Traduzione di Luisa Avitabile da N. Luhmann, Das Recht der
Gesellschaft (materiale ad uso didattico)
LA FUNZIONE DEL DIRITTO
I
La domanda sulla funzione del diritto viene posta qui con
riferimento al sistema della società. In altre parole, si tratta di
quale problema del sistema della società viene risolto con la
differenziazione di norme specificamente giuridiche e quindi
tramite la differenziazione di uno specifico sistema giuridico.
Con ciò si escludono innanzitutto le questioni di tipo psicologico
e antropologico1. Questo non deve significare che siano da
respingere in quanto inopportune. Ma il loro problema è che gli
uomini sono dati empiricamente solo come individui ed è
difficile controllare le dichiarazioni generiche sugli uomini, sulla
coscienza, sulla persona. Con società supponiamo invece un
singolo sistema, anche se molto complesso, che si può osservare
in modo assolutamente empirico, dato in modo concreto nelle
comunicazioni correnti. Per questo non dobbiamo cercare e
verificare nessuna dichiarazione che si possa generalizzare per
un numero elevato di sistemi diversificati.
Rispetto al sistema della società si può discutere se, e in
che senso, ci siano “problemi di riferimento” e quindi funzioni, a
prescindere dalla differenziazione di operazioni corrispondenti e
Helmut Schelsky per primo ha sostenuto in modo energico un’opinione
contraria che si ritrova in Malinowski. Vd. Systemfunktionaler,
anthropologischer und personfunktionaler Ansatz der Rechtssoziologie, in
H.SCHELSKY, Die Soziologen und das Recht: Abhandlungen und Vorträge
zur Soziologie von Recht, Institution und Planung, Opladen 1980, p.95-146.
Cfr. inoltre N. BOBBIO, L’analisi funzionale del diritto: tendenze e problemi,
in ID., Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del diritto, Milano
1977, p. 89-121 (111 ss.) con una distinzione tra riferimenti funzionali sociali
e individuali.
1
119
di sistemi di funzioni. È chiaro il pericolo di una risposta solo
tautologica (che tuttavia sarebbe valida anche per approcci
utilitaristici oppure orientati ai bisogni). A questo problema
sfuggiamo attraverso l’astrazione. Descriviamo il problema del
riferimento della funzione del diritto in altri concetti più astratti
dello stesso diritto. Forse i logici la chiamerebbero “sviluppo”
della tautologia, cioè dispiegamento di un circolo
autoreferenziale in identità distinguibili. L’ipotesi esplicitata di
seguito sostiene che il diritto risolve un problema temporale che
si pone sempre nella comunicazione sociale, se proprio la
comunicazione corrente non basta a se stessa – sia come
espressione, sia come “praxis” –, ma nell’estensione temporale
del suo significato si orienta ad aspettative ed esprime
aspettative. La funzione del diritto ha a che fare con le
aspettative; in particolare se si ferma alla società e non solo agli
individui, con la possibilità di comunicare aspettative e di
condurle al riconoscimento nella comunicazione2. Con
“aspettativa” non intendiamo, quindi, uno stato di coscienza
attuale di un individuo determinato, ma un aspetto temporale del
senso delle comunicazioni.
Con l’accentuazione della dimensione temporale, come
base della funzione del diritto, contraddiciamo un vecchio
principio della sociologia del diritto che aveva posto l’accento
sulla funzione sociale del diritto con concetti come “controllo
sociale” o “integrazione”3. Nella scelta di questi concetti che
Nelle prospettive individualistiche (e dunque: utilitaristiche) l’autore più
importante per tale questione è Jeremy Bentham. Vedi, per il tema della
sicurezza dell’aspettativa, B. G. J. POSTEMA, Bentham and the Common Law
Tradition, Oxford 1986, p.159 ss.
3
Cfr. solo R. POUND, Social Control through Law, New Haven 1942; T.
PARSONS, The Law and Social Control, in W. M. EVAN (ed.), Law and
Sociology, New York 1962, p.56-72, e con un corrispondente sguardo
retrospettivo storico-teorico a una sociologia del diritto che non
apprezzerebbe sufficientemente il diritto nella sua funzione sociale, ID., Law
as an Intellectual Stepchild, in H. M. JOHNSON (ed.), Social System and Legal
Process, San Francisco 1978, p.11-58. Inoltre H. C. BREDEMEIER, Law as an
Integrative Mechanism, in EVAN loc. cit., p.73-90; F.J. DAVID e al., Society
and the Law: New Meanings for an Old Profession, New York 1962, p.39
2
120
sono centrali per la comprensione del sistema sociale per
eccellenza, si corre tuttavia il pericolo di non riconoscere le
caratteristiche del diritto4. Il vantaggio di focalizzarsi su
un’unica funzione (certamente: primaria) viene pagato con un
sovraccarico di equivalenti funzionali e con la conseguenza che
la differenziazione del diritto può essere compresa soltanto a
livello della professione e dell’organizzazione.
Va da sé che ciò che non si può contestare è la rilevanza
sociale del diritto, ma si può mettere fortemente in dubbio la sua
funzione integrativa. Su questo è stata richiamata l’attenzione
soprattutto dal movimento critical-legal-studies e da altri critici
ispirati da Marx. Sfuggiamo a questa disputa spostando il
problema nella dimensione temporale e vediamo il significato
sociale del diritto nel fatto che se le aspettative possono essere
stabilizzate nel tempo ne derivano delle conseguenze sociali.
ss.; M. ATIENZA, Introduccion al Derecho, Barcelona 1985, p.61 ss.; D.
BLACK, The Social Structure of Right and Wrong, San Diego 1993. Oggi si
indica soprattutto Jürgen Habermas come rappresentante di una funzione
socio-integrativa del diritto. Vedi Faktizität und Geltung: Beiträge zur
Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen Rechtsstaats, Frankfurt
1992; [trad.it. Fatti e norme, Napoli, 1996]. Nella sua sistematica
realizzazione di questo pensiero si indicano paradigmaticamente le difficoltà
nelle quali si cadrebbe se si trattasse di dare un nome alle operazioni che
adempiono effettivamente a questa integrazione. È solo lo scambio di ipotesi
sul che e sul come un’intesa comunicativa potrebbe essere raggiunta? O
soltanto “circuiti comunicativi – per così dire senza soggetto [subjektlos] –
rappresentati dai fori e dai corpi legislativi” (trad. ted. loc. cit. p.170, trad. it.
p.163)? Oppure è l’eloquente empatia di coloro che in ogni occasione
esternano il loro coinvolgimento nella sorpresa di quelli che sono sorpresi?
Oppure come è possibile, per argomentare su un caso, trovare una
regolazione ai problemi di immigrazione, “richiede una disciplina che
risponda all’eguale interesse sia degli associati sia dei richiedenti” (trad. ted.
loc.cit.p.158, trad. it. p. 151), se si deve scoprire prima, a quale regolazione
potrebbero aderire tutti quelli che sono sorpresi?
4
A questo mira l’idea della “double institutionalization” in P. BOHANNAN,
Law and Legal Institutions, International Encyclopedia of the Social
Sciences, vol. 9, Chicago 1968, p.73-78, che però indica più problemi che
soluzioni.
121
Evidentemente le operazioni sociali richiedono tempo.
Anche se ogni singola comunicazione dura solo un breve
momento, anzi non dura affatto, ma scompare di nuovo nel
momento della sua attualizzazione, tuttavia da questo dipende il
suo determinarsi mediante una connessione ricorsiva nel tempo,
cioè: riferirsi ad una comunicazione già passata ed a future
possibilità di connessione. Ogni comunicazione vincola il
tempo in quanto determina da quale stato sistemico deve
cominciare la comunicazione successiva5. Da tutto questo si
deve distinguere la cristallizzazione del senso per uso ripetuto,
come la formazione del senso delle parole, dei concetti e delle
dichiarazioni veritiere6. Vogliamo denominare semantica tali
assunzioni di un vincolo per un sistema di comunicazioni. Solo
la sedimentazione di una semantica per uso ripetuto conduce a
vincoli temporali in senso più stretto, dei quali si discuterà in
seguito.
Le riutilizzazioni del significato comunicato succedono a
una doppia esigenza, in quanto esistono come risultato di queste,
di un senso fissato dal punto di vista linguistico e in quanto
comunicazione sociale differenziata. Da una parte, devono
condensare l’indicazione impiegata per garantire che possa
essere riconosciuta come la medesima, anche in un contesto
nuovo. Per questo nascono le invarianze re-identificabili. D’altra
5
A dire il vero questo vincolo temporale si può boicottare in modo esplicito,
si reagisce in modo da sospenderlo, però così si richiama l’attenzione solo sul
caso contrario.
6
Supponiamo che questo significato insito è una prestazione della
comunicazione sistemica e non una prestazione della coscienza; e meno che
mai una rappresentazione di fatti esterni alla coscienza. Per la critica (usuale)
di tali rappresentazioni cfr. D. MACCANNEL/J. F. MACCANNELL, The time of
the Sign: A Semiotic Interpretation of Modern Culture, Bloomington Ind.
1982, in part. p.152 s.; B. SHANON, Metaphors for Language and
Communication, Revue internationale de systémique, 3 (1989), p.43-59. La
posizione qui assunta costringe a rinunciare alla rappresentazione che la
comunicazione sia un “trasferimento” di senso preconcetto a un altro sistema.
6
In questo senso A. KORZYBSKI parla del time-binding come funzione del
linguaggio, Science and Sanity: an Introduction to Non-aristotelian Systems
and General Semantics (1933), 4. ed. Lakeville 1958.
122
parte, devono confermare il senso riutilizzato, anche quando lo
mostrano adattato ad un contesto diverso. Per questo risultano
eccedenze di rinvio, dimostrabili fenomenologicamente che
rendono indefinibile ogni stabilizzazione concreta di senso e
mettono qualunque altro utilizzo per una costrizione selettiva7.
A questo punto, descriviamo la genesi del senso8 con una forma
estremamente astratta. Soltanto chi coesegue questa logica del
condensare e del confermare può partecipare alla comunicazione
linguistica e può accoppiare la sua coscienza alle operazioni
sociali.
Con una concettualità molto vaga questo stato di cose è
stato denunciato come forza o violenza del linguaggio9. Ma ci
sarebbe da rispondere ancora ad una questione decisiva: in che
modo può essere chiarita l’ubiquità della forza in un sistema
molto complesso. Evitiamo le parole forti e i relativi pregiudizi.
Ma riteniamo che già a questo livello il vincolo temporale non
sia privo di conseguenze sociali. Il che è valido a maggior
ragione se ci avviciniamo alla dimensione delle aspettative
normative e quindi alla funzione del diritto.
Le ripetizioni che rendono possibile e che accompagnano
la relativa condensazione e conferma limitano lo spazio che
sarebbe dato dall’arbitrarietà della relazione tra segno e
significato. Ne risultano norme per parlare correttamente e, oltre
7
Per questa tesi di una doppia esigenza (Doppelerfordernisses), ma non per la
sua interpretazione, seguiamo G. SPENCER BROWN, Laws and Form, cit. nella
ristampa New York 1979, p.10.
8
In modo più dettagliato N.LUHMANN, Identität-was oder wie?, in ID.,
Soziologische Aufklärung vol.5, Opladen 1990, p.14-30.
9
Per esempio Pierre Bourdieu parla di pouvoir symbolique, rapports de
force, domination rispetto ad ogni alternativa di libertà e coercizione. Vedi :
Ce que parler veut dire: l’économie des échanges linguistiques, Paris 1982.
Per l’applicazione all’uso politico della lingua cfr. W. BERGSDORF,
Herrschaft und Sprache: Studien zur politischen Terminologie der
Bundesrepublik Deutschland, Pfullingen 1983, con chiare riserve nei
confronti delle possibilità di una manipolazione puramente linguistica. A
questa relazione appartiene anche l’eloquente lamentela sulla “mancanza
della parola” delle donne e il loro danno in determinati casi di
differenziazione sessuale linguistica.
123
a ciò, norme per usare il linguaggio in modo idoneo, accettate ed
eseguite, anche se si potrebbe operare diversamente. Le
sanzioni si trovano solo nella ricerca dell’autocorrezione della
comunicazione10,
cosa
dimostrata
dalle
ricerche
“etnometodologiche”. Le norme delimitano la contingenza della
limitazione di contingenza, vale a dire il consolidamento della
sperimentata limitazione dell’uso arbitrario del segno. L’unica
alternativa a questa normatività fondante è l’anomia, come ha
fatto notare soprattutto Durkheim. La schematizzazione
giusto/falso, accettabile/inaccettabile, normale/differente o
infine diritto/non-diritto si trova già in entrambi i versanti della
distinzione all’interno dell’ordine sociale. Resta nella
dimensione del comprensibile anche la parte della distinzione
giudicata in modo negativo; proprio questa si può comunicare e
si comunicherà. La valutazione negativa di una possibilità di
deviazione, data in genere proprio dalla norma, definisce i costi
sociali del vincolo temporale e allo stesso tempo colui che dovrà
eventualmente sopportarli. Essi vengono esposti nel sistema,
non lasciati certo all’ambiente e quindi ignorati.
