Università degli Studi di Ferrara Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra Corso di Laurea in Fisica Caratterizzazione di un fotomoltiplicatore per spettroscopia beta Relatore Dott. Giovanni Di Domenico Laureanda Laura Fornasini Correlatrice Dott.ssa Gaia Pupillo _____________________________________________________ Anno Accademico 2011/2012 A Maragna e Círul Indice Capitolo 1.........................................................................................................................11 La scintillazione liquida...................................................................................................11 1.1 Interazioni beta nella scintillazione liquida.........................................................11 1.2 Principi della scintillazione liquida.......................................................................13 1.3 Contatore di scintillazione liquida........................................................................ 15 Capitolo 2........................................................................................................................ 19 Fotomoltiplicatori............................................................................................................ 19 2.1 Caratteristiche e funzionamento di un PMT........................................................ 20 2.2 Risposta spettrale................................................................................................. 22 2.3 Sensibilità luminosa............................................................................................. 23 2.4 Guadagno............................................................................................................. 24 2.4.1 Calcolare il guadagno...................................................................................26 2.5 Corrente di buio e rumore.................................................................................... 30 2.6 Caratteristiche temporali del segnale di un PMT.................................................31 Capitolo 3........................................................................................................................ 34 Apparato sperimentale..................................................................................................... 34 Capitolo 4........................................................................................................................ 39 Lavoro sperimentale........................................................................................................ 39 4.1 Analisi della sorgente luminosa........................................................................... 40 4.2 Analisi dei Fotomoltiplicatori.............................................................................. 44 4.2.1 Misura del guadagno.................................................................................... 45 4.2.2 Allineamento dei guadagni ..........................................................................52 4.2.3 Misura della corrente di buio: procedimento, analisi e risultati...................52 4.2.4 Misura del Transit Time Spread................................................................... 54 Conclusioni...................................................................................................................... 58 Appendice A – Dati..........................................................................................................60 Appendice B – Datasheet PMT....................................................................................... 61 Bibliografia e Sitografia.................................................................................................. 65 Introduzione Il Tecnezio-99 metastabile (99mTc) è il più importante radionuclide in medicina nucleare, utilizzato in più dell’80% delle procedure diagnostiche eseguite globalmente ogni anno. Le caratteristiche fisico-chimiche del 99m Tc lo rendono un radionuclide ideale per indagini in-vivo di tipo Single Photon Emission Computed Tomography (SPECT), infatti: - l’energia della radiazione γ emessa (Eγ ≈ 142 keV) è tale da garantire una buona immagine, mantenendo bassa la dose al paziente (anche grazie al fatto che il 99mTc è praticamente un γ-emittente puro); - la sua emivita (t1/2 ≈ 6 ore) è tale da permettere la marcatura dei radiofarmaci da somministrare e lo svolgimento della procedura diagnostica, consentendo allo stesso tempo al paziente di poter lasciare l’ospedale poche ore dopo l’indagine SPECT; - la sua chimica è versatile e ben nota; l’ampio intervallo di stati di ossidazione (da -1 a 7) permette che il 99m Tc possa essere facilmente legato a diversi composti chimici, garantendo quindi la marcatura di numerose molecole di interesse nelle applicazioni diagnostiche. Il 99m Tc è prodotto nel decadimento del Molibdeno-99 (99Mo, t1/2 ≈ 66 ore) con una probabilità circa dell’86% (Figura I.1): nel restante 14% dei casi, il 99Mo decade direttamente nello stato fondamentale del Tecnezio-99, detto “ground” (99gTc , t1/2 ≈ 2·105 anni). In Figura I.1 è riportato anche il fotone γ utilizzato nelle indagini diagnostiche, che viene emesso dal decadimento allo stato fondamentale 99gTc. 1 99m Tc nel Figura I.1 Schema del decadimento del 99Mo: produzione di 99mTc e 99gTc L’equilibrio transiente che si instaura tra l’attività del 99Mo e del 99m Tc permette di avere un sistema detto “generatore padre/figlio”, ovvero un sistema in cui a intervalli di tempo regolari è possibile estrarre l’attività del radionuclide figlio prodotto per decadimento, sfruttando le diverse caratteristiche chimiche dei due nuclidi (processo detto “eluizione”). Nel caso del generatore 99Mo/99mTc, ogni 24 ore è infatti possibile estrarre un’attività di 99m Tc pari a circa il 95% dell’attività di 99 Mo presente in quell’istante nel generatore (Figura I.2): in questo modo si garantisce un approvvigionamento quotidiano di 99m Tc nei reparti di medicina nucleare, semplificando notevolmente le problematiche legate al trasporto di un radionuclide con emivita così breve. . Figura I.2 Andamento delle attività di 99Mo e 99mTc in un generatore 99Mo/99mTc eluito ogni 24 ore 2 Attualmente il 99 Mo è prodotto in reattori nucleari che utilizzano Uranio-235 altamente arricchito, materiale potenzialmente pericoloso che è sottoposto a severe normative internazionali per il controllo delle azioni contro la proliferazione delle armi nucleari. Quando nel 2009 i principali reattori dedicati alla produzione di 99 Mo hanno subito spegnimenti e/o manutenzioni imprevisti, causando una carenza nel rifornimento globale di 99 Mo e quindi di 99m Tc, la comunità scientifica internazionale si è concentrata sulla ricerca di nuovi metodi di produzione di questi importanti radionuclidi. In questo contesto si inserisce il progetto APOTEMA “Acceleratordriven Production Of TEchnetium/Molybdenum for medical Applications”, finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e finalizzato allo studio della produzione di questi importanti radionuclidi, utilizzando il ciclotrone ad alte prestazioni che sarà