Le determinanti della spesa pubblica

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interessi (circa il doppio delle principali economie europee) ed il valore elevato della spesa per
pensioni. Più alto della media è anche il valore relativo all’ordine pubblico. Più basso è invece il
livello delle altre prestazioni sociali, denotando un evidente sbilanciamento nei confronti della
spesa pensionistica.
Tabella 1.2 - La spesa pubblica per funzioni principali nel 2004 (in % del PIL)
Germania
Spagna
Francia
Italia
Regno Unito
Area Euro
6,1
4,8
7,3
8,7
4,6
7,0
Servizi pubblici generali
di cui: spesa per interessi
sul debito pubblico
2,8
2,0
2,7
4,7
2,0
3,1
Difesa
1,1
1,1
1,9
1,4
2,5
1,4
Ordine Pubblico
1,6
1,8
1,3
2,0
2,5
1,7
Affari Economici
3,6
5,0
3,0
3,9
3,0
3,9
Ambiente
0,5
0,9
0,8
0,8
0,7
0,7
Educazione
4,2
4,4
6,2
4,6
5,8
5,0
29,9
20,7
32,6
26,3
24,6
27,9
Spesa Sociale
di cui:
Sanità
Pensioni*
Altro (assistenza,
redistribuzione, etc.)
Spesa Totale
6,1
5,5
7,3
6,7
6,9
6,4
11,4
10,5
8,6
6,0
12,8
12,2
14,2**
4,9
6,6
7,0
11,5
8,8
47,1
38,8
53,2
47,7
43,7
47,6
Fonte: EUROSTAT (Classificazione COFOG) ; * dati dal rapporto “The Impact of Ageing on Public Expenditure”, Febbraio
2006, Gruppo di lavoro sull'Invecchiamento - Comitato UE di Politica Economica.
** Tale valore non tiene conto della revisione della serie del PIL effettuata in Contabilità Nazionale nel marzo 2006, in base alla
quale il rapporto risulta essere pari a 13,8%.
Assumendo un livello della spesa pubblica invariato rispetto al PIL e non volendo offrire
nessuna prescrizione di politica economica, è un fatto che se solo la spesa per interessi e quella
pensionistica fossero in linea con le altre grandi economie europee, l’Italia avrebbe ogni anno
circa 50-60 miliardi di euro (circa 4 punti di PIL) da destinare ad altre finalità quali un più rapido
raggiungimento del pareggio di bilancio, l’investimento in infrastrutture e in ricerca, lo sviluppo
degli ammortizzatori sociali e la riduzione del prelievo fiscale.
1.2 Le determinanti della spesa pubblica
Al di là di ciò che quantitativamente emerge dall’analisi dell’andamento e della
composizione, la possibilità di modificare la spesa pubblica è funzione della capacità di
interpretare le ragioni per cui essa è storicamente cresciuta e perché è risultato così complesso
contenerla, nonostante i molti provvedimenti di contenimento introdotti nel corso degli anni.
Vanno analizzati in particolare i meccanismi economici, politici ed istituzionali alla base di tali
andamenti.
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In uno studio del 2002, la Commissione Europea mostra come numerose analisi empiriche e
teoriche abbiano cercato di dare adeguate risposte a tali quesiti.4 Nessuna interpretazione
proposta, se presa isolatamente, garantisce un’adeguata comprensione del fenomeno. Tuttavia
una loro attenta disamina nonché la verifica della loro rilevanza nel caso italiano possono
contribuire a chiarire alcuni aspetti della questione.
In sintesi, la Commissione Europea analizza quattro principali fattori che sottendono gli
andamenti della spesa pubblica nei paesi europei, tre dei quali di natura economica ed uno di
natura più propriamente politico-istituzionale.
Partendo dalla sfera economica, un primo elemento esplicativo si basa sulla verifica
dell’ipotesi che la spesa pubblica aumenti in risposta all’aumento del reddito disponibile dei
cittadini. In altre parole, all’aumentare del reddito pro-capite aumenta la richiesta di alcuni beni e
servizi pubblici (come l’istruzione o la sanità) determinando un aumento complessivo della spesa
pubblica. Tale fenomeno empirico, anche noto come “Legge di Wagner”, sembra essere una
buona spiegazione dell’andamento della spesa soprattutto quando i livelli di questa ultima (e del
reddito) risultano ancora bassi.5 Il rapporto della Commissione mostra come vi sia stata una forte
correlazione positiva tra redditi pro-capite e spesa pubblica in Europa per tutti gli anni ’70 e fino
alla metà degli anni ’80.
