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RANDAGISMO CANINO:
PROPOSTA TECNICO – OPERATIVA
PER UNA SUA SENSIBILE RIDUZIONE.
Dr. Palmerino MASCIOTTA *, Dr. Vitantonio PERRONE *, Dr. Paolo TUCCI **
* Servizio veterinario – Dipartimento di Prevenzione “Azienda U.S.L. Roma B”
** Dip. di Farmacologia e delle Sostanze Naturali e Fisiologia Generale – Università di Roma “La Sapienza”
INTRODUZIONE.
Il 14 agosto 1991 veniva approvata dal Parlamento nazionale la Legge n. 281 - Legge quadro in
materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo ( 9 ).
Tale legge risultava fortemente innovativa rispetto alla precedente normativa nazionale
(1)
sotto
diversi aspetti e, da subito, innescava un forte dibattito tra le componenti sociali destinatarie
della norma.
A tuttoggi tale dibattito può considerarsi sopito ma non ancora esaurito.
Di certo il tratto qualificante della L. n. 281/91 consisteva nell’abrogazione implicita (art. 2, comma
2) della sistematica soppressione dei cani vaganti accalappiati o comunque ricoverati o detenuti
presso i canili sanitari come sino ad allora era stabilito dal “Regolamento di Polizia
Veterinaria” (RPV), D.P.R. n. 320 dell’8 febbraio 1954.
Senza dubbio il R.P.V., ancorché valido nell’impianto complessivo, andava ormai a confliggere
proprio nel capo dedicato alla prevenzione della rabbia con la nuova sensibilità verso gli animali e
le implicazioni socio-culturali che andavano delineandosi
in settori sempre più consistenti
dell’opinione pubblica ( 11 ).
L’approccio nei confronti del randagismo era mutato anche a seguito dell’eradicazione della
rabbia urbana dal territorio nazionale e dalla diminuita incidenza delle zoonosi riconducibile
all’impiego di presidi terapeutici e preventivi sempre più efficaci. Il cane non era più un pericoloso
untore e, grazie ad una diversa situazione economica, la società italiana poteva approcciare in
modo nuovo alle complesse problematiche Uomo-Animale-Ambiente.
Registrando questa nuova situazione il legislatore nel 1991 sperava di poter porre rimedio al
randagismo confidando che non sarebbe stato più necessario sopprimere i cani e che comunque
l’affidamento avrebbe provveduto a ridurre al minimo la loro permanenza nei canili sanitari o nei
rifugi.
Dopo poco più di dieci anni non si può sostenere che l’obbiettivo della legge sia stato ancora
raggiunto appieno. Diversi sono i motivi che possono spiegare questo ritardo, tra questi la lentezza
con cui le regioni hanno attuato le norme di loro competenza ed in particolare le difficoltà inerenti
l’anagrafe canina, gli insufficienti finanziamenti a fronte delle reali esigenze del fenomeno, infine i
canili ed i rifugi hanno saturato le loro potenzialità di accoglienza e di conseguenza resta sempre
elevata la presenza di randagi vaganti sul territorio ( 8 ).
PREMESSA.
La L. n. 281/91, tralaltro, prevede che i servizi veterinari delle UU.SS.LL. (ora Aziende
UU.SS.LL.) provvedano al controllo delle popolazioni libere di cani e gatti mediante la limitazione
delle nascite ( 4 ).
Anche per questo aspetto non si può certo essere complessivamente soddisfatti dei risultati ottenuti
sinora.
Infatti anche il compito del controllo delle popolazioni di cani randagi ha risentito delle stesse
difficoltà elencate nell’introduzione ed in particolare quella riguardante la scarsità di finanziamenti
ad esso finalizzati (2.500 milioni di £ nel periodo dal 1991 al 1998) ( 8 ).
Va sottolineato che a fronte del numero di soggetti affidati dopo la sterilizzazione - ancorchè
limitato ed insufficiente - non è diminuito il fenomeno degli abbandoni che ha così vanificato gran
parte degli intenti proposti dalla L. n. 281/91. In pratica una vasca già colma d’acqua che, per
quanto la si svuoti, vede un grosso rubinetto costantemente aperto a vanificarne lo svuotamento.
Va ancora ricordato che negli ultimi anni, di fatto, si è andata sempre più rafforzando la figura del
cosiddetto “cane di quartiere”
( 6-8 )
. Si tratta di una nuova figura intermedia tra il cane di proprietà
ed il cane randagio che, vista la situazione pocanzi commentata, diverse associazioni animaliste col
sostegno di molti amministratori locali ipotizzano come valida soluzione per alleviare l’ormai
cronico sovraffollamento dei canili sanitari e dei rifugi.
