il libro del mese- Ermes Ronchi, Come un girasole. Ed. Messaggero Padova (prezzo € 7,00) Il libro è una raccolta di interventi sul tema della preghiera pubblicati dal Messaggero di sant’Antonio. E questa è anche la ragione della sua preziosità, perché non è riservato agli intellettuali, ma è rivolto a tutti, pur rimanendo rigoroso nei contenuti, ricco di spiritualità, di poesia e di umanità. Una dichiarazione d’amore. “Pregare non equivale a dire preghiere, con maggiore o minore attenzione. Forse, quando sono distratto, i miei pensieri non stanno pregando, e tuttavia io prego: pregano il mio corpo e il mio tempo. Prega la vita quando, per qualche tempo, voglio non anteporre nulla a Dio. E sto lì, alla presenza della Presenza. Quando, sia pur per un breve tempo, voglio che niente sia più importante di Dio. Questa decisione del cuore che cos’è se non una dichiarazione d’amore?” (p. 39). Come un girasole. “Il fiore che preferisco è il girasole. Mi piace la fiamma gialla dei suoi petali, dove si condensa la luce; sembrano i raggi di un ostensorio attorno allo scrigno, al tabernacolo dei cento semi. Mi piace l’arroganza dello stelo diritto e robusto, la danza immobile della sua corolla, il peso del frutto che ne fa reclinare il capo sul seno della terra….Ma tra tutte le creature, l’immagine più bella della preghiera è proprio il girasole: pregare è lasciarsi irradiare dal sole che è Dio; radicarsi con salde radici nella terra e poi muovere verso il cielo” (p. 50). Preghiera dal giornale. “Leggere il giornale significa accorgerti che il mondo è un immenso pianto, ma anche un immenso parto; significa esserne inorridito, stupito, allarmato, forse disamorato, ma anche, sovente, incantato; significa uscire dal tuo angolo e dalla tua superficialità, metterti in cammino verso il confine dell’uomo, e poi, carico di umanità, verso il confine del cielo. Pregare dal giornale diventa come la scala di Giacobbe: piedi sulla terra, cima nel cielo, per essa salgono e scendono uomini e angeli” (p. 75). Abbà, papà mio. “Quando pregate, dite: “Padre”. Perché il segreto della nostra vita è oltre noi. Nessuno è padre di se stesso. Dici: “Padre”, e ti apri a un “al di là” che annunci come il segreto del tuo vivere: senti che nella tua vita sono in gioco forze più grandi di te, che l’onda di un mare invisibile viene a battere sulle sponde della vita quotidiana” (p. 84). Un’idea immorale di Dio. “Spesso la volontà di Dio porta con sé l’idea di dolore e di sacrificio…Se pensiamo così, noi abbiamo un’idea immorale di Dio! In un Dio che ama il dolore dei suoi figli, io non credo. In un Dio geloso della nostra libertà, ladro della gioia di vivere, io non credo. Dio è l’amante della vita, non un misterioso padrone al cui capriccio cedere” (p. 100). Divinamente ingiusti. “Perdonaci come noi perdoniamo”. Non è una trattativa con Dio, un condizionamento posto al Signore; non è neppure la riscossione del credito che ho accumulato perdonando i miei fratelli. Si tratta invece di imparare il suo stile, imparare a essere come Dio, che è divinamente ingiusto, creativamente oltre la giustizia” (p. 116). [ fra Ermanno ] Lettera da l M o n t e nnoovveem mbbrree 22001111 V Veerrggiinnee,, oo nnaattuurraa ssaaccrraa Tre coppie di immagini ricorrono in questo inno di Turoldo a illuminare il simbolo della Vergine Madre: natura-isola, radice-colomba, arca-caravella. Esse evocano la vicenda del popolo di Israele nel suo favoloso nascere e formarsi lungo i secoli. Vi possiamo riconoscere descritta anche la nostra esistenza come singoli e come nuovo popolo di Dio. Secondo il sapiente disegno della liturgia con l’8 di dicembre una prima stella sorge a indicare il cammino di noi viandanti: la concezione immacolata per volere divino da cui sprigiona ogni forma di vita. La verità della nostra essenza umana sta tutta in uno stato di purezza incontaminata: “E Dio vide che tutto era bello e buono”. Siamo un’isola santa amata dal Creatore. Il disordine che ci pervade è causato dal nostro rifiuto ad assumere la santità del nostro essere, dalla cocciutaggine a viverci nell’incoscienza e nella paura. Per questo la figura della colomba segna la spinta inesausta a portare a compimento ciò che è insito allo stato potenziale nelle nostre radici. Lo Spirito è la potenza animatrice di questa ascesa verso la luce e la costruzione di forme belle del vivere. Attraversiamo il tempo come su una barca che è contenitore di sostegni per crescere e insieme un navigare fra le tempeste della storia puntando dritti verso la sponda che ci attende luminosa e trainante. I lampi e i tuoni si alternano a chiarori improvvisi forieri di emergenze sempre inattese di fecondità. Il futuro di Dio ci attrae in continuità carico di sorprese e di promesse rassicuranti: “Un bambino è nato per noi, ci è dato un figlio” (Isaia 9, 5), sorriso dei giorni. “O Pane disceso dal cielo, o Pane che nasci dalla terra, sia benedetto il giorno che ti abbiamo conosciuto. Benedetto soprattutto il giorno in cui la terra, finalmente risvegliata, ti conoscerà e non vivrà più che di te!” (G. Vannucci). La Vergine Immacolata che schiaccia la testa al serpente ci richiami sempre il nostro compito di popolo di Dio in lotta perenne con le forme del male e insieme vincitore su di esso perché il Signore è “sempre con noi fino alla fine dei tempi”. [ fra Francesco Geremia ]