l`incidenza tra sopravvivenza e mortalita` in utic

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA
SEDE DIDATTICA VALLO DELLA LUCANIA
TESI DI LAUREA
L’INCIDENZA TRA SOPRAVVIVENZA E
MORTALITA’ IN UTIC IN UN ANNO DI
PAZIENTI CON IMA: PROCESSO
INFERMIERISTICO
RELATORE
Ch.mo Prof. Giovanni Lerro
CANDIDATO
Ferraro Antonio
Matr. 597003334
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
1
INDICE
2
Introduzione ................................................................................................................1
CAPITOLO 1 Ima e fattori di rischio
1.1 Fattori di rischio ..................................................................................................5
1.2 Trombolisi..........................................................................................................10
1.3 Ptca....................................................................................................................12
1.4 Farmacologia .....................................................................................................14
CAPITOLO 2 L’infermiere e la psicologia
2.1 Legge 739/94.....................................................................................................18
2.2 Assistenza infermieristica..................................................................................21
2.3 Diagnosi infermieristica: Ansia..........................................................................24
CAPITOLO 3 Incidenza di sopravvivenza e mortalità in UTIC del P.O. di Vallo
della Lucania
3.1 Fattori di rischio riscontrati ...............................................................................29
3.2 Lo studio dei pazienti presi in esame ................................................................34
3.3 Incidenza ...........................................................................................................39
Conclusioni ................................................................................................................40
Bibliografia ................................................................................................................42
Sitografia....................................................................................................................44
3
INTRODUZIONE
4
Tutti gli organi del nostro corpo per vivere e funzionare necessitano di
nutrimento e ossigeno che viene loro fornito dal sangue.
Quando le arterie perdono elasticità e si restringono a causa
dell'aterosclerosi, la quantità di sangue che arriva ai vari organi si riduce:
questo nuoce al loro buon funzionamento e può causare sofferenza della
cellula.
Il muscolo cardiaco, miocardio, che svolge un immane e ininterrotto
lavoro di pompa, necessita di grandi quantità di sostanze energetiche e di
ossigeno che gli vengono forniti attraverso le arterie coronarie. Quando il
flusso di sangue in un ramo delle coronarie diminuisce, la zona di
miocardio in cui questo si distribuisce, presenta segni di sofferenza detta
ischemia, caratterizzata da turbe metaboliche, violento dolore e
alterazioni dell'elettrocardiogramma. Se il deficit di irrorazione è di
breve durata si ha l'ischemia miocardica transitoria, meglio nota col
nome di angina pectoris, senza danni evidenti delle cellule miocardiche.
Se il deficit è prolungato, le cellule miocardiche che non ricevono
sufficiente ossigeno muoiono (necrosi) e si ha l’infarto miocardico.
L’obiettivo di questa tesi,è quello di valutare l’incidenza tra la mortalità
e la sopravvivenza nel reparto di UTIC presso l’ospedale San Luca di
Vallo della Lucania (SA). Il tempo preso in considerazione è un’ anno
che va dal 30 agosto 2012 al 30 agosto 2013.
La popolazione studiata è composta da uomini e donne con un’età media
di 70 anni,residenti quasi tutti nella zona del Cilento.
I parametri con cui ho effettuato lo studio sono:
- Età
5
- Sesso
- Sedentarietà
- Consumo di alcol
- Stile di vita
- Fumo
- Dislipidemia
- Ipertensione
- Diabete mellito
- Patologie cardiovascolari
- Pressione arteriosa
- Dati antropometrici
- Difetti di coagulazione
Gli outcome attesi sono quelli di incidenza con e senza ima, tra
sopravvivenza e mortalità in un arco di tempo (un anno), utilizzando le
tecniche sia farmacologiche, che chirurgiche presenti nella struttura
sanitaria.
6
CAPITOLO 1
Ima e fattori di rischio
7
1.1. FATTORI DI RISCHIO
La causa principale dell’IMA è l’aterosclerosi, una malattia subdola e
silenziosa che colpisce le arterie di grande e medio calibro producendo
un infiammazione cronica che restringe il vaso. I fattori di rischio
dell’infarto miocardico sono molteplici, vengono suddivisi in due gruppi:
modificabili e non modificabili.
Nella categoria dei fattori di rischio modificabili troviamo:
- L’Ipertensione arteriosa dove i vasi sanguigni dei soggetti ipertesi
possono essere immaginati come tubi che trasportano un flusso di
liquido superiore a quello per il quale erano stati progettati. Si
formano turbolenze e vortici che possono deformare e rompere le
pareti dei vasi. Il cuore che spinge il sangue nei vasi ad alta
pressione deve lavorare di più, spendere più energia e col tempo
(è, non lo dimentichiamo, un muscolo, in questo caso sottoposto
ad uno sforzo continuativo) si ingrosserà e deformerà finendo col
diventare a sua volta meno efficiente. L'ipertensione è un fattore di
rischio subdolo perché è asintomatico ma la misurazione della
pressione è facile e alla portata di tutti e non andrebbe omessa. In
caso di riscontro di elevati livelli di pressione arteriosa è
opportuno affidarsi al proprio medico per impostare una corretta
terapia.