Naturalmente all’interno del sistema giuridico non è
coinvolta soltanto una valutazione comunicativa della
comunicazione, bensì – su questa base! – della comunicazione
su tutti i tipi di comportamento compresi e normati dal diritto. A
fondamento si pone però anche qui quella condizione della
dearbitrarizzazione delle relazioni, e anche qui si deve scontare
il vincolo temporale nella forma costituita e annoverata come
“non-diritto”.
Se, e nella misura in cui, per la sicurezza di questo vincolo
temporale, si devono sostenere anche aspettative che non
corrispondono per niente alla realtà, ma che devono resistere ad
eventuali delusioni, allora aumenta di colpo la problematica
sociale. Chi si dichiara per tali aspettative deve decidere in
anticipo i conflitti, senza sapere chi e in che modo vi prenderà
parte. Il vincolo temporale pregiudica la parzialità sociale. La
10
Cfr. H. GARFINKEL, Studies in Ethnometodology, Englewood Cliffs N.J.
1967.
124
libertà di condotta viene limitata in anticipo, se non di fatto, di
certo a livello delle aspettative. Sono a priori pregiudicati quelli
che – per qualunque motivo personale, situazionale o oggettivo
– desidererebbero disattendere le aspettative. Il diritto
discrimina. Decide per l’uno e contro l’altro – e questo in
previsione di un futuro non ancora determinato in tutti i suoi
particolari.
Di consueto la problematica di tale vincolo temporale
scopre che il diritto si aggiudica una funzione motivazionale.
Anche questo sta nel simbolico del “dovere” delle sue
aspettative. Da coloro che sono screditati dal diritto, quindi dagli
assassini e dai ladri, ci si aspetta che apprendano e si adattino,
sebbene non venga coinvolta né la loro vita, né la loro
proprietà, ma quella degli altri11. Ma questo accade solo perché
si vuole essere sicuri dell’insicurezza inerente, in riferimento al
futuro.
Questo riferimento al futuro della funzione del diritto
spiega il bisogno di simbolizzazione di ogni ordinamento
giuridico. Le norme giuridiche hanno la struttura di aspettative
generalizzate simbolicamente. Con ciò non vengono date solo
indicazioni generalizzate che dipendono dalle situazioni, bensì i
simboli stanno sempre per qualcosa che come tale è invisibile e
non può diventare visibile – in questo caso il futuro. Attraverso
le simbolizzazioni la società genera stabilità e sensibilità
specifiche, lo si apprende anche nella dimensione della
religione. Si fa assegnamento sul simbolo proprio perché non si
può vedere ciò che con esso si intende. Il segno diventa
riflessivo come segno, è precisato come segno e questo ci
11
La chiarezza e la necessità di limitazione che qui si evidenziano sono state
riconosciute e tematizzate soprattutto da Thomas Hobbes – come si sa: senza
alcuna influenza sulla prassi giurisprudenziale del suo tempo. Per formulare il
problema non si ha neppure bisogno di adoperare, come deve mostrare il
nostro testo, il linguaggio dei “diritti soggettivi” (pur tuttavia vicino al
diritto). Con questo passo astratto si amplia dunque il campo visuale da una
teoria politica, formulata ancora nel contesto della “civil society”, a una teoria
della società, nella quale il sistema politico e il sistema giuridico
percepiscono funzioni parziali del sistema.
125
definisce il concetto di simbolo. Ma non può essere escluso in
modo efficace che si imponga una realtà diversa e che alla fine
ci si veda ingannati. Allora l’effetto supera di gran lunga il
motivo dato.
Stando a tutto questo, il riferimento temporale del diritto
non è né nella sola durata della validità delle norme, distinte in
modificabili/immodificabili, né nella storicità immanente del
diritto12. Non sta nemmeno nel fatto che il “materiale” del
diritto, la condotta umana, è dato in uno spazio e in un tempo.
Sta nella funzione delle norme, vale a dire nel fatto che si tenti
di adattarsi, per lo meno sul piano delle aspettative, ad un futuro
ancora sconosciuto, genuinamente insicuro. Di conseguenza, con
le norme varia anche la proporzione con cui la società stessa
produce un futuro insicuro.
Evidentemente vi è un incremento di vincoli temporali sul
piano
dell’aspettativa
controfattuale
stabilizzata
in
contraddizione con ciò che nell’ambito della convenienza
sociale si potrebbe presupporre come piacere. Un’estensione e
un’intensivizzazione dei vincoli temporali normativi produce
nuove occasioni di consenso/dissenso nella dimensione sociale.
Produce situazioni decisionali proprie, mentre definisce le
situazioni in modo tale da dover decidere pro o contro
l’aspettativa. Produce devianza, come dicono i sostenitori del
“labeling approach”. Naturalmente produce anche conformità. Il
risultato è proprio la forma a due versanti consenso/dissenso con
le tensioni sociali che in essa si accendono. Il risultato è anche
una separazione, una biforcazione con la conseguenza tipica
della biforcazione: che una storia risulta a seconda di quale via
viene percorsa e che piccoli motivi di partenza possono
realizzare sviluppi considerevoli tramite forti deviazioni.
Detto in generale, questa analisi indica che i vincoli
temporali non sono privi di costi sociali; o ancora più in
generale: che la dimensione temporale e la dimensione sociale
12
Su questo specialmente M. BRETONE, Le norme e il tempo: fra tradizione
classica e coscienza moderna, Materiali per una storia della cultura giuridica,
19 (1989), p.7-26.
126
del senso, perché incluso in ogni esperienza significativa, si
distinguono certo sotto il profilo analitico, però sotto quello
empirico non sono isolate l’una dall’altra. Perciò per noi è
valido il diritto come una forma riferita al problema della
tensione tra dimensione temporale e dimensione sociale
rendendo possibile sopportarla anche a condizione di un
incremento evolutivo della complessità sociale. Non si è ancora
deciso provvisoriamente entro quali limiti e per quanto. La
forma del diritto si trova tuttavia nella combinazione di due
distinzioni, vale a dire nella modalità cognitivo/normativa
dell’aspettativa e del codice diritto/non-diritto. Tutti gli
adattamenti sociali del diritto operano in questo quadro e
variano il senso oggettivo, il “contenuto” delle norme giuridiche
e i programmi che di volta in volta regolano una “giusta”
attribuzione dei valori diritto e non-diritto, per mantenere il
vincolo temporale e il consenso/dissenso in una zona di
reciproca compatibilità. E poiché la dimensione materiale
percepisce questa funzione compensativa non c’è alcuna
definizione materiale del diritto. Al suo posto subentra la
referenza sistemica “sistema giuridico”.
II
Con l’analisi svolta nella sezione precedente, la domanda
sulla funzione del diritto è stata posta su due binari diversi – a
seconda di come si formula il problema del riferimento. Da un
punto di vista astratto, il diritto ha a che fare con i costi sociali
del vincolo temporale delle aspettative. In concreto, si tratta
della funzione di stabilizzare le aspettative normative per mezzo
della regolamentazione della loro generalizzazione temporale,
oggettiva e sociale13. Il diritto rende possibile poter sapere in
13
Così N. LUHMANN, Rechtssoziologie, 2. ed. Opladen 1983, p.40 ss. Cfr.
anche ID., Die Funktion des Rechts: Erwartungssicherung oder
Verhaltenssteuerung? in ID., Ausdifferenzierung des Rechts: Beiträge zur
127
quali aspettative vi è un fondamento sociale e in quali no. C’è
questa sicurezza dell’aspettativa, si può attendere alle delusioni
della vita quotidiana con una tranquillità maggiore; perlomeno si
può contare sul fatto di non venire screditati nelle proprie
aspettative. Se si può dare fiducia al diritto14, ci si concede il
lusso di una fiducia, oppure di una sfiducia più a rischio. E
questo significa non da ultimo: si può vivere in una società più
complessa, in cui non bastano più i meccanismi personali o
interattivi della certezza della fiducia15. Ma con ciò il diritto è
incline anche a una crisi di fiducia intermediata simbolicamente.
Se il diritto non è più rispettato o, nei limiti del possibile,
imposto, le conseguenze superano di gran lunga ciò che è
definito immediatamente violazione del diritto e il sistema
ricorre a numerose forme immediate di protezione della fiducia.
In ogni caso, cominciamo dal fatto che il diritto adempia
soltanto a una funzione che può suddividersi naturalmente in
ulteriori problemi e quindi in subfunzioni16. Da un punto di vista
Rechtssoziologie und Rechtstheorie, Frankfurt 1981, p.73-91 [trad. it. La
differenziazione del diritto, Bologna, 1990, p. 81-101].
14
Cfr. B. BARBER, The Logic and Limits of Trust, New Brunswick N.J. 1983,
p.22 s. e passim.
15
Cfr. anche N. LUHMANN, Vertrauen: Ein Mechanismus der Reduktion
sozialer Komplexität, 3 ed. Stuttgart 1989, p. 50 ss. [trad. it. La fiducia,
Bologna, 2002, p. 44 ss.]; ID., Familiarity, Confidence, Trust: Problems and
Alternatives, in D. GAMBETTA, (ed.), Trust: Making and Breaking
Cooperative Relations, Oxford 1988, p.94-107.
16
Joseph Raz elabora un complesso tableau di funzioni del diritto, On the
Functions of Law, in A. W. B. SIMPSON (ed.), Oxford Essays in
Jurisprudence (Second series), Oxford 1973, p. 278-304. La sua distinzione
fondamentale tra funzioni normative e sociali evidenzia il problema che qui è
centrale: la funzione sociale della forma normativa di aspettative. V.
FERRARI, Funzioni del diritto. Saggio critico-ricostruttivo, Roma 1987, p.87
ss. discute di tre diverse funzioni del diritto che tuttavia trascendono il diritto
(orientamento sociale!), respinge però la ricapitolazione in una formula
unitaria, perché in questo modo non potrebbero più essere realizzate le
esigenze concettuali dell’idea di funzione. Anche altrove si trova spesso la
premessa che il diritto adempia a un’enorme quantità di funzioni, sotto forma
di una nuda elencazione. Vedi per es. DAVIS e al. loc.cit. (1962), p. 65 ss.; M.
VAN DE KERCHOVE/F. OST, Le système juridique entre ordre et désordre,
128
analitico si possono certo identificare innumerevoli problemi di
riferimento e quindi innumerevoli funzioni a seconda di quale
paradigma si voglia tracciare e quali equivalenti funzionali si
intendano tematizzare. In questo senso, il diritto ha, in
definitiva, anche la funzione di procurare ai giuristi il loro pane
quotidiano. Se si tratta però della differenziazione di un sistema
di funzioni sociale, allora supporre un’unica funzione conduce a
risultati univoci. Ogni pluralità di funzioni condurrebbe a
problemi di parziali coincidenze e a confusioni nella
delimitazione del diritto.
La nostra definizione funzionale del diritto ha
conseguenze determinate per il concetto di norma (o in modo
più circostanziato: del modus normativo delle aspettative).
Diversamente da una diffusa letteratura teoretico-giuridica, il
concetto non viene determinato dall’indicazione di particolari
caratteristiche essenziali bensì da una distinzione, vale a dire
dalla distinzione tra possibilità di condotta in caso di
delusione17. O si rinuncia alle proprie aspettative pensando che
Paris 1988, p.161 ss. in chiusura a R. SUMMERS/CH. HOWARD, Law, Its
Nature, Functions and Limits, 2.ed. Englewood Cliffs N.J.1975. (In tutto ciò
non c’è naturalmente proprio nessun dubbio che un osservatore, per il quale
non si tratta del problema dell’unità del diritto, possa analizzare il diritto sotto
molteplici e diversi punti di vista funzionali, perché ogni norma ha una
propria funzione). W. J. CHAMBLISS/R. B. SEIDMAN, Law, Order, and Power,
Reading Mass.1971, p.9 ss. partono dal fatto che il sistema giuridico
“performs a myriad of functions, both manifest and latent” e si dichiarano
quindi (comprensibilmente) incapaci di selezionarne le essenziali. E con ciò
si tralascia dunque anche una chiarificazione dell’idea di un sistema giuridico.
17
A questo è contrario W. KRAWIETZ, Zur Einfürung: Neue Sequenzierung
der Theoriebildung und Kritik der allgemeinen Theorie sozialer Systeme, e
ID., Staatliches oder gesellschaftliches Recht? Systemabhängigkeiten
normativer Strukturbildung im Funktionssystem Recht, in W. KRAWIETZ/M.
