UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Specialistica/Magistrale in Ingegneria Elettronica Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Gestionale e Meccanica Tesi di Laurea Mobilità apparente e coefficiente di riflessione in nano-transistori MOS quasi-balistici Relatore: Laureando: Prof. Ing. David Esseni Massimiliano Zilli Correlatori: Chiar.mo Prof. Ing. Luca Selmi Prof. Ing. Pierpaolo Palestri Anno Accademico 2005-06 Indice 1 Introduzione 1.1 Uno sguardo all’evoluzione della microelettronica . . . . . . . 1.2 La legge di Moore e lo scaling . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Scopo della tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 2 4 2 Il transistore MOS 2.1 Il transistore MOS tradizionale . . . . . . . . . . . . 2.2 Mobilità di canale lungo . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Il transistore MOS in regime balistico . . . . . . . . 2.4 Mobilità balistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.5 Corrente in dispositivi decananometrici . . . . . . . 2.6 Mobilità nei dispositivi decananometrici . . . . . . . 2.7 Estrazione sperimentale del coefficiente di riflessione 2.7.1 Generalizzazione del metodo di estrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 7 9 10 12 13 15 23 24 3 Simulatore Monte Carlo 3.1 L’equazione del trasporto di Boltzman . . . . 3.2 Simulazioni Monte Carlo . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Simulazione del moto di una particella 3.3 Quantizzazione verticale in strutture MOS . . 3.4 Simulatore CoSMOS2D . . . . . . . . . . . . 3.4.1 Meccanismi di scattering in CoSMOS 3.4.2 Modello per i contatti . . . . . . . . . 3.4.3 Descrizione dell’input file . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 29 32 33 37 38 41 46 48 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Simulazione della mobilità apparente in transistori decananometrici 51 4.1 Estrazione della mobilità dalle simulazioni . . . . . . . . . . . 51 4.1.1 Mobilità apparente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 4.1.2 Mobilità di canale lungo . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 4.2 Mobilità di singola sottobanda . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 4.3 Mobilità per dispositivi strain . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 4.4 Mobilità al variare della temperatura . . . . . . . . . . . . . . 64 I 5 Simulazione della metodologia di estrazione sperimentale del coefficiente di riflessione 5.1 Profilo di potenziale lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2 Profilo di potenziale lineare con virtual source . . . . . . . . . 5.3 Simulazione di un dispositivo completo . . . . . . . . . . . . . 67 67 74 82 6 Conclusioni 89 II Capitolo 1 Introduzione 1.1 Uno sguardo all’evoluzione della microelettronica The future of integrated electronics is the future of electronics itself ... Gordon E. Moore, 1965 Con questa frase iniziava l’articolo di Gordon E. Moore [2], uno dei fondatori di Intel, scritto nel 1965, uno dei documenti storicamente più importanti e lungimiranti nell’evoluzione dell’elettronica. In esso, oltre all’enunciazione della celebre legge di Moore, ci sono molte intuizioni che nell’arco del tempo sono state confermate. L’elettronica integrata ha infatti proceduto migliorando le figure di merito dei circuiti per mezzo di una continua contrazione delle dimensioni geometriche dei transistori. Oggigiorno i computer portatili sono cosa comune, ma vent’anni fa praticamente non esistevano; gli stessi personal computer da scrivania erano ingombranti e computazionalmente poco potenti. Oltre a questo, il documento di Moore affronta gli aspetti economici legati alla miniaturizzazione facendo notare come l’elettronica integrata consenta un deciso abbattimento dei costi di produzione. Dal grafico di figura 1.1 si vede infatti che l’andamento del costo per componente al variare del numero di componenti per circuito integrato ha un minimo. Si vede inoltre che tale minimo decresce col passare del tempo e che in tale minimo il numero di componenti per circuiti integrati aumenta in modo impressionante con l’evoluzione della tecnologia di fabbricazione. Con il continuo aumento delle prestazioni e quindi della capacità di elaborazione si arriverà presto a realizzare applicazioni fino a pochi anni fa dal sapore futuristico ed esotico come le traduzioni linguistiche in tempo reale, il riconoscimento facciale istantaneo e la guida automatizzata di automobili. 1 Figura 1.1: Curve del costo per componente al variare del numero di componenti per circuito integrato per gli anni 1962 e 1965, con la proiezione per il 1970. [2] 1.2 La legge di Moore e lo scaling La sorprendente capacità visionaria di Moore è sintetizzata dalla cosiddetta “Legge di Moore”. Infatti, oltre ad intuire la modalità di sviluppo dell’elettronica nei vari ambiti (cosa certamente non banale), Moore teorizzò che il numero di transistori su un chip sarebbe raddoppiato ogni due anni. Tale previsione si è avverata nei quaranta anni che hanno seguito la sua formulazione e la tendenza all’aumento del numero di transistori è tuttora in corso. L’aumento costante della integrazione è stato possibile grazie allo scaling, ovvero alla riduzione delle dimensioni dei dispositivi. Allo scaling, infatti, ha corrisposto un costante miglioramento delle prestazioni dinamiche dei circuiti digitali, mentre l’aumento delle frequenze di lavoro ha progressivamente reso il contenimento della potenza dissipata uno dei più vincolanti problemi di progetto. Infatti, oggigiorno la maggior parte delle persone ha nelle proprie tasche, forse inconsapevolmente, dei veri e propri computers che sono alimentati a batteria e possono funzionare per alcuni giorni senza bisogno di essere caricati. Per queste applicazioni, quindi, un uso efficiente della potenza assorbita dal circuito risulta cruciale. Il concetto di scaling è schematicamente indicato in figura 1.3. Oltre a problemi tecnologici nella fabbricazione di dispositivi sempre più piccoli, si sono presentati molti problemi che ne possono limitare lo scaling. Fra i principali di essi si citano: 2 Figura 1.2: Andamento della legge di Moore nel mercato dei microprocessori. [1] • l’aumento della potenza dissipata ed in particolare della densità di potenza (cioè della potenza per unità di area); • il degrado delle prestazioni dei transistori dovuto alle dimensioni sempre minori; problema noto col termine di effetti di canale corto; • l’insorgenza di una corrente statica al gate dei transistori MOSFET provocata dal progressivo ridursi dello spessore dell’ossido di gate; • problemi affidabilistici che degradano le caratteristiche dei transistori nel tempo di utilizzo, principalmente legati all’aumento dei campi elettrici all’interno dei dispositivi stessi. Un metodo sinergico rispetto allo scaling geometrico per ottenere un miglioramento delle prestazioni dei dispositivi è l’introduzione di nuovi materiali rispetto al silicio ed al relativo ossido (SiO 2 ) che sono tradizionalmente usati per i transistori MOSFET. I nuovi materiali riguardano l’isolante di gate dei transistori MOS attraverso l’introduzione di materiali high-k ad alta costante dielettrica. Un vasto campo di studio riguarda inoltre il materiale del canale del transistore. Basti pensare all’uso della tensione o compressione meccanica del silicio per migliorarne la mobilità o anche all’uso di semiconduttori alternativi come il germanio o l’arsenurio di gallio. 3 Figura 1.3: Regole dello scaling 1.3 Scopo della tesi Spingendo sempre di più lo scaling geometrico si sono raggiunte lunghezze paragonabili al libero cammino medio percorso dai portatori tra due eventi di scattering. In questo modo il dispositivo si avvicina ad un regime di trasporto semi-balistico, dove per regime completamente balistico intendiamo un trasporto completamente privo di scattering tra source e drain, in questo contesto consideriamo eventi di scattering tutte le interazioni che un portatore subisce durante il suo moto a causa della deviazione del potenziale in cui viaggia rispetto al potenziale di un cristallo di semiconduttore ideale. I modelli di trasporto più diffusi (universalmente utilizzati, ad esempio, in simulatori per l’ambito industriale) sono basati su un modello di trasporto di tipo ohmico-diffusivo (noto come drift-diffusion). Anche la maggior parte delle tecniche di caratterizzazione sperimentale sono state concepite in base ad una descrizione del dispositivo fondata sul modello ohmico-diffusivo. Per i dispositivi di odierna concezione, quindi, sorge la necessità di valutare l’effetto del trasporto semi-balistico sulle grandezze estratte dalle tecniche di caratterizzazione tradizionali, come la mobilità apparente di canale. Inoltre, nel modello di trasporto semibalistico la corrente nel dispositivo è governata dalla carica al punto di iniezione nel canale (detto virtual source) e dal coefficiente di riflessione del canale del transistore. Data l’importanza del coefficiente di riflessione, sono state proposte tecniche di caratterizzazione per la sua determinazione sperimentale. In questa tesi, mediante l’uso di un simulatore numerico di tipo Monte Carlo che permette di risolvere l’equazione del trasporto di Boltzmann senza ipotesi semplificative, analizzeremo innanzitutto l’estrazione della mo4 bilità in transistori decananometrici. Discuteremo il significato stesso della grandezza estratta rimarcando che si tratta di una mobilità apparente che dipende dalla lunghezza del dispositivo in cui è misurata, diversamente dalla mobilità legata al trasporto uniforme che può essere determinata solo in transistori abbastanza lunghi. Inoltre sarà derivato e discusso un modello analitico approssimato che giustifica la dipendenza della mobilità apparente dalla lunghezza e dalla temperatura. Nella seconda parte di questo lavoro useremo il simulatore Monte Carlo per emulare la determinazione del coefficiente di riflessione in base ad un metodo di caratterizzazione proposto in letteratura. I valori del coefficiente di riflessione estratti secondo la metodologia proposta verranno confrontati con quelli forniti dal simulatore stesso in base ad un’analisi microscopica basata sui flussi di portatori interni al dispositivo. Questo confronto consentirà di valutare l’attendibilità dei risultati della tecnica di caratterizzazione e la criticità di alcune ipotesi su cui essa è basata. In questo contesto si sottolinea l’aspetto di innovatività nell’uso del simulatore Monte Carlo per analizzare le tecniche di caratterizzazione; un uso divenuto indispensabile per dispositivi decananometrici, dove il regime di trasporto è semibalistico e l’uso dei simulatori commerciali basati sul modello ohmico-diffusivo perde quindi di attendibilità. 5 6 Capitolo 2 Il transistore MOS In questo capitolo si parte esponendo il comportamento del MOS nel modello tradizionale, per poi introdurre una descrizione del MOSFET completamente balistico. Si va quindi ad esporre un modello per un moderno MOSFET decananometrico mediante il coefficiente di riflessione. Nell’ambito di queste trattazioni si affronterà anche il tema della mobilità. 2.1 Il transistore MOS tradizionale Il trasporto all’interno di un MOSFET tradizionale può essere descritto bene mediante le equazioni drift-diffusion. Esso è la soluzione dell’equazione di Boltzmann mediante il metodo dei momenti facendo l’approssimazione che l’elettrone e il reticolo abbiano la stessa temperatura ovvero fermandosi al momento di ordine uno delle equazioni di Boltzmann. Tale modello può essere applicato in situazioni in cui il campo elettrico lungo il canale è moderatamente alto. In tal modo, vedi figura 2.1, gli eventi di scattering sono troppo frequenti per permettere all’elettrone di acquisire oltre una certa velocità, ovvero di uscire dalla condizione di equilibrio tra la forza esercitata dal campo elettrico e la forza resistente prodotta dagli eventi di scattering. Questo permette di asserire che la velocità degli elettroni è univocamente legata al campo elettrico longitudinale in direzione del trasporto. L’equazione che esprime la densità di corrente è Jn = −qµn n∇φ + qDn ∇n (2.1) dove µn è la mobilità elettronica, q la carica, n la concentrazione degli elettroni, Dn il coefficiente di diffusione elettronica legato alla mobilità µ n mediante la relazione di Einstein Dn = µn VT H e φ il potenziale. Avendo l’equazione (2.1) due incognite è necessario introdurre anche l’equazione di Poisson che definisce il potenziale + ∇ · (∇φ) = −ρ = −q p − n + ND − NA− 7 (2.2) Scattering events Source E C (x) F x Drain x Figura 2.1: Raffigurazione del funzionamento di un MOSFET tradizionale. Lungo il canale il campo elettrico non è abbastanza forte da permettere all’elettrone di acquisire l’energia per uscire dall’equilibrio. + dove ρ è la densità di carica, p è la concentrazione delle lacune, N D è la − concentrazione di atomi donori ionizzati e N A è la concentrazione di atomi accettori ionizzati. É possibile scrivere un’equazione simile alla (2.1) anche per le lacune. Nel caso di un MOSFET con canale lungo (vedi figura 2.2), integrando lungo la direzione della profondità di canale, y, e lungo la sua larghezza, z, è possibile pervenire alla formula della corrente per il MOS di canale lungo ID = 1 2 W µ0 COX (VGS − VT ) VDS − VDS L 2 (2.3) dove µo è la mobilità media degli elettroni nello strato invertito (ovvero la mobilità pesata con la concentrazione degli elettroni lungo y), C OX è la capacità per unità di superficie dell’ossido di gate, W è la larghezza del dispositivo, L la lunghezza del canale, V GS la tensione tra gate e source e VDS la tensione tra drain e source. Da questa espressione si può ricavare l’espressione della corrente in regime lineare ovvero quella per basse V DS ID = W µ0 COX [(VGS − VT ) VDS ] L 8 (2.4) L z x y Gate W Oxide Source Drain Substrate Figura 2.2: Schema rappresentativo della struttura di un MOSFET con il sistema di riferimento utilizzato. Analogamente per tensioni tra source e drain elevate, ovvero per le normali condizioni di lavoro di un dispositivo, si ha la corrente di saturazione ID,sat = 2.2 W µ0 COX (VGS − VT )2 2L (2.5) Mobilità di canale lungo La mobilità elettronica di canale lungo è un parametro molto importante per la determinazione delle prestazioni dei transistori MOS. Il significato fisico della mobilità si comprende osservando che, applicando un debole campo elettrico fra drain e source del MOSFET, gli elettroni si muovono con moto di deriva la cui velocità è appunto proporzionale al campo elettrico attraverso la mobilità. Possiamo quindi affermare che la mobilità media nello strato di inversione è definita come [29] µ= L gd (VG ) W qNs (VG ) (2.6) dove gd (VG ) è la conduttanza di drain (la quale dipende dalla tensione di gate VG ), q è la carica dell’elettrone, ed N s indica la densità di inversione definita come: Z qNs (VG ) = VG −∞ CG C(VG0 )dVG0 (2.7) Da un punto di vista fisico la mobilità dipende dal tempo di rilassamento della quantità di moto ovvero dalla media tra gli intervalli tra uno scattering e l’altro all’interno del dispositivo. I principali meccanismi di scattering nel transistore MOSFET sono: 9 • Scattering fononico (acustici e ottici); • Scattering con l’interfaccia fra semiconduttore ed ossido; • Scattering con impurità ionizzate; 2.3 Il transistore MOS in regime balistico Una descrizione molto diversa rispetto a quella usata per il MOSFET tradizionale è necessaria per il transistore balistico. In questo caso infatti il gas