installato nei prossimi anni presso i Laboratori Nazionali di Legnaro (PD). Tra i principali scopi del progetto APOTEMA vi è la misura delle sezioni d’urto indotte da fasci di protoni per la produzione di 99 Mo e 99m Tc, e la valutazione di tutti i radionuclidi co- prodotti nel bersaglio. Tra di essi è di particolare importanza il 99g Tc, radionuclide prodotto nel bersaglio sia per reazione nucleare che per decadimento di 99Mo e 99m Tc (Figura I.1). Essendo il 99g Tc un β-emittente puro caratterizzato da lunga emivita, per quantificare la sua attività è necessario realizzare un sistema di spettrometria β- apposito, in grado sia di contare gli eventi di decadimento che di visualizzare lo spettro della radiazione β- emessa. Lo scopo di questa tesi è stato lo studio delle caratteristiche dei due fotomoltiplicatori utilizzati nella costruzione del sistema di spettrometria β. In particolare, sono state effettuate misure sperimentali sia per quantificare il guadagno e la corrente di buio dei fotomoltiplicatori, che per analizzare le caratteristiche temporali dei segnali da essi generati (Transit Time Spread, 3 TTS). Quest’ultima misura è necessaria per ottimizzare la finestra temporale di acquisizione poiché, come esposto nel primo capitolo, la struttura generale degli spettrometri β richiede che per ridurre il rumore di fondo si utilizzino due fotomoltiplicatori i cui segnali siano posti in coincidenza. Inoltre, per garantire una maggiore efficienza degli spettrometri β, i segnali rivelati in coincidenza devono essere sommati tra essi. Questa operazione di somma avviene senza distorsioni solo se il guadagno dei due fotomoltiplicatori è allineato, ovvero se essi generano uno stesso segnale a seguito del medesimo stimolo luminoso. Risulta quindi indispensabile misurare con precisione la curva del guadagno dei due fotomoltiplicatori, in modo da determinare le due tensioni di alimentazione che garantiscano il medesimo valore di guadagno. Nel secondo capitolo della tesi è quindi esposta la teoria del metodo utilizzato a questo scopo, contestualizzata con le caratteristiche generali dei fotomoltiplicatori. Il lavoro sperimentale viene illustrato a partire dal terzo capitolo con la descrizione dell’apparato sperimentale utilizzato e prosegue nei capitoli seguenti con l’esposizione dei procedimenti adottati, l’analisi dei dati e la discussione dei risultati ottenuti. 4 Capitolo 1 La scintillazione liquida Per conoscere e misurare l’attività di un campione radioattivo un metodo efficace consiste nell’analisi di scintillazione liquida (Liquid Scintillation Analysis, LSA), o conteggio in scintillazione liquida (Liquid Scintillation Counting, LSC). Questa tecnica si serve di materiali organici liquidi in grado di convertire l’energia cinetica delle particelle prodotte nei decadimenti nucleari, in particolare di tipo α o β, in un’energia luminosa. La luce emessa, tipicamente dell’ordine di 10 fotoni/keV di energia depositata nel liquido scintillante, può essere convertita in un impulso elettrico misurabile utilizzando un fotomoltiplicatore (PhotoMultiplier Tube, PMT), come descritto nel secondo capitolo. 1.1 Interazioni beta nella scintillazione liquida Il decadimento beta è un processo nucleare spontaneo che si verifica in nuclei con un eccesso di nucleoni (protoni o neutroni). Nel caso di abbondanza di neutroni, uno di essi può trasformarsi in un protone: per la conservazione della carica totale, nel decadimento si ha l’emissione di una particella β- e, per la conservazione del numero leptonico, di un antineutrino elettronico. n → p+β+ ν̄e 5 Dal momento che si tratta di un decadimento a tre corpi e considerando trascurabile l’impulso finale del protone (m P >> mE), si ha che l’energia del decadimento viene ripartita tra l’elettrone ed il neutrino. Si ha dunque una distribuzione di energia per entrambe le particelle, come si può facilmente verificare dallo spettro dell’elettrone riportato in Figura 1.1 (a causa della bassissima interazione dei neutrini con la materia, rivelare tali particelle e misurarne l’energia risulta molto più complesso). Figura 1.1 Spettro di energia di particelle beta Lo spettro di energie possibili per una particella β- comprende un ampio intervallo di valori continui compresi tra un minimo di energia nulla, che si verifica quando è massima l’energia dell’antineutrino, e un valore massimo Emax, a cui corrisponde l’energia minima del ν̄e (Fig. 1.1). L’energia più probabile con cui vengono emesse le particelle β- equivale a circa 1/3 Emax. 6 1.2 Principi della scintillazione liquida Il processo di scintillazione liquida converte l’energia depositata dalla particella emessa nel decadimento nucleare prima in una radiazione luminosa (liquido scintillante) e successivamente in un segnale elettrico (PMT), che può essere ulteriormente amplificato ed infine acquisito da un analizzatore multicanale (Multi Channel Analyzer, MCA), come mostrato in Figura 1.2. Figura 1.2 Schema di conteggio in scintillazione liquida L’analisi di campioni radioattivi richiede che la sorgente sia contenuta in fiale di vetro o plastica all’interno delle quali è presente una soluzione di scintillazione. Tale soluzione è composta da un solvente e da un soluto di scintillazione, che uniti alla sorgente radioattiva formano un composto omogeneo (solitamente vengono utilizzati materiali scintillatori organici perché risultano solubili in solventi organici). In Figura 1.3 sono schematizzate le interazioni tra le particelle β- emesse nei decadimenti ed il materiale scintillante. 7 Figura 1.3 Schema dei processi di collisione tra le particelle β- Solitamente l’energia cinetica della particella β- viene interamente ceduta in pochi mm dal punto di emissione [1]; questa energia può essere assorbita dalla soluzione scintillante in tre forme: calore, ionizzazione ed eccitazione. In quest’ultimo caso alcune molecole del solvente passano allo stato eccitato e, nel ritornare allo stato fondamentale, emettono una radiazione UV. Questi fotoni UV possono a loro volta eccitare le molecole del soluto, ovvero sostanze fluorescenti che nel ritornare allo stato fondamentale producono fotoni di luce blu-violetta. L’energia della radiazione luminosa emessa dipende dal materiale scintillatore utilizzato, mentre l’intensità dipende dal tipo di decadimento e dall’energia emessa in tale processo. In ogni caso, il numero di fotoni di scintillazione prodotti è proporzionale al numero di decadimenti del campione radioattivo, rendendo quindi la scintillazione liquida una tecnica in grado di misurare l’attività di una sorgente β- emittente . [1] Ad esempio, nel decadimento di Tc-99g l’energia massima con cui può essere emessa la particella β- è Emax = 293.5 keV; a tale energia corrisponde una perdita di energia per unità di materiale attraversato pari a circa 236 8 keV/mm (approssimando il liquido scintillante ad acqua): dunque in poco più di 1 mm viene depositata tutta l’energia cinetica. 