Massime e argomenti d`esame

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BIONDI
COD. CIV.
SENTENZE
La Categoria (capo III)
4. Tipicità
1027
8137/04, 6807/88, 5636/87,
835/80
5. modus servitutis
1061, 1064-67
4222/07, 10447/01, 7751/95,
4552/87, 4238/87, 637/80
6. Le servitutes
personarum
7. I limiti legali del dominio
833, 841, 843, 844, 871, 872, 873,
20769/07, 6807/88
891, 894, 895, 880, 897,
898, 899, 902, 905, 907, 913
8. La superficie
Struttura e requisiti
12. La regola nemini res sua
3749/99, 734/86, 5770/85
servit
15. La regola servitus in
1030
8313/90, 5636/87, 1131/81
860, 917
11684/00, 8313/90, 1131/81,
faciendo consistere nequit
16. Oneri reali ed
obligationes propter rem.
3221/81
Servitutes ed obligationes
17. Le servitù irregolari
2651/10, 16342/02
20. La regola servitus
servitutis esse non potest
22. Il requisito della utilità
1028,1029
14693/02, 5123/90, 4238/87,
835/80, 3367/81
23. Il requisito della
1028,1029
965/83
possibilità
24. Il requisito della
965/83
vicinanza
25. Perpetua causa
883/01, 9232/91
servitutis
26. Perpetuità delle servitù
27. Servitù industriali
1028
15326/00, 1136/87
1061, 1062, 1066
2651/10, 2754/01, 8660/90
Costituzione
35. Servitù pretorie
36. Costituzione di servitù
nel diritto giustinianeo
37. Traditio sive patientia
1372/97, 592/96, 5557/88
servitutis
38. Usucapione
1031, 1061, 1158, 1163, 1167,
21016/08, 13216/06, 20769/07,
2934ss, 2964ss.
5146/03, 1372/97, 3405/96,
5770/85
39. La destinazione del
1061,1062,1071
24849/05, 14693/02, 3300/96,
padre di famiglia
592/96, 2650/93, 5636/87
Protezione
50. Tutela interdittale e
1140-47, 1168, 1170.
21016/08, 8137/04, 11674/00,
possesso delle servitù
10370/90, 11118/91, 4631/90,
8660/90, 5123/90, 1131/81
1
MASSIME GIURISPRUDENZIALI
(8.5.2013)
Le massime sono contrassegnate col numero della sentenza ed anno di riferimento, e sono reperibili nella
dispensa di seguito riportata.
In sede di discussione lo studente dovrà essere in grado di ricollegare alle massime degli esempi, reali o
ipotetici, che possano chiarine il significato pratico; inoltre, sempre ai fini della discussione, dovrà
procurarsi il testo integrale di almeno due fra le sentenze contrassegnate da asterisco.
1980, n. 637
1980, n. 835
Salvo che risulti diversamente dal titolo o dagli altri elementi indicati dall'art. 1063 c.c. la servitù di passaggio
gravante su di un fondo non è comprensiva anche della facoltà di sostare nel fondo con i mezzi di locomozione
adoperati, non rientrando tale attività tra quelle che sono necessarie all'esercizio della servitù a norma dell'art. 1064
c.c.
Il principio enunciato dall'art. 1074 c.c. - secondo cui l'impossibilità di fatto di usare della servitù e il venir
meno dell'utilità della medesima non fanno estinguere la servitù se non è decorso il termine di 20 anni - è operante
qualunque sia la causa dell'impossibilità di fatto di usare della servitù, sia che essa dipenda da eventi naturali, sia
che dipenda da fatti o comportamenti attribuibili allo stesso proprietario del fondo dominante o a quello del fondo
servente: ne consegue che, fin quando dura la possibilità del ripristino dell'esercizio della servitù, questa deve
essere tutelata, e ciò anche per la ragione che l'esercizio effettivo della servitù non è condizione della sua esistenza.
In tema di servitù il concetto di "utilitas" è tanto ampio da comprendere ogni vantaggio, anche non proprio
economico, del fondo dominante, come quello di assicurargli una maggiore amenità; nè la maggiore o minore
estensione della servitù intacca la sussistenza dei requisiti dell'utilità e della predialità, i quali ricorrono ogni
qualvolta il particolare vantaggio previsto dalle parti, in rapporto all'obiettiva situazione e destinazione dei fondi
interessati, sia realizzabile.
L'estinzione della servitù per rinuncia del titolare deve risultare da atto scritto, ai sensi dell'art. 1350 n. 4 e n. 5
c.c., e non può essere desunta indirettamente da fatti concludenti.
2
1981, n. 1131
Quando viene costituita una servitù in relazione alla quale il titolare del fondo servente sia tenuto non solo al
"pati" tipico della situazione passiva di tale rapporto, ma altresì a specifiche prestazioni necessarie per consentire
l'esercizio della servitù al titolare del fondo dominante, ricorre l'ipotesi dell'obbligazione "propter rem", della quale
debitore è colui che si trova attualmente ad essere il titolare del diritto di proprietà del fondo servente, mentre
creditore ne è il proprietario del fondo dominante, oppure a un terzo cui il detto proprietario abbia attribuito il
godimento del bene con atto non traslativo o non ancora traslativo della proprietà (nella specie, contratto di vendita
con effetto traslativo differito).
Quando il proprietario del fondo servente, in violazione della obbligazione assunta con l'atto costitutivo della
servitù ometta di compiere le prestazioni accessorie occorrenti per consentire l'esercizio della servitù stessa al
titolare del fondo dominante - prestazioni formanti oggetto del rapporto obbligatorio "propter rem" distinto da
quello di servitù - si verifica un'ipotesi di inadempimento e non di fatto illecito, in quanto tale omissione
presuppone un preesistente vincolo obbligatorio a carico del soggetto deambulatoriamente determinato, a
differenza dell'illecito, che costituisce violazione dell'obbligo generico del "neminem laedere". Ne consegue che
l'azione di risarcimento del danno per l'inadempimento delle dette prestazioni accessorie è soggetto alla
prescrizione decennale e non a quella quinquennale prevista dall'art. 2947 c.c.