elettronico responsabile della corrente è in forte non equilibrio con il reticolo cristallino perchè non abbiamo eventi di scattering durante il passaggio della particella all’interno del canale. Col ridursi della lunghezza dei dispositivi, come si vedrà nelle sezioni successive, ci si avvicina a questo limite teorico grazie al fatto che la lunghezza di canale è sempre più piccola rispetto al libero cammino medio dell’elettrone. A questo proposito, figura 2.3, il- Figura 2.3: Andamento qualitativo della banda di conduzione all’interno del MOSFET al variare di VG per alte tensioni VD applicate lustra il profilo qualitativo della più bassa sottobanda, la first unprimed, lungo il canale per un MOSFET. Nella figura sono mostrate diverse curve al variare di VG . Si può notare come il massimo di potenziale lungo il canale diminuisca all’aumentare di VG . Anche a VG alte, comunque, dopo il source è presente un massimo della sottobanda che viene denominato source virtuale. Questo punto è molto importante per il funzionamento del MOS in regime 10 balistico. Infatti la densità di carica di inversione Q IN V (0) al virtual source è approssimativamente determinata elettrostaticamente dalla tensione V G come QIN V (0) ≈ Cef f (VGS − VT ) (2.8) La carica presente al virtual source proviene dai contatti di drain e source che possono essere considerati con buona approssimazione come delle riserve di carica all’equilibrio. Al virtual source, come schematizzato da figura 2.4, E(k x ) EF E F−qV DS −k x +k x E C (x) Figura 2.4: Distribuzione della popolazione di carica al virtual source. Si sottolinea come la differenza di riempimento della parabola nella parte delle velocità negative dipenda dalla tensione V DS [13]. saranno quindi presenti due tipi di popolazioni elettroniche, una con k x negativi provenienti dal drain che ha livello di Fermi e una con k x positivi provenienti dal source. In generale quindi possiamo esprimere la corrente (i) per la i-esima sottobanda ID come [7] (i) ID q = 2 W h̄ s (i) mC 2 KT π 3 2 = 1 (η (i) ) − = 1 (η (i) ) S D 2 2 (2.9) analogamente possiamo esprimere la densità di inversione come (i) N2D (i) mD KT (i) (i) = =0 (ηS ) + =0 (ηD ) 2 2 πh̄ " # (i) (2.10) Nelle due equazioni sopra riportate m C è la massa effettiva di conduzione (i) mentre mD è la massa effettiva della densità degli stati. Nel caso della first 11 q (i) unprimed si ha mD = 2mt e (i) q (i) q (i) (i) mC = 2 mD /mx = 2 mD /mt = √ 4mt ovvero mD = 2mt . Il simbolo =j (η) indica l’integrale di Fermi-Dirac di ordine j ed è definito da: =j (η) = 1 Γ(1 + j) Z uj du 1 + eu−η +∞ 0 (2.11) dove Γ è la funzione gamma dipendente da j. Per lo scopo di questa tesi √ √ è sufficiente ricordare i valori Γ(1/2) = π, Γ(3/2) = π/2 e Γ(1) = 1. (i) (i) Gli argomenti delle suddette funzioni sono η S = (EF − E (i) )/KT e ηD = (i) (EF −E −qVD )/KT , dove EF è il livello di Fermi al source oppure al drain (i) (i) (per ηS ed ηD rispettivamente) e E (i) è l’energia dell’autovalore i-esimo. Nel caso di tensioni VD applicate sufficientemente elevate è possibile considerare nullo il contributo di carica proveniente dal drain, essendo molto improbabile trovare all’equilibrio cariche con energia tale da superare la barriera del canale. Si possono scrivere quindi (2.9) e (2.10) come (i) ID ∼ q = W h̄2 (i) N2D s (i) mC 2 " KT π (i) 3 2 = 1 (η (i) ) 2 S # mD KT (i) =0 (ηS ) = πh̄2 2 (2.12) (2.13) Siccome la corrente può anche essere espressa come (i) ID (i) (i) = qN2D vinj W (2.14) sostituendo le (2.12) e (2.13) in (2.14) si può ottenere la velocità di iniezione vinj al virtual source: (i) vinj (i) v u = 1 (ηS ) u 2KT = 12 (ηS ) = vth 2 =t (i) πmL =0 (ηS ) =0 (ηS ) (2.15) dove mL è la massa in direzione longitudinale al canale della i-esima sottobanda. Questa non è altro che la velocità termica del caso non degenere moltiplicata per il coefficiente che tiene conto della degenerazione. 2.4 Mobilità balistica Vediamo adesso l’espressione assunta dalla grandezza: L gd (VG ) W qNs (VG ) 12 (2.16) che, secondo l’equazione (2.6) definisce la mobilità nei transistori con canale lungo. Prendendo nuovamente la (2.9) valida anche in caso di bassi campi si ottiene s q2 gd = 2 W h̄ (i) mC KT = 1 (ηS ) 2 π −2 (2.17) Sostituendo (2.17) e (2.10) (valutata per tensione V DS = 0), nella (2.6) otteniamo una mobilità apparente nei transistori corti, che chiamiamo mobilità balistica ed indichiamo col simbolo µ B s (i) =− 1 (ηS ) qL =− 21 (ηS ) mL π =− 21 (ηS ) 2 = = µ L BAL,L (i) (i) 2KT = (η ) = (η ) = 0 S 0 (ηS ) πmL πmL vth 0 S (2.18) Come si può notare questa mobilità è ben diversa dalla classica mobilità di canale lungo. Inoltre da notare che è tanto più elevata tanto più lungo è il dispositivo e risulta proporzionale alla lunghezza di canale L del dispositivo. µB = 2.5 qL Corrente in dispositivi decananometrici Nei dispositivi di nuova generazione la trattazione delle equazioni DriftDiffusion non è più attendibile. In questi dispositivi, infatti, la distribuzione in energia delle cariche non è più una funzione locale del campo elettrico come si vedrà nel capitolo 3. La figura 2.5 raffigura in modo schematico Gate Source Drain Figura 2.5: Schematizzazione del funzionamento di un MOSFET mediante flussi. Da sinistra si vede arrivare il flusso proveniente dal source, da destra quello proveniente dal drain. una visione del trasporto basata sulla teoria dei flussi di portatori (o flux theory). Il drain e il source vengono visti come delle riserve che iniettano 13 flussi di portatori nel canale attraverso una barriera di potenziale che viene modulata dalla tensione di gate. Il massimo di questa barriera è il virtual source. In condizioni di alte VDS si può ritenere il flusso uscente dal drain nullo senza commettere un errore rilevante. La situazione in esame viene [SS] aS [SC] aC aD bC Figura 2.6: Modello del MOSFET utilizzato valido in condizioni di saturazione. La prima sezione descrive la trasmissione di cariche dal source al canale, la seconda la trasmissione attraverso il canale. Questo modello fa l’approssimazione, valida in condizione di saturazione, che il flusso in arrivo dal drain non riesce a trasmettersi al source. [9] ben rappresentata da figura 2.6. Possiamo scrivere quindi il flusso entrante al drain come [9] aD = a S ts tc (2.19) dove ts è il coefficiente di trasmissione tra il source e il virtual source, t c il coefficiente di trasmissione nel canale, a S il flusso uscente dal source. Al virtual source possiamo scrivere la densità di carica come [9] n(0, y) = ts aS + r c ts aS ts aS (1 + rc ) a+ + a − = = vth vth vth (2.20) dove si può distinguere un flusso di carica positivo che riesce a passare e ad arrivare al drain e un flusso di carica negativo che subisce scattering e torna indietro. Ricavando ts da (2.20) e inserendolo in (2.19), tenendo poi presente che tc = 1 − rc , si ricava aD = n (0, y) vth 1 − rc 1 + rc (2.21) dove n (0, y) è la densità di carica presente in corrispondenza del virtual source. Ipotizzando di essere sopra soglia si ha N2D = Z ymax n (0, y) dy = 0 14 Cef f (VGS − VT ) q (2.22) Integrando rispetto ad y la (2.21) utilizzando la (2.22) si ottiene ID = W Cef f vth 1 − rc (VGS − VT ) 1 + rc (2.23) dove si può definire una velocità media della carica < v(0) >= vth 1 − rc 1 + rc (2.24) Si può facilmente verificare che per un dispositivo balistico, cioè per r c che tende a zero, la velocità media tende alla velocità termica v th Il coefficiente di riflessione per alti campi r c = rhf = r è diverso da quello per bassi campi ed è definito come rhf = 1 lKT = λ lKT + λ 1 + lKT (2.25) dove lKT è denominato KT-layer e vale: lKT = KT qF (0+ ) (2.26) mentre λ è il libero cammino medio tra due eventi di scattering a bassi campi ed è definito come (2.27) 2µ0 Vth (2.27) λ= vth Dall’equazione (2.26) si può vedere che r dipende dal campo elettrico presente subito dopo il virtual source. Il parametro l KT si può anche definire infatti come la distanza in cui la banda di conduzione decresce della quantità KT . Ne deriva che tanto maggiore è il campo, ovvero tanto maggiore è la pendenza con cui cambia la banda di conduzione, tanto più piccolo sarà il KT-layer. Al ridursi di lKT il coefficiente di riflessione rhf tende a zero ed il transistore tende al limite balistico. Come illustrato in figura 2.7, lKT può essere intesa come la lunghezza oltre la quale anche se la carica subisce un evento di scattering non è più in grado di tornare al source. Altresı̀ è vero che se l’evento di scattering avviene entro tale distanza è in grado di tornare al source. 2.6 Mobilità nei dispositivi decananometrici Analogamente a quanto accade nella determinazione della corrente di saturazione per i dispositivi decananometrici vista nella sezione 2.5 anche per la mobilità di questi dispositivi ci si aspetta un comportamento opportunatamente mediato tra la mobilità di canale lungo e quella balistica. Analogamente a quanto visto in [7, 14] utilizziamo per questo studio un approccio 15 l kT Source Drain Figura 2.7: Rappresentazione del significato di l KT . In un MOSFET decananometrico lKT è definito come la distanza dal virtual source in cui il massimo della banda di conduzione decresce di KT . Se le cariche subiscono scattering oltre lKT dal virtual source non riescono a tornare al source. [10] basato sulla flux theory. Analizzando la situazione in prossimità del virtual source, come si può vedere da figura 2.8 saremo di fronte a due flussi, uno positivo, dal source verso il drain e l’altro negativo, dal drain verso il source. F (0)+ = N2D vth = 1 (S) 2 F (0)− bal = N2D vth = 1 (D) 2 F (0)− = F (0)+ r(S) + F (0)− bal (1 − r(D)) = N2D vth = 1 (S)r(S) 2 +N2D vth = 1 (D)(1 − r(D)) 2 (2.28) In queste espressioni è possibile usare la velocità termica v th essendo il punto del source virtuale all’equilibrio termico. Con F (0) + si indica appunto il flusso positivo, con F (0)− bal si indica il flusso che inciderebbe al source se non ci fossero eventi di scattering tra drain e source. Con F (0) − si indica il totale flusso negativo, ovvero la composizione di ciò che torna indietro del flusso positivo dovuto allo scattering nel canale e ciò che arriva del flusso balistico proveniente dal drain, al netto dello scattering nel canale. N 2D è la densità di inversione definita in equazione (2.10). Nelle (2.28) inoltre si sono abbreviati nella scrittura gli integrali di Fermi-Dirac con = 1 (S) = = 1 ((EF − EC )/KT ) 2 2 e = 1 (D) = = 1 ((EF −EC −qVDS )/KT ). Infine r(S) e r(D) sono i coefficienti 2 2 16 − F(0)bal r(D) low field conditions: − F(0) bal + Fx = 1 kV/cm F(0) r(S) + EC F(0) Source Drain Figura 2.8: Rappresentazione dell’andamento dei flussi di eq. 2.28 in prossimità del virtual source. Si può distinguere F (0) + ovvero il flusso che parte dal virtual source, la porzione di esso che torna indietro a causa del coefficiente di riflessione al source r(S), F (0) − bal ovvero il flusso che inciderebbe al source proveniente dal drain in assenza di scattering e la parte di esso che invece torna indietro a causa del coefficiente di riflessione al drain r(D). di riflessione generalizzati rispettivamente dal source e dal drain verso il canale. Dalla somma dei flussi si può quindi ottenere la corrente come ID W = qF + (0) − qF − (0) = qN2D vth = 1 (S)(1 − r(S)) − qN2D vth = 1 (D)(1 − r(D)) (2.29) 2 2 Analogamente si può ottenere l’espressione della carica come la somma dei due contributi di flusso n(0)+ = n(0)− = F (0)+ = N2D =0 (S) + vth = 1 (S)=0 (D) F (0)− 2 = N r(S) + N2D =0 (D)[1 − r(D)] 2D − = 1 (D) vth 2 n(0) = n(0)+ + n(0)− = N2D =0 (S) + N2D +N2D =0 (D)[1 − r(D)] = N2D =0 (S) + = 1 (S)=0 (D) 2 = 1 (D) 2 = 1 (S)=0 (D) 2 = 1 (D) r(S) 2 r(S) + N2D =0 (D)[1 − r(D)] (2.30) 17 A questo punto è necessario specificare il coefficiente di riflessione. Lo studio in mobilità si fa per definizione a campi bassi, per cui il coefficiente di riflessione in questo caso può essere definito come: r(S) = L L+ L r(D) = 2µ0 VT H =1 (S) vth = 1 (S) L+ 2 2µ0 VT H =1 (D) vth = 1 (D) (2.31) 2 dove VT H = KT /q è la tensione termica, L la lunghezza di canale e 2µ 0 VT H /vth = λ il libero cammino medio tra un evento di scattering e il successivo. Sostituendo questa nell’ultima delle (2.30) si ottiene n(0) = N2D =0 (S) + = 1 (S)=0 (D) = 1 (D) +N2D =0 (D) 1 − = N2D 2 L L+ 2µ0 VT H =1 (D) vth = 1 (D) 2 h i Lvth = 1 (S) =0 (S)= 1 (D) + =0 (D)= 1 (S) + 2µ0 VT H =0 (S)=1 (S)= 1 (D) 2 2 2 h = 1 (D) Lvth = 1 (S) + 2µ0 VT H =1 (S) 2 + 2µ0 VT H =1 (S) vth = 1 (S) L+ 2 " L 2 2µ0 VT H =1 (D)=0 (D) Lvth = 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 # 2 2 i (2.32) La mobilità apparente di un dispositivo è definita come µapp gDS L = qnW V (2.33) DS →0 dove gDS /W = (1/W )∂ID /∂VDS . Derivando quindi (2.29) si trova ∂= 1 (D) ∂r(D) 1 ∂ID 2 = −qN2D vth [1 − r(D)] + qN2D vth = 1 2 ∂VDS W ∂VDS ∂VDS (2.34) Sfruttando la proprietà delle funzioni di Fermi [35] =j−1 (D) ∂=j (D) =− ∂VDS VT H (2.35) si trova innanzitutto la derivata del coefficiente di riflessione ∂r(D) ∂VDS = = ∂ ∂VDS L + −L L+ L 2µ0 VT H =1 (D) vth = 1 (D) 2 2µ0 VT H −=1 (D) ∂= 21 (D) 2 vth = 1 (D)2 ∂VDS =1 (D) 2µ0 VT H vth = 1 (D) 2 18 " 2 1 ∂=1 (D) + = 1 (D) ∂VDS 2 = # 2µ0 Lvth =1 (D)=− 1 (D) − =0 (D)= 1 (D) 2 2 Lvth = 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 2 (2.36) Sostituendo ora (2.36) nella (2.34) si ottiene 1 ∂ID W ∂VDS 2qN2D vth =− 1 (D)µ0 VT H =1 (D) 2 = VT H vth L= 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 h 2qN2D vth = 1 (D)VT H vth Lµ0 =0 (D)= 1 (D) − =1 (D)=− 1 (D) 2 + 2 2 VT H vth L= 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) = 2qN2D µ0 vth " 2 Lvth = 1 (D)=− 1 (D)=1 (D) + 2µ0 VT H =− 1 (D)=1 (D)2 2 2 2 2 vth L= 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 vth L= 1 (D)2 =1 (D)=− 1 (D) + 2 i 2 vth L= 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 2 # 2 (2.37) Sostituendo ora (2.37) e (2.32) nella (2.33) si trova µapp = gDS L qn 2qLN2D µ0 vth = qN2D Lvth = 1 (D)= 1 (D)=1 (D)+2µ0 VT H = 1 (D)=1 (D)2 +vth L= 1 (D)2 =0 (D)−vth L= 1 (D)=0 (D)= 1 (D) − − − 2 2 2 2 2 2 2 vth L= 1 (D)+2µ0 VT H =1 (D) 2 h i Lvth = 1 (S) =0 (S)= 1 (D)+=0 (D)= 1 (S) +2µ0 VT H =0 (S)=1 (S)= 1 (D) 2 2 2 2 + h = 1 (D) Lvth = 1 (S)+2µ0 VT H =1 (S) 2 2 i 2µ0 VT H =1 (D)=0 (D) Lvth = 1 (D)+2µ0 VT H =1 (D) 2 NUM N umN U M = NUM DEN N umN U M DenN U M = 2Lµ0 vth Lvth = 1 (D)=− 1 (D)=1 (D) + 2µ0 VT H =− 1 (D)=1 (D)2 + 2 2 2 +vth L= 1 (D)2 =0 (D) − vth L= 1 (D)=0 (D)=− 1 (D) ! 2 2 19 (2.38) che può essere riscritta nella forma: µapp = 2 DenN U M DEN N umDEN = = = vth L=− 1 (D) + 2µ0 VT H =0 (D) 2 N umDEN DenDEN " 2 Lvth = 1 (S) =0 (S)= 1 (D) + =0 (D)= 1 (S) 2 2 2 +2µ0 VT H =0 (S)=1 (S)= 1 (D) 2 # Lvth = 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 +2µ0 VT H =1 (D)=0 (D)= 1 (D) Lvth = 1 (S) + 2µ0 VT H =1 (S) 2 DenDEN NUM = = 1 (D) Lvth = 1 (S) + 2µ0 VT H =1 (S) 2 2 2 Lvth = 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) 2 = 2µ0 vth = 1 (D) Lvth = 1 (S) + 2µ0 VT H =1 (S) 2 2 Lvth = 1 (D)=− 1 (D)=1 (D) + 2µ0 VT H =− 1 (D)=1 (D)2 2 2 2 2 +vth L= 1 (D) =0 (D) − vth L= 1 (D)=0 (D)=− 1 (D) 2 DEN = 2 2 vth L=− 1 (D) + 2µ0 VT H =0 (D) 2 ! " Lvth = 1 (S) =0 (S)= 1 (D) 2 2 +=0 (D)= 1 (S) + 2µ0 VT H =0 (S)=1 (S)= 1 (D) 2 ! 