Per quanto riguarda il contenimento demografico delle popolazioni feline libere (spesso
impropriamente definite randagie) la situazione è diversa: sia per la sua minore rilevanza
complessiva (vista la sua quasi esclusiva presenza a livello urbano), sia per le minori problematiche
legate alla presenza dei gatti e, non ultima, la discreta dotazione di risorse economiche assegnate
(2.000 milioni di £ nel periodo dal 1991 al 1998) ( 8 ).
Sinora il controllo delle popolazioni mediante limitazione delle nascite è stato affrontato utilizzando
la sterilizzazione chirurgica quale metodo più efficace ed efficiente per adempiervi.
La L. n. 281/91, pur non fornendo indicazioni operative precise al riguardo, prevedeva che la
limitazione delle nascite comunque venisse effettuata “tenuto conto del progresso scientifico”.
A tale lungimirante disposizione si intende fare riferimento nel proporre l’attuazione di altre
metodiche per il contenimento delle popolazioni di cani randagi ( 2-3 ).
PROPOSTA.
Le alternative alla sterilizzazione chirurgica da prendere in considerazione sono rappresentate da
diversi metodi contraccettivi che di seguito elenchiamo. E’ interessante notare che alcuni di questi
possono essere considerati “di ritorno” da studi e ricerche finalizzate alla contraccezione umana.
Metodo ormonale
La somministrazione di ormoni sessuali per il controllo della fertilità è stato il metodo che ha
inaugurato l’era della contraccezione moderna. Inizialmente le strategie d’intervento prevedevano
nella femmina l’inibizione della fertilizzazione e/o dell’annidamento dell’ovulo nell’utero e nel
maschio l’inibizione della spermatogensi e della vitalità degli spermatozoi. Per inibire la
spermatogenesi nel maschio si ricorre all’uso di sostanze ad azione antitestosterone.
Questo
provoca forti alterazioni comportamentali e fisiche nell’animale che rendono di fatto inutilizzabile il
metodo. Inoltre ci sono stati anche dei tentativi basati sull’inoculazione all’animale di anticorpi
antispermatozoo ma i risultati non sono ancora soddisfacenti né nell’uomo né nell’animale.
Si sono invece raggiunti buoni risultati soprattutto con farmaci che agiscono sull’apparato
riproduttivo femminile. Il principio di base è costituito dalla somministrazione di progesterone ed
estrogeni che interferiscono con la produzione endogena degli stessi ormoni bloccando i fenomeni
legati all’ovulazione e/o all’annidamento.
Somministrazione orale.
La chiave del successo si ebbe con lo sviluppo di ormoni steroidei a basso costo e con alta
biodisponibilità orale (gli ormoni sessuali naturali sono scarsamente assorbiti per via orale). La
tecnica è applicabile anche in veterinaria con l’obiettivo ad esempio di controllare la riproduzione
animale. Tuttavia mentre la somministrazione orale rappresenta un grosso vantaggio nella
contraccezione umana, in veterinaria questo rappresenta invece un grosso limite in quanto occorre
stabilire delle strategie di somministrazione che vanno dalla non sempre facile immobilizzazione
dell’animale (da ripetere ogni giorno) alla somministrazione del farmaco con il cibo. Quest’ultima
strategia di somministrazione implica diversi problemi: il farmaco deve essere palatabile ed
eclissabile organoletticamente nel cibo, fenomeni fisici come il calore (derivante dall’eventuale
cottura dei cibi o dal sole) possono alterare il farmaco, risulta difficoltoso rispettare il giusto
dosaggio individuale in popolazioni libere, ci possono essere interazioni con il cibo che ne possono
ridurre o esaltare le attività, eventuale inappetenza nell’animale. Per ultimo non va trascurato che
una certa quantità di farmaco può essere dispersa con il cibo nell’ambiente con conseguenti
problemi di natura ecotossicologica.
Somministrazione parenterale.
Gli inconvenienti legati alla somministrazione orale possono essere superati utilizzando
preparazioni contraccettive iniettabili.
Questi preparati contengono ormoni dispersi in una
soluzione oleosa che garantisce una lenta cessione del farmaco. L’ormone che costituisce queste
preparazioni è solitamente un derivato del progesterone. Queste preparazioni possono essere attive
per tre mesi come il dimedrossiprogesterone acetato (DMPA) o per due mesi come il noretisterone
enantato (NET-EN).
Il metodo è molto efficace e presenta i seguenti vantaggi: riduzione del rischio di infiammazioni
pelviche e di cancro endometriale, diminuizione dell’endometriosi e della misura dei fibromi,
innalzamento della soglia delle convulsioni sistemiche.
Questi vantaggi si ottengono grazie
all’effetto combinato di inibizione dell'ovulazione, di riduzione del muco cervicale e di
soppressione dell’annidamento dell’ovulo a livello dell’endometrio.
