, cioè la griglia ortogonale che individua gli assi della struttura portante discontinua, è caratterizzata da pilastri di laterizio che sorreggono la copertura e che sono disposti, oltre che lungo il perimetro esterno della costruzione, anche all’interno in modo da circondare la vera e propria stalla, cioè il vano destinato ad ospitare gli animali. La costante ripetitività di questa disposizione consente di individuare, nella direzione perpendicolare alla facciata principale, due, tre o quattro assi (rispettivamente per stalle senza portico, con uno o due portici laterali), che individuano una o due o tre campate, di cui una, quella che contiene la stalla, ha, come detto, dimensioni rilevanti (7,50-8,25 m. di interasse). In direzione trasversale, invece, non esiste una regolarità di tessitura, ma si rilevano tre, quattro, cinque campate talvolta a passo costante ed altre volte con dimensioni molto diverse (variabili con punte, in corrispondenza del portico anteriore, di oltre 6,00 m.) ed i pilastri sono disposti spesso più raffittiti in modo da rendere più frequenti i punti di trasmissione a terra dei carichi permanenti ed accidentali della copertura e di quelli derivanti dal fieno posto sopra Pagina 20 di 87 il solaio della stalla, che solo parzialmente sono sostenuti dai pilastrini interni alla stalla stessa che cadenzano la sequenza delle “poste”. La stalla-fienile era la "fabbrica agricola" del passato, cioè il cuore del processo produttivo dell’agricoltura perché conteneva le “macchine” (i bovini) ed il “carburante” (il fieno). La sua importanza, oltre che dalle altezze dei pilastri (raramente la linea di gronda è meno di 7 m.) e dall’imponenza dei volumi, è sottolineata anche da un altro segno: verso la sommità dei pilastri in oltre due terzi dei casi si trova un rilievo realizzato con una o più file di mattoni sporgenti rispetto al filo inferiore che richiamano i capitelli delle colonne classiche e sottolineano la snellezza e l'importanza statica del pilastro. 2.2.3. Tipologie e composizione dell’edificio di abitazione L’unità minima per la composizione dell’abitazione è il cassero, ossia un locale di forma pressoché quadrata, con possibilità di avere aperture su tutti i fronti. La luce del solaio che lo chiude superiormente dipende dalla lunghezza massima delle travi lignee che ne compongono l’orditura principale e di norma non supera i cinque metri. L’operazione meno onerosa e più razionale per ampliare il cassero è raddoppiarlo in altezza, costituendo due locali collegati da una scala ripida e spesso lignea: in questo caso il piano terra funge da cucina e quello superiore da stanza da letto, poiché essendo posto a una quota superiore a quella del terreno, è protetto dalle eventuali allagamenti. Il raddoppio laterale è il passo successivo per dar luogo alla tipologia più semplice di abitazione, ossia quella detta del bracciante, con quattro locali utilizzabili, almeno due dei quali dotati di camino. Pagina 21 di 87 2 1 3 2 1 Edificio abitativo di due piani fuori terra, a cui, talvolta, si aggiunge un piano di sottotetto. Tuttavia, per raggiungere la tipologia residenziale più diffusa nel territorio dell’Alto ferrarese bisogna operare il raddoppio in profondità: due doppi casseri affiancati simmetricamente a un androne centrale passante (detto portico) formano la casa mezzadrile, con almeno due ambienti dotati di camino (i vani anteriori laterali) e il vano scala ampliato e ospitato tra due dei casseri laterali. Le aperture finestrate, due per vano, si trovano agli spigoli degli ambienti interni e sono dotate di sguinci per favorire l’ingresso della luce solare; gli infissi vetrati sono lignei come gli scuri pieni. Pagina 22 di 87 3 2 1 2 1 1 3 2 1 2 3 2 1 1 L’abitazione mezzadrile è a tre casseri. L’ingresso è nel cassero centrale. La pianta a tre casseri con ingresso centrale (il portico) quando si raddoppia in profondità (tipologia b) presenta la scala posizionata generalmente fra due vani. La stereometria della copertura può essere a due o a quattro falde; quando queste sono due, la gronda corrisponde ai prospetti principali, tranne nelle case della Partecipanza agraria, dove le facciate principali sono in corrispondenza del colmo e sono quindi dotate di timpano su cui spesso si apre un oculo tondo centrale. Di norma, se le abitazioni non hanno subito modificazioni nel tempo, non sono dotate di latrine, che si trovano all’esterno della corte e, nei locali al piano terra adibiti a magazzini e cantine, il pavimento è spesso più basso del piano di campagna. Il vano scala è a due rampe, in legno a vista o con struttura lignea pavimentata in ammattonato; più raramente, per non sottrarre troppo spazio agli ambienti di abitazione, la scala è a rampa unica, molto stretta, ed è posta in cucina o lungo uno dei lati del portico. Gli ambienti al piano superiore sono identici a quelli del piano terra, con la differenza che non sempre sono chiusi superiormente da solai, ma spesso da semplici arellati Pagina 23 di 87 per evitare che il calore si disperda attraverso il tetto. Se invece il sottotetto dell’abitazione funge da granaio ed è quindi utilizzabile e dotato di piccole finestre, i solai sono presenti per reggere il peso delle granaglie e il vano scala si prolunga, anche se le rampe sono più anguste e quasi sempre di legno a vista. La casa mezzadrile è la tipologia più diffusa, ma esistono anche aggregazioni più complesse, destinate a ospitare più famiglie o progettate per essere vere e proprie residenze di campagna: in questo caso vengono spesso aggiunte ali laterali o, se la struttura rimane a blocco, si utilizzano travi lignee più lunghe per aumentare la dimensione dei vani interni, la tessitura muraria è più accurata e sono presenti decorazioni sia come marcapiano, sia in gronda. Non mancano infine gli esempi di abitazioni affiancate da piccoli oratori di famiglia, costruite sovente in corti di dimensioni ragguardevoli. Se si fa riferimento alla gestione economica dell’azienda agricola l’abitazione può ricondursi a due tipi fondamentali: l’una, la casa per braccianti, organizzata secondo due cellule sovrapposte, talvolta raddoppiate in profondità, con accessi sui due lati dell'edificio per creare unità abitative indipendenti, e accorpate in linea in modo da costruire edifici seriali di dimensione trasversale costante: le famiglie dei braccianti erano più piccole di quelle dei mezzadri perché sopravvivevano a fatica con il salario del lavoro stagionale e, vivendo in affitto, occupavano uno o due vani. L’altro tipo di abitazione, la casa per mezzadri o fattori (famiglie numerose organizzate in modo patriarcale), più articolata ma ancora con pianta a forma rettangolare, è costituita da tre cellule base (cassi o casseri) affiancate longitudinalmente: nel cassero centrale è collocato l'ingresso (con accesso da sud) che si caratterizza come un connettivo orizzontale, detto "portico" già nel periodo estense (denominazione che si trova sui documenti degli agrimensori ferraresi e modenesi); ai due lati si collocano i vani abitabili, di cui almeno uno è adibito a cucina con il camino posto tra le due finestre esposte a sud. Il portico è uno spazio comune in cui si svolgono attività domestiche come la tessitura. Quando il modulo "vano-connettivo-vano" (tre casseri) viene raddoppiato in profondità (oltre i due terzi dei casi esaminati), i vani posti a nord vengono adibiti quasi sempre a spazi di servizio, quali legnaie, deposito degli attrezzi agricoli, ricovero per animali domestici. Sono vani esposti a nord che frequentemente non Pagina 24 di 87 presentano una sola finestra per limitare, con ogni probabilità, le dispersioni termiche. Non di rado si riscontra un affiancamento alla casa “mezzadrile” di moduli a cellule sovrapposte destinati ad accogliere i “famigli” (famiglie congiunte di fratelli coniugati, ad esempio) che affiancavano il mezzadro nella conduzione del fondo, e successivamente, con l’introduzione del contratto di bovaria, destinati ai salariati che prestavano la forza lavoro per la conduzione della “possessione”. La copertura delle abitazioni è spesso a due acque e su tutte le facciate si rilevano cornicioni aggettanti realizzati con due o tre corsi di mattoni sfalsati fra loro e sporgenti rispetto al piano del paramento murario esterno. 2.2.4. Cenni agli edifici accessori Accanto all’abitazione e alla stalla-fienile, gli edifici più importanti della corte, sono presenti altri fabbricati di dimensioni minori, ossia il complesso di porcile, pollaio e forno. Non sempre si sono conservati nel tempo, a causa dell’abbandono delle corti agricole e alla debolezza delle strutture. Talvolta il complesso dei proservizi si trova giustapposto all’abitazione o a essa addossato, oppure isolato e disposto attorno all’aia. La forma costruttiva più semplice è quella costituita da un edificio unico, in cui il forno ha la bocca rialzata dal piano di campagna, sotto il quale è presente il vano per la legna affiancato al porcile cui si sovrappone il pollaio; il piccolo fabbricato è dotato di una tettoia o un portico antistante e, talora, è interessante dal punto di vista architettonico per la presenza di elementi decorativi. Nelle forme più complesse è presente un piano rialzato, accessibile da una scaletta esterna, che ospita la colombaia. In alcuni casi il forno e il complesso porcile-pollaio sono separati. Nelle corti di maggiore ampiezza e di funzionamento più complesso è presente anche la casella, ossia un deposito per gli attrezzi e le balle di fieno; essa non raggiunge quasi mai, come detto, le dimensioni e l’importanza che assume la barchessa nel territorio lombardo-veneto. La casella è un fabbricato rettangolare, su pilastri, con campata unica sul lato corto e due o più campate sul lato lungo; il lato nord è quasi sempre tamponato per riparare l’edificio dai venti e la costruzione è in mattoni, con pilastri a tre o più teste legati con malta. La copertura, di solito a due acque, è realizzata con travi lignee o Pagina 25 di 87 con capriate, ed ha il sottomanto in tavole lignee o tavelle e coperto in coppi ferraresi. 2.2.5. Materiali e tecnologie costruttive I materiali fondamentali sono due: il legno locale per le strutture orizzontali (solai) e inclinate (coperture) e i laterizi, prodotti in numerose fornaci sparse sul territorio ed anche nelle golene. Il legno impiegato per le strutture orizzontali e quelle inclinate di copertura è di modeste qualità meccaniche (sugli argini dei fiumi abbondavano il pioppo, il salice, il rovere, le querce di pianura) e di limitato sviluppo del fusto con sezione abbastanza costante, per cui in molte zone le luci coperte delle abitazioni sono di dimensioni contenute, attorno ai 4,20-4,60 m. ma talvolta possono raggiungere anche i 5,00 m. I solai intermedi sono strutturati a doppia orditura, con le travi principali, due o anche più, poste parallelamente alla facciata dell'edificio, in modo da insistere sulle murature con minori aperture rispetto a quelle che delimitavano le facciate principali (due finestre per vano), i travetti secondari avevano un passo differente in funzione della soluzione adottata per il piano di calpestio: con le tavelle di cotto (mattoni ferraresi più sottili) si aveva un passo di circa 30 cm. mentre con l’assito regolare (meno diffuso perché più oneroso) il passo aumentava. Stessa tecnologia veniva usata per la realizzazione delle coperture: da una serie di travi monodirezionali, parallele alla facciata principale, sormontate da travetti secondari raffittiti per portare le tavelle di cotto che costituivano il piano di appoggio continuo del manto di copertura in coppi, o, più raramente, posti a distanza maggiore e sormontati da un assito con tavole lignee più o meno regolari. Nelle abitazioni le murature continue sono costantemente di due teste, almeno nelle membrature perimetrali, mentre si rilevano casi anche di una sola testa nelle murature interne. Pochi e semplici erano gli elementi di decoro: il davanzale era talora realizzato con un corso di mattoni inclinato verso l’esterno ed il cornicione presentava una sporgenza di due o tre corsi di mattone (di circa 4-5 cm. dal filo della muratura per ogni corso) in modo che i coppi sporgessero a loro volta facendo cadere l’acqua un po’ lontano dalla muratura. Pagina 26 di 87 Anche nelle stalle il laterizio assume un ruolo importante sia per realizzare i pilastri che si stagliano snelli, sia per realizzare le murature di chiusura della stalla o di altri vani accessori, sia per realizzare le gelosie. I pilastri della stalla-fienile sono posti ad interasse molto variabile (fra i 3,60 a i 5,80 m.); il vano destinato a stalla è chiuso sui quattro lati da muratura a due teste posta fra i pilastri interni posti sul perimetro del vano che ospita gli animali. La copertura del fienile, a causa