Il possessore o detentore di un immobile (nella specie acquirente in base a contratto di vendita con effetto
traslativo differito), pur potendo usufruire delle servitù esistenti a favore del bene, non può avvalersi dell'azione
"confessoria servitutis", nè dell'azione di risarcimento del danno, succedanea alla confessoria, che spettano
ambedue, esclusivamente, al titolare del diritto reale di servitù, ma può agire il giudizio per il risarcimento del
danno che gli derivi per l'illecito altrui impedimento alla disponibilità ed al godimento della cosa
indipendentemente dal diritto che egli abbia all'esercizio di quel potere, in quanto l'azione di responsabilità non
postula necessariamente una identità tra il titolo al risarcimento e il titolo giuridico di proprietà o di godimento,
potendo anche il detentore materiale della cosa, in relazione a particolari circostanze di fatto o di diritto, essere
danneggiato dall'attività illecita concernente la cosa stessa. Ne consegue che l'azione di risarcimento del danno
spettante al possessore o detentore della cosa può essere esercitata dal momento del verificarsi dell'evento
dannoso, e che dallo stesso momento incomincia a decorrere il termine di prescrizione quinquennale stabilito
dall'art. 2947 c.c.
1981, n. 3221
1981, n. 3367
1983, n. 965
Il regime delle prestazioni accessorie di una servitù (nella specie: opere di manutenzione) stabilito dal titolo
riguarda un'obbligazione "propter rem" - ossia legata al rapporto con la cosa oggetto della servitù e, come tale,
destinata a trasmettersi con il trasferimento di quella "res" - e, pertanto, non può essere modificato che da altro
titolo scritto e trascritto, in mancanza del quale detta obbligazione segua, con lo stesso originario regolamento, il
trasferimento del bene asservito.
La servitù, anche quando è diretta ad assicurare un vantaggio futuro, sorge normalmente, con i suoi effetti reali
attivamente e passivamente inerenti al fondo dominante ed a quello servente, fin dal momento della sua
costituzione; mentre la postdatazione degli effetti ad un momento successivo è limitata alla specifica ipotesi,
prevista dal comma 2 dell'art. 1029 c.c., della servitù a favore o a carico di un edificio da costruire o di un fondo da
acquistare, nella quale ipotesi gli effetti si verificano dal giorno del verificarsi dell'evento della costruzione o
dell'acquisto.
In ipotesi di parziale alienazione del fondo dominante ne deriva a norma dell'art. 1071 c.c. la spettanza della
servitù a ciascuna delle conseguenti porzioni di tale fondo, con la conseguenza che ove l'interposizione tra la
porzione venduta ed il fondo servente della parte del fondo dominante rimasta al venditore determini di per sé, nei
confronti di tale porzione, la quiescenza della servitù, per impossibilità di fatto del suo esercizio, non ne deriva
l'estinzione della stessa, occorrendo all'uopo il decorso del periodo ventennale di cui all'art. 1074 c.c.
L'elemento della contiguità o vicinanza dei fondi, non stabilito espressamente in nessuna norma come requisito
essenziale della servitù prediale, è un elemento di fatto più che di diritto, discendente dall'intima essenza della
servitù, ossia dal criterio dell'uso e dell'utilità: esso non ha valore assoluto, nè va inteso nel senso empirico di
materiale contatto o aderenza immediata, ma nel senso di un rapporto tra due fondi che si trovino in tale reciproca
situazione da rendere possibile la sussistenza di una relazione di servizio tra i medesimi. Pertanto, la circostanza
che tra due fondi si trovi una striscia di terreno appartenente ad un terzo non esclude affatto la possibilità che tra
gli stessi nasca e si eserciti una servitù di passaggio, ove si accerti che detta striscia non è mai stata di concreto
ostacolo all'esercizio del passaggio
3
1985, n. 5686
La servitù inerisce, rispettivamente dal lato attivo e passivo, al fondo dominante ed a quello servente,
costituendone una "qualitas", sicché essa si trasferisce automaticamente in caso di vendita di uno dei due fondi. Da
ciò deriva che qualora venga venduto un immobile (o frazione di esso) a cui favore sia stato precedentemente
costituita una servitù, il riferimento, nell'atto di compravendita, all'atto costitutivo della servitù, è giuridicamente
irrilevante ai fini dell'esistenza della stessa, nel senso che esso è superfluo se la costituzione era validamente
avvenuta, mentre non può produrre alcun effetto nell'ipotesi di inesistenza derivante da invalidità per qualsiasi
motivo dell'atto costitutivo richiamato. Pertanto, il riferimento all'atto costitutivo si risolve in una dichiarazione del
venditore in ordine alla consistenza della cosa compravenduta ed è giuridicamente rilevante solo nell'ipotesi di
accertata difformità (determinata da cause preesistenti alla vendita, anche se gli effetti si verifichino, come nella
evizione, in data successiva) tra la consistenza dichiarata e quella effettiva con conseguente turbamento
dell'equilibrio sinallagmatico tra le attribuzioni patrimoniali.
Si ha comunione impropria quando più diritti reali di godimento sul medesimo bene si estendono in forma
diffusa sull'intero cespite, essendo limitati solo in via astratta dalla quota, come nel caso in cui il proprietario
partecipi anch'egli per una determinata quota al godimento della cosa, insieme all'usufruttuario, realizzando
un'ipotesi di comunione di godimento, disciplinata dagli art. 1100 ss. c.c. (nel caso di specie, è stata esclusa la
comunione impropria rispetto al concorso di diritti di servitù ed altri diritti reali, poiché il diritto di servitù non può
formare oggetto di comunione, la quale esige che la cosa o diritto comune sia suscettibile di quote frazionarie,
mentre la servitù non può ammettere tale frazionalità, essendo per sua natura indivisibile, poiché inerente a tutto il
fondo dal lato sia attivo che passivo).
In presenza di più servitù di passaggio sul medesimo fondo (a fortiori se quest'ultimo è in comproprietà tra più
soggetti) si ha coesistenza di diritti di godimento di tipo diverso, differentemente connotati e non omogenei, il cui
rispettivo contenuto è delimitato dalle utilità che il fondo dominante può trarre da quello asservito, con
occasionale, frammentata e parziale coincidenza di facoltà inerenti all'esercizio di diritti di proprietà comune e
servitù in rapporto a circoscritte porzioni del bene, sicché la disciplina di cui agli art. 1100 ss. c.c. risulta in tal caso
inapplicabile.
1985, n. 5770
Una servitù è apparente, e perciò usucapibile, quando esistano opere visibili e permanenti, destinate
obiettivamente al suo esercizio e tali da rivelare, per la loro struttura e funzionalità, l'esistenza di un peso gravante
sul fondo servente. (Nella specie, la Suprema Corte, in base all'enunciato principio, ha confermato la decisione dei
giudici del merito con cui si era escluso che la collocazione di tavoli e sedie su una determinata area potesse
giovare al fine dell'acquisto della servitù di utilizzare quell'area come sala esterna di un immobile adibito a bar).
Il principio "nemini res sua servit" trova applicazione soltanto quando un unico soggetto è titolare del fondo
servente e di quello dominante, e non pure quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario
dell'altro, giacché, in tal caso, l'intersoggettività del rapporto è data, appunto, dal concorso di altri titolari del bene
comune.