1.3 Contatore di scintillazione liquida L’attività di una sorgente radioattiva può essere determinata se il processo di scintillazione è in grado di individuare il numero di fotoni luminosi emessi per unità di tempo dalla soluzione di scintillazione e convertire questa quantità nel corrispondente numero di decadimenti per unità di tempo. Si deve tener conto, quindi, dell’efficienza del conteggio di scintillazione, definita come il rapporto tra il numero di fotoni luminosi registrati al minuto (Counts Per Minute, CPM) e l’attività della sorgente espressa in unità di decadimenti al minuto (Decay Per Minute, DPM). Per stimare la quantità di luce prodotta e la corrispondente intensità si utilizza uno spettrometro β-, schematizzato in Figura 1.4. Figura 1.4 Diagramma schematico di uno spettrometro β- L’analisi del campione radioattivo prevede che questo venga posto in una boccetta di vetro o plastica, contenente sia la sorgente radioattiva che la 9 soluzone scintillante; tale boccetta deve essere posizionata in modo equidistante tra due fotomoltiplicatori e tutto il sistema deve essere posto in una camera a tenuta di luce. Utilizzando due fotomoltiplicatori è possibile ridurre il segnale dovuto alla radiazione di fondo, eliminando tutti i segnali che non siano rivelati in coincidenza. In questo modo è comunque possibile che avvengano delle coincidenze casuali tra eventi di rumore dei due PMT; il valore di questi conteggi accidentali può essere valutato con la relazione: C= 2N1 N 2 τ 60 [1.1] dove C è il rate di conteggi accidentali al minuto, N 1 e N2 sono rispettivamente il numero di eventi di rumore legati al primo ed al secondo PMT, τ è la risoluzione temporale del circuito di coincidenza espressa in secondi. Possibili fonti di rumore sono l’interazione di raggi cosmici con il liquido scintillante e la presenza di radioattività naturale nella finestra di vetro del PMT: per ridurre la prima si può schermare il sistema con il piombo; per la seconda è preferibile utilizzare fotomoltiplicatori con un basso contenuto di isotopi radioattivi (in particolare di 40 K). Anche questi contributi possono essere stimati con opportune misure: - utilizzando una boccetta contenente solo il liquido scintillante è possibile valutare il rate di coincidenze casuali dovute alla radioattività naturale; - senza porre alcuna boccetta tra i due PMT è possibile valutare il rate di coincidenze casuali dovute ai PMT stessi (solitamente è un contributo trascurabile). 10 I risultati di queste valutazioni possono così essere utilizzati a posteriori per correggere il numero totale di eventi acquisiti in coincidenza e risalire quindi al numero di coincidenze reali. I segnali generati in coincidenza dai due PMT vengono quindi sommati, sia per incrementare l’efficienza del sistema assicurando una maggiore raccolta di luce, sia per ottenere un segnale indipendente dalla posizione dell’evento di decadimento all’interno della boccetta. Infatti, con un solo PMT si potrebbe raccogliere metà della luce di scintillazione e si otterrebbe un segnale dipendente dalla posizione del decadimento: se la luce fosse prodotta vicino a una delle estremità della boccetta, il segnale rivelato da un PMT vicino a tale estremità sarebbe più luminoso di quello raccolto da un PMT posto sul lato opposto. Dopo il modulo di somma il segnale viene amplificato e inviato al convertitore analogico-digitale (Analog Digital Converter, ADC), modulo che converte le informazioni di un segnale analogico, ossia l’altezza di un impulso elettrico, in un dato proporzionale in forma digitale. I segnali digitali ottenuti possono essere raccolti utilizzando un analizzatore multicanale (MultiChannel Analyzer, MCA), che individua sia il numero di impulsi che la relativa altezza: si può così costruire uno spettro in cui il numero di conteggi è espresso in funzione dell’altezza dell’impulso corrispondente. (Fig. 1.5) . 11 Figura 1.5 Tipico spettro di altezza dell'impulso di particelle β- ottenuto con un MCA 12 Capitolo 2 Fotomoltiplicatori Un fotomoltiplicatore (PMT) è un dispositivo elettronico che converte una radiazione luminosa in un segnale elettrico misurabile. Le componenti principali sono un fotocatodo, una struttura per la moltiplicazione degli elettroni ed un anodo (Figura 2.1). Figura 2.1 Schema delle componenti di un PMT 13 2.1 Caratteristiche e funzionamento di un PMT Il fotocatodo è un elettrodo costituito da materiale semiconduttore fotosensibile, che produce fotoelettroni per effetto fotoelettrico quando viene colpito da una radiazione luminosa. Il processo di fotoemissione ha inizio con l’assorbimento di fotoni luminosi da parte degli elettroni del materiale fotosensibile, che passano dalla banda di valenza a quella di conduzione, diffondendo verso la superficie del fotocatodo; se vi arrivano con un’energia superiore a quella del lavoro di estrazione, possono essere emessi dal fotocatodo nel vuoto e vengono detti fotoelettroni. Questo processo può essere descritto come processo probabilistico, definendo l’efficienza quantica η(ν) come il rapporto tra il numero di fotoelettroni prodotti per ogni fotone incidente con frequenza ν, secondo la formula: η ( ν )= ( 1− R ) ∙ Pν ∙( k 1 1 1+ kL )∙ P S [2.1a] dove R è il coefficiente di riflessione sul fotocatodo, k il coefficiente di assorbimento totale, Pν la probabilità che la luce assorbita possa portare un elettrone dalla banda di valenza ad un livello eccitato superiore del potenziale di estrazione, L la distanza media percorsa dagli elettroni nella banda di conduzione, PS la probabilità che gli elettroni giunti sulla superficie del fotocatodo siano espulsi nel vuoto. Affinché i fotoelettroni emessi dal fotocatodo siano focalizzati in modo efficiente sul primo dinodo, è necessario analizzare attentamente la traiettoria percorsa dagli elettroni, che dipende dalla forma del fotocatodo stesso, la forma e la disposizione dell’elettrodo focalizzante e la tensione applicata. L’efficienza di raccolta del primo dinodo, ovvero il rapporto tra il numero di elettroni che lo colpiscono ed il numero di fotoelettroni emessi dal catodo, è 14 solitamente compresa tra il 60-90%. La struttura di moltiplicazione presente all’interno del PMT è costituita da una serie di dinodi, ovvero da elettrodi che producono elettroni per emissione secondaria: ogni fotoelettrone incidente sul primo dinodo trasmette la propria energia agli elettroni dello stesso, i quali vengono eccitati e possono essere emessi dal materiale. Il numero di elettroni secondari prodotti per ogni fotoelettrone incidente è regolato da un fattore di moltiplicazione δ, detto appunto fattore di emissione secondaria. In Figura 2.2 è riportato un Figura che rappresenta la variazione di δ in funzione della tensione applicata, per diversi materiali. Figura 2.2 Variazione di δ per diversi materiali in funzione della tensione applicata Gli elettroni secondari prodotti in ogni dinodo sono attratti verso lo stadio successivo poiché è presente tra di essi una differenza di potenziale crescente. Gli elettroni prodotti dall’ultimo dinodo vengono raccolti all’anodo, che genera il segnale elettrico in uscita dal PMT. Idealmente un fotomoltiplicatore con N dinodi, ciascuno caratterizzato da un fattore di moltiplicazione δ, ha un’amplificazione della corrente ovvero un guadagno G pari a G=α δ N . 