Traduzione di Luisa Avitabile da N. Luhmann, Das Recht der Gesellschaft (materiale ad uso didattico) LA FUNZIONE DEL DIRITTO I La domanda sulla funzione del diritto viene posta qui con riferimento al sistema della società. In altre parole, si tratta di quale problema del sistema della società viene risolto con la differenziazione di norme specificamente giuridiche e quindi tramite la differenziazione di uno specifico sistema giuridico. Con ciò si escludono innanzitutto le questioni di tipo psicologico e antropologico1. Questo non deve significare che siano da respingere in quanto inopportune. Ma il loro problema è che gli uomini sono dati empiricamente solo come individui ed è difficile controllare le dichiarazioni generiche sugli uomini, sulla coscienza, sulla persona. Con società supponiamo invece un singolo sistema, anche se molto complesso, che si può osservare in modo assolutamente empirico, dato in modo concreto nelle comunicazioni correnti. Per questo non dobbiamo cercare e verificare nessuna dichiarazione che si possa generalizzare per un numero elevato di sistemi diversificati. Rispetto al sistema della società si può discutere se, e in che senso, ci siano “problemi di riferimento” e quindi funzioni, a prescindere dalla differenziazione di operazioni corrispondenti e Helmut Schelsky per primo ha sostenuto in modo energico un’opinione contraria che si ritrova in Malinowski. Vd. Systemfunktionaler, anthropologischer und personfunktionaler Ansatz der Rechtssoziologie, in H.SCHELSKY, Die Soziologen und das Recht: Abhandlungen und Vorträge zur Soziologie von Recht, Institution und Planung, Opladen 1980, p.95-146. Cfr. inoltre N. BOBBIO, L’analisi funzionale del diritto: tendenze e problemi, in ID., Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del diritto, Milano 1977, p. 89-121 (111 ss.) con una distinzione tra riferimenti funzionali sociali e individuali. 1 119 di sistemi di funzioni. È chiaro il pericolo di una risposta solo tautologica (che tuttavia sarebbe valida anche per approcci utilitaristici oppure orientati ai bisogni). A questo problema sfuggiamo attraverso l’astrazione. Descriviamo il problema del riferimento della funzione del diritto in altri concetti più astratti dello stesso diritto. Forse i logici la chiamerebbero “sviluppo” della tautologia, cioè dispiegamento di un circolo autoreferenziale in identità distinguibili. L’ipotesi esplicitata di seguito sostiene che il diritto risolve un problema temporale che si pone sempre nella comunicazione sociale, se proprio la comunicazione corrente non basta a se stessa – sia come espressione, sia come “praxis” –, ma nell’estensione temporale del suo significato si orienta ad aspettative ed esprime aspettative. La funzione del diritto ha a che fare con le aspettative; in particolare se si ferma alla società e non solo agli individui, con la possibilità di comunicare aspettative e di condurle al riconoscimento nella comunicazione2. Con “aspettativa” non intendiamo, quindi, uno stato di coscienza attuale di un individuo determinato, ma un aspetto temporale del senso delle comunicazioni. Con l’accentuazione della dimensione temporale, come base della funzione del diritto, contraddiciamo un vecchio principio della sociologia del diritto che aveva posto l’accento sulla funzione sociale del diritto con concetti come “controllo sociale” o “integrazione”3. Nella scelta di questi concetti che Nelle prospettive individualistiche (e dunque: utilitaristiche) l’autore più importante per tale questione è Jeremy Bentham. Vedi, per il tema della sicurezza dell’aspettativa, B. G. J. POSTEMA, Bentham and the Common Law Tradition, Oxford 1986, p.159 ss. 3 Cfr. solo R. POUND, Social Control through Law, New Haven 1942; T. PARSONS, The Law and Social Control, in W. M. EVAN (ed.), Law and Sociology, New York 1962, p.56-72, e con un corrispondente sguardo retrospettivo storico-teorico a una sociologia del diritto che non apprezzerebbe sufficientemente il diritto nella sua funzione sociale, ID., Law as an Intellectual Stepchild, in H. M. JOHNSON (ed.), Social System and Legal Process, San Francisco 1978, p.11-58. Inoltre H. C. BREDEMEIER, Law as an Integrative Mechanism, in EVAN loc. cit., p.73-90; F.J. DAVID e al., Society and the Law: New Meanings for an Old Profession, New York 1962, p.39 2 120 sono centrali per la comprensione del sistema sociale per eccellenza, si corre tuttavia il pericolo di non riconoscere le caratteristiche del diritto4. Il vantaggio di focalizzarsi su un’unica funzione (certamente: primaria) viene pagato con un sovraccarico di equivalenti funzionali e con la conseguenza che la differenziazione del diritto può essere compresa soltanto a livello della professione e dell’organizzazione. Va da sé che ciò che non si può contestare è la rilevanza sociale del diritto, ma si può mettere fortemente in dubbio la sua funzione integrativa. Su questo è stata richiamata l’attenzione soprattutto dal movimento critical-legal-studies e da altri critici ispirati da Marx. Sfuggiamo a questa disputa spostando il problema nella dimensione temporale e vediamo il significato sociale del diritto nel fatto che se le aspettative possono essere stabilizzate nel tempo ne derivano delle conseguenze sociali. ss.; M. ATIENZA, Introduccion al Derecho, Barcelona 1985, p.61 ss.; D. BLACK, The Social Structure of Right and Wrong, San Diego 1993. Oggi si indica soprattutto Jürgen Habermas come rappresentante di una funzione socio-integrativa del diritto. Vedi Faktizität und Geltung: Beiträge zur Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen Rechtsstaats, Frankfurt 1992; [trad.it. Fatti e norme, Napoli, 1996]. Nella sua sistematica realizzazione di questo pensiero si indicano paradigmaticamente le difficoltà nelle quali si cadrebbe se si trattasse di dare un nome alle operazioni che adempiono effettivamente a questa integrazione. È solo lo scambio di ipotesi sul che e sul come un’intesa comunicativa potrebbe essere raggiunta? O soltanto “circuiti comunicativi – per così dire senza soggetto [subjektlos] – rappresentati dai fori e dai corpi legislativi” (trad. ted. loc. cit. p.170, trad. it. p.163)? Oppure è l’eloquente empatia di coloro che in ogni occasione esternano il loro coinvolgimento nella sorpresa di quelli che sono sorpresi? Oppure come è possibile, per argomentare su un caso, trovare una regolazione ai problemi di immigrazione, “richiede una disciplina che risponda all’eguale interesse sia degli associati sia dei richiedenti” (trad. ted. loc.cit.p.158, trad. it. p. 151), se si deve scoprire prima, a quale regolazione potrebbero aderire tutti quelli che sono sorpresi? 4 A questo mira l’idea della “double institutionalization” in P. BOHANNAN, Law and Legal Institutions, International Encyclopedia of the Social Sciences, vol. 9, Chicago 1968, p.73-78, che però indica più problemi che soluzioni. 121 Evidentemente le operazioni sociali richiedono tempo. Anche se ogni singola comunicazione dura solo un breve momento, anzi non dura affatto, ma scompare di nuovo nel momento della sua attualizzazione, tuttavia da questo dipende il suo determinarsi mediante una connessione ricorsiva nel tempo, cioè: riferirsi ad una comunicazione già passata ed a future possibilità di connessione. Ogni comunicazione vincola il tempo in quanto determina da quale stato sistemico deve cominciare la comunicazione successiva5. Da tutto questo si deve distinguere la cristallizzazione del senso per uso ripetuto, come la formazione del senso delle parole, dei concetti e delle dichiarazioni veritiere6. Vogliamo denominare semantica tali assunzioni di un vincolo per un sistema di comunicazioni. Solo la sedimentazione di una semantica per uso ripetuto conduce a vincoli temporali in senso più stretto, dei quali si discuterà in seguito. Le riutilizzazioni del significato comunicato succedono a una doppia esigenza, in quanto esistono come risultato di queste, di un senso fissato dal punto di vista linguistico e in quanto comunicazione sociale differenziata. Da una parte, devono condensare l’indicazione impiegata per garantire che possa essere riconosciuta come la medesima, anche in un contesto nuovo. Per questo nascono le invarianze re-identificabili. D’altra 5 A dire il vero questo vincolo temporale si può boicottare in modo esplicito, si reagisce in modo da sospenderlo, però così si richiama l’attenzione solo sul caso contrario. 6 Supponiamo che questo significato insito è una prestazione della comunicazione sistemica e non una prestazione della coscienza; e meno che mai una rappresentazione di fatti esterni alla coscienza. Per la critica (usuale) di tali rappresentazioni cfr. D. MACCANNEL/J. F. MACCANNELL, The time of the Sign: A Semiotic Interpretation of Modern Culture, Bloomington Ind. 1982, in part. p.152 s.; B. SHANON, Metaphors for Language and Communication, Revue internationale de systémique, 3 (1989), p.43-59. La posizione qui assunta costringe a rinunciare alla rappresentazione che la comunicazione sia un “trasferimento” di senso preconcetto a un altro sistema. 6 In questo senso A. KORZYBSKI parla del time-binding come funzione del linguaggio, Science and Sanity: an Introduction to Non-aristotelian Systems and General Semantics (1933), 4. ed. Lakeville 1958. 122 parte, devono confermare il senso riutilizzato, anche quando lo mostrano adattato ad un contesto diverso. Per questo risultano eccedenze di rinvio, dimostrabili fenomenologicamente che rendono indefinibile ogni stabilizzazione concreta di senso e mettono qualunque altro utilizzo per una costrizione selettiva7. A questo punto, descriviamo la genesi del senso8 con una forma estremamente astratta. Soltanto chi coesegue questa logica del condensare e del confermare può partecipare alla comunicazione linguistica e può accoppiare la sua coscienza alle operazioni sociali. Con una concettualità molto vaga questo stato di cose è stato denunciato come forza o violenza del linguaggio9. Ma ci sarebbe da rispondere ancora ad una questione decisiva: in che modo può essere chiarita l’ubiquità della forza in un sistema molto complesso. Evitiamo le parole forti e i relativi pregiudizi. Ma riteniamo che già a questo livello il vincolo temporale non sia privo di conseguenze sociali. Il che è valido a maggior ragione se ci avviciniamo alla dimensione delle aspettative normative e quindi alla funzione del diritto. Le ripetizioni che rendono possibile e che accompagnano la relativa condensazione e conferma limitano lo spazio che sarebbe dato dall’arbitrarietà della relazione tra segno e significato. Ne risultano norme per parlare correttamente e, oltre 7 Per questa tesi di una doppia esigenza (Doppelerfordernisses), ma non per la sua interpretazione, seguiamo G. SPENCER BROWN, Laws and Form, cit. nella ristampa New York 1979, p.10. 8 In modo più dettagliato N.LUHMANN, Identität-was oder wie?, in ID., Soziologische Aufklärung vol.5, Opladen 1990, p.14-30. 9 Per esempio Pierre Bourdieu parla di pouvoir symbolique, rapports de force, domination rispetto ad ogni alternativa di libertà e coercizione. Vedi : Ce que parler veut dire: l’économie des échanges linguistiques, Paris 1982. Per l’applicazione all’uso politico della lingua cfr. W. BERGSDORF, Herrschaft und Sprache: Studien zur politischen Terminologie der Bundesrepublik Deutschland, Pfullingen 1983, con chiare riserve nei confronti delle possibilità di una manipolazione puramente linguistica. A questa relazione appartiene anche l’eloquente lamentela sulla “mancanza della parola” delle donne e il loro danno in determinati casi di differenziazione sessuale linguistica. 