- Fumo di sigaretta, è stato scientificamente evidenziato che il fumo
di sigaretta
aumenta notevolmente il rischio di malattie
cardiovascolari, questo effetto negativo è particolarmente evidente
8
nei soggetti giovani che sarebbero in generale meno predisposti a
questo genere di patologie.
- Sovrappeso e obesità visto che il cuore e i vasi devono portare
sangue ad una massa corporea maggiore e fare più lavoro che li
affatica; i soggetti in sovrappeso hanno maggiore probabilità di
sviluppare iperglicemia, diabete mellito ipercolesterolemia ed
ipertensione arteriosa. Una dieta equilibrata, unitamente ad
un'attività fisica adatta alle condizioni personali di ciascuno
possono essere di grande aiuto non solo per perdere con gradualità
e buon senso i chili in eccesso ma anche per ridurre l'entità degli
altri fattori di rischio eventualmente associati.
- Ipercolesterolemia, l'obiettivo ideale per la colesterolemia totale è
stato portato recentemente a 190 mg/dl. Devono anche essere
tenuti in considerazione i livelli della frazione di colesterolo LDL
che rappresenta il colesterolo che tende a depositarsi e a
danneggiare le pareti dei vasi sanguigni (il colesterolo "cattivo") e
che dovrebbe idealmente essere al di sotto dei 115 mg/dl e il del
colesterolo HDL cioè la frazione del colesterolo destinato ad
essere eliminato efficacemente dal nostro organismo e per questo
alti valori di HDL hanno una funzione protettiva (il colesterolo
"buono").
- Diabete mellito: gli alti livelli di zuccheri nel sangue fino allo
sviluppo del diabete mellito possono danneggiare gravemente nel
tempo il sistema vascolare ed aumentare il rischio di malattie del
cuore e del sistema vascolare.
9
- Stile di vita uno stile di vita sedentario rappresenta anch'esso un
fattore di rischio per malattie cardiache. L'attività fisica è infatti in
grado di migliorare il controllo dei livelli di colesterolo, il diabete
e l'obesità e, in alcuni soggetti, può anche ridurre i livelli di
pressione arteriosa.
- Abitudini alimentari, si consiglia ai soggetti a rischio di correggere
la propria alimentazione seguendo un regime alimentare povero di
grassi e ricco di fibre (dieta mediterranea).
Per quanto riguarda i fattori non modificabili abbiamo:
-
Età
il rischio aumenta con l'aumentare degli anni proprio
perché,con il passare degli anni il cuore perde progressivamente la
sua capacità di pompare sangue all’organismo.
-
Sesso i maschi hanno una probabilità maggiore di avere un IMA,
a differenza delle donne che,grazie agli ormoni femminili,
vengono protette. Tuttavia anche per le donne,dopo la menopausa,
la probabilità di ammalarsi è simile a quella degli uomini.
- Familiarità nelle famiglie con altri soggetti colpiti da IMA o
malattie cardiache,si ha una predisposizione genetica,quindi su ha
una probabilità di 1:5 di ammalarsi.
E’opportuno quindi, durante il ricovero, di effettuare una corretta
anamnesi, con il paziente se conscio o con i familiari se non lo è.
Nell’anamnesi remota e pregressa bisogna individuare se vi sono la
presenza di più fattori di rischio, ove possibile chiedere di ridurli,
10
conducendo uno stile di vita più sano,ridurre l’uso di alcol e dimezzare la
quantità di sigarette che vengono fumate nell’arco della giornata.
L'elemento in dispensabile per la diagnosi di IMA è il rialzo dei markers
sierici di necrosi miocardica quali CPK, LDH, troponina, mioglobina.
La troponina, recentemente introdotta dalle nuove linee guida per la
diagnosi di necrosi miocardica, si avvicina al marker di necrosi
miocardica ideale, avendo elevata miocardio-specificità, alta sensibilità e
finestra
temporale
ampia
(durata
10-14
gg
circa).
L'elevata sensibilità diagnostica delle troponine è strettamente connessa
al fatto che il valore plasmatico nei soggetti normali è pressochè uguale a
zero.
La troponina, in corso di infarto del miocardio, inizia ad aumentare dopo
circa 3-4 ore dall'inizio dei sintomi e si mantiene persistentemente
elevata per circa due settimane.
Altro marker biochimico, recentemente introdotto nelle nuove linee
guida, è la Mioglobina che rappresenta il marker più precoce di danno
miocardico e può essere misurato rapidamente. Non è assolutamente
specifico essendo di origine muscolare e cardiaca e ritorna ai valori
normali nelle 24 ore,la sua utilità diagnostica in quei pazienti in cui il
dolore è di recente insorgenza (<6 ore) o come marker di reinfarto nelle
prime due settimane dall'infarto stesso.
Attuale marker biochimico di riferimento per la diagnosi di infarto
miocardico acuto è l'isoenzima CK-MB con la presenza di necrosi
miocardica nelle prime sei ore.
Nei pazienti entro le prime dieci ore dall'IMA i markers più appropriati
11
sono le subforme di CK-MB e la mioglobina. Viene consigliato di
eseguire un prelievo di sangue immediatamente dopo il ricovero, 1 ora
più tardi e ogni due ore fino alla sesta dalla comparsa dei sintomi e, in
caso di positività, ogni 3-4 ore per le prime 24 ore e ogni 6-8 ore fino a
48-72 ore.