WELKER (ed.), Kritik der Theorie sozialer Systeme: Auseinandersetzungen
mit Luhmanns Hauptwerk, Frankfurt 1992, p. 14-42, 247-301. Krawietz
pensa che questa formulazione “behavioristica” della concettualità normativa
non terrebbe sufficientemente in considerazione la caratteristica della norma
come norma. Qualunque cosa si voglia intendere con “behavioristico”: come
sociologo si vorrà rinunciare all’opinione che le norme compaiano
fattualmente come strutture di senso della realtà sociale. L’alternativa sarebbe
129
andranno deluse oppure si mantengono. Si anticipa questa
biforcazione e ci si vincola in anticipo a una delle due
possibilità, nel primo caso le aspettative si determinano come
cognitive, nell’altro caso come normative18. Di conseguenza, il
concetto di norma indica il versante di una forma che ha anche
un altro versante. Non compare senza quest’altro versante, deve
essere posto contro di esso con riserva di possibilità transitorie.
È il risultato dell’opzione di un osservatore e si attualizza
empiricamente solo se viene distinta mediante questa forma.
Nel concetto funzionale della norma, come aspettativa di
condotta stabilizzata controfattualmente, non c’è ancora nessuna
decisione provvisoria sui motivi per i quali le norme vengono
rispettate o meno. Al contrario: proprio da questo si deve capire
se la norma deve adempiere alla sua funzione. La norma può
essere osservata o meno poiché è sconosciuta. (La sua
notificazione potrebbe suscitare motivi di resistenza oppure di
elusione). Può essere osservata o meno perché dà informazioni –
per esempio, sulla pericolosità dei fatti per quanto riguarda le
leggi sulla circolazione stradale o sull’ambiente; e allora non
viene osservata perché ci si fida più delle proprie informazioni
che di quelle trasmesse attraverso la norma. Può, ma sono casi
rari, giocare un ruolo, se si ritiene la norma fondata (legittima,
dire: non ci sono norme, si tratta di un errore. A questo punto non vorranno
arrivare né sociologi né giuristi. E già l’opinione che sia una realtà illusoria o
fittizia, non potrebbe rinunciare a una base di esperienza fattuale e di
comunicazione. La stessa concezione, alla quale sembra aderire Krawietz: che
la qualità normativa delle norme si debba ottenere soltanto dalle norme
(p.30), dovrebbe indicare per questa operazione concettuale una posizione nel
mondo reale.
Tutt’altra questione è quale concetto contrario venga adoperato per la
definizione del concetto di norma. Se non una cognizione disposta
all’apprendimento, che cosa allora? Dalla critica non viene proposta
nessun’altra soluzione del problema. In ogni caso dovrebbe, e questo rende la
cosa difficile, essere realizzabile un accordo sul fatto che l’illegalità, la
violazione di norme ecc. presuppongano il concetto di norma (si può negare
solo ciò che si mantiene identico) e perciò non risolvono questo problema.
18
La distinzione è stata proposta innanzitutto da J. GALTUNG, Expectation
and Interaction Processes, Inquiry, 2 (1959), p.213-234.
130
ecc.) o meno; o anche, se la norma si trova in sintonia con i
valori morali oppure viene giudicata neutrale o addirittura
immorale. Una condotta si può realizzare, come ci si auspica,
anche senza una regolamentazione normativa, per esempio fuori
da costrizioni di interazione; e se se ne vuole influenzare il
corso, il mezzo evidente non sono soltanto le norme, bensì, in
primo luogo, gli incentivi positivi oppure le insicurezze
specifiche.
E naturalmente influiscono le aspettative di sanzioni. Oggi
si concorda sul fatto che il concetto di norma non può essere
definito dalla minaccia di sanzioni, meno che mai dall’inflizione
di sanzioni. Tuttavia, la prospettiva di sanzioni appartiene a
quello strumentario simbolico nel quale si può riconoscere se si
aspetta o meno in senso giuridico; e in modo analogo l’assenza
di sanzioni, che si era in diritto di aspettarsi, può avere
conseguenze drastiche che producono effetti sul caso singolo che
spesso intervengono se sono violati i simboli di qualcosa di per
sé invisibile, in questo caso il futuro.
Numerose teorie sul diritto aboliscono i motivi di
osservanza nell’uno o nell’altro senso19, giungono però su
terreni impervi. Senza contestare la rilevanza empirica di tali
questioni e il loro significato per una politica normativa, si deve
ricordare che la funzione della norma non sta nel governo
(Dirigieren) dei motivi (sarebbero in gioco troppi casi fortuiti e
troppi equivalenti funzionali), bensì proprio in una
stabilizzazione controfattuale che rende sicuri. La norma non
promette una condotta conforme alla norma, ma tutela colui che
se la aspetta. Allo stesso tempo manifesta i vantaggi
nell’interazione, in particolare nei casi in cui la stessa norma non
è messa in discussione. Favorisce in diversi modi la sua stessa
imposizione. Solo da questa teoria può essere posta in modo
sensato la questione se le norme possono resistere a una
considerevole realtà d’altro indirizzo. La storia dei diritti umani,
elaborata in una società in cui era presente la schiavitù,
19
Vedi come caso particolarmente chiaro K. OLIVECRONA, Law as Fact,
Kopenhagen-London 1939.
131
l’eliminazione massiccia degli avversari politici, con drastiche
limitazioni della libertà religiosa, in breve nella società
americana del 1776, mostra che questo è possibile.
Con ciò il problema dell’imponibilità delle norme può
essere trattato, quindi, come condizione di stabilità della
proiezione normativa. Senza alcuna probabilità di attuazione
difficilmente le norme possono resistere. A prescindere da tutto
questo, se si guarda alla guida della condotta come a una
seconda funzione del diritto20, entrano in gioco molti più (e
tutt’altri) equivalenti funzionali di quanto non accada nella
semplice sicurezza controfattuale dell’aspettativa. Ed è difficile
vedere come, con riferimento a questa funzione, un sistema
autopoietico potrebbe essere condotto ad una chiusura operativa.
Altrettanto poco ci impegna la determinazione della
funzione del diritto come direzione e stabilizzazione di
aspettative normative per altri aspetti che hanno altrettanto a che
fare con la condotta del diritto. Spesso ci si immagina il diritto
come una limitazione delle possibilità di condotta. Il diritto può
assumere però altrettanto bene anche la funzione
dell’abilitazione a una condotta che senza diritto non sarebbe
assolutamente possibile. Si pensi alle possibilità che emergono
nel diritto privato a proposito della figura della proprietà, del
contratto oppure della persona giuridica a responsabilità limitata.
Ma anche il diritto amministrativo, in quanto “diritto statale”,
non si comprende in modo efficace in qualità di limitazione
dell’arbitrio di un sovrano potente, invece oggi è più che mai un
diritto che conferisce poteri operativi che non esisterebbero
neppure senza diritto. In entrambi i casi – sia nella limitazione
che nell’abilitazione (la realtà è una miscela) – è presupposta la
struttura normativa dell’aspettativa. La concordanza si trova
nella sicurezza di poter formare aspettative appropriate a debita
distanza da ciò che accade fattualmente caso per caso.
Ci scostiamo dalla tradizionale trattazione della teoria del
diritto anche per un altro aspetto. Non delimitiamo il diritto
attraverso un particolare genere di norme, quindi in ragione di
20
Così N. LUHMANN, loc. cit. (Anm.14).
132
un cosmo di essenze che si articola in specie e generi. Piuttosto
osserviamo le norme come forma di una funzione di
stabilizzazione generale che ottiene la specifica qualità di diritto
soltanto per il fatto che è differenziata come sistema giuridico.
Questa è una delle conseguenze della teoria dei sistemi
autopoietici che postula che sistemi di questo tipo producano
propri elementi e attraverso di essi le loro strutture21.
Naturalmente ci sono innumerevoli aspettative normative prive
di qualità giuridica – così come ci sono addirittura innumerevoli
verità prive di qualità scientifica o innumerevoli beni (per
esempio l’aria pulita) privi di qualità economica e potere privo
di qualità politica. La formazione sistemica della funzione
estrapola dalla vita sociale quotidiana soltanto le aspettative in
qualche
modo
problematiche;
reagisce
soltanto
a
un’improbabilità di successo delle comunicazioni che cresce nel
corso dell’evoluzione. E allora si formano sistemi autopoietici
riguardo alle possibilità di incremento, già leggibili nelle
strutture esistenti. La cui differenziazione evolutiva presuppone
un terreno fertile, come avremo occasione di vedere ancora.
Proprio perciò i sistemi autopoietici si differenziano dalle cose
ovvie di ogni giorno.
Se, in considerazione di uno sviluppo incontestato e
selvaggio di aspettative normative (per esempio costume, nuda
pretesa morale, abitudine, la cui violazione verrebbe percepita),
al diritto spettasse la funzione di stabilizzare l’aspettativa
normativa, questo può avvenire soltanto su una selezione tra
aspettative meritevoli di tutela. Comincia da qui anche la teoria
predominante del diritto. In modo più profondamente radicale
opera un’ulteriore conseguenza: che la morale (o in una forma
riflessa: l’etica) non è adatta a motivare la validità delle norme
21
Però anche nel contesto di altre teorie sistemiche si trova un modo di
vedere concorde secondo il quale se si distingue tra norme di diritto e altre
norme, non si dovrebbe partire dall’idea di norma, bensì dall’idea di sistema
se si vogliono differenziare le norme giuridiche diritto dalle altre norme e
definire il loro spezificum, così in modo esplicito in T. ECKHOFF/N. K.
SUNDBY, Rechtssysteme: Eine systemtheoretische Einführung in die
Rechtstheorie, Berlin 1988, p.43 e p.121.
133
giuridiche22. Può offrire vantaggi argomentativi per casi
particolari quando nei problemi interpretativi ci si può appellare
ad una valutazione morale secondo quel che si dice incontestata
nella società. La morale ha sempre considerevoli qualità
retoriche. Però non ci si appella ad esse quando si tratta di
fornire aspettative normative con chances di successo e di
stabilità. Allora si deve rendere giuridica (juridifizieren) la
norma da introdurre in questa zona di sicurezza; e se non lo si fa,
sebbene ci sia una possibilità a disposizione, si dovrà essere
preparati alla domanda: perché no?
Se una norma sia una norma giuridica o meno si può
stabilire soltanto da un’osservazione del reticolato ricorsivo
della sua produzione e cioè: attraverso un’osservazione della
connessione produttiva che tramite le sue operazioni si
differenzia come sistema. Soltanto da questo impiego (reiterato
nel sistema) del versante normativo dello schema
normativo/cognitivo, le aspettative normative guadagnano una
certa sicurezza in relazione a nude proiezioni, progetti e ricerche
di comunicazione. Solo così si arriverà a poter cristallizzare
aspettative stabili in generale, alle quali ci si può attenere in
situazioni di vita in cui non offre una sicurezza sufficiente né un
sufficiente controllo del futuro né uno studiato ripiegamento
sulle alternative. Sappiamo di certo che le aspettative nel modus
della normalità e le aspettative nel modus della normatività sono
vicinissime, l’una accanto all’altra, e le aspettative che non sono
stabilite in modo certo senza eccezioni non vengono ancora
distrutte da singoli inconvenienti. Nelle zone note per il loro
buon clima estivo, un solo acquazzone non costringe di certo a
correggere l'immagine che se ne ha. Ci sono, detto in altri
termini, anche forme non normative di rigetto delle possibilità di
apprendimento. Ma nella misura in cui la condotta dell’altro
appare una libera scelta, e questo è un effetto obbligatorio
dell’aumento della complessità, non ci si può più contentare di
22
Questo risultato si trova anche in J. HABERMAS, Faktizität und Geltung:
Beiträge zur Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen
Rechtsstaates, Frankfurt 1992 [trad.it. Fatti e norme, Napoli, 1996].
134
una miscela di normalità/normatività. Si debbono pertanto
differenziare le norme poste contro le possibilità co-viste di
un’altra condotta. Nell’evoluzione delle società le soglie di
sviluppo sono collegate a queste possibilità di normazione
arbitraria – collegate innanzitutto ad un’invisibilizzazione
oppure alla non legittimazione del momento arbitrario nella
determinazione della norma. E proprio perché la forma mista
normalità/normatività (distinta dalla sfiducia, dall’inaspettato e
dal sorprendente) viene sempre prima, il diritto può, su queste
soglie di sviluppo, leggere il passato come se il diritto fosse
sempre esistito. Il diritto non deve mai “iniziare”. Può essere
annesso alla tradizione trovata. Quando la società rende
possibile la sua differenziazione, esso può chiudersi in un
sistema autoreferenziale e lavorare col materiale normativo già
esistente.