123 a ciò, norme per usare il linguaggio in modo idoneo, accettate ed eseguite, anche se si potrebbe operare diversamente. Le sanzioni si trovano solo nella ricerca dell’autocorrezione della comunicazione10, cosa dimostrata dalle ricerche “etnometodologiche”. Le norme delimitano la contingenza della limitazione di contingenza, vale a dire il consolidamento della sperimentata limitazione dell’uso arbitrario del segno. L’unica alternativa a questa normatività fondante è l’anomia, come ha fatto notare soprattutto Durkheim. La schematizzazione giusto/falso, accettabile/inaccettabile, normale/differente o infine diritto/non-diritto si trova già in entrambi i versanti della distinzione all’interno dell’ordine sociale. Resta nella dimensione del comprensibile anche la parte della distinzione giudicata in modo negativo; proprio questa si può comunicare e si comunicherà. La valutazione negativa di una possibilità di deviazione, data in genere proprio dalla norma, definisce i costi sociali del vincolo temporale e allo stesso tempo colui che dovrà eventualmente sopportarli. Essi vengono esposti nel sistema, non lasciati certo all’ambiente e quindi ignorati. Naturalmente all’interno del sistema giuridico non è coinvolta soltanto una valutazione comunicativa della comunicazione, bensì – su questa base! – della comunicazione su tutti i tipi di comportamento compresi e normati dal diritto. A fondamento si pone però anche qui quella condizione della dearbitrarizzazione delle relazioni, e anche qui si deve scontare il vincolo temporale nella forma costituita e annoverata come “non-diritto”. Se, e nella misura in cui, per la sicurezza di questo vincolo temporale, si devono sostenere anche aspettative che non corrispondono per niente alla realtà, ma che devono resistere ad eventuali delusioni, allora aumenta di colpo la problematica sociale. Chi si dichiara per tali aspettative deve decidere in anticipo i conflitti, senza sapere chi e in che modo vi prenderà parte. Il vincolo temporale pregiudica la parzialità sociale. La 10 Cfr. H. GARFINKEL, Studies in Ethnometodology, Englewood Cliffs N.J. 1967. 124 libertà di condotta viene limitata in anticipo, se non di fatto, di certo a livello delle aspettative. Sono a priori pregiudicati quelli che – per qualunque motivo personale, situazionale o oggettivo – desidererebbero disattendere le aspettative. Il diritto discrimina. Decide per l’uno e contro l’altro – e questo in previsione di un futuro non ancora determinato in tutti i suoi particolari. Di consueto la problematica di tale vincolo temporale scopre che il diritto si aggiudica una funzione motivazionale. Anche questo sta nel simbolico del “dovere” delle sue aspettative. Da coloro che sono screditati dal diritto, quindi dagli assassini e dai ladri, ci si aspetta che apprendano e si adattino, sebbene non venga coinvolta né la loro vita, né la loro proprietà, ma quella degli altri11. Ma questo accade solo perché si vuole essere sicuri dell’insicurezza inerente, in riferimento al futuro. Questo riferimento al futuro della funzione del diritto spiega il bisogno di simbolizzazione di ogni ordinamento giuridico. Le norme giuridiche hanno la struttura di aspettative generalizzate simbolicamente. Con ciò non vengono date solo indicazioni generalizzate che dipendono dalle situazioni, bensì i simboli stanno sempre per qualcosa che come tale è invisibile e non può diventare visibile – in questo caso il futuro. Attraverso le simbolizzazioni la società genera stabilità e sensibilità specifiche, lo si apprende anche nella dimensione della religione. Si fa assegnamento sul simbolo proprio perché non si può vedere ciò che con esso si intende. Il segno diventa riflessivo come segno, è precisato come segno e questo ci 11 La chiarezza e la necessità di limitazione che qui si evidenziano sono state riconosciute e tematizzate soprattutto da Thomas Hobbes – come si sa: senza alcuna influenza sulla prassi giurisprudenziale del suo tempo. Per formulare il problema non si ha neppure bisogno di adoperare, come deve mostrare il nostro testo, il linguaggio dei “diritti soggettivi” (pur tuttavia vicino al diritto). Con questo passo astratto si amplia dunque il campo visuale da una teoria politica, formulata ancora nel contesto della “civil society”, a una teoria della società, nella quale il sistema politico e il sistema giuridico percepiscono funzioni parziali del sistema. 125 definisce il concetto di simbolo. Ma non può essere escluso in modo efficace che si imponga una realtà diversa e che alla fine ci si veda ingannati. Allora l’effetto supera di gran lunga il motivo dato. Stando a tutto questo, il riferimento temporale del diritto non è né nella sola durata della validità delle norme, distinte in modificabili/immodificabili, né nella storicità immanente del diritto12. Non sta nemmeno nel fatto che il “materiale” del diritto, la condotta umana, è dato in uno spazio e in un tempo. Sta nella funzione delle norme, vale a dire nel fatto che si tenti di adattarsi, per lo meno sul piano delle aspettative, ad un futuro ancora sconosciuto, genuinamente insicuro. Di conseguenza, con le norme varia anche la proporzione con cui la società stessa produce un futuro insicuro. Evidentemente vi è un incremento di vincoli temporali sul piano dell’aspettativa controfattuale stabilizzata in contraddizione con ciò che nell’ambito della convenienza sociale si potrebbe presupporre come piacere. Un’estensione e un’intensivizzazione dei vincoli temporali normativi produce nuove occasioni di consenso/dissenso nella dimensione sociale. Produce situazioni decisionali proprie, mentre definisce le situazioni in modo tale da dover decidere pro o contro l’aspettativa. Produce devianza, come dicono i sostenitori del “labeling approach”. Naturalmente produce anche conformità. Il risultato è proprio la forma a due versanti consenso/dissenso con le tensioni sociali che in essa si accendono. Il risultato è anche una separazione, una biforcazione con la conseguenza tipica della biforcazione: che una storia risulta a seconda di quale via viene percorsa e che piccoli motivi di partenza possono realizzare sviluppi considerevoli tramite forti deviazioni. Detto in generale, questa analisi indica che i vincoli temporali non sono privi di costi sociali; o ancora più in generale: che la dimensione temporale e la dimensione sociale 12 Su questo specialmente M. BRETONE, Le norme e il tempo: fra tradizione classica e coscienza moderna, Materiali per una storia della cultura giuridica, 19 (1989), p.7-26. 126 del senso, perché incluso in ogni esperienza significativa, si distinguono certo sotto il profilo analitico, però sotto quello empirico non sono isolate l’una dall’altra. Perciò per noi è valido il diritto come una forma riferita al problema della tensione tra dimensione temporale e dimensione sociale rendendo possibile sopportarla anche a condizione di un incremento evolutivo della complessità sociale. Non si è ancora deciso provvisoriamente entro quali limiti e per quanto. La forma del diritto si trova tuttavia nella combinazione di due distinzioni, vale a dire nella modalità cognitivo/normativa dell’aspettativa e del codice diritto/non-diritto. Tutti gli adattamenti sociali del diritto operano in questo quadro e variano il senso oggettivo, il “contenuto” delle norme giuridiche e i programmi che di volta in volta regolano una “giusta” attribuzione dei valori diritto e non-diritto, per mantenere il vincolo temporale e il consenso/dissenso in una zona di reciproca compatibilità. E poiché la dimensione materiale percepisce questa funzione compensativa non c’è alcuna definizione materiale del diritto. Al suo posto subentra la referenza sistemica “sistema giuridico”. II Con l’analisi svolta nella sezione precedente, la domanda sulla funzione del diritto è stata posta su due binari diversi – a seconda di come si formula il problema del riferimento. Da un punto di vista astratto, il diritto ha a che fare con i costi sociali del vincolo temporale delle aspettative. In concreto, si tratta della funzione di stabilizzare le aspettative normative per mezzo della regolamentazione della loro generalizzazione temporale, oggettiva e sociale13. Il diritto rende possibile poter sapere in 13 Così N. LUHMANN, Rechtssoziologie, 2. ed. Opladen 1983, p.40 ss. Cfr. anche ID., Die Funktion des Rechts: Erwartungssicherung oder Verhaltenssteuerung? in ID., Ausdifferenzierung des Rechts: Beiträge zur 127 quali aspettative vi è un fondamento sociale e in quali no. C’è questa sicurezza dell’aspettativa, si può attendere alle delusioni della vita quotidiana con una tranquillità maggiore; perlomeno si può contare sul fatto di non venire screditati nelle proprie aspettative. Se si può dare fiducia al diritto14, ci si concede il lusso di una fiducia, oppure di una sfiducia più a rischio. E questo significa non da ultimo: si può vivere in una società più complessa, in cui non bastano più i meccanismi personali o interattivi della certezza della fiducia15. Ma con ciò il diritto è incline anche a una crisi di fiducia intermediata simbolicamente. Se il diritto non è più rispettato o, nei limiti del possibile, imposto, le conseguenze superano di gran lunga ciò che è definito immediatamente violazione del diritto e il sistema ricorre a numerose forme immediate di protezione della fiducia. In ogni caso, cominciamo dal fatto che il diritto adempia soltanto a una funzione che può suddividersi naturalmente in ulteriori problemi e quindi in subfunzioni16. Da un punto di vista Rechtssoziologie und Rechtstheorie, Frankfurt 1981, p.73-91 [trad. it. La differenziazione del diritto, Bologna, 1990, p. 81-101]. 14 Cfr. B. BARBER, The Logic and Limits of Trust, New Brunswick N.J. 1983, p.22 s. e passim. 15 Cfr. anche N. LUHMANN, Vertrauen: Ein Mechanismus der Reduktion sozialer Komplexität, 3 ed. Stuttgart 1989, p. 50 ss. [trad. it. La fiducia, Bologna, 2002, p. 44 ss.]; ID., Familiarity, Confidence, Trust: Problems and Alternatives, in D. GAMBETTA, (ed.), Trust: Making and Breaking Cooperative Relations, Oxford 1988, p.94-107. 16 Joseph Raz elabora un complesso tableau di funzioni del diritto, On the Functions of Law, in A. W. B. SIMPSON (ed.), Oxford Essays in Jurisprudence (Second series), Oxford 1973, p. 278-304. La sua distinzione fondamentale tra funzioni normative e sociali evidenzia il problema che qui è centrale: la funzione sociale della forma normativa di aspettative. V. FERRARI, Funzioni del diritto. Saggio critico-ricostruttivo, Roma 1987, p.87 ss. discute di tre diverse funzioni del diritto che tuttavia trascendono il diritto (orientamento sociale!), respinge però la ricapitolazione in una formula unitaria, perché in questo modo non potrebbero più essere realizzate le esigenze concettuali dell’idea di funzione. Anche altrove si trova spesso la premessa che il diritto adempia a un’enorme quantità di funzioni, sotto forma di una nuda elencazione. Vedi per es. DAVIS e al. loc.cit. (1962), p. 65 ss.; M. VAN DE KERCHOVE/F. OST, Le système juridique entre ordre et désordre, 128 analitico si possono certo identificare innumerevoli problemi di riferimento e quindi innumerevoli funzioni a seconda di quale paradigma si voglia tracciare e quali equivalenti funzionali si intendano tematizzare. In questo senso, il diritto ha, in definitiva, anche la funzione di procurare ai giuristi il loro pane quotidiano. Se si tratta però della differenziazione di un sistema di funzioni sociale, allora supporre un’unica funzione conduce a risultati univoci. Ogni pluralità di funzioni condurrebbe a problemi di parziali coincidenze e a confusioni nella delimitazione del diritto. La nostra definizione funzionale del diritto ha conseguenze determinate per il concetto di norma (o in modo più circostanziato: del modus normativo delle aspettative). Diversamente da una diffusa letteratura teoretico-giuridica, il concetto non viene determinato dall’indicazione di particolari caratteristiche essenziali bensì da una distinzione, vale a dire dalla distinzione tra possibilità di condotta in caso di delusione17. O si rinuncia alle proprie aspettative pensando che Paris 1988, p.161 ss. in chiusura a R. SUMMERS/CH. HOWARD, Law, Its Nature, Functions and Limits, 2.ed. Englewood Cliffs N.J.1975. (In tutto ciò non c’è naturalmente proprio nessun dubbio che un osservatore, per il quale non si tratta del problema dell’unità del diritto, possa analizzare il diritto sotto molteplici e diversi punti di vista funzionali, perché ogni norma ha una propria funzione). W. J. CHAMBLISS/R. B. SEIDMAN, Law, Order, and Power, Reading Mass.1971, p.9 ss. partono dal fatto che il sistema giuridico “performs a myriad of functions, both manifest and latent” e si dichiarano quindi (comprensibilmente) incapaci di selezionarne le essenziali. E con ciò si tralascia dunque anche una chiarificazione dell’idea di un sistema giuridico. 