E’ inoltre indispensabile per la diagnosi di IMA, un esame
elettrocardiografico. Nel suo tracciato,compaiono le onde di necrosi, di
lesione e di ischemia. Le onde dell’ecg si possono presentare
diversamente nell’arco di tempo.
Distinguiamo quindi 2 fasi:
-
Nella prima fase dell’IMA, nel corso delle prime 3 ore, compare
una grande onda T d’ischemia subendocardica, molto alta e
positiva, onda a branche simmetriche ed appuntite come una
"tenda di campo".
- Nella seconda fase,cioè nei primi giorni compare infine l’onda Q
di necrosi ma l’onda di lesione sub-epicardica permane ancora per
più giorni; l’ischemia sub-epicardica comporta la comparsa di
un’onda T negativa ed appuntita e simmetrica (onda coronaria di
Pardee).
12
1.2 TROMBOLISI
La terapia farmacologica dell’infarto, chiamata trombolisi, significa
scioglimento di un trombo. Viene eseguita nell'infarto acuto del
miocardio allo scopo di ricanalizzare la coronaria ostruita e di
ripristinare il flusso sanguigno con la speranza di ridurre l'estensione
dell'infarto che si va instaurando.
L'occlusione di una coronaria priva bruscamente di ossigeno le cellule
miocardiche a valle dell'ostruzione, le quali presentano rapidamente
segni di sofferenza. Perché il danno non divenga irreversibile è
indispensabile che la rivascolarizzazione mediante trombolisi sia precoce
e che il calibro della coronaria, nel punto dove si era formato il trombo,
non sia troppo ristretto. Solo ripristinando entro breve tempo (entro le sei
ore dall’inizio del dolore) un sufficiente flusso di sangue si può sperare
di
salvare
il
miocardio
colpito
dall'ischemia.
Una coronaria ristretta da lungo tempo che ha finito con l'occludersi,
trarrà assai scarsi benefici da un eventuale scioglimento del trombo. Le
migliori condizioni per la riuscita del trattamento trombolitico sono date
dalla presenza di una placca aterosclerotica sottostante al trombo che non
restringa il lume coronarico più del 75%, e dal discioglimento del
trombo nelle primissime ore dopo la sua formazione, cioè prima che
insorga danno miocardico.
È importante anche che il tratto di coronaria al di sotto dell'ostruzione
conservi
un
buon
calibro.
Tutto questo rende ragione della diversità dei risultati che possono essere
ottenuti con la terapia trombolitica. In alcuni casi si osserva la
ricanalizzazione della coronaria con recupero più o meno completo del
13
miocardio sottostante, in altri la ricanalizzazione non riesce ad evitare il
danno o la morte delle cellule miocardiche perché troppo tardiva o
parziale, in altri, infine, l'insuccesso può essere totale per la mancata lisi
del
trombo
ostruente.
Il trattamento trombolitico perde efficacia se eseguito dopo dodici ore
dall’inizio del dolore, perché le probabilità di sciogliere il trombo
diminuiscono rapidamente. Questa è la principale ragione per cui i
successi sono inferiori all'attesa. Purtroppo un problema legato all’uso
delle sostanze trombolitiche è rappresentato dal rischio di provocare
emorragie anche fatali (soprattutto emorragia cerebrale).
Altri fattori che possono causare complicanze alla trombolisi sono le
ferite, precedenti ictus emorragici, sanguinamento interno, recente
trauma cranico, sospetta dissecazione aortica, interventi chirurgici
recenti, gravidanza, pressione arteriosa > 200/120.
I farmaci utilizzati per la trombolisi sono la streptochinasi, l’urochinasi.
La streptochinasi è una proteina prodotta da alcuni ceppi di
Streptococcus, si lega al plasminogeno innescando un attività
autocatalitica con formazione di plasmina.
L’urochinasi è invece un enzima ad azione diretta nei confronti del
plasminogeno e prodotto fisiologicamente dal rene.
Come detto in precedenza,è normalmente presente nel sangue, ma in
quantità
insufficiente
per
lisare
un
trombo.
Dal punto di vista pratico, il vantaggio più importante di questo farmaco
rispetto ai precedenti trombolitici, è l'assenza di attività anticoagulante
14
con conseguente riduzione del rischio di emorragie, che sono la
complicanza
più
temuta
di
questo
trattamento.
Il TPA inoltre sembra essere "attratto" dai trombi in formazione.
Il suo limite sarebbe tuttavia la sua breve durata d'azione che rende
necessaria la contemporanea somministrazione di anticoagulanti.
Trombolitici di ultima generazione come il tenecteplase, hanno la
caratteristica di essere somministrati molto rapidamente (circa 10
secondi) in bolo, sempre attraverso una vena del braccio.
Il trattamento trombolitico per via venosa sistemica (attraverso una vena
del braccio), dopo la conferma elettrocardiografia della diagnosi di
infarto, può essere eseguito con urgenza negli ospedali generali ed anche
nelle ambulanze, guadagnando tempo prezioso nella corsa al salvataggio
del miocardio. Se i sintomi dell’infarto sono insorti da poco (meno di
due ore) ed il tempo previsto per l’esecuzione di una coronarografia è
lungo (più di un ora e ½ ) è preferibile utilizzare la trombolisi.
