Scuola Specializzazione Forense anno accademico 2008 DIRITTO DEL LAVORO E PREVIDENZA: ORGANIZZAZIONE E RESPONSABILITA’ DEL CONTRATTO DI LAVORO 5^ Lezione 14 GIUGNO 2008 Art. 2112 cod. civ. Testo aggiornato con le modificazioni apportate d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276 in vigore dal 24 ottobre 2003, e con l’ultima modifica di cui al D. legisl. 6.10.2004 n 251 «Art. 2112 – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda 1. In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (1). 2. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro (1). 3. Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello (1). 4. Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119, primo comma. 5. Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento (2). 6. Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all’art 29 comma 2 del decreto legislativo 10 settembre 2003 . n 276. (1) I primi tre commi sono stati così sostituiti dall’art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428. (2) Il quinto comma è stato così sostituito dal d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276. (3) Comma aggiunto dal d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, poi modif con d. Legisl n 251 del 2004. 1 Art. 2112 cod. civ.: Testi previgenti - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 262 Art. 2112 – Trasferimento dell’azienda 1. In caso di trasferimento dell’azienda, se l’alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l’acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dall’anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento. 2. L’acquirente è obbligato in solido con l’alienante per tutti i crediti che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data dall’alienante, sempreché l’acquirente ne abbia avuto conoscenza all’atto del trasferimento, o i crediti risultino dai libri dell’azienda trasferita o dal libretto di lavoro. 3. Con l’intervento delle organizzazioni professionali alle quali appartengono l’imprenditore e il prestatore di lavoro, questi può consentire la liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. 4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell’azienda. Art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 Art. 2112 – Trasferimento dell’azienda 1. In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. 2. L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. 3. L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. 4. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell’azienda. Art. 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 43 Art. 2112 – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda 1. In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. 2. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. 3. Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del 2 trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello. 4. Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119, primo comma. 5. Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità. L’originaria formulazione dell’art 2112 cc è stato una prima volta modificata dalla legge 29.12.1990, n. 428 (cd legge comunitaria 1990), in attuazione della direttiva 77/187/CEE Tale direttiva prevedeva : “… considerando che l ' evoluzione economica implica , sul piano nazionale e comunitario , modifiche delle strutture delle imprese effettuate , tra l ' altro , con trasferimenti di imprese , di stabilimenti o di parti di stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a fusioni ; considerando che occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore , in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti ;considerando che sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l ' entità della protezione dei lavoratori in questo settore e che occorre attenuare tali differenze ;considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato comune , ecc.; Contrasto giurisprudenziale presso la Corte di Cassazione, Cass n 10701 e 10761 entrambe del luglio 2002 – est. Vidiri- soc ALCATEL Cass n 14961 e 15105 entrambe di ottobre 2002- est Picone- soc ANSALDO Entrambe le decisioni originano da cessioni societarie intervenute negli anni 90, quindi in vigenza dell’art 2112 cc come novellato nel 1990, prima della novella del 2001 3 La massima della sentenza n 10701 del 22/07/2002 (Presidente: Sciarelli G. Estensore: Vidiri G. P.M. Fuzio R. (Conf.) Perri ed altri (Muggia ed altro) contro Alcatel Italia SpA (Flammia ed altro) : “La funzione garantistica che la disposizione dell'art. 2112 cod. civ. assume nei confronti dei lavoratori, in conformità anche alle indicazioni della direttiva del Consiglio delle comunità europee n. 187/77 - funzione destinata ad esaltarsi in un contesto di più accentuata flessibilità del mercato del lavoro, quale scelta alternativa al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, o alle