17 A questo è contrario W. KRAWIETZ, Zur Einfürung: Neue Sequenzierung der Theoriebildung und Kritik der allgemeinen Theorie sozialer Systeme, e ID., Staatliches oder gesellschaftliches Recht? Systemabhängigkeiten normativer Strukturbildung im Funktionssystem Recht, in W. KRAWIETZ/M. WELKER (ed.), Kritik der Theorie sozialer Systeme: Auseinandersetzungen mit Luhmanns Hauptwerk, Frankfurt 1992, p. 14-42, 247-301. Krawietz pensa che questa formulazione “behavioristica” della concettualità normativa non terrebbe sufficientemente in considerazione la caratteristica della norma come norma. Qualunque cosa si voglia intendere con “behavioristico”: come sociologo si vorrà rinunciare all’opinione che le norme compaiano fattualmente come strutture di senso della realtà sociale. L’alternativa sarebbe 129 andranno deluse oppure si mantengono. Si anticipa questa biforcazione e ci si vincola in anticipo a una delle due possibilità, nel primo caso le aspettative si determinano come cognitive, nell’altro caso come normative18. Di conseguenza, il concetto di norma indica il versante di una forma che ha anche un altro versante. Non compare senza quest’altro versante, deve essere posto contro di esso con riserva di possibilità transitorie. È il risultato dell’opzione di un osservatore e si attualizza empiricamente solo se viene distinta mediante questa forma. Nel concetto funzionale della norma, come aspettativa di condotta stabilizzata controfattualmente, non c’è ancora nessuna decisione provvisoria sui motivi per i quali le norme vengono rispettate o meno. Al contrario: proprio da questo si deve capire se la norma deve adempiere alla sua funzione. La norma può essere osservata o meno poiché è sconosciuta. (La sua notificazione potrebbe suscitare motivi di resistenza oppure di elusione). Può essere osservata o meno perché dà informazioni – per esempio, sulla pericolosità dei fatti per quanto riguarda le leggi sulla circolazione stradale o sull’ambiente; e allora non viene osservata perché ci si fida più delle proprie informazioni che di quelle trasmesse attraverso la norma. Può, ma sono casi rari, giocare un ruolo, se si ritiene la norma fondata (legittima, dire: non ci sono norme, si tratta di un errore. A questo punto non vorranno arrivare né sociologi né giuristi. E già l’opinione che sia una realtà illusoria o fittizia, non potrebbe rinunciare a una base di esperienza fattuale e di comunicazione. La stessa concezione, alla quale sembra aderire Krawietz: che la qualità normativa delle norme si debba ottenere soltanto dalle norme (p.30), dovrebbe indicare per questa operazione concettuale una posizione nel mondo reale. Tutt’altra questione è quale concetto contrario venga adoperato per la definizione del concetto di norma. Se non una cognizione disposta all’apprendimento, che cosa allora? Dalla critica non viene proposta nessun’altra soluzione del problema. In ogni caso dovrebbe, e questo rende la cosa difficile, essere realizzabile un accordo sul fatto che l’illegalità, la violazione di norme ecc. presuppongano il concetto di norma (si può negare solo ciò che si mantiene identico) e perciò non risolvono questo problema. 18 La distinzione è stata proposta innanzitutto da J. GALTUNG, Expectation and Interaction Processes, Inquiry, 2 (1959), p.213-234. 130 ecc.) o meno; o anche, se la norma si trova in sintonia con i valori morali oppure viene giudicata neutrale o addirittura immorale. Una condotta si può realizzare, come ci si auspica, anche senza una regolamentazione normativa, per esempio fuori da costrizioni di interazione; e se se ne vuole influenzare il corso, il mezzo evidente non sono soltanto le norme, bensì, in primo luogo, gli incentivi positivi oppure le insicurezze specifiche. E naturalmente influiscono le aspettative di sanzioni. Oggi si concorda sul fatto che il concetto di norma non può essere definito dalla minaccia di sanzioni, meno che mai dall’inflizione di sanzioni. Tuttavia, la prospettiva di sanzioni appartiene a quello strumentario simbolico nel quale si può riconoscere se si aspetta o meno in senso giuridico; e in modo analogo l’assenza di sanzioni, che si era in diritto di aspettarsi, può avere conseguenze drastiche che producono effetti sul caso singolo che spesso intervengono se sono violati i simboli di qualcosa di per sé invisibile, in questo caso il futuro. Numerose teorie sul diritto aboliscono i motivi di osservanza nell’uno o nell’altro senso19, giungono però su terreni impervi. Senza contestare la rilevanza empirica di tali questioni e il loro significato per una politica normativa, si deve ricordare che la funzione della norma non sta nel governo (Dirigieren) dei motivi (sarebbero in gioco troppi casi fortuiti e troppi equivalenti funzionali), bensì proprio in una stabilizzazione controfattuale che rende sicuri. La norma non promette una condotta conforme alla norma, ma tutela colui che se la aspetta. Allo stesso tempo manifesta i vantaggi nell’interazione, in particolare nei casi in cui la stessa norma non è messa in discussione. Favorisce in diversi modi la sua stessa imposizione. Solo da questa teoria può essere posta in modo sensato la questione se le norme possono resistere a una considerevole realtà d’altro indirizzo. La storia dei diritti umani, elaborata in una società in cui era presente la schiavitù, 19 Vedi come caso particolarmente chiaro K. OLIVECRONA, Law as Fact, Kopenhagen-London 1939. 131 l’eliminazione massiccia degli avversari politici, con drastiche limitazioni della libertà religiosa, in breve nella società americana del 1776, mostra che questo è possibile. Con ciò il problema dell’imponibilità delle norme può essere trattato, quindi, come condizione di stabilità della proiezione normativa. Senza alcuna probabilità di attuazione difficilmente le norme possono resistere. A prescindere da tutto questo, se si guarda alla guida della condotta come a una seconda funzione del diritto20, entrano in gioco molti più (e tutt’altri) equivalenti funzionali di quanto non accada nella semplice sicurezza controfattuale dell’aspettativa. Ed è difficile vedere come, con riferimento a questa funzione, un sistema autopoietico potrebbe essere condotto ad una chiusura operativa. Altrettanto poco ci impegna la determinazione della funzione del diritto come direzione e stabilizzazione di aspettative normative per altri aspetti che hanno altrettanto a che fare con la condotta del diritto. Spesso ci si immagina il diritto come una limitazione delle possibilità di condotta. Il diritto può assumere però altrettanto bene anche la funzione dell’abilitazione a una condotta che senza diritto non sarebbe assolutamente possibile. Si pensi alle possibilità che emergono nel diritto privato a proposito della figura della proprietà, del contratto oppure della persona giuridica a responsabilità limitata. Ma anche il diritto amministrativo, in quanto “diritto statale”, non si comprende in modo efficace in qualità di limitazione dell’arbitrio di un sovrano potente, invece oggi è più che mai un diritto che conferisce poteri operativi che non esisterebbero neppure senza diritto. In entrambi i casi – sia nella limitazione che nell’abilitazione (la realtà è una miscela) – è presupposta la struttura normativa dell’aspettativa. La concordanza si trova nella sicurezza di poter formare aspettative appropriate a debita distanza da ciò che accade fattualmente caso per caso. Ci scostiamo dalla tradizionale trattazione della teoria del diritto anche per un altro aspetto. Non delimitiamo il diritto attraverso un particolare genere di norme, quindi in ragione di 20 Così N. LUHMANN, loc. cit. (Anm.14). 132 un cosmo di essenze che si articola in specie e generi. Piuttosto osserviamo le norme come forma di una funzione di stabilizzazione generale che ottiene la specifica qualità di diritto soltanto per il fatto che è differenziata come sistema giuridico. Questa è una delle conseguenze della teoria dei sistemi autopoietici che postula che sistemi di questo tipo producano propri elementi e attraverso di essi le loro strutture21. Naturalmente ci sono innumerevoli aspettative normative prive di qualità giuridica – così come ci sono addirittura innumerevoli verità prive di qualità scientifica o innumerevoli beni (per esempio l’aria pulita) privi di qualità economica e potere privo di qualità politica. La formazione sistemica della funzione estrapola dalla vita sociale quotidiana soltanto le aspettative in qualche modo problematiche; reagisce soltanto a un’improbabilità di successo delle comunicazioni che cresce nel corso dell’evoluzione. E allora si formano sistemi autopoietici riguardo alle possibilità di incremento, già leggibili nelle strutture esistenti. La cui differenziazione evolutiva presuppone un terreno fertile, come avremo occasione di vedere ancora. Proprio perciò i sistemi autopoietici si differenziano dalle cose ovvie di ogni giorno. Se, in considerazione di uno sviluppo incontestato e selvaggio di aspettative normative (per esempio costume, nuda pretesa morale, abitudine, la cui violazione verrebbe percepita), al diritto spettasse la funzione di stabilizzare l’aspettativa normativa, questo può avvenire soltanto su una selezione tra aspettative meritevoli di tutela. Comincia da qui anche la teoria predominante del diritto. In modo più profondamente radicale opera un’ulteriore conseguenza: che la morale (o in una forma riflessa: l’etica) non è adatta a motivare la validità delle norme 21 Però anche nel contesto di altre teorie sistemiche si trova un modo di vedere concorde secondo il quale se si distingue tra norme di diritto e altre norme, non si dovrebbe partire dall’idea di norma, bensì dall’idea di sistema se si vogliono differenziare le norme giuridiche diritto dalle altre norme e definire il loro spezificum, così in modo esplicito in T. ECKHOFF/N. K. SUNDBY, Rechtssysteme: Eine systemtheoretische Einführung in die Rechtstheorie, Berlin 1988, p.43 e p.121. 133 giuridiche22. Può offrire vantaggi argomentativi per casi particolari quando nei problemi interpretativi ci si può appellare ad una valutazione morale secondo quel che si dice incontestata nella società. La morale ha sempre considerevoli qualità retoriche. Però non ci si appella ad esse quando si tratta di fornire aspettative normative con chances di successo e di stabilità. Allora si deve rendere giuridica (juridifizieren) la norma da introdurre in questa zona di sicurezza; e se non lo si fa, sebbene ci sia una possibilità a disposizione, si dovrà essere preparati alla domanda: perché no? Se una norma sia una norma giuridica o meno si può stabilire soltanto da un’osservazione del reticolato ricorsivo della sua produzione e cioè: attraverso un’osservazione della connessione produttiva che tramite le sue operazioni si differenzia come sistema. Soltanto da questo impiego (reiterato nel sistema) del versante normativo dello schema normativo/cognitivo, le aspettative normative guadagnano una certa sicurezza in relazione a nude proiezioni, progetti e ricerche di comunicazione. Solo così si arriverà a poter cristallizzare aspettative stabili in generale, alle quali ci si può attenere in situazioni di vita in cui non offre una sicurezza sufficiente né un sufficiente controllo del futuro né uno studiato ripiegamento sulle alternative. Sappiamo di certo che le aspettative nel modus della normalità e le aspettative nel modus della normatività sono vicinissime, l’una accanto all’altra, e le aspettative che non sono stabilite in modo certo senza eccezioni non vengono ancora distrutte da singoli inconvenienti. Nelle zone note per il loro buon clima estivo, un solo acquazzone non costringe di certo a correggere l'immagine che se ne ha. Ci sono, detto in altri termini, anche forme non normative di rigetto delle possibilità di apprendimento. Ma nella misura in cui la condotta dell’altro appare una libera scelta, e questo è un effetto obbligatorio dell’aumento della complessità, non ci si può più contentare di 22 Questo risultato si trova anche in J. HABERMAS, Faktizität und Geltung: Beiträge zur Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen Rechtsstaates, Frankfurt 1992 [trad.it. Fatti e norme, Napoli, 1996]. 