Prima comunque della somministrazione di agenti trombolitici si valuta
anche il tempo intercorso dall’inizio dei sintomi, l’età del paziente, le
condizioni emodinamiche e la coesistenza di altre condizioni morbose.
Se nel paziente non può essere somministrato il trombolitico si procede
con una PTCA d’urgenza.
1.3 PTCA
L’angioplastica coronarica è una tecnica che si utilizza per trattare le
cardiopatie coronariche.
15
La PTCA consente senza un vero e proprio intervento chirurgico, di
dilatare le arterie coronariche, nel caso che queste arterie siano
totalmente o parzialmente occluse dalle placche aterosclerotiche, definito
proprio come un ostacolo di tipo meccanico con conseguente ischemia
del tessuto dipendete dall’arteria stenotica.
Questo intervento, viene svolto nei laboratori di emodinamica e vi è
bisogno che il paziente sia a conoscenza del tutto,firmando un consenso
informato.
Questa procedura chirurgica viene effettuata sul paziente in anestesia
locale, il paziente quindi è sveglio e cosciente. L'intervento dura
mediamente intorno ai 45 minuti - 1 ora, a seconda della complessità
della lesione da trattare.
Viene introdotto un catetere attraverso l’arteria femorale che permetta di
giungere fino all’arterie coronariche. La dilatazione dell’arteria
interessata avviene mediante il gonfiaggio di un palloncino al suo
interno, dove viene posizionato uno stent, una struttura metallica
cilindrica a maglie che viene introdotta nel lume dell’arteria.
Dopo la rimozione del catetere a palloncino, viene effettuata per 30-40
minuti una compressione del sito d'accesso arterioso (in genere l'arteria
femorale della gamba): il personale medico o infermieristico schiaccia in
modo molto forte il sito d'accesso per favorire l’emostasi ed evitare che
il paziente abbia un’emorragia attraverso il foro di ingresso dei cateteri, a
causa dell'elevata pressione arteriosa. Recentemente sono stati
introdotti sistemi di emostasi a collagene riassorbibile che consentono di
evitare la compressione e permettono al paziente di deambulare in meno
di un'ora in completa sicurezza.
16
Ci sono diversi tipi di PTCA
-
PRIMARIA dove l’angioplastica viene scelta come terapia
preferenziale senza fibrirnolisi. Viene praticata in situazioni di estremo
rischio,per tentare di riva scolarizzare i vasi coronarici.
-
FACILITATA che si unisce all’angioplastica tradizionale, la
terapia trombolitica somministrata ad un dosaggio ridotto rispetto alla
trombolisi.
-
DI SALVATAGGIO utilizzata dopo un trattamento trombolitico
risultato inefficace.
-
DI ELEZIONE è una manovra invasiva che non si esegue in
regime di emergenza-urgenza, ma viene programmata dopo l’esecuzione
di una coronarografia.
L’angioplastica coronarica può essere effettuata in una sindrome
coronarica, come angina instabile, NSTEMI, STEMI.
Secondo le linee guida della “Società Europea di Cardiologia” (ESC) la
PTCA rappresenta la tecnica d’eccellenza nell’ST sopraslivellato. Se
invece si trattasse di un ST sottoslivellato può essere effettuata anche
entro 72h dall’esordio dei sintomi.
1.4 FARMACOLOGIA
L'infarto miocardico è un'emergenza a tutti gli effetti, di conseguenza la
prognosi dipende dalla prontezza con cui vengono richiesti i soccorsi
medici; l'aritmia costituisce il problema più pericoloso durante un
infarto, che può provocare la morte del malcapitato. Il trattamento
d'urgenza per l'aritmia include la defibrillazione (scariche elettriche
17
collegate direttamente con il cuore) e la rianimazione cardiopolmonare,
indispensabile per fornire ossigeno al cervello e a tutte le altre sedi
anatomiche.
I farmaci utilizzati sono molteplici,tra cui quelli più usati troviamo:
Acido acetilsalicilico
(es. Aspirina,cardiaspirina) che, riducendo la
coagulazione ematica, contribuisce a mantenere fluido il sangue in
un’arteria ristretta.
Eparina
(es. Eparina Cal Acv, Eparina Sod.Ath, Ateroclar,
Trombolisin): abbatte il rischio della formazione di coaguli. La
somministrazione per via EV e sottocutanea, è spesso utilizzata nei
giorni immediatamente successivi ad un attacco di cuore.
Warfarin (Coumadin) è eventualmente associato ad acido acetilsalicilico.
Quando utilizzato in monoterpia, aumenta enormemente il rischio di
emorragia. La durata indicativa della terapia per la cura dell'infarto al
miocardio con il warfarin è di circa tre mesi.
Alteplase (es. Actilyse): il farmaco è un trombolitico indicato per
dissolvere i coaguli di sangue (responsabili dell'ostruzione dell'afflusso
di sangue al cuore).
Betabloccanti : si raccomanda di protrarre la terapia per almeno 2-3
anni, per tutti i pazienti a rischio di infarto al miocardio o con storia
pregressa.
Alcuni betabloccanti sono in grado di ridurre il rischio di ricadute.
18
Ace-Inibitori vengono utilizzati nella terapia per la prevenzione di
ricadute di infarto al miocardio.