Il DMPA presenta tuttavia un potenziale cancerogeno sulla ghiandola mammaria. L’uso delle
preparazioni iniettabili ha lo svantaggio di dover essere ripetuta più volte ad intervalli ravvicinati ed
inoltre presenta rischi tossicologici da non sottovalutare.
Infatti oltre alla potenziale azione
cancerogena sulla ghiandola mammaria si aggiungono altri effetti collaterali quali: iperplasia cistica
endometriale, soppressione adrenocorticale, induzione o aggravamento del diabete mellito. Questi
effetti sono comuni a tutti i progestinici. L’incidenza di questi effetti si è drasticamente ridotta
dopo l’introduzione dei progestinici di nuova generazione come ad esempio i derivati del 19-nortestosterone quali norgestrel, noretindrone, levonorgestrel. Da quest’ultimo derivano i progestinici
di terza generazione: desogestrel, gestodene, norgestimato.
Somministrazione sottocutanea.
I progestinici di seconda e terza generazione non sono però disponibili come preparazioni iniettabili
ma possono essere somministrati attraverso impianti sottocutanei.
In campo umano è stato
sperimentato ampiamente l'impianto a base di levonorgestrel che produce una contraccezione
effettiva per un periodo di cinque anni. Consiste di sei capsule Silastic ognuna delle quali contiene
36 mg di levonorgestrel ed ha un diametro di 2,4 mm e una lunghezza di 3,4 cm che rilasciano il
farmaco alla velocità di 0,080 mg/die nei primi sei-dieci mesi. La velocità del rilascio decade fino a
0,030 mg/die nei successivi cinque mesi ed è mantenuta a quei livelli fino alla fine dei cinque anni.
Questo sistema è altamente efficace, con una percentuale di fallimento intorno allo 0,05% dopo un
anno di utilizzo. In veterinaria viene utilizzato come progestinico il melengestrol acetato in Silastic
che rimane attivo per due anni ( 12 ).
Una recente preparazione a base di desogestrel che rilascia 0,067 mg di 3-keto-desogestrel nelle 24
ore oltre ad essere più efficace è stata formulata in modo tale da essere più facilmente impiantabile.
Questa potrebbe essere una soluzione soddisfacente per il controllo della fertilità nell’animale.
Questa tecnica richiede soltanto l’immobilizzazione dell’animale e rispetto alla tecnica chirurgica
non prevede anestesia, uso di antibiotici e taglio dei tessuti. Inoltre, come tutti i metodi ormonali è
reversibile ma, a differenza degli altri, ha il vantaggio di estendere gli effetti per un periodo di
tempo abbastanza lungo.
Metodo immunologico
Immunocontraccezione.
L’immunocontraccezione rappresenta una interessante evoluzione dei metodi contraccettivi
( 13 )
.
Questo metodo, da utilizzare nella femmina, rappresenta una interessante evoluzione dei metodi
contraccettivi. Si utilizza un vaccino costituito da IgG-anti zona pellucida: la zona pellucida che
circonda l’oocita e che compare nel follicolo di Graaf è la formazione che lo spermatozoo deve
attraversare per arrivare all’oocita. L’animale vaccinato avrà una normale ovulazione ma non
appena sull’ovulo compare la zona pellucida questa viene immediatamente attaccata dalle IgG già
all’interno dell’ovidutto e ciò comporta il blocco della via d’entrata dello spermatozoo e di
conseguenza la mancata fertilizzazione dell’ovulo
( 14 )
. La IgG-anti zona pellucida si ottiene
inoculando nell’animale da vaccinare un estratto di zona pellucida di un’altra specie ( in particolare
si utilizza la zona pellucida di bovino o maiale che si sono dimostrate le più adatte allo scopo ). I
primi vaccini così ottenuti hanno mostrato alcuni effetti collaterali: cicli estrali anormali, cisti
ovariche. Quando la tecnologia ha permesso di dividere la zona pellucida di maiale nei suoi
componenti si sono sperimentati vaccini più sicuri con conseguente scomparsa degli effetti
collaterali suddetti. In particolare si è capito che di tutta la zona pellucida i fattori importanti per la
fertilizzazione sono alcune glicoproteine
denominate ZP1, ZP2 e ZP3. Attualmente
l’immunizzazione si ottiene utilizzando come antigene non tutta la zona pellucida ma solo la
glicoproteina ZP3 essenziale per la fertilizzazione. Il vaccino può essere somministrato direttamente
sul campo anche iniettandolo a distanza con un’apposita pistola. I vantaggi di tale metodica
consistono nell’evitare l’alterazione dei normali processi di ovulazione, nel non introdurre
nell’organismo ormoni esogeni e nell’essere reversibile; infatti dopo tre-cinque anni
dall’immunizzazione l’animale ritorna ad essere fertile.