134 una miscela di normalità/normatività. Si debbono pertanto differenziare le norme poste contro le possibilità co-viste di un’altra condotta. Nell’evoluzione delle società le soglie di sviluppo sono collegate a queste possibilità di normazione arbitraria – collegate innanzitutto ad un’invisibilizzazione oppure alla non legittimazione del momento arbitrario nella determinazione della norma. E proprio perché la forma mista normalità/normatività (distinta dalla sfiducia, dall’inaspettato e dal sorprendente) viene sempre prima, il diritto può, su queste soglie di sviluppo, leggere il passato come se il diritto fosse sempre esistito. Il diritto non deve mai “iniziare”. Può essere annesso alla tradizione trovata. Quando la società rende possibile la sua differenziazione, esso può chiudersi in un sistema autoreferenziale e lavorare col materiale normativo già esistente. Poiché stabilizza aspettative normative, la funzione del diritto va oltre ciò che si può intendere col concetto di regolamentazione del conflitto. Che le aspettative entrino in conflitto, vale a dire che si contraddicano a vicenda nella comunicazione, è già un caso speciale, in particolare un caso speciale regolato ampiamente al di fuori del diritto23. Può agire deludendo anche chi non contesta affatto che l’altro sia nel diritto ciononostante lo fa. Si pensi alla dimensione del diritto penale oppure all’inadempimento dei contratti per insolvibilità. Anche in questi casi si deve dare conferma alle aspettative che esse sono nel diritto – sia pure tramite una trasformazione in un’altra forma, magari quella della pena. Sarebbe superflua l’idea del conflitto, anche in questi casi si voleva parlare di conflitto. Questa differenza tra delusioni controverse e non controverse ha un significato rilevante per l’evoluzione del 23 Se si vede il problema, si arriva a una discussione estremamente problematica sulle “alternative per il diritto”, nella quale non si esamina nemmeno più che cos’è la funzione del diritto, dalla quale si possono rintracciare equivalenti funzionali. Vedi per esempio il vol.6 del Jahrbuchs für Rechtssoziologie und Rechtstheorie (1980) sul tema: ‘Alternative Rechtsformen und Alternativen zum Recht’; inoltre D. BLACK, Sociological Justice, New York-Oxford 1989, p.74 ss. 135 diritto, perché il diritto sviluppa il suo strumentario specifico da un’occasione di disputa sul diritto. Il risultato è che il diritto non soltanto dirime i conflitti, ma li produce anche; perché con l’appello al diritto si possono rifiutare anche le imposizioni e si può resistere alle pressioni sociali24. Però il diritto presuppone sempre che la condotta deviante venga prevista come possibile, qualunque siano i motivi, e venga negata per i suoi effetti sulle capacità di resistenza delle aspettative. Se si fa cadere questo momento specificamente normativo e si descrive la funzione del diritto in modo del tutto generico come regolamentazione di un reticolato di relazioni – come regolamentazione anche attraverso l’uso di mezzi normativi –25, si perde di vista la specificità del diritto e allora si potrebbe guardare allo stesso modo come ad una parte dell’ordinamento giuridico al piano di una vetrina di articoli al supermercato oppure ad una rete di computers per il traffico aereo oppure, per finire, persino alla stessa lingua. Varia il problema di riferimento dell’analisi, si evidenziano altre possibilità ed altri equivalenti funzionali. Avevamo parlato dei costi sociali inevitabili di ogni vincolo temporale o, in modo ancora più astratto, dei problemi di compatibilità delle determinazioni nella dimensione temporale e nella dimensione sociale. Questa espressione fa riconoscere che il carico del problema non è tutto sulle spalle del diritto. Tuttavia, anche qui si devono presumere forme miste per società più antiche che si possono sciogliere soprattutto nel corso Per la natura “polemogena” del diritto vedi J. FREUND, Le droit comme motif et solution des conflits, in L. L. Y LACAMBRA (ed.), Die Funktionen des Rechts, Beiheft 8 des Archivs für Rechts-und Sozialphilosophie, Wiesbaden 1974, p.47-62; ID., Sociologie du conflit, Paris 1983, p.22, 327 ss. 25 In questa direzione K. H. LADEUR, Computerkultur und Evolution der Methodendiskussion in der Rechtswissenschaft: Zur Theorie rechtlichen Entscheidens in komplexen Handlungsfeldern, Archiv für Rechts – und Sozialphilosophie, 74 (1988), p. 218-238 (233), intende riconoscere le tendenze evolutive. Forse Ladeur contesterebbe che rinuncia al concetto di norma; ma allora dovrebbe esplicitare che cosa intende con norma, se non la stabilizzazione controfattuale dell’aspettativa. 24 136 dell’aumento evolutivo della complessità nelle differenziazioni. A questo proposito due esempi: uno è un equivalente funzionale organizzato con il concetto di scarsità. Se si immagina che il rifornimento di beni e di prestazioni ausiliarie è limitato nella forma di una somma costante, ogni ricorso (Zugriff) a singole parti scarse si oppone ad altri interessi al ricorso. Chi provvede a se stesso, lo fa a costo di altri. Questo può essere stato relativamente innocuo nelle società sovrabbondanti del mondo arcaico, e alcune società in espansione (ad esempio quelle del medio evo europeo oppure quelle dell’America colonizzata) desideravano poter modificare il problema della somma costante con le possibilità di un ampliamento territoriale. Queste condizioni vengono però modificate nella misura in cui l’economia è implicata nell’impiego di denaro e in virtù di questo si differenzia come sistema operativamente chiuso. Da un lato, le possibilità di accumulare valori economici perdono tutti i limiti nella forma del danaro, come già notava Aristotele. Ciò significa anche che col denaro si possono assicurare interessi a lungo termine e abbastanza differenziati, senza dover avere riguardo per l’attuale stato di necessità degli altri. Già ora si può vincolare il futuro in modo diverso da come accade nella proprietà reale, in una forma indeterminata. Interrompe la morale dell’economia politica che si era cristallizzata nel possesso fondiario. D’altra parte, il danaro crea una nuova costanza di somme e le sanziona tramite l’inflazione e la deflazione. Allora, l’attenzione sociale per l’altro ha soltanto la forma, veramente restrittiva, che si deve pagare per tutto ciò che si vuole26. Sino al moderno inoltrato si sono visti problemi giuridici in questi problemi di condizionamento sociale del rapporto con la scarsità. La proprietà, quindi la parcellizzazione delle chances di ricorso, col riconoscimento delle corrispondenti chances degli altri, era vista come un istituto giuridico e la società come società di proprietari che si accordavano usando la forma 26 In particolare N. LUHMANN, Die Wirtschaft der Gesellschaft, Frankfurt 1988. 137 contrattuale27. A fatica il lavoro salariato poteva venir condotto sotto questo schema; perché non c’è – qualunque cosa si senta dire in proposito – nessun diritto del lavoro compatibile con l’economia monetaria. La funzione economica della proprietà si sottrae anche alla guida giuridica, sebbene esso naturalmente, come ogni condotta, possa essere oggetto di giudizio giuridico. Scarsità e normazione delle aspettative di condotta realizzano diverse forme della collisione tra vincolo temporale e socialità, sono quindi problemi diversi. In società che diventano più complesse si impone la loro differenziazione. Quando una società può permettersi la differenziazione, sistema economico e sistema giuridico sono di volta in volta sistemi di funzioni autopoietici chiusi. Il nostro secondo esempio non è ancora maturo. Lo si discute soltanto da pochi anni e la sua semantica si trova ancora a uno stadio pre-concettuale. Lo discutiamo con la parola chiave “rischio”. Con questo si intendono decisioni che si rassegnano ad accettare la possibilità che vi siano conseguenze dannose; e questo non nella forma di costi che sono registrati secondo una contropartita, il cui impiego può essere giustificato, bensì nella forma di possibili danni, più o meno improbabili, il cui verificarsi stigmatizzerebbe la decisione come causa scatenante, e la esporrebbe in seguito al rimorso. Il problema sta nel fatto che i danni non colpiscono solo chi ha assunto la decisione rischiosa, e non solo chi approfitta dei suoi effetti positivi. Anche qui abbiamo una forma di vincolo temporale con costi sociali, ma una forma di tutt’altro tipo. Mentre la normazione produce una biforcazione nello schema conforme/difforme e i ricorsi alla scarsità discriminano sulla base dello schema favorito/svantaggiato, qui si pratica la biforcazione tra chi decide e chi subisce la decisione. A seconda che ci si vede come decisore o come chi subisce la decisione, variano la percezione del rischio, la valutazione della Per l’estinguersi di questa tradizione cfr. N. LUHMANN, Am Anfang war kein Unrecht, in ID., Gesellschaftsstruktur und Semantik, vol.3, Frankfurt 1989, p.11-64. 27 138 giustificabilità della condotta rischiosa e l’accettazione del rischio. E quanto più la percezione del futuro della società moderna entra nell’orizzonte della dipendenza dalla decisione, tanto più ampia sarà la spaccatura tra chi decide e chi subisce la decisione; e tanto più chiaramente si dovrà riconoscere che gli strumenti di regolamentazione giuridica e finanziaria, tarati su problemi totalmente diversi, non sono assolutamente sufficienti28. In ognuno dei casi richiamati, ma in particolar modo qui, i conflitti corrispondenti vengono trasferiti nel presente. Non si aspetta il futuro, si è già presumibilmente nel diritto o apparentemente nel non-diritto, già ora ricco o povero; e già ora si ha una diversa percezione del rischio a seconda che si stia in situazioni di decisione e i rischi, in un modo o nell’altro, non si possono evitare, oppure si vive in ansia per quello che coloro che decidono producono come “normal accidents”29, come improvvise o latenti catastrofi più o meno inevitabili come appare. Quello che indichiamo come tensione tra prospettive temporali e sociali è dunque, di volta in volta, un fenomeno attuale. I costi sociali emergono contemporaneamente al vincolo temporale, anche se la loro valutazione si può modificare attraverso esperienze successive. Tanto più che le distinzioni di questi problemi conducono a distinzioni nella valutazione del futuro. Prescindendo per una volta da rivoluzioni e sovversioni politiche, nel diritto ci si può sentire in certo qual modo sicuri che in ogni cambiamento giuridico vengano rispettati i diritti acquisiti. Nell’economia c’è la mobilità, condizionata dalla stessa economia, da povero a ricco o al contrario la conservazione o l’inasprimento proprio di questa differenza. Nella prospettiva del rischio appare invece il futuro come un tutt’Altro – da una parte nella sua insicurezza, dall’altra nella forma di catastrofi radicali che trasferiscono tutto 28 In particolare N. LUHMANN, Soziologie des Risikos, Berlin 1991 [trad. it. Sociologia del rischio, Milano, 1996]. 29 Nel senso reso noto da Perrow. Cfr. C. PERROW, Normal Accidents: Living with High Risk Technologies, New York 1984. 139 il “dopo” nell’irriconoscibile. Queste distinzioni potrebbero alludere al fatto che una differenziazione di sistemi codificati a parte, chiusi operativamente, è di certo ben riuscita per il diritto e per l’economia, ma che non si vede come si potrebbe reagire al problema delle conseguenze sociali delle condotte rischiose in forme simili che si formano sistemicamente. III Quando si tratta di progettare qualcosa di valido anche se non lo si realizza in modo conforme: chi può farlo? E che cosa si deve presupporre quando si tratta di produrre aspettative controfattuali piene di premesse, mantenerle, validarle? Questa domanda fa passare dalla determinazione della funzione alla sua realizzazione nei sistemi e conduce a due referenze sistemiche costruite in modo reciproco: la società e il suo sistema giuridico. La risposta presuppone una distinzione tra sistema e ambiente, stabilita dal sistema. Un sistema che norma le aspettative conferma se stesso, iscrivendo nell’ambiente una differenza, che può riuscire soltanto nel senso indicato e non senza il sistema. Questo accade tramite l’enunciazione di norme, dalle quali si può anche deviare tanto bene/quanto male. Dunque, se si agisce o meno in base alla norma stabilita nel sistema, causa al sistema una distinzione. Il sistema rimane stabile nei limiti delle sue possibilità qualunque sia l’opzione dell’ambiente. Il diritto in quanto sistema autopoietico, operativamente chiuso, è tenuto a garantire in modo stabile la sua funzione. Naturalmente questo non può accadere nel senso che tutte le condizioni empiriche vengano prodotte da una riproduzione dell’operazione del sistema nello stesso sistema perché significherebbe: rinchiudere il mondo nel sistema. Nondimeno il diritto deve rimanere operabile come un sistema di funzioni determinato strutturalmente e prevedere al suo interno la 140 continuità dell’esercizio della sua funzione. Ma “al suo interno” significa però: con il proprio tipo di operazione. Se lo si descrive in qualità di osservatore (esterno o interno) ne risultano solo formulazioni tautologiche: il diritto è ciò che il diritto in quanto diritto definisce. Questa tautologia si può tuttavia “sviluppare”, il che significa che si ripartisce secondo aspettative diverse. Si fa attenzione all’effetto strutturante (che determina aspettative) delle operazioni, si evidenziano le relazioni riflessive: che si debba aspettare normativamente viene aspettato normativamente. In altre parole, il diritto non è indifferente a se stesso. Non ingiunge soltanto di essere osservato. Nell’aspettativa normativa oggettivizza la distinzione tra aspettativa cognitiva e normativa. Opera in modo riflessivo. Il modus dell’aspettativa non viene lasciato né al piacere, né alla semplice convenienza sociale. Viene sostenuto all’interno dello stesso sistema giuridico. Di conseguenza, il sistema guida se stesso sul piano dell’osservazione di secondo grado – una condizione tipica della differenziazione e della chiusura operativa anche per gli altri sistemi di funzioni30. Il diritto allora non si afferma semplicemente tramite un potente sostegno politico e quindi, più o meno, imposto. Bensì in genere è diritto se ci si può aspettare che l’aspettativa normativa venga aspettata normativamente. E anche per questo il diritto non è determinato gerarchicamente dall’alto, bensì eterarchicamente, di volta in volta, quindi collateralmente, mediante connessioni di vicinanza. 