“Ti auguro di ottenere ciò che aneli, più di ciò di cui hai bisogno” In questa frase, scritta da una ragazzina cubana, si condensa il senso di questo viaggio, nato con l’intenzione di creare una scuola di musica in un piccolo paesino cubano. La musica non è un bene indispensabile come il cibo, la casa, i medicinali e l’istruzione, ma ha ali possenti per far volare l’anima delle persone sopra questi bisogni: lenisce il dolore, placa la solitudine, unisce la gente e getta ponti tra mondi distanti. Ecco perché, ad un certo punto, sono volato fino a Cuba. Questo è il diario che ho scritto mentre mi trovavo là, ad insegnare a suonare e ad imparare cose molto più importanti della musica, su me stesso e sulla vita. Lorenzo Frizzera | Diario di Cuba. La musica, aspettando la neve Lorenzo Frizzera Diario di Cuba la musica, aspettando la neve. In copertina: neve. Progetto grafico e fotografia: Lorenzo Viesi Lorenzo Frizzera DIARIO DI CUBA La musica, aspettando la neve. El Señor bendiga desde arriba lo que caiga en la barriga! Rovereto, 2 maggio 2013 Questo è il diario che ho tenuto nel mese di aprile 2013 durante un mio viaggio a Cuba. Ho omesso delle parti, che rimarranno solo mie, ma in queste pagine troverai comunque molto di me, forse troppo. Infatti, mentre lo scrivevo, mi chiedevo se poi avrei davvero voluto e potuto condividerlo; alla fine ho deciso che andava bene così. Io sono proprio come mi leggerai. In fondo ne sono felice: chi mi conosce da vicino mi percepisce spesso come una persona organizzata, efficiente e concentrata soprattutto sui risultati concreti, un tipo che ama grafici, diagrammi e numeri (adoro la matematica). Bé, questo è vero solo a metà. In queste pagine troverai di me più di quanto traspare dalla mia vita quotidiana, un lato più intimo, direi più vero, che è all'origine della mia musica, di questo viaggio e di altri che ho fatto e che farò. Se hai già visitato Cuba come turista scoprirai un punto di vista molto diverso rispetto a ciò che hai vissuto. Inoltre se, come una persona che ho conosciuto, sei stato imprigionato e torturato per cinque anni nelle carceri cilene sotto la dittatura fascista di Pinochet, talvolta troverai opinioni che non condividerai, perché a me non piacciono neppure le dittature di sinistra. È solo il mio punto di vista, quello di un musicista italiano che è stato per un mese a cercare di decifrare un mondo tanto contraddittorio quanto stupefacente. Non sono politicamente colto e porta pazienza se troverai delle inesattezze: ho solo riportato quanto mi hanno raccontato gli stessi cubani. Sappi comunque che tutto ciò che leggerai (tranne naturalmente il 17 aprile!) è quello che ho realmente ascoltato e vissuto. Un tempo indimenticabile. Lorenzo Lunedì 1 aprile Ecco, sono partito. Il treno corre in un paesaggio che conosco bene, poi, un po' alla volta, comincerà a mostrarmi luoghi dove il mio sguardo non riuscirà a ritrovare nessun ricordo e allora sarò veramente libero, libero di guardare lontano. Ho lasciato il mio zaino sulla panchina della stazione. L'ho lasciato lì, pieno zeppo di cose che in questo viaggio non mi serviranno. L'ho osservato da dietro il finestrino mentre il treno partiva lentamente, senza provare nulla in particolare. Nessuno se n'è accorto. Dentro c'era il marzo più piovoso e freddo della mia vita, così almeno dicono i telegiornali; c'era un tempo diviso a metà tra il prima e il dopo, c'erano molte domande senza risposta, un sogno e molta solitudine. Non ti spiegherò il perché, ma sono sicuro che anche tu hai sofferto e sai di cosa parlo. Bé, me ne sono liberato, è spuntato un sole senza nuvole e ora mi godo il viaggio. Scrivo proprio a te. Forse ti conosco bene, magari sei mio fratello, un mio amico, oppure una persona che non ho mai visto. Comunque sia, ciao. Non sono uno scrittore e quindi prendi questo diario come una lunga lettera: tutti scrivono lettere a qualcuno, dunque anch'io posso permettermi di scarabocchiare qualcosa in libertà. Mi viene più facile. Forse penserai che io scriva solo per narcisismo e può davvero essere così. Si sa, molti credono di vivere e provare emozioni che non possono assolutamente essere taciute al resto dell'umanità e può darsi che anch'io abbia ceduto alla tentazione, finendo nel novero degli scrittori inutili e giustamente incompresi. Ma forse sono sinceramente spinto 7 dal desiderio di condividere questo viaggio con te e con chi mi ha permesso di farlo: forse sei anche tu una di quelle cento persone che mi hanno donato qualche euro per pagare il biglietto aereo e per permettermi di fare questa esperienza in nome della musica. Se è così ti farà piacere sapere cosa ne è stato. Ho deciso che dedicherò un po' di tempo ogni giorno per scrivere questo diario. Quella parte di giorno in più che si vive volando È stato un viaggio molto lungo: undici ore a rincorrere il tramonto per mezzo mondo. Ricordo le cime delle Alpi affiorare come un arcipelago tra un mare sconfinato di nuvole, uno spettacolo meraviglioso che si può godere solo volando. Purtroppo il mio rapporto già pessimo con l'aviazione si è irrimediabilmente deteriorato in seguito all'esperienza che ho vissuto mentre tornavo dal Burundi, sopra il Sudan. Dopo un lampo blu nel motore di sinistra, il mio aereo è sceso all'impazzata per cinquanta secondi di puro terrore. Mentre incrociavo gli sguardi atterriti delle hostess e sentivo le grida e le ultime preghiere di alcuni viaggiatori, ho pensato che sarei morto di lì a poco. Fortunatamente, dopo un po', l'aereo si è ripreso, comandante e equipaggio hanno fatto finta di niente, e abbiamo tirato dritto con un motore in meno e le cinture allacciate fino a Bruxelles. Onestamente mi stupisco di come io sia ancora in grado di prendere degli aerei e di godermi cose come gli arcipelaghi alpini. Comunque sia, questo volo per Cuba è stato ottimo. All'aeroporto sono stato accolto da suor Anna, una mia vecchia amica, e da Victor, un ragazzo che suona la chitarra. La notte ho dormito con lui in una stanzetta mentre il ventilatore, al massimo della sua potenza, ronzava sopra le nostre teste. 8 Martedì 2 aprile Al mattino abbiamo fatto un giro in centro a l'Avana. Nell'autobus affollato un vecchietto che sembrava dipinto ha iniziato di punto in bianco a cantare una rumba, mettendo se stesso e tutti gli altri di buon umore. La città era proprio come te la immagini: le auto anni cinquanta, i palazzi coloniali decadenti, i risciò sempre sull'orlo di un incidente, qualche side-car e soprattutto il caldo, il sole e un grande corso lungo il mare chiamato Malecon. Traffico a L'Avana Abbiamo bighellonato un po' nel quartiere turistico, dove tutto è così cubano da sembrare un set di Hollywood, per poi lanciarci nella difficoltosa ricerca di un cerchione per la bicicletta di Victor, attraversando strade, incroci e vicoli e chiacchierando con svariati personaggi: dal venditore ambulante alla vecchia pazza che elemosina banane, dal sobillatore controrivoluzionario al trafficante di pezzi di bicicletta rubati e arrugginiti. In tutto questo suor Anna ha continuato a mangiare banane di ogni tipo e a bere la Tucola, la Coca Cola cubana che è anche migliore dell'originale. 9 Arrivati a casa ho insegnato a Victor le scale pentatoniche, perché tutto il mondo è paese, e un po' di esercizi ritmici. Poi mi sono seduto in terrazza a godermi il tramonto sotto una palma: proprio come nei film, solo che davanti c'era una vecchia fabbrica. Rovereto è già molto lontana, sto bene e cammino a piedi scalzi. Mercoledì 3 aprile La mattina sono stato all'Hotel Nacional de Cuba, uno dei pochissimi posti a l'Avana dove è possibile navigare su internet al prezzo di sette dollari all'ora, quasi l'equivalente di un intero mese di stipendio per chi vive da queste parti. In ogni caso internet è proibito per i cubani, mentre i turisti possono navigare presentando il passaporto. Solo per alcuni enti, tra cui quelli religiosi, è possibile usare la sola posta elettronica, che comunque viene sempre letta, controllata e archiviata nei server del governo. Poiché navigare non è permesso, qui non sanno di preciso cosa significhino parole come Facebook, YouTube e Google; inoltre chi possiede una parabola per la televisione satellitare viene condannato ad una decina di anni di carcere. Nei telegiornali e sul quotidiano principale, la Granma, le notizie presentano l'Europa e gli Stati Uniti come nazioni abitate da popoli tristi, incolti, guerrafondai e, soprattutto, con una sanità molto scadente. Sono gli ultimi fremiti di una retorica di regime, destinata a sprofondare sotto i colpi della modernità che qui si è presentata dapprima con il volto innocuo del turismo, si è oggi trasformata nella possibilità di aprire piccolissime imprese private e infine dilagherà con l'inevitabile arrivo di internet che già ora filtra nel paese attraverso hard disk, dvd e altri supporti. Il mio spagnolo sta migliorando molto velocemente. Mi viene facile imparare le lingue perché assomiglia in tutto alla 10 trascrizione di un assolo, cosa che ho fatto per molti anni, da quando ne avevo tredici. Mi imponevo di memorizzare lunghe sequenze di frasi musicali, concatenandole correttamente e riproducendo tutte le piccole inflessioni che caratterizzavano ogni nota. Nella mia testa tutto questo diventava un immensa nuvola di note che alla fine si trasformava in un linguaggio libero: l'improvvisazione. Con lo spagnolo rimarrò sempre un principiante, ma è un po' la stessa cosa. Ovviamente è fondamentale avere un insegnante paziente e sorridente: nel mio caso Victor! È un ragazzo di soli ventitré anni e non gli era mai capitato di stare all'Avana così a lungo, per più di poche ore. Per causa mia, ha navigato per la prima volta nella sua vita su internet e ha bevuto la sua prima cioccolata calda in tazza. Sua madre sta in Venezuela e il padre vive in un altra casa, mentre lui sta solo con il suo cagnolino: Joachim. Ogni giorno gli insegno chitarra per circa un'ora e, poiché qui a l'Avana viviamo assieme, controllo anche che faccia tutti gli esercizi che gli propongo. Lui si impegna con molta dedizione ricavandone buoni risultati. Se continuiamo così in un mese farà un grande balzo in avanti sullo strumento e ne sarei davvero fiero. All'Hotel National Victor è stato molto felice perché abbiamo potuto scrivere una mail alla sua fidanzata italiana: Giulia. Una storia d'amore un po' improbabile direi, visti questi ottomila chilometri che li separano, ma lui è molto innamorato. Capisco meglio anche me stesso e mi viene da ridere per tutti e due. Al pomeriggio, dopo aver preso una lezione di musica cubana dal musicista di un gruppo che suonava per i turisti, io e Victor abbiamo deciso di dedicarci seriamente a dare il voto a tutte le ragazze che passavano per strada: due veri professionisti dell'ozio. Dopo un po' abbiamo però scelto di trascurare quelle sotto il sette e mezzo perché discutevamo troppo, mentre le più belle ci mettevano sempre d'accordo e di buon umore. Un pomeriggio fantastico. 