solemi02: speciale_3d-b_domenica-25 <sole

annuncio pubblicitario
n. 33
Il Sole 24 Ore
DOMENICA - 3 FEBBRAIO 2013
43
Bob Wilson spiega &laquo;Amleto&raquo; al Franco Parenti
Per il ciclo &laquo;Progetto Amleto&raquo; lezioni/testimonianze dalla
scena internazionale, domani alle 20.30 al Teatro Franco Parenti
Bob Wilson (foto) sveler&agrave; al pubblico immagini, segreti e prospettive
del suo incontro con il classico shakespeariano.
Biglietti intero € 10, ridotto € 7 www.teatrofrancoparenti.com
Memorabilia
Schede a cura di Gian Mario Maletto e Carla Moreni
i dischi del sole/le novit&aacute;
magico trio, magico- carta de amor
asuka kakitani, bloom
pasquale innarella, uominidi terra
bach, partite nn.2 e 6, toccata
2 cd; Ecm
1 cd; 19/8 records
1 cd; Terre Sommerse
Per un concerto l’Ecm aveva richiamato nel
1981 il Magico Trio gi&agrave; apparso in due suoi
dischi: il poetico sassofonista norvegese Jan
Garbarek, l’energico chitarrista e pianista
brasiliano Egberto Gismonti e, regista al
contrabbasso, lo statunitense Charlie
Haden. Origini e linee stilistiche diverse, ma
tre veri maestri del jazz, che dal vivo, ossia
pi&ugrave; liberi, ripetevano il miracolo. E
finalmente dopo tanti anni eccolo nel
doppio compact Magico - Carta de amor
(Ecm 2280/81). Non lo si perda.
Nome tutto nuovo, ma per il futuro non pare
azzardato scommettere su Asuka Kakitani,
giovane compositrice giapponese che dal
2006 vive a New York. Ha gi&agrave; vinto un
premio, ma solo ora il suo talento arriva su un
disco, Bloom, test&eacute; pubblicato dall’etichetta
19/8 (www.nineteeneight.com). Ispirandosi,
dice, alla pittura di Rothko come a scene di
natura, Asuka gioca abilmente con le sezioni
della sua folta big band, con i timbri, crea
mutevoli contorni, imprime ritmo. E bravi
anche i suoi solisti.
Un artista che il jazzofilo italiano, spesso
distratto, dovrebbe seguire con attenzione &egrave;
l'irpino Pasquale Innarella (Lacedonia,
1959): grazie a impegno e fantasia, vanta
una ricca carriera in pi&ugrave; campi musicali.
Nel suo nuovo disco &laquo;Uomini di terra&raquo;
(distribuzione www.terresommerse.it),
pregevole suite dedicata al sindacalista Di
Vittorio, Innarella &egrave; l'autore e il solista
principe: i tre sax su cui si alterna
scolpiscono immagini di forte presa. Nel
quartetto, valido il vibrafonista Lo Cascio
BWV911; David Fray, pianoforte;
1 cd Virgin
Drammatico, sofisticato, attento alle matrici
organistiche nell’intreccio delle voci, con la
polifonia sempre curata: cos&igrave; &egrave; Bach
secondo David Fray. Classe 1981, &egrave; francese
nel tocco delicato e nel suono chiaro.
Sfoggia per&ograve; tecnica tedesca nella
costruzione delle due marmoree Partite:
Capriccio sbarazzino, ancor pi&ugrave; nelle
riprese, Gavotta galante, in polpe e, a
sorpresa, Giga finale scolpita lenta,
perch&eacute; come Fuga affiori.
G.M.M.
G.M.M.
G.M.M.
C.M.
chopin, sonata n.2, ballata n.4,
concerto n.2
mozart, concerti k 466 e k467; jan
Khatia Buniatishvili, pianoforte, Orchestre
de Paris, direttore Paavo J&auml;rvi; 1 cd Sony
Tecnica prodigiosa, Kathia Bunatishvili.