Nitrati: questa categoria di farmaci è indicata per prevenire l'infarto
miocardico, soprattutto nei pazienti con angina pectoris (Nitroglicerina).
Analgesici: in alcuni casi, l'attacco di cuore è accompagnato da un dolore
lancinante al petto; in simili frangenti, il paziente, sotto la supervisione
di un medico, può assumere morfina a dosi basse, riducendo
gradualmente il dosaggio prima di terminare la terapia. (Morfina)
Quando i pazienti che subiscono un infarto al miocardio sono affetti
anche
da
ipercolesterolemia
è
quindi
indispensabile
la
somministrazione di farmaci per ridurre i livelli di colesterolo nel
sangue: statine, fibrati e sequestranti gli acidi biliari sono le categorie di
farmaci più utilizzate in terapia.
Di seguito, alcuni esempi:

Fluvastatina (es. Lescol, Lipaxan, Primesin)

Gemfibrozil (es. Lopid, Genlip, Gemfibrozil )

Colestiramina (es. Questran)
19
CAPITOLO 2
L’Infermiere e la psicologia
20
2.1 LEGGE 739/94
IL MINISTRO DELLA SANITÀ
Visto l'articolo 6, comma 3, del Digs 30 dicembre 1992, n. 502, recante:
"Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo l
della legge 23 ottobre 1992, n. 421", nel testo modificato dal Digs 7
dicembre 1993, n. 517;
Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al
Ministro della sanità di individuare con proprio decreto le figure
professionali da formare ed i relativi profili, relativamente alle aree del
personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione;
Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti le figure professionali;
Ritenuto di individuare la figura dell'infermiere;
Ritenuto di prevedere e disciplinare la formazione complementare;
Visto il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del
22 aprile 1994;
Ritenuto che, in considerazione della priorità attribuita dal piano
sanitario nazionale alla tutela della salute degli anziani, sia opportuno
prevedere espressamente la figura
dell'infermiere geriatrico addetto all'area geriatria anziché quella
dell'infermiere addetto al controllo delle infezioni ospedaliere, la cui
casistica assume minor rilievo;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nell'adunanza generale del
4 luglio 1994;
21
Vista la nota, in data 13 settembre 1994, con cui lo schema di
regolamento è stato trasmesso,
ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al
presidente del Consiglio dei ministri;
ADOTTA
Il seguente regolamento:
Articolo 1
1.
E individuata la figura professionale dell'infermiere con il
seguente profilo: l'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del
diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale è
responsabile dell'assistenza generale infermieristica.
2.
L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e
riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali
funzioni sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei malati e dei
disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria.
3.
L'infermiere:
a)
partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e
della collettività;
b)
identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e
della collettività e formula i relativi obiettivi;
c)
pianifica,
gestisce
e
valuta
l'intervento
assistenziale
infermieristico;
d)
garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-
terapeutiche;
22
e)
agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri
operatori sanitari e sociali,
f)
per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario,
dell'opera del personale di supporto;
g)
svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche
o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di
dipendenza o libero-professionale.
4.
L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di
supporto e concorre direttamente all’aggiornamento relativo al proprio
profilo professionale e alla ricerca.
5.
La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica
è intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze
cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire
specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree:
a)
sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica;
b)
pediatria: infermiere pediatrico;
c)
salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico;
d)
geriatria: infermiere geriatrico;
e)
area critica: infermiere di area critica.
6.
In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio sanitario
nazionale, potranno essere individuate. con decreto del Ministero della
sanità, ulteriori aree richiedenti una formazione complementare
specifica.
7.
In percorso formativo viene definito con decreto del Ministero
della sanità e si conclude con il rilascio di un attestato di formazione
23
specialistica che costituisce titolo preferenziale per l'esercizio delle
funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite
prove valutative. La natura preferenziale del titolo è strettamente legata
alla sussistenza di obiettive necessità del servizio e recede in presenza di
mutate condizioni di fatto.
Articolo 2
l. Il diploma universitario di infermiere, conseguito ai sensi dell'articolo
6, comma 3, del Digs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni, abilita all'esercizio della professione, previa iscrizione al
relativo Albo professionale.
Articolo 3
l. Con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro
dell'uni versila e della ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i
diplomi e gli attestati, conseguiti in base al precedente ordinamento, che
sono equipollenti al diploma universitario di cui all'articolo 2 ai fini
dell'esercizio della relativa attività professionale e dell'accesso ai
pubblici uffici.
2.2 ASSISTENZA INFERMIERISTICA
Il processo di nursing è un approccio deliberato, orientato a soddisfare i
bisogni di assistenza sanitaria ed infermieristica dei pazienti.
Per quanto le fasi del processo siano state descritte in vari modi da
differenti autori, in questa tesi,ho deciso di utilizzare il modello del
Craven 2011.
24
Le fasi sono 6 possono essere definite nel seguente modo:
-
Accertamento: raccolta sistematica dei dati sia oggettivi che
soggettivi, riguardanti la persona assistita. Possono essere ottenuti
attraverso il soggetto stesso o familiari. Sono organizzati secondo un
modello teorico.
L’accertamento si compone di 3 fasi:
Raccolta dei dati (che può avvenire tramite un colloquio, esame obiettivo
e tramite l’osservazione), validazione dei dati (tramite un modello
funzionale), organizzazione dei dati (tramite gruppi cioè insieme di segni
o di sintomi raggruppati in ordine logico.