Nelle azioni a tutela della proprietà (o del possesso) della cosa comune, ognuno dei comproprietari o
compossessori può agire autonomamente a difesa del proprio diritto, senza che ricorra una ipotesi di litisconsorzio
necessario nei confronti degli altri comproprietari (o compossessori) del bene in contestazione.
1986, n. 734*
1987, n. 1136
La costituzione su di un fondo in comproprietà di una servitù a vantaggio di un edificio condominiale, non
trova limiti nell'eventuale identità fra i comproprietari del fondo e i condomini dell'edificio, in quanto, essendo
costoro proprietari esclusivi di determinate porzioni del fondo dominante ed essendo la contitolarità della proprietà
di questo limitata ad alcune parti dell'immobile, la servitù non urta contro il principio "nemini res sua servit".
Qualora il venditore di un immobile ad uso di negozio assuma verso il compratore un impegno temporaneo di
non concorrenza nonché quello di inserire analoga clausola nei futuri atti di vendita degli altri locali ubicati nella
stessa zona, ed il compratore conceda in locazione il negozio con tutti i diritti e le utilità garantitegli dal dante
causa, l'impegno del suddetto locatore non può configurarsi né come promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c.,
né come obbligo di mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto ex art. 1575, n. 2, c.c., trattandosi
di mera obbligazione fideiussoria del locatore connessa al godimento del bene, mentre l'impegno assunto dal
venditore non conferisce all'immobile una utilitas configurabile quale qualitas dello stesso e quindi come una
servitù, nè resta inquadrabile tra le obbligazioni propter rem a favore del proprietario o di chi abbia diritto di
godimento dell'immobile, ma costituisce un rapporto obbligatorio che produce i suoi effetti solo fra le parti del
contratto di compravendita, cosicché la violazione del suddetto impegno non consente al conduttore di invocare la
tutela aquiliana del suo diritto personale di godimento direttamente nei confronti del venditore
4
1987, n. 4238
1987, n. 4552*
1987, n. 5636*
1988, n. 5557
1988, n. 6807
L'estensione di una servitù convenzionale e le modalità del suo esercizio devono essere desunte dal titolo, da
interpretarsi con i criteri dettati dagli art. 1362 e ss. c.c. in quanto compatibili con la materia in esame. Ma se la
convenzione contrattuale non consenta di dirimere i dubbi al riguardo, come quando, nel costituire una servitù di
passaggio, si limiti a prevedere soltanto il diritto di transito senza altre specificazioni, non può il giudice trarne la
conseguenza che, in tal modo, le parti abbiano voluto comprendere ogni modalità di passaggio, ma è tenuto a
ricorrere al disposto dell'art. 1065 c.c. secondo cui la servitù deve intendersi costituita in guisa da soddisfare il
bisogno del fondo dominante col minore aggravio del fondo servente, accertando a tal fine - in riferimento
all'epoca della convenzione - la situazione dei luoghi, l'estensione del fondo dominante e di quello servente, la
coltura del fondo dominante, il metodo di coltivazione, e tutti gli elementi mediante i quali di norma è possibile
individuare le esigenze del fondo dominante che le parti hanno voluto soddisfare, nonché, sia pure come criterio
accessorio d'interpretazione del titolo, avendo riguardo anche al modo in cui la servitù è stata in concreto esercitata
(con espletamento della prova, anche testimoniale a cura della parte interessata).
Per la costituzione convenzionale di una servitù prediale non è richiesto l'uso di formule sacramentali e
neppure l'espressa indicazione dei fondi coinvolti e dell'estensione e modalità di esercizio della servitù; ma è
invece necessario e sufficiente che dalla clausola contrattuale (all'uopo presa in esame) siano determinabili con
certezza, attraverso i consueti strumenti ermeneutici, il fondo dominante, quello servente e l'oggetto in cui consiste
l'assoggettamento di questo all'utilità dell'altro. Tale operazione interpretativa concretandosi in un'indagine
sull'effettiva volontà dei contraenti in ordine all'eventuale costituzione della servitù prediale, costituisce un
accertamento di fatto, come tale attribuito alla competenza del giudice del merito e sindacabile in sede di
legittimità solo per motivazione incongrua o inficiata da errori logici e giuridici o per inosservanza delle regole di
ermeneutica.
Nel contenuto normale di una servitù di passaggio con mezzi meccanici non rientra l'effettuazione della
manovra di inversione di marcia sul fondo servente, salvo che tale facoltà non risulti in modo inequivoco dal titolo
o non si riveli necessariamente implicita, specie in relazione allo stato dei luoghi, perché indispensabile per
l'esercizio del passaggio.
Non è configurabile una servitù prediale quando l'utilità a favore del fondo dominante, anche se fornita
attraverso il fondo servente, sia legata ad un facere del proprietario di questo fondo, sicché manca il carattere
dell'obiettività come connotato duraturo e permanente di soggezione di un fondo all'altro. Non può, pertanto,
ritenersi costituita per destinazione del padre di famiglia una servitù (di attingimento di acqua) a seguito della
vendita di una porzione di un appartamento nel quale l'acqua potabile defluisca attraverso l'impianto rimasto
collegato al contatore posto nell'altra porzione dell'appartamento stesso, essendo l'utilità subordinata alla
conservazione di uno stato di fatto dipendente soltanto dalla libera determinazione del proprietario dell'immobile
nel quale è allogato il contatore, esclusivo titolare dell'utenza.
Non è configurabile la costituzione convenzionale di una servitù se, oltre l'osservanza della forma scritta per
l'estrinsecazione della precisa volontà del proprietario del fondo servente di costituire la servitù, non risultino
specificamente determinati del titolo tutti gli elementi atti ad individuarla, quale il fondo dominante, il fondo
servente, il peso e la loro estensione. Ne consegue che non può identificarsi con il titolo voluto dalla legge una
clausola di stile di generico riferimento ad un preesistente stato di fatto (nella specie il giudice del merito - la cui
decisione è stata confermata dalla C.S. - aveva escluso la costituzione di servitù con riguardo ad atto di
trasferimento del fondo ed alla relativa clausola che prevedeva, del tutto genericamente, che il bene veniva
trasferito con tutte le servitù attive e passive che si erano, senza alcuno specifico richiamo ai titoli costitutivi)
Il cosiddetto trasferimento di cubatura va assimilato ad un negozio traslativo di diritti reali immobiliari e, come
tale, va assoggettato a tassazione con imposta ordinaria di registro, considerato che la facoltà di costruire sul
proprio fondo, entro i limiti stabiliti dalle norme e dagli strumenti urbanistici che ne precisano l'ampiezza secondo
un determinato rapporto area-volume, si traduce, per il proprietario, in un bene in senso economico-giuridico, in
quanto rappresenta un'utilità che amplia il contenuto del diritto di proprietà.