Ineccepibile nei disegni grandi e minuti,
graffiante nello sbalzo ritmico, funambolica
nelle velocit&agrave;. Il momento pi&ugrave; sorprendente
&egrave; nella Sonata, con la Marcia funebre non
tetra, alleggerita da preziosismi armonici,
rapsodica nel Finale travolgente.
Georgiana, 1987, a tre anni aveva i tasti del
pianoforte sotto le dita, nella scuola di
Tbilisi. Debutta alla Scala col Rach2 in marzo.
Lisiecki, pianoforte, Bayerische Rundfunk,
direttore Christian Zacharias; 1 cd DG
Il pi&ugrave; giovane, cos&igrave; in alto: questo disco di
debutto in Deutsche Grammophon
registrato a sedici anni. Nato nel 1995, in
Canada, da genitori polacchi, ha gi&agrave; suonato
oltre cento volte con orchestra. In Italia
ritorner&agrave; in maggio, per il Festival di Brescia
e Bergamo. Qui regala due Mozart perfetti.
Le sue entrate dicono quello che la
direzione pomposa di Zacharias non osa:
passo sempre sul levare, colore luminoso,
allegria nei trilli malandrina.
C.M.
C.M.
ritmi nel tempo
capossela in cattedra a leeds
L’impresa dei mille
Canta Vinicio,
&laquo;senti&raquo; i classici
OLYCOM
Da Debussy a Zorn, passando per Ellington
e Sinatra, il critico e chitarrista Enrico Merlin
ricostruisce i titoli che non possono mancare
in una discoteca. Parziale ma godibile e dotto
&laquo;S
di Gian Mario Maletto
I
nsomma, secolo breve o secolo lungo questo Novecento fatto di emozioni gioiose e di orrori? Certo lunghissima e costante, per fortuna, la
sua atmosfera di musica, mai tanto
densa, che ha avvolto il globo, che ci
ha portato fin dentro casa i grandi suoni del
passato e forme d’arte assolutamente &quot;nuove&quot;, affidate a neonate muse. Ma non &egrave; stato merito dei soli artisti: si pensi alla parte
avuta da Thomas Edison, inventore (anche) del fonografo, e da quei suoi rivali che
ebbero l’intuizione del disco.
Gi&agrave;, il disco, un ospite ormai presente in
ogni famiglia. Non c’&egrave; chi non si sia fatto la
propria collezione, minuscola o immensa.
Ma &egrave; possibile ipotizzarne una capace –
quasi come la mappa di Borges a scala 1:1 –
Rock, blues, soul, pop, ma
soprattutto jazz, corredato
di dati, notizie, motivazioni,
rimandi, aforismi, indirizzi
sul web e abbondanti cronologie
di tracciare l’intero percorso della musica,
di tutte le musiche, incise nel corso del secolo? Ebbene, una voluminosa lista &egrave; stata test&eacute; creata da Enrico Merlin, un trentino che
si divide tra i nobili mestieri di critico e di
chitarrista, in entrambi i casi sul prevalente
versante del jazz.
Coautore nel 2009 (con Veniero Rizzardi) di Bitches brew, ottima analisi sull’omonimo capolavoro di Miles Davis, ora Merlin
mira a un bersaglio totale: i mille titoli, di
qualsiasi genere, a parer suo meritevoli di
figurare nell’Olimpo. Vi ha dedicato anni
di studio, cercando anche vecchie rarit&agrave;,
tra esaltazioni e ripensamenti, ed &egrave; chiaro
che accuse di arbitrariet&agrave; nelle scelte non
gli mancheranno. Ma il nuovo, singolare
volume ha il suo valore nella complessiva,
straordinaria ricchezza di dati, notizie, motivazioni, rimandi, aforismi, indirizzi sul
web e abbondanti cronologie. In quanto al
criterio che ha usato a mo’ di setaccio,
nell’introduzione l’autore ci spiega essere
stata la capacit&agrave; di &quot;innovare&quot; mostrata dagli artisti. C’&egrave; anche un elenco di 34 maestri distintisi in ci&ograve;: parte con Debussy,
Sch&ouml;nberg, Webern, Bart&oacute;k, Stravinskij
poi subito vi inserisce Ellington, Sinatra,
Monk e Cage, via via fino a Zorn.