procedure di mobilità di cui alle leggi n. 765 del 1977 e 223 del 1991 - comporta l'accoglimento di una nozione estensiva del trasferimento di azienda ( definitivamente accolta dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, attuativo della direttiva 98/50/CE, che ha riformulato lo stesso art. 2112 cod. civ.),la quale ricomprende in esso tutte le ipotesi di trasferimento anche di una singola attività di impresa, sempre che sia riscontrabile un complesso di beni o di rapporti interessati al fenomeno traslativo. In tale accezione allargata, il trasferimento di azienda può configurarsi, con riferimento alla posizione del lavoratore, come successione legale nel contratto che, non richiedendo il consenso del contraente ceduto, non è assimilabile alla cessione negoziale per la quale tale consenso opera da elemento costitutivo della fattispecie di cui all'art. 1406 cod. civ.. Cass n 14961 e 15105 entrambe di ottobre 2002- est Picone- soc ANSALDO La massima di Cass 15105 del 2002: La disciplina dettata dall'art. 2112 cod. civ. e dall'art. 47 legge 428/1990 (in ordine alla successione dell'imprenditore cessionario all'imprenditore cedente nel rapporto di lavoro) trova applicazione non solo nel caso di trasferimento dell'intera azienda, ma anche quando sia trasferito un ramo di azienda, da intendere come un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un'attività volta alla produzione di beni o servizi. Tale disposizione, anche nel testo anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 18/2001, pur non impedendo la cessione di singole funzioni o servizi (c.d. esternalizzazione), impone che essi si presentino, prima del trasferimento, funzionalmente autonomi, essendo preclusa l'esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell'imprenditore e non dall'inerenza del rapporto ad un ramo di azienda già costituito. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ravvisato la cessione di un ramo di azienda nella dismissione, c.d. outsourcing, della gestione diretta dei servizi generali e nella stipula con il Consorzio cessionario di un contratto di fornitura di servizi e manutenzioni generali). Altra decisione della SC del 4 dicembre 2002 n 17207 (sempre sul caso ANSALDO, ma estensore VIDIRI): . Ai fini di ritenere applicabile l'art. 2112 cod. 4 civ., relativo al trasferimento dell'azienda, anche al trasferimento di un ramo della attività aziendale, è necessario che sia ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta alla produzione di beni e servizi, mentre è da escludersi che il ramo d'azienda possa essere identificato come tale solo al momento del trasferimento ed in esclusiva funzione di esso, in quanto ciò consentirebbe di estromettere dall'impresa i lavoratori eccedenti, senza rispettare per essi le garanzie previste dal rapporto di lavoro preesistente, quali sussistenza di contratti collettivi o diritto alla stabilità del posto di lavoro. (In applicazione del su indicato principio di diritto, la Suprema Corte ha ritenuto esente da vizi di motivazione la sentenza del giudice di merito che, a fronte di un processo di "esternalizzazione", ovvero di cessione all'esterno di svariati singoli servizi da parte di un'impresa, non aveva ritenuto che la cessione avesse ad oggetto una realtà organizzativa riconducibile alla nozione di unità produttiva, e pertanto aveva qualificato l'operazione come cessione di una pluralità di rapporti lavorativi non assoggettabili alla normativa di cui all'art. 2112 cod. civ. e necessitante, per il suo perfezionamento, del consenso del lavoratore ceduto). Cass n 13068 del 17.6.2005 est Picone (ancora ANSALDO – est del 1997), nella cui motivazione si legge: << Requisito indefettibile della fattispecie legale tipica delineata dal diritto comunitario e dall'art. 2112 c.c. resta comunque, anche in siffatte ipotesi, l'elemento della organizzazione, intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo interagenti tra di esse e capaci di tradursi in beni o servizi ben individuabili, configurandosi altrimenti la vicenda traslativa come cessione del contratto di lavoro, richiedente per il suo perfezionamento il consenso del contraente ceduto. 4.3. Ne consegue che non è riconducibile alla nozione di cessione d'azienda il contratto con il quale viene realizzata la cd. esternalizzazione dei servizi, ove questi non integrino un ramo o parte di azienda nei sensi suindicati. Per queste ragioni deve escludersi la sussistenza dei requisiti per configurare la cessione di azienda nel trasferimento ricondotto dalla società cedente e dalla cessionaria al fenomeno cosiddetto di outsourcing, comprendente tutte le possibili tecniche mediante le quali un'impresa dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell'attività produttiva e dei servizi estranei alle "competenze di base" - da una società ad altro del ramo d'azienda "servizi generali", considerato che di esso non sono state chiarite struttura e dimensione, le attività del preteso ramo non sono risultate del tutto corrispondenti a quelle trasferite, non è stata provata l'autonomia organizzativa, e che inoltre esso si caratterizzai" per la estrema eterogeneità delle attività dei lavoratori addetti, e per la mancanza di qualsiasi funzione unitaria, suscettibile di farlo assurgere in qualche modo ad unitaria "entità economica".