30 Per il sistema economico vedi D. BAECKER, Information und Risiko in der Marktwirtschaft, Frankfurt 1988, nell’es. dell’osservazione del mercato con l’aiuto dei prezzi. Per il sistema della scienza N. LUHMANN, Die Wissenschaft der Gesellschaft, Frankfurt 1990, riguardo all’osservazione di asserzioni di scienza con l’aiuto dello schema vero/non vero in base a delle pubblicazioni; per il sistema dell’arte N. LUHMANN, Weltkunst, in N. LUHMANN/F. D. BUNSEN/D. BAECKER, Unbeobachtbare Welt: Über Kunst und Architektur, Bielefeld 1990, p. 7-45; per il sistema politico N. LUHMANN, Gesellschaftliche Komplexität und öffentliche Meinung, in ID., Soziologische Aufklärung, Bd.5, Opladen 1990, p.170-182; ID., Die Beobachtung der Beobachter im politischen System: Zur Theorie der öffentlichen Meinung, in J. WILKE (ed.), Öffentliche Meinung, Freiburg 1992, p.77-86. 141 Così si può comunicare in ogni caso la forma più generale di un’autostabilità circolare. Ma lo stato di cose sostenuto si verifica anche in modo empirico? E che cosa succederebbe nel caso in cui questo fosse valido soltanto con delle considerevoli limitazioni ? A questa domanda dobbiamo rispondere con una distinzione. Come condizione di un’osservazione generale dell’osservare, di una codificazione universale e attendibile di diritto/non diritto, nel sistema giuridico risulta una sfera più ristretta della decisione giuridicamente vincolante – sia per la determinazione che per la modificazione del diritto. Viene qui coinvolto un sistema parziale organizzato, vale a dire un sistema che si differenzia tramite una distinzione tra membri/nonmembri e obbliga i membri a produrre, in base al loro ruolo di appartenenza, decisioni che si regolano secondo i programmi (modificabili all’interno dell’organizzazione) del sistema, quindi secondo le norme giuridiche31. Per questo sistema di decisioni del sistema giuridico abbiamo soltanto indicazioni dai subsistemi nuovamente differenziati, vale a dire tribunali e parlamenti (secondo il principio della separazione dei poteri: giustizia e legislazione), ma nessuna indicazione per l’unità di questo sistema. Parleremo perciò del sistema di decisioni organizzato del sistema giuridico. Questo sistema organizza un proprio ambito di operazioni connesse circolarmente. Modifica il diritto nella prospettiva di sentenze future e si regola secondo il diritto di volta in volta vigente, dal quale possono emergere di nuovo possibilità di osservazione e occasioni per modificare il diritto32. Per la 31 Anche in altri casi si trovano le strutture di un sistema funzionale universalmente competente con un nucleo organizzato – il sistema politico e l’organizzazione statale oppure il sistema educativo e le scuole. 32 Per la concettualità cibernetica della reazione T. ECKHOFF/N. K. SUNDBY, Rechtssysteme: Eine systemtheoretische Einführung in die Rechtstheorie, Berlin 1988. Vedi anche ID., The Notion of Basic Norm(s) in Jurisprudence, Scandinavian Studies in Law, 19 (1975), p.123-151. Per la relazione circolare di regola e decisione inoltre J. ESSER, Grundsatz und Norm in der 142 differenziazione dei condizionamenti di questa connessione di decisioni (e soltanto per questo!) questo sistema viene descritto come una gerarchia – sia di organi che di norme. In ogni caso, il procedimento primario è la riproduzione circolare, ricorsiva delle decisioni giuridiche. Per questo ambito, per questo sistema di decisioni del sistema giuridico si sono sviluppate forme ben stabilite della riflessività. Esse utilizzano la forma della doppia modalizzazione, normano il normare, limitano però l’uso di questa possibilità alle applicazioni necessarie nel sistema. Il caso più noto è la normazione delle regole processuali che, se si fa attenzione, conducono a che la stessa decisione prodotta abbia forza normativa. Il caso limite è una nuda norma di competenza come incarnazione del principio di sovranità giuridica: ciò che decide il giudice incaricato (Entscheider) diventa, per questa stessa ragione, diritto. L’altra parte è l’indispensabilità di questa norma: come sempre la decisione viene limitata dai vantaggi giuridici, un’insicurezza residua (sia nell’interpretazione giuridica che nell’accertamento dei fatti) può essere rimossa soltanto da una norma di competenza. Per questo motivo il sistema di decisioni giuridico complessivo poggia sulla riflessività del normare. Non si tratta di uno stato di cose accanto ad altri. Si tratta di una rappresentazione (incarnata in norme specifiche) dell’unità del sistema nel sistema, quindi di un correlato dell’universalità della competenza delle funzioni. La capacità delle funzioni di questa struttura è evidente, è resa visibile nelle persone, negli edifici, negli atti e negli indirizzi. Su questo si è concentrata la teoria del diritto non sociologica e ha rilevato la positività di questa connessione produttiva. Tuttavia, il sociologo viene colpito dal fatto che qui il discorso verta solo su un sistema parziale del sistema giuridico, che venga tematizzato soltanto il sistema di decisioni giuridico e rimangano trascurati altri ambiti della doppia modalizzazione del normare. Poiché il medesimo fenomeno si richterlichen Fortbildung des Privatrechts, Tübingen 1956; ID., Vorverständnis und Methodenwahl in der Rechtsfindung, Frankfurt 1970. 143 presenta anche sul terreno antistante al sistema delle decisioni. Anche nella vita quotidiana dei non-membri dell’organizzazione giuridica si formano aspettative normative in riferimento ad aspettative normative. Prima di tutto, colui che, leso nei suoi presunti diritti, si aspetta normativamente dagli altri che essi sostengano la sua denuncia. Perlomeno non si lascia influenzare dall’indifferenza fattiva degli altri, perché “dovrebbero” di fatto impegnarsi sul versante del diritto e contro il non-diritto. Può anche darsi che terzi aspettino che ci si impegni per i suoi diritti e non si accetta la loro violazione semplicemente tacendo33. Visto nella globalità il sistema giuridico opera sulla base della sicurezza delle aspettative normative di aspettative normative. È differenziato sulla base della riflessività delle sue operazioni. Poiché soltanto così è socialmente immedesimabile ed accettabile anche il ricorso alla competenza nel sistema di decisioni giuridico. Solo così le istanze decisionali del diritto sono più di ciò che erano nella maggior parte delle antiche culture: elemento estraneo di genere corporativo in una società ordinata per famiglie (per casate) con la conseguenza che un’intesa tra vicini oppure un’autogiustizia rurale o interna alla corporazione avesse comunque la precedenza sul ricorso al tribunale. Solo così si può sviluppare, contro questa struttura piuttosto probabile nell’evoluzione, una fiducia nel diritto formale e un diffuso ricorso differenziato al diritto per la strutturazione dei problemi della vita quotidiana. Ma: come procede dal punto di vista empirico questo presupposto del diritto? E da quali condizioni dipende la risposta a questa domanda? 33 Si può tematizzare se la famiglia moderna sia un sistema sociale nel quale tutto ciò che i membri della famiglia fanno oppure sperimentano (cfr. N. LUHMANN, Sozialsystem Familie, in ID., Soziologische Aufklärung vol. 5, Opladen 1990, p.196-217) sarebbe una sfera nella quale si potrebbe testare empiricamente la portata e la decadenza di questa attesa normativa di aspettative normative. Se si accettano i taccheggi dei propri figli, si trattano in puro modo cognitivo (non lasciatevi acchiappare!), si accetta la flessibilità di fronte alle violazioni del diritto per esempio da parte del vicino? Come si ottengono garanzie per tale questione? ecc. 144 Presumiamo un duplice effetto. Da una parte, la rigidità organizzativa e professionale del diritto vigente si ripercuote sullo sviluppo selvaggio delle proiezioni normative, con effetto restrittivo e disciplinante. Si può constatare o far constatare, che cosa sia, in senso ufficiale, diritto e che cosa sia non-diritto. Quanto più la società è differenziata – e nel vecchio mondo con questo ci si riferisce al processo di formazione comunale –, tanto più forte sarà la dipendenza da tali riduzioni. D’altra parte, la differenziazione di un sistema di decisioni nel sistema giuridico può produrre in modo negativo i suoi effetti sulla disponibilità generale di aspettare in modo normativo l’aspettativa normativa, anzi può tendere all’erosione della propria base nella riflessività e mantenersi finalmente come organizzazione sostenuta in modo politico. Nelle più antiche culture evolute si può osservare continuamente una tale insulazione dei nondimeno indispensabili centri di decisioni, ed essa coincide con la forma della differenziazione tra centro e periferia. Ma anche nella società moderna, sebbene l’imposizione di un orientamento giuridico nella vita quotidiana riesca in buona misura, l’unità del sistema non si può conseguire quasi più in modo operativo, quasi più attraverso una costante riflessività dell’aspettativa normativa dell’aspettativa normativa. Il sistema delle decisioni non può condurre la condizione di co-aspettativa normativa nella forma di premesse di decisioni vincolanti. Può certamente corredare le persone di diritti e doveri individualmente assegnati, ma non garantire la co-aspettativa di tutti gli altri (o forse: la sicurezza dell’aspettativa in rapporto a questo co-aspettare). Può non vedere questo presupposto di conferma reciproca nell’aspettativa normativa (e qui si tratta non solo di “consenso”, ma di richiesta!), non può trattarle come situazioni di fatto rilevanti giuridicamente. Rimane indifferente di fronte all’istituzionalizzazione di questa aspettativa normativa. Questo non rileva sotto il profilo giuridico. Nessuno può utilizzare come argomento la forza (oppure l’assenza) dell’insistenza degli altri sulla resistenza di aspettative normative oppure promuovere un’azione petitoria. I limiti del sistema delle decisioni non 145 lasciano passare tali informazioni, bensì le filtrano. Perciò manca questo momento nella presentazione ufficiale del “diritto vigente”. Le organizzazioni delle decisioni del sistema giuridico non possono controllare la loro collocazione in una cultura giuridica motivazionale; e perciò non notano neppure se con ciò espongono questa base sociale della loro attività a un processo di erosione. In modo analogo, il sistema di decisioni costruisce la sua complessità senza tener conto di questa doppia modalizzazione. Se da ciò non dipende nessuna decisione, le corrispondenti situazioni di fatto non vengono registrate, non vengono ricordate. Tanto che sono rimaste sconosciute perfino alla teoria giuridica che riflette la prassi giuridica. Sono in ogni caso preventivate con indicazioni confuse come “coscienza giuridica” oppure con distinzioni altrettanto vaghe come diritto scritto/diritto vissuto (gelebtes). Per le indagini empiriche sulla diffusione delle conoscenze giuridiche e della coscienza giuridica nella popolazione manca, per il nostro tema, la formulazione di una domanda teoretica sufficiente34. Anche sotto il profilo logico – e conseguentemente tecno-scientifico – i problemi dell’aspettativa normativa sono pregiudicati, perché la normale logica bivalente ha, con le relazioni di osservazione di secondo grado, difficoltà quasi irrisolvibili e le può rappresentare semmai con costruzioni logico-modali (fino a qui non sviluppate in modo esteso). Con tutto ciò il problema si sottrae alla comunicazione – tranne che come base di una disputa sul comportamento nella vita quotidiana. 