autoinduttanza - tommaso chiarusi, ph.d.

AUTOINDUTTANZA
1. INTRODUZIONE
L’auto induttanza L è la grandezza fisica che lega la corrente I che scorre in un dato circuito con il flusso del
campo di induzione magnetica B(I), quest’ultimo generato proprio in virtù della I dal circuito stesso, attraverso
la sua superficie:
L I = FI ( BI )
(1)
dove il pedice I in FI precisa che il flusso è calcolato attraverso la superficie del circuito in cui scorre la corrente
I, e naturalmente in BI indica che il campo di induzione magnetica è generato proprio dalla corrente I.
Quella della formula (1) è una definizione operativa di L, ovvero fornisce un modo del tutto generale per calcolare
L dal rapporto
FI HBI L
.
I
Effettuando il calcolo di tale rapporto, deve scomparire ogni dipendenza dalla corrente I
e dal campo BI da essa generato; in sostanza L dipende soltanto dalle caratteristiche geometriche (estensione e
forma) del circuito.
Esempio 1: il solenoide toroidale
Calcoliamo l’autoinduttanza L di un solenoide toroidale ( in latino torus indica anche un cuscino a forma di
ciambella ), caratterizzato da N avvolgimenti e percorso da corrente I. Ciascun avvolgimento può essere rappresentato singolarmente da una spira di raggio R =
Hb-aL
,
2
percorsa da corrente I.
L’intero solenoide ha il raggio della circonferenza centrale G (quella tratteggiata in blu) pari a r.
È possibile calcolare, alla distanza r dal centro del solenoide, ovvero lungo tutta la circonferenza G, il campo di
Ø
induzione magnetica B HrL = B HrL uq , con uq versore tangente a G, indotto da I tramite il teorema della circuitazione di Ampere proprio lungo G :
Ø Ø
m0 N I = ŸG B ÿ „ l = B 2 p r
Ø
Di conseguenza B =
m0 N I
2pr
uq .
Se la dimensione radiale degli avvolgimenti è trascurabile rispetto al raggio di G, ovvero per R << r, posso
Ø
assumere che il campo B HrL calcolato adesso sia uniforme su tutto il piano dell’avvolgimento.
Ø
Posso quindi scrivere che il flusso del campo B attraverso tutto il solenoide vale
F(B) = N B p R2 = N
m0 N I
2pr
p R2 =
1
2
m0 N 2 I
R2
r
.
Di conseguenza siamo adesso in grado di calcolarci l’autoinduttanza L del solenoide:
L=
FHBL
I
=
1
2
m0 N 2
R2
r
, che come si vede dipende esclusivamente dalle caratteristiche geometriche del toro.
2. CADUTA DI TENSIONE AI CAPI DI UNʼINDUTTANZA IN UN CIRCUITO
Ø
Per la legge di Faraday-Neumann-Lens, la variazione nel tempo del flusso del campo B attraverso la superficie di
Posso quindi scrivere che il flusso del campo B attraverso tutto il solenoide vale
m0 N I
F(B) = N B p R2 = N
2
Di conseguenza
Autoinduttanza.nb
L=
FHBL
I
=
1
2
2pr
p R2 =
1
2
m0 N 2 I
R2
r
.
siamo adesso in grado di calcolarci l’autoinduttanza L del solenoide:
m0 N 2
R2
r
, che come si vede dipende esclusivamente dalle caratteristiche geometriche del toro.
2. CADUTA DI TENSIONE AI CAPI DI UNʼINDUTTANZA IN UN CIRCUITO
Ø
Per la legge di Faraday-Neumann-Lens, la variazione nel tempo del flusso del campo B attraverso la superficie di
un circuito genera una f.e.m. indotta eind pari a
d
eind = - dt FHBL.
Ø
Ovviamente se B è generato dal circuito stesso, dotato di autoinduttanza L ,
la f.e.m. indotta vale
d
eind = - dt FHBL = -
d
dt
HL IL = - I
d
dt
L - L
d
dt
I
Per circuiti la cui geometria non varia nel tempo ( ovvero
eind = - L
d
dt
I
d
dt
L = 0)
(2)
Ovvero, esiste una f.e.m. indotta se e soltanto se la corrente nel circuito varia nel tempo. È immediato constatare che se siamo a regime stazionario, ovvero per
d
dt
I = 0, non c’è alcuna f.e.m. indotta.