2 ! Lvth = 1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D) + 2µ0 VT H =1 (D)=0 (D)= 1 (D) 2 Lvth = 1 (S) + 2µ0 VT H =1 (S) 2 2 # (2.39) L’espressione (2.39) è di validità generale fin quando vale (2.31), ovvero fino a quando siamo a bassi campi longitudinali. Per completare la (2.33) è ora necessario valutare il limite per V DS → 0. In questo caso gli integrali di Fermi-Dirac del source e del drain sono uguali: =− 1 (D) = =− 1 (S) = =− 1 2 2 2 = 1 (D) = = 1 (S) = = 1 2 2 2 =0 (D) = =0 (S) = =0 =1 (D) = =1 (S) = =1 (2.40) e quindi lim µapp = VDS →0 µ0 vth L =0 2µ0 VT H =− 1 =21 2 + vth L=2 = Lvth = 1 + 2µ0 VT H =1 2 20 1 2 2 0 (2.41) L’equazione 2.41 esprime la mobilità apparente di un dispositivo decananometrico di qualsiasi lunghezza. Il modello è robusto in quanto è possibile riottenere la mobilità di canale lungo facendo tendere il dispositivo a lunghezze infinite =0 L→∞ µ0 vth L lim VDS →0 Lvth = 1 + 2µ0 VT H =1 2 2 2µ0 VT H =− 1 =21 + vth L=21 =0 2 = 2 =0 (Lvth ) 2 µ0 =0 (Lvth ) =2 1 2 2 = =2 1 2 1 µ0 (2.42) nonchè la mobilità balistica per unità di lunghezza per un dispositivo infinitamente corto L lim VDS →0 L→0 µapp =0 = lim VDS →0 L→0 µ0 vth = =0 4µ20 VT2H =1 Lvth = 1 + 2µ0 VT H =1 2 2 2µ0 VT H =− 1 =21 + vth L=21 =0 µ0 vth 2µ0 VT H =− 1 =21 2 2 = 2 =0 2VT H =0 = vth =− 1 µBAL,L =− 1 2 2 (2.43) dove vth (2.44) 2VT H è la mobilità balistica per unità di lunghezza. Vediamo ora cosa accade nel caso di gas elettronico non degenere per dispositivi di generica lunghezza L. Nel caso non degere il rapporti tra gli integrali di Fermi-Dirac, per ogni grado vale =α (2.45) → 1 =β ∀α,β µBAL,L = ed è quindi possibile semplificare la (2.41) come 1 µapp =0 =21 = (Lvth + 2µ0 VT H )2 Lvth + 2µ0 VT H = 3 µ0 vth L µ0 vth L= 1 Lvth + 2µ0 VT H = 2VT H 1 1 1 + + = µ0 vth L µ0 µBAL,L L 2 2 (2.46) Dall’equazione (2.46) si evince che la mobilità apparente di un dispositivo decananometrico si comporta come il parallelo di due resistenze dove le due resistenze sono la mobilità di canale lungo µ 0 e la mobilità balistica µBAL,L L. Il modello viene riassunto in figura 2.9 tramite analogia circuitale. 21 µapp µBAL,L. L µ0 Figura 2.9: Analogia circuitale per la mobilità apparente. Nel caso degenere le cose dal punto di vista analitico si complicano e a rigore il modello parallelo non è più valido. Infatti la (2.40) non è semplificabile. Facendo degli opportuni raccoglimenti è però possibile mettere in evidenza la dipendenza da L riscrivendo: 1 µapp = =0 µBAL,L L=− 1 2 1 = µ0 + 1 L µBAL,L L = 21 1+ µ0 =1 1 µBAL,L =− 1 2 =0 ! coef fnon 1+ 1+ µBAL,L L = 21 µ0 =1 =21 =0 µBAL,L 2 µ0 L =21 = 1 −2 (2.47) lin dove coef fnon lin = 1+ 1+ µBAL,L L = 21 µ0 =1 =21 =0 µBAL,L 2 µ0 L =21 = 1 − 2 ! 1+ 2 µBAL,L L =− 12 µ0 (2.48) =0 Si esamina quindi questo coefficiente per vedere la deviazione che esso produce rispetto al modello parallelo. In figura 2.10 si può notare come tale coefficiente abbia piccole deviazioni rispetto all’unità. Esso infatti è tanto più forte tanto più degenerazione è presente. Anche in casi estremi, con ηF = 10, valori non riscontrabili in dispositivi reali, il discostamento dalla linearità dell’inverso della mobilità apparente, non supera il 2%. Pertanto è possibile dedurne che nel caso degenere possiamo introdurre la il modello parallelo a patto di tenere conto della degenerazione con il termine =− 1 (ηF )/=0 (ηF ). 2 22 Non Linearity Coefficient 1 coeffnon lin [ ] 0.995 0.99 0.985 0.98 0 0.02 0.04 −1 −1 L [nm ] 0.06 ηF=−6 ηF=−2 ηF=2 ηF=2 ηF=6 ηF=10 0.08 0.1 Figura 2.10: Andamento del coefficiente di eq. (2.48) al variare dell’inverso della lunghezza di canale per diversi valori di η F (dall’alto al basso -6 -2 2 6 10) 2.7 Estrazione sperimentale del coefficiente di riflessione Il rapporto tra la il libero cammino medio λ e la lunghezza l KT , detta KTlayer, è un parametro fondamentale nello studio dei dispositivi decananometrici in quanto da esso si può ricavare il coefficiente di riflessione r= 1 λ 1 + lKT (2.49) Con il metodo descritto in questa sezione, tramite delle misure della corrente di saturazione di un dispositivo a diverse temperature, è possibile ricavare il suo rapporto λ/lKT e quindi il coefficiente di riflessione r. Si riporta, analogamente a quanto ricavato nella sezione 2.5, l’espressione della corrente espressa in funzione del rapporto λ/l KT . ID = W QIN V vth = W QIN V vth 23 1−r 1+r λ lKT 2+ λ lKT (2.50) dove QIN V = qN2D è la densità di carica di inversione presente al virtual source e vth la velocità di iniezione in tale punto, che corrisponde alla velocità termica. Definendo α come il rapporto incrementale della corrente rispetto alla temperatura, normalizzato alla corrente a T 0 = 300K, α= ∆ID ID0 ∆T (2.51) e ipotizzando le seguenti dipendenze dalla temperatura delle varie componenti che formano la corrente µ0 ∝ T −1.5 vth ∝ T 0.5 l ∝ T1 (2.52) si può arrivare ad esprimere il rapporto incrementale normalizzato α come [25] 1 4 η 1 − α= − λ 0 2 2+ l T0 VGS − VT0 KT (2.53) 0 dove λ0 /lKT0 è il rapporto λ/lKT a T0 = 300K e η è il coefficiente di temperatura della tensione di soglia vicino all’equilibrio. La semplice espressione della densità di carica di inversione Q IN V = qN2D = Cef f (VGS − VT ) è stata usata per ricavare l’equazione (2.53). Da qui, secondo il metodo proposto in [26], si può esprimere il rapporto λ 0 /lKT0 come λ0 lKT0 = 4 0.5 − α + η VG −VT0 T0 −2 (2.54) Siamo quindi in grado di determinare il rapporto λ 0 /lKT0 conoscendo α e η/(VGS − VT ). Ricavare poi il coefficiente di riflessione è immediato tramite l’equazione 2.49. L’intero metodo di estrazione è illustroato graficamente in figura 2.11. 2.7.1 Generalizzazione del metodo di estrazione L’espressione (2.54) ha il limite di essere valida solo se sono rispettate le 2.52. Quando esse non sono più valide si possono avere degli errori consistenti nel calcolo del rapporto λ/lKT . La dipendenza dalla temperatura della mobilità di canale lungo ad esempio può avere delle variazioni quando l’effetto dello scattering con l’interfaccia ossido-silicio diventa preponderante, cosa comune nei MOS di ultima generazione. É stato dimostrato inoltre, che la dipendenza del KT-layer dalla temperatura non è semplicemente lineare ma ha una dipendenza [14] lKT = L β KT q VDS 24 !γlKT (2.55) α=∆ I D / (∆T I D ) λ0 l KT 0 η/(VGS−VT )=−∆ Q INV /(∆ T Q INV ) = 4 0.5−( α − η/( VGS−VT) ) r= −2 1 1 + λ 0/ l KT 0 Figura 2.11: Riassunto grafico del metodo utilizzato per l’estrazione del rapporto λ0 /lKT0 . dove γlKT ≈ 0.7. É interessante perciò ricavare il metodo generalizzando le dipendenze dalla temperatura. µ 0 ∝ T γµ 0 vth ∝ T γvth lKT ∝ T γlKT (2.56) Dalle (2.56) si può ricavare la dipendenza dalla temperatura del libero cammino medio λ come VT H µ0 λ∝ ∝ T (1+γµ0 −γvth ) = T γλ (2.57) vth Per trovare l’espressione del rapporto incrementale di eq. (2.51) si va a valutare la derivata rispetto alla temperatura dell’espressione della corrente di eq. (2.50) ovvero 1 ∂ID W ∂T h ∂vth T = −Cef f vth ∂V ∂T + Cef f (VGS − VT ) ∂T +Cef f (VGS − ∂ VT ) vth ∂T λ lKT 2+ l λ KT i λ lkT 2+ l λ KT + (2.58) Tenendo presente le (2.56) è possibile trovare le derivate rispetto alla temperatura presenti nell’equazione (2.58). Infatti partendo dalle derivate T γλ ∂λ λ λ = λ0 =⇒ = γλ T ∂T T 0 γl KT ∂lKT lKT T lKT0 =⇒ = γlKT lKT = T ∂T T 0 γv th T ∂vth vth vth0 =⇒ = γvth vth = T0 ∂T T 25 (2.59) si può ricavare il valore della derivata ∂ ∂T λ lKT 1 ∂λ λ ∂lKT − 2 lKT ∂T lKT ∂T γlKT λ lKT γλ λ − 2 lKT T lKT T λ (γλ − γlKT ) lKT · T = = = (2.60) con la quale è possibile esprimere il termine presente alla fine dell’equazione 2.58) ∂ ∂T λ lKT 2+ λ lKT ! = = = = ∂ 1 λ ∂T 2 + lKT λ lKT lKT 2+ λ lKT 2 T λ lKT − 2+ 2+ λ lKT λ lKT λ ∂ 2 ∂T lKT 2 2+ λ lKT 1 2+ λ lKT 2 γλ − γlKT T (γλ − γlKT ) λ lKT 2 (γλ − γlKT ) 1 (γλ − γlKT ) − λ 2 + lKT λ 2 lKT λ 2+ T λ lKT ! (2.61) Riprendendo quindi la (2.58) è possibile arrivare all’espressione della derivata della corrente rispetto alla temperatura 1 ∂ID = Cef f (VGS − VT ) vth W ∂T λ lKT 2+ λ lKT !" −η γv 2 (γλ − γlKT ) + th + VGS − VT T 2+ λ T lKT # (2.62) Come si può vedere il fattore fuori dalle parentesi quadre della (2.58) altro non è che l’espressione della corrente vista in equazione (2.50). Questo rende immediato scrivere il rapporto incrementale α calcolato in T 0 come ∆ID α= ∆T · ID0 = 2 (γλ − γlKT ) 1 η γvth + − λ 0 T0 VGS − VT0 2 + lKT 0 = 2 (1 + γµ0 − γvth − γlKT ) 1 η γvth + − λ 0 T0 VGS − VT0 2+ l KT0 (2.63) Essendo il rapporto λ0 /lKT0 l’incognita del problema, possiamo esplicitarne l’espressione λ0 −2 (1 + γµ0 − γvth − γlKT ) = −2 (2.64) η lKT0 γv − α + T0 VGS −VT0 th 26 Si può facilmente verificare che sostituendo le dipendenze delle (2.52) in (2.64) ovvero ponendo γµ0 = −1.5, γvth = 0.5 e γlKT = 1 si può riottenere l’equazione (2.54). Se esprimiamo Q IN V come: QIN V = Cef f (VGS − VT ) (2.65) allora, data la definizione di η: η= ∆VT ∂VT = ∂T ∆T (2.66) si ha ∆QIN V ∆T ∆QIN V ∆T · QIN V ∆VT η ∆VT 1 Cef f ; − =− ∆T VGS − VT ∆T VGS − VT 1 1 ∆QIN V ∆VT =− (2.67) ∆T Cef f (VGS − VT ) ∆T VGS − VT = − = e quindi: ∆QIN V η =− VGS − VT ∆T · QIN V (2.68) Tramite la (2.68) è possibile riscrivere la (2.64) come λ0 lKT0 = −2 (1 + γµ0 − γvth − γlKT ) γvth − ∆ID ∆T ·ID0 27 − ∆QIN V ∆T ·QIN V0 T0 −2 (2.69) 28 Capitolo 3 Simulatore Monte Carlo In questo capitolo, partendo da una breve trattazione dell’equazione del trasporto di Boltzmann, viene introdotto il metodo Monte Carlo. Si passa in seguito ad una breve descrizione del simulatore utilizzato. 3.1 L’equazione del trasporto di Boltzman La risoluzione completa del funzionamento di un dispositivo corrisponde a sapere, per ogni particella presente, la posizione e la sua quantità di moto. Se la particella si comporta secondo la fisica classica, essa deve sottostare alle equazioni di Newton che sono dpi = (−q)F + R(r, p, t) dt dri = vi (t) dt (3.1) (3.2) dove pi (t) è la quantità di moto, r la posizione e R(r, p, t) è la forza casuale dovuta a impurità o vibrazioni reticolari. La soluzione del problema per ogni portatore è tanto impraticabile quanto poco utile, risulta infatti più conveniente descrivere la probabilità con cui possiamo trovare una particella in un determinato punto, con una certa quantità di moto ad un certo istante. Questa probabilità prende il nome di funzione di distribuzione f (r, p, t). La funzione di distribuzione altro non è che la soluzione dell’equazione di Boltzmann e può essere utilizzata per ottenere varie grandezze macroscopiche come la distribuzione di carica e la corrente. All’equilibrio, situazione in cui il gas elettronico ha un moto browniano a velocità media nulla, ovvero in cui lo scambio di energia tra reticolo e gas elettronico si equipara in entrambi i versi, la distribuzione è la funzione di Fermi-Dirac 1 f0 (p) = (3.3) [E ( r , 1 + e C p)−EF ]/KTL 29 dove EF è il livello di Fermi, TL è la temperatura del reticolo e EC (r, p) = EC0 (r) + E(p) (3.4) dove EC0 (r) è la somma delle energie potenziali delle cariche, e E(p) è la somma delle energie cinetiche. Se assumiamo le bande di energia sferiche e paraboliche, ovvero nel caso in cui valga E(p) = p 2 /2m∗ , per un semiconduttore non degenere la (3.3) può essere ben approssimata con una funzione Maxwelliana 2 ∗ f0 (p) = e[EF −EC (r,p)] × e−p /2m KTL (3.5) Da figura 3.1 si può vedere come la velocità media della distribuzione sia nulla; condizione tipica, appunto, di un moto browniano. f(p) p Figura 3.1: Andamento della distribuzione Maxwelliana f 0 Nel caso di non equilibrio la funzione di distribuzione non è più esprimibile tramite l’equazione (3.5). Per molti casi è possibile approssimare la distribuzione come una maxwelliana traslata, ovvero come una maxwelliana che abbia velocità media non più nulla. Comunque queste approssimazioni possono valere per piccoli discostamenti dall’equilibrio. Quando siamo molto fuori dall’equilibrio, ovvero in casi in cui la temperatura del reticolo cristallino è molto minore della temperatura delle cariche a causa di alti campi, la forma delle distribuzioni non è più approssimabile tramite delle maxwelliane e si rende necessaria la soluzione completa dell’equazione del trasporto di Boltzmann. Come detto la funzione di distribuzione ci dà la probabilità di trovare in un determinato istante una particella in un determinato punto r con 30 una determinata quantità di moto p. L’equazione di Boltzmann descrive il modo in cui la funzione di distribuzione cambia nel tempo e nello spazio. L’equazione di Boltzmann è di fatto un’equazione di continuità nello spazio delle fasi che ha sei dimensioni: tre per la posizione e tre per la quantità di moto (vedi figura 3.2). Considerando la posizione e la quantità di moto Figura 3.2: Raffigurazione della cella infinitesima nello spazio (r, p). [4] monodimensionale, per semplicità, si prende in esame un infinitesimo di spazio δS = δpδr. In un infinitesimo temporale δt si va a vedere cosa succede. Come si può vedere anche in figura 3.2 abbiamo un flusso entrante ed uno uscente in entrambe le dimensioni. Inoltre c’è un termine di generazione dovuto allo scattering. La conservazione della carica richiede dunque δf δrδp = [f (r) − f (r + δr)] vδtδp + [f (p) − f (p + δp)] F orce δtδr ∂f (3.6) + δtδrδp ∂t coll dove Force = ∂p/∂t è la forza applicata e v = ∂r/∂t è la velocità. La (3.6) può essere riscritta raccogliendo il termine δrδpδt e facendo tendere a zero i tre infinitesimi come ∂f ∂f ∂f ∂f . +v + Force = ∂t ∂r ∂p ∂t coll 31 (3.7) Questa altro non è che l’equazione di Boltzmann monodimensionale, che in sei dimensioni diventa ∂f ∂f + v · ∇r f + Force · ∇p f = ∂t ∂t coll (3.8) dove v è la velocità delle particelle che in generale vale v = ∇ p E(p) (che si semplifica in v = p/m∗ solo per una struttura a bande parabolica ovvero per E(p) = p2 /(2m∗ )). Nella (3.8) si può distinguere il termini di generazionericombinazione dovuta agli eventi di scattering. A rigore esso è espresso tramite la X X ∂f = f (p’) [1 − f (p)] S(p’, p) − f (p) [1 − f (p’)] S(p, p’) (3.9) ∂t coll p’ p’ dove il termine [1 − f (p)] indica la probabilità che lo stato p sia occupato. Per semiconduttori non degeneri tale probabilità è prossima all’unità essendo f (p) molto piccola rispetto ad uno. Pertanto la (3.9) può essere riscritta come X X ∂f f (p)S(p, p’) (3.10) f (p’)S(p’, p) − = ∂t coll p’ p’ Si può dimostrare [4] che per bassi campi applicati il termine di generazionericombinazione può essere approssimato mediante il metodo del tempo si rilassamento come (f − f0 ) ∂f = (3.11) ∂t coll τf dove τf è il tempo caratteristico che descrive in che modo la funzione di distribuzione tende a tornare alla Maxwelliana di equilibrio f 0 . 3.2 Simulazioni Monte Carlo Nella sezione 3.1 è stata introdotta l’equazione del trasporto di Boltzmann ovvero la BTE. La sua soluzione però è molto difficile dal punto di vista matematico. Una soluzione numerica può essere ottenuta simulando il comportamento delle particelle responsabili del flusso di carica, cioè studiando le traiettorie di ognuna di esse all’interno del dispositivo in esame. Queste traiettorie sono il risultato del campo elettrico applicato e degli eventi di scattering. Questo metodo di simulazione numerica prende il nome di tecnica Monte Carlo. Se il numero di traiettorie simulate e quindi di particelle è abbastanza elevato si riesce a rappresentare il comportamento delle cariche all’interno di un dispositivo reale. Grazie a questo tipo di simulazioni si sono costruite la maggior parte delle conoscenze riguardo il trasporto ad alti campi elettrici. 