delle luci sostenute fra i pilastri, viene realizzata con travi di legno di sezione notevole. E' abbastanza frequente il ricorso a capriate nelle coperture a padiglione per mantenere la pendenza omogenea della copertura, ma sono sempre in numero limitato (una, al massimo due) e possono talvolta presentare saettoni. Le membrature verticali di laterizio non si presentano mai organizzate secondo una tessitura regolare, e mentre i piani delle commessure orizzontali sono abbastanza regolari risultano, invece, totalmente casuali gli sfalsamenti verticali: tale irregolarità è imputabile, con ogni probabilità, sia a ragioni economiche (alto costo dei mattoni) che imponeva anche l’impiego di mattoni spezzati o irregolari che venivano forniti dalle numerose fornaci sparse nel territorio circostante, sia alla conoscenza del fatto che le murature continue lavorano staticamente “a massa” e non sono certo le piccole aperture (porte, finestre) lasciate con regolarità nella muratura che possono mettere in crisi tale funzionamento. Una perfetta regolarità di tessitura, infatti, si rileva invece nei pilastri, come quelli dei portici della stalla-fienile, che sono di sezione quadrata di quattro o cinque teste. Il trattamento costantemente diverso della tessitura della muratura continua (irregolare), e delle strutture puntiformi (regolari), consente di affermare che non era carente la conoscenza delle risposte prestazionali del materiale laterizio alle sollecitazioni meccaniche verticali, ma si faceva affidamento sull'effetto massa solo nel caso di comportamento a struttura continua, mentre la concentrazione dei carichi su un'area limitata come quella di un pilastro di mattoni (si può tranquillamente parlare di carichi concentrati dell’ordine di 5-7 tonnellate in funzione dell’area di influenza di ciascun pilastro), imponeva un'accurata posa in opera dei mattoni stessi secondo criteri di sfalsamento regolare dei giunti, che creavano, a causa della loro posizione, un legame forte e duraturo in tutto lo sviluppo verticale dell'elemento tecnico costruito. A conferma di quanto esposto si rileva diffusamente una tessitura irregolare nelle murature a due teste che costituiscono l’involucro del Pagina 27 di 87 vano stalla: la muratura irregolare veniva messa a ridosso della muratura a tessitura regolare dei pilastri. Si trovano, infine, soluzioni di pilastri doppi in corrispondenza dell’ingresso alla stalla: sono raddoppiati sia i pilastri sul bordo esterno del portico sia quelli interni in corrispondenza della muratura della stalla. Non di rado questi pilastri sono uniti alla base ed in sommità da muratura munita, talvolta, di eleganti soluzioni a muratura curva. In certe zone dell’Alto Ferrarese, specialmente nel territorio di Poggio Renatico, vengono usate travi incurvate di dimensioni ragguardevoli, ricavate da alberi appositamente coltivati, chiamate cavalle. Esse sostengono una serie concentrica di travi secondarie e infine il piano sottomanto, che può essere in tavole di legno o tavelle. Il solaio, costruito sulle murature perimetrali e su pilastri o colonne fiancheggianti la corsia centrale: in alcuni casi si trova ancora la doppia orditura lignea, ma spesso è realizzato con profili di acciaio e voltine in foglio, a botte o a cupola ribassata: la presenza di laterizi e travi metalliche al posto del legno garantisce, oltre a una maggiore portanza, anche un riparo per i bovini contro eventuali incendi che dovessero propagarsi nel fienile. La maggior parte dei fienili nel territorio dell’Alto Ferrarese ha prospetti semplici, senza elementi decorativi, ma sono frequenti anche gli edifici in cui il portico è arricchito da archi – a tutto sesto o a sesto ribassato – o con pilastri accoppiati, dotati di piccoli capitelli geometrici o a doppio ordine. Anche la cornice di coronamento, che di norma è costituita da un dormiente ligneo, talvolta è scalettata o con file di mattoni disposti a spina di pesce. Sono presenti anche esempi di fienili intonacati con decorazioni in stucco: maggiore è l’importanza della corte e più ricco il territorio, maggiore è la cura con cui le stalle-fienile sono progettate. Pagina 28 di 87 2.3 LE SCHEDE DI RILEVAMENTO 2.3.1. Analisi dei contenuti Per meglio individuare i caratteri tipologici delle corti e dei singoli edifici presi in considerazione, nel tempo e grazie a studi già effettuati sulle corti agricole di diverse zone del territorio ferrarese, sono state elaborate alcune tabelle tematiche che sintetizzano i caratteri tipologici rilevanti dell’architettura rurale. Le categorie prese in considerazione per la descrizione delle corti e dei fabbricati sono diverse e coprono diversi ambiti distributivi e costruttivi degli organismi. Alcune delle specificità evidenziate si riferisce sia all’edilizia abitativa che produttiva, mentre altre caratteristiche ineriscono solo a una delle due. 2.3.1.a. Considerazioni – Organismo edilizio – architettonico Tale caratteristica tipologica prende in considerazione l’organizzazione planimetrica della corte e dell’edificio, e l’impianto geometrico del fabbricato: le categorie graficizzate negli schemi semplificati derivano dai lunghi studi svolti sull’architettura rurale, sia dal punto di vista bibliografico, sia grazie all’osservazione diretta dei contesti e al rilievo speditivo effettuato su un certo numero di manufatti. Come si può vedere dai grafici, l’impianto distributivo complessivo è comune ad architettura residenziale e produttiva e identifica la disposizione degli edifici nella corte, mentre differenti sono gli schemi distributivi delle singole tipologie edilizie che, come si è detto in precedenza, corrispondono ai più comuni tipi aggregativi. Per la casa di abitazione, si hanno il cassero semplice, il cassero doppio, la casa del bracciante e quella del mezzadro e altri schemi meno comuni ma rintracciabili sul territorio. Per il fienile, invece, la distinzione tra l’impianto si fa sul numero e la posizione del portico. Dal punto di vista altimetrico-volumetrico vengono individuate le tipologie più diffuse; in particolare, nel fienile ha un ruolo la presenza di un solaio intermedio. 2.3.1.b. Considerazioni – Sistemi costruttivi Pagina 29 di 87 Il fabbricato preso in esame può essere analizzato dal punto di vista dei sistemi costruttivi, ossia degli elementi che costituiscono le strutture portanti orizzontali e verticali. La tradizione costruttiva del territorio alto-ferrarese, ma anche di tutta la zona padana che storicamente non ha a disposizione cave di materiali lapidei né boschi di legno pregiato, ha nel laterizio l’elemento basilare della cultura costruttiva delle strutture portanti verticali, mentre per i solai e le coperture è tradizionalmente usato il legno di pioppo. Oltre alla tipologia dei materiali utilizzati, molto importante è il modo in cui sono usati per la costruzione degli edifici rurali: in questa parte dello schema sinottico vengono perciò distinte le fondamentali caratteristiche degli schemi costruttivi, suddivisi in elementi di fabbrica portanti verticali (setti murari e pilastri) e orizzontali (solai e coperture). Per quanto concerne i sistemi costruttivi verticali, si sono presi in considerazione la tessitura muraria delle pareti portanti – tradizionalmente a due teste e più raramente a tre teste – e lo spessore dei pilastri portanti, presenti prevalentemente nei portici delle stalle-fienili e nelle caselle. Riguardo i sistemi portanti orizzontali, essi si suddividono in solai e copertura. Riguardo i solai, tradizionalmente la suddivisione è tra strutture in laterizio e strutture di legno. Le prime sono caratteristiche dei solai a voltine o a volte, tipici delle stalle, mentre l’orditura lignea è maggiormente riscontrabile nella tipologia residenziale. In epoche più recenti sono stati maggiormente usati i solai di laterocemento o altri materiali non pertinenti l’architettura storica, che sono anch’essi presenti nella schematizzazione proposta. La copertura, fatti salvi i casi in cui siano stati effettuati interventi recenti, è tradizionalmente composta da un’orditura lignea portante, su cui viene impostato il piano di posa del manto di copertura, che può essere di tavelle in cotto o tavolato di legno. Se per l’edilizia residenziale, date le luci limitate, è frequente che l’orditura portante sia composta di travi principali e travetti secondari, nei fienili non di rado si trovano capriate semplici o con saettoni, per coprire campate maggiori. 2.3.1.c. Considerazioni – Sistemi distributivi funzionali Pagina 30 di 87 L’edilizia residenziale rurale è caratterizzata, oltre che dalla distribuzione planimetrica, anche dall’impianto altimetrico: raramente essa supera i tre piani e solo in rari casi, quelli in cui l’edificio sia una residenza di importanza rilevante, l’ultimo piano ha una funzione abitativa. Molto spesso infatti esso era adibito a granaio, con la copertura a vista e piccole finestre senza telai a vetri che avevano la funzione di garantire la ventilazione, per evitare che le granaglie marcissero. Vi sono inoltre elementi di fabbrica puntuali, sempre presenti nel fabbricato, che connotano gli interni e che hanno posizioni diverse a seconda della tipologia: essi sono il corpo scale e i camini. Il primo, nella tipologia più comune della casa mezzadrile, occupa uno degli ambienti affiancati al portico passante, mentre negli impianti più semplici è a giorno e situato in una delle stanze di abitazione. Il camino, dato che nella maggior parte dei casi le finestre si trovano agli spigoli degli ambienti, occupa la porzione centrale di muratura ed è addossato alle facciate principali; nel territorio di Poggio Renatico, che subisce l’influenza dei tipi edilizi bolognesi, non è infrequente invece che le stanze siano illuminate da una singola finestra centrale: in questi casi il camino occupa le pareti laterali ed è sempre centrale rispetto al perimetro del vano. 2.3.1.d. Considerazioni – Sistemi morfologico - funzionali Scendendo maggiormente nel dettaglio dell’impianto architettonico, nell’edilizia rurale sono presenti elementi puntuali, formali e funzionali, che identificano i tipi edilizi, siano essi a vocazione residenziale che produttiva. Grande importanza assume la forma degli accessi pedonali e carrabili, distinguibili dalla forma rettangolare o con arco soprastante, che di norma è a tutto sesto o a sesto ribassato (ma non mancano aperture di forma ogivale, specie negli edifici sorti o restaurati a fine Ottocento). Caratterizzanti sono anche le bucature delle finestre e delle aperture di piccole dimensioni per dare luce e aria agli interni: le finestre delle abitazioni hanno spesso una proporzione simile alla sezione aurea, anche se è difficile dire se esista un pensiero progettuale dietro questa circostanza o se l’armonia delle dimensioni di larghezza e altezza sia frutto dell’esperienza costruttiva. Importante è la presenza di gelosie nei fienili, ossia di piccole aperture disposte a grata e ricavate con l’uso decorativo dei mattoni o, più recentemente, con formelle di cotto appositamente prodotte. Pagina 31 di 87 Altri elementi formali e funzionali importanti sono la stereometria della copertura, la presenza e la forma dello sporto di gronda, la presenza di basamenti e la morfologia dei portici. 