34 Vedi per es. A. PODGORECKI e al., Knowledge and Opinion About Law, London 1973. Su ricerche polacche e scandinave risalenti riferisce K. A. ZIEGERT, Zur Effektivität der Rechtssoziologie: Die Rekonstruktion der Gesellschaft durch Recht, Stuttgart 1975, p. 189 ss. Cfr. anche la nostra discussione su questioni teoriche che non accenna al nostro problema nella ricerca KOL (KOL= Knowledge and Opinion about Law) in vol. 4 (1981-83) del Zeitschrift für Rechtssoziologie recenti ricerche su un problema specifico J. KURCZEWSKI, Carnal Sins and the Privatization of the Body: Research Notes, Zeitschrift für Rechtssoziologie, 11 (1990), p. 51-70. 146 In definitiva, la riflessività costruita nel sistema delle decisioni organizzato serve proprio allo sgravio della vita quotidiana. Per sapere di essere nel diritto o nel non-diritto non si può, ma non è neppure necessario, basarsi sulle aspettative normative degli altri. L’importante è come il giudice decide. Di fronte alla pressione degli altri ci si può appellare alle prospettive processuali oppure alle difficoltà della prova – esattamente come l’avvocato nel rapporto con i suoi clienti. Sono gli atteggiamenti pragmatici che qui si affermano e controllano se una comunicazione che si riferisce al diritto viene diffusa o meno. I limiti di ciò che il sistema di decisioni accoglie, agiscono come limiti già spostati in avanti sui limiti esterni dello stesso sistema giuridico, sulla disponibilità alla comunicazione che impegna il diritto e il non-diritto. Il diritto si pone così a disposizione dell’utente individuale con un’astrazione dal contesto sociale dei suoi motivi, delle pressioni che agiscono su di esso, oppure al contrario: del suo essere lasciato solo. In questo senso, la società deve pagare per il fatto che ha staccato il sistema giuridico dalla sua collocazione sociale e ha reso chiaro all’individuo il singolo. Un effetto di compensazione è che si formano forti aspettative normative basate su un’aspettativa normativa di aspettativa normativa, ma non possono assumere la forma del diritto. Si presentano come pretese politiche, in alcuni casi come movimenti sociali. La loro semantica si serve del concetto di valore, talvolta anche del titolo di “etica” – come se si trattasse di una presa di distanza dal diritto. Ciò che è possibile per una sorta di dispetto controfattuale trova qui un canale che porta direttamente ai centri della decisione politica. Il sistema giuridico può classificare però tali fenomeni solo come un comportamento legittimo o illegittimo, può reagire internamente alla propria irritazione con lo strumentario flessibile di un adattamento reciproco di interessi e di concetti. Questo può apparire più o meno perfetto da un punto di vista politico e professionale. Ma nel giudizio si prescinde dalle reali risorse sociali della 147 formazione del diritto, dalle aspettative normative rivolte alle aspettative normative. IV Alle conseguenze più importanti della forma normativa, in cui si adempie alla funzione del diritto, appartiene la differenziazione posta in essa tra diritto e politica. La reciproca dipendenza di entrambi i sistemi è evidente e rende difficile riconoscere la differenziazione funzionale. Per la sua imposizione il diritto dipende dalla politica, e senza prospettiva di imposizione non c’è stabilità normativa del tutto convincente (presumibile). A sua volta, la politica utilizza il diritto per diversificare il ricorso alla forza politicamente concentrata. Ma proprio questo gioco d’insieme presuppone una differenziazione tra i sistemi. È sufficiente un ragionamento molto più semplice per riconoscere il punto di partenza di una simile differenziazione. La politica si serve del medium potere, e il potere politico si articola in una violenza superiore di comando che incombe con la coazione. Non appena le tendenze politiche per una decisione che vincola collettivamente sono integrate in una specie di stazione di commutazione, i conflitti di programmazione sono trasformati in decisioni imponibili, la cui osservanza si può ottenere con la forza35. Al contrario, il “dovere” normativo non presuppone alcuna superiorità in fatto di potere, anzi in genere nessuna sua superiorità articola le aspettative corrispondenti36. 35 Che questo possa essere impedito o di nuovo aggravato da una tecnica giuridica motivata politicamente è un’altra questione. Ma allora anche l’intenzione politica non sembra un argomento legale. Uno studio chiarificatore del caso è quello di L. H. MAYHEW, Law and Equal Opportunity: a Study of the Massachusetts Commission Against Discrimination, Cambridge Mass.1968. 36 Con questo argomento D. N. MACCORMICK, Legal Obligation and the Imperative Fallacy, in A. W. B. SIMPSON (ed.), Oxford Essays in Jurisprudence (Second Series), Oxford 1973, p.100-130, si rivolge contro la 148 Già nelle antiche culture evolute, e più che mai nell’Atene di Pericle e di Euripide, veniva considerata una funzione essenziale del diritto tutelare i poveri contro i ricchi e i forti, o per lo meno così si diceva. Anche nel Medioevo all’occasione si distingueva tra forza di governo (gubernaculum) e amministrazione della giustizia (jurisdictio) del principe. Per quanto poche prospettive si possano avere di far valere il diritto contro la forza e per quanto sia raccomandabile tacere e rivolgere gli occhi al cielo: sono forme diverse di comunicare le aspettative connesse alla condotta degli altri. Fin da Hobbes, la differenza tra diritto e politica viene formulata come opposizione tra lo Stato (sovrano) e i diritti individuali (prestatalmente dati, quindi “naturali”). Tuttavia, questo non basta. Vista in modo storico-dogmatica l’idioma dei diritti “naturali” è soltanto una semantica di transizione condizionata dallo spirito dell’epoca, solo un simbolo per la formazione del diritto non controllato politicamente che diventa superfluo appena per questi stati di fatto si sviluppano forme sufficienti di diritto positivo. Questo accade per via indiretta con il riconoscimento della libertà contrattuale, della proprietà liberamente disponibile e, cominciando dal XVIII secolo, per il riconoscimento della capacità giuridica di corporazioni non istituite da un decreto di chi detiene il potere politico. Se tutto questo è assicurato si possono denaturalizzare i “diritti soggettivi” e ricostruirli come nudi riflessi del diritto oggettivo (inclusa: la costituzione). Però è possibile solo perché le aspettative normative per affermarsi non dipendono da posizioni superiori. E può esserci un interesse professionale dei giuristi a mantenere questa possibilità da difendere dal basso. La funzione dell’ordinamento del diritto possiede la sua stabilità nel fatto che è importante sapere che cosa ci si può aspettare a ragione dagli altri (e da se stessi!); oppure detto alla buona: con quali aspettative non si fa brutta figura. L’insicurezza dell’aspettativa è molto più insopportabile teoria del diritto di John Austin, che aveva sostenuto il “command” come fonte di norma. 149 dell’esperienza delle sorprese e delle delusioni. L’anomia, nel senso di Durkheim, riguarda l’insicurezza dell’aspettativa, non i fatti della condotta effettiva degli altri. Certo: aspettativa e condotta si stabilizzano reciprocamente, ma le norme producono una sicurezza più consistente nell’aspettativa di quanto non si giustifichi in base alla condotta, e questo è il suo contributo specifico all’autopoiesi della comunicazione sociale. Con questo cade allo stesso tempo una luce particolare sul problema molto discusso dell’imposizione del diritto. Dal punto di vista politico, si arriva alla questione se un’azione o un’omissione prescritta con l’uso del potere possa essere ottenuta anche con la forza. Segue a questa primaria prospettiva politica37 anche una sociologia del diritto, centrata prevalentemente sul potere sanzionatorio e distingue sulla base di uno schema risalente al XVIII secolo il diritto come coercizione esterna dalla morale come coercizione interna. Questo è valido anche quando, ad esempio con Jeremy Bentham, si vede la sicurezza dell’aspettativa in ciò che viene trattato secondo aspettativa. Alcune riflessioni colpiscono tuttavia per alcune singolarità. La funzione del diritto risiederebbe nella garanzia tutelata da potere e sanzione dell’azione o dell’omissione prescritti, l’esercizio giuridico concreto avrebbe di continuo e in prevalenza a che fare con il proprio nonfunzionare. Il diritto andrebbe a finire nel disbrigo dei propri difetti o forse meglio: avrebbe a che fare con l’insufficienza della realizzazione dei piani politici. Perché allora un codice binario diritto/non-diritto? E perché allora la decisione, l’imposizione giuridica, a prescindere dal diritto penale, rimessa all’iniziativa di un attore privato? E perché l’ambito significativo delle norme permissive che rimettono la configurazione del diritto al volere privato e gli rendono 37 È valido, anche se con sfumature importanti, per la sociologia del diritto di Theodor Geiger. Cfr. in part. Vorstudien zu einer Soziologie des Rechts, (1947) nuova rist. Neuwied 1964, e in breve H.MOHNHAUPT, Anfänge einer ‘Soziologie der Rechts-Durchsetzung’ und die Justiz in der Rechtssoziologie Theodor Geigers, Ius Commune, 16 (1989), p.149-177. 150 possibile solo la prospettiva della rilevanza giuridica della sua eventuale condotta? Tali fatti costringono a spostare il centro del problema dell’imposizione giuridica dalla condotta all’aspettativa e allo stesso tempo costringono alla distinzione tra diritto e politica nel senso di un’effettiva imposizione di decisioni collettivamente vincolanti. La funzione del diritto consiste solo nel rendere possibile la sicurezza dell’aspettativa, cioè in considerazione di delusioni prevedibili che non si possono evitare. Tuttavia questo cambio di orientamento risolve il problema solo in parte. Perché la sicurezza dell’aspettativa viene compromessa anche per il fatto che una condotta conforme ad un’aspettativa, sebbene l’aspettativa sia coperta dal diritto, non può essere realizzata e non sussiste neppure una modesta prospettiva per l’adempimento dell’aspettativa. Il diritto non può dire costantemente: tu hai sicuramente ragione, però noi purtroppo non possiamo aiutarti. Deve perlomeno proporre delle sostituzioni nell’adempimento della pretesa (pene, risarcimento dei danni ecc.) e poterle imporre. Però anche allora non garantisce che il condannato sia capace di pagare38, e il sistema politico non considererà suo compito pagare al posto del condannato per aiutare il diritto ad ottenere la sua vittoria. È di conseguenza indispensabile una certa sintesi delle funzioni di politica e diritto – ma proprio sulla base di funzioni diverse39. Se la politica raggiungesse in realtà il suo scopo di 38 Su questo K. A. ZIEGERT, Gerichte auf der Flucht in die Zukunft: Die Bedeutungslosigkeit der gerichtichen Entscheidung bei der Durchsetzung von Geldforderungen, in E. BLANKENBURG/R. VOIGT (ed.), Implementation von Gerichtsentscheidungen, Opladen 1987, p.110-120. Vedi anche V. GESSNER e al., Die Praxis der Konkursabwicklung in der Bundesrepublik Deutschland: Eine rechtssoziologische Untersuchung, Köln 1978, e per le strategie su un terreno neutro, K. HOLZSCHECK e al., Praxis des Konsumentenkredits: Eine empirische Untersuchung zur Rechtssoziologie und Ökonomie des Konsumentenkredits, Köln 1982. 39 Vedi anche N. LUHMANN, Rechtszwang und politische Gewalt, in ID., Ausdifferenzierung des Rechts: Beiträge zur Rechtssoziologie und Rechtstheorie, Frankfurt 1981, p.154-172 [trad. it. La differenziazione del diritto, Bologna, 1990, p.147-167]. 