L'atto con cui viene ceduto il diritto di utilizzazione edificatoria di un terreno a favore del proprietario di un
terreno confinante non può essere considerato quale atto costitutivo di servitù di non edificabilità per mancanza del
requisito della inerenza oggettiva e della inattualità dell'asservimento condizionato dalla approvazione o meno da
parte dell'autorità amministrativa. Conseguentemente è assoggettabile all'imposta ordinaria di registro.
5
1990, n. 4631
1990, n. 5123
1990, n. 8313
1990, n. 8660
1991, n. 9232*
1991, n. 11118
Gli atti di tolleranza, che secondo l'art. 1144 c. c. non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso,
sono quelli che implicano un elemento di transitorietà e saltuarità comportando un godimento di modesta portata,
incidente molto debolmente sull'esercizio del diritto da parte dell'effettivo titolare o possessore, e soprattutto
traggono la loro origine da rapporti di amicizia o familiarità (o da rapporti di buon vicinato sanzionati dalla
consuetudine), i quali, mentre a priori ingenerano e giustificano la permissio, conducono per converso ad escludere
nella valutazione a posteriori la presenza di una pretesa possessoria sottostante al godimento derivatone; pertanto
nell'indagine diretta a stabilire, alla stregua di ogni circostanza del caso concreto, se una attività corrispondente
all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e quindi sia inidonea
all'acquisto del possesso, la lunga durata dell'attività medesima può integrare un elemento presuntivo, nel senso
dell'esclusione di detta situazione di tolleranza, qualora si verta in tema di rapporti non di parentela, ma di mera
amicizia o buon vicinato, tenuto conto che nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile il mantenimento
di quella tolleranza per un lungo arco di tempo.
Ai fini della costituzione convenzionale di una servitù prediale non si richiede l'uso di formule sacramentali o
di espressioni formali particolari, ma basta che dall'atto si desuma la volontà delle parti di costituire un vantaggio a
favore di un fondo mediante l'imposizione di un peso o di una limitazione sopra un altro fondo appartenente a
diverso proprietario. È però necessario che l'atto abbia natura contrattuale, che rivesta la forma stabilita dalla legge
“ad substantiam” e che da esso la volontà delle parti di costituire la servitù risulti inequivocabilmente, anche se il
contratto sia diretto ad altro fine. Pertanto è da escludere che la volontà di costituire una servitù per l'utilità di un
costruendo fabbricato possa desumersi puramente e semplicemente dalle dichiarazioni sottoscritte da parte dei
proprietari di un fondo nell'istanza rivolta al rilascio della concessione edilizia, non essendo dirette tali
dichiarazioni di per sè a costituire rapporti di natura reale tra i sottoscrittori.
Il proprietario del fondo servente, il quale ometta di compiere le prestazioni accessorie necessarie per
l'esercizio della servitù da parte del titolare del fondo dominante, in violazione dell'obbligo impostogli dall'atto
costitutivo o dalla legge, è responsabile non di un fatto illecito per inosservanza del generico obbligo del neminem
laedere, bensì d'inadempimento della prestazione inerente al rapporto obbligatorio propter rem, meramente
accessorio rispetto al contenuto della servitù prediale: conseguentemente, l'azione di risarcimento del danno per la
mancata esecuzione di tali prestazioni è soggetta alla prescrizione decennale e non a quella quinquennale prevista
dall'art. 2947 c.c..
L'obbligo del proprietario del fondo servente di eseguire le opere necessarie per l'esercizio di una servitù di
presa o di derivazione di acqua, previsto dall'art. 1091 c.c., sussiste anche con riferimento alla servitù di
utilizzazione della quota di acqua proveniente da una sorgente esistente nel fondo servente che è superflua per la
sua coltivazione, in quanto anche con riferimento a tale tipo di servitù opera il fondamento logico della
disposizione, che è quello di evitare l'ingerenza di terzi nel fondo servente.
L'atto ricognitivo unilaterale di servitù previsto con efficacia costitutiva dall'art. 634 del codice civile abrogato
non è contemplato dal codice vigente, né vale a determinare quella presunzione di esistenza del diritto ricollegata
alla ricognizione di debito dall'art. 1988 c.c., essendo questa norma inapplicabile ai diritti reali; né lo stesso può
configurare, infine, un atto di ricognizione con gli effetti di cui all'art. 2720 c.c. in ipotesi di preteso acquisto della
servitù per usucapione o in alternativa per destinazione del padre di famiglia, giacché in tali casi fa difetto il titolo
costituito dal documento precedente di cui si prova l'esistenza ed il contenuto mediante il riconoscimento
La servitù prediale che nel nostro ordinamento può costituirsi anche con l'apposizione di un termine finale
(servitù temporanea) si distingue dalla obbligazione meramente personale, essendo requisito essenziale della
servitù la imposizione di un peso su di un fondo (servente) per l'utilità ovvero per la maggiore comodità o amenità
di un altro (dominante) in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una qualitas
inseparabile di entrambi, mentre si versa nell'ipotesi del semplice obbligo personale quando il diritto attribuito sia
stato previsto esclusivamente per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo e
senza alcuna funzione di utilità fondiaria.
La tolleranza è caratterizzata, in rapporto al godimento consentito di un bene, dalla accondiscendenza del
dominus dello stesso (derivante da rapporti di buon vicinato, di parentela, di amicizia, di cortesia o di opportunità)
manifestata in modo da essere nota al destinatario, tal ché quest'ultimo, nell'usufruire del bene altrui, abbia sempre
presente la eventualità e la legittimità di un sopravveniente divieto; tale situazione, peraltro, non può essere
desunta esclusivamente dalla frequenza con cui venga utilizzata la cosa altrui, e ciò in particolare nel caso di
passaggio attraverso fondi altrui, trattandosi dell'esercizio di una servitù discontinua costituita per sua stessa natura
da attività saltuaria e sporadica (nella specie, con riguardo a controversia per la reintegrazione nel possesso di una
servitù di transito la corte suprema ha annullato in quanto insufficientemente motivata la sentenza impugnata che
aveva ritenuto che il passaggio avveniva per una mera tolleranza unicamente in base ad una sua asserita
saltuarietà).