2.3.1.d. Considerazioni – Elementi costruttivi di base Dov’è possibile accedere all’interno dei fabbricati e osservarne gli aspetti di cultura materiale più minuta, è interessante annotare la finitura delle chiusure verticali, l’uso dei materiali di pavimentazione e di copertura. Essendo, come già visto, i materiali tradizionali di costruzione il cotto e il legno, si troveranno essenzialmente finiture che li utilizzano 2.3.2. I criteri di analisi impiegati I criteri di studio analitico riportati al punto precedente relativi alla organizzazione delle corti e delle tipologie edilizie sviluppati per un’analisi approfondita sono stati riorganizzati in modo sintetico per poter essere agevolmente utilizzati per la definizione dei caratteri tipologici degli insediamenti di valore architettonico e storico-testimoniale dell’architettura rurale dell’Alto Ferrarese. Sono stati pertanto elaborati alcuni strumenti di lavoro che consentono di individuare le corti sul territorio, classificarle secondo le loro caratteristiche identificative e quindi raggrupparle per distribuzione geografica ed elementi distintivi; allo stesso tempo, vengono analizzati i singoli edifici che compongono le corti prese in esame evidenziando i caratteri tipologici distintivi e schematizzandoli in una tabella che li individua con schemi grafici. Per semplicità, sono state prese in considerazione solo alcune delle caratteristiche costruttive tipiche dell’architettura rurale, non dimenticando che i fabbricati sono da analizzare caso per caso nella loro unicità; tuttavia l’estensione del territorio, il numero di corti e la necessità di prenderle in considerazione per la loro futura tutela impongono di semplificare e sistematizzare gli elementi di maggiore importanza per garantire una lettura più possibile esauriente del patrimonio architettonico rurale dell’area esaminata. Pagina 32 di 87 Il rilevamento dei caratteri tipologici e tecnologici degli edifici è avvenuto tramite l’uso di una scheda organizzata che consente di individuare facilmente tipo e connotazioni della costruzione. La scheda è divisa in due parti per evidenziare le connotazioni caratteristiche dei due edifici principali (produttivo e residenziale): A – Organismo edilizio architettonico – comprende informazioni su: impianto planimetrico e altimetrico - a livello edilizio (organizzazione della corte rurale) - a livello architettonico (organizzazione degli spazi interni) - a livello altimetrico (suddivisione in funzione dei piani fuori terra) elementi di fabbrica portanti - portanti continui (tipi di murature) - portanti discontinui (tipi di pilastri) B – Sistemi morfologico funzionali – comprende informazioni su: elementi di fabbrica puntuali (posizione scala e camino), elementi di fabbrica formali e funzionali (accessi, aperture, stereometria delle coperture). La scheda, volutamente sintetica, è differenziata per edifici produttivi e per edifici residenziali: le differenze riguardano aspetti specifici dei due edifici e delle rispettive destinazioni d’uso. Pagina 33 di 87 SCHEDA DI RILEVAMENTO – EDIFICI PRODUTTIVI Pagina 34 di 87 SCHEDA DI RILEVAMENTO – EDIFICI RESIDENZIALI Pagina 35 di 87 2.4. SCOMPOSIZIONE DEI CARATTERI TIPOLOGICI RILEVATI ESPLICAZIONE DELLA GRAFICA CONTENUTA NELLE SCHEDE A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.1. Impianto planimetrico della corte colonica Corte rurale aggregata o a scacchiera: edificio produttivo, edificio residenziale, edifici di servizio (casella, forno, porcile). Aggregazione a elementi giustapposti con allineamento laterale. Aggregazione a elementi separati con allineamento laterale. Aggregazione a elementi giustapposti con allineamento assiale. Aggregazione a elementi separati con allineamento assiale. Aggregazione con elementi a disposizione diversificata. Edificio produttivo (stalla-fienile) isolato (attualmente). Abitazione isolata (attualmente). Pagina 36 di 87 A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.2. Impianto planimetrico degli edifici residenziali Cellula base (cassero) con ingresso su un lato del fronte. Larghezza del cassero mediamente non superiore a 5 m. Sull’altro lato del vano è collocata una finestra. Cellula base raddoppiata sul linea longitudinale (due casseri). Il modulo senza porte ha due finestre ai lati. Accoppiamento di cellula base con mezza cellula (un cassero e mezzo). Il modulo senza porte ha due finestre ai lati. Due cellule base con mezza cellula centrale (due casseri e mezzo). Accesso dal mezzo cassero centrale. La casa mezzadrile presente tre casseri affiancati. I due moduli senza porte hanno due finestre ai lati. Due cellule base con accesso sul fronte trasversale. Soluzione di raddoppio in profondità della cellula base. Raddoppio di due cellule e mezzo in profondità. L’accesso è realizzato nel mezzo cassero da cui si accede ai vani laterali. Di solito c’è una porta secondaria opposta all’accesso per comunicare con lo spazio aperto retrostante. Raddoppio in profondità dei tre casseri. Si accede alla casa dal cassero centrale (portico) che ha anche una porta posteriore. E’ la tipologia della casa mezzadrile più diffusa. Soluzione poco diffusa che riprende tipologie dell’area bolognese. Pagina 37 di 87 A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.3. Impianto planimetrico degli edifici produttivi Edificio produttivo (stalla-fienile) con portico laterale. Edificio produttivo (stalla-fienile) con portici su due lati paralleli. Edificio produttivo (stalla-fienile) con portici su tre lati. Edificio produttivo di servizio (casella). Edificio produttivo (stalla-fienile) con portici su due lati contigui. Pagina 38 di 87 A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.4. Impianto altimetrico degli edifici produttivi Edificio produttivo (stalla-fienile) con portici a tutt’altezza. Edificio produttivo (stalla-fienile) con un portico a tutt’altezza e ed uno suddiviso da solaio intermedio. Edificio produttivo (stalla-fienile) con un portico a tutt’altezza. Edificio produttivo (stalla-fienile) con solaio crollato, totalmente o parzialmente. Edificio produttivo costruito con criteri funzionali e tecnologici del ‘900. Pagina 39 di 87 A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.5. Impianto altimetrico degli edifici residenziali Edificio residenziale a due piani. Edificio residenziale composito: una parte ad un piano ed una parte a due piani. Edificio residenziale a un piano. Edificio residenziale a tre pian o a due piani e sottotetto. Edificio residenziale composito: una parte ad due piani ed una parte a tre piani. Edificio residenziale a due piani ma con andamento differenziato del tetto. Edificio residenziale contenuto nell’edificio produttivo. Pagina 40 di 87 A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.6. Elementi di fabbrica portanti – Elementi verticali continui Muratura portante ad una testa. Si può trovare come struttura di divisione di spazi interni negli edifici residenziali. Muratura portante a due teste a tessitura regolare. Raramente rilevabile nelle costruzioni rurali tradizionali. Muratura portante a due teste a tessitura irregolare. Tessitura diffusa sia negli edifici residenziali che negli edifici produttivi. Muratura intonacata. Pagina 41 di 87 A. ORGANISMO EDILIZIO-ARCHITETTONICO A.7. Elementi di fabbrica portanti – Elementi verticali discontinui Pilastro ligneo (collocazione nella stalla a sorreggere solaio del fienile). Si può trovare sollevato dal piano di appoggio tramite alcuni corsi di mattoni. Pilastro di mattoni a due teste, di solito a sezione quadrata ma non di rado realizzato con mattoni a lunetta (collocazione nella stalla a sorreggere solaio del fienile). Talvolta è intonacato e presenta spigoli smussati. Spesso è ornato con capitelli. Pilastro di mattoni a tre teste. Pilastro di mattoni a quattro teste. Sono i pilastri più diffusi. Sono spesso ornati con capitelli realizzati con uno o più corsi di mattoni sporgenti. Pilastro di mattoni a cinque teste. Sono sempre ornati con capitelli realizzati con uno o più corsi di mattoni sporgenti. Pilastro di mattoni a sei teste. Pagina 42 di 87 B. SISTEMI MORFOLOGICO-FUNZIONALI B.1. Elementi di fabbrica puntuali – Copertura Copertura lignea con travi principali parallele alla facciata (soluzione diffusa in tutta la pianura). Si rileva nella abitazione e nelle caselle. Copertura a capriata. Si rileva nelle stalle. Copertura a triangolo indeformabile. Si rileva negli edifici produttivi (raramente). Copertura a doppia orditura con travi grezze non sagomate. Dettaglio costruttivo. Copertura di portico con struttura triangolare negli edifici produttivi. Copertura di edificio produttivo con capriata centrale e doppia orditura sui portici. Copertura di edificio produttivo con capriata centrale e doppia orditura sul portico. Copertura di casella con capriata. Pagina 43 di 87 B. SISTEMI MORFOLOGICO-FUNZIONALI B.2. Elementi di fabbrica formali e funzionali – Accessi Accesso all’edificio residenziale con piattabanda. Accesso all’edificio residenziale con lunetta. Accesso all’edificio produttivo con architrave. Accesso all’edificio produttivo con arco a sesto ribassato. Soluzione rilevata con grande frequenza. Pagina 44 di 87 B. SISTEMI MORFOLOGICO-FUNZIONALI B.3. Elementi di fabbrica formali e funzionali – Aperture Finestre rettangolari (abitazioni). Si trovano edifici in cui il rapporto fra altezza e larghezza è riconducibile al rapporto aureo della classicità (rapporto di circa 1,61) Le finestre al piano primo delle abitazioni vengono raramente rimaneggiate. Finestre rimaneggiate. Di solito si trovano al piano terra delle abitazioni. Finestre molto rimaneggiate in larghezza. Aperture in corrispondenza delle poste nelle stalle. La soluzione è a piattabanda leggermente arcuata. Aperture in corrispondenza delle poste nelle stalle. La soluzione è a piattabanda orizzontale. Aperture in corrispondenza delle poste nelle stalle. La soluzione è a lunetta. Muratura esterna dei fienili realizzata con aperture a gelosia. Proteggono il fieno dalle intemperie (e dai rischi di fermentazione) e nel contempo consentono la aerazione del vano. Aperture nel sottotetto: possono essere rettangolari o ellittiche o , più raramente, rotonde. Pagina 45 di 87 B. SISTEMI MORFOLOGICO-FUNZIONALI B.4. Elementi di fabbrica formali e funzionali – Stereometria delle coperture Copertura a due acque simmetrica. Copertura a due acque asimmetrica. Copertura a quattro acque. Edifico a corpi giustapposti. Copertura a tre acque della stalla e copertura a due acque nell’abitazione. Copertura a padiglione. Copertura a tre acque. Copertura a quattro acque con spiovente pronunciato su un lato corto. Pagina 46 di 87 3. ANALISI DEGLI INSEDIAMENTI DI VALORE ARCHITETTONICO E STORICO-TESTIMONIALE 3.1. Schede di analisi delle corti nei vari territori comunali La scomposizione degli elementi caratteristici delle costruzioni rurali, frutto di anni di esperienza di studio dell’edificato diffuso nel territorio ferrarese ha portato, come si è visto, all’individuazione di numerose caratteristiche morfologiche, che sono state graficamente sintetizzate. L’analisi effettuata sulle corti dell’Alto Ferrarese ha preso in considerazione centinaia di insediamenti rurali ed è stato necessario semplificare le tabelle di individuazione degli elementi costruttivi, riducendo il numero di evidenze prese in considerazione e Tabella delle caratteristiche costruttive degli edifici di abitazione suddividendo gli schemi per tipologia insediativa: se la prima parte relativa all’impianto della corte è comune, differenti invece sono le aree dedicate Pagina 47 di 87 all’organismo architettonico e ai sistemi funzionali, suddivise in abitazione ed edifici produttivi. La tabella di individuazione degli elementi architettonico-costruttivi è la parte più importante della scheda di individuazione e analisi delle corti e degli edifici rurali nell’Alto Ferrarese. La scheda infatti si compone di diversi elementi, che permettono di collocare corte e fabbricato sul territorio indicandone il Comune in cui si situa, l’indirizzo, il toponimo Esempio di scheda di analisi dell’architettura rurale dell’Alto Ferrarese se esiste, la posizione catastale. Vengono poi inserite due immagini per identificare l’edificio: la foto aerea e una foto d’insieme. Infine, sono presenti la scheda di analisi e sintesi e una breve descrizione dello stato di fatto: è interessante notare che questa parte di scheda contiene già considerazioni che vanno oltre la semplice descrizione poiché contengono un giudizio sullo stato di conservazione, sulla presenza di elementi caratteristici dell’architettura tradizionale, sul valore architettonico e testimoniale del fabbricato. Si tratta perciò di un elemento di novità rispetto a una tradizionale schedatura, per due ragioni: graficizza le caratteristiche precipue dell’architettura che si prende in Pagina 48 di 87 esame ed esprime un giudizio di merito, che può abbozzare le prime indicazioni progettuali e di conservazione per tutelare i beni censiti. 