15 2.2 Risposta spettrale Le caratteristiche di risposta spettrale descrivono la relazione tra la luce incidente sul fotocatodo e il numero di elettroni emessi dallo stesso e sono espresse in termini di efficienza quantica η(λ) e sensibilità radiante, entrambe mostrate in Figura 2.3 . Come già accennato, l’efficienza quantica è il rapporto tra il numero di fotoelettroni prodotti dal catodo e il numero di fotoni incidenti; solo un fotocatodo ideale presenta un’efficienza quantica del 100%, mentre per molti materiali assume valori massimi attorno al 20-30%. L’efficienza quantità dipende sia dal materiale di cui è costituito il fotocatodo che dall’energia della radiazione incidente. Inoltre, poiché la radiazione non viene assorbita in modo totale dagli elettroni del fotocatodo, le quantità di luce riflessa e trasmessa riducono il valore dell’efficienza quantica (Equazione 2.1). La sensibilità radiante del catodo è definita come il rapporto tra la corrente fotoelettrica generata dal fotocatodo ed il flusso radiante incidente ad una data lunghezza d’onda, ed è espressa in A/W . Il legame con l’efficienza quantica è dato da η(λ)= hc 1240 S λ= S λ[nm]e λ [nm] λ [2.1b] dove h è la costante di Planck, c la velocità della luce nel vuoto, e la carica dell’elettrone e λ la lunghezza d’onda espressa in nanometri. 16 Figura 2.3 Efficienza quantica e sensibilità radiante in funzione della lunghezza d'onda 2.3 Sensibilità luminosa La sensibilità luminosa è definita dal rapporto tra la corrente (anodica o catodica) ed il flusso luminoso proveniente da una lampada a tungsteno alla temperatura di 2856 K ed è espressa in A/lm. Si distinguono la sensibilità luminosa del catodo e quella dell’anodo: la prima, mostrata in Figura 2.4, è il rapporto tra la corrente generata dal fotocatodo e il flusso luminoso come sopra; la seconda è l’analogo per la corrente anodica. Per convertire un un flusso luminoso espresso in lumen (Φlm) in una potenza espressa in Watt (P) è necessario dividere il flusso Φlm per l’efficienza luminosa η [lm/W], che dipende dal tipo di sorgente luminosa utilizzata; tipicamente per una luce LED η è pari a circa 30-90 lm/W. 17 Figura 2.4 Sensibilità luminosa anodica in funzione della tensione del PMT 2.4 Guadagno Caratteristica importante di un PMT è il guadagno che, come accennato, quantifica il fattore di amplificazione tra il numero di fotoelettroni emessi dal fotocatodo ed il segnale elettrico in uscita dal fotomoltiplicatore stesso. Il guadagno è quindi equivalente al rapporto tra la corrente misurata all’anodo e quella misurata al catodo del PMT e dipende dal numero di dinodi presenti nel fotomoltiplicatore e dal fattore di emissione secondaria, idealmente: G=ρ δ N dove ρ è l'efficienza di raccolta al primo dinodo. 18 [2.2] Come mostrato in Figura 2.2, il fattore di emissione secondaria δ è funzione della tensione a cui viene alimentato il PMT, secondo la relazione: δ=a V D k [2.3] dove k è una costante di proporzionalità e VD la differenza di potenziale tra due dinodi successivi. Se quest’ultima è la stessa per tutti i dinodi, si ricava facilmente dal rapporto tra la tensione di alimentazione del PMT (VPMT) ed il numero totale di dinodi (N): V D= VPMT N +1 [2.4] dove N+1 sono le resistenze tra il catodo e l'anodo in una configurazione con N dinodi. Il guadagno, quindi, risulta G=ρ[ N a ] V kN PMT k (N +1) [2.5] L’andamento del guadagno in funzione della tensione di alimentazione del PMT viene presentato in scala bilogaritmica in Figura 2.5. Figura 2.5 Guadagno di un PMT in funzione della tensione 19 2.4.1 Calcolare il guadagno Un metodo per calcolare il guadagno consiste nell’analizzare il segnale in uscita da un PMT sottoposto ad una sorgente luminosa, alimentata in regime pulsato. Una luce LED è una buona sorgente per questo tipo di misure, perché costituisce una fonte di luce riproducibile. Il numero di fotoni che incide sul PMT è il risultato di un processo statistico che viene descritto correttamente dalla probabilità Poissoniana. La distribuzione di Poisson è una distribuzione discreta che descrive la probabilità che si verifichi un evento casuale con un elevato numero di prove, quando la probabilità di successo per singolo evento è piccola. La probabilità che si verifichino x eventi è data dalla relazione μ x −μ P (x ,μ)= e x! [2.6] dove μ rappresenta il numero medio atteso di eventi ed è pari alla varianza, ovvero σ2. Nel caso di interazione tra fotoni emessi dal LED e fotocatodo può essere applicata la statistica di Poisson, e poiché ogni fotone che colpisce il fotocatodo rilascia uno o nessun fotoelettrone, anche la distribuzione di fotoelettroni emessi dal fotocatodo è Poissoniana con media μ p.e. e varianza σ 2p.e.=μ p.e. . Quando i valori medi attesi diventano grandi ( μ p.e.>10 ) la distribuzione di Poisson può essere approssimata con una distribuzione Gaussiana, come si può vedere in Figura 2.6. 20 Figura 2.6 Distribuzioni Poissoniane con differenti valori medi attesi λ I fotoelettroni prodotti al catodo raggiungono poi il primo dinodo, il quale emette δ1 elettroni per ogni elettrone incidente con una varianza σ12 , dove δ1 indica il fattore di emissione secondaria relativo al dinodo interessato. Se si suppone che tutti gli elettroni secondari colpiscano il secondo dinodo, il numero di elettroni prodotti è in media m2=δ1 δ 2 con una varianza σ 2m2=δ 22 σ 21+δ 1 σ 22 , dove δ2 indica il fattore di emissione secondaria relativo al dinodo interessato e σ22 la rispettiva varianza. Al termine della catena di N dinodi, il guadagno medio in termini di numero totale medio di elettroni prodotti per ogni elettrone iniziale risulta N m N =∏ δ i [2.7] i=1 con una varianza 2 2 σ mN =(m N ) [ σ 21 σ 22 δ1 δ1 δ 2 + 2 + 2 σ 2k (δ 1 δ 2 ... δ N −1)δ 2N ] [2.8] Quest’ultima equazione mostra che il contributo relativo di ogni dinodo alla varianza totale diminuisce al crescere della vicinanza del dinodo alla fine della catena; in altre parole, il primo stadio contribuisce maggiormente alla varianza 21 totale rispetto agli stadi succesivi. In particolare, maggiore è il guadagno del primo stadio di amplificazione, minore è il contributo dei successivi stadi alla varianza totale. Considerando il caso in cui il fattore di emissione secondaria relativo al primo dinodo è maggiore rispetto a quelli di tutti gli altri dinodi, si ha un alto rapporto segnale-rumore m SNR N = σ N [2.9] mN Inoltre, se si considera che la produzione di elettroni secondari segue la statistica di Poisson (σ2 = δ), allora il rapporto segnale-rumore si può m approssimare con SNR N = σ mNN ≈ √ δ1 . Il rumore associato al segnale è quindi molto piccolo ed è per questo motivo che si dice che la catena di moltiplicazione produce un guadagno “senza” rumore. Nel caso in cui il fattore di emissione secondaria è costante per ogni dinodo ed è verificata la statistica di Poisson (σ2 = δ), la varianza relativa al guadagno 2 medio σmN si semplifica in 2 σ 2 mN (m ) = N δ−1 , ammesso che 1δ <1 . Per avere una stima del guadagno di un PMT, ovvero per valutare il rapporto tra il numero di fotoni