>>> NELLA MOTIVAZIONE DELLA STESSA DECISIONE VI E’ UN PASSGGIO RELATIVO ALLE DIRETTIVE COMUNITARIE: vi si legge “….In relazione 5 all'ordinamento comunitario, va inoltre confermato che la direttiva 2001/23 Ce, con cui sono state abrogate sia la direttiva del 1977 che quella del 1998, non ha contenuti innovativi, ma mere finalità di sistemazione della regolazione, in relazione alle te sostanziali modifiche apportate dalla direttiva del 1998. In ogni caso, l'eventuale accertamento del contrasto tra ordinamento comunitario (direttiva 77/187) e ordinamento interno, relativamente alla definizione di ramo d'azienda, è inidoneo a produrre immediatamente effetti sul rapporto giuridico controverso, stante il principio dell'inefficacia orizzontale delle direttive. LA MODIFICA DEL D. Legisl 2.2.2001 n 18 Successivamente, con la direttiva 98/50/CE, in accoglimento di alcune istanze della giurisprudenza comunitaria tendenti ad esigere un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento di azienda,è stato detto : … 4) considerando che la sicurezza e la trasparenza giuridiche esigono un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia; che tale chiarimento non modifica la sfera di applicazione della direttiva 77/187/CEE quale interpretata dalla Corte di giustizia; (5) considerando che per tali ragioni è inoltre necessario prevedere espressamente, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, che la direttiva 77/187/CEE si applicherebbe alle imprese private e pubbliche che esercitano attività economiche, che perseguano o meno uno scopo di lucro; (6) considerando che è necessario chiarire la nozione di «lavoratore» alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia; … Articolo 1 La direttiva 77/187/CEE è modificata come segue: 11. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione. b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria. c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva. 6 Il legislatore italiano ha inteso adeguare la normativa alle modifiche apportate con la direttiva citata con il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18. Il testo che ne è risultato è stato il seguente: Art. 2112 - (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda) [1] In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. [2] Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. [3] Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello. [4] Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma. [5] Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compresi l'usufrutto o l'affitto d'azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità. LA NOVELLA DEL D. LEGISL N 276 DEL 2003 L’ART 32 del predetto D. Legisl ha statuito “le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”. Cioè, la norma pare attribuire alle parti la possibilità di effettuare una attività di “organizzazione” di beni dell’impresa diretta a costituire quell’articolazione suscettibile di autonomia funzionale idonea, nel momento in cui verrà presa in considerazione per effetto della decisione delle parti di trasferirla, ad essere 7 valutata come rispondente ai requisiti imposti dalla disciplina normativa giuslavoristica (impressione confortata dalle interpretazioni giurisprudenziali quali Cass n 206 del 2004, confermata da Cass 13068 del 2005, che pur se muovendosi in fattispecie regolata da normativa previdente al D. Legisl 267/2003, pare in linea con tale argomentazione). E quindi idonea a determinare gli effetti automatici previsti dall’art. 2112 cod. civ., nuovo testo. Una tale interpretazione, pare rispondere da un lato al dato testuale della norma ed alle modifiche intervenute, dovendosi ritenere che l’eliminazione del requisito della preesistenza significa solo che non sia impossibile svolgere un’attività organizzativa diretta alla costituzione del ramo di impresa, non che il requisito dell’organizzazione possa non esistere, od esistere solo nella volontà delle parti, al momento del trasferimento. Merita da ultimo menzione una recente giurisprudenza di legittimità che ha espressamente escluso dall’applicazione dell’art 2112 cod civ la mera “esternalizzazione” di servizi, non integrante un ramo o parte di azienda : in tal senso Cass , Sentenza n. 22125 del 16/10/2006 ((Estensore: Picone ) L'art. 2112 cod. civ., anche prima delle modificazioni introdotte dall'art. 1 d.lgs. n. 18 del 2001, non precludendo il trasferimento di un ramo (o parte) di azienda, postulava