Una seconda spiegazione economica, non necessariamente alternativa alla precedente, è
basata sul comportamento inerziale della spesa pubblica e sulla rigidità verso il basso. Partendo
da una idea consolidata in economia, che la spesa pubblica aumenta in concomitanza di eventi
straordinari come guerre o calamità naturali per poi non retrocedere ai livelli raggiunti prima che
il fenomeno eccezionale avvenisse, si osserva empiricamente che la spesa in rapporto al PIL
aumenta nelle fasi di rallentamento dell’economia in funzione anticiclica e rimane
sostanzialmente costante nei periodi di ciclo economico favorevole.6
Come mostra la figura 1.3, ciò è stato particolarmente evidente in Italia: la spesa cresce molto
considerevolmente nei tre periodi (1980-1983; 1989-1993 e 2001-2005) in cui l’economia
subisce un rallentamento, sia come effetto di politiche anticicliche, sia come conseguenza della
rigidità dell’offerta di beni e servizi pubblici, sia anche per la ridotta dinamica del prodotto
interno lordo. Va considerato inoltre che tali andamenti non si registrano in paesi come il Regno
4
Commissione Europea, 2002, Public Finance in EMU.
Su questo punto, si veda anche Francese M., Franco D. e R. Giordano (2005).
6
I periodi di rallentamento sono definiti come quelli in cui l’output gap - definito come la differenza tra crescita
attuale e quella potenziale diviso la crescita potenziale - è decrescente mentre la spesa pubblica presa in
considerazione nell’analisi è depurata dalla componente spesa per interessi (che dipende dal livello del debito e dal
tasso di interesse che sono largamente al di fuori del controllo immediato del governo) e dalla spesa in conto capitale
(che riflette decisioni che vanno al di là dei fenomeni congiunturali).
5
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Unito e gli Stati Uniti dove la spesa mostra una maggiore flessibilità e, una volta terminata la fase
di rallentamento economico, tende a ritornare ai livelli precedenti.
Figura 1. 3 - Spesa e ciclo economico in Italia
% del PIL
42
Fasi di rallentamento dell'economia
41
40
39
38
37
spesa corrente primaria
36
35
34
33
32
1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Fonte: Commissione Europea, Banca dati AMECO
Un terzo elemento esplicativo degli andamenti della spesa pubblica può essere costituito da
un effetto di prezzo. In sintesi, la spesa pubblica totale è determinata sia dalla quantità di beni e
servizi acquistati, sia dal loro prezzo. La spesa pubblica in rapporto al PIL pertanto aumenta se il
costo dei beni e servizi pubblici cresce nel tempo più di quello privato. È, questo, il risultato del
noto “effetto di Baumol” per cui la dinamica della produttività del settore pubblico rimane
inferiore a quella del settore privato7.
Per analizzare il ruolo che la dinamica dei prezzi dei beni e servizi pubblici ha avuto
sull’accumulazione di spesa pubblica, risulta utile costruire un indice sintetico calcolato come
rapporto del deflatore del consumo pubblico (consumi intermedi e salari) rispetto al deflatore dei
consumi privati. Tale indicatore va valutato con cautela e rappresenta probabilmente una
7
Si veda Baumol e Bowen (1965).
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sovrastima dell’effetto Baumol.8 La figura 1.4 evidenzia come, con l’eccezione di qualche breve
periodo (compreso il consolidamento della metà degli anni ’90), l’indice presenta un andamento
chiaramente crescente nel tempo. In altri termini l’aumento della spesa pubblica è stato anche
determinato dall’aumento dei costi e non solo (o non tanto) dall’aumento delle quantità di beni e
servizi offerti. Ciò, pur considerando condizioni di ridotta concorrenzialità in alcuni settori
(sanità, forniture militari, ecc,) nella produzione di beni e servizi oggetto di consumi pubblici,
potrebbe indicare l’esistenza di un margine di riduzione della spesa pubblica migliorando
l’efficienza della stessa senza intaccare le quantità di beni e servizi offerti. A conferma di ciò, la
figura evidenzia come, pur se tale fenomeno si riscontra anche negli altri paesi europei, esso è, a
partire dalla metà degli anni ‘80 chiaramente più marcato in Italia.