incidenti sul PMT ed il numero di elettroni raccolti all’anodo, si può procedere considerando che: - Nph è il numero medio di fotoni incidenti sul PMT con varianza σph2 = Nph , poiché anche il flusso incidente segue la distribuzione di Poisson; - Npe è il numero medio di fotoelettroni prodotti dal catodo, pari a Npe= ηNph , dove η è l’efficienza quantica del fotocatodo; anche in questo caso è verificata la distribuzione di Poisson; - Na è il numero medio di elettroni raccolti all’anodo, pari a N a =η N ph mN , con varianza σ 2a =η N ph [(m N )2+σ 2mN ] ; 22 - considerando un fattore di emissione secondaria costante per ogni dinodo (δ) , la varianza relativa al numero medio di elettroni raccolti all’anodo diventa σ 2a =η N ph (m N )2 (1+ - il rapporto √ 1 ) ; δ−1 N segnale-rumore SNR N = σ aa SNR N = η N ph ( risulta essere pari a δ−1 ) . Si nota una dipendenza dalla radice del numero δ di fotoelettroni prodotti e dal fattore δ, che influenza il rapporto SNRa in maniera differente ad alti o bassi guadagni totali del PMT. Infatti, considerando i guadagni elevati (circa 106-107), il termine √ ( δ−1 ) δ influisce con piccole variazioni sul rapporto SNRa al variare di δ stesso. Lo stesso rapporto SNRa risulta quindi dipendere soprattutto dalla radice del numero medio di fotoni incidenti. Al variare della tensione di alimentazione del PMT il rapporto SNRa si mantiene pressoché costante in quanto la dipendenza è più forte per le caratteristiche della sorgente di luce che per quelle di lavoro del PMT. Se, invece, si considera una tensione fissa applicata al PMT, al variare delle condizioni di luce ricevuta dal PMT, il rapporto SNRa cresce all’aumentare del segnale luminoso con una proporzionalità data da √ N ph ; - considerando il rapporto tra il numero di elettroni prodotti Na e la relativa varianza σa 2 σ 2a 1 si ottiene =m N (1+ ) Na δ−1 , dove m N =δ N (con N pari al numero di dinodi della catena): tale rapporto dipende solamente dalle condizioni di lavoro del PMT, dal momento che viene eliminata la connessione con la sorgente di luce. Al variare della 23 tensione di alimentazione del PMT si riscontra una proporzionalità di σ 2a Na con HVN. Se, invece, si considera una tensione costante applicata al PMT, il rapporto rimane inalterato al variare delle condizioni di luce ricevuta dal PMT; - il valore del guadagno può, infine, essere ottenuto con il rapporto tra la carica media misurata all’anodo e quella prodotta al fotocatodo: G=m N →G= Qa N pe e [2.10] dove e indica la carica dell’elettrone e Npe viene ricavato dal SNR N ≈ √ η N ph = √ N pe . 2.5 Corrente di buio e rumore La corrente di buio è il valore della corrente raccolta all’anodo del PMT quando il PMT stesso non è colpito da una radiazione luminosa. Questo contributo, che costituisce il minimo livello di luce che può essere misurato dal PMT, è dovuto a vari fattori. Il principale è l’emissione spontanea di elettroni dal catodo per effetto termoionico, effetto proporzionale alla temperatura che si verifica quando l’energia termica degli elettroni stessi supera il valore del lavoro di estrazione. Il segnale relativo agli elettroni prodotti per effetto termoionico è della stessa natura di quello generato dai fotoelettroni dovuti alla presenza di fotoni luminosi e sottoposti alla catena di dinodi, ed è quindi amplificato per effetto del guadagno del PMT. L’intensità del segnale misurato 24 si riferisce a singoli fotoelettroni emessi per effetto termoionico: per questo motivo l’intensità relativa ad una radiazione luminosa incidente è molto maggiore. Un ulteriore contributo alla corrente di buio è causato dalla presenza di gas residui all’interno del fototubo, i cui atomi vengono ionizzati dagli elettroni presenti nel tubo; gli ioni positivi così prodotti vengono accelerati verso il catodo dove possono essere prodotti ulteriori elettroni, che percorrono poi tutta la catena di moltiplicazione e arrivano all’anodo producendo un segnale. Questo effetto viene detto Afterpulse e consiste proprio in un segnale fittizio ritardato rispetto al segnale reale di circa 10 – 100 ns. Un’altra sorgente di rumore è la corrente di leakage, dovuta al fatto che i materiali isolanti che rivestono il PMT possono non essere perfettamente efficienti; è il contributo prevalente a basse tensioni di alimentazione del PMT, ma diventa trascurabile a maggiori tensioni poiché viene superato da termini di altra natura. Si aggiungono due ulteriori cause di rumore: la radiazione cosmica e la presenza di materiali radioattivi nel vetro del PMT , entrambe già discusse nel paragrafo 1.3. 2.6 Caratteristiche temporali del segnale di un PMT La risposta temporale di un PMT è data principalmente dal Transit Time (TT), ovvero dal tempo impiegato dai fotoelettroni emessi dal catodo per raggiungere l’anodo. Il tempo di transito, infatti, è definito come l’intervallo temporale tra l’arrivo di un impulso luminoso al fotocatodo e la comparsa del segnale all’uscita del PMT. Quando il fotocatodo è illuminato, il tempo di 25 transito subisce una fluttuazione descritta dal Transit Time Spread (TTS) (Figura 2.7). Figura 2.7 Transit Time Spread Il TTS rappresenta graficamente la FWHM della distribuzione temporale di un insieme di impulsi, ognuno dei quali corrisponde al TT del singolo evento; il maggior contributo al TTS è collegato alla regione tra il fotocatodo e il primo dinodo e può dipendere dall’energia cinetica dei fotoelettroni emessi e dal loro angolo di emissione. Il valore di TTS ha una proporzione inversa con la radice quadrata del numero di fotoelettroni emessi, come mostrato in Figura 2.8. 26 Figura 2.8 TTS in funzione del numero di fotoelettroni per tre modelli di PMT 27 Capitolo 3 Apparato sperimentale In questa sezione viene descritto l’apparato sperimentale utilizzato per le misure di caratterizzazione di due fotomoltiplicatori Hamamatsu, entrambi modello R329-02, con numero seriale RD 7018 (1° PMT) e RD6799 (2° PMT). In Figura 3.1 viene mostrato uno dei due PMT. Figura 3.1 Fotografia di uno dei due PMT Alcune caratteristiche salienti dei PMT utilizzati sono: fotocatodo bialcalino, ovvero costituito da due metalli alcalini; 28 finestra di vetro in borosilicato: contiene un quantitativo molto basso di 40 K ; non permette la trasmissione di radiazione elettromagnetica con lunghezze d’onda inferiori a 300 nm: la risposta spettrale, infatti, è compresa nell’intervallo di lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico tra i 300 nm e i 650 nm; 12 dinodi grid-type (Fig. 3.2) con relativi rapporti di differenza di potenziale mostrati in Figura 3.3 ; Figura 3.2 Catena di dinodi Grid-type Figura 3.3 Rapporti di differenze di potenziale tra dinodi successivi Massima corrente anodica media (in regime continuo) : 0.2 mA; Corrente di buio anodica (perché la corrente di buio è misurata con una lampada a filamento di tungsteno a T = 2856 K, HV PMT = 1500 V ) : 1° PMT: 5,80 nA ; 2° PMT: 1,40 nA; Sensibilità luminosa anodica 1° PMT: 620,0 A/lm; 2° PMT: 189,0 A/lm; Sensibilità luminosa catodica 1° PMT: 124,0 μA/lm; 2° PMT: 117,0 μA/lm. 29 Per entrambi i PMT la tensione di alimentazione