6
1992, n. 6652
1993, n. 2650
1995, n. 6680
Nelle vendite a lotti di aree fabbricabili le pattuizioni contrattuali, con cui al fine di imprimere determinate
caratteristiche alle zone in esecuzione di un piano di sviluppo si impongano limitazioni alla libertà di utilizzare
vari lotti, danno luogo a servitù prediali a carico e a favore di ciascun lotto. Perché dette limitazioni siano efficaci è
sufficiente che nei singoli atti di acquisto venga richiamato il piano di lottizzazione e di sviluppo con i diritti e gli
obblighi in esso previsti, e perché esse operino dopo la vendita dei primi lotti anche sulla restante proprietà del
venditore non è necessario che su questa vengano formalmente imposte le servitù inserite nel piano predetto. Le
anzidette servitù sono reciproche nel senso che ciascun fondo riveste la qualità di fondo dominante e servente e
possono essere costituite anche da colui che, pur non avendo alcuna ingerenza sul fondo a favore del quale avviene
la costituzione, abbia tuttavia interesse quale proprietario del comprensorio di cui faceva già parte detto fondo, che
comprende altri fondi ancora da alienare, ad assicurare attraverso un opportuno reciproco contemperamento delle
contrapposte posizioni dei vari fondi, in cui si suddivide il comprensorio, un omogeneo ed armonico sviluppo
edilizio della zona e ciò pur nell'ipotesi in cui egli non abbia assunto un obbligo espresso in tal senso.
Il requisito dell'apparenza necessario ai sensi dell'art. 1061 c.c. per l'acquisto della servitù per usucapione o per
destinazione del padre di famiglia non può consistere nell'esercizio visibile dello ius in re aliena senza
contestazioni da parte altrui, ma richiede l'esistenza di opere visibili e permanenti tali da rilevare ex se l'esistenza
del peso gravante sul fondo servente a favore di quello dominante.
Trasferimento del fondo dominante implica, "ex lege", quello della servitù, che inerisce, dal lato attivo e passivo,
al fondo dominante e servente, anche quando di essa non sia fatta menzione nell'atto.
L'esigenza che nell'atto costitutivo di una servitù siano specificamente indicati tutti gli elementi di questa non
implica la necessità della espressa indicazione ed analitica descrizione del fondo servente e di quello dominante
essendo sufficiente che i predetti elementi siano comunque desumibili dal contenuto dell'atto.
1995, n. 7751
L'art. 1065 c.c., secondo cui la servitù, nel dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio, deve intendersi
costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minore aggravio per il fondo servente, è
dettato esclusivamente per i rapporti di natura petitoria e non è, quindi, applicabile alle controversie possessorie.
L'anno utile per l'esperimento delle azioni possessorie, nel caso di turbativa o di molestia posti in essere con
più atti, decorre dal primo atto solo quando i successivi siano legati tra loro da un nesso di inscindibile dipendenza
si da configurare la progressiva estrinsecazione di un'unica molestia o di un unico spoglio, e non quando si tratti,
invece, di atti autonomi, ciascuno costituente una distinta turbativa o uno spoglio a sé stante.
1996, n. 3300
1996, n. 3405
A norma del comma 2 dell'art. 1062 c.c. la costituzione di una servitù prediale per destinazione del padre di
famiglia è impedita dalla contraria manifestazione di volontà del proprietario dei due fondi. Tale manifestazione
del potere di disposizione del proprietario è utilmente posta in essere oltre che nello stesso negozio con cui è
attuato il frazionamento del fondo originario, anche in un atto anteriore, purché questo si trovi col negozio o col
fatto di separazione in una relazione tale da far escludere che, successivamente alla disposizione stessa, l'"iter"
formativo della fattispecie legale di cui all'art. 1062 c.c., già interrotto, abbia potuto utilmente ricominciare ed
essere portato a compimento. L'accertamento dell'esistenza di una disposizione di volontà preclusiva rispetto al
sorgere della servitù è devoluto al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente e
correttamente motivato
La servitù di passaggio può considerarsi apparente, e quindi suscettibile di acquisto per usucapione, anche se è
esercitata solo attraverso un sentiero naturalmente formatosi per effetto del calpestio, qualora esso presenti un
tracciato tale da denotare senza incertezze ed ambiguità la sua funzione visibile e permanente di accesso al fondo
dominante attraverso il fondo servente, secondo l'apprezzamento del giudice di merito che, se congruamente e
correttamente motivato, si sottrae ad ogni sindacato in sede di legittimità.
La portata del principio "tantum praescriptum quantum possessum" deve essere intesa nel senso che il
contenuto delle servitù acquistate per usucapione va determinato in funzione della sola utilità obiettiva cui sono
riferibili agli atti di esercizio nei quali si è realizzato il possesso.
7
1996, n. 4770
La concessione edilizia in sanatoria rilasciata in riferimento all'abusivo ampliamento di una costruzione, non ha
alcuna incidenza sulle controversie tra proprietari confinanti in ordine alla violazione delle norme di edificabilità.
Le convenzioni tra privati, con le quali si stabiliscono reciproche limitazioni o vantaggi a favore ed a carico
delle rispettive proprietà, specie in ordine alle modalità di edificazione restringono o ampliano definitivamente i
poteri connessi alla proprietà, attribuendo a ciascun fondo un corrispondente vantaggio e onere che ad esso
inerisce come "qualitas fundi", ossia con carattere di realtà inquadrabile nello schema delle servitù: ne deriva,
pertanto, che in caso di inosservanza della pattuita convenzione limitativa dell'edificabilità, il proprietario del
fondo dominante può agire nei confronti del proprietario del fondo servente con azione di natura reale, onde
chiedere ed ottenere la demolizione dell'opera abusiva, non diversamente da quanto riconosciuto ex art. 872 e 873
c.c., al proprietario danneggiato dalla violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni.
1996, n. 592
1997, n. 10250
La servitù per destinazione del padre di famiglia si intende stabilita, ope legis, per il solo fatto che, all'epoca
della separazione dei fondi o del frazionamento dell'unico fondo, lo stato dei luoghi sia stato posto o lasciato, per
opere e segni manifesti ed univoci, in una situazione di subordinazione o di servizio che integri di fatto il
contenuto proprio di una servitù, indipendentemente da qualsiasi volontà, tacita o presunta, dell'unico originario
proprietario nel determinarla o mantenerla in vita. Ne consegue che il requisito della subordinazione va ricercato
non nell'intenzione (negoziale) di detto proprietario, bensì nella natura dell'opera oggettivamente considerata, in
quanto nel suo uso normale determini il permanente assoggettamento del fondo vicino all'onere proprio della
servitù
Ritenere che l'atto emulativo possa consistere anche in una condotta omissiva, costituisce violazione dell'art.
833 c.c. sia perché la norma, letteralmente, vieta al proprietario il compimento di "atti"; sia perché non è
configurabile un atto emulativo se manca qualsiasi vantaggio per il suo autore, ed invece, il non fare, determina
sempre un vantaggio in termini di risparmio di spesa e/o di energia psico-fisica.