11 Abbiamo passato il resto della giornata per strada, il palcoscenico per attori incredibili, un posto dove sentivo la vita chiamarmi ovunque. Mille immagini mi colpivano, indescrivibili a parole. Ogni tanto una delle tante belle ragazze, alla ricerca di un turista danaroso, mi sfidava con lo sguardo ed io timidamente cedevo, distogliendolo. Altre mi osservavano più dolcemente, probabilmente incuriosite dai miei capelli lunghi e totalmente spettinati, cosa che a queste latitudini è molto disdicevole per un vero uomo. Una Ford Super Deluxe del 1958 Gli sguardi delle ragazze sono continuati molto ravvicinati anche nel ritorno in autobus, un'esperienza molto fisica: stipati all'inverosimile, ad ogni sterzata i corpi di un'ottantina di persone si ammassavano uno sull'altro come un unico organismo fatto di razze e sudori diversi. Infine, al ritorno, abbiamo guardato assieme alle due padrone di casa una puntata della “Casa nella Prateria” in spagnolo, oscillando su grandi sedie a dondolo mentre il sole al tramonto giocava con le nostre ombre. 12 Giovedì 4 aprile Ho imparato a fare la doccia con la luce spenta, lasciandone filtrare pochissima dalla stanza attigua, così che il bagno mi sembra più pulito: a volte è meglio non vedere. E se la pulizia è una questione di luce, la bellezza è una questione di colore. Qui le ragazze sono davvero bellissime, come accade sempre quando le razze si mescolano: sembra che a Cuba bianchi e neri si siano amati molto e hanno dato vita a tutte le sfumature di pelle possibili. Questo è un posto dove una bella ragazza può vivere benissimo e senza complessi, perché passa sostanzialmente inosservata, al contrario di ciò che accade in altri posti, dove la bellezza diventa un peso per l'anima e l'origine di vite complicate. In ogni caso, sfortunatamente, la bellezza non è un mio difetto. A volte però, vorrei che la bellezza esteriore fosse uguale a quella interiore così, se non altro per essere più apprezzati, tutti cercherebbero di essere persone migliori; ma fortunatamente non sono Dio e quindi ai brutti, se hanno un po' di talento, rimane la consolazione di essere amati e ai belli quella di essere quantomeno desiderati. Il momento clou della giornata è stato il piccolo concerto che ho tenuto per alcuni religiosi in una casa dove suor Anna ha seguito un ciclo di conferenze. Dopo un avvio semiufficiale la cosa si è conclusa sorseggiando Havana Cola tra un brano e l'altro e finendo per accompagnare con la chitarra una suora settantenne, originaria di Caserta, che cantava “Non ho l'età” di Giliola Cinquetti con un ritratto di Ratzinger sullo sfondo. Venerdì 5 aprile Oggi mi sono spostato a Rodas, il paesino dove trascorrerò il resto del mese. Sono stato invitato a pranzo 13 nella casa delle suore: Anna, Giulia e Teresa. Io e suor Anna ci siamo conosciuti circa venti anni fa, quando insegnavo chitarra nel carcere di Rovereto; un'esperienza che è durata sette anni e che mi ha dato la certezza che ciò che differenzia un rapinatore, uno stupratore o un assassino da un tipo come me è, più che altro, la fortuna. In quegli anni mi è sembrato infatti che la nostra condotta fosse un po' come un tuorlo d'uovo: rotondo, compatto e definito, finché non si buca con la punta di uno spillo e tutto cambia improvvisamente e irreparabilmente. Giulia e Teresa, rispettivamente una suora rumena e argentina, vivono assieme ad Anna e con lei formano un trio veramente speciale: sono molto allegre e sembrano spensierate, ma so che non è così. Basta scalfire un poco la superficie dei nostri dialoghi per capire che il vero volto della Rivoluzione è implacabile. Sono follemente innamorate del loro pappagallo, Sonko, il vero re della casa che tengono libero, fuori dalla gabbia, come si fa con un cane o un gatto e che continua a parlottare tra sé in un lingua tutta sua. Anche loro hanno delle consolazioni: ad esempio al pomeriggio si fanno sempre il mate, la bevanda argentina un po' dopante, preparata da Teresa, che lo passa di volta in volta ad ognuno dei commensali, dopo aver pulito con un panno la cannuccia di metallo: mi ricorda molto una comune di studenti universitari. Poi mi hanno fatto masticare qualche foglia di cocaina, così, per tirarmi un po' su. Totalmente innocua ovviamente, perché servono chili di foglie per una dose di stupefacente, ma un po' disorientante, diciamo. In ogni caso la sostanza più proibita in uso nella casa è il formaggio gorgonzola che acquistano di contrabbando a Cienfuegos e di cui non si conosce l'origine, ma si sa che si ottiene parlando senza dare nell'occhio ad un tale che prima scompare e dopo cinque minuti ritorna con un misterioso pacchetto puzzolente. 14 La notte ho dormito nella casa della famiglia che mi ha adottato: Carlos e Mercedes con i piccoli Marco e José. Di loro ti parlerò domani. Sabato 6 aprile Lo sguardo di Marco è pieno di intelligenza. Ha nove anni e vuole imparare qualsiasi cosa; così oggi, visto che a scuola la sua materia preferita è la matematica, ho usato dei sassolini di colore diverso per insegnargli il sudoku. In cambio lui è diventato il mio insegnante di spagnolo, prendendo il posto di Victor che ora è tornato a vivere nella sua casa. Mercedes e Carlos, i suoi genitori, si sono fatti in quattro per ospitarmi al meglio e sono molto affettuosi con me, mentre José, che ha solo due anni, è una presenza sfuggente perché sta sempre nella casa accanto, dalla sorella di Mercedes. Marco 15 Stiamo mangiando moltissimo e spero che la cosa si ridimensioni nei prossimi giorni perché è difficile dire di no, sia per essere un ospite gradito che per la curiosità di mangiare cibi nuovi e strani. In realtà da quando sono a Cuba non ricordo di aver mangiato cose che non mi sono piaciute però, certo, ci vuole un po' di voglia nello sperimentare sapori diversi. Anche in questo caso penso che la musica mi abbia aiutato; infatti, pur conservando le mie preferenze musicali, mi sono gradualmente liberato dagli schemi attorno a ciò che va considerato “bella musica” e ciò che non deve esserlo a priori e così mi viene facile applicare la stessa attitudine ai gusti della tavola. La giornata è stata molto intensa. Al mattino ho suonato un pochino con dei ragazzi disabili, tentando di stabilire con loro una comunicazione semplice, basata sull'imitazione reciproca, perlopiù ritmica; poi ho insegnato a Marco i primi accordi sulla chitarra, perché la matematica e la logica vanno sempre condite con la poesia e, in fondo, credo che le due cose siano i lati della stessa medaglia, che si chiami Musica, Vita, Universo, Dio o ciò che preferisci. Dopo pranzo è venuto Victor per la sua lezione quotidiana; nel primo pomeriggio ho lavorato con un coro di una decina di ragazze e successivamente ho aggiustato un po' l'arrangiamento di una canzone dei Payasos Por Dios, il gruppo della parrocchia formato da sette musicisti più le ragazze del coro. Nelle pause ho imparato un po' di canzoni cubane e dopo cena ho tenuto un piccolo concerto per tutte queste persone assieme a Titico, un percussionista davvero bravo, con cui ho suonato molto, mentre le ragazze ballavano con la grazia e la naturalezza di chi vive da queste parti. Tra un brano e l'altro abbiamo scoperto che Daineris, la bassista del gruppo, scrive canzoni con la chitarra e ce ne ha fatte sentire alcune. Sono rimasto incantato dalla sua voce: è semplice e bellissima. Le ho chiesto di insegnarmele perché so che queste canzoni mi riporteranno sempre qui, anche quando sarò lontano. 16 Più scrivo, più mi rendo conto che questo diario è forse troppo denso, ma quando sei in viaggio ogni giorno è pieno di cose e vorrei che tu vedessi e sentissi tutto quello che provo io, quanto tutto questo è diverso ed uguale alla nostra vita. Domenica 7 aprile È tempo che affrontiamo l'Argomento. Sono cristiano. Credo che duemila anni fa Dio si sia manifestato in modo speciale in un carpentiere ebreo che ha attraversato la morte aprendoci la strada ad una vita successiva, eterna. Credo inoltre che Gesù abbia svelato interamente la Verità sull'uomo. Capisco che se non ci credi questo ti risulti veramente assurdo, un po' come se pensassi che il ventilatore che ho qui accanto fosse il Creatore dell'Universo. Però ci vuole fede anche per credere che Dio non esiste, poiché nessuno può dimostrarlo. La scienza non sa nulla di cosa c'era prima del Big Bang, non può dimostrare l'inesistenza dell'anima, dopo tanto tempo non sa nemmeno cosa sia la forza di gravità – cos'è un gravitone? – non sa se esistono o meno svariati universi paralleli al nostro, dei veri e propri “aldilà”, non sa molte altre cose. Mi piace, la scienza, ma non è la mia religione. E sostenere che, poiché qualcosa non è dimostrabile allora non esiste, è un'argomentazione che contraddice lo stesso spirito della ricerca scientifica. Inevitabilmente la risposta è oltre. Se invece non credi né in una religione, né nell'ateismo, ti trovi come in riva al Fiume ad amare, pescare, suonare, vivere il tuo tempo con gli altri. Di per sé non c'è proprio nulla di male, anzi; però fa molta differenza passare i tuoi giorni pensando che il fiume finirà in un grande Mare anziché evaporare in un deserto arido: cambia il modo di vivere. A me è sempre piaciuto il mare, ed è per questo che oggi sono andato a messa. 17 Tutto questo per dirti che il parroco di Rodas sembra uscito da uno di quei romanzi in cui un vecchio prete reprime i moti spontanei di un'intera comunità. Si affanna a correggere di venti centimetri la posizione dei chierichetti, terrorizza i lettori, chiede ai fedeli di cantare più forte, anche cinque volte di seguito, finché non raggiunge un volume che ritiene adeguato, e molto, molto altro. In pratica è un geometra dell'anima in una comunità dove, ad osservarla da vicino, non esiste una singola linea retta; basterebbe solo che allontanasse un po' lo sguardo e riuscirebbe forse a scorgere un disegno più bello, pieno di curve e di dettagli dolcissimi, come il fatto che nella chiesa fanno il nido gli uccellini, che entrano ed escono liberamente con rametti e foglie che di tanto in tanto sfuggono dal loro becco, cadendo su di noi. Alla fine della messa padre Manel, questo il suo nome, mi ha presentato alla comunità dicendo che intendo dare vita ad un coro per adulti e ad uno per bambini, oltre a tenere i corsi di chitarra e di altri strumenti. Mi sembra di essere come in uno di quei film dove nel villaggio dei mormoni arriva lo straniero che porta scompiglio. In realtà, anche se non fossi cristiano, l'unico modo per stare a Rodas sarebbe quello di avere un visto di lavoro, poiché i turisti non possono dormire qui: potrebbero farsi un'idea distorta sugli esiti della Rivoluzione cubana. E l'unico modo per avere un visto di lavoro per Cuba, poiché non esistono enti privati ed io non sono membro di nessun partito comunista, è quello di avere un visto tramite la Chiesa. Così, tra la gente del paese, sono considerato un missionario! Frate Friz, ci mancava solo questa! Uhm... Direi di no, ti dicevo che mi piace molto la curvatura dell'universo, specialmente femminile, e quindi penso proprio che non sarebbe la vita che fa per me. 18 Comunque, a parte gli scherzi, tutti sanno che sono qui con un visto della chiesa, ma anche che non sono un religioso e quindi, nonostante la capigliatura ribelle, corro il rischio di essere corteggiato. La curvatura dell'universo Nel pomeriggio siamo stati a trovare una famiglia di quattro persone, di cui tre disabili, che vive in una casa poverissima. Una ragazza ha letto il vangelo, con semplicità, e poi ci siamo fermati a fare due chiacchiere, ho suonato qualche canzone per loro, le ragazze hanno ballato un po' e, insomma, abbiamo portato gioia negli occhi spenti e rassegnati di queste persone completamente abbandonate. La sera sono andato al Circo, un grande evento per la vita del paese. Descriverlo