Questi possono essere modelli fisiologici di salute, modello testa-piedi,
modello dei sistemi corporei).

Diagnosi: è un giudizio clinico riguardante le risposte della
persona,della famiglia o della comunità,a problemi di salute/vita in atto o
potenziali.
La diagnosi infermieristica costituisce la base sulla quale scegliere gli
interventi infermieristici volti a conseguire dei risultati di cui
l’infermiere ha la responsbilità.
o
Diagnosi infermieristiche: problemi di salute reali o potenziali che
possono essere gestiti attraverso interventi infermieristici indipendenti.
o
Problemi collaborativi: sono complicanze potenziali o reali,che
possono derivare da uno stato patologico o da un trattamento o studio
diagnostico.In cui gli infermieri intervengono in collaborazione con altre
figure sanitarie.
25

Identificazione dei risultati: rappresenta la formulazione di
obiettivi e finalità misurabili,che costituiscono le basi per valutare le
diagnosi infermieristiche.

Pianificazione: riguarda lo sviluppo di strategie di assistenza
infermieristica finalizzate a migliorare i problemi dell’assistito.

Attuazione: è la fase attiva del processo di assistenza
infermieristica,implica la realizzazione del piano di assistenza.

Valutazione: rappresenta un processo di giudizio per determinare
l’efficacia degli interventi infermieristici nel raggiungere gli obiettivi
della persona assistita.
Il nursing, a differenza della medicina, non ha una tassonomia completa
di titoli diagnostici che abbiano lo stesso significato per tutti gli
infermieri. Una tassonomia è un sistema di classificazione.
L’organizzazione ufficiale che si è assunta la responsabilità di sviluppare
una tassonomia delle diagnosi infermieristiche accettabili per essere
studiate è la North American Nurses Diagnosis Association (NANDA,
tassonomia aggiornata ogni 2 anni).
Il NANDA ha raggruppato le diagnosi in base al modello delle risposte
umane.
I titoli identificativi del NANDA sono generalmente accettati ma
richiedono ulteriori validazioni e ampliamenti basandosi sull’uso clinico
e la ricerca; essi non sono ancora completi e mutuamente esclusivi, e
26
sono necessarie ulteriori ricerche per determinare la loro validità e
applicabilità clinica.
2.3 DIAGNOSI INFERMIERISTICA: ANSIA
Uno degli aspetti più importanti della cura dei pazienti con infarto
miocardico è la valutazione che l’infermiere compie per ottenere
informazioni di base sulle condizioni del paziente, in modo che eventuali
alterazioni vengano prontamente rilevate.
Inoltre mediante valutazioni sistematiche, l’infermiere identifica i
bisogni del paziente e ne stabilisce l’ordine di priorità.
La
valutazione
sistematica
comprende
un’anamnesi
accurata,
particolarmente in relazione alla descrizione dei sintomi: dolore toracico,
dispnea, palpitazioni, svenimenti (sincope), sudorazioni (diaforesi).
L’infermiere esamina frequentemente i siti di inserimento delle linee
endovenose, rilevando eventuali segni di infiammazione e controllando
la pervietà delle linee stesse.
Se il paziente accusa dolore toracico si inserisce almeno una linea
endovenosa, e se possibile due, assicurando la via d’accesso per la
somministrazione
di
farmaci
in
situazioni
di
emergenza.
(la
somministrazione endovenosa assicura un assorbimento rapido, e
consente una più fine modulazione del dosaggio. La somministrazione
per via intramuscolare sono da evitare, poiché possono provocare un
innalzamento dei livelli sierici degli enzimi marcatori).
27
Quando le condizioni del paziente si sono stabilizzate si mantiene
l’accesso endovenoso con l’infusione regolata di soluzione fisiologica.
Le principali diagnosi infermieristiche si basano sulle manifestazioni
cliniche, sull’anamnesi infermieristica, sulle valutazioni cliniche, sulle
valutazioni diagnostiche a riguardo:

Ridotta perfusione miocardica dovuta alla riduzione del flusso
ematico coronarico causata dalla trombosi coronarica e dalla placca
aterosclerotica.

Potenziale impedimento degli scambi gassosi, in seguito al
sovraccarico di liquidi derivanti dalla disfunzione ventricolare.

Potenziale alterazione della perfusione dei tessuti periferici, in
seguito alla riduzione della gittata cardiaca che deriva dalla disfunzione
ventricolare.

Ansia legata alla paura di morire.

Mancanza di informazione sui vari aspetti dell’auto-assistenza
dopo un infarto miocardico.
Per ridurre l’ansia bisogna conquistare la fiducia del paziente e
dimostrargli di avere a cuore la sua situazione, questi sono fattori
essenziali.
Egli viene invitato ad esprimere le sue paure e le sue preoccupazioni in
un contesto di riservatezza.
Inoltre un atteggiamento di accoglienza psicologica lo aiuterà a
comprendere che i suoi sentimenti sono fondati e normali.
Tutte le persone sperimentano un certo grado di ansia quando si trovano
di fronte a nuovi cambiamento o situazioni stressanti della vita.