32 3.2.1 Simulazione del moto di una particella Il comportamento di una particella si può riassumere in due distinte fasi, quella dello scattering e quella del volo libero tra due eventi di scattering successivi. In figura 3.3(a) è rappresentato il tipico percorso di una particella. Come si può vedere il volo libero è interrotto dagli eventi di scattering, che vengono considerati istantanei. Figura 3.3: (a)Rappresentazione della traiettoria nel piano (x, z) con campo elettrico presente in direzione −x. (b)Andamento della quantità di moto lungo x. [4] Ogni evento di scattering cambia istantaneamente la quantità di moto della particella ma non la sua posizione, vedi figura 3.3(b). Infatti, se il cambiamento di posizione durante una collisione è ∆r = v∆t e ipotizziamo la collisione istantanea (∆t = 0), va da sè che il cambiamento di posizione è nullo. La frequenza di questi eventi è data dallo scattering rate, che altro non è che una frequenza dipendente dall’energia ovvero dalla quantità di moto. Esso dipende dai vari meccanismi di scattering di cui si tiene conto e 33 si può scrivere come Γ(p) = nsc X i=1 1 τi (p) (3.12) dove τi (p)−1 è lo scattering rate dei nsc meccanismi di scattering, che dipendono a loro volta dall’energia ovvero dalla quantità di moto p. In figura 3.4(a) viene riportato un esempio dell’andamento dello scattering rate al variare dell’energia E; in figura 3.4(b), i contributi dei vari meccanismi di scattering. In questo caso ne vengono considerati quattro. Durante la fase Figura 3.4: (a) Andamento dello scattering rate al variare dell’energia. (b) Andamento dei vari contributi allo scattering rate al variare dell’energia: 1 = fononi acustici, 2 = assorbimento fononi ottici, 3 = emissione fononi ottici, 4 = impurità ionizzate [4] di volo libero il momento della particella cambia secondo l’equazione Force = ∂p = (−q) F ∂t (3.13) e la sua posizione secondo r(t) = r(0) + Z t v(u)du (3.14) 0 Supponendo ad esempio che la particella si muova in presenza del solo campo Fx in direzione x. Le (3.13) e (3.14) possono essere riscritte per ogni componente come px (t) = px (0) + (−q)Fx t py (t) = py (0) pz (t) = pz (0) px (0) (−q)Fx 2 E(t) − E(0) t+ t = x(0) + m∗ 2m∗ (−q)Fx py (0) y(t) = y(0) + t m∗ pz (0) z(t) = z(0) + t m∗ (3.15) x(t) = x(0) + (3.16) dove si sono ipotizzate delle bande paraboliche di energia con E(t) = p(t) 2 /(2m∗ ), E(t) = p(0)2 /(2m∗ ) ed un campo elettrico costante lungo il volo libero. 34 Per simulare un volo libero ed un successivo evento di scattering si genera una successione di quattro numeri casuali. Il primo di essi determina la durata del volo, il secondo determina il meccanismo di scattering tra quelli considerati e gli ultimi due servono per la determinazione della direzione del volo dopo lo scattering. L’algoritmo viene schematizzato in figura 3.5. Figura 3.5: Algoritmo Monte Carlo. Per quanto riguarda lo scattering rate Γ(p) dalla (3.12) non si deduce nessuna dipendenza dal tempo. Si vede una dipendenza dalla sola energia, ma la (3.13) descrive l’incremento di quantità di moto nel tempo. Ne deriva che anche lo scattering rate è dipendente dal tempo. Questa dipendenza viene tenuta in considerazione mediante un artificio, ovvero mediante il cosiddetto self scattering. In breve, si massimizza lo scattering rate e lo si rende costante in energia ponendo Γ(p) = Γ0 = nsc X i=1 1 τi (p) (3.17) Ad ogni evento di scattering, che ora avverrà mediamente più frequentemente rispetto a quanto previsto dagli scattering rate di equazione (3.12), viene estratto un numero casuale. Se tale numero corrisponde al self-scattering non avremo alcun evento di scattering, cioè si è trattato di uno scattering fittizio che non cambierà la quantità di moto della nostra particella. In figura 3.6 viene schematizzato tale meccanismo. Si può vedere che la probabilità di avere un self-scattering decresce nel tempo ovvero nell’energia in quanto vale 1 τnsc +1 3.3 = Γself (p) = Γ0 − Γ(p) (3.18) Quantizzazione verticale in strutture MOS Denominiamo con direzione verticale la direzione ortogonale allo strato di ossido di silicio. Nei dispositivi nMOS, per ottenere lo strato invertito di carica necessario al normale funzionamento è indispensabile applicare al terminale di gate una tensione superiore alla tensione si soglia. In tale circostanza, nei dispositivi odierni in cui lo scaling è molto spinto, si forma una buca di potenziale molto stretta che produce fenomeni quantistici. Quando la buca di potenziale diventa sufficientemente stretta, il gas diventa 2DEG in quanto i portatori sono liberi di muoversi nel piano del trasporto ma confinati in direzione verticale. In questo caso quindi è necessario risolvere l’equazione 35 Figura 3.6: Rappresentazione del self-scattering. Ad ogni evento di scattering si estrae un numero casuale e se tale numero corrisponde al self-scattering lo scattering non avviene, ma sarà solo fittizio, senza cambiare lo stato della particella. [4] di Schrödinger h̄2 − 2 1 ∂ξ(r) 1 ∂ξ(r) 1 ∂ξ(r) + ∗ + ∗ ∗ 2 2 mx ∂x my ∂y mz ∂z 2 ! + U (y)ξ(r) = (E − EC ) ξ(r) (3.19) dove ξ(r) = ξ(x, y, z) è la funzione di inviluppo e nel caso in questione si può scrivere come ξ(x, y, z) = ψ(y)ei(kx x+kz z) (3.20) L’equazione (3.20) riassume la natura 2DEG del gas elettronico in quanto si può distinguere una parte libera nel piano (x,z) con un comportamento di onda piana e una parte che segue l’equazione di Schrödinger monodimensionale − h̄2 ∂ 2 ψ(y) + U (y)ψ(y) = E⊥ ψ(y) 2m∗y ∂y 2 (3.21) Come si può vedere, per ottenere l’equazione (3.21), l’energia è stata divisa in due contributi: la E// parallela al piano (x,z) e l’autovalore E ⊥ prodotto dal confinamento verticale: E = E⊥ + E// h̄2 = E⊥ + 2 kz2 kx2 + m∗x m∗z ! (3.22) Il contributo E// è continuo essendo l’energia di un gas libero. Il contributo E⊥ invece è discretizzato analogamente da come accadrebbe per una buca di 36 potenziale rettangolare di larghezza L con potenziale infinito, i cui autovalori sono noti in modo analitico e valgono: E⊥,rect,n = h2 n2 h̄2 2 k = y,n 2m∗y 8m∗y L2 (3.23) Andando a vedere la struttura della banda di conduzione del silicio h100i possiamo vedere che si possono distinguere due tipi di sottobande. Ci sono quelle relative alle due valli longitudinali alla direzione di quantizzazione, indicate con ∆2 e le quattro trasversali, indicate con ∆4. Avendo m ∗y,∆2 = 0.916m0 e m∗y,∆4 = 0.19m0 , dove m0 è la massa dell’elettrone nel vuoto, guardando la (3.23) ci si aspetta che le sottobande corrispondenti a ∆2 abbiano energie più basse, mentre quelle corrispondenti a ∆4 energie superiori. Le prime bande vengono anche denominate unprimed, mentre le seconde primed. −0.1 V [eV] CB(y) −0.3 Unprimed (1 subband) Primed (2 subbands) −0.5 −0.7 −1.0 0.0 1.0 y [nm] 2.0 3.0 4.0 Figura 3.7: Rappresentazione delle sottobande nella buca di potenziale a forma triangolare tipica di un MOS. Si possono distinguere cinque sottobande unprimed con linea continua e cinque bande primed doppie con linea tratteggiata. In figura 3.7, relativa alla struttura della banda di conduzione di un MOS nello strato di inversione, si vede infatti che la prima sottobanda è unprimed, le seconda, a notevole distanza energetica, è primed, e la terza, quasi attaccata alla seconda, è nuovamente unprimed. 3.4 Simulatore CoSMOS2D Il simulatore Monte Carlo utilizzato è quello realizzato dal gruppo di microelettronica dell’Università degli studi di Udine. Si basa sullo studio del 37 comportamento delle particelle di un gas 2D. Trattare gli elettroni come un gas 2D è necessario nei dispositivi decananometrici odierni in quanto lo strato invertito di particelle, che si viene a formare in seguito all’applicazione di una tensione di bias al gate superiore alla tensione di soglia, è confinato in una buca di potenziale come già trattato nella sezione 3.3. Per un dispositivo SOI DG, ad esempio, possiamo ottenere un profilo di banda di conduzione come quello di figura 3.8. Guardando la banda di conduzione discretizzata Figura 3.8: Tipica struttura a bande per un dispositivo SOI DG. [33] si nota che gli elettroni non risiedono nel fondo della banda di conduzione ma in una delle sottobande discretizzate. Nel caso di orientazione h100i ci si trova di fronte a due tipi di sottobande, quelle corrispondenti alle due ellissi in direzione ŷ e quelle corrispondenti alle quattro ellissi in direzione x̂ e ẑ. A seconda di quale sottobanda venga occupata da una particella, la massa di quest’ultima cambierà. Il funzionamento del simulatore è schematizzato in figura (3.9). L’idea alla base del simulatore è quella di simulare un dispositivo bidimensionale operando delle sezioni nella direzione da source a drain. Per ognuna di queste sezioni s viene innanzitutto risolta l’equazione di Schrödingher (3.24), per trovare localmente la struttura a bande, ! h̄2 ∂ 2 − qφs (y) ψs,v,i = Es,v,i ψs,v,i 2m∗y ∂y 2 (3.24) La banda discretizzata di conduzione sarà rappresentata da un set di autovalori Es,v,i e da un set di autofunzioni ψs,v,i dove v è l’indice delle valli. Nella computazione si fa l’ipotesi semplificativa che il potenziale non sia dipendente dal potenziale delle fette vicine in direzione x̂ e che il potenziale sia indipendente da z (ovvero nella direzione della larghezza del dispositivo). Con questa ipotesi prendiamo ogni fetta come se appartenesse ad un dispositivo di lunghezza infinita. Con le autofunzioni ψ s,v,i (y) e gli autovalori Es,v,i 38 Equazione di Poisson Concentrazione di carica n(y) Potenziale V(y) Monte Carlo Equazione di Shrodinger Autofunzioni, Autovalori Φ v,i(y), E v,i Scattering Rates Teoria scattering in gas 2D Figura 3.9: simulatore Schema riassuntivo dell’algoritmo di funzionamento del vengono computati gli scattering rate per ogni sezione. Con gli scattering rate e la soluzione dell’equazione di Schrödinger è possibile far partire la routine Monte Carlo simulando il trasporto di un certo numero di elettroni nel dispositivo. Essi si muovono soggetti al campo elettrico efficace Fs,v,i = − Es+1,v,i − Es,v,i d Es,v,i = − dx xs+1 − xs (3.25) dove xs è la coordinata x della sezione s. Gli scattering avvengono tra valli e sottobande in accordo con gli scattering rate. Seguendo questo comportamento e il potenziale φ(y) la routine riesce a popolare le varie sottobande. Dopo un transitorio iniziale, il Monte Carlo inizia a computare, ad intervalli di tempo prefissati, la media delle popolazioni elettroniche per ogni sottobanda, per ogni valle, in ogni sezione. Queste statistiche vengono chiamate statistiche cumulative. Con esse è possibile computare la densità elettronica nel dispositivo come ns (y) = X X Ns,v,i v Ns i |ψs,v,i (y)|2 (3.26) dove Ns = XX v Ns,v,i (3.27) i è la totale carica per ogni sezione. Avendo ottenuto la distribuzione della carica n(xs , y) dove n(xs , y) = ns (y) è possibile risolvere l’equazione di Poisson q ∇2 φ = − [p − n + NA − ND ] (3.28) 39 dove NA e ND sono la concentrazione dei droganti. Al fine di calcolare in modo auto-consistente n e φ dobbiamo iterare n (k+1) che è soluzione della routine Monte Carlo su base di φ(k) , e φ(k+1) che è la soluzione dell’equazione di Poisson su base di n(k) ovvero ∇2 φ(k+1) q =− φ(k+1) − φ(k) −n(k) exp q KT ! + NA − ND ! (3.29) La struttura dell’algoritmo del simulatore, come si può vedere da figura 3.9, è ciclica, funziona quindi ad iterazioni successive. Se ne deduce che ogni simulazione avrà bisogno di un certo tempo di assestamento prima di poter essere considerata terminata. Inoltre si dovrà partire da una soluzione iniziale. Questo simulatore infatti è stato scritto in modo tale da riuscire a prendere come soluzione iniziale la soluzione data dal simulatore ISEDessis. Esso è un simulatore Drift-Diffusion con implementate correzioni quantistiche. Da esso quindi abbiamo la soluzione iniziale del potenziale, della concentrazione di carica, dei profili di doping e della geometria del dispositivo. 3.4.1 Meccanismi di scattering in CoSMOS Come visto già in questo capitolo, vedi sezione 3.2.1, nell’approssimazione di trasporto semiclassico, il movimento delle particelle consiste in voli liberi interrotti da eventi di scattering istantantanei. All’evento di scattering corrisponde un cambiamento di vettore d’onda, di sottobanda o di valle per un elettrone, causata dall’iterazione di questo con un potenziale di scattering. I vari tipi di scattering implementati sono con impurezze, vibrazioni reticolari, interfaccia ossido/silicio, difetti del cristallo, altre cariche, e per ognuna di esse c’è un potenziale di scattering. I meccanismi di scattering possono essere classificati secondo diverse tipologie: • Elastici o Inelastici: nel primo l’energia iniziale e finale della particella è la stessa, nel secondo la particella perde o guadagna energia. • Isotropo o Anisotropo: nel primo il meccanismo di scattering agisce in modo uguale per ogni direzione del vettore d’onda, nel secondo invece ne dipende. • Intervalle o Intravalle: nel primo il potenziale di scattering può alterare il vettore d’onda della particella in modo tale da produrre il cambio della valle di appartenenza. Nel secondo caso non produce un cambio di valle. • Itravalle Intersottobanda o Intravalle Itrasottobanda: in questo caso è la sottobanda che può o non può essere cambiata rispettivamente. Lo stato di una particella è caratterizzata da 40 • il suo vetore k nel piano kx − ky • l’indice della valle in cui risiede, v • l’indice della sottobanda, i Quindi possiamo indicare tale stato come s(k, v, i). Una volta che abbiamo identificato il meccanismo di scattering m e il suo potenziale di scattering Um (r) è possibile ricavare il transition rate T R m (s, s’), che è la probabilità per unità di tempo che l’elettrone passi istantaneamente dallo stato s allo stato s’. Per motivi computazionali, il simulatore MC non può lavorare con i transition rate. In primo luogo procede alla determinazione dello scattering rate integrando il trasition rate per ogni stato successivo e per ogni meccanismo di scattering. SRm (s) = X T Rm (s, s’) (3.30) s’,m Lo scattering rate, come si può intuire, è quindi la probabilità per unità di tempo che un elettrone nello stato s passi in uno stato qualsiasi a causa di un meccanismo di scattering qualsiasi. É questa la probabilità per unità di tempo con cui si devono interrompere i voli liberi delle particelle. Quando l’evento di scattering avviene è poi necessario individuare quale meccanismo ha avuto luogo, anche per poi determinare lo stato finale dell’elettrone. Per fare questo ci si serve di SRm (s) (3.31) pm (s) = SR(s) P P dove SR(s) = m SRm (s) e per ovvi motivi m pm (s) = 1. Si può quindi determinare il meccanismo di scattering dall’estrazione di un numero casuale tra 0 e 1. Analogamente è possibile determinare la valle finale, qualora lo scattering sia intervalle, e la sottobanda finale. Per il vettore d’onda finale la questione è un po’ più complessa in quanto si deve imporre la conservazione dell’energia e della quantità di moto. Il calcolo della quantità di moto finale dipende dal tipo di meccanismo di scattering, ovvero dal fatto che esso sia isotropo o anisotropo. Nel caso di meccanismo isotropo i vincoli sono posti solo sul modulo del vettore d’onda, mentre la direzione finale è incorrelata alla direzione iniziale. Contrariamente per il caso anisotropo c’è correlazione tra le due direzioni. Tornando alla determinazione del transition rate sopra menzionata, per la sua computazione CoSMOS procede innanzitutto alla determinazione della matrice di scattering, ovvero ai suoi elementi. Per ognuno di essi si può scrivere 0 0 Hs0 ,s = s |Um (r)| s = Z eik·r e−ik ·r ψv∗0 ,i0 (y) √ Um (r)ψv,i (y) √ dydr A A (3.32) dove A è l’area di normalizzazione dell’autofunzione ψ v,i (y) che è riferita alla valle v e alla sottobanda i. Con l’ipotesi di scattering debole, ovvero 41 infrequente, è possibile applicare la Fermi’s Golden Rule per calcolare gli scattering rates. T Rm (s’, s) = 2 2π