è stata fornita da un generatore di alta tensione Fluke 415B High Voltage Power Supply. Poiché le misure per la caratterizzazione dei fotomoltiplicatori sono state realizzate con un diodo ad emissione luminosa (LED) HLMP 1540 come sorgente di luce, la prima misura effettuata ha riguardato il corretto funzionamento del LED stesso, caratterizzato da luce verde. Per conoscerne la resistenza dinamica è stata misurata la corrente in funzione della tensione applicata, utilizzando un picoamperometro Keithley Model 485 ed un generatore di tensione Agilent (Hewlett Packard) E3610A.Per la caratterizzazione dei due fotomoltiplicatori descritti in precedenza, è stata utilizzata una sorgente LED verde, alcuni moduli di elettronica (Fig. 3.4), un analizzatore multicanale, un programma di acquisizione ed un oscilloscopio. LED e PMT sono stati posizionati in una scatola nera a tenuta di luce, ad una distanza di 30 cm l’uno dall’altro (Fig. 3.5) . Figura 3.4 Moduli di elettronica utilizzati 30 Figura 3.5 Configurazione PMT-LED all'interno della scatola a tenuta di luce Il LED è stato alimentato in regime pulsato con un Programmable Pulse Generator Lecroy 9210/9211, con il quale è sia possibile regolare tensione e durata temporale impulso fornito, che generare un segnale di gate. Per ottenere un’impedenza totale del LED acceso e della resistenza connessa pari a circa 50 ohm (valore dell’impedenza caratteristica del cavo coassiale di collegamento tra LED e generatore di impulsi), il LED è stato collegato in serie con una resistenza di valore pari a 37 ohm. Il segnale all’uscita dal PMT è stato inviato ad un modulo di amplificazione Silena Nim Amplifier 7611/L; da qui è stato poi mandato a un Amptek MultiChannel Analyzer MCA8000A, il quale si serviva anche del segnale di gate inviato dall’impulsatore. Il MultiChannel Analyzer (MCA) è uno strumento che permette di registrare e classificare l'ampiezza dei segnali prodotti dal PMT: grazie alla presenza di 1024 canali e di due diversi fondo 31 scala possono essere acquisiti segnali di tensione compresi tra 0V e 5V, oppure tra 0V e 10V. I dati raccolti con il MultiChannel Analyzer sono stati elaborati con il programma di acquisizione ADMCA. Le misure relative al TTS sono state effettuate con un modulo TAC-SCA (Time-to-Amplitude-Converter Single-Channel-Analyzer) Tennelec TC 863; a riguardo sono stati utilizzati anche un modulo CFD (Costant Fraction Discriminator) Philips 715, un modulo Dual Timer Mod 2255A e il modulo utilizzato anche in precedenza Silena Nim Amplifier 7611/L. La corrente di buio è stata misurata con lo stesso picoamperometro utilizzato in precedenza, Keithley Model 485. L’oscilloscopio utilizzato è un modello Tektronik Digital Phosphor Oscilloscope TDS 5054. 32 Capitolo 4 Lavoro sperimentale L’attività sperimentale di laboratorio è stata composta da diverse fasi di lavoro e misure. Inizialmente si è studiato il diodo LED, utilizzato in seguito come sorgente luminosa: è stata, infatti, analizzata la curva caratteristica corrente-tensione, per poterla poi comparare con la corrente realmente presente nella configurazione di misura finale. Una più ampia sezione è stata quindi dedicata allo studio di ciascun PMT che costituirà lo spetrometro β. La curva di guadagno di ciascun fotomoltiplicatore è stata ottenuta utilizzando il metodo descritto nel capitolo 2, analizzando il segnale generato dal PMT; i fotomoltiplicatori sono stati collocati alternativamente all’interno della scatola a tenuta di luce, ad una distanza di 30 cm dal LED. Per la misura della corrente di buio, il segnale di ciascun PMT è stato misurato in assenza della sorgente luminosa. Infine, per la misura del TTS, è stato attivato di nuovo il LED ed è stato utilizzato un modulo TAC per valutare il ritardo tra il segnale di trigger generato dall’impulsatore ed il segnale emesso da ciascun fotomoltiplicatore. 33 4.1 Analisi della sorgente luminosa Prima di studiare il comportamento dei singoli fotomoltiplicatori è stato necessario conoscere alcune caratteristiche del diodo LED, utilizzato come sorgente luminosa per il PMT. L’individuazione della resistenza dinamica del diodo è stata finalizzata alla ricerca di una configurazione ottimale per la sorgente luminosa. Il diodo LED, ad emissione di luce verde, è stato quindi collegato ad un generatore di tensione e ad un picoamperometro Keithley per conoscere l’andamento della corrente in funzione della tensione ad esso fornita. È stata così ricavata la curva mostrata in Figura 4.1, in cui la pendenza della zona lineare è funzione della resistenza dinamica presentata dal diodo Rd = ΔV Δi [4.1] Si è ottenuto il valore di Rd ≈ 13 Ω , valido per l'intervallo compreso tra le tensioni di VLED = 2.00 V – 2.80 V . i [mA] Corrente vs Tensione 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 V_led [V] 3,0 3,5 4,0 Corrente [mA] Figura 4.1 Corrente diodo in funzione della tensione 34 Una volta misurata la resistenza dinamica del LED, ad esso è stata collegata in serie una resistenza del valore di R = 37 Ω, in modo tale che l'impedenza totale presentata dal LED acceso e dalla resistenza connessa fosse di circa 50 Ω (valore dell’impedenza caratteristica del cavo coassiale di collegamento tra LED e generatore di impulsi). Con la nuova configurazione, costituita dal LED e dalla resistenza R (Figura 4.2), la caduta di tensione al diodo è diversa dalla tensione fornita dal generatore poiché quest'ultima viene ripartita ai capi della resistenza e del diodo secondo la relazione V 0=iR+V LED (i) [4.2a] Figura 4.2 Schema del circuito con LED e resistenza Per individuare la reale corrente che circola nel diodo è necessario trovare l'intersezione della curva di corrente precedentemente costruita con la curva i= V 0 V LED (i) − R R [4.2b] realizzata per ciascuna tensione fornita dal generatore al circuito (Figura 4.3). 35 Configurazione LED+resistenza 100 90 80 70 i [mA] 60 50 40 30 20 10 0 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 V [V] Figura 4.3 Corrente in funzione di tensione fornita al circuito La corrente così individuata, intersezione delle due curve, è relativa alla tensione fornita dal generatore ed è inferiore a quella che circolava nel diodo prima che fosse collegato alla resistenza. Nella scelta della tensione da applicare al circuito sono stati esclusi valori elevati, per non generare un numero di fotoni che determinasse la saturazione del segnale dei PMT; tra i valori di tensione tali da garantire l’andamento lineare della corrente per piccole variazioni della tensione stessa, si è scelto di applicare al circuito la tensione V = 2.4 V. Il circuito costituito da LED e resistenza è stato quindi collegato al generatore di impulsi Lecroy 9210/9211, che permette di alimentare il diodo in regime pulsato, con durata temporale dell'impulso variabile. 36 La sorgente luminosa così costituita è stata poi collocata all'interno di una scatola nera a tenuta di luce; ad una distanza di 30 cm da essa sono stati alternativamente posizionati i due fotomoltiplicatori. 