è difficile, ci provo. Ottocento persone, vecchi, bambini e giovani, che strepitano e gridano ininterrottamente sotto un tendone in cui la temperatura sfiora i quaranta gradi e dove le attrazioni più strabilianti sono cani e gatti che si rincorrono su instabili strutture metalliche riciclate da attaccapanni, sedie di dentista, tubi di plastica e altri oggetti indefinibili. Due giocoliere bellissime 19 che però, ogni tre per due, fanno cadere birilli, cerchi e altre cose: oggetti che vengono raccolti senza particolare imbarazzo da clown e altri operai del circo. Il numero finale è il tuffo di un cane da una scaletta di metallo alta quattro metri dentro una coperta blu, una coperta di quelle per dormire, tenuta tra le braccia del suo padrone. Que maravilla! Lunedì 8 aprile La macchina del tempo esiste. Oggi, ad esempio, sono salito con la mia famiglia cubana a bordo dell'imitazione russa di una Fiat 128. Nel bagagliaio c'era un frigo bar di prima generazione pieno di panini, salse, bibite e ghiaccio. In quattro sul sedile dietro e con tutti i finestrini completamente abbassati siamo partiti alla volta della più bella spiaggia di Cuba: il Varadero. In via del tutto eccezionale è stato permesso a Marco di non andare a scuola e ci ha accompagnato anche Victor, che di fatto è il terzo figlio di Merci e Carlos, anche se non dorme in casa. Insomma una gita al mare in pieno stile anni settanta con il papà che guida con entrambe le braccia appoggiate sul volante, la schiena in avanti staccata dal sedile, l'occhio vigile e concentratissimo, i coretti durante il viaggio, i bambini che vogliono arrivare, un principio di vomito e una mamma stanca ancora prima di partire. Dopo tre ore di automobile, esausti ed accaldati, siamo stati ampiamente ricompensati. Ventidue chilometri di spiaggia semivuota, immensa; il mare color turchese, le onde, il vento, il cielo azzurro e i pellicani che si esibivano in acrobazie per tuffarsi alla ricerca di pesce. Abbiamo trascorso la giornata suonando la chitarra, facendo il bagno, cantando, bevendo birra e rum. Victor si è esercitato in un tipico approccio cubano con una turista russa, arrivando a 20 strapparle un bacio sulla guancia mentre lei, irrigidita ma sognante, socchiudeva gli occhi, dettaglio che ha fatto molto inorgoglire il mio amico. A mia volta io ho subito un tipico approccio cubano da parte di un'amica. In particolare quando guardandomi con occhi languidi mi sussurrava: “Frix, tocamela”, verbo che si può tradurre come “suonamela”, ma che ha anche lo stesso significato che in italiano. E a me non sembrava fosse così interessata alla canzone. Sarebbe stata anche una bella donna, ma sono un ragazzo di campagna e così ho lasciato perdere, anche perché se fossi andato a stare da lei sarei vissuto tutta la vita sotto un tetto di amianto e non sono un salutista, però ho ancora un minimo istinto di conservazione. La sera siamo rincasati mentre Carlos, alla guida, insultava di tanto in tanto camionisti, guidatori di trattori e di carri con cavalli suonando vigorosamente il clacson. I suoi appellativi preferiti erano “Hijo de puta”, “Asasino” e “Maricon” però all'occorrenza alzava anche il dito medio della mano sinistra fuori dal finestrino durante il sorpasso. Mi ha solo un po' deluso quando, arrivati a casa, non ha fatto la sgasata finale per pulire la marmitta. Martedì 9 aprile Oggi ho insegnato tutto il giorno: alla mattina ho riordinato un po' le idee e al pomeriggio ho tenuto lezioni di musica d'insieme ai musicisti del gruppo, al coro delle ragazze e al coro dei bambini. Non lo so, sarò forse fortunato, ma a me pare che tutte queste persone siano solari, sorridenti, rilassate e affettuose. È bello vederli ogni giorno, mi è impossibile essere triste qui. Sarà una questione di abitudine, non lo so. E poi adoro quando mi chiamano “Lorenzito”! La sera ho fatto prove con un coro di venti adulti ed è stata tutta un'altra musica. Dopo stasera credo che le 21 possibilità che loro riescano a cantare qualunque cosa a tempo e intonati siano pari a quelle che ho io di diventare un buon ballerino. Farò comunque del mio meglio per infondere in loro fiducia, per dare loro gli strumenti e le conoscenze per esercitarsi da soli a casa, e per rendermi utile alla loro voglia di condividere la musica. Questo è l'importante. Nel frattempo ho scoperto che c'è anche un altro quotidiano qui, la Juventud Rebelde, e che il giornalaio di Rodas lavora molto, ma non per sete di cultura rivoluzionaria, bensì perché, non essendoci molta carta igienica, all'occorrenza la gente compra il giornale a questo scopo. Pare che funzioni molto bene, sebbene rilasci striature di inchiostro rosso, nel caso della Granma o azzurro con la Juventud Rebelde. E così, quotidianamente, molti cubani si gustano una piccola, intima soddisfazione pulendosi il culo con la faccia di Fidel o di Raul. Magra consolazione in confronto a ciò che tuttora subiscono, ad esempio lavarsi i denti con la cenere al posto del dentifricio. Ho anche scoperto che il cibo è razionato e ogni persona può mangiare solo una certa quantità di cose ogni mese, come in Italia nel dopoguerra: cinque uova, mezza coscia di pollo, un chilo di riso, due chili di zucchero, eccetera. Invece hanno liberalizzato le patate e le cipolle, che oggi si possono comprare anche in paese senza andare dai commercianti ambulanti sull'autostrada a prenderle a prezzi esorbitanti. In ogni caso in luglio e agosto non c'è proprio nulla da comprare e quindi ogni famiglia fa una scorta durante i mesi più freschi, quando qualcosa nei campi cresce sempre. Tuttavia rimane sempre rigorosamente vietato mangiare carne di mucca, animale troppo prezioso nella catena alimentare, al punto che chi ne viene derubato riceve una multa pari a dieci volte il suo valore perché doveva prendersene maggior cura. Così, mentre il ladro si spartisce la mucca, magari con qualche poliziotto, per 22 mangiarsela alla prima occasione, l'allevatore, oltre al danno di essere stato derubato, deve sborsare una cifra esorbitante al governo. Vedi, qui si trova più utile punire la vittima per creare un clima di diffidenza e paura maggiore di quello che si otterrebbe punendo solo il trasgressore. E' davvero una giustizia rivoluzionaria! Mercoledì 10 aprile Oggi sono stato a Cienfuegos nell'unico posto dove è possibile connettersi a internet. Anche qui, come in tutti i paesi sperduti dove la connessione è lentissima, l'unico sito che funziona è Facebook. Google e tutti i servizi connessi, oggi non funzionavano. Inizialmente Victor non è sembrato molto interessato a Facebook, ma quando gli ho mostrato le fotografie della sua fidanzata virtuale, italiana, lo ha molto rivalutato e i suoi occhi hanno cominciato a brillare. Così, per la sua gioia, ho dovuto fare un tour sulle fotografie di un po' di mie amiche (il suo è un amore fragile). Poi ho visitato una classe di disabili che hanno preparato un piccolo spettacolo appositamente per me, fatto di canzoni, recite e marionette. In particolare, quando Raulito, un ragazzo cieco che suona la chitarra, ha cantato una canzone di Silvio Rodriguez sulla speranza non sono riuscito a trattenere le lacrime. Infine, tornato a Rodas, nel pomeriggio ho ricevuto uno dei regali più belli della mia vita. Maria ha dodici anni e due occhi immensi. L'avevo notata nei giorni precedenti perché mi scrutava in silenzio. Un po' alla volta ha preso confidenza, finché oggi mi ha chiesto se sapevo leggere in spagnolo. Le ho risposto di sì, così mi ha dato un bigliettino piegato a forma di pentagono, con un fiorellino di legno come chiusura. Ecco cosa c'era scritto: 23 Amico, ti auguro la fortuna di avere sempre qualcuno con cui condividere le cose. Ti auguro di ottenere ciò che aneli, invece di ciò di cui hai bisogno. Ti auguro dei buoni ricordi con cui sopportare i tempi difficili. Ti auguro la sorpresa di trovare qualcosa di migliore di ciò che hai osato sperare. Ti auguro che qualcuno che ti preme, comprenda come sei dentro e chi ti ami per questo. Di correre il rischio di amare e mai nessun dubbio di essere un essere... Meraviglioso. Grazie per la tua amicizia. Maria Maria Non ero preparato per questo e non lo sono nemmeno ora che lo rileggo. Sono rimasto senza parole. Poi abbiamo parlato un po' e mi ha detto che lei regala dei bigliettini con delle riflessioni ad ogni persona che viene a Rodas da 24 lontano e che queste le aveva scritte ieri sera, per me 1. Mi ha detto che da grande vuole studiare inglese, francese e italiano e che desidera diventare una scrittrice. “Te deseo che consigas lo que anhelas, en vez de lo que necesita”. Ciò che aneli, Lorenzito, è più importante di ciò di cui hai bisogno, perché la vita è un soffio e alla fine, se ci pensi bene, conta di più il volo dell'anima che un pasto caldo o un riparo dalla pioggia. Maria, ti auguro cento volte quello che desideri per me. Giovedì 11 aprile Parlare in pubblico, liberamente, di politica e della Rivoluzione cubana non si può. Quando dici parole come “Fidel” o “Che” devi pronunciarle tra i denti e abbassando il tono di voce: non si sa mai chi ti potrebbe ascoltare. In ogni quartiere c'è una persona che informa il governo di cosa accade e nessuno sa di preciso chi sia, proprio come accadeva nella Germania dell'Est. Quando io sono arrivato, mi è stato spiegato che certamente è partita una telefonata che ha informato chi di dovere del mio arrivo, di dove dormo, che cosa faccio, con chi, per quanto tempo, se ci troviamo in piccoli gruppi o con più persone, fino a che ora parliamo la notte, se parliamo piano oppure cantiamo e balliamo. Forse una persona che ha frequentato le mie lezioni ha riferito che tipo sono, di cosa parlo e come. Come è successo? Per dirla in breve, una volta Cuba era la terza potenza economica del continente americano, un paese ricco, ma con grandi disparità sociali: pochissimi benestanti, una classe media e moltissimi poveri. In seguito ci fu un colpo di stato, una dittatura di destra, a cui seguì la 1 In realtà, per metà, si tratta di una poesia di Pam Brown, una poetessa australiana. L'altra metà, compresa la frase più bella, che commento tra poco, sembra originale. 