Poiché stabilizza aspettative normative, la funzione del
diritto va oltre ciò che si può intendere col concetto di
regolamentazione del conflitto. Che le aspettative entrino in
conflitto, vale a dire che si contraddicano a vicenda nella
comunicazione, è già un caso speciale, in particolare un caso
speciale regolato ampiamente al di fuori del diritto23. Può agire
deludendo anche chi non contesta affatto che l’altro sia nel
diritto ciononostante lo fa. Si pensi alla dimensione del diritto
penale oppure all’inadempimento dei contratti per insolvibilità.
Anche in questi casi si deve dare conferma alle aspettative che
esse sono nel diritto – sia pure tramite una trasformazione in
un’altra forma, magari quella della pena. Sarebbe superflua
l’idea del conflitto, anche in questi casi si voleva parlare di
conflitto. Questa differenza tra delusioni controverse e non
controverse ha un significato rilevante per l’evoluzione del
23
Se si vede il problema, si arriva a una discussione estremamente
problematica sulle “alternative per il diritto”, nella quale non si esamina
nemmeno più che cos’è la funzione del diritto, dalla quale si possono
rintracciare equivalenti funzionali. Vedi per esempio il vol.6 del Jahrbuchs
für Rechtssoziologie und Rechtstheorie (1980) sul tema: ‘Alternative
Rechtsformen und Alternativen zum Recht’; inoltre D. BLACK, Sociological
Justice, New York-Oxford 1989, p.74 ss.
135
diritto, perché il diritto sviluppa il suo strumentario specifico da
un’occasione di disputa sul diritto. Il risultato è che il diritto non
soltanto dirime i conflitti, ma li produce anche; perché con
l’appello al diritto si possono rifiutare anche le imposizioni e si
può resistere alle pressioni sociali24. Però il diritto presuppone
sempre che la condotta deviante venga prevista come possibile,
qualunque siano i motivi, e venga negata per i suoi effetti sulle
capacità di resistenza delle aspettative. Se si fa cadere questo
momento specificamente normativo e si descrive la funzione del
diritto in modo del tutto generico come regolamentazione di un
reticolato di relazioni – come regolamentazione anche attraverso
l’uso di mezzi normativi –25, si perde di vista la specificità del
diritto e allora si potrebbe guardare allo stesso modo come ad
una parte dell’ordinamento giuridico al piano di una vetrina di
articoli al supermercato oppure ad una rete di computers per il
traffico aereo oppure, per finire, persino alla stessa lingua.
Varia il problema di riferimento dell’analisi, si
evidenziano altre possibilità ed altri equivalenti funzionali.
Avevamo parlato dei costi sociali inevitabili di ogni vincolo
temporale o, in modo ancora più astratto, dei problemi di
compatibilità delle determinazioni nella dimensione temporale e
nella dimensione sociale. Questa espressione fa riconoscere che
il carico del problema non è tutto sulle spalle del diritto.
Tuttavia, anche qui si devono presumere forme miste per società
più antiche che si possono sciogliere soprattutto nel corso
Per la natura “polemogena” del diritto vedi J. FREUND, Le droit comme
motif et solution des conflits, in L. L. Y LACAMBRA (ed.), Die Funktionen des
Rechts, Beiheft 8 des Archivs für Rechts-und Sozialphilosophie, Wiesbaden
1974, p.47-62; ID., Sociologie du conflit, Paris 1983, p.22, 327 ss.
25
In questa direzione K. H. LADEUR, Computerkultur und Evolution der
Methodendiskussion in der Rechtswissenschaft: Zur Theorie rechtlichen
Entscheidens in komplexen Handlungsfeldern, Archiv für Rechts – und
Sozialphilosophie, 74 (1988), p. 218-238 (233), intende riconoscere le
tendenze evolutive. Forse Ladeur contesterebbe che rinuncia al concetto di
norma; ma allora dovrebbe esplicitare che cosa intende con norma, se non la
stabilizzazione controfattuale dell’aspettativa.
24
136
dell’aumento evolutivo della complessità nelle differenziazioni.
A questo proposito due esempi:
uno è un equivalente funzionale organizzato con il
concetto di scarsità. Se si immagina che il rifornimento di beni e
di prestazioni ausiliarie è limitato nella forma di una somma
costante, ogni ricorso (Zugriff) a singole parti scarse si oppone
ad altri interessi al ricorso. Chi provvede a se stesso, lo fa a
costo di altri. Questo può essere stato relativamente innocuo
nelle società sovrabbondanti del mondo arcaico, e alcune società
in espansione (ad esempio quelle del medio evo europeo oppure
quelle dell’America colonizzata) desideravano poter modificare
il problema della somma costante con le possibilità di un
ampliamento territoriale. Queste condizioni vengono però
modificate nella misura in cui l’economia è implicata
nell’impiego di denaro e in virtù di questo si differenzia come
sistema operativamente chiuso. Da un lato, le possibilità di
accumulare valori economici perdono tutti i limiti nella forma
del danaro, come già notava Aristotele. Ciò significa anche che
col denaro si possono assicurare interessi a lungo termine e
abbastanza differenziati, senza dover avere riguardo per l’attuale
stato di necessità degli altri. Già ora si può vincolare il futuro in
modo diverso da come accade nella proprietà reale, in una forma
indeterminata. Interrompe la morale dell’economia politica che
si era cristallizzata nel possesso fondiario. D’altra parte, il
danaro crea una nuova costanza di somme e le sanziona tramite
l’inflazione e la deflazione. Allora, l’attenzione sociale per
l’altro ha soltanto la forma, veramente restrittiva, che si deve
pagare per tutto ciò che si vuole26.
Sino al moderno inoltrato si sono visti problemi giuridici
in questi problemi di condizionamento sociale del rapporto con
la scarsità. La proprietà, quindi la parcellizzazione delle chances
di ricorso, col riconoscimento delle corrispondenti chances degli
altri, era vista come un istituto giuridico e la società come
società di proprietari che si accordavano usando la forma
26
In particolare N. LUHMANN, Die Wirtschaft der Gesellschaft, Frankfurt
1988.
137
contrattuale27. A fatica il lavoro salariato poteva venir condotto
sotto questo schema; perché non c’è – qualunque cosa si senta
dire in proposito – nessun diritto del lavoro compatibile con
l’economia monetaria. La funzione economica della proprietà si
sottrae anche alla guida giuridica, sebbene esso naturalmente,
come ogni condotta, possa essere oggetto di giudizio giuridico.
Scarsità e normazione delle aspettative di condotta realizzano
diverse forme della collisione tra vincolo temporale e socialità,
sono quindi problemi diversi. In società che diventano più
complesse si impone la loro differenziazione. Quando una
società può permettersi la differenziazione, sistema economico e
sistema giuridico sono di volta in volta sistemi di funzioni
autopoietici chiusi.
Il nostro secondo esempio non è ancora maturo. Lo si
discute soltanto da pochi anni e la sua semantica si trova ancora
a uno stadio pre-concettuale. Lo discutiamo con la parola chiave
“rischio”. Con questo si intendono decisioni che si rassegnano
ad accettare la possibilità che vi siano conseguenze dannose; e
questo non nella forma di costi che sono registrati secondo una
contropartita, il cui impiego può essere giustificato, bensì nella
forma di possibili danni, più o meno improbabili, il cui
verificarsi stigmatizzerebbe la decisione come causa scatenante,
e la esporrebbe in seguito al rimorso.
Il problema sta nel fatto che i danni non colpiscono solo
chi ha assunto la decisione rischiosa, e non solo chi approfitta
dei suoi effetti positivi. Anche qui abbiamo una forma di vincolo
temporale con costi sociali, ma una forma di tutt’altro tipo.
Mentre la normazione produce una biforcazione nello schema
conforme/difforme e i ricorsi alla scarsità discriminano sulla
base dello schema favorito/svantaggiato, qui si pratica la
biforcazione tra chi decide e chi subisce la decisione. A seconda
che ci si vede come decisore o come chi subisce la decisione,
variano la percezione del rischio, la valutazione della
Per l’estinguersi di questa tradizione cfr. N. LUHMANN, Am Anfang war
kein Unrecht, in ID., Gesellschaftsstruktur und Semantik, vol.3, Frankfurt
1989, p.11-64.
27
138
giustificabilità della condotta rischiosa e l’accettazione del
rischio. E quanto più la percezione del futuro della società
moderna entra nell’orizzonte della dipendenza dalla decisione,
tanto più ampia sarà la spaccatura tra chi decide e chi subisce la
decisione; e tanto più chiaramente si dovrà riconoscere che gli
strumenti di regolamentazione giuridica e finanziaria, tarati su
problemi totalmente diversi, non sono assolutamente
sufficienti28.
In ognuno dei casi richiamati, ma in particolar modo qui, i
conflitti corrispondenti vengono trasferiti nel presente. Non si
aspetta il futuro, si è già presumibilmente nel diritto o
apparentemente nel non-diritto, già ora ricco o povero; e già ora
si ha una diversa percezione del rischio a seconda che si stia in
situazioni di decisione e i rischi, in un modo o nell’altro, non si
possono evitare, oppure si vive in ansia per quello che coloro
che decidono producono come “normal accidents”29, come
improvvise o latenti catastrofi più o meno inevitabili come
appare. Quello che indichiamo come tensione tra prospettive
temporali e sociali è dunque, di volta in volta, un fenomeno
attuale. I costi sociali emergono contemporaneamente al vincolo
temporale, anche se la loro valutazione si può modificare
attraverso esperienze successive.
Tanto più che le distinzioni di questi problemi conducono
a distinzioni nella valutazione del futuro. Prescindendo per una
volta da rivoluzioni e sovversioni politiche, nel diritto ci si può
sentire in certo qual modo sicuri che in ogni cambiamento
giuridico vengano rispettati i diritti acquisiti. Nell’economia c’è
la mobilità, condizionata dalla stessa economia, da povero a
ricco o al contrario la conservazione o l’inasprimento proprio di
questa differenza. Nella prospettiva del rischio appare invece il
futuro come un tutt’Altro – da una parte nella sua insicurezza,
dall’altra nella forma di catastrofi radicali che trasferiscono tutto
28
In particolare N. LUHMANN, Soziologie des Risikos, Berlin 1991 [trad. it.
Sociologia del rischio, Milano, 1996].
29
Nel senso reso noto da Perrow. Cfr. C. PERROW, Normal Accidents: Living
with High Risk Technologies, New York 1984.
139
il “dopo” nell’irriconoscibile. Queste distinzioni potrebbero
alludere al fatto che una differenziazione di sistemi codificati a
parte, chiusi operativamente, è di certo ben riuscita per il diritto
e per l’economia, ma che non si vede come si potrebbe reagire al
problema delle conseguenze sociali delle condotte rischiose in
forme simili che si formano sistemicamente.
III
Quando si tratta di progettare qualcosa di valido anche se
non lo si realizza in modo conforme: chi può farlo? E che cosa si
deve presupporre quando si tratta di produrre aspettative
controfattuali piene di premesse, mantenerle, validarle? Questa
domanda fa passare dalla determinazione della funzione alla sua
realizzazione nei sistemi e conduce a due referenze sistemiche
costruite in modo reciproco: la società e il suo sistema giuridico.
La risposta presuppone una distinzione tra sistema e
ambiente, stabilita dal sistema. Un sistema che norma le
aspettative conferma se stesso, iscrivendo nell’ambiente una
differenza, che può riuscire soltanto nel senso indicato e non
senza il sistema. Questo accade tramite l’enunciazione di norme,
dalle quali si può anche deviare tanto bene/quanto male.
Dunque, se si agisce o meno in base alla norma stabilita nel
sistema, causa al sistema una distinzione. Il sistema rimane
stabile nei limiti delle sue possibilità qualunque sia l’opzione
dell’ambiente.
Il diritto in quanto sistema autopoietico, operativamente
chiuso, è tenuto a garantire in modo stabile la sua funzione.
Naturalmente questo non può accadere nel senso che tutte le
condizioni empiriche vengano prodotte da una riproduzione
dell’operazione del sistema nello stesso sistema perché
significherebbe: rinchiudere il mondo nel sistema. Nondimeno il
diritto deve rimanere operabile come un sistema di funzioni
determinato strutturalmente e prevedere al suo interno la
140
continuità dell’esercizio della sua funzione. Ma “al suo interno”
significa però: con il proprio tipo di operazione.