37 4.2 Analisi dei Fotomoltiplicatori La necessità di lavorare simultaneamente con due PMT per effettuare l'analisi di sorgenti radioattive richiede che i guadagni degli stessi siano allineati: se la sorgente luminosa è equidistante dai due fototubi e l'emissione di luce è isotropa, allora il segnale luminoso deve essere convertito e amplificato in un segnale elettrico uguale per entrambi i fototubi. L'allineamento dei due guadagni richiede che si conoscano le singole curve di guadagno di ciascun fotomoltiplicatore, poiché per ottenere un medesimo guadagno con due PMT può essere necessario alimentare i due dispositivi con tensioni differenti. L'analisi e la misura del guadagno vengono quindi effettuate con ciascun PMT singolarmente. Dopo aver ricavato le singole curve di guadagno si possono stabilire le condizioni di lavoro ottimali per la configurazione costituita dai due PMT. Nel lavoro sperimentale sono stati valutati anche altri fattori caratteristici di un PMT: – è stata misurata la corrente di buio per valutarne il contributo in proporzione al segnale totale in uscita dal PMT; – è stato calcolato, inoltre, il TTS (Transit-Time-Spread), fattore da tenere in considerazione nell'effettuare la coincidenza del segnale dei due PMT. 38 4.2.1 Misura del guadagno La misura del guadagno di ciascun fotomoltiplicatore è stata effettuata applicando il metodo descritto in precedenza (Capitolo 2). Si è analizzato il segnale generato dal PMT con un oscilloscopio digitale (Tektronik Digital Phosphor Oscilloscope TDS 5054): visualizzando la forma del segnale proveniente dal PMT e sfruttando alcune funzioni fornite dall’oscilloscopio sono stati ricavati il valor medio e la deviazione standard dell’area del segnale stesso (proporzionale alla carica totale generata all’anodo). Il guadagno di un PMT si può calcolare a partire dalla relazione tra il fattore di emissione secondaria e la differenza di potenziale applicata tra due dinodi successivi δ=a E k [4.3] dove a è una costante, Ek è la differenza di potenziale applicata tra due dinodi successivi e k è una costante determinata dalla struttura e dal materiale del dinodo e ha un valore compreso tra 0.7 e 0.8. Da questa relazione il guadagno risulta G=ρ δ1 δ 2 ... δ N [4.4a] dove ρ è una costante e N corrisponde al numero di dinodi. Si considera ora il caso specifico relativo ai due PMT in uso, in cui la distribuzione delle tensioni all'interno del PMT è rappresentata in Figura 4.4 . 39 Figura 4.4 Distribuzione dei valori di tensione all'interno dei PMT in uso L'espressione per calcolare il guadagno quindi diventa G=ρ(a4 k E k )(aE k )(a 1,4 k E k )...(aE k )=ρ(5.6)k a N ( KN V ) = AV KN N +4.4 [4.4b] dove A=ρ(5.6)k aN ( N +4.4) KN [4.5] Il segnale prodotto dal PMT è stato visualizzato sull'oscilloscopio per misurare l'area individuata dalla forma d'onda, che risulta proporzionale alla carica accumulata all'anodo: con la funzione di acquisizione dell'oscilloscopio sono state accumulate circa 2000 forme d'onda e ne è stata misurata l'area media; sapendo che la resistenza in ingresso all'oscilloscopio è di 50Ω è stata ricavata la carica relativa all'area media. Con i dati relativi alle acquisizioni con l'oscilloscopio è possibile ricavare il valore del guadagno come verrà esposto di seguito. Il segnale analizzato in uscita dal PMT fornisce un'indicazione della carica prodotta all'anodo attraverso la relazione Q= Area R dove R = 50 ohm. 40 [4.6] I valori ottenuti della carica prodotta dall'anodo sono riportati in AppendiceA. La carica totale prodotta dipende dal guadagno globale del PMT e dalla carica iniziale prodotta dal fotocatodo secondo la relazione Q PMT =G N pe e [4.7] sostituendo l'espressione per il guadagno ricavata in precedenza si ottiene Q PMT =N pe AV KN e [4.8] Applicando la funzione logaritmo a entrambi i membri si può quindi ottenere una relazione lineare che esprime il segnale prodotto dal PMT in funzione della tensione di alimentazione del PMT log( Q PMT )=log( N pe A)+KNlog (V ) e [4.9] I dati acquisiti sono stati interpolati con questo fit (Figg. 4.5 e 4.6) ed è stato così possibile ricavare il valore della costante k, una volta noto il numero N di dinodi. 41 Figura 4.5 Carica prodotta all'anodo in funzione della tensione di alimentazione del PMT-1 Figura 4.6 Carica prodotta all'anodo in funzione della tensione di alimentazione del PMT-2 42 Riassumendo, i valori ottenuti per il PMT-1 sono: NpeA = - 42.2 ± 1.3 kN = 8.49 ± 0.17 Sapendo che i dinodi (N) sono 12 si ottiene k = 0.708 ± 0.014 I valori ottenuti per il PMT-2 sono: NpeA = -43.96 ± 1.21 kN = 8.58 ± 0.17 k = 0.715 ± 0.014 Per ricavare il valore di fotoelettroni prodotti dal fotocatodo si usa la relazione 1 σ = 1 {1+ 1 [1+ 1 +1.4 δ 2+...+ ]} μ δ 4δ (1.4 δ( N −1)) √( N pe) [4.10a] dove μ rappresenta il valor medio del segnale registrato. In prima approssimazione si considera trascurabile la dipendenza dal guadagno, ovvero da δ e si stima il numero di fotoelettroni: 〈σ μ 〉≈ 1 √ N pe [4.10b] Dalla relazione precedente si ricava il numero di fotoelettorni; noto questo valore, dal valore dell'intercetta del fit si può ricavare il valore di A; noto A, si può ottenere il valore del guadagno con la relazione G= A(V kN ) 43 [4.11] Questo valore si riferisce al guadagno calcolato supponendo l'indipendenza del numero di fotoelettroni prodotti dal fattore δ secondo la [4.10b] . Noto A, si può di conseguenza calcolare il valore di a : supponendo che ρ = 1 il valore ricercato si ottiene dalla relazione aN A=ρ(5.6) ( N +1)KN k [4.12] Si può quindi correggere il valore del guadagno con una procedura iterativa calcolando il valore delta con la relazione δ=a Vk (N +4.4)k [4.13] e quindi correggere il valore precedentemente stimato di N pe. Questo processo è stato ripetuto fino ad ottenere un valore di guadagno confrontabile con quello precedente ottenuto con la procedura iterativa. Con i valori di guadagno così ottenuti è possibile costruire la curva di guadagno per entrambi i PMT in funzione della tensione, come mostrato in Figura 4.7 44 Figura 4.7 Curva di guadagno relativa ai due PMT 45 4.2.2 Allineamento dei guadagni Si nota che il guadagno del PMT-1 è maggiore di quello del PMT-2: questi andamenti sono in accordo con i dati forniti dal datasheet di ciascun fotomoltiplicatore relativamente alla sensibilità luminosa catodica. L'allineamento dei due guadagni è quindi reso possibile grazie alla conoscenza delle due curve di guadagno ricavate per i singoli PMT. Note entrambe le curve di guadagno, infatti, è possibile allineare i due guadagni, ovvero ricavare le relative tensioni di alimentazione del PMT-1 e PMT-2 per ottenere un unico guadagno globale a cui si desidera impostare il sistema. 4.2.3 Misura della corrente di buio: procedimento, analisi e risultati La misura del segnale di corrente in uscita dal PMT in condizioni di assenza di una sorgente luminosa ha permesso di conoscere la corrente di buio e di confrontarne il valore, espresso in termini di carica anodica, con il corrispondente valore ottenuto nelle analisi precedenti in presenza della sorgente luminosa. Ciascun PMT è stato alimentato a una tensione pari a HV = 1500 V, per poter confrontare l'ammontare della corrente di buio con il relativo dato presente nel datasheet del PMT e la misura è stata fatta sia con il fototubo chiuso che aperto. I valori forniti dal datasheet riguardo alla corrente anodica ammontano rispettivamente a i1 = 5.80 nA per il primo PMT, i2 = 1.40 nA per il secondo. 