Hs’,s δ(Ev0 ,i0 (k’) − Ev,i (k) − ∆E) h̄ (3.33) dove la funzione δ proviene dall’ ipotesi di scattering debole [4]. In questo modo T Rm è dipendente dal quadrato dell’elemento della matrice di scattering e la conservazione dell’energia è imposta all’evento di scattering. Successivamente si va a determinare lo scattering rate dallo stato iniziale SRm (s) = XXZ v0 T Rm (s, s’)dk’ (3.34) i0 A rigore in questo passaggio, nel integrale di (3.34), si dovrebbe tenere conto degli finali già occupati. L’integrale invece è fatto su tutti i possibili stati non badando alla loro occupazione. La degenerazione si implementa mediante il meccanismo di reiezione, dove lo scattering viene accettato o scartato sulla base del confronto di un numero casuale con la probabilità di occupazione dello stato finale. Il passo successivo alla determinazione di SR(s), e quindi dell’evento di scattering, è la determinazione dello stato finale. I meccanismi di scattering implementati in CoSMOS sono • Scattering fononico • Scattering con le asperità dell’interfaccia • Scattering con impurezze ionizzate • Scattering da irregolarità nello spessore t Si del silicio Di questi sono stati utilizzati solo i primi due, di cui di seguito si dà una breve descrizione. Scattering fononico Buona parte dello scattering in un semiconduttore avviene a causa delle vibrazioni del reticolo. Quando un atomo è spostato dalla sua posizione di equilibrio nel reticolo, le forze di legame tendono a riportarlo all’origine, cosicché esso tende ad oscillare attorno a tale posizione di equilibrio. Siccome queste onde si propagano attraverso un mezzo periodico quale è il reticolo, hanno proprietà molto simili alle onde di Bloch. In figura 3.10 si riporta la relazione di dispersione ω, la pulsazione, in funzione di β, il vettore d’onda, per le onde elastiche in un semiconduttore. In relazione alle valli si possono distinguere tre modi per le onde acustiche e tre modi per le onde ottiche; in entrambi i casi due modi sono trasversali e uno è longitudinale. Nella figura a fianco c’è l’approssimazione che viene effettuata. Infatti per i fononi 42 ω ω Longitudinali Trasversali ω = ω0 Ottici ω = vs β β Acustici β Figura 3.10: Relazione di dispersione per fononi. A destra è riportata l’approssimazione utilizzata. [4] acustici, per bassi valori di β, si effettua l’approssimazione ω(β) = v s β con vs la velocità del suono. Tale approssimazione è buona in quanto scattering di questo tipo comportano fononi con vettori d’onda vicini al centro della zona di Brillouin. Per i fononi ottici invece si effettua l’approssimazione ω(β) = ω0 . Fononi elastici Un elettrone che urta un fonone elastico può muoversi da una sottobanda ad un’altra se possiede sufficiente energia da per poter superare la distanza energetica tra le due sottobande, ma non può cambiare valle. Gli elementi della matrice di scattering si possono esprimere come 2 D 2 KT (v,v0 ) A 2 Fi,i0 Hs’,s C = |hs’ |Uac | si| = AC 2 ul ρA (3.35) dove DAC è il parametro conosciuto come potenziale di deformazione acustico, K è la costante di Boltzmann, T è la temperatura del reticolo, u l è la velocità longitudinale del suono, ρ è la densità del silicio e A è l’area di normalizzazione. Inoltre l’espressione non dipende dallo stato iniziale e finale, eccetto per il fattore di overlap (v,v 0 ) Fi,i0 = Z y1 y0 |ψi (y)|2 |ψi0 (y)|2 dy (3.36) dove ψi (y) è l’autofunzione della i-esima sottobanda, y 1 e y2 sono gli estremi del nostro dispositivo in direzione verticale. Fononi intervalle L’interazione con un fonone intervalle non è elastica. L’elettrone infatti 43 guadagna o perde una quantità di energia pari a h̄ω ph = KTP H , dove TP H è detta temperature del fonone e ωph frequenza angolare del fonone, a seconda che il fonone sia assorbito o emesso. Questo tipo di scattering è intervalle, ovvero l’elettrone cambia valle a seguito dell’evento di scattering. Gli elementi della matrice di scattering sono 2 h̄ 1 1 DOP (v,v 0 ) OP 2 gv,v0 NOP (h̄ωph ) + ∓ Fi,i0 Hs0 ,s = 2ρωph A 2 (3.37) 2 dove DOP è il potenziale di deformazione ottica, N OP (h̄ωph ) è il numero di fononi dato dalla statistica Bose-Einstein NOP (h̄ωph) = 1 exp h̄ωph KT (3.38) −1 e gv,v0 è il numero di valli disponibili. Andando a guardare la configurazione y y g−type x z f−type x z Figura 3.11: Rappresentazione dei due tipi di scattering intervalle. A sinistra è raffigurato il g-type e destra l’ f-type. delle valli, vedi figura 3.11 si possono distinguere due tipi di scattering intervalle. Infatti il salto può avvenire verso la valle speculare con la stessa orientazione o verso una delle quattro valli con differente orientazione. Nel primo caso si dice che siamo di fronte ad uno scattering di tipo g-type mentre nel secondo ad un f-type. Scattering con l’interfaccia Consiste nello scattering dell’elettrone con l’interfaccia tra silicio ed ossido di silicio. Questo è il principale fattore che degrada la mobilità dei dispositivi MOSFET rispetto alla mobilità del materiale bulk. Questo fenomeno è 44 tanto più forte tanto più è marcato il confinamento della carica. Il processo di crescita dell’ossido di silicio lascia inevitabilmente una superficie irregolare e ruvida e lascia quindi uno spessore di ossido t ox irregolare. Essendo il gate d’altro canto equipotenziale, questo fenomeno lascia delle irregolarità nel potenziale di confinamento lungo il canale. Il risultato è che il minimo della sottobanda è irregolare e queste irregolarità producono eventi di scattering. Il fenomeno cresce all’aumentare delle tensioni di gate, perchè si acuisce il confinamento dei portatori. Per dispositivi di tipo SOI questo fenomeno deve essere considerato in entrambe le interfacce. Il primo passo per la computazione dello scattering rate è di descrivere statisticamente la qualità dell’interfaccia. L’irregolarità è descritta da uno spettro di densità di potenza che è la trasformata di Fourier della funzione di auto-correlazione monodimensionale che descrive la ruvidezza dell’interfaccia nella direzione del trasporto. I parametri che regolano questo spettro sono ∆, ovvero la media r.m.s dell’ampiezza della irregolarità di interfaccia, e Λ, ovvero la media della sua variazione spaziale in direzione parallela all’interfaccia. Questo spettro può essere approssimato con una funzione gaussiana: " −Λ2 t2 SSR (t) = πΛ ∆ exp 4 2 2 o esponenziale SSR (t) = πΛ2 ∆2 # (3.39) 1 1+ Λ 2 t2 2 (3.40) 3/2 dove t = kx0 − kx . Questo meccanismo è elastico, quindi ha solo l’effetto di cambiare la direzione della particella. Inoltre esso è anisotropo, in quanto dipende da t ovvero dalla differenza tra la componente lungo il trasporto del vettore d’onda. Infatti lo scattering rate è computato dall’elemento di matrice: 2 S Hs,s0 R(q) = h̄4 dψ v,i (v) (v) dy y 4my my A int dψv0 ,i0 dy y 2 int SSR (q) (t)2 (3.41) dove (q) è la funzione dielettrica usata per lo screening, y int è il valore di y (v) all’interfaccia e my è la massa di quantizzazione della valle v-esima. Come si può notare l’elemento di matrice è fortemente dipendente dalla ripidità del potenziale all’interfaccia e dal prodotto ∆Λ e dalla derivata dell’autofunzione all’interfaccia. 3.4.2 Modello per i contatti Nel simulatore è possibile impostare quattro tipi di contatti, quindi quattro diverse condizioni al contorno. Le sezioni in cui sono specificate le condizioni al contorno sono x0 e xNx −1 , ovvero, rispettivamente, quella all’estrema sinistra del dispositivo e quella all’estrema destra del dispositivo. 45 • Bouncin.Questo è tipo di contatto più semplice. Esso si comporta come una parete perfettamente riflettente. Una particella che collide con tale contatto avrà un cambiamento nel segno della velocità perpendicolare (vedi figura 3.12). Device Sx contact Dx contact Figura 3.12: Contatto bouncing. • Looping.Con questo tipo di contatto una particella che raggiunge il contatto di sinistra viene reimmessa nel contatto di destra e viceversa (vedi figura 3.13). Ci sono due possibili modalità per la reimmissione della particella. Essa può essere reimmessa preservando il suo stato (ponendo FALSE il bit equilibriumContact) o può essere reimmessa in modo casuale in accordo con una distribuzione Maxwelliana ponendo il bit TRUE Device Sx contact Dx contact Figura 3.13: Contatto looping. • Equilibrium.Con questo tipo di contatti le due sezioni estreme si comportano come delle riserve di particelle in equilibrio isolate dal resto del dispositivo. Una particella che entra nel contatto viene distrutta (si veda figura 3.14(A)). Una particella che esce dal contatto ed entra nel dispositivo viene immediatamente duplicata e reimmessa dal contorno con lo stesso momento (si veda figura 3.14(B)). Una particella che raggiunge il contatto viene reimmessa dall’altro lato del contatto con lo stesso momento (si veda figura 3.14(C)). Con tali ac46 A B C 1 2 Figura 3.14: Contatto equilibrium. corgimenti il numero di particelle che stanno nei contatti resta sempre costante. Queste due sezioni producono un numero stabile di particelle iniettate. La corrente dipenderà dalla differenza tra il flusso che entra e quello che esce dal contatto. In questo tipo di contatto se il bit equilibriumContact viene posto FALSE si impone che all’interno del contatto il campo elettrico sia nullo, in modo tale da non cambiare l’energia delle particelle. • Asymmetrical.È una variante del caso Equilibrium. In questo caso il contatto di sinistra resta come nel caso Equilibrium mentre quello di destra diventa un contatto assorbente ideale. Ovvero tutte le particelle che raggiungono il contorno destro del dispositivo vengono distrutti e non vengono reimmessi (si veda figura 3.15). Device Sx contact Dx contact Figura 3.15: Contatto asymmetrical. 3.4.3 Descrizione dell’input file Il file di input del simulatore è formato da una sequenza di cards ovvero di parole chiave predefinite. Le cards sono sequenziali, quindi non possono essere annidate le une con le altre; il loro ordine non è importante. Alcune di esse inoltre possono essere ripetute. Ad ogni card segue una sequenza di parametri che descrivono le caratteristiche della simulazione. Ogni card deve terminare con un punto e virgola. Un esempio della card mesh è: 47 mesh meshfile = ‘‘SCHR1D/mesh.grid’’ solfile = ‘‘SCHR1D/sol.dat’’; in cui mesh è la card, meshfile e solfile sono i parametri della card e SCHR1D/mesh.grid e SCHR1D/sol.dat sono i valori assegnati a tali parametri. Di seguito si elencano le card presenti • mesh(unica).Specifica i files con la griglia e la soluzione proveniente da una simulazione effettuata con ISE-Dessis. Da questi files vengono letti i profili di doping, la composizione dei materiali, la struttura del dispositivo e una prima soluzione del profilo di potenziale. Viene utilizzata assieme alle card xmesh e ymesh. • xmesh e ymesh(ripetibili).Tramite esse è possibile specificare la griglia utilizzata dal simulatore. É possibile definire il numero di sezioni lungo le rispettive coordinate e le loro ampiezze. Le dimensioni e il sistema di riferimento da prendere sono gli stessi del simulatore ISE-Dessis • load1D(unica).É un alternativa all’uso delle prime tre. Con essa la soluzione degli autovalori e delle autofunzioni è letta direttamente dal simulatore SCHR1D. Il profilo di potenziale viene letto da un file di input in cui si specificano le sezioni e il loro potenziale. • valley(ripetibile).Specifica il modello da utilizzare per la struttura a bande del materiale. Si possono specificare il numero di valli, il loro relativo spostamento e la massa effettiva nelle direzioni x, y e z. • parameters(unico).Con essa si possono specificare i parametri unici per tutto il programma come la temperatura, il numero seed di generazione di numeri casuali, il fattore di non parabolicità etc. • schr(unico).Si specificano i parametri per il risolutore dell’equazione di Schrödinger. • contact(ripetibile).Specifica la posizione dei contatti per il solutore dell’equazione di Poisson. Viene utilizzato in concomitanza con la card mesh. • montecarlo(unico).Specifica i parametri della simulazione Monte Carlo. Si possono specificare il time-step, il numero di iterazioni, il numero di particelle da simulare, il tipo di contatti, se trovare o meno soluzioni auto-consistenti etc. • kcontrol(unico).Specifica i parametri per la discretizzazione angolare utilizzata per la computazione degli scattering nei meccanismi non isotropici. 48 • phonon(unico).Specifica i parametri dello scattering fononico. • roughness(unico).Specifica i parametri dello scattering con l’interfaccia. • impurities(unico).Specifica i parametri dello scattering con impurità ionizzate. • tsufluctations(unico).Specifica i parametri per lo scattering da fluttuazione dello spessore di silicio t Si • noscattering(ripetibile).Permette di attivare i meccanismi di scattering solo su determinate sezioni. Si rende utile nelle simulazioni in regime balistico e in casi in cui si voglia velocizzare le simulazioni, annullando lo scattering dove si reputa che esso non sia influente. • inspect(ripetibile).Salva in un file il diagramma a bande e il profilo di carica in direzione y delle sezioni specificate. • plot(unico).Specifica quali grandezze vadano scritte in formato PlotMTV o testo. Scrive direttamente le grandezze di ogni nodo della griglia specificata in xmesh e ymesh. 49 50 Capitolo 4 Simulazione della mobilità apparente in transistori decananometrici Questo capitolo inizia con la descrizione del metodo utilizzato per la misura della mobilità. Si passa in seguito allo studio del comportamento dei dispositivi considerando un’unica sottobanda. Si considera poi il caso strain e quello unstrain. Per finire si affronterà il comportamento della mobilità al variare della temperatura, argomento che crea peraltro un legame col capitolo successivo. 4.1 Estrazione della mobilità dalle simulazioni Come visto nella sezione 2.2 la mobilità viene determinata tramite la relazione sperimentale L gd (VG ) µ= (4.1) W qNs (VG ) lowf ield in condizione di bassissimi campi longitudinali. Con il simulatore Monte Carlo presentato nel capitolo 3 è possibile effettuare simulazioni per discutere il significato della mobilità apparente estratto in dispositivi di diverse lunghezza. 4.1.1 Mobilità apparente Nelle nostre simulazioni per mobilità apparente µ app intendiamo la mobilità misurata in dispositivi di diverse lunghezze usando per il source e drain dei contatti di tipo Equilibrium. In figura 4.1 è riportato lo schema esplicativo di queste simulazioni. 51 Fx E C(x) Source (equilibriumContact) Drain (equililbriumContact) Figura 4.1: Rappresentazione schematica della modalità di simulazioni della mobilità apparente 4.1.2 Mobilità di canale lungo Per mobilità di canale lungo µ0 intendiamo la mobilità caratteristica di un dispositivo lungo. Per simularla utilizziamo la modalità Looping ponendo questa volta i contatti non in equilibrio. In questo modo è possibile simulare dispositivi di lunghezza infinita. In figura 4.2 è riportato la schematizzazione di tale simulazione. La mobilità che se ne ricava è influenzata solo dai mecFx E C(x) Source (~equilibriumContact) Drain (~equililbriumContact) Looping ( L= ) Figura 4.2: Rappresentazione schematica della modalità di simulazione della mobilità di canale lungo canismi di scattering presenti e in quanto la mobilità balistica è ininfluente per lunghezze infinite. 