Posto che le servitù negative si sostanziano nel potere del proprietario del fondo dominante di vietare al
proprietario del fondo servente un particolare e determinato uso del fondo stesso, esse non necessitano di opere
visibili destinate al loro esercizio e sono, pertanto, non apparenti (nella specie, è stato escluso che la servitù "altius
non tollendi" possa considerarsi apparente).
1997, n. 10370*
1997, n. 12197
1997, n. 1372
Il concetto di utilitas, intesa come elemento costitutivo di una servitù prediale, non può avere riferimento ad
elementi soggettivi ed estrinseci relativi all'attività personale svolta dal proprietario del fondo dominante, ma va
correttamente ricondotto al solo fondamento obiettivo e "reale" dell'utilità stessa, sia dal lato attivo che da quello
passivo, dovendo essa costituire un vantaggio diretto del fondo dominante come mezzo per la migliore
utilizzazione di questo. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio di diritto di cui in massima, ha confermato la
sentenza del giudice di merito con la quale era stata esclusa la natura di servitù in relazione ad un passaggio sul
fondo che si pretendeva servente esercitato da parte del proprietario del fondo finitimo al fine esclusivo di
attingere acqua presso una fonte sita in altra località, di proprietà di terzi, e priva di qualsivoglia capacità irrigua o
di destinazione all'approvvigionamento idrico del fondo predetto).
Il principio secondo cui ai fini dell'apparenza della servitù non occorre che le opere di natura permanente
insistano su entrambi i fondi, ma è sufficiente che si trovino in uno solo di essi, perché ne sia visibile la
strumentalità rispetto al bisogno del fondo da considerare come dominante, in modo che possa presumersene la
conoscenza da parte del proprietario dell'altro fondo, attiene solo alla ubicazione ed alla visibilità delle opere, ma
non esclude la necessità della loro esistenza e del loro carattere permanente ed univocamente strumentale
all'asservimento
La deroga alla disciplina delle distanze fra le costruzioni, risolvendosi in una menomazione per l'immobile che
alla distanza legale avrebbe diritto, integra una servitù che può costituirsi mediante il possesso ad usucapionem per
la durata prevista dalla legge
8
1999, n. 3749*
1999, n. 884
Il principio secondo il quale nemini res sua servit non si applica in tema di condominio negli edifici, non
sussistendo, in tal caso, la (necessaria) identità delle posizioni soggettive (dovendosi, all'uopo, distinguere tra la
qualità di proprietario e quella di comproprietario), così che la possibilità di costituire servitù sulle parti comuni
dell'edificio a vantaggio dei piani (o degli appartamenti) in proprietà esclusiva si ammette quando il condomino
non usi delle cose comuni iure proprietatis, bensì iure servitutis. Ne consegue che, ove ciascun condomino utilizzi
le cose, gli impianti ed i servizi comuni nel rispetto della loro destinazione, egli ne gode in virtù e per effetto del
proprio diritto di condominio, ma, se delle cose stesse gode secondo una destinazione diversa, è nella facoltà degli
altri partecipanti alla comunione impedire tale forma abusiva di godimento, ovvero consentirla espressamente, con
la ulteriore conseguenza che, riconosciuto al condomino, con carattere definitivo, il diritto di godere delle cose
degli impianti e dei servizi comuni in modo diverso da quello consentito dalla loro specifica destinazione, e
qualora tale godimento si risolva in un peso imposto su di esse a vantaggio di un piano o di una porzione di piano
di proprietà esclusiva, tale diritto deve qualificarsi come vera e propria servitù prediale costituita su di una cosa
comune a vantaggio di un piano o di una porzione di piano dell'edificio.
Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove accettato
dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere
convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l'uso o
il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche a quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli
condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca.
La servitù non trascritta è vincolante per il terzo acquirente del fondo servente solo se è chiaramente indicata
nel titolo con cui la proprietà dell'immobile gravato è stata trasferita al medesimo, non essendo sufficiente che, in
luogo della descrizione della servitù esistente, l'atto di trasferimento contenga frasi generiche ed indeterminate,
ricorrenti nei formulari notarili, che restano prive di effetti giuridici, atteso che siffatte espressioni, in mancanza
della legale certezza della conoscenza della servitù da parte del terzo acquirente, derivante dalla trascrizione
dell'atto costitutivo, non danno neppure la certezza reale di tale conoscenza, che si consegue soltanto mediante la
specifica indicazione dello ius in re aliena gravante sull'immobile oggetto del contratto
Ai fini della costituzione convenzionale di una servitù prediale se è vero che non è richiesto l'uso di formule
sacramentali, è pur vero che occorre che dalla clausola contrattuale siano determinabili con certezza, oltre che il
fondo servente ed il fondo dominante, l'oggetto in cui consiste l'assoggettamento di quello all'utilità dell'altro; sono
a tal fine inefficaci quelle clausole che facciano generico riferimento a stati di fatto preesistenti
La clausola del regolamento condominiale con cui si ponga il divieto di esercitare negli appartamenti di
2000, n. 11684* proprietà esclusiva dei condomini l'attività scolastica integra un'ipotesi di obbligazione "propter rem", suscettibile
di estinzione per prescrizione.
2000, n. 11674
Con il regolamento condominiale possono essere costituiti pesi a carico di unità immobiliari di proprietà esclusiva
e a vantaggio di altre unità abitative, cui corrisponde il restringimento e l'ampliamento dei poteri dei rispettivi
proprietari, o possono imporsi prestazioni positive a carico dei medesimi e a favore di altri condomini o di soggetti
diversi, ovvero possono limitarsi il godimento o l'esercizio dei diritti del proprietario dell'unità immobiliare. Nel
primo caso è configurabile un diritto di servitù, trascrivibile nei registri immobiliari; nel secondo un onere reale e
nel terzo un'obbligazione "propter rem", non trascrivibili. Il divieto di adibire l'immobile ad una destinazione,
ovvero di esercitarvi determinate attività è inquadrabile in quest'ultimo istituto, e il corrispondente diritto è
prescrittibile se il creditore non lo eserciti per il periodo predeterminato dalla legge.
L'art. 1027 c.c. disciplina la categoria generale delle servitù - che se costituite volontariamente sono aperte nel
contenuto concreto e nella denominazione - stabilendo la funzione del diritto di servitù, che caratterizza il
rapporto, e che consiste nel peso imposto su un immobile per l'utilità di un altro immobile, costituendo per l'effetto
un rapporto tra i rispettivi proprietari. Invece l'onere reale è una qualità giuridica dell'immobile e da esso
inseparabile, con l'effetto di obbligare il proprietario, in quanto tale, ad eseguire prestazioni positive e periodiche,
di dare o "facere", a favore del proprietario di altro immobile o di altro soggetto. Infine l'"obligatio propter rem" è
un legame indissolubile tra l'obbligazione e la cosa, e la sua funzione causale giustifica l'individuazione del
soggetto obbligato nel titolare del diritto reale sulla "res".