3.2 Tavole di distribuzione degli elementi tipologici sul territorio Le corti incluse nel censimento sono state individuate grazie al documento preliminare del PSC dell’Associazione intercomunale dell’Alto Ferrarese, che include i Comuni di Bondeno, Cento, Mirabello, Poggio Renatico, Sant’Agostino e Vigarano Mainarda. Le corti censite sono quelle che hanno valore architettonico e valore storicotestimoniale. Le prime, che sono numericamente la minoranza, hanno maggiore importanza dal punto di vista distributivo, storico e decorativo mentre le seconde, presenti in numero molto più elevato, hanno valore in quanto testimonianza della tradizione costruttiva e insediativa. Accanto alla schedatura dei singoli edifici facenti parte delle corti agricole, si è ritenuto di notevole interesse sintetizzare la distribuzione tipologica e morfologica di corti e fabbricati sul territorio, attraverso la stesura di tavole grafiche di sintesi, ottenute sulla base delle Carte Tecniche Regionali. Come si è visto, molteplici sono i caratteri distintivi dell’architettura rurale e sarebbe stato impossibile dare a ognuna una rappresentazione grafica perciò si è proceduto a semplificazioni dell’analisi che consentono comunque di distribuire le corti secondo i loro principali elementi distintivi. Nel caso in cui nella stessa corte siano presenti più edifici aventi la medesima funzione, sia residenziale sia produttiva, è stato individuato il fabbricato che svolge la funzione in maniera principale: a questi edifici vanno riferite le caratteristiche morfologiche da analizzare e in base alla loro disposizione spaziale reciproca viene determinata la tipologia di corte. Allo stesso scopo, per determinare la tipologia degli alzati, si prende in esame la sola facciata principale, intendendo per tale generalmente quella sud, sia per gli edifici residenziali sia produttivi o, per questi ultimi, quella con il portico. Non vengono invece prese in considerazione la stereometria delle coperture, né la disposizione e funzione dei locali interni, i materiali costitutivi e la collocazione dei camini. Tali caratteristiche sono infatti presenti nelle schede analitiche delle singole Pagina 49 di 87 fabbriche, ma risultano ridondanti per la distribuzione statistica delle corti sul territorio alto-ferrarese. Riconosciuti gli edifici principali bisogna ricondurli all’archetipo originale, depurando l’analisi dalle eventuali modifiche morfologiche e strutturali avvenute nel tempo, tanto più evidenti quanto più lungo e intensivo è stato l’uso delle fabbriche. L’operazione è possibile grazie all’osservazione dei materiali costituenti gli edifici: ad esempio, nei fabbricati a vocazione produttiva si riconoscono quelli di recente utilizzo a tamponamento dei portici e quale sia la tipologia originaria. Non di tutte le corti sono stati individuati con precisione la tipologia e la distribuzione originari: in caso di pesanti ristrutturazioni o di abbandono con crolli parziali, la lettura viene compromessa. Le tavole grafiche sono composte dalla planimetria del Comune cui sono riferite, da alcune schede di sintesi delle caratteristiche distributive delle corti e dei singoli fabbricati, dai diagrammi che sintetizzano le statistiche di distribuzione degli edifici sul territorio e da una legenda. La schedatura viene condotta secondo differenti criteri di lettura: i rapporti spaziali e distributivi tra gli edifici appartenenti alla stessa corte sono evidenziati da una codifica cromatica, i caratteri elementari dei singoli organismi da una codifica alfanumerica. La codifica cromatica utilizza i seguenti colori: - GIALLO, per la disposizione definita “a corte aperta”, quando l’edificio residenziale è posto ortogonalmente rispetto quello produttivo ed entrambi affacciano su un medesimo spazio, ossia l’aia; - ROSA, quando non c’è ortogonalità tra gli edifici e l’aia presenta una forma irregolare; questa disposizione “a corte aperta” risulta “casuale”; - VERDE, quando l’edificio residenziale, separato da quello produttivo, si presenta allineato ad esso rispetto a uno dei fronti principali; - VIOLA , quando gli edifici principali sono allineati su assi di simmetria preferenziali col lato maggiore sempre orientato a meridione; - ROSSO, per un unico edificio a elementi giustapposti, aventi funzione di abitazione e stalla, i cui accessi sono allineati sul fronte principale; - BLU, per un unico edificio a elementi giustapposti, aventi funzioni di abitazione e stalla, i cui accessi sono ortogonali tra loro; Pagina 50 di 87 - AZZURRO, per un edificio isolato nella corte, che svolge un’unica funzione, residenziale o produttiva. GIALLO ROSA VERDE BLU ROSSO VIOLA AZZURRO La codifica alfanumerica è differente per gli edifici residenziali e per quelli produttivi. Edifici residenziali: - R1, per abitazioni di dimensioni pari a un “cassero” sia nella forma singola sia nella composizione ottenuta dal “raddoppio laterale” di due o più moduli base; questi edifici sono costruiti per ospitare in ogni singola unità una famiglia di braccianti; - R2, per abitazioni a tre moduli aventi una loggia centrale di larghezza pari a mezzo “cassero” e le stanze laterali di larghezza pari a un “cassero”; contraddistinte dallo sviluppo su tre piani, tali abitazioni sono adatte a contenere famiglie di coltivatori; - R3, per abitazioni a tre moduli nella composizione “cassero”- mezzo “cassero”“cassero” utilizzate come alloggio per la famiglia del mezzadro; - R4, per abitazioni a due moduli che presentano una stanza di larghezza pari a un “cassero” abbinata ad un corridoio laterale di larghezza pari a mezzo “cassero”; mediante un “raddoppio laterale” (con varianti nella disposizione degli ambienti) si ottengono edifici adatti ad ospitare due famiglie distinte; Pagina 51 di 87 - R5, per abitazioni a tre moduli tutti di dimensioni pari a un “cassero” aventi una loggia centrale di larghezza uguale a quella degli ambienti laterali; possono presentare l’aggiunta di un piano nel sottotetto caratterizzato da finestre ribassate. Tutti gli edifici residenziali hanno un primo piano ottenuto mediante il “raddoppio in altezza” per favorire le condizioni di salubrità degli ambienti dove dormire. Per ogni tipologia sopra elencata esistono due varianti, “a” e “b”, contraddistinte dal fatto che avvenga o meno il “raddoppio in profondità” dei moduli base. La tipologia “a” presenta profondità degli edifici pari a un “cassero” (casa bracciantile), quella “b” pari a due “casseri” (casa mezzadrile). Si ottengo perciò dieci combinazioni possibili. Edifici produttivi: - P1, per stalle-fienili sprovviste di portico; - P2, per stalle-fienili con un portico laterale presente sul lato maggiore dell’edificio; - P3, per stalle-fienili con un portico frontale davanti all’ingresso dell’edificio; - P4, per stalle-fienili con due portici laterali presenti su entrambi i lati maggiori dell’edificio; - P5, per stalle-fienili con portico a “L”, ottenuto dalla combinazione di portico frontale e laterale; - P6, per stalle fienili con portico a “C”, ottenuto dalla combinazione di portico frontale e doppio laterale. Tale classificazione, ottenuta considerando solo la planimetria degli edifici produttivi, necessita di uno studio sugli elementi architettonici che caratterizzano il portico. Si completa la precedente suddivisione planimetrica con la seguente suddivisione altimetrica degli edifici produttivi: - A, quando il portico è composto da pilastri semplici; - B, quando il portico presenta “doppi pilastri” cioè composto da coppie di pilastri ravvicinati tra loro; - C, quando il portico è costituito da “doppi pilastri” marcati da archi sia a tutto sesto sia a sesto ribassato; talvolta lo spazio tra i pilasti viene tamponato lasciando la tipica apertura a forma di ovale allungato; Pagina 52 di 87 - D, quando il portico è caratterizzato da arcate sia a tutto sesto sia a sesto ribassato. Si ottengono pertanto ventiquattro combinazioni. Gli edifici a elementi giustapposti vengono classificati analizzando sia la parte residenziale sia quella produttiva come fossero fabbricati separati: unicamente la codifica cromatica definisce la loro disposizione in un solo corpo edilizio. 3.3 Le frequenze tipologiche nei vari territori comunali Per ogni comune si rappresentano con grafici a torta la disposizione della corte, le tipologie residenziali, quelle produttive (nelle suddivisioni planimetrica e altimetrica); con grafici a barre le loro possibili combinazioni. Bondeno Nel comune di Bondeno, che è il maggiore in estensione dei Comuni facenti parte dell’associazio ne dell’Alto Ferrarese, sono state individuate 115 corti. Quasi un terzo di esse è a scacchiera, con gli edifici raccolti attorno all’aia; è interessante notare tuttavia un particolare non presente nella cartografia, ma che distingue il territorio bondenese da quello degli altri Comuni: se la generalità della zona geografica è caratterizzata da una povertà insediativa diffusa, dovuta al fatto che il Ferrarese è sempre stato invaso dalle acque e l’uomo ha dovuto lottare costantemente per strappare metro a metro la terra dalle inondazioni, almeno parte di Bondeno – comunque anch’esso sorto dalle Pagina 53 di 87 bonifiche – risente dell’influenza di zone geografiche più ricche: propaggini del Comune si insinuano infatti nei territori di Mantova e Modena, storicamente più ricchi e più stabili dal punto di vista idrogeologico. La premessa è necessaria per osservare come, a differenza della maggior parte delle corti a scacchiera presenti nell’Alto Ferrarese, composte prevalentemente di due o tre edifici, nella zona di Bondeno non è raro trovare corti più grandi e più ricche, in cui spesso ogni edificio è distinto per funzione: si trovano qui la maggior parte dei forni ancora conservati, dei porcili, delle caselle. Tuttavia, si osserva che in questo Comune, come negli altri, sono presenti in gran numero corti dalla disposizione più semplice e povera: più di due terzi degli insediamenti si suddividono tra edifici a elementi giustapposti (con netta prevalenza di quelli giustapposti frontalmente), corti con fabbricati allineati secondo l’asse mediano o la facciata principale, corti con disposizione casuale ed edifici isolati. Riguardo la diposizione planimetrica degli edifici residenziali, la metà del campione è del tipo R3, ossia la tipica casa mezzadrile con loggia di larghezza metà dei casseri addossati; il 21% è del tipo R4, ossia la casa mezzadrile con ingressi gemelli, mentre gli edifici rimanenti si suddividono in percentuali simili tra le tipologie R1, R2 e R5. La distribuzione dei tipi nelle corti vede, ovviamente, una prevalenza di R2 in ogni tipologia insediativa; la proporzione non vede comunque picchi particolari, ma una distribuzione pressoché equanime degli impianti distributivi nelle diverse corti. Riguardo alla suddivisione planimetrica dei fabbricati a vocazione produttiva, si osserva che il 61% delle stalle-fienili appartiene ai tipi P2 o P3, divisi equamente: si può certamente affermare che il tipo P3 sia presente nei fabbricati a elementi giustapposti. La maggioranza degli edifici produttivi è quindi di tipo semplice, con portico su un solo lato, anche se nel territorio bondenese le dimensioni delle stallefienili è di norma maggiore rispetto a quella riscontrata negli altri Comuni. Il resto del campione si suddivide in modo piuttosto omogeneo tra le tipologie rimanenti. L’altimetria degli edifici produttivi è invece varia, con una netta prevalenza dei tipi A e D, ossia il più semplice e quello relativamente più complesso. Il 15% degli edifici produttivi è caratterizzato dal portico con doppi pilastri intervallati da aperture a oculo, mentre l’11% con pilastri raddoppiati: questi tipi caratterizzano le costruzioni più ricche dal punto di vista decorativo, com’è tipico del Comune. Pagina 54 di 87 Anche per quanto concerne il rapporto tra l’abitazione e la stalla-fienile, si osserva una distribuzione molto varia dei tipi edilizi riscontrati, segno di una certa varietà costruttiva. Si può pertanto affermare che, per la sua posizione geografica e per l’estensione territoriale, il Comune di Bondeno sia quello che offre la campionatura più interessante di corti ed edifici. Pagina 55 di 87 Cento Nel comune di Cento sono state individuate 15 corti. Studiando come sono disposti gli elementi nella corte, si osserva una netta maggioranza, con ben il 60% sul totale, di edifici con formazione a corte quinto aperta; del un totale è invece occupato da corti nelle quali edifico residenziale fienile e stallasono Pagina 56 di 87 giustapposti frontalmente; il restante viene suddiviso quasi equamente tra edifici singoli, corti aperte con elementi a disposizione casuale e corpi giustapposti longitudinalmente. Non compaiono casi di corti ad elementi separati sia nella disposizione allineati sul fronte sia in quella allineati sull’asse. La prevalenza così massiccia di corti a scacchiera è tipica dell’appoderamento della Partecipanza Agraria, in cui gli appezzamenti di terreno sono piccoli e le corti sono composte da edifici di modeste dimensioni ma con la rigorosa distinzione tra fabbricati residenziali e immobili a vocazione produttiva. Per quanto riguarda gli edifici residenziali oltre la metà dei casi analizzati, precisamente il 53%, è della tipologia R3; il 20% è composto dalla tipologia R5; il 13% da quella R4 mentre i casi R1 ed R2 compaiono entrambi solo per il 7% del totale. Tutti gli edifici residenziali analizzati presentano la comune caratteristica nell’avere profondità pari a due “casseri”. Per gli edifici produttivi il 43% è costituito dalla classificazione P1 tutti della tipologia A; le classificazioni P2, P3, P5 e P6 occupano ciascuna il 14% del totale mentre della classificazione P4 non compare alcun caso. Risulta P2 unicamente di tipologia A, P3 composto solo da tipologia D e P6 da quella B, infine P5 diviso in ugual maniera tra la tipologia A e quella D. La classificazione P1 è presente nel 44% delle corti aperte; P2 e P3 sono ugualmente divise tra corti aperte e quelle con edifici giustapposti frontalmente; P5 e P6 compaiono solo in corti aperte. Il 100% dei casi B sono presenti in corti