52 4.2 Mobilità di singola sottobanda Questo tipo di studio ha valenza principalmente teorica in quanto esso è utile per verificare quanto affermato nella sezione 2.6. In quest’ultima si arriva all’espressione finale per la mobilità apparente −1 −1 µ−1 = (µ0 rLF )−1 app = µO + (µBAL,L L) (4.2) dove µ0 è la mobilità di canale lungo, µBAL,L è la mobilità balistica per unità di lunghezza, L la lunghezza di canale e r LF il coefficiente di riflessione di basso campo pari a L (4.3) rLF = L+λ dove λ è la lunghezza del libero cammino medio. Nel caso degenere l’espressione si complica in quanto entrano in gioco gli integrali di Fermi-Dirac. In tal caso diventa µ−1 app = µ−1 O + µBAL,L =− 1 (ηF ) 2 =0 (ηF ) L !−1 −1 = µ−1 = (µ0 rLF,deg )−1 O +(µBAL,L,DEG L) (4.4) con il coefficiente di riflessione che questa volta vale rLF,deg = L L + λ ==01(η(ηFF) ) (4.5) −2 Passiamo ora a fare una stima quantitativa della µ BAL,L nel caso non degenere. Come visto essa ha l’espressione µBAL,L = vth 2VT H (4.6) dove vth è la velocità termica. Nel caso in esame in cui consideriamo solo la prima sottobanda (first unprimed), abbiamo una massa efficace per l’elettrone m∗ = 0.19m0 . Quindi la velocità termica alla temperatura T = 300K sarà s m 2KT vT = ≈ 1.23 105 (4.7) ∗ πm s Sostituendo il valore della velocità termica nell’equazione (4.6) troviamo il valore della mobilità balistica per unità di lunghezza, ovvero µ BAL,L = 23.9 cm2 /(V s nm). Le simulazioni di estrazione della mobilità apparente sono state fatte al variare della lunghezza e per diverse tensioni di gate applicate, per verificare che la mobilità balistica per unità di lunghezza del caso non degenere non dipenda dalla tensione applicata e per vedere come quella del caso degenere risulti invece influenzata dalla degenerazione. Per queste simulazioni sono 53 stati utilizzati dei dispositivi MOS BULK con drogaggio di canale 2 × 10 16 e con contatti ideali, senza regioni di source e drain, per non dover tenere conto delle resistenze serie. Lo spessore di ossido t ox è di 3nm e si è utilizzato un ossido con r = 7.0. In figura 4.3 è presente lo schema del dispositivo utilizzato. Di seguito si riporta una tabella riassuntiva delle tensioni applicate gate oxide source tox = 3 nm drain substrato doping = 2e16 Figura 4.3: simulazioni. Schema del dispositivo BULK template utilizzato nelle con la relativa densità di inversione. In figura 4.4 si riportano le curve di VG [V ] 0.3 0.5 0.7 1.4 2.2 3.4 h i # N2D cm 2 1.13 × 1012 2.21 × 1012 3.37 × 1012 7.63 × 1012 12.67 × 1012 20.38 × 1012 Tabella 4.1: N2D alle varie tensioni VG utilizzate mobilità apparente ottenute. Si sono simulati i casi degeneri e non degeneri per le quattro tensioni indicate in tabella 4.1. Nelle simulazioni si è tenuto conto dello scattering fononico essendo esso il principale meccanismo. Si può notare come mano a mano che la tensione di gate V G si alza, la mobilità degenere differisce sempre di più dalla mobilità non degenere. Si nota inoltre che le curve hanno progressivamente una forma diversa. Questo fatto è dovuto dalla variazione della mobilità balistica per unità di lunghezza µBAL,L e sarà più chiaro osservando il grafico ottenuto con l’inverso delle mobilità apparenti. Dalla (4.2) e (4.4) si vede immediatamente che è possibile ricavare il valore della mobilità balistica per unità di lunghezza estraendo la pendenza dell’inverso della mobilità apparente al variare dell’inverso della lunghezza di 54 1190 VG=0.3 V, NON DEG VG=0.3 V, DEG VG=0.5 V, NON DEG VG=0.5 V, DEG VG=0.7 V, NON DEG VG=0.7 V, DEG VG=1.4 V, NON DEG VG=1.4 V, DEG VG=2.2 V, NON DEG VG=2.2 V, DEG VG=3.4 V, NON DEG VG=3.4 V, DEG 790 2 µapp [cm /(Vs)] 990 590 390 190 30 80 L [nm] 130 180 Figura 4.4: Mobilità apparenti in funzione della lunghezza di canale al variare delle tensioni di gate applicate (simboli). In continuo le curve relative ai casi non degeneri, in tratteggiato le curve in cui si è tenuto conto della degenerazione. Le mobilità di canale lungo µ 0 per i casi trattati sono: (VG = 0.3 V , NON DEG.): µ0 = 1562 cm2 /(V s), (VG = 0.3 V , DEG.): µ0 = 1548 cm2 /(V s); (VG = 0.5V , NON DEG.): µ0 = 1373 cm2 /(V s), (VG = 0.5 V , DEG.): µ0 = 1351 cm2 /(V s); (VG = 0.7 V , NON DEG.): µ0 = 1251 cm2 /(V s), (VG = 0.7 V , DEG.): µ0 = 1224 cm2 /(V s); (VG = 1.4 V , NON DEG.): µ0 = 1034 cm2 /(V s), (VG = 1.4 V , DEG.): µ0 = 981 cm2 /(V s); (VG = 2.2 V , NON DEG.): µ0 = 913 cm2 /(V s), (VG = 2.2 V , DEG.): µ0 = 840 cm2 /(V s); (VG = 3.4 V , NON DEG.): µ0 = 785 cm2 /(V s), (VG = 3.4 V , DEG.): µ0 = 715 cm2 /(V s). canale. Invece l’intercetta con l’asse delle ordinate fornisce il valore dell’inverso della mobilità di canale lungo µ 0 , come schematicamente indicato in figura 4.5. La figura 4.6 mostra appunto l’inverso della mobilità in funzione dell’inverso della lunghezza: la linearità dei dati è ottima. Si può notare che le rette dei casi non degeneri hanno la stessa pendenza. Ciò è corretto in quanto la mobilità balistica per unità di lunghezza non deve dipendere in questo caso dalla tensione applicata. Le rette invece che sono relative al caso degenere hanno pendenze diverse come si può notare nel grafico di figura 4.7. In questo caso, come da equazione 4.4, si può scrivere µBAL,L,DEG = vth =− 21 (ηF ) 2VT H =0 (ηF ) (4.8) dove il rapporto =− 1 (ηF )/=0 (ηF ) tra gli integrali di Fermi-Dirac esprime 2 la dipendenza dalla degenerazione. I valori estratti per le mobilità balistiche per unità di lunghezza sono riportati in tabella 4.2. Si può notare nel 55 −1 µ app −1 µ BAL,L µ 0 −1 L −1 Figura 4.5: Metodo di estrazione della mobilità balistica. Essa è la pendenza dell’inverso della mobilità apparente µ ef f al variare dell’inverso della lunghezza di canale. L’intercetta della retta con l’asse delle ordinate da il valore dell’inverso della mobilità di canale lungo. caso non degenere un andamento pressoché costante (a meno di modeste deviazioni). I valori del caso degenere, invece, sono fortemente variabili. Per la precisione sono decrescenti in quanto il rapporto = − 1 (ηF )/=0 (ηF ) è 2 decrescente all’aumentare di ηF ovvero all’aumentare della degenerazione. Essendo EF − E C ηF = (4.9) KT è possibile andare ad estrarre dalle simulazioni tale valore per poi trovare il rapporto =− 1 (ηF )/=0 (ηF ) mediante interpolazione. Tale rapporto può 2 essere confrontato con il rapporto µ BAL,L,DEG /µBAL,L per verificare quanto i risultati ottenuti siano consistenti al modello utilizzato. In tabella 4.3 si riassumono i risultati ottenuti. In figura 4.8 viene graficato questo confronto e si può vedere che il rapporto tra le due mobilità segue molto bene il rapporto teorico espresso tramite gli integrali di Fermi-Dirac. 56 VG=0.3 V, NON DEG VG=0.3 V, DEG VG=0.5 V, NON DEG VG=0.5 V, DEG VG=0.7 V, NON DEG VG=0.7 V, DEG VG=1.4 V, NON DEG VG=1.4 V, DEG VG=2.2 V, NON DEG VG=2.2 V, DEG VG=3.4 V, NON DEG VG=3.4 V, DEG 0.0025 −1 2 µapp [Vs/cm ] 0.0035 0.0015 0.0005 0.005 0.01 −1 0.015 0.02 −1 L [nm ] Figura 4.6: Andamento dell’inverso della mobilità apparenti al variare dell’inverso della lunghezza di canale per diverse tensioni di gate V G (diversi simboli). Per ogni tensione è raffigurato il caso degenere (linea tratteggiata) e il caso non degenere (linea continua). VG=0.3 V, DEG VG=0.5 V, DEG VG=0.7 V, DEG VG=1.4 V, DEG VG=2.2 V, DEG VG=3.4 V, DEG µ −1 app 2 [Vs/cm ] 0.0035 0.0025 0.0015 0.0005 0.005 0.01 −1 0.015 0.02 −1 L [nm ] Figura 4.7: Andamento dell’inverso della mobilità apparente al variare dell’inverso della lunghezza di canale per diverse tensioni di gate V G (diversi simboli). Sono riportati solo i casi degeneri per evidenziare le differenti pendenze. 57 VG [V ] 0.3 0.5 0.7 1.4 2.2 3.4 µBAL,L [cm2 /(V s nm)] 21.7 21.1 21.0 23.3 21.9 21.1 µBAL,L, DEG [cm2 /(V s nm)] 21.6 20.6 19.6 16.6 14.2 10.8 Tabella 4.2: Valore delle mobilità balistiche estratte dei casi non degeneri e degeneri per varie tensioni da gate applicate VG [V ] 0.3 0.5 0.7 1.4 2.2 3.4 ηF -1.14 -0.34 0.24 1.69 3.04 4.95 =− 1 (ηF )/=0 (ηF ) 2 0.94 0.89 0.85 0.71 0.60 0.50 µBAL,L,DEG /µBAL,L 0.99 0.98 0.93 0.71 0.65 0.51 Tabella 4.3: Risultati ottenuti estraendo η F dalle simulazioni, interpolandolo per trovare il valore =− 1 (ηF )/=0 (ηF ). Si confronta il risultato con il 2 rapporto µBAL,L,DEG /µBAL,L 58 12 1 N2D=1.13x10 12 N2D=2.21x10 12 N2D=3.36x10 0.8 µBAL,L, DEG/µBAL,L 12 N2D=7.63x10 12 N2D=12.67x10 0.6 N2D=20.38x10 0.4 0.2 −10 12 µBAL,L,DEG/µBAL,L F−1/2(ηF)/F0(ηF) 0 ηF 10 20 Figura 4.8: Confronto dei valori del rapporto tra le mobilità (simboli), con il rapporto teorico dato dal rapporto tra gli integrali di Fermi-Dirac =− 1 (ηF )/=0 (ηF ) (linea tratteggiata). I valori sono riportati in tabella 4.3. 2 59 4.3 Mobilità per dispositivi strain Dopo aver confermato il funzionamento della teoria della mobilità balistica per la singola sottobanda si è proceduto a studiare il comportamento della stessa nel caso di silicio strained ed unstrained. L’effetto dello strain è stato x x Primed Primed Unprimed Unprimed y y z z Strain Unstrain Figura 4.9: Schema delle valli energetiche nel caso unstrain e in quello strain. Si nota un abbassamento energetico delle valli unprimed. incluso nel simulatore per mezzo di un abbassamento energetico delle sottobande unprimed, che hanno una massa equivalente nel piano del trasporto inferiore (m∗ = 0.19m0 ), come si può vedere da figura 4.9. In questo modo vengono occupate prima le sottobande unprimed, con il risultato di una massa equivalente complessiva inferiore e quindi una mobilità maggiore. In figura 4.10 vengono riportati i diagrammi a bande dei due casi. Come si può notare le sottobande unprimed nel caso strain si sono notevolmente abbassate in energia. Per le simulazioni si è usato un dispositivo SOI DG, vedi figura 4.11 con tSi = 10.0 nm e una tox = 0.7 nm con dielettrico caratterizzato da r = 7.0 e doping di canale 1 × 1015 . La tensione applicata al gate è VG = 1.0 V . La procedura utilizzata per l’estrazione dei risultati è del tutto analoga a quella utilizzata nel caso della sezione 4.2. In figura 4.12 si riporta l’andamento della mobilità al variare della lunghezza di canale. Si noti come in generale la mobilità nel caso strain sia migliore; tuttavia al ridursi della lunghezza del dispositivo le due mobilità convergono. In figura 4.13 viene riportato l’andamento dell’inverso della mobilità apparente al variare dell’inverso della lunghezza di canale. In tabella 4.4 vengono riportati i risultati ottenuti estraendo le mobilità balistiche per unità di lunghezza. Dai valori estratti si noti come nel caso unstrain si abbia una riduzione del valore di µ BAL,L rispetto al limite teorico di singola sottobanda ricavato nella sezione 4.2. Tale riduzione è dovuta all’effetto della media su bande superiori aventi masse efficaci per il trasporto superiori. Il caso strain non degenere è più 60 Figura 4.10: Grafico delle sottobande per il caso unstrain e quello unstrain per il dispositivo SOI DG simulato. Top Gate Oxide Source t ox =0.7nm Channel Drain tSi =6.3nm Oxide Down Gate Figura 4.11: Rappresentazione del dispositivo SOI DG template utilizzato nelle simulazioni. vicino al limite teorico di singola sottobanda in quanto le sottobande di tipo primed sono spostate ad una energia più alta. 61 600 2 µapp [cm /(Vs)] 500 400 UNSTRAIN, NON DEG UNSTRAIN, DEG STRAIN, NON DEG STRAIN, DEG 300 200 7.5 57.5 L [nm] 107.5 157.5 Figura 4.12: Mobilità apparenti per dispositivo SOI DG in funzione della lunghezza di canale per una tensione applicata di V G = 1.0 V . In continuo le curve relative ai casi non degeneri, in tratteggiato le curve in cui si è tenuto conto della degenerazione. Le mobilità di canale lungo per i casi trattati sono: (UNSTRAIN, NON DEG.): µ0 = 602 cm2 /(V s), (UNSTRAIN, DEG.): µ0 = 513 cm2 /(V s), (STRAIN, NON DEG.): µ0 = 726 cm2 /(V s), (STRAIN, DEG.): µ0 = 636 cm2 /(V s). MODE U N ST RAIN N ON DEG U N ST RAIN DEG ST RAIN N ON DEG ST RAIN DEG µBAL,L [cm2 /(V s nm)] 17.1 17.3 22.8 17.7 Tabella 4.4: Tabella riassuntiva delle mobilità balistiche per unità di lunghezza estratte. 62 0.0044 2 µapp [Vs/cm ] 0.0034 −1 0.0024 UNSTRAIN, NON DEG UNSTRAIN, DEG STRAIN, NON DEG STRAIN, DEG 0.0014 0.0004 0 0.01 −1 0.02 −1 L [nm ] 0.03 0.04 Figura 4.13: Inverso delle mobilità apparenti per dispositivo SOI DG in funzione della lunghezza di canale per una tensione applicata di V G = 1.0 V . In continuo le curve relative ai casi non degeneri, in tratteggiato le curve in cui si è tenuto conto della degenerazione. Si noti come la curva relativa al caso non degenere strain abbia una pendenza leggermente inferiore ovvero una mobilità balistica per unità di lunghezza maggiore. 63 4.4 Mobilità al variare della temperatura Nella presente sezione si analizza il comportamento della mobilità apparente al variare della temperatura. Essendo, come visto, −1 −1 µ−1 app = µO + (µBAL,L L) (4.10) l’andamento in temperatura della mobilità apparente sarà il risultato della combinazione degli andamenti in temperatura delle due componenti, ovvero della mobilità di canale lungo e della mobilità balistica. Ovviamente quanto più il dispositivo è lungo tanto più il suo comportamento è vicino a quello della mobilità di canale lungo, quanto più è corto, tanto più mostrerà un comportamento dettato dalla mobilità balistica. Essendo infatti vth = T T0 γv th vth,T0 (4.11) si hanno le dipendenze vth → µBAL,L ∝ T (γvth −1) 2VT H γµ 0 T µ0 = µ0,T0 → µ0 ∝ T γµ0 300K µBAL,L = (4.12) In figura 4.14 si graficano gli andamenti teorici della mobilità apparente normalizzata al variare della temperatura, per varie lunghezze di canale, ed in scale logaritmiche per far notare come abbiano pendenze sempre minori al decrescere della lunghezza. Si sono ipotizzati µ 0,T0 = 900 cm2 /(V s), γµ0 = −1.6, vth = 1.2 105 m/s e γvt h = 0.4. Per verificare il comportamento previsto analiticamente sono state effettuate delle simulazioni Monte Carlo per diverse lunghezze al variare della temperatura. Il dispositivo utilizzato è lo stesso SOI DG utilizzato nella sezione 4.3 con tensione di gate applicata di VG = 1.1 V . In figura 4.15 sono riportati gli andamenti in funzione della temperatura per dispositivi di lunghezza L G = 45, 90 e 180 nm. É stato simulato anche il dispositivo in modalità looping per avere la mobilità di canale lungo. Si può apprezzare una leggera diminuzione di pendenza al tendere del dispositivo al caso balistico. In tabella 4.5 vengono riportate le pendenze delle rette in scala logaritmica. Tale pendenza corrisponde a γ µapp dove γµapp T (4.13) µapp = µapp,T0 300K I valori trovati sono congruenti con γ vth = 0.4 che è stato estratto dalle simulazioni. Con tale valore è immediato trovare γ µBAL,L = −0.6 che è la minima pendenza che si riscontrerebbe per lunghezze di canale infinitamente piccole. I valori trovati per i dispositivi di lunghezza finita infatti sono compresi tra -1.6 e -0.6. 64 0.28 L=INF L=1 µm L=180 nm L=90 nm L=45 nm L=4 nm L=0 (ballistic) 0 log10(µapp/µapp,T ) 0.18 0.08 −0.02 −0.12 −0.22 2.27 2.37 2.47 log10(T) [K] 2.57 Figura 4.14: Andamento analitico della mobilità apparente al variare della temperatura. La mobilità apparente è normalizzata al suo valore a T 0 = 300K. Le scale sono logaritmiche. LG [nm] 27 45 90 180 ∞ γµapp -0.90 -1.07 -1.23 -1.36 -1.6 Tabella 4.5: Valori estratti dall’andamento delle mobilità apparenti al variare della temperatura. 