Se lo si descrive in qualità di osservatore (esterno o
interno) ne risultano solo formulazioni tautologiche: il diritto è
ciò che il diritto in quanto diritto definisce. Questa tautologia si
può tuttavia “sviluppare”, il che significa che si ripartisce
secondo aspettative diverse. Si fa attenzione all’effetto
strutturante (che determina aspettative) delle operazioni, si
evidenziano le relazioni riflessive: che si debba aspettare
normativamente viene aspettato normativamente. In altre parole,
il diritto non è indifferente a se stesso. Non ingiunge soltanto di
essere osservato. Nell’aspettativa normativa oggettivizza la
distinzione tra aspettativa cognitiva e normativa. Opera in modo
riflessivo. Il modus dell’aspettativa non viene lasciato né al
piacere, né alla semplice convenienza sociale. Viene sostenuto
all’interno dello stesso sistema giuridico. Di conseguenza, il
sistema guida se stesso sul piano dell’osservazione di secondo
grado – una condizione tipica della differenziazione e della
chiusura operativa anche per gli altri sistemi di funzioni30. Il
diritto allora non si afferma semplicemente tramite un potente
sostegno politico e quindi, più o meno, imposto. Bensì in genere
è diritto se ci si può aspettare che l’aspettativa normativa venga
aspettata normativamente. E anche per questo il diritto non è
determinato gerarchicamente dall’alto, bensì eterarchicamente,
di volta in volta, quindi collateralmente, mediante connessioni di
vicinanza.
30
Per il sistema economico vedi D. BAECKER, Information und Risiko in der
Marktwirtschaft, Frankfurt 1988, nell’es. dell’osservazione del mercato con
l’aiuto dei prezzi. Per il sistema della scienza N. LUHMANN, Die Wissenschaft
der Gesellschaft, Frankfurt 1990, riguardo all’osservazione di asserzioni di
scienza con l’aiuto dello schema vero/non vero in base a delle pubblicazioni;
per il sistema dell’arte N. LUHMANN, Weltkunst, in N. LUHMANN/F. D.
BUNSEN/D. BAECKER, Unbeobachtbare Welt: Über Kunst und Architektur,
Bielefeld 1990, p. 7-45; per il sistema politico N. LUHMANN,
Gesellschaftliche Komplexität und öffentliche Meinung, in ID., Soziologische
Aufklärung, Bd.5, Opladen 1990, p.170-182; ID., Die Beobachtung der
Beobachter im politischen System: Zur Theorie der öffentlichen Meinung, in
J. WILKE (ed.), Öffentliche Meinung, Freiburg 1992, p.77-86.
141
Così si può comunicare in ogni caso la forma più generale
di un’autostabilità circolare. Ma lo stato di cose sostenuto si
verifica anche in modo empirico? E che cosa succederebbe nel
caso in cui questo fosse valido soltanto con delle considerevoli
limitazioni ?
A questa domanda dobbiamo rispondere con una
distinzione.
Come
condizione
di
un’osservazione
generale
dell’osservare, di una codificazione universale e attendibile di
diritto/non diritto, nel sistema giuridico risulta una sfera più
ristretta della decisione giuridicamente vincolante – sia per la
determinazione che per la modificazione del diritto. Viene qui
coinvolto un sistema parziale organizzato, vale a dire un sistema
che si differenzia tramite una distinzione tra membri/nonmembri e obbliga i membri a produrre, in base al loro ruolo di
appartenenza, decisioni che si regolano secondo i programmi
(modificabili all’interno dell’organizzazione) del sistema, quindi
secondo le norme giuridiche31. Per questo sistema di decisioni
del sistema giuridico abbiamo soltanto indicazioni dai
subsistemi nuovamente differenziati, vale a dire tribunali e
parlamenti (secondo il principio della separazione dei poteri:
giustizia e legislazione), ma nessuna indicazione per l’unità di
questo sistema. Parleremo perciò del sistema di decisioni
organizzato del sistema giuridico.
Questo sistema organizza un proprio ambito di operazioni
connesse circolarmente. Modifica il diritto nella prospettiva di
sentenze future e si regola secondo il diritto di volta in volta
vigente, dal quale possono emergere di nuovo possibilità di
osservazione e occasioni per modificare il diritto32. Per la
31
Anche in altri casi si trovano le strutture di un sistema funzionale
universalmente competente con un nucleo organizzato – il sistema politico e
l’organizzazione statale oppure il sistema educativo e le scuole.
32
Per la concettualità cibernetica della reazione T. ECKHOFF/N. K. SUNDBY,
Rechtssysteme: Eine systemtheoretische Einführung in die Rechtstheorie,
Berlin 1988. Vedi anche ID., The Notion of Basic Norm(s) in Jurisprudence,
Scandinavian Studies in Law, 19 (1975), p.123-151. Per la relazione circolare
di regola e decisione inoltre J. ESSER, Grundsatz und Norm in der
142
differenziazione dei condizionamenti di questa connessione di
decisioni (e soltanto per questo!) questo sistema viene descritto
come una gerarchia – sia di organi che di norme. In ogni caso, il
procedimento primario è la riproduzione circolare, ricorsiva
delle decisioni giuridiche.
Per questo ambito, per questo sistema di decisioni del
sistema giuridico si sono sviluppate forme ben stabilite della
riflessività. Esse utilizzano la forma della doppia
modalizzazione, normano il normare, limitano però l’uso di
questa possibilità alle applicazioni necessarie nel sistema. Il caso
più noto è la normazione delle regole processuali che, se si fa
attenzione, conducono a che la stessa decisione prodotta abbia
forza normativa. Il caso limite è una nuda norma di competenza
come incarnazione del principio di sovranità giuridica: ciò che
decide il giudice incaricato (Entscheider) diventa, per questa
stessa ragione, diritto. L’altra parte è l’indispensabilità di questa
norma: come sempre la decisione viene limitata dai vantaggi
giuridici, un’insicurezza residua (sia nell’interpretazione
giuridica che nell’accertamento dei fatti) può essere rimossa
soltanto da una norma di competenza. Per questo motivo il
sistema di decisioni giuridico complessivo poggia sulla
riflessività del normare. Non si tratta di uno stato di cose
accanto ad altri. Si tratta di una rappresentazione (incarnata in
norme specifiche) dell’unità del sistema nel sistema, quindi di
un correlato dell’universalità della competenza delle funzioni.
La capacità delle funzioni di questa struttura è evidente, è
resa visibile nelle persone, negli edifici, negli atti e negli
indirizzi. Su questo si è concentrata la teoria del diritto non
sociologica e ha rilevato la positività di questa connessione
produttiva. Tuttavia, il sociologo viene colpito dal fatto che qui
il discorso verta solo su un sistema parziale del sistema
giuridico, che venga tematizzato soltanto il sistema di decisioni
giuridico e rimangano trascurati altri ambiti della doppia
modalizzazione del normare. Poiché il medesimo fenomeno si
richterlichen Fortbildung des Privatrechts, Tübingen 1956; ID.,
Vorverständnis und Methodenwahl in der Rechtsfindung, Frankfurt 1970.
143
presenta anche sul terreno antistante al sistema delle decisioni.
Anche nella vita quotidiana dei non-membri dell’organizzazione
giuridica si formano aspettative normative in riferimento ad
aspettative normative. Prima di tutto, colui che, leso nei suoi
presunti diritti, si aspetta normativamente dagli altri che essi
sostengano la sua denuncia. Perlomeno non si lascia influenzare
dall’indifferenza fattiva degli altri, perché “dovrebbero” di fatto
impegnarsi sul versante del diritto e contro il non-diritto. Può
anche darsi che terzi aspettino che ci si impegni per i suoi diritti
e non si accetta la loro violazione semplicemente tacendo33.
Visto nella globalità il sistema giuridico opera sulla base della
sicurezza delle aspettative normative di aspettative normative. È
differenziato sulla base della riflessività delle sue operazioni.
Poiché soltanto così è socialmente immedesimabile ed
accettabile anche il ricorso alla competenza nel sistema di
decisioni giuridico. Solo così le istanze decisionali del diritto
sono più di ciò che erano nella maggior parte delle antiche
culture: elemento estraneo di genere corporativo in una società
ordinata per famiglie (per casate) con la conseguenza che
un’intesa tra vicini oppure un’autogiustizia rurale o interna alla
corporazione avesse comunque la precedenza sul ricorso al
tribunale. Solo così si può sviluppare, contro questa struttura
piuttosto probabile nell’evoluzione, una fiducia nel diritto
formale e un diffuso ricorso differenziato al diritto per la
strutturazione dei problemi della vita quotidiana.
Ma: come procede dal punto di vista empirico questo
presupposto del diritto? E da quali condizioni dipende la risposta
a questa domanda?
33
Si può tematizzare se la famiglia moderna sia un sistema sociale nel quale
tutto ciò che i membri della famiglia fanno oppure sperimentano (cfr. N.
LUHMANN, Sozialsystem Familie, in ID., Soziologische Aufklärung vol. 5,
Opladen 1990, p.196-217) sarebbe una sfera nella quale si potrebbe testare
empiricamente la portata e la decadenza di questa attesa normativa di
aspettative normative. Se si accettano i taccheggi dei propri figli, si trattano in
puro modo cognitivo (non lasciatevi acchiappare!), si accetta la flessibilità di
fronte alle violazioni del diritto per esempio da parte del vicino? Come si
ottengono garanzie per tale questione? ecc.
144
Presumiamo un duplice effetto. Da una parte, la rigidità
organizzativa e professionale del diritto vigente si ripercuote
sullo sviluppo selvaggio delle proiezioni normative, con effetto
restrittivo e disciplinante. Si può constatare o far constatare, che
cosa sia, in senso ufficiale, diritto e che cosa sia non-diritto.
Quanto più la società è differenziata – e nel vecchio mondo con
questo ci si riferisce al processo di formazione comunale –, tanto
più forte sarà la dipendenza da tali riduzioni. D’altra parte, la
differenziazione di un sistema di decisioni nel sistema giuridico
può produrre in modo negativo i suoi effetti sulla disponibilità
generale di aspettare in modo normativo l’aspettativa normativa,
anzi può tendere all’erosione della propria base nella riflessività
e mantenersi finalmente come organizzazione sostenuta in modo
politico. Nelle più antiche culture evolute si può osservare
continuamente una tale insulazione dei nondimeno
indispensabili centri di decisioni, ed essa coincide con la forma
della differenziazione tra centro e periferia. Ma anche nella
società moderna, sebbene l’imposizione di un orientamento
giuridico nella vita quotidiana riesca in buona misura, l’unità del
sistema non si può conseguire quasi più in modo operativo,
quasi più attraverso una costante riflessività dell’aspettativa
normativa dell’aspettativa normativa. Il sistema delle decisioni
non può condurre la condizione di co-aspettativa normativa nella
forma di premesse di decisioni vincolanti. Può certamente
corredare le persone di diritti e doveri individualmente assegnati,
ma non garantire la co-aspettativa di tutti gli altri (o forse: la
sicurezza dell’aspettativa in rapporto a questo co-aspettare). Può
non vedere questo presupposto di conferma reciproca
nell’aspettativa normativa (e qui si tratta non solo di “consenso”,
ma di richiesta!), non può trattarle come situazioni di fatto
rilevanti giuridicamente. Rimane indifferente di fronte
all’istituzionalizzazione di questa aspettativa normativa. Questo
non rileva sotto il profilo giuridico. Nessuno può utilizzare come
argomento la forza (oppure l’assenza) dell’insistenza degli altri
sulla resistenza di aspettative normative oppure promuovere
un’azione petitoria. I limiti del sistema delle decisioni non
145
lasciano passare tali informazioni, bensì le filtrano. Perciò
manca questo momento nella presentazione ufficiale del “diritto
vigente”. Le organizzazioni delle decisioni del sistema giuridico
non possono controllare la loro collocazione in una cultura
giuridica motivazionale; e perciò non notano neppure se con ciò
espongono questa base sociale della loro attività a un processo di
erosione.
In modo analogo, il sistema di decisioni costruisce la sua
complessità senza tener conto di questa doppia modalizzazione.
Se da ciò non dipende nessuna decisione, le corrispondenti
situazioni di fatto non vengono registrate, non vengono
ricordate. Tanto che sono rimaste sconosciute perfino alla teoria
giuridica che riflette la prassi giuridica. Sono in ogni caso
preventivate con indicazioni confuse come “coscienza giuridica”
oppure con distinzioni altrettanto vaghe come diritto
scritto/diritto vissuto (gelebtes). Per le indagini empiriche sulla
diffusione delle conoscenze giuridiche e della coscienza
giuridica nella popolazione manca, per il nostro tema, la
formulazione di una domanda teoretica sufficiente34. Anche
sotto il profilo logico – e conseguentemente tecno-scientifico – i
problemi dell’aspettativa normativa sono pregiudicati, perché la
normale logica bivalente ha, con le relazioni di osservazione di
secondo grado, difficoltà quasi irrisolvibili e le può
rappresentare semmai con costruzioni logico-modali (fino a qui
non sviluppate in modo esteso). Con tutto ciò il problema si
sottrae alla comunicazione – tranne che come base di una
disputa sul comportamento nella vita quotidiana.