46 In Tabella 4.1 si riportano i valori medi della corrente di buio ottenuti con dieci misure per ciascuna configurazione e i rispettivi errori, calcolati come la deviazione standard della media. Dark current PMT-1 [nA] Dark Current PMT-1 [nA] PMT chiuso PMT aperto PMT chiuso PMT aperto 3,86 ± 0,07 5,26 ± 0,10 1,02 ± 0,01 1,11 ± 0,07 Tabella 4.1 Corrente di buio media a HV = 1500 V Considerando un tempo di raccolta della carica di circa 50 ns, si può stimare l'ordine di grandezza della carica raccolta all'anodo relativa alla corrente di buio (Tabella 4.2). Qd.c. PMT-1 [C] Qd.c. PMT-2 [C] PMT chiuso PMT aperto PMT chiuso PMT aperto 10-16 10-16 10-17 - 10-18 10-17 - 10-18 Tabella 4.2 Carica relativa alla corrente di buio a HV = 1500 V Un rapido confronto può essere fatto con i valori stimati per la carica raccolta all'anodo durante le acquisizioni in cui il LED era acceso: i due contributi differiscono di 5-6 ordini di grandezza, rendendo trascurabile quello dovuto alla corrente di buio. 47 4.2.4 Misura del Transit Time Spread Per entrambi i PMT è stato valutato il Transit Time Spread (TTS), misurando le fluttuazioni relative al Transit Time (TT). Questa misurazione richiede l’utilizzo del modulo di elettronica TAC (Timeto-Amplitude-Converter) che converte la differenza temporale data dal TT in un impulso di altezza proporzionale. Il TAC, come mostrato in Figura 4.8 presenta due ingressi per individuare l'intervallo di tempo di cui misurare le fluttuazioni: lo START si riferisce all'invio del segnale luminoso ed è quindi collegato al segnale di trigger generato dall'impulsatore; lo STOP registra l'arrivo del segnale in uscita dal PMT. In questo modo il TAC genera un segnale di altezza proporzionale all'intervallo di tempo connesso tra START e STOP, dato dal tempo di transito dell'elettrone all'interno del PMT. Figura 4.8 Schema di collegamento per la misura del TTS Il segnale così prodotto viene inviato al MultiChannel Analyzer che ne registra la relativa ampiezza. Grazie al programma di acquisizione ADMCA è possibile costruire lo spettro di ampiezze dell'impulso, che presenta un andamento 48 Gaussiano: il TTS viene calcolato come Full Width at Half Maximum (FWHM) a partire dalla deviazione standard della distribuzione di probabilità, sapendo che per una curva Gaussiana vale la relazione FHWM = 2.3548 [4.14] Prima di effettuare le acquisizioni è stata fatta la calibrazione per individuare la conversione del segnale creato dal TAC [ns] con il valore espresso in “numero di canali” ottenuto con MCA (Figura 4.9). Figura 4.9 Calibrazione per la misura del TTS Sono stati quindi acquisiti gli spettri per diverse tensioni di alimentazione di ciascun PMT (Figure 4.10 e 4.11) e con un segnale luminoso caratterizzato dalla tensione fornita al LED pari a V LED = 2.2 V e dalla durata temporale dell'impulso pari a w = 8 ns. 49 Figura 4.10 Spettri di altezza dell'impulso del segnale prodotto dal TAC per il PMT-1 Figura 4.11 Spettri di altezza dell'impulso del segnale prodotto dal TAC per il PMT-2 50 I valori ottenuti vengono mostrati in funzione della tensione del PMT nel Figura 4.12. Figura 4.12 TTS in funzione della tensione del PMT Dall'analisi del TTS per i due fotomoltiplicatori si osserva che i valori ottenuti per il PMT-2 presentano un andamento decrescente all'aumentare della tensione di alimentazione del PMT. Tra i valori relativi al PMT-1, invece, il dato relativo alla tensione di HV = 1700 V si discosta da questo andamento: si può ipotizzare che questo comportamento sia dovuto ad una distorsione dello spettro prodotto dal MCA, dovuta alla presenza di segnali troppo grandi rispetto alle caratteristiche di lavoro del CFD. Il contributo del TTS deve poi essere tenuto in considerazione quando si utilizzano entrambi i PMT in coincidenza poiché la finestra di coincidenza temporale deve essere minima possibile. 51 Conclusioni Lo scopo di questo lavoro di tesi consiste nel caratterizzare due fotomoltiplicatori per spettroscopia beta, in particolare per allineare i due guadagni e conoscere alcune caratteristiche temporali utili alla costruzione della coincidenza temporale tra i due, necessaria per uno spettrometro beta. L'allineamento dei due guadagni ha richiesto lo studio di ciascun guadagno dei due fotomoltiplicatori, al fine di trovare una condizione di lavoro per i due fototubi tale che il guadagno fosse il medesimo. Dalle curve ottenute è possibile ricavare i valori di tensione a cui alimentare i due fotomoltiplicatori per ottenere uno stesso guadagno. E’ importante notare che nel calcolo del guadagno si è posto il coefficiente di raccolta al primo dinodo dei fotoelettroni emessi dal catodo pari ad 1. I valori di guadagno così ottenuti sono quindi relativi a questo fattore e non possono considerarsi assoluti. Allo scopo dell'allineamento del guadagno, è comunque possibile lavorare con le curve ottenute. Inoltre, sono state analizzate ulteriori caratteristiche dei fotomoltiplicatori quali la corrente di buio e il Transit Time Spread. Riguardo alla prima si è stimato un valore di carica corrispondente alla corrente di buio dell'ordine di 10-16 C per il primo fotomoltiplicatore analizzato (PMT-1) e di 10-17 -10-18 C per il secondo (PMT-2). 52 Considerati i valori di carica misurati con entrambi i fotomoltiplicatori in presenza della sorgente luminosa, rispettivamente dell'ordine di 10 -10 C, si può considerare trascurabile il contributo dato dalla corrente di buio. È doveroso osservare che nel caso in cui si utilizzino sorgenti luminose di diversa entità incidenti sui fotomoltiplicatori, la cui carica prodotta risulti comparabile al contributo dato dalla corrente di buio, sarà necessario considerare quest'ultimo termine nell'analisi del segnale prodotto dal fototubo. L'analisi del Transit Time Spread ha permesso di trovare la fluttuazione del tempo di transito degli elettroni all'interno del fotomoltiplicatore. I valori ottenuti sono in accordo con quelli forniti dal datasheet del fotomoltiplicatore. 53 Appendice A – Dati HV PMT1 [V] 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 Q [pC] 2.51 4.79 9.55 18.17 37.7 69.7 120.7 205.6 336.0 568.8 ± [pC] 0.01 0.01 0.03 0.05 0.1 0.2 0.4 0.6 1 2 Allegato 1 Valori di carica raccolti all'anodo per ciascuna tensione del PMT-1 HV PMT2 [V] 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000 2100 Q [pC] 0.473 1.121 2.552 5.32 10.20 19.68 35.3 59.7 99.8 159.3 252.4 377 ± [pC] 0.003 0.004 0.01 0.02 0.03 0.07 0.1 0.2 0.3 0.5 0.9 1 Allegato 2 Valori di carica raccolti all'anodo per ciascuna tensione del PMT-2 54 Appendice B – Datasheet PMT 55 56 PMT-1 57 PMT-2 58 Bibliografia e Sitografia 1. AA.VV., Liquid Scintillation Counting, University of Wisconsin – Milwaukee Environmental Health, Safety and Risk Management Radiation Safety Program; 2. 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