65 3.4 INF (µ0) LG=180nm LG=90nm LG=45nm LG=27nm 3 2 log10(µapp) [cm /(Vs)] 3.2 2.8 2.6 2.4 2.27 2.37 log10(T) [K] 2.47 2.57 Figura 4.15: Andamento della mobilità apparente al variare della temperatura per dispositivi di lunghezza 27nm 45nm, 90nm e 180nm. In continuo simulazione di canale lungo µ0 . Le scale sono logaritmiche. Si nota che le pendenze diminuiscono leggermente al diminuire della lunghezza di canale. (si veda tabella 4.5) 66 Capitolo 5 Simulazione della metodologia di estrazione sperimentale del coefficiente di riflessione Nel presente capitolo si verifica il metodo per l’estrazione del coefficiente di riflessione presentato nella sezione 2.7. Si parte da un modello semplice per le verifiche di base per poi passare ad un modello con un effettivo virtual source. Infine si simula un dispositivo reale. Il metodo viene applicato alle caratteristiche corrente-tensione ottenute tramite simulazioni Monte Carlo ed i coefficienti cosı̀ estratti sono confrontati con quelli forniti dal simulatore sulla base del trasporto di carica interno al dispositivo. 5.1 Profilo di potenziale lineare Prima di passare alla verifica della validità del metodo ricavato per dei profili di potenziale realistici, si è applicato il metodo al caso di un semplice profilo lineare di potenziale, di seguito denominato scivolo di potenziale. La situazione in questione è rappresentata in figura 5.1. In essa si nota come non sia presente una zona fuori dai contatti con campo elettrico nullo ovvero non esista il virtual source. Per una situazione di questo tipo, l’equazione (2.50) non è più valida in quanto non c’è più carica che torna indietro verso il source. Il flusso che dal source arriva al drain è diminuito del coefficiente di trasmissione del canale t. Questa situazione semplificata è resa possibile dalla proprietà dei contatti in modalità Equilibrium (si veda sez. 3.4.2). Analogamente a quanto visto nella sezione 2.5 si usa la flux theory ma in questo caso si ha aD = a S ts t (5.1) 67 Sections aS channel Source Drain EC(x) aD 0 x Figura 5.1: Schematizzazione del dispositivo utilizzato e dei flussi in esso presenti. In grossetto il profilo di energia potenziale a scivolo utilizzato. In tratteggiato le fette in cui è stato diviso il dispositivo. e n(0, y) = ts aS a+ = vth vth (5.2) Ricavando tS da (5.2) e sostituendolo in (5.1), valendo che t = 1 − r, si può ricavare aD = n(0, y)vth (1 − r) (5.3) Integrando l’eq. (5.3) in y ed ipotizzando di essere sopra soglia si ricava ID = W Cef f (VGS − VT ) vth (1 − r) λ lKT = W Cef f (VGS − VT ) vth 1+ λ lKT ! (5.4) Si passa ora a fare la derivata rispetto alla temperatura della (5.4) ottenendo 1 ∂ID W ∂T = −Cef f vth λ ∂VT ∂vth lKT + + Cef f (VGS − VT ) ∂T ∂T 1 + l λ KT +Cef f (VGS ∂ − VT ) vth ∂T λ lKT 1+ λ lKT ! (5.5) Questo caso semplificato permette di considerare unitario l’andamento in temperatura del KT-layer in quanto il campo elettrico è fissato, quindi le 68 dipendenze in temperatura sono µ 0 ∝ T γµ 0 vth ∝ T γvth ∝ T1 VT µ0 λ ∝ ∝ T (1+γµ0 −γvth ) = T γλ vth lKT (5.6) Dalle relazioni in (5.6) possiamo esprimere le derivate in temperatura come T γλ ∂λ λ λ = λ0 =⇒ = γλ T ∂T T 0 ∂lKT lKT T lKT0 =⇒ = lKT = T ∂T T 0 γv th vth ∂vth T vth = vth0 =⇒ = γvth T0 ∂T T (5.7) Con le (5.7) si può ricavare la derivata rispetto alla temperatura del rapporto λ/lKT λ ∂ λ = (γλ − 1) (5.8) ∂T lKT lKT · T e quindi ottenere la derivata rispetto alla temperatura del rapporto λ/l KT / (1 + λ/lKT ) come ∂ ∂T λ lKT 1+ λ lKT ! = = 1 ∂ λ ∂T 1 + lKT λ lKT 1+ λ lKT 2 λ lKT − 1+ λ 1 λ lKT (1 − γλ ) T 2 lKT ∂ ∂T λ lKT (5.9) Sostituendo la (5.9) nella (5.5) si ottiene λ lKT 1 ∂ID = Cef f (VGS − VT ) vth W ∂T ! − η γv γλ − 1 + th + λ λ VGS − VT T 1 + lKT T 1 + lKT (5.10) Normalizzando la 5.10 con l’espressione della corrente si ottiene ∆ID α= ∆T · ID " # = 1 γλ − 1 γvth + λ T 1 + lKT = γµ − γ v 1 η γvth + 0 λ th − T VGS − VT 1 + lKT " − # 69 η VGS − VT (5.11) Esplicitando il rapporto λ0 /lKT0 rispetto alla temperatura T0 si ottiene λ0 lKT0 = = γ vth − γ µ0 γvth − α + γvth − η VGS −VT0 γvth ∆ID ∆T ·ID0 − γ µ0 − T0 −1 ∆QIN V ∆T ·QIN V0 T0 −1 (5.12) dove si è potuto scrivere la seconda equazione utilizzando ∆QIN V η =− VGS − VT0 ∆T · QIN V0 (5.13) Per verificare quanto esposto si è utilizzato lo stesso dispositivo SOI DG utilizzato per le simulazioni della sezione 4.3, che è illustrato in figura 5.2. Esso ha un drogaggio di canale di 1 × 10 15 , uno spessore di dielettrico tox = Top Gate Oxide Source t ox =1.0nm Drain Channel tSi =6.3nm Oxide Down Gate Figura 5.2: Schematizzazione del dispositivo utilizzato. 1.0 nm con un dielettrico con r = 3.9, uno spessore di canale tSi = 6.3 nm e la lunghezza di canale LG = 90 nm. Ad esso si applica una tensione di gate VGS = 1.1 V . Per questa prima prova si tiene conto solo dello scattering fononico. Il primo passo per l’applicazione dell’espressione (5.12) è quello di fare uno studio analogo a quelli condotti nella sezione 4.4 per trovare la dipendenza dalla temperatura della mobilità di canale lungo. In figura 5.3 si riporta tale andamento in scale logaritmiche da cui è possibile estrarre γµ0 = −1.6. Per studiare le altre grandezze è necessario simulare il dispositivo applicadogli una tensione di drain VDS = 0.8 V . Dai dati delle simulazioni si possono ricavare l’andamento in temperatura della velocità termica γ vth (si veda figura 5.4), il valore del rapporto incrementale normalizzato della corrente ∆ID /(∆T ID0 ) (si veda figura 5.5), e il valore del rapporto incrementale normalizzato della carica di inversione ∆Q IN V /(∆T QIN V0 ) (si veda figura 5.6). 70 3.3 Simulazione MC Retta interpolante 3.1 2 log10(µ0) [cm /(Vs)] 3.2 3 2.9 2.8 2.3 2.4 2.5 log10(T) [K] 2.6 Figura 5.3: Andamento della mobilità di canale lungo µ 0 al variare della temperatura in scale logaritmiche, V GS = 1.1 V con densità di carica di inversione a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Dalla regressione dei punti si ricava γµ0 = −1.6. γ µ0 -1.6 γvth 0.4 ∆ID /(∆T ID0 ) = α −1.38 × 10−3 ∆QIN V /(∆T QIN V0 ) 2.3 × 10−4 Tabella 5.1: Dati estratti dal dispositivo SOI DG, L G = 90 nm In tabella 5.1 si riassumono i dati ricavati. Ora è possibile applicare la (5.12) per ottenere il rapporto λ 0 /lKT0 alla temperatura T0 = 300K e successivamente il coefficiente di rilfessione come r0 = 1 1 + λ0 /lKT0 (5.14) In tabella 5.2 si riportano tali risultati e li si confronta con il valore del coefficiente di riflessione ottenuto direttamente dalla simulazione. Infatti il coefficiente di riflessione per alti campi è definito come il rapporto tra la corrente che torna indietro dal drain verso il virtual source, I − (0), e la corrente che dal virtual source va verso il drain, I + (0), entrambe misurate in corrispondenza del virtual source, ovvero rM C = I − (0) I + (0) (5.15) Tale rapporto viene calcolato numericamente dal simulatore sulla base dei flussi di portatori. Come si può vedere il risultato ottenuto è molto vicino a quello calcolato numericamente dal simulatore. Dai risultati ottenuti 71 4.1 log10(vth) [m/s] 4.08 4.06 Da simulazione MC retta interpolante 4.04 4.02 4 2.34 2.39 2.44 2.49 log10(T) [K] 2.54 2.59 2.64 Figura 5.4: Andamento della velocità termica al variare della temperatura in scale logaritmiche. In tratteggiato la regressione dalla cui pendenza si ricava γth = 0.4. La densità di carica di inversione a T 0 = 300K è N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. λ0 /lKT0 1.27 r0 = 1/(1 + λ0 /lKT0 ) 0.44 r M C0 0.45 Tabella 5.2: Risultati ottenuti per il dispositivo SOI DG, L G = 90 nm si è accertata la validità del metodo. Si può ora passare allo studio del comportamento in presenza di virtual source. 72 0.1 Da simulazione MC retta interpolante ∆ID/ID 0 0.05 0 −0.05 −0.1 230 280 T [K] 330 380 Figura 5.5: Andamento della derivata normalizzata della corrente in temperatura. In tratteggiato la regressione da cui si ricava ∆I D /(∆T ID0 ) = −1.38 10−3 . La densità di carica di inversione a T 0 = 300K è N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. 0.02 ∆QINV/QINV 0 0.01 0 Da simulazione MC retta interpolante −0.01 −0.02 230 280 T [K] 330 380 Figura 5.6: Andamento della derivata normalizzata della carica di inversione in temperatura. In tratteggiato la regressione da cui si ricava ∆QIN V /(∆T QIN V0 ) = 2.3 10−4 . La densità di carica di inversione a T0 = 300K è N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. 73 5.2 Profilo di potenziale lineare con virtual source Per verificare la solidità del metodo con virtual source ovvero della λ0 lKT0 = −2 (1 + γµ0 − γvth − γlKT ) γvth − ∆ID ∆T ·ID0 − ∆QIN V ∆T ·QIN V0 T0 −2 (5.16) si è iniziato impostando il potenziale in modo tale da creare un virtual source fissato. In figura 5.7 si riporta la schematizzazione del profilo di potenziale e campo elettrico. Fx Source E C(x) Drain Virtual Source (VS) Fx 0 x Figura 5.7: Rappresentazione del profilo di energia potenziale imposto. In basso il modulo del campo elettrico che ne consegue. Il campo elettrico è in direzione −x. Tale profilo permette di avere un campo elettrico nullo in prossimità della prima sezione fuori dal contatto di source. Anche in questo caso, imponendo un potenziale fisso, il KT-layer varia con la temperatura come T 1 , ovvero si ha γlKT = 1. Analogamente a quanto fatto per il caso precedente abbiamo studiato le altre quantità presenti nella (5.16). É anche possibile confrontare 74 i risultati ottenuti con quelli che si ottengono dalla λ0 lKT0 = 4 0.5 − ∆ID ∆T ·ID0 − ∆QIN V ∆T ·QIN V0 T0 −2 (5.17) che è l’uguaglianza ricavata dal lavoro di Chen et al. [25]. Per studiarne il comportamento e le differenze in maniera completa si effettuano prove su dispositivi di lunghezze diverse. Inizialmente si tiene in considerazione soltanto lo scattering fononico senza attivare la degenerazione. É necessario, prima di procedere oltre, aprire una breve parentesi sulla modalità dell’estrazione dei dati. Più precisamente, quando si va ad estrarre il parametro ∆ID /(∆T ID0 ) si nota che l’andamento di ∆ID /ID0 non è funzione lineare della temperatura come si può vedere da figura 5.8 relativa ad un dispositivo con LG = 50nm. La dipendenza non lineare dalla temperatura è evidenziabile dall’equazione ∆T ∆ID = I D0 T0 γvth 2 (γµ0 − γvth ) + λ 2 + lKT ! + ∆QIN V . QIN V0 (5.18) ∆T ha dipendenza ovviamente lineare da T , λ/l KT è proporzionale a T (γµ0 −γvth ) e ∆QIN V /QIN V0 ha dipendenza lineare da T . Inoltre la combinazione dei due addendi di (5.18) avviene in maniera diversa a seconda della lunghezza del dispositivo che influisce su lKT . L’estrazione della pendenza di ∆I D /ID0 ha, quindi, un valore non corretto se fatta con tutti i punti a disposizione. In questo caso e in casi analoghi si preferisce estrarre la pendenza in un intorno della temperatura T0 più stretto prendendo le prime due temperature vicine a T0 e trovare la pendenza con tre punti. Nel seguito ci si riferisce a tale metodologia con “best fit”. In tabella 5.3 e 5.4 si riassumono i vari parametri estratti, i valori del rapporto λ0 /lKT0 e il coefficiente di riflessione ricavato con le due espressioni. In tabella 5.3 si nota che il parametro α estratto ha LG [nm] 9 18 27 45 90 180 γ µ0 -1.6 -1.6 -1.6 -1.6 -1.6 -1.6 γvth 0.4 0.4 0.4 0.4 0.4 0.4 ∆ID /(∆T ID0 ) = α 6.3 × 10−4 3.4 × 10−4 1.3 × 10−6 −4.9 × 10−4 −1.3 × 10−3 −2.5 × 10−3 ∆QIN V /(∆T QIN V0 ) 9.2 × 10−4 1.1 × 10−3 1.2 × 10−3 1.3 × 10−3 1.3 × 10−3 1.3 × 10−3 Tabella 5.3: Dati ottenuti per il dispositivo SOI DG per varie lunghezze di canale LG , solo scattering fononico. VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T 0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Non si considera la degenerazione. 75 0.02 0.01 T0 ∆ID/ID 0 0 −0.01 −0.02 retta interpolante (6 punti) retta interpolante (3 punti) −0.03 −0.04 180 230 280 T [K] 330 Figura 5.8: Andamento di ∆ID /ID0 per un dispositivo con LG = 50nm. In casi come questo per determinare la pendenza si preferisce restringere l’intorno della temperatura T0 ai primi due punti, per un totale di tre punti, per avere un valore corretto di ∆ID /(∆T ID0 ). un adamento variabile al variare della lunghezza di canale. Il fatto si può spiegare andando a vedere la sua epressione analitica già ricavata in sezione 2.7.1 2 (γµ0 − γvth ) ∆QIN V 1 γvth + + (5.19) α= λ 0 T0 ∆T QIN V0 2 + lKT 0 In tale equazione l’unico parametro che varia significativamente, al variare della lunghezza del dispositivo, è il rapporto λ 0 /lKT0 . Precisamente λ0 /lKT0 è tanto più grande quanto più il dispositivo è piccolo in quanto il termine lKT0 decresce con LG . Al diminuire di λ0 /lKT0 diminuisce il denominatore di cui è parte, facendo crecere il contributo negativo della frazione. In figura 5.9 viene riportato l’andamento del coefficiente di riflessione al variare della lunghezza di canale L G . Si può notare come tra i risultati ottenuti con l’equazione proposta da Chen et al. (5.17) e quella proposta in questo lavoro (5.16) non ci sia molta differenza. É percettibile un leggero miglioramento per lunghezze inferiori. Il motivo della congruenza è imputabile al fatto che la somma del modulo delle dipendenze in temperatura della mobilità di canale lungo γ µ0 e della velocità termica γvth , in entrambi i casi, assume lo stesso valore pari a 2. Per verificare la robustezza dei due metodi si fa il medesimo studio, questa volta tenendo conto anche dello scattering con l’interfaccia ossidosilicio ma continuando a non considerare la degenerazione. Ci si aspetta in 76 LG [nm] 9 18 27 45 90 180 λ0 /lKT0 eq.(5.16) 6.21 4.37 3.26 2.27 1.39 0.60 r0 0.14 0.19 0.24 0.31 0.42 0.63 λ0 /lKT0 eq.(5.17) 4.81 3.50 2.65 1.86 1.13 0.44 rChen0 0.17 0.22 0.27 0.35 0.47 0.69 rM C0 0.14 0.20 0.26 0.35 0.49 0.64 Tabella 5.4: Risultati ottenuti per il dispositivo SOI DG per varie lunghezze di canale LG , solo scattering fononico. VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T 0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Non si considera la degenerazione. questo caso che la dipendenza dalla temperatura della mobilità di canale lungo, γµ0 , cambi perchè lo scattering con l’interfaccia è meno sensibile alla temperatura rispetto allo scattering fononico. Infatti il valore ottenuto per γµ0 risulta −1.14. Con tale dipendenza ci si aspetta che la formulazione di Chen et al., che assume semplicemente γ µ0 = −1.5, dia risultati meno precisi. In tabella 5.5 e 5.6 si riassumono i dati e i risultati ottenuti per varie lunghezze di canale. LG [nm] 9 18 27 45 90 180 450 γ µ0 -1.14 -1.14 -1.14 -1.14 -1.14 -1.14 -1.14 γvth 0.4 0.4 0.4 0.4 0.4 0.4 0.4 ∆ID /(∆T ID0 ) = α 3.9 × 10−4 0.2 × 10−4 −1.0 × 10−4 −6.1 × 10−4 −1.2 × 10−3 −1.9 × 10−3 −2.8 × 10−3 ∆QIN V /(∆T QIN V0 ) 9.4 × 10−4 1.0 × 10−3 1.1 × 10−3 1.0 × 10−3 9.6 × 10−4 8.2 × 10−4 7.0 × 10−4 Tabella 5.5: Dati ottenuti per il dispositivo SOI DG per varie lunghezze di canale LG , VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Scattering fononico e con l’interfaccia. Non si considera la degenerazione. In figura 5.10 si grafica l’andamento del coefficiente di riflessione. Si nota che il coefficiente ricavato tenendo conto delle reali dipendenze ha un andamento più vicino al valore reale ricavato direttamente dalle simulazioni MC, soprattutto per lunghezze di canale maggiori. Per le lunghezze minori i valori convergono, ma sono leggermente migliori i risultati ottenuti con l’espressione ricavata in questo lavoro (5.16). Andando a confrontare i valori dei coefficienti di riflessione nei due casi visti (solo scattering fononico 77 0.8 r 0.6 0.4 0.2 0.0 Da simulazione MC Da λ/lKT con dipendenze reali [best fit] Da λ/lKT di Chen et al. [best fit] 0 50 100 LG [nm] 150 200 Figura 5.9: Andamento del coefficiente di riflessione al variare della lunghezza di canale LG . La linea tratteggiata indica il valore reale ricavato dalle simulazioni MC, triangoli: valori ricavati con le reali dipendenze (eq. 5.16), cerchi: valori ricavati dall’equazione (5.17). Dispositivo usato SOI DG, doping 1 × 1015 , tox = 0.7 nm, tSi = 12 nm, VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T 0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Simulazioni con scattering fononico. Non si considera la degenerazione e scattering fononico combinato con scattering all’interfaccia ossido-silicio) si nota che nel secondo caso r aumenta. La cosa è giustificabile in quanto aggiungendo un meccanismo di scattering si aumenta la probabilità di collisione e quindi il libero cammino medio λ diminuisce. Fino ad ora nelle simulazioni effettuate non si è tenuto conto della degenerazione; per completezza si analizza il caso di scattering fononico e con l’interfaccia tenendo conto della degenerazione. Innanzitutto, verificando l’andamento al variare della temperatura della mobilità di canale lungo si trova γµ0 = −1.05. Inoltre si trova che la velocità termica ha una dipendenza dalla temperatura γvth = 0.25 che influenza in modo più significativo i risultati. In figura 5.11 sono riportati gli andamenti del logaritmo della velocità termica nel caso degenere e non degenere al variare del logaritmo della temperatura. Si nota la differenza di pendenza delle due rette interpolanti. Si prevede che a causa della variazione di γ vth l’equazione con le reali dipendenze (5.16) darà risultati ancora più vicini, rispetto all’equazione di Chen (5.17), al valore reale. In tabella 5.7 si riportano i dati estratti e in tabella 5.8 i risultati ottenuti. In figura 5.12 si riporta l’andamento del coefficiente di riflessione reale ed 78 LG [nm] 9 18 27 45 90 180 450 λ0 /lKT0 eq.