Ed &egrave; sempre il concetto d’innovazione a
farlo partire con la Tosca, intanto perch&eacute; la
prima rappresentazione fu (a Roma) nel
gennaio 1900, ma anche perch&eacute; Merlin vede Puccini segnare con quell’opera una
&quot;svolta&quot; (la versione prescelta &egrave; del ’90, con
Freni e Domingo, direttore Sinopoli). Poi in
quello stesso primo decennio apparvero altre gemme: di Rachmaninov (l’eterno Secondo concerto), Debussy, Mahler, Ives,
Sch&ouml;nberg e anche di Enrico Caruso. Naturalmente il jazz non &egrave; ancora in scena: vi
entrer&agrave;, e non alla grande, soltanto nel
1917. Comunque in quell’et&agrave; arcaica l’autore ha pur trovato della progenitrice musica
nera, da Joplin e il suo ragtime (ma ricostruito negli anni Settanta) agli spirituals del
Fisk University Jubilee Quartet (anno
1909). Questo che si &egrave; detto per l’avvio dovrebbe esser sufficiente per capire come
Merlin giochi con se stesso, con la propria
cultura, con gli autori che ammira. Gioca
talmente da dedicare s&igrave; una pagina intera
al celeberrimo 4’33&quot; di John Cage, ma (si sa
che cosa NON si ascolti in quel brano del
1952) &egrave; una pagina lasciata totalmente bianca &laquo;nel rispetto dell’idea del compositore&raquo;.
Altrettanto chiaro &egrave; che Mille dischi finisce per creare, nel suo corpo, intere storie
che squadra! | Da sinistra, Paul Newman e Duke Ellington sul set di &laquo;Paris Blues&raquo; nel 1961
(in nuce, ma archeologicamente scavate e
ricostruite sul terreno) di quei generi che
hanno preso consistenza nel Ventesimo secolo: il rock, il blues, il soul, il pop, la musica sperimentale.
Ma soprattutto il jazz: nell’aureo migliaio, sono oltre 250 (anzi, sui 300 con
quelli d’area jazz-rock e fusion) i titoli dati a quest’arte tutta del Novecento, e l’unica, forse, che senza il disco nemmeno esisterebbe.
Di un jazzman, Uri Caine, &egrave; anche l’ultima iscrizione, ma meglio non si sarebbe
potuto trovare per riassumere l’universo
esplorato: sono infatti le Goldberg Varia-
tions di Bach, rese per&ograve; nell’estrosa manipolazione del pianista e compositore americano che le ha in parte affidate ad artisti
di diverso stampo. Tanto quelle &quot;vere&quot;,
grazie a Glenn Gould, nel libro gi&agrave; ci sono.
E una cosa &egrave; certa: bench&eacute; la tecnologia,
sempre cos&igrave; influente sul modo stesso di
far musica, stia ora addirittura cercando,
tramite internet, nuovi veicoli per sostituirlo, il disco vive, eccome.
&copy; RIPRODUZIONE RISERVATA
Enrico Merlin, Mille dischi per un secolo,
1900-2000, Il Saggiatore, Milano,
pagg. 922, € 39,00
ono attratto dalla meraviglia, anzi dalla maraviglia,
come diceva il poeta: questo &egrave; il filo che percorre il
mio lavoro&raquo;. Storie, miti, mostri marini,
personaggieroici, grandipeccatori,animali, barche, profeti e, ovviamente, grandi
scrittori: purch&eacute; abbiano un elemento che
meravigli, che colga e faccia cogliere l’inusitato nelle loro vicende e lo ri-racconti al
pubblico,che ascoltioche leggacambiapoco. Vinicio Capossela spiega il rapporto tra
letteratura, immaginario e musica che attraversa il suo lavoro a una platea di studenti universitari, di docenti e di semplici
appassionati della sua arte. Parla nella
Howard Assembly Room – sala da concerto a met&agrave; strada tra la cattedrale e il museo
– della Opera North di Leeds. &Egrave; venuto fin
qua su invitato dalla direttrice del dipartimento di italianistica dell’Universit&agrave;, Gigliola Sulis, nell’ambito di un programma
che si chiama &laquo;LivItaly&raquo;, che porta nello
Yokshire personalit&agrave; della cultura contemporanea italiana. Finora quasi
tuttiscrittori: daCarlotto– che proprio qui a Leeds ha ambientato un
suo romanzo e che torner&agrave; in aprile – a Fois, da De Cataldo a Faletti (tutti all’interno
di un progetto sul giallo italiano).