comunque, che venisse ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presentasse quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un'attività' volta alla produzione di beni o servizi, con esclusione, quindi, della possibilità che l'unificazione di un complesso di beni (di per sè privo di una preesistente autonomia organizzativa ed economica volta ad uno scopo unitario) discendesse dalla volontà dell'imprenditore cedente al momento della cessione. A tal fine, anche il trasferimento di un ramo d'azienda che costituisca, prima del trasferimento, un'entità dotata di autonomia ed unitaria organizzazione è configurabile come trasferimento aziendale e altrettanto può dirsi in caso di trasferimento che abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, la cui capacità sia assicurata dal fatto di essere dotati di particolari competenze, realizzandosi in tali ipotesi una successione legale non bisognevole del consenso del contraente ceduto. Ne consegue che non è riconducibile alla nozione di cessione di azienda il contratto con il quale viene realizzata la c.d. "esternalizzazione" dei servizi, ove questi non integrino un ramo o parte di azienda nei sensi suindicati, e che in tali casi la vicenda traslativa, sul piano dei rapporti di lavoro, va qualificata come cessione dei relativi contratti, che richiede per il suo perfezionamento il consenso del lavoratore ceduto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con riferimento a un fenomeno definito dalle parti di "outsourcing", mediante trasferimento del ramo d'azienda identificato nei c.d. "Servizi generali", aveva ravvisato un processo di esternalizzazione non integrante la cessione di ramo di azienda ed aveva ritenuto applicabili ai rapporti di lavoro ceduti le norme sulla cessione dei contratti, non essendo stata provata l'autonomia organizzativa delle attività svolte dal preteso ramo, caratterizzato da eterogeneità delle attività dei lavoratori e mancanza di 8 qualsiasi funzione unitaria”.- Massime precedenti Conformi: N. 13068 del 2005, N. 20012 del 2005 ) PROCEDURE DI CONTROLLO SINDACALE DEL TRASFERIMENTO D’IMPRESA Ai sensi di legge (art. 47, co. 1, della legge 428/90) quando si intenda effettuare un trasferimento di azienda in cui sono occupati più di quindici lavoratori, sia chi cede sia chi riceve l’azienda deve darne - "per iscritto"- comunicazione "almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente,” al sindacato presente in azienda (c.d. rappresentanze sindacali unitarie o, in mancanza, rappresentanze sindacali aziendali) nonche' ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente piu' rappresentativi e puo' essere assolto dal cedente e dal cessionario “per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato". in caso di violazione degli obblighi di informazione o di esame congiunto la legge prevede che il comportamento costituisca condotta c.d. antisindacale, con applicazione delle previsioni dell'art. 28 della L.n. 300/70, secondo le quali il giudice ha, qualora accerti l'antisindacalità -qui presunta dalla legge- della condotta, ampi poteri di intervento (ordinando la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti). L'inottemperanza all'ordine del giudice è assistita dalle sanzioni penali dell'art. 650 c.p. CONTRATTI COLLETTIVI APPLICABILI AI LAVORATORI CEDUTI Sez. L, Sentenza n. 2609 del 04/02/2008 In tema di trasferimento di azienda, ai lavoratori che passano alle dipendenze dell'impresa cessionaria si applica il contratto collettivo che regolava il rapporto di lavoro presso l'azienda cedente solamente nel caso in cui l'impresa cessionaria non applichi alcun contratto collettivo; in caso contrario, la contrattazione collettiva dell'impresa cedente è sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell'impresa cessionaria anche se contenga condizioni peggiorative per i lavoratori rispetto alla prima. Sez. L, Sentenza n. 9545 del 08/09/1999 (Rv. 529767) In tema di salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda, a norma dell'art. 2112 comma secondo cod. civ. (come modificato dall'art. 47 legge n. 428 del 1990 in attuazione della direttiva CEE n. 187 del 1977), deve ritenersi che 9 solo nel caso in cui l'azienda acquirente non applichi alcun contratto collettivo ai lavoratori ceduti si applichi il contratto collettivo che regolava il rapporto con la precedente azienda, indipendentemente dall'attività svolta dall'impresa acquirente; la preoccupazione della continuità di una copertura contrattuale, invece, non ha più ragione d'essere quando l'impresa acquirente applichi comunque un contratto collettivo, dovendosi in tal caso ritenere che questo contratto sostituisca immediatamente e totalmente la disciplina collettiva vigente presso l'azienda alienante e che, secondo i principi generali, detto contratto possa essere modificato anche "in peius" dalla successiva contrattazione collettiva. 10