aperte, così pure i 2/3 della tipologia A che da sola occupa il 64% del totale dei casi esaminati, mentre gli edifici produttivi con profilo altimetrico D il 21% sempre del totale. Insistono su corti aperte con elementi a scacchiera 5/8 delle tipologie Pagina 57 di 87 residenziali R3 e 2/3 di quelle R5; la totalità dei casi R4 sono giustapposti frontalmente con una stalla-fienile. Tutte le corti dove compaiono edifici produttivi P5 e la metà dei casi delle corti con P1, presentano abitazioni della tipologia R3; proprio quest’ultima combinazione R3-P1 costituisce il 21% del totale esaminato. Altre combinazione rilevanti sono quelle tra corti aperte e P1, e quelle tra corti aperte e R3, che corrispondono rispettivamente al 29% e al 33% del totale dei casi. Pagina 58 di 87 Mirabello Nel comune di Mirabello vengono analizzate 17 corti. Studiando come sono disposti gli elementi nella corte, si osserva che gli edifici con formazione a corte aperta sono il 47%; il 29% sono corti a elementi giustapposti frontalmente; il 12% sono corti a elementi separati allineati sul fronte, mentre il restante viene suddiviso equamente tra corti a elementi giustapposti longitudinalmente ed edifici singoli. Non compaiono casi di corti a elementi separati allineati sull’asse. Per quanto riguarda gli edifici residenziali la maggioranza è data della tipologia R3, con il 41% del totale, a seguire le tipologie R4, R1 ed R5 rispettivamente con il 29%, 18% e 12%; mentre della tipologia R2 non è presente alcun caso. Tutti gli edifici residenziali analizzati presentano la comune caratteristica di avere profondità pari a due “casseri”. Per gli edifici produttivi la quota maggiore, cioè il 31%, è costituita dalla classificazione P2 tutti della tipologia D; proprio questa altimetria occupa esattamente il 50% dei casi analizzati. Un quarto degli edifici produttivi appartiene alla classificazione P4 mentre, con il 13%, sono presenti P1, P3 e P6. Prospetti della tipologia A sono prevalenti nelle classificazioni P1 e P4. La combinazione P2-D costituisce il 31% del totale. Pagina 59 di 87 Si osserva che i 4/5 dei casi P2 e ben la metà dei casi D, sono presenti in corti a elementi giustapposti frontalmente; mentre i 3/4 dei casi P4 e i 3/5 dei casi A, compaiono in corti aperte con disposizione a scacchiera. La tipologia residenziale R1 si presenta al 67% in corti a elementi giustapposti frontalmente e con la medesima percentuale è abbinata a edifici produttivi classificati P2. In corti aperte si possono ritrovare il 71% dei casi della tipologia R3 mentre residenziali R5 edifici sono unicamente presenti in corti a elementi separati allineati sul fronte. Il 75% degli edifici produttivi P4 è abbinato a residenziali della tipologia R3; la combinazione R3-P4 corrisponde al 19% del totale dei casi esaminati. Sia 2/5 degli edifici residenziali della tipologia R4 sia 2/3 di quella R1, compaiono assieme a produttivi classificati P2; entrambe le combinazioni corrispondono al 13% del totale. Sia un edificio produttivo della classificazione P2 sia uno della tipologia D appaiono nella disposizione a elementi giustapposti frontalmente nel 25% del totale dei casi, mentre un edificio residenziale R3 è presente in una corte aperta nel 29% dei casi. Pagina 60 di 87 Pagina 61 di 87 Poggio Renatico Nel comune di Poggio Renatico sono state individuate 84 corti. Analizzando la disposizione degli edifici nella corte non si osservano maggioranze significative; la formazione con edifico produttivo e residenziale giustapposti frontalmente, occupa, con il 29%, il maggior numero dei casi. Altre disposizioni rilevanti sono quella a corte aperta, che occupa il 23% del totale, quella a elementi separati allineati sul fronte con il 20% e quella a edifici singoli con il 14%. Corti a elementi separati allineati sull’asse, corti con giustapposti edifici lateralmente e corti aperte con edifici a disposizione casuale occupano rispettivamente il 7%, 5% e 2%. Per gli edifici residenziali la quota maggiore, con il 49%, è rappresentata dalla tipologia R3; il 18% da R1; il 15% sia dalla tipologia R4 sia da R5, mentre solo il 3% dai casi da R2. Sono rari gli edifici residenziali analizzati che hanno profondità di un solo “cassero” e corrispondono al 5% del totale. Per gli edifici produttivi il 41% è costituito dalla classificazione P2; rispettivamente il 27% e 23% del totale sono costituiti dalle classificazioni P4 e P1; P3 compare nel 7% dei casi mentre la classificazioni P5 e P6 compaiono entrambi solamente nell’1% dei casi. La tipologia A, che costituisce il 58% dei produttivi analizzati, è presente nell’89% dei casi P1 e nel 72% dei casi P2; la tipologia B, che costituisce il 35% del totale, è presente nel 71% dei casi P4; infine i 3/5 della classificazione P3 ha caratteristiche altimetriche della tipologia D. La combinazione P2-A risulta essere la più frequente costituendo il 29% delle tipologie produttive analizzate. Un terzo degli edifici produttivi classificati P1 è presente sia nella disposizione a elementi giustapposti frontalmente sia in quella a corte aperta; il 71% dei produttivi, giustapposti frontalmente nella corte, sono P2 e quest’ultima combinazione Pagina 62 di 87 rappresenta il 22% del totale. Le classificazioni P3 e P4 sono composte da elementi separati allineati sul fronte rispettivamente nei 4/5 e 1/3 dei casi e gli edifici produttivi isolati presentano caratteristiche planimetriche P4. Edifici produttivi classificati P3 e P4 sono presenti in corti a elementi separati allineati sul fronte rispettivamente nell’80% e nel 33% dei casi; gli edifici produttivi isolati presentano caratteristiche planimetriche P4. La tipologia A è presente nel 58% dei casi delle corti aperte, nel 75% dei casi delle corti ad elementi giustapposti frontalmente e nella totalità dei casi di quelli giustapposti lateralmente; il 75% dei casi della tipologia D compare in corti a elementi separati allineati sul fronte, mentre quella B risulta quasi equamente distribuita rispetto alle varie disposizioni. Degli edifici residenziali giustapposti frontalmente le tipologie R1 e R3 occupano entrambe 1/3 dei casi. Il 67% degli edifici residenziali isolati presenta caratteristiche Pagina 63 di 87 della tipologia R3, essa compare inoltre nel 71% dei casi della disposizione a elementi separati allineati sul fronte. Quest’ultima combinazione risulta essere presente nel 15% rispetto al totale dei casi esaminati. Alla tipologia residenziale R3 viene abbinato il 33% dei produttivi P1, il 43% dei P2 e il 65% di quelli P4; il 67% della tipologia R4 è abbinato a produttivi classificati P2, infine il 38% dei casi R1 è associato sia alla classificazione P1 che a quella P2. La combinazione R3-P2 costituisce il 18% del totale analizzato. Pagina 64 di 87 Sant’Agostino Nel comune di Sant’Agostino vengono studiate 28 corti. Analizzando la disposizione degli edifici nella corte, si osserva una composizione così distribuita: la formazione a corte aperta, che rimane la più numerosa, occupa il 32% del totale; il 21% è occupato da corti con elementi giustapposti frontalmente; l’11% sia da corti ad elementi separati, allineati sul fronte, sia da corti aperte con disposizione casuale e ben il 18% da edifici singoli. Una percentuale minima, rispettivamente del 3% e 4%, è occupata da corti dove edificio residenziale produttivo e sono giustapposti longitudinalmente e da corti ad elementi separati allineati sull’asse. Per gli edifici residenziali la quota maggiore, con il 42%, è rappresentata dalla tipologia R3; il 19% sia dalla tipologia R2 sia da R4; il 16% da R5 mentre solo il 4% dei casi da R1. Sono molto rari gli edifici residenziali con profondità di un solo “cassero”, presenti con percentuale inferiore all’1%. Per gli edifici produttivi il 24% è rappresentato sia dalla classificazione P2 sia da P4; rispettivamente il 20%, 16% e 12% del totale sono occupati dalle classificazioni P5, P1 e P6 mentre la classificazione P3 compare solo nel 4% dei casi. La tipologia A, che occupa il 64% delle corti analizzate, compare nella totalità dei casi di P1 e P3, nei 5/6 dei casi P2 e nei 2/3 di P4 e P6. Edifici produttivi classificati P5 presentano prevalentemente le altimetrie B e C. In corti ad elementi separati allineati sul fronte sono presenti 2/3 dei casi di P6; la metà dei casi, sia di P1 sia di P2, sono in corti con elementi giustapposti frontalmente. Il 44% degli edifici produttivi della tipologia A è presente in corti aperte, mentre il 31% degli stessi insistono su corti con elementi giustapposti frontalmente. I casi della tipologia C sono presenti unicamente in corti aperte, sia con disposizione a scacchiera sia casuale; quelli D in corti ad elementi sperati, sia nella disposizione Pagina 65 di 87 allineati sul fronte sia in quella allineati sull’asse, mentre la tipologia B è quasi equamente presente nelle varie disposizioni della corte. Degli edifici residenziali presenti in corti aperte, il 45% dei casi sono della tipologia R3 e la metà della tipologia R5; invece ben il 60% dei casi della tipologia R4 è presente in corti con elementi giustapposti frontalmente. Residenziali della tipologia R2 sono al 40% edifici isolati nella corte, mentre per il restante 60% vengono indifferentemente abbinati a edifici produttivi della classificazione P4, P5 e P6. Infine nella metà delle corti aventi un residenziale della tipologia R5 si trova un produttivo classificato P4. Combinazioni che prevedono un edifico residenziale R3 oppure un produttivo A presenti su corti aperte corrispondono rispettivamente al 19% e 28% sul totale delle corti esaminate. Pagina 66 di 87 Pagina 67 di 87 Vigarano Mainarda Nel comune di Vigarano Mainarda sono state individuate 26 corti. Il primo parametro da considerare è la disposizione degli edifici nella corte: la distribuzione prevalente è quella a corte aperta, che rappresenta il 35% del totale delle corti, mentre il 33% è composto da edifici giustapposti perpendicolarmente. La presenza di un numero così elevato di fabbricati a elementi giustapposti si spiega ricordando la storia del territorio di Vigarano, confinante e in parte incluso nella Diamantina, zona di bonifica estense e, quindi, di un appoderamento molto antico. Gli appezzamenti in concessione ai coltivatori di erano piccole dimensioni perché sorgevano sui dossi bonificati, e servivano quasi esclusivamente alla sussistenza della famiglia contadina. Il 16% del totale è rappresentato da corti con elementi allineati rispetto a uno dei fronti, il 7% da edifici allineati rispetto all’asse di simmetria, il 7% da edifici isolati e il 2% da corti a elementi sparsi. Non sono presenti corti in cui il fabbricato a elementi giustapposti longitudinalmente. Riguardo alla tipologia degli edifici residenziali, la grande maggioranza – 63% – è costituita da fabbricati di tipo mezzadrile, con la distribuzione cassero-mezzo cassero-cassero; il 18% è rappresentata dalla categoria R4, mentre il 18% dalla tipologia R3. Solo il 5% sul totale appartiene al tipo R5, ossia la casa mezzadrile con loggia centrale di larghezza pari a un cassero. In generale, quindi, le abitazioni sono di dimensioni modeste e servivano corti di dimensioni non troppo estese. Riguardo la disposizione planimetrica degli edifici produttivi, il 50% dei fabbricati si suddivide equamente tra il tipo P2 e P3, mentre il restante 50% si distribuisce in modo pressoché paragonabile tra le tipologie P1, P4 e P5. Non sono presenti fienili dalla Pagina 68 di 87 planimetria di tipo P6, segno che le corti hanno edifici produttivi modesti: vale quindi lo stesso ragionamento degli edifici residenziali. In merito alla distribuzione altimetrica, quasi la metà dei fabbricati è di tipo A, mentre i tipi B e C sono rispettivamente il 29% e il 21%. Solo il 4% è di tipo D. Anche nell’impianto altimetrico si nota pertanto una prevalenza di tipi edilizi semplici, segno di una modestia costruttiva, che rifletteva la relativa povertà dei tenutari dei fondi. Il rapporto planialtimetrico negli edifici produttivi mostra una come per i tipi P1 e P2 prevalga una disposizione altimetrica di tipo A: alla semplicità in pianta si accompagna quindi un’analoga essenzialità altimetrica; più variamente distribuite in altezza sono invece le tipologie P3, P4 e P5: a maggiore ricchezza planimetrica corrisponde una maggiore complessità degli alzati. Distribuite in modo del tutto equo sono invece le categorie altimetriche e planimetriche dei fienili nelle differenti categorie di corte; allo stesso modo non c’è una netta prevalenza di corrispondenza tra il tipo residenziale e quello produttivo. Per il Comune di Vigarano, pertanto, si può concludere che la caratteristica preponderante è la semplicità degli insediamenti, corrispondente alla modesta estensione degli antichi poderi e all’evoluzione storica del territorio, che è tra