Ma Capossela non &egrave; un’eccezione. Al
contrario: scrittore in prima persona, in
pi&ugrave; ha dalla sua le sue canzoni. E la lezione
su come esse siano impregnate di cultura
epica, magica e letteraria, &egrave; il primo passo
di un progetto che partir&agrave; a breve e che, diretto da Sulis, coinvolger&agrave; diversi docenti
universitari sparsi per l’Europa. L’idea &egrave;
quella di &quot;prendere sul serio&quot; Capossela,
dedicando studi precisi e approfonditi ai
suoi riferimenti letterari, alle rese testuali
nellecanzoni, alsuo percorso unico nelpanorama della musica contemporanea italiana. Capossela fa filtrare nei suoi testi
un’ampia serie di riferimenti, soprattutto
nel lavoro Marinai, Profeti e Balene, che segna il punto pi&ugrave; alto di maturit&agrave; nella sua
carriera artistica. Facile citare Melville e
Conrad, o l’Odissea e Dante, meno scoperta &egrave; la mediazione che arriva, in criptocitazionie assonanzeripresequa e l&agrave;,del grande codice biblico, rivisto da Ceronetti, dellalingua di Melville &quot;sporcata&quot; da Pavese, e
poi Kavafis, C&eacute;line, Borges, Coleridge,
the stone roses, the stone roses,
1 cd; 1971, Warner Bros Records
1 cd, 1989, Silvertone
Non ci sono molti nella storia della musica
che abbiano cantato con il cuore e il petto di
Van Morrison. Oggi &egrave; un anziano signore,
ma &egrave; ancora &egrave; in grado di trovare il punto
giusto di ogni battuta dove mettere le
parole. Questo disco del 1971 non &egrave; Astral
Weeks, non &egrave; Moondance, ma ha la grazia
dei capolavori minori: &egrave; pieno di canzoni
stupende, e quel clima amorevole e bucolico
della copertina pulsa in ogni brano. I dischi
del ricciolino di Belfast di questa fase sono
tutti stupendi, ma questo &egrave; un diesel che vi
portate dietro per decenni.
Il problema fondamentale dei ragazzi &egrave;
sempre stata la scarsa capacit&agrave; di suonare per
bene dal vivo le canzoni stupende di questo
loro primo disco del 1989. Ian Brown &egrave; sempre
stato sinceramente stonato, ma in studio
l'intonazione svogliata diventa intima e
sbruffona insieme. Poi sarebbe arrivato Liam
Gallagher, e una versione spalancata di questo
stile avrebbe spaccato le classifiche. Il disco &egrave;
una perla di bellezza. Da prendere in ristampa:
contiene Fools Gold, la canzone fondamentale
per legare il brit pop e la cultura dei club che
allora (1989) stava esplodendo.
marinaio
Vinicio
Capossela
distese, le narrazioni-cardine della nostra
cultura. Il difficile, e il bello, &egrave; che Capossela non semplifica o banalizza; anzi, sfida
l’ascoltatore a non accontentarsi della superficie. Alla fine della lezione, Vinicio
smette i panni del professore e ritorna in
quelli del &quot;cantante&quot;. Un concerto di
un’ora e mezza, accompagnato dal theremin e dagli effetti di Vincenzo Vasi. Ma di
questo &egrave; facile parlare, e non c’&egrave; bisogno di
essere accademici per capire che si tratta
sempre di uno spettacolo che convince,
emoziona, diverte e fa pensare. Basta farsi
conquistare, ancora una volta.