25 Rivoluzione comunista, una dittatura ancora più feroce della precedente che trasformò tutti, e definitivamente, in poveri. Nel 1962, tre anni dopo la Rivoluzione, il popolo si rese conto di essere stato ingannato e la grande speranza di un cambiamento di vita si trasformò in un incubo. Dal 1959 agli anni settanta Fidel Castro fece uccidere almeno 10.000 persone: chiunque avesse idee politiche diverse, omosessuali, credenti di qualunque fede religiosa, etc. Che Guevara fu un avventuriero argentino, un valoroso combattente che in nome del comunismo e della libertà uccise molte persone. Un idealista per il quale il fine giustificava i mezzi. Una persona intransigente e spietata: mi raccontavano che una volta un soldato sedicenne rubò una razione di latte condensato e per questo lo fece fucilare. Dettagli. Invece, quando era a capo del primo campo di concentramento castrista a Guanahacabibes, fece fucilare settecento prigionieri e negli Stati Uniti, dopo il discorso all'Onu, confermò serenamente: “Stiamo fucilando, abbiamo fucilato e continueremo a fucilare finché sarà necessario”. Ma in fondo per capire come intendeva migliorare il mondo basta leggere quello che lui stesso scriveva in un articolo il 16 aprile del 1967 per la rivista Tricontinental: “L'odio come fattore di lotta; l'odio intransigente contro il nemico, che permette all'uomo di superare i suoi limiti naturali e lo trasforma in una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere. I nostri soldati devono essere così: un popolo senza odio non può distruggere un nemico brutale. Bisogna portare la guerra fin dove il nemico la porta: nelle sue case, nei suoi luoghi di divertimento. Renderla totale.” Qui lo considerano un “loco”, termine usato da molti 26 cubani per definire il Che, mentre in Italia si celebra al concerto del primo maggio, tra magliette e cappellini, ormai simbolo eloquente di un consumismo che più di ogni altra cosa celebra la sua sconfitta. Come se non bastasse, dal 1989, con la caduta del muro di Berlino, mancò a Cuba l'appoggio dell'Unione Sovietica e il paese cadde in una spirale di degrado economico e sociale senza fine. Oggi un laureato in medicina che esercita la sua professione in un ospedale, guadagna ogni mese circa 750 pesos, ovvero 30 dollari e per questo il sistema sanitario, tanto celebrato in Italia, probabilmente da persone che non sono mai state ricoverate a Cuba – in ospedali per cubani, non in quelli per turisti – è allo sfascio. Gli atri degli ospedali sono magnifici, ma le stanze sono ben altra cosa: reparti femminili e maschili con i bagni e le docce in comune; mancanza di aria condizionata, fondamentale per il clima di Cuba; ospedali che cadono a pezzi, mancanza di acqua, mancanza di equipaggiamento adeguato, continue rotture agli impianti. Medici e infermieri ben preparati ma assolutamente sottopagati che riversano l'indifferenza e la poca cura con cui vengono trattati sui loro pazienti. Guardie mediche obbligate a lavorare gratis, in condizioni impossibili sotto ogni punto di vista. Ho letto tutte queste cose in una lettera sottoscritta da molti medici e infermieri cubani, indirizzata a Raul Castro tempo fa e rimasta tuttora senza alcuna risposta ufficiale. Per completare il quadro, nella farmacia di Rodas, un paese di ventimila persone, oggi 11 aprile 2013 non c'è nessuna confezione di antibiotici e gli unici medicinali decenti arrivano dalla Spagna grazie al parroco, quello fissato con la disposizione dei chierichetti, che però salva la vita di molte persone. A Cuba si estrae il petrolio, ma per le strade sono di più i carri trainati dai cavalli che le auto. Un ragazzo come Victor non compra un vestito da anni. Quello che indossa lo compra con i soldi della madre che vive in Venezuela o lo riceve in 27 regalo dalle suore e dai turisti che passano di qui. A Rodas ci sono pochissimi telefoni fissi e qualche anno fa Victor, per comprarsi il suo primo apparecchio telefonico saltò il pranzo per due mesi. Certo, c'è l'embargo, ma è sempre stato attuato solo da parte degli USA. Oggi nominalmente si ritorcono contro i paesi che lo violano, ma di fatto non lo fanno perché anche a loro preme il mercato. E quindi sul bloqueo il regime ha costruito per bene la causa di tutti i suoi mali. In realtà oggi, per fare entrare cose a Cuba, basta che un'impresa statunitense venda il prodotto ad un'impresa messicana, la quale poi lo esporta a Cuba senza problemi. Il vero motivo per cui a Cuba manca tutto è che il paese non ha più un soldo per comprare nulla. Almeno così mi hanno detto i cubani. Oggi, con Raul alla guida del paese, le cose sono un po' migliorate, ad esempio ci sono i cellulari, ma la gente è quotidianamente sottoposta ad un lavaggio del cervello costante, capillare, ostinato. E anche la mente più resistente non può che cedere ogni tanto, e credere a qualche bugia per riposarsi. Dovresti dare un'occhiata ai titoli dei quotidiani o seguire un telegiornale, scusa, il telegiornale: capiresti che Emilio Fede è un dilettante. Qui per scherzare si dice che l'unica cosa vera scritta sui giornali è la data. Allo stesso tempo, la mancanza di possibilità rende la vita dei cubani più semplice. Come dice un mio amico “Se non c'è alternativa, non c'è nemmeno il problema”. E se non c'è il problema la gente è un po' più felice. Una felicità pari a quella di un bambino che non decide nulla della propria vita, perché ci pensa il governo. Una felicità imparagonabile alla devastante crisi adolescenziale che vive il mondo in cui vivo io, nel quale per molti l'idea di fondo è “La felicità è fare tutto quello che voglio, indipendentemente dalla felicità degli altri”. È triste, ma purtroppo credo che una società adulta e matura non possa fare a meno di attraversare le follie di un mondo libero come il nostro, follie di gioventù, speriamo. 28 Il miglior modo di descrivere la Cuba di oggi sono le parole pronunciate dallo stesso Fidel prima della rivoluzione. Con esse si proponeva di spiegare al popolo il suo presente, mentre ha descritto profeticamente ciò che avrebbe attuato lui stesso pochi anni dopo. Ecco alcuni stralci tratti da un discorso del 4 gennaio del 1959: “Come possiamo dire «Questa è la nostra patria», se dalla patria non riceviamo nulla? «È la mia patria», però la mia patria non mi dà nulla, la mia patria non mi sostiene, nella mia patria muoio di fame. Questa non è patria! Sarà patria per qualcuno, ma non per il popolo. La patria non è un luogo dove uno possa solo gridare, parlare e camminare senza che lo uccidano; la patria è un luogo dove si può vivere, lavorare e guadagnare il proprio sostentamento in modo onorevole e, inoltre, guadagnare ciò che è giusto per il proprio lavoro. [...] Propaganda su un muro: “Vivo in un paese libero” La tragedia del nostro popolo è proprio quella di non avere una patria. E la miglior prova di questo è che decine 29 di migliaia dei figli di questa terra se ne vanno da Cuba in altri paesi, per poter vivere, ma senza patria. E non se ne vanno tutti quelli che lo desiderano, ma solo quelli che possono. E questa è la verità e voi lo sapete.” Se il mondo attuasse tutti propositi dei dittatori prima di raggiungere il potere, sarebbe un paradiso. Venerdì 12 aprile Invidio la felicità di queste persone. Per certi versi inspiegabile. A Rodas si muore ogni giorno, come in ogni altra parte del mondo, ma forse qui un po' di più. Sono moltissime le persone che tengono in casa un malato, un anziano che necessita di cure o un disabile. Le malattie veneree sono molto diffuse, a causa della promiscuità sessuale, e la gonorrea si prende come se fosse una normale influenza. C'è prostituzione, alcolismo, ragazzine giovanissime che hanno già rapporti completi con adulti, totale mancanza di igiene, molte malattie, tumori di ogni genere, specialmente della pelle, case pericolanti, fame. Eppure capisco suor Anna quando mi dice che non riuscirebbe più a tornare a Rovereto. Qui, con la sua eroica automobile, sempre abitata da nuovi passeggeri, macina chilometri da un paesino all'altro e il suo sguardo non si ferma sul fianco di una montagna distante pochi chilometri, ma viaggia lontano, a perdita d'occhio. Questo è un posto dove i ragazzi fanno il bagno nel torrente, dove i bambini giocano ancora per strada perché non esistono videogiochi, playstation e Facebook. Questo è un posto dove, se c'è qualcuno in casa, la porta è sempre spalancata, perché fa caldo. Un posto dove si va a trovare qualcuno, semplicemente perché si va a trovare qualcuno, punto. Perché passando davanti alla sua casa lo trovi lì, a prendere il fresco e allora ti fermi a chiacchierare, a sentire 30 come va, a parlare con leggerezza di problemi immensi e molto concreti, a dire una preghiera per un vecchio che sta morendo di cancro nella stanza accanto. È un posto dove molti ragazzi hanno smesso di sognare, ma sopravvivono grazie all'amicizia. E allora ti capita, come mi è successo oggi, di passare tutta la sera ad un incrocio, suonando la chitarra su un marciapiede, cantando, ballando, ridendo. Poi da lontano arriva una donna di colore dallo sguardo fiero, severo e incomincia a ballare con noi, cantando con una voce intensa, quasi per lei fosse l'ultima volta, “Gracias a la vida”. Ragazzini che giocano Come può suor Anna preferire il quieto torpore di Rovereto? Qui conosce ogni singola persona e dietro ogni cenno sta una storia, un bisogno, una vicinanza e sempre, sempre, un sorriso. A Rovereto tutti si mostrano molto meno vulnerabili, molto più sicuri di una vita costruita per bene, mattone su mattone, e forse si perdono il meglio. Proprio come me. Spero di portarmi via un centesimo di quello che sto vivendo qui: al ritorno mi servirà. 31 Sabato 13 aprile Questa sera Maricarmen ha compiuto quindici anni. Niente di speciale, dirai tu, ma non è così. Compiere quindici anni a Rodas equivale più o meno a sposarsi. È un momento in cui si celebra il passaggio dall'infanzia all'età adulta ed è una festa in cui ogni famiglia dà sfoggio delle proprie possibilità economiche, magari dopo aver accumulato i soldi necessari per lungo tempo, un po' come avviene proprio per i matrimoni in altri posti. La famiglia di Maricarmen, per lo standard di Rodas, è benestante e quindi ho potuto vivere la versione più sfarzosa di quello che qui si chiama comunemente un quince. Innanzitutto la chiesa era addobbata con festoni bianchi e azzurri, Maricarmen è arrivata su un taxi giallo – un'auto insolita e quindi molto speciale da queste parti – è entrata in chiesa con uno strascico chilometrico in pendant con gli addobbi, al fianco del fratello gemello che evidentemente compiva gli anni anche lui, ma che è passato in secondo piano per tutta la sera, perché è un maschio e per lui il rito è molto meno importante. Dopo la messa, a cui è stata invitata tutta la popolazione, abbiamo assistito alla proiezione video di una serie di fotografie ordinate cronologicamente dal primo anno di età, al secondo, al terzo e così via, fino al mitico quindicesimo anno, per il quale è stato realizzato un vero e proprio book con cambi di abito e location elaborate, come si fa per le modelle. In seguito i due gemelli hanno ballato in mezzo alla gente un valzer in stile ballo delle debuttanti, ma a me sembravano più i protagonisti di “Via col Vento” e francamente a vedere come si fissavano con sguardi passionali la cosa mi è sembrata vagamente incestuosa, ma è solo perché vivo a diecimila chilometri di distanza. Infine abbuffata finale con una torta a due piani completa di omini e donnine di plastica che scendevano da due scalette laterali verso una fontanella d'acqua alimentata da una pompetta che 32 zampillava sotto un immenso numero quindici. Ovviamente anche la torta era di colore blu e bianco, i colori ufficiali scelti per questa festa e riprodotti anche sui santini distribuiti a piene mani a tutti gli invitati. Una nota a parte meritano i palloncini. A Rodas non se ne vedono proprio e in genere, alle feste di compleanno, si comprano dei preservativi che vengono allegramente gonfiati dai bambini e appesi alle pareti. Visto che i palloncini di ieri erano stati fabbricati esattamente per una festa di questo tipo, anziché per altri festeggiamenti, più intimi, tutti i bambini ne hanno preso un po' e sono tornati orgogliosamente a casa con il loro mazzo di globos. Lorena Tra questi c'era anche Lorena, la figlioletta di un uomo che ha venduto carne di mucca, atto per il quale è stato condannato a cinque anni di prigione assieme alla nonna della piccola, perché anche lei sapeva. Solo l'intercessione di Anna, Teresa e Giulia, Las Hermanas come le chiamano qui, ha evitato che venisse portata in prigione pure la madre. Solo per questo Lorena non è orfana. 