Scriviamo adesso l’equazione di Kirchhoff generica per il circuito:
etot = e + eind = ⁄i d.d.Pi
dove : e è la f.e.m. reale che alimenta il circuito, e ⁄i d.d.Pi è la somma delle cadute di tensione ai capi degli
eventuali elementi circuitali (resistenze o condensatori) che sono posti sulla linea di circolazione della corrente nel
circuito.
Tenendo a mente la formula (2) possiamo scrivere quindi che
e + eind = e + - L
d
dt
I
e quindi
e= L
d
dt
I + ⁄i d.d.Pi
(3)
La formula (3) esprime il seguente concetto: possiamo vedere l’induttanza L del curcuito come un ulteriore nuovo
elemento circuitale, al pari delle resistenze e dei condensatori. Ad essa si attribuisce il carattere induttivo del
circuito ( o di una parte di esso, cioè posso diversificare le parti induttive del circuito introducendo altrettanti
elementi circuitali L1 , L2 ecc.), parimenti a quanto si fa, ad esempio, con la resistenza, che concentra in sé la
proprietà resistiva del ramo in cui essa è posta.
La caduta di tensione ai capi di L vale proprio L
d
dt
I.
Quindi esiste una caduta di tensione ai capi dell’autoinduttanza L se e soltanto se c’è una variazione di
corrente nel tempo.
d
Ancora in altri termini: in regime stazionario ( dt I = 0), l’induttanza L non è soggetta a nessuna caduta di
tensione, ovvero si comporta come un filo perfettamente conduttore.
Si osservi la figura sottostante:
Abbiamo una f.e.m. variabile e(t) che produce nel circuito una corrente ( di conseguenza altrettanto variabile) i(t)
che scorre nei tre elementi circuitali R, C ed L.
Ancora in altri termini: in regime stazionario ( dt I = 0), l’induttanza L non è soggetta a nessuna caduta di
tensione, ovvero si comporta come un filo perfettamente conduttore.
Autoinduttanza.nb
3
Si osservi la figura sottostante:
Abbiamo una f.e.m. variabile e(t) che produce nel circuito una corrente ( di conseguenza altrettanto variabile) i(t)
che scorre nei tre elementi circuitali R, C ed L.
Le cadute di tensione sono :
- ai capi della resistenza R : vR HtL = iHtL R , ed è non nulla se i(t) ¹≠ 0;
QHtL
- ai capi del condensatore C: vC HtL =
- ai capi dell’induttanza L: vL HtL = L
C
d
dt
t
, ed è non nulla se Q(t) ¹≠ 0 ( ovvero se Ÿ0 iHt 'L „ t ' ¹≠ 0 );
iHtL , ed è non nulla se
d
dt
iHtL ¹≠ 0;
e quindi posso riscrivere la ( 3 ) come
eHtL = iHtL R +
QHtL
C
+ L
d
dt
iHtL
Naturalmente, in questo caso di collegamento in serie di tutti gli elementi circuitali
°
d
si ha che Q(t) = d t QHtL = iHtL. L’equazione differenziale si scrive quindi come
..
°
Q
eHtL = Q R + C + L Q , dove la dipendenza dal tempo della carica Q e delle sue derivate di primo e secondo
grado è sottintesa.
La risoluzione di questa equazione differenziale viene illustrata più avanti, quando affronteremo alcuni esempi.
NOTA IMPORTANTE
Notiamo ancora una cosa importante: la schematizzazione in figura può avere due chiavi di lettura:
1. R, C ed L sono effettivamente componenti indipendenti, collegate in serie da fili con resistività, capacità ed
induttanza trascurabili;
2. R, C ed L rappresentano la sintesi delle proprietà resistive, capacitive ed induttive del circuito, che potrebbe ad
esempio essere realizzato mediante fili di sezione macroscopica dotati di una certa resistività, avvolti in modo più
o meno solenoidale (tanto da evidenziare più o meno le proprietà induttive), eventualmente interrotti (generando
effetti capacitivi)
Ai fini del nostro ragionamento queste due chiavi di lettura sono del tutto equivalenti; ciò nonostante occorre
ammettere che la prima interpretazione si presta ad una migliore e più semplice visualizzazione del circuito.