quelli che maggiormente hanno dovuto combattere contro l’acqua che invadeva le aree poi bonificate. Pagina 69 di 87 Pagina 70 di 87 4. CONSIDERAZIONI SUI PARAMETRI AMBIENTALI E TIPOLOGICI PER UNA PROGETTAZIONE SOSTENIBILE 4.1. LA COMPLESSITÀ DELLA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO RURALE ESISTENTE La caratterizzazione degli insediamenti rurali nella campagna ferrarese, costituiti da corti agricole con abitazioni e stalle imponenti, sparsi sul territorio in modo apparentemente casuale, connota fortemente il paesaggio e testimonia la storia sociale ed economica del nostro passato. La conservazione di un vasto patrimonio come questo richiede la definizione di una politica che sappia mediare fra il mantenimento dei caratteri tipologici degli organismi costruiti e la possibilità di apportare trasformazioni adeguate al cambiamento di destinazione d’uso e che riesca a identificare i gradi di libertà che devono essere lasciati nel ridefinire gli aspetti spaziali e tecnologici del nuovo progetto. Si tratta certamente di un problema complesso, che varia da contesto a contesto, e che richiede una coerente metodologia nell’acquisire la conoscenza del contesto naturale e costruito e la definizione di un percorso progettuale e di una corretta interpretazione delle prescrizioni normative. La conoscenza della realtà naturale e costruita si acquisisce tramite lo studio dei caratteri ambientali del contesto, condotto attraverso l’interazione “lettura-analisisintesi” alle diverse scale di intervento, e consente sia di comprendere il processo collettivo di formazione, sia di conoscere come il singolo organismo architettonico sia stato partecipe delle dinamiche evolutive dell’insediamento viste nel rapporto fra ambiente, spazio costruito e tipologie edilizie. I vincoli progettuali devono rappresentare le regole capaci di tracciare linee per un progetto compatibile, cioè di coniugare in modo equilibrato il mantenimento dei caratteri tipologici salienti dell’edilizia rurale di un’area omogenea con le esigenze della conduzione di una vita moderna in modo da evitare che regole troppo rigide inducano all’abbandono degli edifici esistenti e alla moltiplicazione di costruzioni avulse dal contesto costruito che tradizionalmente unisce i caratteri spaziali e distributivi alla cultura abitativa e i caratteri tecnologico-materici alla cultura costruttiva. Pagina 71 di 87 Dal punto di vista normativo l’evoluzione legislativa regionale ha apportato recenti innovazioni di rilievo. L’analisi tipologica degli insediamenti rurali, dei materiali e delle tecniche costruttive consente di vedere come la “corte agricola” si evolve con l’organizzazione agronomica dell’azienda stessa e dei suoi rapporti di produzione e gestione. Gli insediamenti più antichi presentano soluzioni con fabbricati a blocco cioè con la disposizione della stalla adiacente all’abitazione ed entrambi con gli ingressi posti sul lato lungo, rivolti a sud. La separazione fisica fra i due ambienti viene realizzata con un muro continuo, detto tagliafuoco, perché sporge oltre la copertura ed ostacola la propagazione degli incendi. Viene spesso realizzato un porticato anteriore per proteggere l’accesso alla stalla. Si costruiscono, in origine, edifici ad un solo piano, di forma rettangolare, con struttura lignea o con mattoni crudi, poi, con il miglioramento del rendimento dei terreni le abitazioni diventano di due piani, le stalle aumentano di volume anche in funzione dell’aumento delle dimensioni dei poderi. Gli edifici residenziali sono caratterizzati da un modulo base dell’abitazione (il “casso” o cassero), di forma generalmente quadrata (dell’ordine di circa 5 m.) accorpato in modo da formare una composizione di due casseri e mezzo spesso raddoppiati in profondità; il cassero o il mezzo cassero centrale è destinato ad androne passante (detto “portico”) e presenta l’accesso principale all’abitazione e l’uscita sul retro: sul portico si aprono gli accessi alle camere laterali (due o quattro) e la scala di collegamento alle camere da letto poste al piano superiore. La stalla è costituita da un nucleo centrale che ospita gli animali da tiro collocati a due a due (“poste”) ai lati con un corridoio di accesso comune che dall’esterno consente di portare gli animali alle poste laterali. La stalla è suddivisa da pilastri interni cadenzati col passo delle poste e sono deputati a sostenere il solaio su cui si appoggia il solaio che sostiene il foraggio alloggiato nel fienile. Il miglioramento delle condizioni produttive consente una variazione nella disposizione degli edifici che si distaccano fra loro e si collocano a scacchiera attorno all’aia, uno spazio aperto di servizio alla conduzione del fondo per l’essiccazione delle granaglie e per lo svolgimento di attività di lavorazione dei prodotti. Si rafforza la suddivisione dell’abitazione in tre casseri, eventualmente arricchita di ulteriori casseri laterali per i prestatori d’opera che affiancano il mezzadro o il Pagina 72 di 87 bovaro, mentre la stalla, di forma tendenzialmente quadrata, si amplia per ospitare più animali da tiro ed è caratterizzata da un portico di rilevante profondità per proteggere il fronte di accesso, che può anche svilupparsi sul fronte e su un lato, ma, negli edifici più recenti, si rilevano anche soluzioni con portici che circondano l’edificio su tre lati oppure casi in cui il portico si sviluppa solo sui due lati lunghi. 4.2. LE NORMATIVE COGENTI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA La recente gestione del territorio agricolo fa tesoro dell’esperienza della normativa regionale n. 47 del 7-12-1978 “Tutela ed Uso del territorio”, emanata a seguito del passaggio di competenza fra stato e regioni, che prevedeva una suddivisione del territorio comunale in zone funzionalmente omogenee e che, per le Zone E destinate prioritariamente agli usi agricoli, demandava ai Piani Regolatori Comunali la promozione dello sviluppo della produzione agricola per favorire le esigenze della popolazione e delle attività connesse a tale produzione e si concretizza in una nuova legge regionale. L’approvazione della legge n. 6 del 30-01-1995, prende atto della trasformazione produttiva del territorio e prevede che il Comune, in sede di formazione del PRG, effettui il censimento degli insediamenti e degli edifici nelle zone E che presentano le caratteristiche di bene culturale o di interesse storico-testimoniale, disciplini il recupero di tali edifici secondo le categorie d'intervento e possa consentire anche destinazioni d'uso non connesse con l'esercizio di attività agricole, purché compatibili con le caratteristiche tipologiche degli edifici stessi e con il contesto ambientale. La disciplina comunale degli interventi ammissibili sul restante patrimonio edilizio esistente nelle zone E deve definire le condizioni ed i limiti per il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola, e, in particolare, per gli edifici con originaria funzione abitativa, deve prevedere la possibilità di recupero per uso residenziale, anche non connesso con l'esercizio di attività agricole, ed eventualmente per gli altri usi compatibili con la tipologia dell'immobile, mentre per gli edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa, può consentire soltanto interventi di recupero che risultino compatibili con le attuali caratteristiche tipologiche degli edifici stessi e per gli usi compatibili con il contesto. Pagina 73 di 87 Qualora venga consentito il recupero per funzioni non connesse con l'esercizio di attività agricole di edifici precedentemente asserviti ad unità poderali agricole, non è possibile realizzare nuovi edifici abitativi, e, in caso di stipula di una convenzione per interventi di recupero il proprietario deve impegnarsi a realizzare opere necessarie alla tutela e riqualificazione ambientale (opere di sistemazione delle aree di pertinenza, manutenzione dei drenaggi, opere di consolidamento idrogeologico, demolizione di eventuali corpi di fabbrica accessori incongrui con la valorizzazione del contesto ambientale, opere di igienizzazione degli scarichi) in modo da contenere l’aumento di carico urbanistico conseguente al recupero dei fabbricati agricoli. La pianificazione comunale deve basarsi su un censimento necessario al riconoscimento ed alla tutela dei fabbricati di valore storico–testimoniale classificando tali fabbricati secondo le modalità di intervento del restauro scientifico, del restauro e risanamento conservativo e della ristrutturazione edilizia, che vengono modulate sull’esperienza degli interventi sugli insediamenti storici. La legge regionale n. 20 del 24-03-2000, che rinnova la normativa urbanistica regionale articolando il tradizionale Piano Regolatore Generale comunale in diversi strumenti urbanistici entro i quali vengono trattati i contenuti della pianificazione e la definizione e degli specifici ambiti tematici, prevede la tutela dei fabbricati e delle infrastrutture storiche presenti nel territorio rurale estendendo la definizione di bene storico da tutelare oltre che agli edifici, anche alle strade, alle opere idrauliche, agli elementi vegetali e a tutto quanto caratterizzi il paesaggio agrario della regione, come le forme storiche di gestione della campagna quali le partecipanze o le università agrarie. La Regione Emilia Romagna ha infine promulgato la Legge del 30 novembre 2009, n. 23, con cui la Regione si è dotata di una politica per il paesaggio con l’obiettivo di migliorare la qualità del territorio, delle città, delle periferie e delle aree degradate. La nuova legge ha la peculiarità di affiancare alla tradizionale attività di tutela (attuata dal Piano Territoriale Paesistico Regionale già introdotto con le precedenti normative) un percorso progettuale teso alla valorizzazione delle specificità paesaggistiche che connotano il territorio regionale, e al recupero delle aree compromesse e degradate. La legge prevede anche il monitoraggio delle trasformazioni, da realizzarsi attraverso l´Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio. Pagina 74 di 87 Pertanto, con i criteri stabiliti dalle leggi via via emanate dalle Regione, il Piano Territoriale Regionale (PTR) definisce gli obiettivi per assicurare, fra l’altro, la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali ed ambientali; il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) specifica i valori paesaggistici, ambientali e culturali del territorio regionale e provvede all'individuazione delle risorse storiche, culturali, paesaggistiche e ambientali del territorio regionale ed alla definizione della disciplina per la loro tutela e valorizzazione; il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) procede all’individuazione dei principali elementi del patrimonio storico e la definizione degli indirizzi generali per la loro tutela; il Piano Strutturale Comunale (PSC) provvede al completamento dell’indagine su tale patrimonio e alla definizione di una specifica disciplina; mentre spetta al Piano Operativo Comunale (POC) l’eventuale azione di valorizzazione di elementi particolarmente meritevoli. Dalla norma scompaiono specifiche indicazioni sulle categorie d’intervento ammissibili o sulla compatibilità degli usi al tipo edilizio, che vengono affidate ad autonome valutazioni delle amministrazioni comunali. Al Regolamento Urbanistico ed Edilizio (RUE), invece, spetta la definizione sia delle modalità di recupero del patrimonio edilizio esistente e le possibilità di realizzare nuovi fabbricati, sia degli indirizzi per la sistemazione degli spazi di pertinenza e delle opere di mitigazione ambientale. La norma suddivide il territorio rurale sulla base di alcune caratteristiche prevalenti in funzione del ruolo ambientale che può assumere, ed individua diverse tipologie di aree. Le “Aree di valore naturale ed ambientale” e gli “Ambiti agricoli di rilievo paesaggistico” rappresentano, con diverso grado, le aree di maggior valore naturalistico e paesaggistico, per cui risulta determinante, all’interno delle prime, definire i criteri di tutela per il recupero dei fabbricati esistenti secondo le caratteristiche originarie, mentre al Comune viene demandata la regolamentazione dei nuovi interventi edilizi negli ambiti di pregio paesaggistico, da qualificare con servizi per il tempo libero. Gli “Ambiti ad alta vocazione produttiva agricola”, invece, sono le aree senza particolari qualità ambientali, ma di grande valore agronomico, e per essi si prescrivono gli obiettivi di ridurre al minimo l’erosione dei suoli fertili da parte della crescita urbana, limitando alle necessità delle aziende agricole la possibilità di realizzare nuovi interventi edificatori. Pagina 75 di 87 Gli “Ambiti agricoli periurbani” sono quelli posti a margine dei principali centri abitati, e per essi viene sostenuta la funzione agricola e si consente di poter incrementare il ruolo ricreativo e di compensazione ambientale per le popolazioni urbane, per cui si auspica l’insediamento di attività per il tempo libero e di equipaggiamenti collettivi, demandandone la disciplina al RUE. Per gli edifici non connessi all’attività agricola, infine, viene confermata la possibilità di recupero dei fabbricati esistenti mantenendo un uso compatibile sia alle caratteristiche tipologiche degli edifici che al contesto ambientale. Viene anche consentita, sulla base di obiettivi di miglioramento dei caratteri ambientali e della produttività agricola, la demolizione di fabbricati esistenti e la ricostruzione della volumetria, con diversa tipologia e destinazione d’uso, in nuove aree che risultino maggiormente idonee rispetto all’esistente. 