34
Vedi per es. A. PODGORECKI e al., Knowledge and Opinion About Law,
London 1973. Su ricerche polacche e scandinave risalenti riferisce K. A.
ZIEGERT, Zur Effektivität der Rechtssoziologie: Die Rekonstruktion der
Gesellschaft durch Recht, Stuttgart 1975, p. 189 ss. Cfr. anche la nostra
discussione su questioni teoriche che non accenna al nostro problema nella
ricerca KOL (KOL= Knowledge and Opinion about Law) in vol. 4 (1981-83)
del Zeitschrift für Rechtssoziologie recenti ricerche su un problema specifico
J. KURCZEWSKI, Carnal Sins and the Privatization of the Body: Research
Notes, Zeitschrift für Rechtssoziologie, 11 (1990), p. 51-70.
146
In definitiva, la riflessività costruita nel sistema delle
decisioni organizzato serve proprio allo sgravio della vita
quotidiana. Per sapere di essere nel diritto o nel non-diritto non
si può, ma non è neppure necessario, basarsi sulle aspettative
normative degli altri. L’importante è come il giudice decide. Di
fronte alla pressione degli altri ci si può appellare alle
prospettive processuali oppure alle difficoltà della prova –
esattamente come l’avvocato nel rapporto con i suoi clienti.
Sono gli atteggiamenti pragmatici che qui si affermano e
controllano se una comunicazione che si riferisce al diritto viene
diffusa o meno. I limiti di ciò che il sistema di decisioni
accoglie, agiscono come limiti già spostati in avanti sui limiti
esterni dello stesso sistema giuridico, sulla disponibilità alla
comunicazione che impegna il diritto e il non-diritto. Il diritto si
pone così a disposizione dell’utente individuale con
un’astrazione dal contesto sociale dei suoi motivi, delle
pressioni che agiscono su di esso, oppure al contrario: del suo
essere lasciato solo.
In questo senso, la società deve pagare per il fatto che ha
staccato il sistema giuridico dalla sua collocazione sociale e ha
reso chiaro all’individuo il singolo. Un effetto di compensazione
è che si formano forti aspettative normative basate su
un’aspettativa normativa di aspettativa normativa, ma non
possono assumere la forma del diritto. Si presentano come
pretese politiche, in alcuni casi come movimenti sociali. La loro
semantica si serve del concetto di valore, talvolta anche del
titolo di “etica” – come se si trattasse di una presa di distanza dal
diritto. Ciò che è possibile per una sorta di dispetto
controfattuale trova qui un canale che porta direttamente ai
centri della decisione politica. Il sistema giuridico può
classificare però tali fenomeni solo come un comportamento
legittimo o illegittimo, può reagire internamente alla propria
irritazione con lo strumentario flessibile di un adattamento
reciproco di interessi e di concetti. Questo può apparire più o
meno perfetto da un punto di vista politico e professionale. Ma
nel giudizio si prescinde dalle reali risorse sociali della
147
formazione del diritto, dalle aspettative normative rivolte alle
aspettative normative.
IV
Alle conseguenze più importanti della forma normativa, in
cui si adempie alla funzione del diritto, appartiene la
differenziazione posta in essa tra diritto e politica. La reciproca
dipendenza di entrambi i sistemi è evidente e rende difficile
riconoscere la differenziazione funzionale. Per la sua
imposizione il diritto dipende dalla politica, e senza prospettiva
di imposizione non c’è stabilità normativa del tutto convincente
(presumibile). A sua volta, la politica utilizza il diritto per
diversificare il ricorso alla forza politicamente concentrata. Ma
proprio questo gioco d’insieme presuppone una differenziazione
tra i sistemi.
È sufficiente un ragionamento molto più semplice per
riconoscere il punto di partenza di una simile differenziazione.
La politica si serve del medium potere, e il potere politico si
articola in una violenza superiore di comando che incombe con
la coazione. Non appena le tendenze politiche per una decisione
che vincola collettivamente sono integrate in una specie di
stazione di commutazione, i conflitti di programmazione sono
trasformati in decisioni imponibili, la cui osservanza si può
ottenere con la forza35. Al contrario, il “dovere” normativo non
presuppone alcuna superiorità in fatto di potere, anzi in genere
nessuna sua superiorità articola le aspettative corrispondenti36.
35
Che questo possa essere impedito o di nuovo aggravato da una tecnica
giuridica motivata politicamente è un’altra questione. Ma allora anche
l’intenzione politica non sembra un argomento legale. Uno studio
chiarificatore del caso è quello di L. H. MAYHEW, Law and Equal
Opportunity: a Study of the Massachusetts Commission Against
Discrimination, Cambridge Mass.1968.
36
Con questo argomento D. N. MACCORMICK, Legal Obligation and the
Imperative Fallacy, in A. W. B. SIMPSON (ed.), Oxford Essays in
Jurisprudence (Second Series), Oxford 1973, p.100-130, si rivolge contro la
148
Già nelle antiche culture evolute, e più che mai nell’Atene di
Pericle e di Euripide, veniva considerata una funzione essenziale
del diritto tutelare i poveri contro i ricchi e i forti, o per lo meno
così si diceva. Anche nel Medioevo all’occasione si distingueva
tra forza di governo (gubernaculum) e amministrazione della
giustizia (jurisdictio) del principe. Per quanto poche prospettive
si possano avere di far valere il diritto contro la forza e per
quanto sia raccomandabile tacere e rivolgere gli occhi al cielo:
sono forme diverse di comunicare le aspettative connesse alla
condotta degli altri.
Fin da Hobbes, la differenza tra diritto e politica viene
formulata come opposizione tra lo Stato (sovrano) e i diritti
individuali (prestatalmente dati, quindi “naturali”). Tuttavia,
questo non basta. Vista in modo storico-dogmatica l’idioma dei
diritti “naturali” è soltanto una semantica di transizione
condizionata dallo spirito dell’epoca, solo un simbolo per la
formazione del diritto non controllato politicamente che diventa
superfluo appena per questi stati di fatto si sviluppano forme
sufficienti di diritto positivo. Questo accade per via indiretta con
il riconoscimento della libertà contrattuale, della proprietà
liberamente disponibile e, cominciando dal XVIII secolo, per il
riconoscimento della capacità giuridica di corporazioni non
istituite da un decreto di chi detiene il potere politico. Se tutto
questo è assicurato si possono denaturalizzare i “diritti
soggettivi” e ricostruirli come nudi riflessi del diritto oggettivo
(inclusa: la costituzione). Però è possibile solo perché le
aspettative normative per affermarsi non dipendono da posizioni
superiori. E può esserci un interesse professionale dei giuristi a
mantenere questa possibilità da difendere dal basso.
La funzione dell’ordinamento del diritto possiede la sua
stabilità nel fatto che è importante sapere che cosa ci si può
aspettare a ragione dagli altri (e da se stessi!); oppure detto alla
buona: con quali aspettative non si fa brutta figura.
L’insicurezza dell’aspettativa è molto più insopportabile
teoria del diritto di John Austin, che aveva sostenuto il “command” come
fonte di norma.
149
dell’esperienza delle sorprese e delle delusioni. L’anomia, nel
senso di Durkheim, riguarda l’insicurezza dell’aspettativa, non i
fatti della condotta effettiva degli altri. Certo: aspettativa e
condotta si stabilizzano reciprocamente, ma le norme producono
una sicurezza più consistente nell’aspettativa di quanto non si
giustifichi in base alla condotta, e questo è il suo contributo
specifico all’autopoiesi della comunicazione sociale.
Con questo cade allo stesso tempo una luce particolare sul
problema molto discusso dell’imposizione del diritto. Dal punto
di vista politico, si arriva alla questione se un’azione o
un’omissione prescritta con l’uso del potere possa essere
ottenuta anche con la forza. Segue a questa primaria prospettiva
politica37 anche una sociologia del diritto, centrata
prevalentemente sul potere sanzionatorio e distingue sulla base
di uno schema risalente al XVIII secolo il diritto come
coercizione esterna dalla morale come coercizione interna.
Questo è valido anche quando, ad esempio con Jeremy Bentham,
si vede la sicurezza dell’aspettativa in ciò che viene trattato
secondo aspettativa. Alcune riflessioni colpiscono tuttavia per
alcune singolarità. La funzione del diritto risiederebbe nella
garanzia tutelata da potere e sanzione dell’azione o
dell’omissione prescritti, l’esercizio giuridico concreto avrebbe
di continuo e in prevalenza a che fare con il proprio nonfunzionare. Il diritto andrebbe a finire nel disbrigo dei propri
difetti o forse meglio: avrebbe a che fare con l’insufficienza
della realizzazione dei piani politici. Perché allora un codice
binario diritto/non-diritto? E perché allora la decisione,
l’imposizione giuridica, a prescindere dal diritto penale, rimessa
all’iniziativa di un attore privato? E perché l’ambito
significativo delle norme permissive che rimettono la
configurazione del diritto al volere privato e gli rendono
37
È valido, anche se con sfumature importanti, per la sociologia del diritto di
Theodor Geiger. Cfr. in part. Vorstudien zu einer Soziologie des Rechts,
(1947) nuova rist. Neuwied 1964, e in breve H.MOHNHAUPT, Anfänge einer
‘Soziologie der Rechts-Durchsetzung’ und die Justiz in der Rechtssoziologie
Theodor Geigers, Ius Commune, 16 (1989), p.149-177.
150
possibile solo la prospettiva della rilevanza giuridica della sua
eventuale condotta?
Tali fatti costringono a spostare il centro del problema
dell’imposizione giuridica dalla condotta all’aspettativa e allo
stesso tempo costringono alla distinzione tra diritto e politica nel
senso di un’effettiva imposizione di decisioni collettivamente
vincolanti. La funzione del diritto consiste solo nel rendere
possibile la sicurezza dell’aspettativa, cioè in considerazione di
delusioni prevedibili che non si possono evitare. Tuttavia questo
cambio di orientamento risolve il problema solo in parte. Perché
la sicurezza dell’aspettativa viene compromessa anche per il
fatto che una condotta conforme ad un’aspettativa, sebbene
l’aspettativa sia coperta dal diritto, non può essere realizzata e
non sussiste neppure una modesta prospettiva per
l’adempimento dell’aspettativa. Il diritto non può dire
costantemente: tu hai sicuramente ragione, però noi purtroppo
non possiamo aiutarti. Deve perlomeno proporre delle
sostituzioni nell’adempimento della pretesa (pene, risarcimento
dei danni ecc.) e poterle imporre. Però anche allora non
garantisce che il condannato sia capace di pagare38, e il sistema
politico non considererà suo compito pagare al posto del
condannato per aiutare il diritto ad ottenere la sua vittoria.
È di conseguenza indispensabile una certa sintesi delle
funzioni di politica e diritto – ma proprio sulla base di funzioni
diverse39. Se la politica raggiungesse in realtà il suo scopo di
38
Su questo K. A. ZIEGERT, Gerichte auf der Flucht in die Zukunft: Die
Bedeutungslosigkeit der gerichtichen Entscheidung bei der Durchsetzung
von Geldforderungen, in E. BLANKENBURG/R. VOIGT (ed.), Implementation
von Gerichtsentscheidungen, Opladen 1987, p.110-120. Vedi anche V.
GESSNER e al., Die Praxis der Konkursabwicklung in der Bundesrepublik
Deutschland: Eine rechtssoziologische Untersuchung, Köln 1978, e per le
strategie su un terreno neutro, K. HOLZSCHECK e al., Praxis des
Konsumentenkredits: Eine empirische Untersuchung zur Rechtssoziologie
und Ökonomie des Konsumentenkredits, Köln 1982.
39
Vedi anche N. LUHMANN, Rechtszwang und politische Gewalt, in ID.,
Ausdifferenzierung des Rechts: Beiträge zur Rechtssoziologie und
Rechtstheorie, Frankfurt 1981, p.154-172 [trad. it. La differenziazione del
diritto, Bologna, 1990, p.147-167].
151
imporre effettivamente e senza eccezione decisioni vincolanti
collettivamente, il sistema giuridico si verrebbe a trovare in una
situazione paradossale. Da una parte, non vedrebbe più nessun
problema, poiché non dovrebbe più tener conto di delusioni di
aspettativa. Allo stesso tempo, rimarrebbe però deluso
presumibilmente dal sistema politico in alcune sue aspettative.
Ci sono, detto in altro modo, buoni motivi per limitare
l’imposizione giuridica a ciò che è necessario per la possibilità
di aspettative più resistenti alle delusioni, e lasciare per il resto il
sistema nella differenza delle funzioni tra sistema giuridico e
sistema politico.