33 Ho concluso la serata festeggiando molto e ballando scalzo e ubriaco, circondato da molte ragazze con vent'anni meno di me che, mettendo a serio rischio la loro incolumità, roteavano tra le mie braccia nel vano tentativo di insegnarmi a ballare. Potenza della vodka. Stando ai commenti del giorno dopo, pare che abbia pure appreso qualche passo. Domenica 14 aprile Oggi pomeriggio sono stato invitato a vedere un concerto di musica classica a Cienfuegos. Il teatro, in stile coloniale, era molto bello e, sebbene le sedie fossero in legno e non imbottite, era già di per sé affascinante vedere la luce esterna filtrare dalle veneziane di cui erano fatte le pareti dei palchetti. Le signore nel pubblico agitavano i loro ventagli e i ventilatori facevano il resto, rendendo il clima vivibile. Sul palco c'era José Maria Vitier, uno dei più famosi compositori cubani, assieme ad altri ventinove musicisti: un coro di dodici persone, undici archi, un pianista, due percussionisti e tre cantanti solisti. Mi sono trovato ad un evento unico per questa città. Veniva infatti eseguita per la prima volta a Cienfuegos la Misa Cubana, una composizione molto famosa, apprezzata in tutto il mondo da tempo, tranne che a Cuba: un vero paradosso. Il fatto è che si tratta di una messa, proprio come quelle di Mozart, Beethoven e Verdi, e fino a cinque anni fa, essendoci a Cuba la più totale repressione religiosa, ovvero l'ateismo di stato, questa era musica proibita. Tutto risale anche alla dittatura artistica promossa dal Che che proibiva anche solo di nominare i Beatles in pubblico. Credimi, non sto inventando nulla purtroppo. Altro che concerto del primo maggio. Comunque, proprio in questi giorni, la Misa è stata eseguita per la prima volta nel paese di cui porta il nome e oggi toccava alla città di Cienfuegos. 34 Era musica bella. Molto bella. I musicisti erano bravi, perfettamente a tempo, la sezione d'archi e il coro creavano un'armonia classica contemporanea influenzata anche dal jazz, e il risultato era sofisticato e semplice allo stesso tempo. Su alcuni brani i percussionisti aggiungevano le sonorità tipicamente cubane, ereditate dall'Africa, e questo faceva ondeggiare il coro e pure i cantanti solisti, perché qui danza e musica non si separano mai. Ad un certo momento, mentre il soprano cantava qualcosa di magnifico, mentre la musica mi faceva volare, ho pensato che ero a pochi chilometri dai ragazzini di Cartagena dove l'altro giorno ho insegnato un po' di chitarra. Ho pensato a dove vivono, come vivono. Ho pensato alle parole che mi ha detto Anaberquis, una ragazzina sulla sedia a rotelle con gli occhi che ridono, come per lei la musica sia letteralmente tutto, perché, come mi ha insegnato Maria, è ciò che lei anela. Ho pensato a Neife, che ha ottant'anni e per seguire le lezioni di chitarra esce dalla sua casupola sfidando il sole perché non si permette di morire prima di aver imparato un giro di Do. Ho pensato a quando mi hanno chiesto se sarei tornato da loro, perché era qualcosa di importante, e al fatto che più della metà di loro non possiede una chitarra ed è rassegnata a non possederla mai. Mentre il soprano volava, volavo anch'io sopra queste immagini, sopra le parole di queste persone, e la bellezza della musica mi faceva soffrire doppiamente. Quei ragazzi sul palco erano tra i pochissimi che avevano scelto a otto anni di entrare in una scuola d'arte, erano stati ammessi solo perché studenti talentuosi, ed oggi potevano esibirsi su un palco ufficiale come rappresentanti della cultura cubana, strumenti più o meno consapevoli della propaganda di regime. E cosa ne era degli altri? Di tutti gli altri? Della loro brama di musica? Del loro diritto di godere di qualcosa di inutile per chiunque tranne che per loro? Su quel palco si premiava solo l'élite, il risultato, il talento e si trascurava la 35 parte più importante della musica: il mezzo per dare un colore alla propria esistenza. Ho pianto dalla rabbia e dall'emozione. E allora sai cosa ti dico? Che io voglio che a Cartagena ci sia un coro sgangherato, perennemente stonato, che non va mai a tempo, nemmeno se nevica, e che ci suonino la chitarra Neife e Anaberquis, e che la gente scappi lontano quando fanno le prove perché lì da loro, in quella stanzetta in mezzo alla polvere, c'è la Musica e la puoi trovare nei loro occhi perché brillano di qualcosa che gli altri non capiscono e non capiranno mai: musica stonata suonata da anime intonate. E il talento lo lasciamo agli altri, ai Professori, ai Conservatori, alle Accademie di Alto Perfezionamento, ai College e alle Università. E io chiedo proprio ora, proprio a te, di aiutarmi a fare questo. Non so come, non so quando, però so che mi puoi aiutare. Non è solo una questione di denaro, anche, ma non solo. Lascio a te immaginare come. Aiutami, per favore. Quando sono uscito dal teatro non mi andava di parlare e nonostante gli sforzi, in automobile continuavano a scendermi le lacrime, cosa ti devo dire? Sarà la vecchiaia... Sto diventando come le signore di una certa età che si 36 commuovono per ogni telenovela. Allora me ne sono andato al mare, da solo, a vedere un gruppo di ragazzi selvaggi che si tuffavano da un molo facendo salti mortali al tramonto. Lunedì 15 aprile Carlos mi ha detto che tecnicamente qui viene chiamato assedio totale e, sì, sto parlando proprio di ragazze. [...] Martedì 16 aprile [...] A tutto questo aggiungi Maria; a dire il vero si chiama Maria de Jesus e oggi mi ha consegnato un'altra lettera. Ho capito che non la scorderò mai. Perché? Semplice, io pensavo che la voce della mia coscienza si trovasse da qualche parte dentro di me, invece ha dodici anni, abita in uno sperduto paesino cubano e mi scrive come se mi conoscesse da sempre e come se sapesse tutto quello che sto vivendo. Ecco la lettera di oggi: Non incolpare nessuno, né incolpare te stesso mai di nulla perché fondamentalmente tu hai fatto ciò che desideravi con la tua vita. Il trionfo dell'uomo sorge dalle ceneri dell'errore. Non incolparti mai della tua solitudine o della tua sfortuna, affrontala con valore e accettala in un modo o nell'altro, sono gli effetti delle tue azioni e devi provare quello che vuoi avere. Ricorda che qualunque momento è buono per cominciare e nessuno è così terribile come quello in cui ti senti sconfitto. Pensa meno ai tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno. Impara a nascere dal dolore e fai cose più 37 grandi del tuo più grande ostacolo. Guardati nello specchio di te stesso e sarai libero e forte, e smetterai di essere un pupazzo delle circostanze, perché tu stesso sei il tuo destino e nessuno può sostituirti nella costruzione del tuo destino. Alzati e guarda il sole del domani e respira la luce dell'aurora, tu sei parte della forza della tua vita. Ora svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionfa nella vita. Non pensare mai alla fortuna perché la fortuna è il pretesto dei perdenti ed è ovvio che tu non lo sei. Spero che queste parole ti facciano sentire più utile. Maria de Jesus, non so proprio dove copi questa roba, però a me serviva proprio oggi. Grazie.2 Mercoledì 17 aprile Oggi ho bisogno di inventare storie. Quindi tutto ciò che segue, relativo a questo giorno, è totalmente inventato. Un esercizio di fantasia. Ok? Comincio. Se Yesenia sapesse che stasera sono stato invitato ad una cena in cui si è mangiato carne di mucca impazzirebbe. Dovresti vedere come le viene l'acquolina quando parliamo di una bistecca fiorentina, quando lei mi illustra l'importanza della emoglobina e il gusto intenso del manzo. Va fuori di sé e mi fa troppo ridere. È troppo simpatica. 2 È una poesia di Pablo Neruda un po' “aggiustata”. Per essere una dodicenne Maria ha decisamente delle buone letture... 38 Non ricordo chi mi ha invitato alla cena proibita, non so i loro nomi, non li avevo mai visti prima. [...] Prima della cena ho fatto un sogno ad occhi aperti: mentre inghiottivo la bistecca più inquietante della mia vita, una guardia comunista minacciava di sfondare la porta se non aprivamo, poi entrava e con uno sguardo severo infilzava con una forchetta un boccone nel mio piatto e lo passava sotto il naso per sincerarsi che si trattasse proprio di mucca. Poi venivamo trasferiti nel carcere di Cienfuegos e dopo alcuni giorni di prigionia, essendo stati tutti condannati a cinque anni di reclusione, la Farnesina iniziava un fitto scambio diplomatico per liberarmi. Si creavano dei comitati di difesa della mia persona, comprese varie pagine Facebook, e alcuni arrivavano perfino a squartare una mucca davanti all'ambasciata cubana a Roma, per protesta. Infine venivo liberato in seguito ad un permesso premio, dovuto alle vacanze estive, permesso dal quale non rientravo per via di uno scambio fatto sottobanco dal governo italiano in cambio di un ribasso sul prezzo di alcuni carri armati venduti all'esercito cubano. In realtà, sì, la porta è stata chiusa a chiave, ma l'atmosfera era molto rilassata. Mi hanno spiegato che tutti di nascosto mangiano carne di vacca, in primis gli allevatori, che la stessa carne viene comunque data alle famiglie che hanno un bambino nell'età dello sviluppo, fino ai sette anni – qui bisogna crescere in fretta – e che uno straniero come me può comprarla e mangiarla. Ciò che non si può fare è quello che ha fatto il padre di quella bambina: venderla per la strada senza nascondersi. Ma fortunatamente tutto questo non è successo, perché avrei rischiato troppo. Si va in prigione, senza tante storie. A Cuba chi uccide, vende o mangia una mucca si prende cinque anni, chi uccide un uomo otto. Perché qui tra l'uomo e la bestia non c'è molta differenza. 39 Giovedì 18 aprile Oggi sono stato a Cartagena dai ragazzi disabili. All'entrata c'era sempre il mio amico Luis, seduto là, sulla sua sedia a dondolo. Cappello da baseball e sigaro, osservava la stanza vuota in cui filtrava il sole da una finestra. Ero stanco e così mi sono messo a parlare un po' con lui, anche se sapevo che non avrei capito nulla di ciò che mi avrebbe detto, perché ha ottant'anni ed è malato, ma sapevo anche che ci saremmo capiti con gli occhi, perché ci siamo simpatici. Poco dopo è arrivata Mariaelena, la moglie. Un po' alla volta mi ha raccontato la sua vita. Lei ha quindici anni meno di Luis e quando lui si ammalò di cancro e doveva essere operato fece un pegno con la Madonna: se fosse sopravvissuto avrebbe dedicato la sua vita agli altri. Luis fu l'unico a superare l'intervento tra le varie persone che furono operate in quel periodo nel suo stesso reparto e così Mariaelena mantenne il pegno: ritirò le sue cose in una metà della casa, lasciando le altre stanze a disposizione di questo laboratorio per disabili. Oggi accade che ogni giorno una quindicina di ragazzi e ragazze arrivano da lei per fare varie attività, tra le quali quelle musicali per le quali oggi sono stato chiamato. Poi Mariaelena mi ha chiamato in disparte e, tra le lacrime e sottovoce, mi ha confessato che Luis sta per morire, ma non lo sa. Inoltre è preoccupata che il tetto della casa ceda - per questo la stanza è vuota - e ogni rumore può essere il sintomo di un crollo imminente. Tra pochi mesi arriverà la primavera, la stagione delle piogge, che certamente farà crollare il tetto. Per questo motivo non dorme da mesi e si fa aiutare da uno psicologo. Rifare il tetto costa una cifra per lei totalmente irraggiungibile, settecento