4.3. LE NORMATIVE LOCALI Nei recenti provvedimenti legislativi regionali si può affermare che obiettivo fondamentale della pianificazione del territorio rurale diventa la tutela ambientale degli spazi extraurbani per i quali si propone la valorizzazione della funzione di equilibrio ambientale degli spazi rurali, anche con interventi di sostegno alle aree più marginali dal punto di vista economico per salvaguardare gli aspetti tradizionali del paesaggio agrario che vengono intesi come importante componente dell’identità culturale regionale. I Comuni aggregati nell’Associazione dell’Alto Ferrarese hanno accolto e posto in essere la normativa regionale citata e vigente al momento attuale, proponendone modifiche che spesso vanno in senso restrittivo, poiché in territori così particolari e nei quali l’equilibrio idro-geologico è una delle variabili più importanti da tenere in considerazione, la tutela del costruito è basilare per la conservazione del paesaggio. Il Comune di Bondeno, ad esempio, ha emanato un documento – guida per la Commissione di Qualità Architettonica in cui viene specificato l’indirizzo di salvaguardare i caratteri distintivi di alcune delle più importanti unità di paesaggio ossia, citando il documento: Pagina 76 di 87 “Valorizzazione e rispetto dei caratteri paesaggistici del territorio attraverso la lettura delle Unità di Paesaggio del PTCP della Provincia di Ferrara, e più precisamente: - Unità di Paesaggio n.1 “dei Serragli” che interessa significativamente la parte nord-occidentale della provincia e ricade interamente nel territorio di Bondeno, - Unità del Paesaggio n.3 “delle Masserie” che corrisponde ad aree soggette alle antiche bonifiche estensi di Casaglia, della Diamantina (ad est) e quindi alla grande Bonifica di Alfonso II (ad ovest), - Unità di Paesaggio n.10 “degli ambiti naturali fluviali”, che coincide col tracciato del Po grande ed al suo immediato ambito morfologico, e si candida come specifico elemento di valore naturalistico, da un lato, e di progetto per quanto riguarda il problema del risanamento delle acque del fiume stesso e quindi del bacino dell’Adriatico. Tutela e salvaguardia del contesto agricolo con particolare attenzione alle frange di contatto con il costruito; salvaguardia degli aspetti morfologici, tipologici e formali delle costruzioni nel territorio agricolo, con particolare attenzione alla qualità dello spazio libero tra i fabbricati (corti)”. Il Comune di Cento, accogliendo la Legge Regionale 6/2009, con delibera del 17 settembre 2009, pone alcune restrizioni sugli articoli 53 e 54, ossia quelli inerenti l’ampliamento e la demolizione e ricostruzione dei fabbricati: sono esclusi dalla possibilità di intervento radicale gli immobili già sottoposti a tutela ambientale e quelli situati in zone di rispetto fluviale e aree golenali, nella zona agricola “del fiume Reno”, in particolari aree territoriali di interesse paesaggistico e in tutto il paesaggio della Partecipanza agraria. 4.4. L’APPROCCIO PROGETTUALE: DALLA CONOSCENZA AL PROGETTO Le normative locali recepiscono gli indirizzi culturali che si sono consolidati da tempo e che richiedono un’analisi tipologica sull’esistente, a livello di corte rurale e di singoli edifici, per consentire di mettere in evidenza come il processo di formazione dell’insediamento sia partecipe di un processo progettuale e costruttivo su ampia scala territoriale che è la sintesi della conoscenza dei problemi della conduzione Pagina 77 di 87 produttiva del fondo agricolo, della costruzione di edifici adeguati alle funzioni che devono assolvere, dei materiali e delle tecniche costruttive che consentono tali costruzioni. Gli edifici sono calibrati sulle esigenze e sulle potenzialità produttive e presentano gradi di persistenza delle variabilità tipologica e tecnologica che consentono di mettere in evidenza persistenze e variazioni dei caratteri formali e fruitivi, materici e tecnologici afferenti alla configurazione del tipo edilizio esplicitando il linguaggio architettonico locale. Tali conoscenze mettono in condizione di scegliere i livelli di priorità ed il grado di modificazione dei caratteri tipologici che si ritiene vadano salvaguardati e, quindi, individuare i criteri progettuali che siano di guida negli interventi di recupero non solamente della corte rurale ma anche del singolo edificio, in modo da costituire un quadro di riferimento progettuale che sia di incentivo economico degli investimenti edilizi senza snaturare il patrimonio dei tessuti urbani consolidati. Uno studio più approfondito all’interno di un quadro generale di riferimento consente di individuare i caratteri salienti delle configurazioni tipologiche, di effettuare una valutazione qualitativa dell’esistente in base a tali parametri di riferimento e di specificare i criteri progettuali dell’intervento nel rispetto del linguaggio architettonico locale. Lo studio dell’esistente deve essere affrontato in modo articolato e completo per garantire tutti gli elementi di conoscenza necessari allo sviluppo della fase di progettazione; esso richiede la definizione di uno schema metodologico di intervento, che si può considerare organizzato secondo la sequenza di attività relative al rilievo critico accurato del sito e degli immobili supportato da una indagine storica, all’analisi tipologica degli immobili ed al rilievo ed all’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive. Alla luce di queste informazioni si è in grado di valutare l’importanza dei gradi di persistenza e di variabilità dei caratteri studiati, di identificare i livelli di priorità da attribuire, di selezionare i valori ritenuti “primari” e, quindi, da salvaguardare ed, infine, di definire le caratteristiche dell’intervento. L’approccio progettuale si configura, quindi, come un processo decisionale che si propone di preservare una identità culturale che difficilmente è conciliabile con il massimo sfruttamento economico delle superfici e dei volumi pur senza farsi Pagina 78 di 87 condizionare dal desiderio di mantenere edifici minori come fossero oggetti privi di nuove funzioni. La fase conoscitiva dello stato di fatto, basata su tutte le informazioni di tipo storico, documentale, geometrico-dimensionale, strutturale, materico che si possono trarre da un’indagine accurata, diventa strumento indispensabile per la qualificazione progettuale, riduce le incognite o i rischi di intervento e riporta il rilievo alla funzione fondamentale per l'intero processo costruttivo. Sarebbe addirittura auspicabile che la fase di rilievo fosse oggetto di una specifica voce di capitolato con un costo definito per consentire, anzi per valorizzare, una preventiva attività di indagine condotta dal progettista in collaborazione con l’impresa. La formulazione di un progetto preliminare manifesta tutte le scelte progettuali di fondo, che devono convivere con le possibilità reali di adattamento dell'organismo architettonico e le esigenze espresse dal committente nel rispetto delle indicazioni emerse nella fase di rilievo. In questa fase, in particolare, vengono effettuate le scelte relative a: - funzioni compatibili con la distribuzione e conformazione degli spazi, evitando in ogni caso usi intensivi e di eccessiva frammentazione delle funzioni; - conservazione dei pieni e dei vuoti che spesso caratterizzano gli edifici rurali oppure introduzione di piccole modifiche alla forometria che siano sufficienti a garantirne la leggibilità; - tecniche costruttive e dei materiali da conservare, distinguendoli da tecniche e materiali aggiunti nel tempo e non necessariamente degni di conservazione; - tecniche di consolidamento non distruttive; - eventuale completamento delle strutture (se e ove necessario) con tecniche non mimetiche ma compatibili, anche dal punto di vista estetico, con l’esistente; - inserimento impianti e servizi igienici e tecnologici in modo non invasivo, nel rispetto delle caratteristiche distributive e tipologiche degli edifici; - esecuzione delle finiture attraverso manutenzione dei materiali storici e scelta di nuovi materiali in sintonia con quelli storici evitando elementi mimetici, fintoautentici o in stile; Pagina 79 di 87 - uso di serramenti non invasivi, evitando ove possibile l’uso di produzioni progettate per tipologie di edifici completamente diverse da quelle rurali, con preferenza per soluzione del problema caso per caso; - cura e finitura degli esterni in sintonia con le caratteristiche degli spazi rurali, evitando frammentazioni e pavimentazioni tipiche di spazi urbani. Il progetto definitivo (spaziale e tecnologico) trasforma le scelte di fondo in scelte progettuali operative che possono confrontarsi con gli organi di controllo dimostrando la coerenza degli assunti di principio che informano la progettazione. Linee guida di questo processo decisionale possono, allora, diventare anche uno strumento normativo; si potrebbe, anzi, pensare come uno strumento che indica requisiti di carattere volontario a testimonianza che una buona progettazione non solo salvaguarda il patrimonio edilizio esistente per il bene della collettività ma addirittura consente l’aumento del valore dell’investimento di quel proprietario che, non di rado consigliato da un progettista superficiale, pensa che solo sfruttando al massimo la sua proprietà riuscirà ad ottenere il maggiore profitto. 4.5. CONSIDERAZIONI SUI PARAMETRI AMBIENTALI E TIPOLOGICI PER UNA PROGETTAZIONE SOSTENIBILE La consapevolezza del valore e dell'importanza del “progetto” è premessa irrinunciabile di ogni intervento di trasformazione del territorio, per cui ogni proposta deve rispettare le esigenze di una corretta utilizzazione del territorio come risorsa, deve stimolare l’approfondita conoscenza dei caratteri morfologici, ambientali, tipologici e storico – testimoniali della città e del territorio, e deve, a sua volta, diventare strumento di verifica di casi concreti per consentire l’aggiornamento del quadro normativo di riferimento. La proposta di linee guida per una progettazione compatibile, quindi, deve porsi l’obiettivo non solo di favorire la qualità della progettazione a tutte le scale di intervento e, attraverso questa, la qualità urbana e ambientale, ma anche deve imporsi di garantire la massima attenzione ai problemi della salvaguardia dei valori storici, culturali, ambientali del territorio pur consentendo di valorizzare la creatività progettuale anche attraverso forme di sperimentazione motivata. Pagina 80 di 87 Una prima proposta di approfondimento dei contenuti progettuali da perseguire nel territorio analizzato si può concretizzare nella specificazione di alcuni criteri programmatici in grado di costituire validi strumenti per lo sviluppo progettuale dell’intervento: a) Salvaguardia dei caratteri dell’ecosistema agricolo e del rapporto tra l’ambiente e la corte agricola: riguarda il paesaggio agrario tipico delle zone tradizionalmente emerse, delle bonificazioni, del sistema irriguo, ecc. in rapporto alle corti agricole sparse sul territorio; b) Salvaguardia dei caratteri tipo-morfologici: riguarda la conservazione dell’impianto della corte, delle alberature, dei volumi, del rapporto fra pieni e vuoti, dei nuovi fabbricati in rapporto alla corte, la riconoscibilità della corte originaria e dell’impianto spaziale degli edifici; c) Salvaguardia dei caratteri costruttivi, architettonici e decorativi: riguarda il mantenimento della vocazione dell’edificio per quanto riguarda la destinazione d’uso, il rispetto dell’armonia compositiva anche in relazione all’addizione di nuovi volumi (ad esempio per impianti tecnologici), la conservazione dell’apparato decorativo delle costruzioni e l’inserimento di nuove soluzioni (tetti piani, terrazze in falda, ecc.), l’uso di materiali e di tecnologie tradizionali; d) Garanzia dell’idoneità funzionale e del benessere ambientale: riguarda l’adeguamento dell’intervento su un immobile ai requisiti di sicurezza, di benessere, di igiene e di accessibilità. Per quanto riguarda il