V
Discutiamo qui di seguito, nell’esempio del diritto, di un
problema generale di comprensione delle funzioni nel contesto
della differenziazione funzionale e perciò in modo indiretto nel
contesto di una descrizione della società moderna. Non si trova
di rado il discorso su una “perdita di funzioni” – come ad
esempio una perdita di funzione della famiglia o anche della
religione. Questo potrebbe tuttavia fondarsi semplicemente su
un’illusione ottica. Si proietta un concetto di funzione molto
esteso che comprende tutto ciò che si può annoverare tra gli
ambiti sociali trattati, nel passato, per stabilire le limitazioni in
un confronto storico. Il procedimento non menziona
l’incremento delle prestazioni specificamente funzionali,
realizzati mediante la differenziazione dei sistemi
corrispondenti.
Una tale rappresentazione del sistema giuridico si trova in
Leon Mayhew che si inserisce nella concettualizzazione teorica
di Parsons40. La funzione del diritto è altamente valutata a
40
Vedi soprattutto L. H. MAYHEW, Stability and Change in Legal Systems, in
B. BARBER/A. INKELES (ed.), Stability and Social Change, Boston 1971,
p.187-210; T. PARSONS, The Law and Social Control, in W. M. EVAN (ed.),
Law and Sociology, New York 1962, p. 56-72.
152
livello gerarchico – conformemente al significato generale della
regolazione normativa nella costruzione teorica parsonsiana. Il
diritto garantirebbe il governo della società e l’inclusione degli
individui nella società (innanzitutto tramite la norma
dell’uguaglianza). Se oggi si cerca di salvare la rappresentazione
di una guida della società, sebbene limitata, attraverso il diritto
(invece di: al posto di un autogoverno del sistema giuridico)41, il
medesimo problema si ripresenta in un altro modo; ovvero se si
pensa di osservare un cambiamento del sistema giuridico non
solo sul piano dei suoi programmi e della sua dogmatica, bensì
anche e soprattutto sul piano della sua funzione42.
41
Vedi soprattutto G. TEUBNER/H. WILLKE, Kontext und Autonomie:
Gesellschaftliche Selbststeuerung durch reflexives Recht, Zeitschrift für
Rechtssoziologie 5 (1984), p.4-35; H. WILLKE, Kontextsteuerung durch
Recht? Zur Steuerungsfunktion des Rechts in polyzentrischer Gesellschaft, in
M. GLAGOW/H. WILLKE (ed.), Dezentrale Gesellschaftssteuerung: Probleme
der Integration polyzentrischer Gesellschaft, Pfaffenweiler 1987, p. 3-26; G.
TEUBNER, Recht als autopoietisches System, Frankfurt 1989, p. 81 ss. [trad.
it. Il diritto come sistema autopoietico, Milano, 1996, p.93 e ss.]. Questi
concetti sono stati accolti con grande interesse e grandi critiche. In un
intervallo storico più consistente colpisce che la discussione non venga più
riferita alla questione sulla funzione del diritto – come se fosse naturale che
questa possa essere soddisfatta dalla “guida della società”.
42
Così quando K. H. Ladeur in alcune pubblicazioni collega prognosi e
indicazione. Vedi soprattutto ‘Abwägung’ – Ein neues Paradigma des
Verwaltungsrechts: Von der Einheit der Rechtsordnung zum
Rechtspluralismus, Frankfurt 1984; ID., Die Akzeptanz von Ungewissheit –
Ein Schritt auf dem Weg zu einem ‘ökologischen’ Rechtskonzept, in R.VOIGT
(ed.), Recht als Instrument der Politik, Opladen 1986, p.60-85;
Computerkultur und Evolution der Methodendiskussion in der
Rechtswissenschaft: Zur Theorie rechtlichen Entscheidens in komplexen
Handlungsfeldern, Archiv für Rechts-und Sozialphilosophie, 74 (1988), p.
218-238; Lernfähigkeit des Rechts und Lernfähigkeit durch Recht (risposta a
J.Nocke), Jahresschrift für Rechtspolitologie, 4 (1990), p. 141-147. La
funzione del diritto è ora la “conservazione della capacità di apprendimento e
la flessibilità dei subsistemi sociali e delle reti di rapporto organizzate” (loc.
cit. 1990, p. 142). Se si presuppone un cambiamento funzionale, appare sotto
una luce più propizia ciò che gli altri diagnosticano come decadenza; Ladeur
ha per lo meno il vantaggio di aver richiamato l’attenzione su questo. D’altra
parte la citata formula di funzione racchiuderebbe troppo – anche la
153
A seconda di quale concetto di funzione palese o nascosto
si ponga alla base, compare come caso problematico la moderna
differenziazione del sistema giuridico. Misurato dalle aspettative
tradizionali di un’integrazione della società essa appare come
una perdita di funzione, come “lack of sufficient articulation
with the other differentiated systems of society”43. Così al diritto
non riuscirebbe, nonostante la valutazione giuridica univoca, di
imporre il movimento del civil-rights in modo efficace di fronte
a interessi economici, anche di familiari, di vicini, ecc.44,
soprattutto nell’ambito dell’uguaglianza delle razze. Questo è
certamente giusto: resta tuttavia la questione se si debba
considerarlo un fallimento della funzione oppure se non sarebbe
più giusto (non da ultimo anche sotto un punto di vista empirico)
verificare la determinazione della funzione, sia quella
tradizionale che futuristica. Attenersi a una determinazione della
funzione estesa e che sottolinea il positivo, conduce
evidentemente a che le relazioni date debbano essere poi fatte
oggetto di contenzioso. Lo si può volere, anzi lo si può
considerare compito della sociologia (a differenza della
giurisprudenza, alla quale viene rinfacciato quindi il
conformismo in una società che in sé è contraria). Però, la
manovra concettuale è eccessivamente evidente, in quanto i
risultati dicono di più della prevenzione (Voreingenommenheit)
con la quale si era dato inizio alla ricerca. Quando la discussione
rimane a questo livello anche le posizioni contrarie sono solo
articolazioni di altri pregiudizi45.
previdenza per la liquidità nell’impresa, l’eloquenza, la ricerca di base – così
che difficilmente si potrebbe parlare di un sistema giuridico differenziato.
Vedi anche la riflessione di J. NOCKE, Alles fliesst – Zur Kritik des
‘strategischen Rechts’, Jahresschrift für Rechtspolitologie, 4 (1990), p.125140.
43
MAYHEW, loc. cit., p. 188.
44
In modo più dettagliato L. H. MAYHEW, Law and Equal Opportunity: A
Study of the Massachusetts Commission Against Discrimination, Cambridge
Mass. 1968.
45
Per questo potevano essere citate numerose testimonianze. Particolarmente
eclatante G. FRANKENBERG, Unordnung kann sein: Versuch über Systeme,
Recht und Ungehorsam, in A. HONNETH e al. (ed.), Zwischenbetrachtungen:
154
Non è facile superare questa evidente polemica. La
accuratezza nella determinazione delle funzioni e l’esattezza
concettuale nel contesto globale, che vi contribuisce, sono una
possibilità. Ciò richiederebbe concetti come controllo sociale o
inclusione, dovere, valori, uguaglianza, consenso, coercizione,
tempo,
stabilizzazione
controfattuale
che potrebbero
eventualmente contribuire alla determinazione della funzione del
diritto, non da accettare come astrazioni non analizzate, bensì da
risolvere ulteriormente e da collocare in connessioni concettuali
più complesse. Questo non impedisce naturalmente a nessuno di
chiudere a una tattica di camuffamento ideologico (solo più
complesso) e di ridurre la teoria (dell’altro) a questo. In
proporzione, potrebbe essere pur sempre più sopportabile una
prevenzione, quando contribuisca, secondo un effetto collaterale,
anche all’incremento dello sviluppo della teoria scientifica.
VI
La discussione sulla “guida tramite il diritto” potrebbe
profittare dell’introduzione di un’ulteriore distinzione. Dalla
funzione del diritto si devono distinguere innanzitutto le
prestazioni fornite dal diritto per il suo ambiente sociale interno
e per gli altri sistemi di funzione della società. La funzione
emerge come unità in riferimento al sistema della società. Per
una determinata funzione il sistema giuridico è differenziato, e a
questo punto, come detto, interessa che si possa fare
assegnamento su determinate aspettative come aspettative (non:
in quanto prognosi di condotta). A questa funzione si riallaccia
allora un altro ma diverso tipo di aspettative di prestazione che
per l’ambiente sociale interno del sistema giuridico sono più o
meno importanti, più o meno difficili da sostituire. Solamente
sotto il regime della differenziazione funzionale si possono
distinguere entrambi gli aspetti, funzione e prestazione; cioè
Im Prozess der Aufklärung J.Habermas zum 60. Geburtstag, Frankfurt 1989,
p. 690-712.
155
malgrado il fatto che anche adesso le prestazioni del sistema di
funzioni siano attese sulla base della funzione e non sulla base di
uno status o di un ethos del portatore di funzione o sulla base di
una morale sociale generale46.
Nell’analisi della funzione del diritto dovevano venire
ricollocati due punti di vista che adesso possono essere discussi
come possibili prestazioni del diritto, vale a dire la guida della
condotta e la risoluzione dei conflitti. Non solo, la capacità di
tenuta delle aspettative normative, ma anche numerose altre
funzioni sociali e, non da ultimo, le coordinazioni di una
condotta giornaliera, dipendono dal fatto che gli uomini si
comportino effettivamente così come prescrive il diritto, quindi
per esempio che nel check-out paghino effettivamente il loro
conto in hotel, che si attengano effettivamente al codice stradale
e soprattutto: effettivamente non minaccino gli altri con la
violenza psichica. Anche se si può essere sicuri che tali
aspettative sono giustificate, questo non è sufficiente di per sé
per raggiungere una qualche normalità sociale più esigente della
complementarità della condotta. Sotto questo aspetto altri
sistemi di interazione o di organizzazione o di funzione della
società dipendono dalla sovvenzione tramite il diritto.
Che questo sia solo una prestazione è dimostrato dal fatto
che i sistemi extragiuridici dispongono di numerosi equivalenti
funzionali per assicurare la condotta desiderata come premessa
di un’altra condotta47. Per esempio, il sistema di carte di credito
46
Per il parallelo con altri casi di differenziazione funzionale cfr. N.
LUHMANN, Funktion der Religion, Frankfurt 1977, p.54 ss. [trad. it. La
funzione della religione, Brescia, 1991, p. 23 ss.]; N. LUHMANN/K. E.
SCHORR, Reflexionsprobleme im Erziehungssystem (1979), ristampa,
Frankfurt 1988, p.34 ss.[Il sistema educativo. Problemi di riflessività,
Armando, 1999]; N. LUHMANN, Politische Theorie im Wohlfartsstaat,
München, 1981, p.81 e ss. [trad. it. Teoria politica nello stato di benessere,
Milano, 1983, p. 88 e ss.]; ID., Die Wirtschaft der Gesellschaft, Frankfurt
1988, p.63 ss.; ID., Die Wissenschaft der Gesellschaft, Frankfurt 1990, p.635
ss.
47
Questo è del resto un vecchio tema posto in un’altra forma. Un tempo lo si
discuteva sulla base dell’interrogativo se la validità del diritto si fondi solo
sulle sanzioni o dovrebbero presentarsi mezzi di motivazione extragiuridici.
156
serve ad assicurare i pagamenti anche al di fuori delle verifiche
legali. Senza carta di credito spesso determinate prestazioni (per
esempio l’affitto di un’auto) non vengono neanche più
effettuate. Ovvero: nelle stazioni di servizio degli USA le pompe
rilasciano una determinata quantità di benzina, quando l’importo
corrispondente è stato pagato in anticipo. Ma queste vanno viste
semplicemente come forme che si sono sviluppate perché il
diritto non può garantire una determinata condotta o non la
garantisce abbastanza. In relazione alla scoperta dell’influenza di
un gruppo principale e di un’organizzazione informale, il
contributo del diritto alla definizione della condotta è stato
valutato spesso come molto limitato48. Ma questo è valido forse
per situazioni molto specifiche. Nelle condizioni moderne è a
malapena immaginabile che il diritto possa essere sostituito in
modo rilevante da tali fonti di motivi.
Per la comprensione del governo della condotta come
prestazione del diritto per altri sistemi di funzioni è importante,
inoltre, che non si tratti solo, come aveva supposto Hobbes, di
una limitazione delle “libertà naturali”. Anzi, anche il diritto
produce libertà, libertà artificiali, che dunque in altri sistemi
sociali sono condizionate, quindi limitate in senso propriamente
sistemico. Per esempio, rifiutare la libertà, l’aiuto e le pretese di
contribuzione e, invece di questo, formare capitale. O la libertà
di diventare membro di un’organizzazione oppure rifiutarlo per
le condizioni sfavorevoli. O la libertà di rifiutare un consorte
imposto, conveniente alla famiglia e invece di questo fondare un
matrimonio sull’“amore”. Oppure la libertà di esternare opinioni
sconvenienti ed esporle ad una critica (quindi solo successiva).