151 imporre effettivamente e senza eccezione decisioni vincolanti collettivamente, il sistema giuridico si verrebbe a trovare in una situazione paradossale. Da una parte, non vedrebbe più nessun problema, poiché non dovrebbe più tener conto di delusioni di aspettativa. Allo stesso tempo, rimarrebbe però deluso presumibilmente dal sistema politico in alcune sue aspettative. Ci sono, detto in altro modo, buoni motivi per limitare l’imposizione giuridica a ciò che è necessario per la possibilità di aspettative più resistenti alle delusioni, e lasciare per il resto il sistema nella differenza delle funzioni tra sistema giuridico e sistema politico. V Discutiamo qui di seguito, nell’esempio del diritto, di un problema generale di comprensione delle funzioni nel contesto della differenziazione funzionale e perciò in modo indiretto nel contesto di una descrizione della società moderna. Non si trova di rado il discorso su una “perdita di funzioni” – come ad esempio una perdita di funzione della famiglia o anche della religione. Questo potrebbe tuttavia fondarsi semplicemente su un’illusione ottica. Si proietta un concetto di funzione molto esteso che comprende tutto ciò che si può annoverare tra gli ambiti sociali trattati, nel passato, per stabilire le limitazioni in un confronto storico. Il procedimento non menziona l’incremento delle prestazioni specificamente funzionali, realizzati mediante la differenziazione dei sistemi corrispondenti. Una tale rappresentazione del sistema giuridico si trova in Leon Mayhew che si inserisce nella concettualizzazione teorica di Parsons40. La funzione del diritto è altamente valutata a 40 Vedi soprattutto L. H. MAYHEW, Stability and Change in Legal Systems, in B. BARBER/A. INKELES (ed.), Stability and Social Change, Boston 1971, p.187-210; T. PARSONS, The Law and Social Control, in W. M. EVAN (ed.), Law and Sociology, New York 1962, p. 56-72. 152 livello gerarchico – conformemente al significato generale della regolazione normativa nella costruzione teorica parsonsiana. Il diritto garantirebbe il governo della società e l’inclusione degli individui nella società (innanzitutto tramite la norma dell’uguaglianza). Se oggi si cerca di salvare la rappresentazione di una guida della società, sebbene limitata, attraverso il diritto (invece di: al posto di un autogoverno del sistema giuridico)41, il medesimo problema si ripresenta in un altro modo; ovvero se si pensa di osservare un cambiamento del sistema giuridico non solo sul piano dei suoi programmi e della sua dogmatica, bensì anche e soprattutto sul piano della sua funzione42. 41 Vedi soprattutto G. TEUBNER/H. WILLKE, Kontext und Autonomie: Gesellschaftliche Selbststeuerung durch reflexives Recht, Zeitschrift für Rechtssoziologie 5 (1984), p.4-35; H. WILLKE, Kontextsteuerung durch Recht? Zur Steuerungsfunktion des Rechts in polyzentrischer Gesellschaft, in M. GLAGOW/H. WILLKE (ed.), Dezentrale Gesellschaftssteuerung: Probleme der Integration polyzentrischer Gesellschaft, Pfaffenweiler 1987, p. 3-26; G. TEUBNER, Recht als autopoietisches System, Frankfurt 1989, p. 81 ss. [trad. it. Il diritto come sistema autopoietico, Milano, 1996, p.93 e ss.]. Questi concetti sono stati accolti con grande interesse e grandi critiche. In un intervallo storico più consistente colpisce che la discussione non venga più riferita alla questione sulla funzione del diritto – come se fosse naturale che questa possa essere soddisfatta dalla “guida della società”. 42 Così quando K. H. Ladeur in alcune pubblicazioni collega prognosi e indicazione. Vedi soprattutto ‘Abwägung’ – Ein neues Paradigma des Verwaltungsrechts: Von der Einheit der Rechtsordnung zum Rechtspluralismus, Frankfurt 1984; ID., Die Akzeptanz von Ungewissheit – Ein Schritt auf dem Weg zu einem ‘ökologischen’ Rechtskonzept, in R.VOIGT (ed.), Recht als Instrument der Politik, Opladen 1986, p.60-85; Computerkultur und Evolution der Methodendiskussion in der Rechtswissenschaft: Zur Theorie rechtlichen Entscheidens in komplexen Handlungsfeldern, Archiv für Rechts-und Sozialphilosophie, 74 (1988), p. 218-238; Lernfähigkeit des Rechts und Lernfähigkeit durch Recht (risposta a J.Nocke), Jahresschrift für Rechtspolitologie, 4 (1990), p. 141-147. La funzione del diritto è ora la “conservazione della capacità di apprendimento e la flessibilità dei subsistemi sociali e delle reti di rapporto organizzate” (loc. cit. 1990, p. 142). Se si presuppone un cambiamento funzionale, appare sotto una luce più propizia ciò che gli altri diagnosticano come decadenza; Ladeur ha per lo meno il vantaggio di aver richiamato l’attenzione su questo. D’altra parte la citata formula di funzione racchiuderebbe troppo – anche la 153 A seconda di quale concetto di funzione palese o nascosto si ponga alla base, compare come caso problematico la moderna differenziazione del sistema giuridico. Misurato dalle aspettative tradizionali di un’integrazione della società essa appare come una perdita di funzione, come “lack of sufficient articulation with the other differentiated systems of society”43. Così al diritto non riuscirebbe, nonostante la valutazione giuridica univoca, di imporre il movimento del civil-rights in modo efficace di fronte a interessi economici, anche di familiari, di vicini, ecc.44, soprattutto nell’ambito dell’uguaglianza delle razze. Questo è certamente giusto: resta tuttavia la questione se si debba considerarlo un fallimento della funzione oppure se non sarebbe più giusto (non da ultimo anche sotto un punto di vista empirico) verificare la determinazione della funzione, sia quella tradizionale che futuristica. Attenersi a una determinazione della funzione estesa e che sottolinea il positivo, conduce evidentemente a che le relazioni date debbano essere poi fatte oggetto di contenzioso. Lo si può volere, anzi lo si può considerare compito della sociologia (a differenza della giurisprudenza, alla quale viene rinfacciato quindi il conformismo in una società che in sé è contraria). Però, la manovra concettuale è eccessivamente evidente, in quanto i risultati dicono di più della prevenzione (Voreingenommenheit) con la quale si era dato inizio alla ricerca. Quando la discussione rimane a questo livello anche le posizioni contrarie sono solo articolazioni di altri pregiudizi45. previdenza per la liquidità nell’impresa, l’eloquenza, la ricerca di base – così che difficilmente si potrebbe parlare di un sistema giuridico differenziato. Vedi anche la riflessione di J. NOCKE, Alles fliesst – Zur Kritik des ‘strategischen Rechts’, Jahresschrift für Rechtspolitologie, 4 (1990), p.125140. 43 MAYHEW, loc. cit., p. 188. 44 In modo più dettagliato L. H. MAYHEW, Law and Equal Opportunity: A Study of the Massachusetts Commission Against Discrimination, Cambridge Mass. 1968. 45 Per questo potevano essere citate numerose testimonianze. Particolarmente eclatante G. FRANKENBERG, Unordnung kann sein: Versuch über Systeme, Recht und Ungehorsam, in A. HONNETH e al. (ed.), Zwischenbetrachtungen: 154 Non è facile superare questa evidente polemica. La accuratezza nella determinazione delle funzioni e l’esattezza concettuale nel contesto globale, che vi contribuisce, sono una possibilità. Ciò richiederebbe concetti come controllo sociale o inclusione, dovere, valori, uguaglianza, consenso, coercizione, tempo, stabilizzazione controfattuale che potrebbero eventualmente contribuire alla determinazione della funzione del diritto, non da accettare come astrazioni non analizzate, bensì da risolvere ulteriormente e da collocare in connessioni concettuali più complesse. Questo non impedisce naturalmente a nessuno di chiudere a una tattica di camuffamento ideologico (solo più complesso) e di ridurre la teoria (dell’altro) a questo. In proporzione, potrebbe essere pur sempre più sopportabile una prevenzione, quando contribuisca, secondo un effetto collaterale, anche all’incremento dello sviluppo della teoria scientifica. VI La discussione sulla “guida tramite il diritto” potrebbe profittare dell’introduzione di un’ulteriore distinzione. Dalla funzione del diritto si devono distinguere innanzitutto le prestazioni fornite dal diritto per il suo ambiente sociale interno e per gli altri sistemi di funzione della società. La funzione emerge come unità in riferimento al sistema della società. Per una determinata funzione il sistema giuridico è differenziato, e a questo punto, come detto, interessa che si possa fare assegnamento su determinate aspettative come aspettative (non: in quanto prognosi di condotta). A questa funzione si riallaccia allora un altro ma diverso tipo di aspettative di prestazione che per l’ambiente sociale interno del sistema giuridico sono più o meno importanti, più o meno difficili da sostituire. Solamente sotto il regime della differenziazione funzionale si possono distinguere entrambi gli aspetti, funzione e prestazione; cioè Im Prozess der Aufklärung J.Habermas zum 60. Geburtstag, Frankfurt 1989, p. 690-712. 155 malgrado il fatto che anche adesso le prestazioni del sistema di funzioni siano attese sulla base della funzione e non sulla base di uno status o di un ethos del portatore di funzione o sulla base di una morale sociale generale46. Nell’analisi della funzione del diritto dovevano venire ricollocati due punti di vista che adesso possono essere discussi come possibili prestazioni del diritto, vale a dire la guida della condotta e la risoluzione dei conflitti. Non solo, la capacità di tenuta delle aspettative normative, ma anche numerose altre funzioni sociali e, non da ultimo, le coordinazioni di una condotta giornaliera, dipendono dal fatto che gli uomini si comportino effettivamente così come prescrive il diritto, quindi per esempio che nel check-out paghino effettivamente il loro conto in hotel, che si attengano effettivamente al codice stradale e soprattutto: effettivamente non minaccino gli altri con la violenza psichica. Anche se si può essere sicuri che tali aspettative sono giustificate, questo non è sufficiente di per sé per raggiungere una qualche normalità sociale più esigente della complementarità della condotta. Sotto questo aspetto altri sistemi di interazione o di organizzazione o di funzione della società dipendono dalla sovvenzione tramite il diritto. Che questo sia solo una prestazione è dimostrato dal fatto che i sistemi extragiuridici dispongono di numerosi equivalenti funzionali per assicurare la condotta desiderata come premessa di un’altra condotta47. Per esempio, il sistema di carte di credito 46 Per il parallelo con altri casi di differenziazione funzionale cfr. N. LUHMANN, Funktion der Religion, Frankfurt 1977, p.54 ss. [trad. it. La funzione della religione, Brescia, 1991, p. 23 ss.]; N. LUHMANN/K. E. SCHORR, Reflexionsprobleme im Erziehungssystem (1979), ristampa, Frankfurt 1988, p.34 ss.[Il sistema educativo. Problemi di riflessività, Armando, 1999]; N. LUHMANN, Politische Theorie im Wohlfartsstaat, München, 1981, p.81 e ss. [trad. it. Teoria politica nello stato di benessere, Milano, 1983, p. 88 e ss.]; ID., Die Wirtschaft der Gesellschaft, Frankfurt 1988, p.63 ss.; ID., Die Wissenschaft der Gesellschaft, Frankfurt 1990, p.635 ss. 47 Questo è del resto un vecchio tema posto in un’altra forma. Un tempo lo si discuteva sulla base dell’interrogativo se la validità del diritto si fondi solo sulle sanzioni o dovrebbero presentarsi mezzi di motivazione extragiuridici. 