patrimonio rurale del territorio dell’alto ferrarese, oggetto dello studio, i contenuti degli indirizzi progettuali, potrebbero, in prima analisi, essere organizzati attorno ad ambiti tematici come di seguito riportato. a. Salvaguardia dei caratteri dell’ecosistema agricolo e del rapporto tra l’ambiente e la corte agricola a.1. Salvaguardia degli elementi di paesaggio e dell’eco-sistema agricolo. E’ relativa alla regolamentazione delle modalità di: consolidamento e qualificazione dei percorsi storici; Pagina 81 di 87 valorizzazione della viabilità storico-paesaggistica e della viabilità panoramica (nelle zone E le nuove costruzioni devono rispettare una distanza di m. 20 dalla viabilità suddetta, fatta salva l'opportunità di uniformarsi ad allineamenti esistenti); conservazione della rete scolante ed irrigua, delle arginature, degli spalti, dei maceri e degli specchi d’acqua; conservazione delle alberature autoctone o comunque consolidate, per le quali è obbligatorio richiedere l’autorizzazione all’abbattimento di piante che non rientri nelle normali operazioni colturali. a.2. Salvaguardia del rapporto tra l’ambiente e la corte agricola. E’ relativa all’impianto urbanistico originario (la corte, il borgo) e mira al recupero e alla valorizzazione dell’unità urbanistica di partenza in modo da garantire la leggibilità del tipo insediativo originario attraverso la regolamentazione delle modalità di: frazionamento della corte agricola mediante recinzioni o elementi, anche di tipo naturale, che consentano la leggibilità dell’’insediamento originario con recinzioni lungo il perimetro esterno; definizione dell’accesso carrabile alla corte originaria (accesso che tradizionalmente è unico): modifica dell’originaria planarità del piano di campagna che tradizionalmente non prevede terrapieni o rilevati, pur ammettendo pendenze dei terreni atti a raccordare diverse quote per valori modesti (ad esempio non superiori al 6%); accettazione o rifiuto della possibilità di recupero a fini abitativi di tettoie, baracche ed ogni altro manufatto precario. a.3. Salvaguardia della riconoscibilità percettiva degli spazi interni ed esterni. E’ relativa alla verifica ed alla adeguata valutazione di: conservazione dei caratteri originari degli spazi esterni, la riconoscibilità della corte originaria, che potrà essere recintata lungo il perimetro esterno; conservazione, il recupero e la valorizzazione, negli spazi esterni, dei caratteri propri del paesaggio agrario tradizionale; Pagina 82 di 87 conservazione, il recupero e la valorizzazione, negli spazi interni, del “portico”, degli accessi tradizionali propri della tradizione locale. b. Salvaguardia dei caratteri morfologici dell’insediamento rurale e degli edifici. b.1. Salvaguardia dei caratteri morfologici dell’insediamento. E’ relativa alla regolamentazione delle modalità di: rispetto della conformazione plano-volumetrica degli edifici; rispetto dell’impianto strutturale della corte e degli edifici; conservazione degli elementi porticati e ripristino di quelli che risultano tamponati; possono essere comunque ammessi tamponamenti con “gelosie” in muratura o infissi particolari in modo tale che rimanga chiaramente leggibile il sistema dei vuoti e dei pieni originario; conservazione dei prospetti: il loro mantenimento ed il loro ripristino deve avvenire nel rispetto delle caratteristiche originarie, mentre eventuali aperture possono essere consentite quando non siano presenti elementi di pregio. b.2. Salvaguardia dei caratteri morfologici dell’insediamento in rapporto agli strumenti urbanistici. E’ relativa alla possibilità di attivare strumenti urbanistici che offrano la possibilità di: recuperare volumi incongrui rispetto alla tipologia originaria accorpandoli agli edifici da conservare o sostituendoli con nuovi edifici, di pari volumetria, purché riconducibili a modelli tipici; la riconducibilità a tali modelli diventerà oggetto di valutazione della Commissione per la qualità Architettonica e per il Paesaggio; costruzione di autorimesse in rapporto agli edifici residenziali della corte, secondo gli standard di parcheggio privato previsto per le abitazioni; costruzione di nuovi edifici ove ammessi, esterni alla corte con distanza congrua dal perimetro della stessa (ad esempio, non inferiore a metri 30). c. Salvaguardia dei caratteri costruttivi, architettonici e decorativi Pagina 83 di 87 c.1. Salvaguardia dei caratteri costruttivi . E’ relativa all’impiego dei materiali e delle tecnologie tradizionali, per cui deve provvedere: c.1.1. alla regolamentazione o almeno alla raccomandazione del mantenimento di: strutture orizzontali di legno, prevedendo che la sostituzione, ove necessaria, avvenga nel rispetto di eventuali caratteristiche di pregio e ammettendo gli spostamenti delle strutture orizzontali in legno per adeguare anche le soffitte ai requisiti minimo igienico; strutture verticali e tamponamenti secondo le tecniche tradizionali locali; coperture e solai secondo le tecniche e materiali tradizionali mantenendone la forma e la pendenza originaria; manto di copertura originario in cotto; cornicioni di pregio, che vanno conservati e restaurati, e che, quando ciò non sia possibile per ragioni statiche, vanno ricostruiti con tecniche conformi all’originale; colorazioni esterne compatibili con le caratteristiche dell’edificio e del contesto, prevedendo, comunque, che la colorazione esterna venga concordata con l’Ufficio Tecnico della Amministrazione Comunale; c.1.2. all’ammissione di: soppalchi a struttura leggera di superficie utile adeguata (ad esempio, non superiore al 50% del locale in cui sono inseriti); eventuali nuove aperture in falda, quando strettamente necessarie all’illuminazione ed aerazione; eventuali recinzioni con siepe viva o con eventuale rete interposta; portoni, scuri, inferiate, comignoli, soglie, bancali, pavimentazioni esterne con materiali, forme e colori tradizionali, da concordarsi con l’Ufficio Tecnico della Amministrazione Comunale; c.1.3. al divieto di coperture in fibrocemento o altro materiale atipico. c.2. Salvaguardia dei caratteri architettonici e decorativi. E’ relativa, nell’intervento sugli edifici abitativi, produttivi e di servizio (casella, porcilaia, forno, ecc.), al Pagina 84 di 87 mantenimento dell’apparato decorativo delle costruzioni, per cui vanno regolamentate le modalità di: tamponamento del perimetro esterno in edifici adibiti a stalle o fienili a tipologia a porticato aperto su più lati; possono essere ammessi tamponamenti con elementi vetrati (con esclusione di metrature a specchio e di infissi metallici non verniciati) arretrati rispetto al filo del fabbricato; costruzione di terrazze in falda, esclusivamente sui fronti secondari dell’edificio (con esclusione degli edifici soggetti a restauro scientifico e restauro e risanamento conservativo di tipo A con limitazioni, che, ad esempio, possono essere del tipo: a) estensione massima non superiore a mq. 8; b) numero massimo non superiore a uno per unità abitativa; c) altezza minima dal punto più basso di m. 1.20; d) altezza massima dal punto più alto di m. 2.50; e) larghezza non superiore al doppio della profondità; realizzazione di logge e porticati, da attuarsi tramite la riutilizzazione di elementi di portico preesistente, al ripristino di portici se storicamente documentabili o riproposizione di elementi a portico se storicamente coerenti alla tipologia di edificio (in tutti gli altri casi sono vietati); costruzione di autorimesse in adeguamento alla L. 122/89 e costruzione di edifici proservizi, per ricovero di attrezzi o piccoli allevamenti, qualora, ad esempio, non esistano edifici da recuperare a tali usi, nella misura massima complessiva non superiore a quella delle rispettive abitazioni e indipendentemente dagli indici previsti nelle varie sottozone. c.3. Raccomandazioni sulle tecniche costruttive per gli edifici produttivi. Sono relative a scelte progettuali che prevedano l’utilizzazione di tecniche costruttive che favoriscano il rispetto delle indicazioni contenute nei criteri progettuali tipici della zona, e, qualora si debba ricorrere a prodotti standard (prefabbricati) si abbia cura di ottenere un risultato estetico assimilabile ad una tipologia costruttiva tradizionale. d. Garanzia del benessere ambientale ed ecologico e dell’idoneità statica e funzionale d.1. Garanzia del benessere ambientale ed ecologico. alla valutazione adeguata di: Pagina 85 di 87 E’ relativa alla verifica ed installazione dei terminali di impianti di condizionamento fissi, che, ad esempio, può essere effettuata sui coperti purché non siano visibili dalla pubblica via e nei prospetti posteriori; rapporto ottimale tra superficie delle aperture e superficie utile sia di 1/8; ammissibilità dell’installazione di impianti solari solo se appoggiati alle falde. d.2. Garanzia dell’idoneità statica e funzionale. E’ relativa al rispetto di: normativa statica vigente; normativa edilizia vigente; Regolamento edilizio; Regolamento di Igiene; norme per il superamento delle barriere architettoniche; norme relative alla sicurezza per usi diversi da quelli abitativi. 4.6. PER UNA TRASFORMAZIONE CHE RISPETTI L’IDENTITA’ DELL’AMBIENTE E L’INTERESSE DELLA COLLETTIVITA’ Uno dei temi più dibattuti nella politica degli interventi sul contesto rurale costruito riguarda i gradi di libertà che devono essere lasciati nel ridefinire gli aspetti spaziali e tecnologici del nuovo progetto. Il primo livello decisionale richiede la conoscenza della realtà costruita, che si acquisisce tramite lo studio dei caratteri ambientali del contesto, condotto attraverso l’interazione “lettura-analisi-sintesi-progetto” alle diverse scale di intervento, e che consente di analizzare l’organismo insediativo (impianto, struttura, morfologia), di sistematizzare le informazioni per individuare i caratteri e le invarianti tipologiche, di identificare le regole e i criteri di gestione del processo di trasformazione ed infine di formare di un quadro di riferimento per la fase di pianificazione e controllo del progetto. Particolare difficoltà si riscontra nello studio di insediamenti rurali sparsi in determinati contesti geografici per i quali è assente nella manualistica storica qualunque testimonianza delle tecniche costruttive tradizionali, intese come procedimenti costruttivi di carattere pre-industriale; in questi casi si deve procedere, sulla base dell’esperienza e di alcuni indagini documentate, a ricostruire il supporto alla Pagina 86 di 87 conoscenza delle tipologie, dei materiali e delle tecniche esecutive eventualmente suddivisi per determinati periodi. Gli indirizzi sopra esposti sono in grado di aiutare il progettista a formulare criteri di valutazione di ogni idea progettuale per garantire non solo un adeguato livello di qualità della vita, anche in rapporto alla possibilità di fruizione degli spazi urbani pubblici e privati, ma anche al rispetto degli aspetti tipologici e distributivi degli edifici, alla collocazione degli edifici sul terreno, al conseguente rapporto tra pieno e vuoto e tra spazio pubblico e privato, alla relazione equilibrata tra opera edilizia e contesto urbano, paesaggistico, ambientale. Il rapporto dell’opera edilizia col contesto deve rafforzarne la qualità, ed anzi deve favorirne il miglioramento, per cui risulta di primaria importanza, con riferimento al rapporto antico-nuovo, la salvaguardia dei valori e dei significati storici, morfologici e tipologici consolidati del centro storico e degli agglomerati storici periferici, per il contributo che questi stessi valori possono fornire alla riqualificazione della città contemporanea e al superamento delle differenze di qualità tra centro e periferia. L’intrinseca coerenza dell’opera relativamente al linguaggio adottato, al rapporto tra forma architettonica e funzione, alle tecnologie impiegate può trovare riferimenti in tipologie spaziali ed edilizie consolidate e in linguaggi architettonici mutuati dalla cultura dei luoghi per perseguire scelte architettoniche improntate ad equilibrio morfologico e consonanza al contesto territoriale mediante, ad esempio, il contenimento dell’apparato decorativo e la rispondenza funzionale dei materiali. Sono auspicabili inserimenti contemporanei nel contesto storico rurale costruito, e tale nuovo edificato deve necessariamente essere rapportato all’esistente. Risulta di grande importanza l’attenzione progettuale alle caratteristiche ambientali e tipologiche della realtà in cui si interviene, poiché troppo spesso la mancata lettura delle preesistenze o il suo travisamento in nome di banali reinterpretazioni tipologiche e decorative hanno determinato la diffusione di elementi stridenti o mortificanti della tradizione costruttiva che invece arricchisce e caratterizza il paesaggio che conosciamo. Pagina 87 di 87