(5.16) 3.45 2.43 2.05 1.49 0.94 0.53 0.12 r0 0.23 0.29 0.33 0.40 0.52 0.65 0.89 λ0 /lKT0 eq.(5.17) 4.02 3.04 2.65 2.06 1.48 1.04 0.58 rChen0 0.20 0.25 0.27 0.33 0.40 0.49 0.63 rM C0 0.21 0.32 0.38 0.49 0.63 0.76 0.88 Tabella 5.6: Risultati ottenuti per il dispositivo SOI DG per varie lunghezze di canale LG , VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Scattering fononico e con l’interfaccia. Non si considera la degenerazione. LG [nm] 9 18 45 90 180 γ µ0 -1.05 -1.05 -1.05 -1.05 -1.05 γvth 0.25 0.25 0.25 0.25 0.25 ∆ID /(∆T ID0 ) = α 1.3 × 10−4 −3.4 × 10−4 −1.0 × 10−3 −1.5 × 10−3 −2.4 × 10−3 ∆QIN V /(∆T QIN V0 ) 9.4 × 10−4 1.0 × 10−3 1.0 × 10−3 8.8 × 10−4 7.4 × 10−4 Tabella 5.7: Dati ottenuti per il dispositivo SOI DG per varie lunghezze di canale LG , VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Scattering fononico e con l’interfaccia. Effetto della degenerazione incluso nelle simulazioni. estratto nei due casi. Si può notare che l’errore commesso con l’espressione che tiene conto di tutte le dipendenze (5.16) rispetto all’espressione di Chen (5.17) è minore in questo caso. Il motivo è riconducibile alle dipendenze sensibilmente diverse rispetto a quelle ipotizzate in [25]. 79 0.96 r[] 0.76 0.56 Da simulazione MC Da λ/lKT con dipendenze reali [best fit] Da λ/lKT di Chen et al. [best fit] 0.36 0.16 0 100 200 LG [nm] 300 400 500 Figura 5.10: Andamento del coefficiente di riflessione al variare della lunghezza di canale LG . La linea tratteggiata indica il valore reale ricavato dalle simulazioni MC, triangoli: valori ricavati con le reali dipendenze (eq. 5.16), cerchi: valori ricavati dall’equazione (5.17). Dispositivo usato SOI DG, doping 1 × 1015 , tox = 0.7 nm, tSi = 12 nm, VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Simulazioni con scattering fononico e scattering all’interfaccia. Non si considera la degenerazione. log10(vth) [m/s] 5.1 5.05 NON DEG retta interpolante NON DEG DEG retta interpolante DEG 5 2.3 2.4 log10(T) [K] 2.5 2.6 Figura 5.11: Andamento del logaritmo della velocità termica al variare del logaritmo della temperatura. Nel caso degenere si trova γ vth = 0.25 mentre nel caso non degenere si era trovato γ vth = 0.4 80 LG [nm] 9 18 45 90 180 λ0 /lKT0 eq.(5.16) 3.27 1.99 1.09 0.70 0.18 r0 0.23 0.34 0.48 0.59 0.85 λ0 /lKT0 eq.(5.17) 3.38 2.44 1.67 1.30 0.77 rChen0 0.23 0.29 0.38 0.44 0.56 rM C0 0.22 0.33 0.51 0.66 0.78 Tabella 5.8: Risultati ottenuti per il dispositivo SOI DG per varie lunghezze di canale LG , VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Scattering fononico e con l’interfaccia. Effetto della degenerazione incluso nelle simulazioni. 1 Da simulazione MC Da λ/lKT con dipendenze reali [best fit] Da λ/lKT di Chen et al. [best fit] r 0.8 0.6 0.4 0.2 0 50 100 LG [nm] 150 200 Figura 5.12: Andamento del coefficiente di riflessione al variare della lunghezza di canale LG . La linea tratteggiata indica il valore reale ricavato dalle simulazioni MC, triangoli: valori ricavati con le reali dipendenze (eq. 5.16), cerchi: valori ricavati dall’equazione (5.17). Dispositivo usato SOI DG, doping 1 × 1015 , tox = 0.7 nm, tSi = 12 nm, VDS = 0.8 V , VGS = 1.1 V con densità di carica di inversione al virtual source, a T0 = 300K, N2D0 = 14.7 × 1012 [#/cm2 ]. Simulazioni con scattering fononico e scattering all’interfaccia. Si considera la degenerazione 81 5.3 Simulazione di un dispositivo completo Il simulatore CoSMOS permette la simulazione di dispositivi reali la cui soluzione iniziale è stata trovata con un simulatore Drift-Diffusion. I dispositivi utilizzati sono degli SOI DG. In figura 5.13 viene raffigurata la struttura del dispositivo disegnata mediante il tool grafico ISE-Mdraw. Si possono axis origin (0,0) dielectric: tox =0.7nm, ε r =7.0 LG Source contact x Source Drain channel 15 20 p:1x10 n:1x10 20 t Si =6.3nm n:1x10 Drain contact Gate contacts y Figura 5.13: Raffigurazione schematica del dispositivo simulato. Si possono distinguere la zona di source e di drain di tipo n con drogaggio 1 × 10 20 e la zona centrale di tipo p con drogaggio 1 × 10 15 . Lo spessore di silicio del dispositivo, tSi , è di 12 nm e lo spessore del dielettrico, t ox , è di 1.6 nm, mentre la sua costante dielettrica relativa è r = 7.0. distinguere le zone di source e drain con al centro la zona di canale. Le zone di drain e source hanno un drogaggio di tipo n di 1 × 10 20 mentre la zona di canale ha un drogaggio di tipo p di 1 × 10 15 . Il simulatore CoSMOS è in grado di leggere le griglie del dispositivo e i profili di doping e di inizializzare la propria simulazione con una soluzione iniziale fornita dal simulatore commerciale ISE-Dessis. Per fare questo è necessario descrivere la mesh nell’input file del simulatore CoSMOS, come visto nel capitolo 3. Un accorgimento per la discretizzazione nell’asse delle x, necessario per ridurre i tempi di simulazione, è l’infittimento della griglia in prossimità della zona di virtual source. Infatti, essendo questa una zona critica, se venisse meno una corretta discretizzazione il risultato della simulazione non sarebbe attendibile. Inoltre infittendo questa zona si ottiene con più precisione la posizione del virtual source, cosa necessaria in quanto si andranno a valutare le grandezze necessarie alla determinazione del coefficiente di riflessione proprio in tale punto. In figura 5.14 si raffigura la distribuzione della mesh in x in relazione all’andamento della prima sottobanda. Il dispositivo dell’esempio è un SOI DG con LG = 20 nm. Si può notare come la griglia venga notevolmente infittita in prossimità del virtual source, mentre viene lasciata più lasca in corrispondenza dei contatti di source e drain. In figura 5.15 vengono riportate le prime tre sottobande unprimed e le prime tre sottobande primed. Si nota che i virtual source di ciascuna sottobanda sono leggermente 82 Eigenvalue [eV] −0.1 EC(x) −0.3 −0.5 −0.7 −0.9 −30 −20 −10 0 x [nm] 10 20 30 Figura 5.14: Esempio di mesh in x per un dispositivo con L G = 20 nm. Si può notare come in prossimità della zona del virtual source la griglia sia più fitta, mentre in zone meno “critiche” come i contatti sia più lasca. disallineati tra di loro in x. Tale problema rende di difficile individuazione il source virtuale in quanto lo si dovrebbe trovare mediando i diversi virtual source pesati con la popolazione elettronica delle rispettive sottobande. Essendo la variazione di posizione dei virtual source dell’ordine di pochi decimi di nanometro, si approssima tale posizione con il virtual source della prima sottobanda, la first unprimed. Andiamo ora ad estrarre i parametri necessari alla determinazione del coefficiente di riflessione per il dispositivo sopra menzionato con L G = 20 nm. Le simulazioni sono state eseguite per un intervallo di temperature tra 200K e 400K. In figura 5.16 riportiamo l’andamento di ∆I D /ID0 . L’andamento è approssimativamente lineare e l’estrazione della pendenza non è problematica. La pendenza estratta, ∆ID /(∆T ID0 ), è −7.2 × 10−4 . In figura 5.17 riportiamo l’andamento di ∆QIN V /QIN V0 . Si nota che, nonostante una certa dispersione dei valori derivanti dalle simulazioni, si riesce comunque ad individuare una retta interpolante da cui estrarre la pendenza. La pendenza estratta, ∆QIN V /(∆T QIN V0 ), è −5.1 × 10−4 . In figura 5.18 riportiamo l’andamento del logaritmo in base dieci della velocità di iniezione al virtual source in funzione del logaritmo in base dieci della temperatura. Dalla regressione estraiamo γvth = 0.23 Nel caso di dispositivi reali dobbiamo estrarre anche la dipendenza dalla temperatura del KT-layer. Dai dati presenti in letteratura ci si aspetta un valore γ lKT ≈ 0.7 [14]. In figura 5.19 si riporta l’andamento del logaritmo decimale del KT-layer al variare del logaritmo decimale della temperatura. Estraendo la dipendenza di temperatura trovi83 0.4 0.3 Unprimed Primed (2 subbands) Eigenvalue [eV] 0.2 0.1 0 −0.1 −0.2 −0.3 −0.4 −20 −15 −10 −5 x [nm] 0 5 10 Figura 5.15: Andamento delle prime tre sottobande unprimed (in continuo) e le prime tre sottobande (degeneri) primed (in tratteggiato) in prossimità del virtual source. Si può notare il leggero disallineamento tra i virtual source delle varie sottobande. amo γlKT = 0.75. Sono stati simulati, oltre al dispositivo con L G = 20 nm, anche dispositivi con LG = 30 e 50 nm. In tabella 5.9 si riportano i dati estratti dalle simulazioni. In tabella 5.10 si riportano i risultati ottenuti LG [nm] 20 30 50 γ µ0 -1.3 -1.3 -1.3 γvth 0.23 0.15 0.16 γlKT 0.75 0.84 0.86 ∆ID /(∆T ID0 ) = α −7.2 × 10−4 −8.6 × 10−4 −1.0 × 10−3 ∆QIN V /(∆T QIN V0 ) −5.1 × 10−4 1.9 × 10−4 4.0 × 10−4 Tabella 5.9: Dati ottenuti per il dispositivo SOI DG con contatti non ideali per varie lunghezze di canale LG . applicando l’equazione (5.16) e (5.17). Notiamo sostanzialmente un buon comportamento di entrambe le equazioni. In figura 5.20 riportiamo l’andamento del coefficiente di riflessione direttamente estratto dalle simulazioni con quello ottenuto mediante le espressioni (5.16) e (5.17). Si nota che i coefficienti di riflessione ottenuti mediante l’equazione (5.16) hanno un andamento più congruente con i valori ottenuti direttamente dalle simulazioni. 84 0.1 Da simulazione MC retta interpolante ∆ID/ID 0 0.05 0 −0.05 −0.1 180 230 280 T [K] 330 380 Figura 5.16: Andamento di ∆ID /ID0 estratto dalle simulazioni (simboli) e la sua regressione (linea puntinata). La pendenza estratta, ∆I D /(∆T ID0 ), è −7.2 × 10−4 . LG [nm] 20 30 50 λ0 /lKT0 eq.(5.16) 6.74 3.54 2.50 r0 0.13 0.22 0.29 λ0 /lKT0 eq.(5.17) 5.14 3.04 2.32 rChen0 0.16 0.25 0.30 rM C0 0.15 0.23 0.33 Tabella 5.10: Risultati ottenuti per il dispositivo SOI DG con contatti non ideali, per varie lunghezze di canale L G . 85 0.1 Da simulazione MC retta interpolante 0 ∆QINV/QINV [ ] 0.05 0 −0.05 180 230 280 T [K] 330 380 Figura 5.17: Andamento di ∆QIN V /QIN V0 estratto dalle simulazioni (simboli) e la sua regressione (linea puntinata). La pendenza estratta, ∆QIN V /(∆T QIN V0 ), è −5.1 × 10−4 . 5.2 log10(vth) [m/s] 5.18 5.16 5.14 Da simulazione MC retta interpolante 5.12 5.1 2.28 2.38 2.48 log10(T) [K] 2.58 2.68 Figura 5.18: Andamento del logaritmo decimale della velocità di iniezione al variare del logaritmo decimale della temperatura estratto dalle simulazioni (simboli). Mediante regressione ricaviamo γ vth = 0.23. 86 0.50 log10(lKT) [nm] 0.40 0.30 Da simulazione MC retta interpolante 0.20 2.28 2.38 2.48 2.58 log10(T) [K] 2.68 Figura 5.19: Andamento del logaritmo decimale del KT-layer al variare del logaritmo decimale della temperatura estratto dalle simulazioni (simboli). Mediante regressione ricaviamo γvth = 0.75. 0.4 Da simulazione MC Da λ/lKT con dipendenze reali [best fit] Da λ/lKT di Chen et al. [best fit] 0.35 r 0.3 0.25 0.2 0.15 0.1 18 28 LG [nm] 38 48 Figura 5.20: Andamento del coefficiente di riflessione al variare della lunghezza di canale LG . In puntinato il valore reale ricavato dalle simulazioni MC, triangoli: valori ricavati con le reali dipendenze (eq. 5.16), cerchi: valori ricavati dall’equazione (5.17). Dispositivo usato SOI DG con contatti non ideali. 87 88 Capitolo 6 Conclusioni Con la sempre più spinta riduzione delle dimensioni dei transistori MOS, la lunghezza di canale dei transistori assume valori comparabili con il libero cammino medio dei portatori, ed il trasporto nel canale diventa semi-balistico. Nel capitolo 2 si è studiato l’impatto che il trasporto semi-balistico ha sulla caratterizzazione dei transistori decananometrici. In particolare, abbiamo osservato che la caratterizzazione della mobilità secondo i metodi tradizionali produce in realtà una mobilità apparente µ app , diversa dalla mobilità µ0 corrispondente al trasporto uniforme. Più precisamente, la mobilità apparente dipende dalla lunghezza L del dispositivo e può essere approssimativamente espressa come: !−1 =− 1 −1 −1 2 L (6.1) µapp = µ0 + µBAL,L =0 dove µBAL,L è la mobilità balistica per unità di lunghezza ed = α è l’integrale di Fermi Dirac di ordine α. Mediante il simulatore Monte Carlo descritto nel capitolo 3 si è potuto simulare il comportamento a bassi campi elettrici longitudinali dei dispositivi e quindi effettuare una verifica sperimentale di quanto enunciato nel capitolo 2 riguardo la mobilità apparente. Tali verifiche sono contenute nel capitolo 4 e confermano il comportamento atteso. Nel capitolo 4 si è anche effettuato uno studio della mobilità apparente al variare della temperatura. Nel capitolo 2 viene anche presentato un metodo per la determinazione sperimentale del coefficiente di riflessione r, una delle grandezze caratterizzati per il funzionamento del transitore MOS in regime quasi-balistico. Nel capitolo 5 abbiamo usato il simulatore Monte Carlo per emulare la determinazione del coefficiente di riflessione. Grazie allo studio sulle grandezze caratterizzanti della corrente del dispositivo è stato possibile fare un’analisi sulla criticità delle ipotesi su cui il metodo di estrazione si basa. I valori del coefficiente di riflessione estratti sono stati confrontati con quelli calcolati dal simulatore in base all’analisi microscopica dei flussi di portatori. Abbiamo potuto cosı̀ verificare l’attendibilità e la robustezza del metodo di es89 trazione. In questo modo si mette in luce un ulteriore utilizzo del simulatore Monte Carlo, ovvero l’analisi di tecniche di caratterizzazione di dispositivi decananometrici, ambito in cui i simulatori commerciali basati sul modello ohmico-diffusio non sono utilizzabili. 90 Bibliografia [1] Intel Corporation, “Moore’s Law Documents”, disponibili presso http://www.intel.com/technology/mooreslaw/, ultimo accesso 19 febbraio, 2007. [2] G.E. 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Ringrazio la mia famiglia: i miei genitori, per non avermi mai fatto mancare nulla, in tutti i sensi, e i nonni, per l’incoraggiamento continuo. “Last but not least”, grazie a Monica, per essermi stata sempre vicino. 95