euro; inoltre la casa è tutta in legno, molto vecchia e tra le assi delle pareti entrano vento e pioggia. Per finire, nella 40 casa vivono anche due nipotini, sempre nella stessa stanza in cui dormono lei e Luis. Insomma in questa stanza vuota e assolata ho ricevuto la mia dose quotidiana di emozioni forti, dose che non riesco più a gestire. Mi è difficile. Per liberarmi un po', anch'io le ho raccontato la mia vita e alla fine ci siamo abbracciati. Luis nella stanza vuota Nonostante questo l'atmosfera tra i ragazzi è stata solare, come la settimana scorsa. Abbiamo cantato, inventato storie strane, suonato la chitarra al rovescio, percosso oggetti di ogni tipo, scattato fotografie a caso, ascoltato rumori, gridato e mangiato crackers con dentro una salsina ignota e inquietante. Di tanto in tanto un colibrì entrava a farci visita e sostava a mezz'aria nel centro della stanza per poi fuggire dalla finestra opposta. I ragazzi lo chiamano “Esperanza” e non ho potuto fare a meno di ricordare la canzone cantata da Raul qualche giorno fa: 41 Dice que se empina y que no alcanza, que solo ha llegado hasta el dolor. Dice que ha perdido la buena esperanza y se refugia en la piedad de la ilusion. Sé de las entrañas de su queja porque padecì la decipciòn, fue una noche larga que el tiempo despeja mientras suena en mi memoria esta canciòn: Venga la esperanza, venga sol a mi. Làrquese la escarcha, vuele el colibrì. Hinchese la vela, ruja el motor, que sin esperanza donde va el amor? Venerdì 19 aprile L'altro giorno ho parlato con Diana, una ragazza che studia oboe a L'Avana, la quale mi ha spiegato bene come funziona il sistema didattico musicale cubano. Ogni anno, solo a Cienfuegos, circa 500 ragazzi di circa dieci anni d'età chiedono di poter accedere alla scuola d'arte, la sola che permetta di ricevere una seria educazione musicale. Affrontano così una serie di test che durano circa una settimana, tra i quali un test psicometrico, definizione agghiacciante di per sé - mi chiedo che risultato avrebbero ottenuto Charlie Parker, Jimi Hendrix, John Lennon e mille altri artisti che hanno rivoluzionato la musica del Novecento in un test simile. Alla fine venti di loro lo superano e accedono alla scuola con il costante terrore di 42 uscirne rapidamente se non mantengono un'alta qualità nei risultati. Non c'è che dire: una serissima selezione di talenti per essere certi di avere sempre il massimo dell'eccellenza tra i musicisti cubani. Al contrario, ai corsi di musica del “Patrocinio”, un'organizzazione cattolica, possono accedere tutti, anche non cristiani, e oggi sono stato proprio da loro, con l'inseparabile Victor. È stato bello, i ragazzi hanno presentato una serie di brani e alla fine li ho intervistati. Se vedrai il video, sul mio profilo Facebook, capirai da ciò che dicono cosa significhi per loro studiare musica. Tra i tanti, rimane sempre il problema delle chitarre. Sono troppo preziose qui, e allora si permette ai ragazzi di esercitarsi solo presso la scuola, per un'ora alla settimana, senza portare a casa lo strumento. Così, anche qui, l'idea della chitarra propedeutica può tornare comoda. Tempo fa ho infatti chiesto a Stefano Robol, un liutaio di Rovereto, di realizzare una chitarra spartana, fatta di un solo pezzo di legno, bava da pesca e filo di ferro, per poterla dare a chiunque abiti in paesi come questo, senza troppi problemi. Prima di partire per Cuba abbiamo realizzato il prototipo e funziona bene, anche se dobbiamo ancora sistemare alcune cose. In tutto costa circa tre euro. Chiquitica: la chitarra da tre euro È una “chitarra”, se vogliamo usare questo termine, alla quale si può applicare una qualunque cassa armonica fatta ad esempio con un cartone, un barattolo o qualcosa di simile. Inoltre è così piccola che se ne possono trasportare circa una ventina in una sola valigia, senza avventurarsi in costose e difficili spedizioni tramite container. Qui a Cuba ho deciso che si chiamerà Chiquitica, piccolina. 43 Dopo questa visita, l'idea di sviluppare un progetto musicale in questa zona si è fatta un po' più concreta. Potrei aiutare il Patrocinio e suor Anna facendo arrivare loro via container alcuni pianoforti e una batteria, chitarre, amplificatori, un po' di leggii e altro, assieme a una quantità di Chiquiticas. I ragazzini potrebbero portarsele a casa e, dopo aver mostrato di essere motivati e dediti allo studio, si potrebbe passare a dare loro in prestito una chitarra vera e propria. Il progetto potrebbe avere una base a Cienfuegos e un'altra a Rodas, diretta da Victor. Il mio uomo a Cuba: Victor Quest'ultima sede si occuperebbe di mantenere le lezioni di chitarra e di sviluppare anche su altri strumenti i corsi di Cartagena, Congojas e altri villaggi. I ragazzi di Rodas potrebbero farne parte, guadagnando qualcosa, insegnando ciò che sanno e seguendo di tanto in tanto corsi di formazione tenuti da musicisti europei che potrebbero stare qui qualche tempo, come ho fatto io. Per tutti loro sarebbe una vera sfida: sono giovani e fanno molta fatica a perseguire un obiettivo comune, inoltre Victor è un ragazzo tanto intuitivo, vivace e intelligente quanto impulsivo e 44 volubile. Non so cosa succederà, ma l'unico modo per saperlo è tentare. Non c'è cosa migliore per un ragazzo di qualcuno che creda in lui, di qualcuno che creda davvero in lui, nel fatto che potrà superare i propri limiti. Io ci credo, così come ha fatto fino ad oggi suor Anna. E credo anche in Cesar, Carlito, Melissa e Daineris. Sabato 20 aprile Spesso in questi giorni sono stato a godermi il tramonto sul fiume, ad ascoltare i suoni della natura e ad osservare gli avvoltoi salire lentamente disegnando cerchi nel cielo. Oggi abbiamo preso una barchetta e siamo andati a pescare sul rio, come lo chiamano qui. Quattro uomini, un bambino, tre bave da pesca, due litri di birra e qualche esca. Naturalmente non abbiamo preso nessun pesce, ma ci siamo distesi con la lenza legata ad un alluce, sorseggiando birra, canticchiando e parlando del più e del meno. La barca era spinta da un motore del 1952, un marchingegno rumorosissimo che si avviava a manovella e che mi ha fatto ingoiare in un'ora più smog di tutto quello che respiro in un anno intero. Ho parlato a lungo con Alexis, il vecchio che stava al timone. Mi ha raccontato dei suoi figli, della nostalgia per uno di loro che vive a Miami, di come è cambiato il mondo, dei suoi desideri, dei suoi sogni. I sogni. Sono un argomento difficile qui. L'altra sera ho chiesto ai ragazzi cosa sognavano e tutti hanno accennato un mezzo sorriso, guardando per terra. Mi hanno detto di non averne; penso che i loro genitori abbiamo insegnato loro che è meglio così, per proteggersi dalle disillusioni. Allora mi sono presentato come un Sognatore Professionista ed ho inventato per ognuno di loro una vita, un amore splendido, un lavoro interessante, qualche viaggio all'estero e molto altro. Così, tra una risata e l'altra, anche i loro occhi hanno 45 cominciato a ridere e io mi sono sentito tanto irresponsabile quanto felice. So che i sogni non si realizzano quasi mai, però credo anche che ogni passo avanti è stato dapprima un'idea e prima ancora un sogno, talvolta impossibile. E comunque credo che tutti i sogni che non si realizzano ci aiutino nell'esercizio della speranza e nel lasciar correre le nostre idee, come animali liberi in un prato; non come una fuga dalla realtà, ma come una fucina creativa di possibilità che reagiscono tra loro, finché prima o poi incontrano una opportunità reale e si trasformano in qualcosa di molto diverso dal sogno iniziale, ma comunque bello e utile. [...] Domenica 21 aprile Mi sono spostato a Santa Clara, una città ad un'ora da Rodas. È un posto culturalmente molto vivace dove ci sono musicisti e persone che mi potranno aiutare a sviluppare il mio progetto. Mi ha accompagnato Carlito, che studia all'università in questa città e mi fa molta tenerezza perché lo trovo spaesato, come accadeva in Italia ai ragazzi di un paesino quando si spostavano in una grande centro. Carlito è un tipo sveglio e un bravo studente, ma ha paura dei pericoli della città, è timido e non vuole importunare le persone, al contrario di me che attacco bottone con chiunque e sono un po' più selvatico e fiducioso. Nel pomeriggo ho conosciuto Ernesto. Camminavo da solo verso la casa dove ero ospitato e quest'uomo di colore, robusto, con i pantaloni sporchissimi e i piedi callosi dentro sandali malconci, superandomi con un passo più svelto del mio, ha letto la scritta sulla mia maglietta: Nixon. Allora si è messo a sorridere scuotendo la testa e dicendomi: “Nixon. È molto comico, amico.” “Perché è comico?” ho risposto. “Bè, qui non vuol dire assolutamente nulla!” 46 “Bé, amico, è solo un cognome, come Rodriguez!” Nel frattempo le nostre gambe si erano accordate e ora camminavamo fianco a fianco; così di frase in frase, di passo in passo, ci siamo conosciuti. Mi ha detto di chiamarsi Ernesto, un panettiere che lavora settantadue ore alla settimana per otto dollari al mese, e mi ha spiegato che a Cuba ci sono sette classi sociali: da chi lavora con i turisti a chi ha parenti all'estero, da chi ha un impiego statale a chi lavora solo per i cubani, in una graduale discesa da un timido benessere alla totale miseria. Dopo un po' ci siamo seduti al parco, sotto un albero fiorito, e ha cominciato a parlarmi sommessamente: “Mi chiedo che senso abbia lavorare così tanto. Per chi? Quando torno a casa e vedo il luogo dove vivo penso che nemmeno i prigionieri vivono in un posto del genere. Quando vedo la mia bambina e penso che non riesco nemmeno a procurarle qualcosa di decente da mangiare non capisco proprio che senso abbia tutto questo.” “Credo che un giorno Cuba sarà migliore e le cose cambieranno in meglio. Prima o poi tutto cambia,” ho risposto. “Fratello, qui non cambia nulla. È da cinquantaquattro anni che viviamo così. Qui non cambierà mai nulla”. “Ci sono cose che non sono cambiate in molti anni che si cambiano in un solo giorno.” Ernesto scuoteva la testa. Poi mi ha chiesto:“Sei credente?” “Sì,” ho risposto. “Lo sapevo. Si sente da quello che dici e da come lo dici. Vedi, non dico di aver perso la fede, non è scomparsa del tutto, ma è molto diminuita rispetto ad un tempo. Io non chiedo di avere molte cose, cose materiali. So che non danno la felicità, però si dice «il pane quotidiano» no? Bene, sappi che a casa mia il pane non è quotidiano. E allora che senso ha questa sofferenza?” “Amico, io non sono nulla, sono polvere dell'universo, 47 proprio come te e non posso parlare a nome di Dio. Quello che credo è che Dio non abbia tolto la sofferenza dalle nostre vite, ma le abbia dato un senso, un'utilità per la felicità di qualcun altro e quindi anche della nostra. Forse il senso della tua sofferenza sta tutto qui: lavorare perché la tua bambina cresca e viva in una Cuba migliore.” Non so se l'ho convinto, e non so nemmeno se io stesso riesco a vivere quello che gli ho detto, però ci siamo abbracciati. Ernesto non mi ha chiesto nulla, sapevo che non mi avrebbe chiesto nulla; desiderava solo parlare un po' con me. Allora mi sono tolto la maglietta e gli ho detto: “Ho finito i miei soldi e quelli rimasti mi servono per tornare a Rodas, però posso regalarti questa. È solo una maglietta, ma quando la indosserai forse potrai ricordarti, leggendo “Nixon”, che qualcosa che non conosci e che oggi ti fa solo ridere può nascondere