2000, n. 15326
La destinazione industriale del fondo alla quale, ai sensi dell'art. 1028 c.c. può inerire l'utilità costituente, in
corrispondenza di un peso imposto ad altro fondo di diverso proprietario, il contenuto di una servitù industriale, ha
riferimento all'industria non quale attività di trasformazione di materie prime o di energia ma quale attività umana
diversa dalla coltivazione ed utilizzazione diretta del fondo, sicché essa può ricorrere anche nel caso di
destinazione del fondo ad attività commerciale, artigianale, artistica o professionale, restando peraltro escluso,
nella determinazione dell'utilità inerente alla servitù, ogni riferimento ad elementi soggettivi ed estrinseci relativi
all'attività personale del proprietario del fondo dominante e dovendo aversi riguardo unicamente al fondamento
obiettivo e reale dell'utilità stessa
9
2001, n. 10447
2001, n. 2754*
2001, n. 5609
La servitù costituita a favore di un determinato fondo, ove ad esso ne venga unito un altro, non si estende a
favore di questo, dovendo i due fondi originari, costituenti ormai un insieme, rimanere distinti ai fini della servitù,
senza, tuttavia, che al "dominus" del nuovo più esteso fondo, come tale legittimato a muoversi in ogni parte del
medesimo, ne possa essere imposta la divisione allo scopo di salvaguardare il fondo servente, la cui tutela può
rinvenirsi solo nell'art. 1067 c.c., in caso di uso della servitù divenuto più oneroso. Tale uso, peraltro, se a
vantaggio della porzione esclusa dalla servitù, non giova a configurare un possesso estensivo della servitù stessa
all'intero fondo, poiché la presunzione della riferibilità della servitù a tutto il fondo dominante è escluso dal titolo e
gli atti di possesso, afferenti alla porzione dominante, sono inespressivi di uno "ius possessionis" più esteso dello
"ius possidendi", salvo che non intervengano situazioni di fatto tali da rendere manifesto l'asservimento a favore
della porzione esclusa dal titolo.
Nel caso in cui venga dedotto un accordo modificativo dell'estensione di una servitù intervenuto
successivamente alla costituzione con atto scritto della stessa, il principio generale dettato dall'art. 1058 c.c. in
relazione all'art. 1350 n. 4 impone che la servitù non possa essere modificata che da un altro atto scritto. Se
l'accordo modificativo è costituito da un regolamento amichevole di confini in quanto le parti, regolando questi,
abbiano contestualmente modificato l'originaria estensione della servitù di passaggio esercitata su uno dei fondi, il
detto regolamento deve avere la forma scritta essendo destinato ad incidere su un diritto reale su bene immobile
per la cui costituzione è richiesta la forma scritta.
Per la costituzione convenzionale di una servitù prediale non è sufficiente una clausola di stile secondo cui la
"vendita comprende i connessi diritti, accessori e pertinenze", essendo indispensabile l'estrinsecazione della
precisa volontà del proprietario del fondo servente diretta a costituire la servitù e la specifica determinazione nel
titolo di tutti gli elementi atti ad individuarla (fondo dominante, fondo servente, natura del peso imposto su
quest'ultimo, estensione)
La costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, ha come presupposto che due fondi o due
parti del medesimo fondo, appartenenti in origine ad un proprietario unico o a più proprietari in comunione, siano
stati posti da lui stesso o da loro stessi in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio l'uno rispetto
all'altro, atta ad integrare, di fatto, il contenuto di una servitù prediale e che abbiano mantenuto inalterata tale
situazione nel cessare di appartenere allo stesso soggetto. Fino a quando, però, i due fondi o le due parti del fondo,
posti appunto in una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio corrispondente "de facto" al contenuto
proprio di una servitù, continuano ad appartenere allo stesso proprietario o a più proprietari in comunione, la
servitù non può sorgere, ostandovi il principio "nemini res sua servit"
2001, n. 883*
2002, n. 14693
2002, n. 16342
Nel diritto vigente non sussiste la perpetuità della servitù, ma solo la necessità di una certa durevolezza e
stabilità del rapporto che la stessa determina
In base all'art. 1062 c.c., per la costituzione di una servitù per destinazione del buon padre di famiglia, sono
necessarie, al momento della separazione dei fondi, una situazione fra questi tale da denotare in maniera
inequivoca ed obiettiva l'asservimento di uno di essi a favore dell'altro, nonché la sussistenza di opere permanenti,
predisposte dall'originario unico proprietario. Deve escludersi pertanto l'anzidetta costituzione quando risulti che le
opere assuntivamente destinate all'esercizio della servitù siano state realizzate dopo che il fondo, inizialmente
unico, è stato diviso tra più proprietari.
La presenza di una porta o di una porta - finestra non è inequivoca al fine di dimostrare una servitù di
passaggio, ben potendo essa adempiere anche alla diversa funzione di fornire aria e luce all'immobile.
Il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà per i privati di costituire servitù meramente personali
(cosiddette "servitù irregolari"), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio
non del fondo finitimo bensì del singolo proprietario di quest'ultimo, sì che siffatta convenzione negoziale,
inidonea alla costituzione di un diritto reale limitato di servitù, va inquadrata nell'ambito del diritto d'uso, ovvero
nello schema del contratto di locazione o di contratti affini, quali l'affitto e il comodato.
Nel procedimento di qualificazione del contratto, il giudice di merito non è vincolato dal "nomen iuris" che ad
esso hanno attribuito le parti, pur dovendo tener conto anche di questo dato, ma deve ricercare ed interpretare la
concreta volontà dei contraenti stessi, avuto riguardo all'effettivo contenuto del rapporto e facendo applicazione
delle regole ermeneutiche dettate dagli art. 1362 ss. c.c. (nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto congrua la
motivazione dei giudici di merito i quali, a fronte di un contratto denominato dalle parti come volto alla
costituzione di diritti temporanei di superficie e di servitù di passaggio, hanno ritenuto di qualificarlo come
contratto costitutivo di un diritto personale di godimento, sulla base sia della durata temporanea del rapporto, sia
della rilevanza dell'attività commerciale che il concessionario avrebbe dovuto svolgere sul fondo, la cui mancanza
in base al contratto avrebbe comportato la risoluzione del rapporto).