EFFETTO DI L COME ELEMENTO CIRCUITALE
Facendo riferimento al circuito nella figura precedente, supponiamo che la corrente i(t) sia nulla per t=0 e che
successivamente inizi a crescere.
Definiamo l’istante t = 0+ come l’istante iniziale in cui la corrente inizia a crescere ma in cui vale ancora iH0+ ) = 0
Nell’avvolgimento L, a cui va attribuito tutto il carattere autoinduttivo del circuito, con il sorgere della corrente si
Ø
Ø
crea un campo di induzione magnetica B che genera un flusso F attraverso L. Tale flusso varia, aumentando B
Ai fini del nostro ragionamento queste due chiavi di lettura sono del tutto equivalenti; ciò nonostante occorre
ammettere che la prima interpretazione si presta ad una migliore e più semplice visualizzazione del circuito.
4
Autoinduttanza.nb
EFFETTO DI L COME ELEMENTO CIRCUITALE
Facendo riferimento al circuito nella figura precedente, supponiamo che la corrente i(t) sia nulla per t=0 e che
successivamente inizi a crescere.
Definiamo l’istante t = 0+ come l’istante iniziale in cui la corrente inizia a crescere ma in cui vale ancora iH0+ ) = 0
Nell’avvolgimento L, a cui va attribuito tutto il carattere autoinduttivo del circuito, con il sorgere della corrente si
Ø
Ø
crea un campo di induzione magnetica B che genera un flusso F attraverso L. Tale flusso varia, aumentando B
Ø
Ø
all’aumentare di i(t). Pertanto, viene indotto un contro campo Bind antiparallelo a B
che tenta di compensare la variazione di flusso. In sostanza viene indotta nel circuito una nuova corrente iind HtL che
circola in senso opposto alla corrente principale i(t). In definitiva, nel circuito circola una corrente effettiva I(t) =
i(t) - iind HtL.
Questo effetto va visto come se, nel regime transitorio, ovvero di variazione della corrente i(t), L agisse come
una resistenza, chiamiamola RL , variabile nel tempo.
Infatti studiando gli effetti resistivi di L, è possibile scrivere la legge di Ohm nel seguente modo
d
L
d
dt
I HtL = I HtL RL , e di conseguenza RL HtL = L
dt
IHtL
IHtL
Essendo inizialmente IH0+ )=0, poiché generalmente
.
d
dt
I
t=0+
¹≠ 0, è evidente che RL H0+ L = ¶ .
Se la corrente nel circuito tende, per tempi sufficientemente grandi (tض) ad un regime di stazionarietà, ovvero
d
dt
I
t=¶
= 0,
allora RL H¶L = 0.
Quindi l’effetto transitorio della corrente su l’autoinduttanza L implica che questa si comporta come una resistenza
variabile nel tempo: inizialmente Ht = 0+ ) vale ¶, aprendo totalmente il circuito.
Notate l’antinomia con il condensatore, che partendo da scarico, e quindi inizialmente non soggetto ad alcuna
caduta di tensione, all’istante t = 0+ si comporta come un perfetto filo conduttore.
3. POTENZA ED ENERGIA MAGNETICA
Visto che l’elemento circuitale L è caratterizzato da una caduta di tensione, ed è percorso da una corrente I, è
possibile associare all’insorgere del flusso attraverso l’avvolgimento di L un potenza magnetica pari a
WL = I VL = I L
d
dt
I.
L’energia che si va accumulando nell’avvolgimento L sottoforma di campo magnetico, calcolata da un istante
iniziale ti ad uno finale t f vale
IIt M
t
UL = Ÿt f WL „ t = ŸIHt Lf L I „ I =
i
i
1
2
LAI 2 It f M - I 2 Hti LE.
Generalmente capita di studiare l’energia accumulata nell’autoinduttanza durante un transitorio fino al regime
stazionario.
Pertanto ti = 0, t f = ¶, I(0) = 0, I(¶) = I e quindi
UL =
1
2
L I 2.
Si noti che se l’autoinduttanza L non è percorsa da corrente, non c’è accumulo di energia magnetica.