un buon incontro e un'opportunità. Quando Cuba sarà un posto migliore e guarderai questa maglietta forse ti ricorderai di me.” Così sono ritornato a casa a petto nudo e ti assicuro che, nonostante le mie due ore di nuoto settimanale, non è un belvedere; ma quella maglietta era troppo importante e non potevo tenermela. Lunedì 22 aprile Questa mattina l'ho passata tutta con Christina. Ieri mi aveva avvicinato nella piazza principale della città per vendermi un libro scritto in francese; avevo scherzato un po' e alla fine avevo acquistato il libro che poi ho subito lasciato alla cameriera di un ristorante pregandola di regalarlo alla prossima ragazza francese che fosse entrata: sono un vero maestro di corteggiamento virtuale, non c'è che dire. Oggi l'ho incontrata di nuovo e non casualmente. Lei cerca sempre il contatto con i turisti gironzolando per le 48 strade e proponendosi come guida turistica alternativa. È un personaggio curioso: una signora di mezza età, magrolina, con la voce esile che parla un inglese americano perfetto. Una persona molto colta che però vive di espedienti. Nel corso della mattina ho capito che la sua mente, la sua sensibilità e la sua cultura non hanno retto all'impatto con questa dittatura e nel suo cervello qualcosa si è rotto. Così, dopo aver parlato di politica internazionale, mi ha pregato di farla accedere a internet per ricontattare alcuni suoi amici. È stato demenziale perché cercava i dati e la password di Facebook su una serie di appunti cartacei disordinatissimi. Era entrata in internet un anno prima e non trovava più nulla, ovviamente. Sembravano i miei appunti di matematica quando andavo al liceo. In sostanza una mattinata totalmente inconcludente a cercare di spiegarle cos'è un account, cos'è una email, cos'è la verifica tramite cellulare, cos'è quella serie di caratteri tutti storti, cos'è Google, cos'è Yahoo. Ho sfiorato la follia, la sua. Poi ho visitato uno studio di registrazione molto bello, considerato che siamo a Cuba, dove ho conosciuto vari musicisti professionisti tra cui Fortun, un chitarrista bravo e preparato con il quale ho trascorso il pomeriggio. Fortun è un'istituzione qui a Santa Clara e ogni dieci passi qualcuno lo ferma per parlare. Lui, assieme ai ragazzi del suo quartetto sono i primi veri musicisti professionisti che ho conosciuto a Cuba. Persone realmente competenti con cui posso parlare “alla pari”, musicisti che conoscono bene un po' tutti i generi musicali. Sono molto contento perché tutti loro mi hanno confermato la disponibilità a dare lezioni ai ragazzi di Rodas per formarli e farli crescere sia sul loro strumento che nelle tecniche di registrazione e nell'arrangiamento. Mentre mangiavamo una pizza decisamente cancerogena, Fortun mi ha sconvolto quando mi ha detto di aver suonato a casa di Maurizio Costanzo. Il fatto è che è stato in Italia per 49 due anni, dove ha suonato nel gruppo di Buona Domenica, su canale 5, nell'orchestra di Demo Morselli, a Cinecittà, etc. A quel tempo aveva una ragazza in Italia, ma poi è tornato qui, dove ha ritrovato la propria dimensione, la propria cultura e un altro amore. Meglio così, altrimenti oggi suonerebbe per Maria de Filippi. La sera ho suonato con Fortun e la sua band al Mejunje, uno dei locali più famosi di Cuba. È un circolo culturale, dove si suonano tutti i generi musicali e si fanno spettacoli di danza, teatro e poesia. È sempre pieno di studenti universitari, per via dei prezzi popolari e questa sera c'era pure la televisione. Io e Fortun al Mejunje Abbiamo suonato un po' di jazz fino alle una e mezza di notte e nel corso della serata ho suonato pure un brano in solo; un brano che avevo scritto ieri al parco, dopo l'incontro con Ernesto. Si intitola Danza de la Flor y del Viento. Sotto quell'albero fiorito c'erano molti petali e così ho pensato che Cuba, il popolo cubano e in particolare una ragazza che ho conosciuto, sono come fiori che lottano contro il vento. Quello che spero è che la loro vita si trasformi in una danza che permetta loro di sopravvivere senza essere strappati. 50 Martedì 23 aprile Ogni tanto penso ai turisti. Non possono veramente capire nulla di Cuba. Li vedo nelle terrazze degli hotel, nei luoghi a loro dedicati, nelle strade fatte per loro, mentre sorseggiano qualche cocktail ascoltando un orchestrina di son, la musica tradizionale cubana. Dormono in case comode e pulite e viaggiano su pullman appositi. Anch'io stamattina, per tornare a Rodas, ho dovuto prendere un autobus per turisti, perché ad uno straniero è severamente vietato salire sulla compagnia usata dai cubani. Così sono entrato nella realtà parallela: aria condizionata, sedili comodi, molti posti vuoti, viaggio confortevole. Poi, da Cienfuegos sono ricaduto nella realtà: nel retro di un furgone, in piedi con trenta persone, anziani e bambini compresi, in mezzo allo smog, strattonati da una parte all'altra. Davanti a me una bambina ha vomitato in un sacchetto, tra le carezze di sua madre; poi, senza tanti drammi, si è pulita la bocca e ha continuato a guardare fuori dal furgone. Per questo domani mattina Merlyn, una ragazza di Rodas, si sveglierà alle quattro e mezzo per guadagnarsi il posto a sedere sull'unico autobus che parte da qui per portarla all'università. È contenta perché ora lo deve fare solo una volta in settimana, anziché tutti i giorni come le capitava qualche tempo fa. Stasera mi ha fatto felice quando le ho chiesto se a Cuba avesse mai nevicato. Mi ha detto: “No, ma sogno che un giorno ci sia una grandissima nevicata. Vedi che anch'io ora ho imparato a sognare?” Grazie Merlyn, io cercherò di imparare da te ad affrontare con il sorriso problemi ben più grandi dei miei. E non mi riferisco solo all'orario dell'autobus. Sono molto stanco. In questi quindici giorni ho insegnato parecchio: a Rodas ho tenuto qualche lezione di chitarra, ho insegnato al laboratorio con i bambini, al laboratorio con i 51 disabili, al coro delle ragazze, al coro degli adulti, ho tenuto le lezioni quotidiane a Victor e lezioni di musica d'insieme ai Payasos. A Cartagena ho tenuto il corso di chitarra e di coro e ho partecipato al laboratorio con i disabili; infine a Congojas ho tenuto il corso di chitarra. A questo si aggiunge una vera e propria tempesta emotiva, vissuta giorno dopo giorno; persone nuove da scoprire e talvolta da decifrare, una cultura, la storia di un popolo e una dittatura da comprendere, e poi il clima caldo, molto caldo. Ho davvero bisogno di riposo. Mi spiace che suor Anna sia un po' delusa del mio lavoro. Pensava che avrei risolto dei problemi contingenti che le premevano di più, come ad esempio aiutare il gruppo a scrivere delle canzoni per preparare un nuovo spettacolo. Quando parliamo mi dice di avere fiducia nei ragazzi, ma nei suoi occhi leggo il contrario, leggo preoccupazione, un po' di disillusione e molta stanchezza, ma questo le capita solo la sera; la mattina è sempre di buon umore. Questo posto consuma l'ottimismo. Lei è qui da sette anni e ha visto cose che io non posso minimamente immaginare. Forse nei suoi occhi e nel suo cuore c'è solo la coscienza dell'esperienza. Eppure voglio credere e sperare che i tempi siano maturi per un progetto musicale in cui per scrivere nuove composizioni, nuovi arrangiamenti e per un sistema capillare di corsi musicali, non sia necessario che arrivi uno straniero capellone e si fermi qui un mese sostituendosi ai cubani per risolvere i loro problemi musicali. Devono farcela loro, da soli. Certo, con un sostegno economico e progettuale esterno. Mi è piaciuto molto quando questa sera, parlando a tu per tu con Victor, lui stesso mi ha suggerito: “Facciamo parlare i fatti, poi vedrai che anche Anna crederà di più in quello che possiamo fare.” Grande Victor! Sei già il mio Direttore preferito. In fondo anche in Burundi, due anni fa nessuno credeva fosse possibile aprire una scuola di musica. Non ce n'era 52 nemmeno una. Eppure dopo un mese esplorativo, proprio come quello che sto passando qui a Cuba, io e Carlo Canevali, un altro musicista di Rovereto, abbiamo gettato le basi per la creazione della prima scuola di musica di Bujumbura, la capitale del Burundi. L'avvio è stato estremamente difficoltoso a causa di enormi problemi logistici e burocratici e soprattutto alla totale incapacità dei burundesi di pensare collettivamente. Ma oggi la scuola è aperta, ha una sede, degli insegnanti e degli studenti, e questo lo dobbiamo in primo luogo a Claire, una ragazza belga sposata con un burundese, che ha messo anima e corpo nel progetto e poi all'associazione che ci aiuta nella gestione di tutte queste iniziative: l'associazione Spagnolli Bazzoni di Rovereto, un ente dalle spalle molto solide e con persone molto esperte al suo interno. In particolare Giuliano, il Presidente, ha uno dei difetti più preziosi: quello di riporre incondizionata fiducia in gente sconsiderata come, ad esempio, il sottoscritto. Ovviamente io cerco di diffondere il suo stile credendo in gente come Victor. Que locura! Mercoledì 24 aprile La casa di Frank si trova ad un'ora e mezzo di cavallo da Cartagena. In mezzo ai campi di canna da zucchero. Trascorrerò un paio di giorni con lui e la sua famiglia per avere un'idea di quanto Rodas rappresenti, rispetto alla vita che si conduce in un pueblo come questo, una metropoli pulsante di vita. La casa di Frank ha le pareti di legno, il tetto di tegole e il pavimento di cemento. Ha grandi finestre, senza vetri, con delle veneziane dalle quali entra una brezza leggera. Dormire qui è come dormire all'aperto. Sugli stipiti non ci sono le porte e le pareti interne non arrivano al soffitto. La cucina è fatta da due fuochi a legna, due veri fuochi, non una 53 stufa, e la doccia è un catino pieno d'acqua con un barattolo per versarsi l'acqua in testa. La casa di Frank nascosta tra le palme La casa di Frank è un posto dove vive un uomo felice. Un uomo che al mattino mi ha insegnato un po' a cavalcare e poi è andato a seminare il mais, mentre suo fratello arava il campo con i buoi. Non so se hai mai visto due buoi da vicino: sono impressionanti! Qui i maiali vivono liberi per la strada, e in ogni casa abbondano mucche, pecore, capre, cavalli, cani, gatti, tacchini, pavoni e quant'altro. Di tanto in tanto nella mia stanza viene a dare un'occhiata una gallina, poi se ne va, seguita dai suoi pulcini. Qui, così come a Cartagena o a Congojas, non c'è l'acquedotto, sebbene entrambi i villaggi si trovino sulle sponde di un fiume. La gente beve l'acqua dai pozzi, acqua contaminata che non possono depurare poiché non hanno i soldi per permettersi un filtro. Questo è il motivo di tante malattie. In realtà forse è meglio così. Infatti a Rodas quasi tutto l'acquedotto è fatto con tubi in amianto, così come la metà dei tetti delle case. La maggior parte della gente non sa che è velenoso. Il governo lo sa, ma al tempo era troppo 54 preoccupato a sostenere la rivoluzione comunista in Angola che a preoccuparsi di cose irrilevanti come un acquedotto per il suo popolo. Qui il governo controlla ogni cosa e si assicura che la gente rimanga sempre povera, che il paese non cresca, che nessuno si arricchisca, altrimenti un potere politico così monolitico crollerebbe in breve tempo. Ad esempio è vietato pescare, se non per la propria sopravvivenza. Per questo i cubani mangiano pochissimo pesce: se pescano un'aragosta vanno in prigione, perché le aragoste si vendono solo nei ristoranti