MONTALE : PORTAMI IL GIRASOLE PORTAMI IL GIRASOLE Portami il girasole ch'io lo trapianti nel mio terreno bruciato dal salino, e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti del cielo l'ansietà del suo volto giallino. Tendono alla chiarità le cose oscure, si esauriscono i corpi in un fluire di tinte: queste in musiche. Svanire è dunque la ventura delle venture. Portami tu la pianta che conduce dove sorgono bionde trasparenze e vapora la vita quale essenza; portami il girasole impazzito di luce. PARAFRASI Portami il girasole, così che io possa trapiantarlo nel mio terreno, bruciato dall'aria salmastra, e questo possa mostrare il suo volto giallo (il girasole è giallo, in realtà) un po' timido verso il cielo azzurro per tutta la giornata. Le cose oscure (della vita, di tutti noi) si schiariscono pian piano, gli esseri viventi si dissolvono in un fiume di colori: e questi si trasformano in musica. Quindi, svanire, scomparire è l'avventura con la A maiuscola, l'esperieza più importante della vita. Portami tu la pianta che ci accompagna là dove nascono questi chiaroscuri (biondi = gialli come i girasoli) e la vita evapora come un profumo; portami quel girasole ebbro di luce. L’opera è della prima raccolta di Montale, "Ossi di seppia". Il metro è vario: dovrebbero essere tre quartine di versi endecasillabi (cioè versi accentati sulla 10a sillaba: versi 6,7,9,10,11), dodecasillabi (accentati sull'11a: versi 1,2,5,8) e alcuni alessandrini (cioè 7+7 divisi da una cesura -cioè una pausa centrale: versi 3, 4, 12), ma ci sono anche diverse interpretazioni. Ricorda che Montale agisce all'interno delle forme metriche tradizionali per corroderle... Figure retoriche: -sinestesia (fusione dei sensi: nella strofa 2, vista e udito) -simbolismo: pochi oggetti caricati di senso: girasole rappresenta la vitalità che esplode, il terreno bruciato l'aridità ->forte contrasto C'è tutta la forza di una preghiera e la debolezza del poeta, la cui anima è un terreno bruciato dal salino, una ferita di una terra dolorosa. Il girasole, pianta magica e dalle foglie gialle, come quei limoni cantati da Montale in altre liriche, è quasi reso in maniera antropomorfica, con quel volto giallino che chiude la prima quartina. Ma più che un uomo è un angelo, una divinità, un mago, che tende verso il cielo azzurro per ansia e bramosia di infinito: non un girasole, il girasole. La parte centrale esprime tutto il disincanto tipico della poetica di Montale: anche il cielo non è che illusione, ma una bellissima vanità, una musica che compensa l'inconsistenza di tutte le cose. Ecco il significato del passare dalla corporeità a sensazioni che vanno oltre l'estensione: la vista e poi l'udito, che dei sensi è il più volatile. La constatazione che lo svanire è la ventura delle venture ha anch'essa un che di magico: il morire nella musica, che è la cosa più vicina alla poesia, è un destino che ha in sé qualcosa di meraviglioso. In questo senso questa strofa simboleggia alla perfezione quella amara meraviglia che percorre come un filo continuo tutta la poetica di Montale. La parte finale riprende l'inizio del componimento per quanto riguarda l'invocazione e prosegue il tema del dissolvimento: trasparenze e verbi quali vapora fanno capire quanto ci stiamo allontanando dalla materialità per giungere all'essenza. Il girasole è ormai simbolo di un'ebbrezza quasi mistica, che rischiara la visione delle cose, estremo tentativo di una poesia che è anche filosofia, teoria (nel senso greco del termine: vedere) della luce, qualcosa di fronte al quale non si può fare altro che impazzire. Quello che sta chiedendo il poeta alla sua Musa non è conoscenza, è qualcosa di più, è quello che ai poeti, e anche a me, piace chiamare Illuminazione.