Deve passare il messaggio seguente: quando negli esercizi si chiede di calcolare l’energia totale accumulata in un
circuito caratterizzato da condensatori e autoinduttanze, occorre considerare
Utot = UC + UL ,
dove
- UC è l’energia elettrostatica accumulata nei condensatori soggetti ad una caduta di tensione non nulla
Pertanto ti = 0, t f = ¶, I(0) = 0, I(¶) = I e quindi
UL =
1
2
L I 2.
Autoinduttanza.nb
Si noti che se l’autoinduttanza L non è percorsa da corrente, non c’è accumulo di energia magnetica.
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Deve passare il messaggio seguente: quando negli esercizi si chiede di calcolare l’energia totale accumulata in un
circuito caratterizzato da condensatori e autoinduttanze, occorre considerare
Utot = UC + UL ,
dove
- UC è l’energia elettrostatica accumulata nei condensatori soggetti ad una caduta di tensione non nulla
- UL è l’energia magnetica accumulata nelle autoinduttanze percorse da una corrente non nulla.
4. CONSIDERAZIONI SUL REGIME DI STAZIONARIETÀ
Consideriamo il curcuito in figura:
Si noti che la resistenza R e l’induttanza L sono in parallelo, quindi condividono la stessa d.d.P., sempre.
Si noti: sempre significa sia a regime transitorio che a regime stazionario.
La domanda, in questo caso è: esiste per questo circuito un regime stazionario, nel limite per tض?
La risposta come vedremo è no. e quindi non dovremo meravigliarsi che la resistenza R sarà sempre soggetta a
caduta ohmica.
Infatti, l’equazione di Kirchhoff per questo circuito, dal momento che il tasto T viene chiuso, è la seguente:
e= L
d
I
dt L
= R IR , con IL la corrente che fluisce nell’induttanza L e IR la corrente che fluisce nella resistenza R.
Arriviamo quindi facilmente alla soluzione per le correnti:
IL =
e
L
t + k , con k = IL Ht = 0L = 0, e quindi IL =
e
L
t, da cui segue che IR =
e
.
R
Il fatto che la resistenza R si trovi sempre percorsa da una corrente costante segue dal fatto che non esiste mai un
regime di stazionarietà, ovvero non avremo mai un tempo t per il quale
d
I
dt L
=
e
L
d
dt
I = 0, sia in R che in I. Infatti
¹≠ 0, e quindi non ci potrà mai essere un regime stazionario.
La dipendenza di proporzionalità tra IL ed il tempo t indica chiaramente che la corrente sull’induttanza passa con
continuità da zero, quando all’istante iniziale l’induttanza si comporta come una resistenza infinita, ad un valore
sempre più grande che non smetterà mai di aumentare.
Notiamo che il circuito analizzato adesso non è il cosiddetto circuito RL , dove la resistenza e l’induttanza sono
in serie e non in parallelo, come in questo caso. Per un circuito come questo non ha proprio senso parlare di
transitorio, per il fatto che non esiste uno stato di stazionarietà.
Si noti ancora un’ultima cosa: abbiamo detto che le d.d.P. ai capi della resistenza e dell’induttanza sono identiche,
perché R ed L sono in parallelo. Il valore di tale d.d.P. è costante e vale e. Infatti ai capi dei due elementi circuitali
c’è la d.d.P. imposta dalla f.e.m. il cui lavoro è preservarla costante, qualunque cosa succeda (almeno in questa
approssimazione di f.e.m. ideale).
6
Notiamo che il circuito analizzato adesso non è il cosiddetto circuito RL , dove la resistenza e l’induttanza sono
in serie e non in parallelo, come in questo caso. Per un circuito come questo non ha proprio senso parlare di
transitorio, per il fatto che non esiste uno stato di stazionarietà.
Autoinduttanza.nb
Si noti ancora un’ultima cosa: abbiamo detto che le d.d.P. ai capi della resistenza e dell’induttanza sono identiche,
perché R ed L sono in parallelo. Il valore di tale d.d.P. è costante e vale e. Infatti ai capi dei due elementi circuitali
c’è la d.d.P. imposta dalla f.e.m. il cui lavoro è preservarla costante, qualunque cosa succeda (almeno in questa
approssimazione di f.e.m. ideale).