Questo metodo è stato ampiamente
sperimentato in clinica veterinaria su numerose specie animali.
Immunosterilizzazione.
Volendo ottenere un risultato irreversibile (così come nella sterilizzazione chirurgica) si può
procedere con la immunosterilizzazione che comunque è ancora poco praticabile. Questa tecnica
prevede di indurre nella femmina una reazione immunitaria sufficientemente potente da provocare
danni irreversibili a carico dell’ovaio. Si sta ancora valutando se ciò avviene senza provocare
patologie nell’animale sottoposto al trattamento.
CONSIDERAZIONI
Tra i vari metodi descritti quello che a nostro avviso presenta attualmente le migliori possibilità
d’applicazione è quello dell’immunocontraccezione tramite vaccinazione a cui sottoporre la
popolazione femminile di cani randagi.
I vantaggi che possono derivare dall’utilizzo di tale metodo rispetto alla sterilizzazione chirurgica
possono essere così elencati:


Riduzione costi - non è necessaria anestesia
-
-
non è previsto l’uso di alcun tipo di farmaco oltre al vaccino
-
-
non è necessario alcun periodo di degenza
-
-
il materiale d’uso è minimo e di semplice approvvigionamento
-
-
ottimizzazione degli interventi operativi
Riduzione rischi - non vi sono soluzioni di continuo a carico di alcun tessuto
- ridotti effetti collaterali

Riduzione tempi d’esecuzione - possibilità di sterilizzare più soggetti a parità di tempo
 Maggiore impatto sul contenimento demografico - possibilità di sottrarre alla potenzialità
riproduttiva di una popolazione molti più
soggetti contemporaneamente


Maggiore valenza bioetica - la sterilizzazione è reversibile dopo un certo numero di anni
-
-
assenza di mutilazioni anatomic
-- Possibilità di operare direttamente in campo.
CONCLUSIONI
Il fenomeno del randagismo canino non ha visto sinora una sua sensibile riduzione nel nostro paese
per svariati motivi (alcuni dei quali analizzati in premessa) e nel frattempo si è esaurita la spinta
propulsiva della L. n. 281/91. Pertanto nuove e più attuali strategie d’intervento devono essere
pensate, proposte, sperimentate e quindi validate.
La nostra proposta vuole essere un contributo che va proprio in questa direzione.
Una ipotesi operativa che se sperimentata con esiti positivi potrebbe risultare più efficace nel
controllare la riproduzione di popolazioni canine randagie in un lasso di tempo ragionevole.
Un’ipotesi che ottimizzando al massimo le scarse risorse sinora messe a disposizione potrebbe far
segnare alla Sanità Pubblica Veterinaria un importante punto a favore del ruolo centrale ad essa
demandata nella ricerca di soluzioni alle problematiche connesse alla gestione del sempre più
complesso rapporto Uomo-Animale-Ambiente.
Un contraccettivo valido deve possedere alcuni requisiti: impedire la gravidanza, essere sicuro, non
deve provocare patologie di alcun tipo, prevenire i comportamenti legati all’estro, essere di facile
somministrazione, avere effetto prolungato ed irreversibile.
BIBLIOGRAFIA
1) D. P. R. n. 320 dell’ 8 febbraio 1954
2) Circolare del Ministero della Sanità n.80, 30 agosto 1978
3) Legge n. 281 del 14 agosto 1991
4) Circolare del Ministero della Sanità n. 9 del 10 marzo 1992
5) Circolare del Ministero della Sanità n. 33 del 12 agosto 1993
6) Legge Reg. Lazio n. 34 del 21 ottobre 1997
7) Provvedimento della Conferenza Unificata del 18 marzo 1999
8) Circolare del Ministero della Sanità n. 5 del 14 marzo 2002
9) Papalia S., “I diritti degli animali”. Roma, (1998) CIDAS
10) Ettinger S.,“Trattato di medicina interna veterinaria”. Noceto, (1988) Edizioni SBM, 1725-1731
11) Virga A., “Il randagismo canino. Cause, effetti e prevenzione”. (1991) O. D. V., n. 1, 19-29
12) Hunter RP., Isaza R. Zoological pharmacology: current status, issues, and potential Advanced
Drug Delivery Reviews 54 (2002) 787–793.
13) Bradley MP., Eade J., Penhale J., Bird P. Vaccines for fertility regulation of wild and domestic
species Journal of Biotechnology 73 (1999) 91–101.
14) Fayrer-Hosken RA., Dookwah HD., Brandon CI.. Immunocontrol in dogs. Animal
Reproduction Science 60–61 2000 365–373.
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