156 serve ad assicurare i pagamenti anche al di fuori delle verifiche legali. Senza carta di credito spesso determinate prestazioni (per esempio l’affitto di un’auto) non vengono neanche più effettuate. Ovvero: nelle stazioni di servizio degli USA le pompe rilasciano una determinata quantità di benzina, quando l’importo corrispondente è stato pagato in anticipo. Ma queste vanno viste semplicemente come forme che si sono sviluppate perché il diritto non può garantire una determinata condotta o non la garantisce abbastanza. In relazione alla scoperta dell’influenza di un gruppo principale e di un’organizzazione informale, il contributo del diritto alla definizione della condotta è stato valutato spesso come molto limitato48. Ma questo è valido forse per situazioni molto specifiche. Nelle condizioni moderne è a malapena immaginabile che il diritto possa essere sostituito in modo rilevante da tali fonti di motivi. Per la comprensione del governo della condotta come prestazione del diritto per altri sistemi di funzioni è importante, inoltre, che non si tratti solo, come aveva supposto Hobbes, di una limitazione delle “libertà naturali”. Anzi, anche il diritto produce libertà, libertà artificiali, che dunque in altri sistemi sociali sono condizionate, quindi limitate in senso propriamente sistemico. Per esempio, rifiutare la libertà, l’aiuto e le pretese di contribuzione e, invece di questo, formare capitale. O la libertà di diventare membro di un’organizzazione oppure rifiutarlo per le condizioni sfavorevoli. O la libertà di rifiutare un consorte imposto, conveniente alla famiglia e invece di questo fondare un matrimonio sull’“amore”. Oppure la libertà di esternare opinioni sconvenienti ed esporle ad una critica (quindi solo successiva). Per molti aspetti i “media”, utilizzati in altri sistemi per la creazione di forme propriamente sistemiche, si fondano su possibilità di rifiuto garantite giuridicamente, quindi su possibilità di sottrarsi a una pressione di adattamento, praticata Vedi G. JELLINEK, Allgemeine Staatslehre, 3. ed. 6. ristampa Darmstadt 1959, p.332 ss. 48 Vedi per es. R. T. LA PIERE, A Theory of Social Control, New York 1954 passim, in part. p.19 ss, 316 ss. 157 sotto il titolo di morale o di ragione. Non a caso, quando questo venne alla luce nel XVIII e XIX secolo, si poteva essere dell’opinione che la funzione propria del diritto consistesse nella garanzia della libertà. In modo simile funziona la prestazione della regolazione del conflitto. Anche qui la società in molti dei suoi sistemi sociali dipende dal fatto che essa, in casi di conflitto, può mettere in moto il sistema giuridico. Per il diritto vale in particolare respingere le aspettative infondate e indirizzare coloro che insistono a percorrere la strada giuridica. D’altra parte, si deve far notare che il diritto non risolve necessariamente tutti i conflitti di cui originariamente si era trattato, ma soltanto quelli che esso stesso può costruire49. Le strutture profonde e i motivi di contrasto dei conflitti quotidiani, come la questione chi ha cominciato, in larga misura non vengono prese in considerazione. Perciò con il diritto si controllano difficilmente anche gli effetti delle decisioni giuridiche o delle conciliazioni forzate giuridicamente su conflitti pregressi. Oltracciò, fare ricorso a una risoluzione dei conflitti regolata giuridicamente ha limiti ristretti, in particolare laddove gli interessati ci tengono alla continuazione delle loro relazioni e perciò temono la giuridicizzazione (Juridifizierung) dei loro conflitti. Perciò si trova così tanta violenza fisica o psichica nelle relazioni intime, in particolare nelle famiglie. Perciò spesso le soggezioni sociali, ad esempio sul posto di lavoro, non ammettono nessuna comunicazione sui diritti reclamabili (einklagbare); oppure si preferisce venire a capo in altro modo ovvero stabilizzare il conflitto come conflitto permanente, nel quale ciascuno utilizza le proprie chances. Soprattutto il Giappone è celebre per l’ampia utilizzazione di meccanismi extragiuridici nella risoluzione di conflitti. Ma anche il ricorso limitatissimo al tribunale del Common Law si 49 J. GALTUNG, Institutionalized Conflict Resolution: A Theoretical Paradigm, Journal of Peace Research, 2 (1965), p. 348-397. 158 spiega con le soluzioni extragiuridiche dei conflitti50. In Inghilterra persino faccende così importanti come la caccia e la selvaggina non portano a incomodare i tribunali. Con l’aumento del diritto legislativo e soprattutto con l’aumento delle regolamentazioni di diritto pubblico aumenta, a dire il vero, anche la critica a questo scarto ridotto e alla difficile accessibilità dei tribunali di Common Law51. Probabilmente questo sgravio del diritto è collegato al fatto che la stratificazione sociale o le lealtà di gruppo sono vissute ed accettate ancora come ordine sociale. Se non accade più, l’inaccessibilità dei tribunali intensifica la differenza tra una inclusione di piccoli gruppi di popolazione e un’esclusione di grandi gruppi di popolazione, e allora si trasforma in un problema non solo per le prestazioni, ma anche per la funzione del diritto52. La distinzione tra funzione e prestazioni risiede, di conseguenza, nella portata degli equivalenti funzionali. Per assicurare le aspettative normative (per questo: non ovvie) a malapena ci sono alternative al diritto. Ma una condotta desiderata si può raggiungere in larga parte con degli incentivi positivi, nei quali la forma del diritto diventa rilevante soltanto in casi eccezionali per gli inconvenienti esecutivi. I conflitti sono resi sopportabili, o in vari modi o portati alla decisione; e il diritto è soltanto una delle possibilità, sebbene quella che, per così dire, assume la funzione di valuta di riserva e offre una sorta di sicurezza ultima per la libertà. Una differenziazione tra funzione e prestazioni si riesce a realizzare solamente in seguito alla differenziazione di un sistema giuridico. Nelle prospettive chiamate guida della condotta e soluzione del conflitto, si deve distinguere la società senza e la società con un sistema giuridico differenziato. Entrambe le situazioni sono molto diverse, anche 50 Cfr. R. LEMPERT/J. SANDERS, An Invitation to Law and Social Science, New York 1986, p. 133 ss. 51 Vedi B. ABEL-SMITH/R. STEVENS, Lawyers and the Courts: A Sociological Study of the English Legal System 1750-1965, Cambridge Mass.1967. 52 Vedi V. GESSNER, Recht und Konflikt: Eine soziologische Untersuchung privatrechtlicher Konflikte in Mexiko, Tübingen 1976. 159 se possono essere confrontate naturalmente situazioni eterogenee sotto il punto di vista funzionale del “dispute settlement”53. Nelle società tribali, ma anche nelle zone agricole di “peasant societies”, che devono cavarsela su vasta scala senza riferirsi al diritto formale e ai tribunali, normalmente le questioni giuridiche vengono portate a una procedura di composizione del conflitto che subordina a questo scopo i punti di vista ammessi alla comunicazione. Si tratta di soluzioni di compromesso esistenziali e praticabili, non (o solo secondariamente) dell’attribuzione dei valori diritto e non-diritto alle pretese54. Allora si introduce già nel procedimento il punto di vista del consenso locale idoneo, e le parti in conflitto si confrontano con la questione come vogliono regolare in loco la loro vita futura. Al contrario, nel contesto moderno, le procedure di conciliazione si realizzano sotto il punto di vista di un processo prospettato come minaccia in caso di comportamento contrario. In un certo modo, si gioca col fuoco, con l’incertezza dell’esito, con costi e ritardi temporali; ma la possibilità della tutela giuridica giudiziaria è presente in ogni riflessione, e la forma dell’eventuale accordo è una forma del diritto vigente che apre, in caso di bisogno, a possibilità di agire. Il procedimento di conciliazione vive della funzione propria del diritto, quella di stabilizzare aspettative normative; ma di questa forma può conquistare un plusvalore sociale che, come prestazione del diritto, torna utile ai sistemi psichici e a quelli sociali interessati. 53 Rimangono tuttavia delle perplessità se si trattano insieme materiale etnologico e analisi empiriche della moderna procedura conciliatoria, senza mettere in conto in modo conveniente contesti strutturali completamente diversi. 54 Cfr. la monografia molto citata di M. GLUCKMAN, The Judicial Process Among the Barotse of Northern Rhodesia, Manchester 1955, oppure P. J. BOHANNAN, Justice and Judgement Among the Tiv, London 1957; inoltre L. NADER, Styles of Court Procedure: To Make the Balance, in dies, (ed.), Law in Culture and Society, Chicago 1969, p.69-92. Per la situazione europea della differenziazione di un sistema giuridico nel XI/XII secolo cfr. anche H. J. BERMAN, Recht und Revolution: Die Bildung der westlichen Rechtstradition, trad. ted., Frankfurt 1991, p. 85 ss. 160 Si vogliono giudicare, in quanto connessi, tanto la funzione quanto le prestazioni del sistema giuridico, ci si propone di vedere nel diritto una specie di sistema immunitario della società. Con la complessità crescente del sistema della società crescono le discrepanze tra le proiezioni di norme, e allo stesso tempo la società non dipende dal fatto che per questo tipo di conflitti si trovano soluzioni “pacifiche”, perché in caso contrario ristagnerebbe ovunque la costruzione dei media di comunicazione e dei sistemi di funzioni, per esempio lo sviluppo delle “città”. Il che può succedere, e nella maggior parte dei casi è anche successo così. Ma c’è anche la possibilità di immunizzare più energicamente il sistema contro qualsiasi patologia. Resta sospeso ed imprevedibile quando e con quali motivi venga in mente a qualcuno di percorrere la via del conflitto e contrapporre a una proiezione di norme un’altra proiezione di norme. E per tali avvenimenti non c’è, come nell’immunologia in generale, nessuna risposta preparata in modo concreto. Il sistema giuridico non prevede quando si arriva a ciò e come si presenteranno le situazioni, chi sarà interessato e quanto forte sarà l’impegno. I suoi meccanismi sono progettati per agire “senza riguardo alla persona”. Ed essi abbisognano di tempo per costruire la risposta immunitaria. Lo stato delle cose sarebbe troppo complesso per la corrispondenza punto-per-punto tra il motivo ambientale nelle disposizioni psichiche e negli stati psichici e la soluzione di problemi che si afferma nel sistema sociale. Anche quando per questo si parla di sistema immunitario, una volta trovate le soluzioni, si riducono le probabilità di nuove “infezioni” e si accorciano i tempi di trattamento. Già nel contesto della questione sulla funzione del diritto c’è una serie di argomenti che possono mostrare che la differenziazione di un sistema giuridico, se portato una volta sulla buona via, dà dei risultati (conferma la validità). Avevamo visto che nell’aumento di proiezioni di norme scoordinate si raggiunge il punto in cui una riflessività quasi primordiale non produce più nessuna soluzione nell’aspettativa normativa 161 dell’aspettativa normativa e deve essere sostituita dalla differenziazione di un sistema di decisioni organizzato nel diritto che attira lo sguardo su di sé e sviluppa un reticolato di norme ufficialmente vigenti, nel quale orienta se stesso, a condizione che trovi sufficiente sostegno politico. Un altro punto di vista era che appena si forma un sistema di funzioni, funzione e prestazioni potessero essere differenziate e quindi vi sono per l’aspettativa normativa molti equivalenti nell’ambito della prestazione, mentre nell’ambito funzionale non ve ne sono (o sono praticamente irrealizzabili). In fondo, anche i vantaggi di un sistema immunitario regolato, che lavora con una complessità ridotta e in compenso con una sua storia, in relazione a ciò che accade imprevedibilmente in casi negativi, forniscono motivazioni per riconoscere quelli che parlano a favore della differenziazione . Se si tratta della questione, abbastanza discussa, per quale ragione lo sviluppo della società moderna è stato avviato in Europa e non per esempio in Cina o in India, questi punti di vista dovrebbero essere osservati in modo più rigoroso. Se il confronto si concentra nel XII o XIII secolo sull’Europa e sulla Cina, i fatti demografici, lo sviluppo tecnologico, la diffusione della scrittura, la prosperità parlano piuttosto contro l’Europa. Ma l’Europa aveva una cultura giuridica sviluppata sulla base della conquista del diritto civile romano. Una parte importante dei chierici erano di fatto giuristi (del diritto canonico). In Inghilterra, lo sviluppo autonomo di un Common Law si era avuto su questa base. I diritti della città erano raccolti, codificati e assunti come modelli; il conflitto tra le sovranità delle città italiane era condotto innanzitutto con riferimento all’autoregolazione giuridica. Nelle relazioni della vita quotidiana, il diritto processuale si era radicato in modo più profondo che altrove. Si poteva contare più su aspettative di condotta stabilizzate controfattualmente che sul confronto di civiltà, anche se non era ancora sicuro, se la condotta fattuale corrispondesse alle aspettative. L’ordinamento sociale si era potuto sviluppare in improbabilità più intense, se rimaneva 162 quantomeno accertabile, con quali aspettative ci si poteva appellare al diritto e in quali punti si sarebbero presentati conflitti come conflitti giuridici, la guerra, che all’occorrenza erano dunque decisi dal “tribunale supremo”. Comunque si possa valutare il significato di religione, di economia monetaria, di diversificazione regionale sulla base di questa connessione: non si doveva ignorare che un importante corso evolutivo nel diritto e nella preparazione giuridica era basato su una maggiore complessità e improbabilità. Tenendo d’occhio tutto ciò, non si può tuttavia dire che i vantaggi di una specificazione funzionale funzionino come un meccanismo evolutivo. Per le chiarificazioni storiche c’è bisogno di una teoria evolutiva costruita in modo più complesso. Oltracciò, dalla funzione non emerge ancora che il diritto si possa chiudere e riprodurre effettivamente come sistema autopoietico. Perciò sono ancora necessari determinati sviluppi strutturali (…) dal punto di vista (di una differenza) della codificazione e della programmazione. 163