Per molti aspetti i “media”, utilizzati in altri sistemi per la
creazione di forme propriamente sistemiche, si fondano su
possibilità di rifiuto garantite giuridicamente, quindi su
possibilità di sottrarsi a una pressione di adattamento, praticata
Vedi G. JELLINEK, Allgemeine Staatslehre, 3. ed. 6. ristampa Darmstadt 1959,
p.332 ss.
48
Vedi per es. R. T. LA PIERE, A Theory of Social Control, New York 1954
passim, in part. p.19 ss, 316 ss.
157
sotto il titolo di morale o di ragione. Non a caso, quando questo
venne alla luce nel XVIII e XIX secolo, si poteva essere
dell’opinione che la funzione propria del diritto consistesse nella
garanzia della libertà.
In modo simile funziona la prestazione della regolazione
del conflitto. Anche qui la società in molti dei suoi sistemi
sociali dipende dal fatto che essa, in casi di conflitto, può
mettere in moto il sistema giuridico. Per il diritto vale in
particolare respingere le aspettative infondate e indirizzare
coloro che insistono a percorrere la strada giuridica. D’altra
parte, si deve far notare che il diritto non risolve
necessariamente tutti i conflitti di cui originariamente si era
trattato, ma soltanto quelli che esso stesso può costruire49. Le
strutture profonde e i motivi di contrasto dei conflitti quotidiani,
come la questione chi ha cominciato, in larga misura non
vengono prese in considerazione. Perciò con il diritto si
controllano difficilmente anche gli effetti delle decisioni
giuridiche o delle conciliazioni forzate giuridicamente su
conflitti pregressi. Oltracciò, fare ricorso a una risoluzione dei
conflitti regolata giuridicamente ha limiti ristretti, in particolare
laddove gli interessati ci tengono alla continuazione delle loro
relazioni e perciò temono la giuridicizzazione (Juridifizierung)
dei loro conflitti. Perciò si trova così tanta violenza fisica o
psichica nelle relazioni intime, in particolare nelle famiglie.
Perciò spesso le soggezioni sociali, ad esempio sul posto di
lavoro, non ammettono nessuna comunicazione sui diritti
reclamabili (einklagbare); oppure si preferisce venire a capo in
altro modo ovvero stabilizzare il conflitto come conflitto
permanente, nel quale ciascuno utilizza le proprie chances.
Soprattutto il Giappone è celebre per l’ampia utilizzazione
di meccanismi extragiuridici nella risoluzione di conflitti. Ma
anche il ricorso limitatissimo al tribunale del Common Law si
49
J. GALTUNG, Institutionalized Conflict Resolution: A Theoretical
Paradigm, Journal of Peace Research, 2 (1965), p. 348-397.
158
spiega con le soluzioni extragiuridiche dei conflitti50. In
Inghilterra persino faccende così importanti come la caccia e la
selvaggina non portano a incomodare i tribunali. Con l’aumento
del diritto legislativo e soprattutto con l’aumento delle
regolamentazioni di diritto pubblico aumenta, a dire il vero,
anche la critica a questo scarto ridotto e alla difficile
accessibilità dei tribunali di Common Law51. Probabilmente
questo sgravio del diritto è collegato al fatto che la
stratificazione sociale o le lealtà di gruppo sono vissute ed
accettate ancora come ordine sociale. Se non accade più,
l’inaccessibilità dei tribunali intensifica la differenza tra una
inclusione di piccoli gruppi di popolazione e un’esclusione di
grandi gruppi di popolazione, e allora si trasforma in un
problema non solo per le prestazioni, ma anche per la funzione
del diritto52.
La distinzione tra funzione e prestazioni risiede, di
conseguenza, nella portata degli equivalenti funzionali. Per
assicurare le aspettative normative (per questo: non ovvie) a
malapena ci sono alternative al diritto. Ma una condotta
desiderata si può raggiungere in larga parte con degli incentivi
positivi, nei quali la forma del diritto diventa rilevante soltanto
in casi eccezionali per gli inconvenienti esecutivi. I conflitti
sono resi sopportabili, o in vari modi o portati alla decisione; e il
diritto è soltanto una delle possibilità, sebbene quella che, per
così dire, assume la funzione di valuta di riserva e offre una
sorta di sicurezza ultima per la libertà. Una differenziazione tra
funzione e prestazioni si riesce a realizzare solamente in seguito
alla differenziazione di un sistema giuridico. Nelle prospettive
chiamate guida della condotta e soluzione del conflitto, si deve
distinguere la società senza e la società con un sistema giuridico
differenziato. Entrambe le situazioni sono molto diverse, anche
50
Cfr. R. LEMPERT/J. SANDERS, An Invitation to Law and Social Science,
New York 1986, p. 133 ss.
51
Vedi B. ABEL-SMITH/R. STEVENS, Lawyers and the Courts: A Sociological
Study of the English Legal System 1750-1965, Cambridge Mass.1967.
52
Vedi V. GESSNER, Recht und Konflikt: Eine soziologische Untersuchung
privatrechtlicher Konflikte in Mexiko, Tübingen 1976.
159
se possono essere confrontate naturalmente situazioni
eterogenee sotto il punto di vista funzionale del “dispute
settlement”53.
Nelle società tribali, ma anche nelle zone agricole di
“peasant societies”, che devono cavarsela su vasta scala senza
riferirsi al diritto formale e ai tribunali, normalmente le questioni
giuridiche vengono portate a una procedura di composizione del
conflitto che subordina a questo scopo i punti di vista ammessi
alla comunicazione. Si tratta di soluzioni di compromesso
esistenziali e praticabili, non (o solo secondariamente)
dell’attribuzione dei valori diritto e non-diritto alle pretese54.
Allora si introduce già nel procedimento il punto di vista del
consenso locale idoneo, e le parti in conflitto si confrontano con
la questione come vogliono regolare in loco la loro vita futura.
Al contrario, nel contesto moderno, le procedure di
conciliazione si realizzano sotto il punto di vista di un processo
prospettato come minaccia in caso di comportamento contrario.
In un certo modo, si gioca col fuoco, con l’incertezza dell’esito,
con costi e ritardi temporali; ma la possibilità della tutela
giuridica giudiziaria è presente in ogni riflessione, e la forma
dell’eventuale accordo è una forma del diritto vigente che apre,
in caso di bisogno, a possibilità di agire. Il procedimento di
conciliazione vive della funzione propria del diritto, quella di
stabilizzare aspettative normative; ma di questa forma può
conquistare un plusvalore sociale che, come prestazione del
diritto, torna utile ai sistemi psichici e a quelli sociali interessati.
53
Rimangono tuttavia delle perplessità se si trattano insieme materiale
etnologico e analisi empiriche della moderna procedura conciliatoria, senza
mettere in conto in modo conveniente contesti strutturali completamente
diversi.
54
Cfr. la monografia molto citata di M. GLUCKMAN, The Judicial Process
Among the Barotse of Northern Rhodesia, Manchester 1955, oppure P. J.
BOHANNAN, Justice and Judgement Among the Tiv, London 1957; inoltre L.
NADER, Styles of Court Procedure: To Make the Balance, in dies, (ed.), Law
in Culture and Society, Chicago 1969, p.69-92. Per la situazione europea
della differenziazione di un sistema giuridico nel XI/XII secolo cfr. anche H.
J. BERMAN, Recht und Revolution: Die Bildung der westlichen
Rechtstradition, trad. ted., Frankfurt 1991, p. 85 ss.
160
Si vogliono giudicare, in quanto connessi, tanto la
funzione quanto le prestazioni del sistema giuridico, ci si
propone di vedere nel diritto una specie di sistema immunitario
della società. Con la complessità crescente del sistema della
società crescono le discrepanze tra le proiezioni di norme, e allo
stesso tempo la società non dipende dal fatto che per questo tipo
di conflitti si trovano soluzioni “pacifiche”, perché in caso
contrario ristagnerebbe ovunque la costruzione dei media di
comunicazione e dei sistemi di funzioni, per esempio lo
sviluppo delle “città”. Il che può succedere, e nella maggior
parte dei casi è anche successo così. Ma c’è anche la possibilità
di immunizzare più energicamente il sistema contro qualsiasi
patologia. Resta sospeso ed imprevedibile quando e con quali
motivi venga in mente a qualcuno di percorrere la via del
conflitto e contrapporre a una proiezione di norme un’altra
proiezione di norme. E per tali avvenimenti non c’è, come
nell’immunologia in generale, nessuna risposta preparata in
modo concreto. Il sistema giuridico non prevede quando si arriva
a ciò e come si presenteranno le situazioni, chi sarà interessato e
quanto forte sarà l’impegno. I suoi meccanismi sono progettati
per agire “senza riguardo alla persona”. Ed essi abbisognano di
tempo per costruire la risposta immunitaria. Lo stato delle cose
sarebbe troppo complesso per la corrispondenza punto-per-punto
tra il motivo ambientale nelle disposizioni psichiche e negli stati
psichici e la soluzione di problemi che si afferma nel sistema
sociale. Anche quando per questo si parla di sistema
immunitario, una volta trovate le soluzioni, si riducono le
probabilità di nuove “infezioni” e si accorciano i tempi di
trattamento.
Già nel contesto della questione sulla funzione del diritto
c’è una serie di argomenti che possono mostrare che la
differenziazione di un sistema giuridico, se portato una volta
sulla buona via, dà dei risultati (conferma la validità). Avevamo
visto che nell’aumento di proiezioni di norme scoordinate si
raggiunge il punto in cui una riflessività quasi primordiale non
produce più nessuna soluzione nell’aspettativa normativa
161
dell’aspettativa normativa e deve essere sostituita dalla
differenziazione di un sistema di decisioni organizzato nel
diritto che attira lo sguardo su di sé e sviluppa un reticolato di
norme ufficialmente vigenti, nel quale orienta se stesso, a
condizione che trovi sufficiente sostegno politico. Un altro
punto di vista era che appena si forma un sistema di funzioni,
funzione e prestazioni potessero essere differenziate e quindi vi
sono per l’aspettativa normativa molti equivalenti nell’ambito
della prestazione, mentre nell’ambito funzionale non ve ne sono
(o sono praticamente irrealizzabili). In fondo, anche i vantaggi di
un sistema immunitario regolato, che lavora con una complessità
ridotta e in compenso con una sua storia, in relazione a ciò che
accade imprevedibilmente in casi negativi, forniscono
motivazioni per riconoscere quelli che parlano a favore della
differenziazione .
Se si tratta della questione, abbastanza discussa, per quale
ragione lo sviluppo della società moderna è stato avviato in
Europa e non per esempio in Cina o in India, questi punti di
vista dovrebbero essere osservati in modo più rigoroso. Se il
confronto si concentra nel XII o XIII secolo sull’Europa e sulla
Cina, i fatti demografici, lo sviluppo tecnologico, la diffusione
della scrittura, la prosperità parlano piuttosto contro l’Europa.
Ma l’Europa aveva una cultura giuridica sviluppata sulla base
della conquista del diritto civile romano. Una parte importante
dei chierici erano di fatto giuristi (del diritto canonico). In
Inghilterra, lo sviluppo autonomo di un Common Law si era
avuto su questa base. I diritti della città erano raccolti, codificati
e assunti come modelli; il conflitto tra le sovranità delle città
italiane
era
condotto
innanzitutto
con
riferimento
all’autoregolazione giuridica. Nelle relazioni della vita
quotidiana, il diritto processuale si era radicato in modo più
profondo che altrove. Si poteva contare più su aspettative di
condotta stabilizzate controfattualmente che sul confronto di
civiltà, anche se non era ancora sicuro, se la condotta fattuale
corrispondesse alle aspettative. L’ordinamento sociale si era
potuto sviluppare in improbabilità più intense, se rimaneva
162
quantomeno accertabile, con quali aspettative ci si poteva
appellare al diritto e in quali punti si sarebbero presentati
conflitti come conflitti giuridici, la guerra, che all’occorrenza
erano dunque decisi dal “tribunale supremo”. Comunque si
possa valutare il significato di religione, di economia monetaria,
di diversificazione regionale sulla base di questa connessione:
non si doveva ignorare che un importante corso evolutivo nel
diritto e nella preparazione giuridica era basato su una maggiore
complessità e improbabilità.
Tenendo d’occhio tutto ciò, non si può tuttavia dire che i
vantaggi di una specificazione funzionale funzionino come un
meccanismo evolutivo. Per le chiarificazioni storiche c’è
bisogno di una teoria evolutiva costruita in modo più complesso.
Oltracciò, dalla funzione non emerge ancora che il diritto si
possa chiudere e riprodurre effettivamente come sistema
autopoietico. Perciò sono ancora necessari determinati sviluppi
strutturali (…) dal punto di vista (di una differenza) della
codificazione e della programmazione.
163