Stefano Salis
&copy; RIPRODUZIONE RISERVATA
Schede a cura di Matteo Bordone
i dischi del sole/amarcord
van morrison, tupelo honey
Poe, maanchequellosplendidotesto-catalogo raffinatissimo che &egrave; Il mare di Michelet. &laquo;In qualche caso mi limito a far suonare lecanzoni che sono gi&agrave; l&igrave;, giacciono mutenei libri&raquo;, spiegaCapossela.In altrila perizia linguistica e letteraria &egrave; ampia, pi&ugrave;
che in molti prosatori contemporanei. Le
meditazioni sul destino, sull’errore (&laquo;una
delle pi&ugrave; sincere manifestazioni della nostra identit&agrave;&raquo;), le metafore che i testi sono
delle nostre esistenze, la materia epica e
miticatipica dei classici letterai,&egrave; cos&igrave; avvicinata, nelle sue canzoni, a un pubblico
che,probabilmente,non vi siaffezionerebbe solo leggendoli o non li conoscerebbe
deltutto. La grande capacit&agrave; di&quot;persuasione occulta&quot; di Capossela &egrave; questa: nelle sue
brevi storie si riflettono altre pi&ugrave; lunghe e
king crimson, in the court of the
crimson king
air, moon safari
luciodalla, come &egrave; profondo il mare
stevie wonder, talking book
1 cd, 1998, Source
1 cd, 1977, RCA Italiana
1 cd, 1972, Motown
1 cd, 1969, E.G. / Island Records
Quando usc&igrave; questo disco, il &quot;tocco
francese&quot; era all'inizio. Questi due tizi
pubblicarono una raccolta di canzoni che
avevano un suono e un'atmosfera uniche e
riconoscibili insieme. Parlavano di un
mondo di sogno, satellitare, stralunato,
perso in un’ebbrezza stilosa, d’altri tempi.
Per anni le pubblicit&agrave; dei profumi e delle
automobili usarono le canzoni di questo
album, o in versione originale o in versione
clonata. Sentito oggi pu&ograve; solo stufare se
l’avete consumato allora. Ma se non l’avete
in casa, be’, c’&egrave; di che invidiarvi.
Nonsi ripete mai abbastanza ilfatto che nessuno
come Lucio Dalla tra lafine dei Settanta e iprimi
Ottanta abbia fatto musica stupenda in Italia.
Come&egrave;profondoilmare&egrave;ilprimo disco incui &egrave;
autore anche dei testi, e basta ilbrano omonimo
che apre l’album per fare impallidire molti degli
autori che impazzavano inquegli anni. Non ha
senso, se lo sicerca in vinile, pagarlo caro: sono
dischi che hanno venduto bene in anni disoli
dischi e cassette, un po’ dipazienza esi trova a
poco. Disperatoeroticostompresta un esempio
unico digioco sconcio e intelligente sull’amore,
refrattario al ciarpame goliardico.
Nel1972 Stevie Wonder era unadivinit&agrave;
ventiduenne, registrava dischi gi&agrave;danove anni
(s&igrave;s&igrave;,non misono sbagliato), epoteva permettersi
disuonare unalbum per conto proprio e
chiamare unaserie diospiti adare unamano.
Nonostante questo, TalkingBookrappresenta il
momento, nella carriera diunragazzino prodigio
diventato genio mozartiano, incuilemostruose
dotimusicali hanno messo unamarcia lunga,
morbida, pi&ugrave;concreta che fiammeggiante. Daqui
finoaHotterthanJulydel 1980, non sbagliate.
Masenon avete unalbum diWonder, ose ne
avete maquesto vimanca, viprego diprovvedere.
Per un lungo periodo il prog (la musica
progressiva fiorita negli anni Settanta) &egrave; stato
escluso dai programmi ministeriali della
musica pop, da qualche tempo l’approccio
megalomane del periodo sta tornando di moda.
Questo disco per&ograve; trascende qualsiasi genere,
epoca, moda o tendenza: &egrave; un capolavoro
sommo di potenza titanica, delirio e dolcezza.
La copertina merita che lo compriate in vinile,
anche solo per appenderlo in casa e farvi
guardare dal faccione angosciato pi&ugrave; celebre
della storia della musica.
Scarica