10
2003, n. 5146
2004, n. 8137*
In tema di servitù apparente, l'acquisto per usucapione presuppone, oltre all'esercizio del corrispondente
possesso ventennale, anche che le opere visibili e permanenti obiettivamente destinate a tale esercizio siano esistite
ed abbiano avuto tale destinazione per tutto il tempo necessario ad usucapire. Ne consegue che, per la usucapione
di una servitù di passaggio, non basta provare il decorso del tempo necessario per la usucapione e l'esistenza di un
sentiero, ma è necessario dimostrare che questo sin dall'inizio del ventennio aveva i requisiti della visibilità,
permanenza e specifica destinazione, potendo altrimenti il requisito dell'apparenza essere insorto più di recente per
effetto del diuturno calpestio e non essendo, perciò, sufficiente a sorreggere il possesso ad usucapionem esercitato
prima del suo venire in essere
Il parcheggio di autovetture su di un'area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di
proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di
servitù, diritto caratterizzato dalla cosiddetta realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità così
come al fondo servente del peso, mentre la mera commoditas di parcheggiare l'auto per specifiche persone che
accedano al fondo (anche numericamente limitate) non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità
inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari.
In tema di servitù prediali, la costituzione per destinazione del padre di famiglia, che si determina non in virtù
di una manifestazione di volontà negoziale ma per la presenza di opere visibili e permanenti destinate all'esercizio
della servitù e che siano rivelatrici dell'esistenza del peso gravante sul fondo servente, richiede il concorso di più
elementi costitutivi di una complessa fattispecie, e cioè: a) l'esistenza di due o più fondi appartenenti allo stesso
proprietario tra cui, con opere visibili, si sia costituito un rapporto obiettivo di servizio tale da manifestare
l'esistenza di una servitù se i due fondi o le due parti del fondo appartenessero a distinti proprietari; b) la
separazione dei due fondi o delle due parti del fondo per effetto di una atto di alienazione volontario. Pertanto, in
presenza di tali elementi e in mancanza, all'atto dell'alienazione, di una volontà contraria, la servitù si intende
stabilita "ope legis" e a titolo originario
In tema di acquisto per usucapione, l'acquirente - che invochi, ai sensi dell'art. 1146 comma 2 c.c., l'accessione
2006, n. 3177* del possesso per unire il proprio a quello del dante causa - deve fornire la prova di avere acquistato con un titolo
astrattamente idoneo al trasferimento del diritto oggetto del possesso (ancorché invalido o proveniente a non
domino). Pertanto, ai fini dell'acquisto per usucapione di un diritto reale limitato come quello di servitù, tale titolo
non può essere costituito dal contratto di vendita del fondo (preteso) dominante che non contenga la specifica
menzione della servitù che si assume usucapita, operando l'accessione nei soli limiti del titolo traslativo titolo,
sicché il trasferimento del fondo (preteso) dominante può essere sufficiente a trasferire la servitù nel solo caso in
cui il relativo diritto già sussista a favore del fondo alienato (e, nel caso del sistema tavolare, la sussistenza è
connessa alla iscrizione nel libro fondiario) ma non lo è nel caso in cui ne sia in corso il "possesso ad
usucapionem" da parte del cedente
2006, n. 13216
L'apposizione di una ringhiera su un muro divisorio che, avendo funzione di parapetto, consentiva di esercitare
il diritto di veduta sull'altrui proprietà, integra uno spoglio parziale, in quanto modifica, rendendole più difficili, le
modalità dell' "ispicere" e del "prospicere in alienum" in cui si sostanziava l'esercizio del diritto di servitù in
presenza del solo muretto. (Rigetta, Trib. Frosinone, 10 Ottobre 2001)
In materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi inammissibile l'acquisto per
2007, n. 20769* usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata
dalle norme inderogabili degli strumenti urbanistici locali, non potendo l'ordinamento accordare tutela ad una
situazione che, attraverso l'inerzia del vicino, determina l'aggiramento dell'interesse pubblico cui sono
prevalentemente dirette le disposizioni violate
2005, n. 24849
2007, n. 4222*
Poiché le norme sulle distanze contenute negli strumenti urbanistici comunali sono inderogabili in quanto
trascendono gli interessi meramente privatistici, essendo dettata essenzialmente a tutela dell'interesse generale,
nell'esercizio del potere pubblico di governo del territorio, deve ritenersi inammissibile l'acquisto per usucapione, a
favore del costruttore, del diritto reale di servitù a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella prescritta
inderogabilmente dagli strumenti urbanistici locali
Nel dubbio circa l'estensione o le modalità di esercizio, la servitù acquistata in virtù di un titolo negoziale deve
ritenersi costituita, ai sensi dell'art. 1065 c.c., in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor
aggravio del fondo servente, senza che al riguardo possa assumere rilevanza l'esercizio concreto della stessa, cioè
il suo possesso, come invece avviene per le servitù acquistate per usucapione.
In tema di acquisto di servitù per usucapione, rientra nei normali poteri di valutazione probatoria del giudice la
2008, n. 21016* qualificazione degli atti che vengono invocati come esercizio di fatto della servitù, quali atti di mera tolleranza, in
considerazione della strutturale saltuarietà degli stessi, senza che la controparte sia gravata dell'onere di provare
tale specifica inidoneità ad integrare il possesso ad usucapionem mentre nelle azioni esclusivamente possessorie la
natura giuridica dell'esercizio degli atti di tolleranza deve essere eccepita e provata dalla parte che la deduce
11
2010, n. 2651*
Il contratto costitutivo di servitù prediale nullo può essere convertito in un contratto diverso del quale contenga
i requisiti di sostanza e di forma, se sussistono i requisiti necessari per l'operatività dell'art. 1424 c.c. anche con
specifico riferimento alla così detta volontà ipotetica delle parti di conversione dell'accordo (nella specie,
conversione del contratto per la costituzione di una servitù prediale in quello per la previsione di un diritto di
natura personale a favore dei soli stipulanti.
In base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., é consentito alle parti di sottrarsi alla
regola della tipicità dei diritti reali su cose altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori;
pertanto, invece di prevedere l'imposizione di un peso su un fondo (servente) per l'utilità di un altro (dominante),
in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una “qualitas fundi”, le parti ben
possono pattuire un obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della
persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria. (Nella
specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto provato un accordo verbale tra le parti
relativo al passaggio, sul fondo di una di esse, della rete fognante proveniente dal fondo dell'altra, accordo che, pur
inidoneo a configurare un valido contratto costitutivo di una servitù di scarico, per difetto della forma scritta
richiesta "ad substantiam", era tuttavia idoneo a costituire una servitù irregolare, a carattere non reale ma
obbligatorio, sussistendo i requisiti necessari per la conversione del contratto nullo ai sensi dell'art. 1424 c.c.).
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