28
In ambito clinico, la paura di quanto non conosciuto, le notizie inattese
sulla propria salute, e qualsiasi altra alterazione delle funzioni corporee
determina ansia.
Sebbene un lieve livello di ansia possa mobilizzare le persone a cercare
una posizione, ad agire sui compiti che richiedono di essere eseguiti o a
imparare a modificare le abitudini relative agli stili di vita, un grado più
elevato d’ansia può anche esse paralizzante.
L’ansia che aumenta fino a sfiorare lo stato di panico può togliere
qualsiasi capacità.
Quando i pazienti ricevono una notizia spiacevole relativamente agli esiti
di un esame diagnostico, sono sicuri di sperimentare uno stato emotivo
di irrigidimento conosciuto come ansia.
Pazienti diversi manifestano segni e sintomi fisiologici, emotivi e
comportamentali di ansia in vari modi.
IMPLICAZIONI INFERMIERISTICHE
Precoci osservazioni cliniche di ansia e sensi di colpa sono componente
essenziale dell’assistenza infermieristica.
Quando i pazienti sono ansiosi, è facile che il loro alto livello di ansia
esacerbi il disagio psicologico.
La possibilità di sviluppare sintomi somatici è alta in qualsiasi paziente
che sperimenta un ansia medio-grave.
Il Diagnostic and Statical Manual of Mental Disorders dell’APA indica
le condizioni mediche generali che causano ansia.
29
Queste
condizioni
includono
le
malattie
endocrine,
malattie
cardiovascolari, problemi respiratori, e condizioni neurologiche.
Ogni infermiere deve vigilare su pazienti eccessivamente preoccupati o
che dimostrano deterioramenti della funzione emotiva, sociale od
occupazionale.
Se
la
partecipazione
al
regime
terapeutico
(per
esempio
la
somministrazione di insulina) diventa un problema di ansia estrema,
devono essere immediatamente iniziati degli interventi infermieristici.
Le strategie assistenziali enfatizzano modi per il paziente di verbalizzare
sentimenti e paure e per identificare fonti di ansia.
Il bisogno di insegnare e promuovere efficaci abilità di coping e l’uso di
tecniche di rilassamento sono priorità assistenziale.
In alcuni casi possono essere prescritti dei farmaci ansiolitici.
Il modo più efficace per aumentare la probabilità che il paziente rispetti
il regime di auto-assistenza dopo la dimissione dall’ospedale consiste nel
fornire un’adeguata educazione sul processo patologico che lo interessa e
nel favorire la sua partecipazione a un programma di riabilitazione
cardiaca.
L’adesione al programma di auto-assistenza viene ulteriormente
facilitata se il paziente partecipa alla sua stesura, esprimendo le sue
specifiche esigenze.
Si stila un programma fra infermiere e paziente, dove si prefissano
determinati obiettivi e cosa può o non fare, con tanto di risultati attesi.
30
CAPITOLO 3
Incidenza di sopravvivenza e mortalità in UTIC
del P.O. di Vallo della Lucania
31
3.1 FATTORI DI RISCHIO RISCONTRATI
Ima (infarto miocardico acuto) sindrome coronarica acuta dovuta
all'ostruzione di una arteria coronaria a seguito dell’ostruzione del lume
arterioso a causa di una placca ateromatosa con formazione di
un trombo occludente e conseguente necrosi del tessuto miocardico,
incapace di sopportare condizioni di ipossia anche per brevi tempi.
I fattori di rischio sono molteplici come:
-
Età
-
Sesso
-
Familiarità
-
Stile di vita
-
Fumo
-
Diabete
32
33
34
35
36
3.2 LO STUDIO DEI PAZIENTI PRESI IN ESAME
Grazie alla tecnologia in campo sanitario, si è ridotta la mortalità di circa
il 20% grazie alle nuove tecniche utilizzate , tra cui la trombolisi, metodo
per sciogliere il trombo, che può essere effettuato nel reparto di UTIC ed
anche nelle ambulanze o sul posto.
A livello ospedaliero, nel reparto di emodinamica, viene praticata
l’angioplastica coronarica, dove, la dilatazione del vaso viene effettuata
37
per mezzo di uno speciale catetere a palloncino che viene introdotto
mediante la puntura percutanea di un'arteria, portato fino al vaso
stenotico
e
successivamente
gonfiato
in
corrispondenza
del
restringimento, in modo da ripristinare il normale diametro del vaso e
permettere un incremento del flusso sanguigno, in seguito viene
posizionato uno stent per non far ridurre nuovamente il calibro
dell’arteria.
Durante questo studio, durato un’anno solare, controllando ogni singola
cartella, ho analizzato i vari tipi di infarto per cui, su un campione di 210
persone, vi sono stati 78 casi di STEMI, 79 pazienti con un NSTEMI e
53 persone con un’ANGINA PERCTORIS.
I 210 pazienti si suddividono in 144 uomini e 66 donne con un’età
compresa tra 35 - 98 anni.
Il fattore di rischio presenti in ogni soggetto colpito da ima sono i
seguenti:
-
Colesterolemia: sul numero di pazienti studiati, 154 pazienti hanno
problemi di ipercolesterolemia, mentre nei restanti 56, vi è una regolarità
nel dosaggio del colesterolo.