Per valutare la rilevanza di questo aspetto, se la componente dei consumi pubblici avesse
avuto negli ultimi 10 anni un andamento simile al deflatore dei consumi privati, il livello della
spesa per consumi finali sarebbe inferiore di circa il 13% rispetto a quella attuale. In termini
assoluti, si tratterebbe di circa 25-30 miliardi di spesa pubblica in meno.
Figura 1. 4 - Rapporto tra il deflatore dei consumi pubblici e dei consumi privati (1960=100)
190
indice
170
150
130
110
20
08
20
05
20
02
19
99
19
96
19
93
19
90
19
87
19
84
19
81
19
78
19
75
19
72
19
69
19
66
19
63
19
60
90
anni
Germania
Francia
Italia
FONTE: Calcoli basati su dati Commissione Europea, banca dati AMECO
8
Infatti il deflatore dei consumi pubblici contiene una componente legata ai salari della Pubblica Amministrazione,
la cui dinamica riflette anche aumenti della produttività e non soltanto un aumento dei costi relativi.
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In quarto luogo, vi sono considerazioni di natura politico/istituzionale che possono
contribuire a spiegare la dinamica di lungo periodo della spesa pubblica9. Elementi quali una
legge elettorale su base proporzionale rispetto a una legge elettorale su base uninominale oppure
un regime parlamentare piuttosto che presidenziale contribuirebbero ad un aumento della spesa
pubblica. Ciò si verifica in quanto i vari gruppi di interesse e le lobby hanno in diversi contesti
politico-istituzionali una diversa probabilità di ottenere specifici programmi di spesa in loro
favore. Il finanziamento di tali programmi, in assenza di un processo di internalizzazione
dell’effetto sulla spesa complessiva, determina in aggregato un aumento della spesa. Anche una
distribuzione del reddito sperequata, con gruppi poco numerosi a redditi alti e gruppi numerosi a
redditi bassi, determinerebbe l’innalzamento della spesa pubblica. Il meccanismo si basa sulla
teoria dell’elettore mediano, ovvero sul fatto che la maggioranza dei votanti appartenga a gruppi
con redditi medio-bassi e sia di conseguenza favorevole all’aumento dei trasferimenti e della
spesa per servizi pubblici in genere.
1.3 La qualità della spesa pubblica
Vi è dunque una crescente consapevolezza della necessità di individuare i meccanismi
sottostanti all’andamento della spesa pubblica per migliorare la qualità dei servizi offerti, a
prescindere dal livello ottimale dei servizi che si ritiene di voler offrire alla collettività.
I Ministri delle Finanze dell’Unione Europea, nel Consiglio informale ECOFIN di Berlino del
20-21 Aprile 2007, hanno convenuto sul fatto che una delle sfide più pressanti nei paesi membri
sia quella di accrescere l’efficienza della spesa pubblica: la capacità di ottimizzare le attività del
settore pubblico e di raggiungere migliori risultati usando le risorse pubbliche rappresentano per i
Ministri dell’UE esigenze non più rinviabili.10 L’uso efficiente delle risorse pubbliche non solo è
indispensabile al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica del Patto di Stabilità e
Crescita, ma anche per stimolare la crescita economica. Inoltre, tali politiche possono meglio
venire incontro alla domanda da parte dei cittadini per una più alta qualità e miglior trasparenza
nella gestione della cosa pubblica
Misurare l’efficacia e l’efficienza della spesa pubblica è dunque un elemento imprescindibile
per avviare l’auspicato processo di riforma. Tuttavia tale esercizio non è di facile attuazione.
Concettualmente l’efficienza viene definita dalla relazione tra risorse impiegate (input) e beni e
9
Tali aspetti sono stati ampiamente analizzati da Persson e Tabellini (2000; 2003).
Il comunicato del Consiglio ECOFIN è disponibile al seguente link:
http://www.eu2007.de/en/News/Press_Releases/April/0421ECOFIN.html
10
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