-
Diabete : sul numero di pazienti studiati, 44 pazienti hanno
problemi di diabete, 35 pazienti non è stato registrato nulla nelle varie
cartelle, 131 pazienti non avevano problemi di iperglicemia.
-
Fumo. Sul numero di pazienti studiati, solo 54 persone dichiarano
di essere fumatori. La restante parte si dichiara non o ex fumatore.
38
-
Interventi precedenti: Sul numero totale di pazienti studiati, In 35
cartelle non vi è presenza di interventi precedenti. Per la restante parte,
132 non hanno mai subito interventi cardiovascolari in precedenza. Gli
altri 52 invece sono stati operati.
-
Patologie cardiovascolari: nel numero totale dei pazienti
analizzati, solo in 89 soggetti sono state riscontrate patologie
cardiovascolari.
-
Ipertensione arteriosa: sul numero totale di pazienti studiati, 119
soggetti sono ipertesi. La restante parte invece risulta normoteso.
-
Obesità: Tra i vari pazienti analizzati, di 31 soggetti, non vi sono
dati registrati in merito al proprio peso.
Per la restante parte solo 2 individui sono stati catalogati come persone
in sottopeso, 8 con un preso nella norma, 42 si sono presentati come
“falsi magri”, 62 invece,sono stati considerati in sovrappeso.
Vi sono inoltre 26 casi di obesità moderata e 39 con un’obesità grave.
-
PTCA: sul numero totale di pazienti studiati, a 111 pazienti è stata
praticata una PTCA.
-
Sedentarietà: Sul numero totale di cartelle controllate, la
maggioranza (101 soggetti) ha dichiarato di avere uno stile di vita
sedentario. Della restante parte 61 pazienti conduco una vita non
sedentaria, mentre per 68 individui non vi sono notizie in merito.
39
-
Trigliceridi: sul numero totale di pazienti, solo 31 individui si sono
presentati con ipertrigliceridemia.
-
Difetti di coagulazione: sul numero totale delle cartelle
studiate,per 34 soggetti non vi sono notizie in merito.
Per la restante parte, 137 pazienti non hanno problemi di coagulazione,
39 pazienti invece hanno dichiarato di avere questa patologia.
-
Consumo di alcol: sul numero di pazienti studiati, 108 fanno uso
regolare di alcool (come vino o liquori), 102 invece hanno dichiarato di
non consumare abitualmente alcool.
-
Consumo di caffè: sul numero totale dei pazienti, 125 soggetti
assumono regolarmente del caffè. Mentre della restante parte, 40 persone
non assumono,o lo assumono sporadicamente del caffè. Per 45 pazienti,
non è stato registrato questo dato.
Inoltre sullo stesso campione di 210 persone, il numero di morti è stato
di 10 persone:
7 di sesso maschile
3 di sesso femminile
Per cui posso dichiarare che nell’ UTIC del P.O. di Vallo Della Lucania
il tasso di sopravvivenza complessivo è di 95.2% contro il 4,8% di
mortalità complessiva.
40
3.3 INCIDENZA
41
Tasso di incidenza di sopravvivenza con Ima è stato del 74,7%, senza
Ima è stato del 100%.
A) Incidenza di sopravvivenza con Ima: 157/210 x 100= 74,7%.
B) Incidenza di sopravvivenza senza Ima: 53/53 x 100= 100%.
Tasso di incidenza di mortalità con Ima è stato del 6,4% senza Ima è
stato del 0%.
A) Incidenza di mortalità con Ima: 10/157 x 100= 6,4%.
B) Incidenza di mortalità senza Ima: 0/53 x 100= 0%.
I risultati attesi sono stati pienamente raggiunti.
42
CONCLUSIONE
43
A seguito dello studio effettuato durato un anno solare, controllando ogni
cartella clinica di cui in totale campione di 210, i risultati ottenuti
corrispondono a un tasso di sopravvivenza con IMA del 74,7% e senza
IMA del 100%, mentre per il tasso di mortalità con IMA è stato del
6,4%, e senza IMA del 0%.
Da questi dati si evince che le cure effettuate al campione di 210 pazienti
è soddisfacente, in quanto il numero di pazienti deceduti affetti da
patologia cardiovascolare acuta (IMA) sono stati 10.
Il processo infermieristico adottato per i pazienti sopra descritti ha avuto
un ruolo fondamentale nell’accoglienza del malato al momento del
ricovero, alla diagnosi infermieristica, identificazione dei risultati,
pianificazione, attuazione e valutazione di tutto il processo, affinché i
dati sopra riportati indicano un’accuratezza dell’assistenza in termini
qualitativi.
44
BIBLIOGRAFIA
45
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Badon
Titolo: Nursing medico-chirurgico
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2.Autore: Lynda Juall Carpenito
Titolo: Piani di assistenza infermieristica e documentazione
Anno: 2001
3.Autore dell'originale: Ruth F. Craven, Constance J. Hirnle
Autore dell'edizione italiana: Giordio Nebuloni
Titolo: principi fondamentali dell'assistenza infermieristica terza
edizone vol.1 concetti generali dell'assistenza infermieristica
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6
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http://www.tesionline.it/consult/preview.jsp?pag=2&idt=27627
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http://infermiereinpillole.blogspot.it/2012/09/piani-di-assistenzainfermieristica-al.html
50
51
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