per i turisti, proprio come le bistecche di mucca. Frank è uno dei pochi fortunati a ricevere Radio Marti, una radio gestita dai dissidenti cubani che stanno a Miami, negli Stati Uniti, e che divulga la sua verità su ciò che sta accadendo oggi in questo paese. Per questo il governo cubano ha acquistato a caro prezzo dal Giappone una serie di antenne da posizionare in ogni villaggio per interferire con il segnale di questa radio e mantenere la popolazione all'oscuro di tutto. Ma nel resto mondo la voce di ciò che questo popolo sta vivendo si sta diffondendo velocemente; grazie anche all'aiuto di persone coraggiose come la blogger Yoani Sànchez o dei molti dissidenti che proprio in questo periodo stanno facendo lo sciopero della fame, il cui numero aumenta di giorno in giorno. Oggi sono cinquantadue e se continuano così si lasceranno morire. Ora ti spiego come funzionano le elezioni a Cuba. Prima di tutto non ci sono le elezioni politiche, ma solo le amministrative: che senso ha andare a votare se sulla scheda c'è solo un simbolo? Alle amministrative la gente può scegliere un candidato tra due o tre per ogni villaggio, un candidato deciso dal governo. Questi candidati si riuniscono poi per eleggere il vero sindaco di ogni comune, una persona già decisa in precedenza dall'alto. Infine c'è un'assemblea di seicento persone che è periodicamente chiamata a votare le decisioni del Presidente Raul Castro e, pensa un po', tutte le 55 votazioni vengono approvate sempre all'unanimità. A corollario di tutto questo, come ti spiegavo in precedenza, in ogni comune ci sono le guardie della sicurezza, persone incaricate di riferire a chi di dovere ogni cosa, persone di cui nessuno conosce l'identità: potrebbe essere il tuo vicino di casa o tuo zio. Anche se hai i tuoi sospetti non lo saprai mai. Quando una persona famosa, ad esempio un artista o uno sportivo, esce da Cuba viene accompagnata sempre da due guardie della sicurezza. Cosa succede se qualcuno si oppone? Frank mi ha raccontato dell'insurrezione di un villaggio vicino a L'Avana qualche anno fa: li fucilarono tutti. Quanta ignoranza e ideologia in Italia su tutto questo. Non che il capitalismo sia la ricetta per la felicità, per carità, ma quantomeno lascia all'individuo, e non all'esercito, la scelta di poter condividere la propria ricchezza con gli altri. E alla fine qualcuno lo fa. Un momento che non dimenticherò è stato quando davanti ad un caffè ho spiegato a Frank cos'è Wikipedia: la più grande enciclopedia mai esistita al mondo, milioni di voci tradotte in centinaia di lingue; un'enciclopedia gratuita, realizzata da migliaia e migliaia di persone, me compreso, per il puro piacere di condividere la loro conoscenza e di renderla disponibile a chiunque. Mi commuovo sempre pensando alla risposta di questo contadino dalle mani callose, immobile, con gli occhi puntati sul tavolo mentre mi sussurra con un filo di voce: “Cosa ci stiamo perdendo...” Oggi, rientrando a casa, mi ha detto: “È un crimine quello di toglierci la libertà. È difficile vivere da schiavi.” Non ho saputo cosa rispondergli. Giovedì 25 aprile Perché la famiglia di Frank è felice? Semplicemente perché lui è una persona buona. Stamattina siamo stati a 56 Malesa, un villaggio a tre chilometri da Lajita, dove mi trovo. Per Cuba tre chilometri nei campi sono una distanza ragguardevole – ma in generale tutte le distanze, sappi ad esempio che il treno che da L'Avana arriva a Cienfuegos impiega tredici ore per fare duecentocinquanta chilometri – e così, con il carretto trainato dal cavallo, ho accompagnato Frank a fare la sua visita settimanale a questa gente. Siamo entrati in una ventina di baracche e in una sola mattina sono venuto a contatto con infermi o familiari di persone che hanno il morbo di Parkinson, delle crisi epilettiche, una peritonite, un cancro alla pelle e altro ancora. Ricordo in particolare due anziane di cui una, che si era rotta una gamba, non era stata curata e così l'osso si era riformato male, in modo tale che non potrà mai più camminare. È su una sedia a rotelle e nella sua baracca, con l'immancabile tetto di amianto, il pavimento non c'è, perché è di terra battuta. Il cemento per il pavimento costa cinquanta euro e ci penserà padre Manel. Un bambino sotto il rasoio di Frank Per il governo questa gente non esiste e allora, per fortuna, c'è Frank: va a trovarli, fa due chiacchiere, ascolta i 57 loro lamenti, porta qualcosa, chiede se servono medicinali o altro e, con il rasoio che le ha dato suor Anna, taglia pure i capelli a chi ne ha bisogno. Assieme a questo porta la sua incrollabile fede: “Tutto ha un senso, tutto ciò che accade è permesso da Dio, per il nostro bene. Chiediamogli di essere in grado di sostenere queste sofferenze”. Più tardi alcuni ragazzini sono venuti a trovarmi e ti lascio immaginare la loro reazione di fronte al mio computer portatile: per loro è come una vera astronave. Ieri pomeriggio ho giocato e cantato con loro in una baracca ed è stato bellissimo. Alla fine ne abbiamo caricati un po' sul carretto tirato dal cavallo e altri ci seguivano a piedi mentre io suonavo la chitarra, un po' come il pifferaio magico. Dovresti vedere come ballano. Venerdì 26 aprile Stamattina mi sono svegliato alle cinque e venti per prendere l'unico mezzo che mi poteva portare fuori dai campi, verso Cartagena: il Rickymbilly, un trattore elaborato per il trasporto di persone. Tra donne, uomini, militari, studenti e bambini eravamo trentaquattro persone, contando anche i cinque appesi al cassone, all'esterno, tra cui me. Tredici chilometri così, a trenta allora. Questa volta però nessuno ha vomitato perché l'aria era fresca, era notte e la luna piena svettava ancora tra le palme. Avrei potuto prendere l'autobus con i bambini della scuola, alle otto – questo è possibile quando non piove, altrimenti, nel fango alto trenta centimetri, passa solo il Rickymbilly e con fatica – ma l'autista ha detto a Frank: “A Cuba ci si prende molta cura dei bambini... E allora, sai com'è...” Cosa significava? Che uno straniero, così come non può assolutamente entrare in nessuna scuola cubana, è opportuno che non salga nemmeno sull'autobus con i 58 bambini e soprattutto con i maestri, dipendenti del governo che ogni mattina prima delle lezioni costringono i bimbi a gridare: “Pionieri del comunismo, saremo come il Che!”. Ed è solo l'inizio, pensa come sono le lezioni. Invece credo che per prendersi davvero cura di loro dovrebbero dargli un po' più di latte. Una ragazza di Santa Clara, l'altro giorno, mi diceva di essere esasperata dal fatto che suo figlio vuole sempre latte, ma che lei non può dargliene perché è razionato. Ovviamente il latte c'è, ma è per i turisti, oppure per essere venduto all'estero. Dio ha un grande senso dell'umorismo. L'ho capito quando stasera sono passato davanti alla casa di Coralia, una anziana che sta sempre in terrazza sulla sua sedia a dondolo, ad aspettare che qualcuno si fermi a fare due chiacchiere. Mi ha rivelato che a Malesa, dove sono stato ieri, una manciata di case vicino al villaggio di Lajita, alla periferia di Rodas, il minuscolo paesino cubano... Proprio lì, dove vivono alcune tra le persone più povere e abbandonate del mondo, un paio di mesi fa è caduto un meteorite. Non è accaduto nulla di grave: una scia luminosa e una buca. Il mondo intero lo ha saputo cinque giorni prima dei cubani perché, prima di dare la notizia, il governo ha dovuto sincerarsi che non si trattasse di un aereo spia. E allora Dio ha un grande senso dell'umorismo. Oppure a suo modo voleva attrarre l'attenzione su questo luogo sperduto. Ma pare che non abbia avuto molto successo: nemmeno Frank me ne ha parlato e magari siamo passati col carretto a un metro dalla buca. Per Frank un meteorite in più o in meno non cambia granché e forse ha ragione: quello che lui fa è più importante dell'astrofisica. 59 Sabato 27 aprile Stamattina Maité si è sposata. È una ragazza disabile mentale che vive con un anziano da dieci anni e, in pratica, sono marito e moglie. Oggi si è pure battezzata. Lo voleva con tutte le sue forze e infine padre Manel, dopo una strenua resistenza, ha dovuto cedere. La sposa Povero Manel, credimi non ho mai visto un matrimonio tanto assurdo e improponibile quanto felice e vero in tutta la vita. In questo paesino ogni giorno succede qualcosa che mi emoziona. Come vedere questa ragazza completamente loca che piange e ride di gioia mentre nasconde il suo volto tra le braccia di questo settantenne, una torta semplice, un po' di amici che cantano e ballano con lei. Un matrimonio felice. Più tardi sono andato a cavalcare al campo di ananas di Yasniel. È stato bello. Molto bello. [...] 60 Domenica 28 aprile Ha piovuto solo due volte a Rodas nell'ultimo mese: il giorno in cui sono arrivato e oggi, il mio ultimo giorno qui, con i miei amici. Era tanto tempo che non mi godevo la pioggia; in faccia, con gli occhi chiusi e le braccia aperte verso il cielo. Siamo stati per due ore sotto l'acqua e anche dentro, perché ci siamo tuffati vestiti nel torrente. Penso di aver perso vent'anni di vita e non tanto per i cavalli che facevano il bagno assieme a noi, ma perché, se due più due fa quattro, quell'acqua non era delle più salubri. Ma in fondo qui a Rodas dimostro circa dieci anni in meno dei miei coetanei, credo per via dell'amianto e di tutto il resto, e così ora siamo pari: domani mi spunteranno delle rane viola tra i capelli. Però, aprire le braccia alla pioggia che scrosciava tutta attorno a noi, facendo esplodere il torrente, e vedere le facce sorridenti di questi miei nuovi amici, sentirmi libero e sporco di fango, pulirmi i piedi nelle pozzanghere, continuare a parlare e ridere sotto l'acqua, tutto questo è stato indimenticabile. E lo sarà per sempre. Domani ritornerò nel primo mondo, il mondo iperconnesso dove le pozzanghere si evitano, dove tutto è più efficiente, veloce, dove alle elezioni si può scegliere chi votare e molto altro. Quanti sentimenti si mescolano dentro di me... Il dispiacere di non vedere più queste persone, il piacere di averle incontrate, la tristezza di vederle vivere in un paese che non li merita, la voglia di rivedere gli amici che ho lasciato in Italia... Ho il cuore così pieno che non ci sta più nulla. Oggi ho solo voglia di ricordare, di godermi per la prima volta il piacere di ripensare a quello che ho vissuto qui. In questo mese ho ricevuto una quantità di affetto, forse perfino d'amore, che mi sarà impossibile dimenticare queste persone, di cui sentirò la mancanza da domani. Non puoi capire. In questo diario mancano tante cose: le voci, i volti, gli sguardi, alcune lettere, dialoghi, persone, rumori, odori, 61 suoni, canzoni, sapori, profumi e mille altre cose che su un pezzo di carta proprio non ci vogliono stare. Chissà se li rivedrò ancora, se tornerò ancora a Cuba. Non voglio vivere pensando di non poter più condividere dei momenti con loro. Forse un giorno potranno venire in Italia, ma per il momento è impossibile: qui un biglietto aereo ha un costo esorbitante. Per intanto gli aerei li guardano da quaggiù, fantasticando: piccole isole volanti di un mondo libero che a loro è negato. Spero di poter tornare qui, spero di poter visitare una scuola di musica aperta a tutti, spero di incontrare un sacco di ragazzini che avranno potuto imparare a suonare in modo semplice e libero. Spero che un giorno a Cuba venga la neve. Un metro di neve fresca, bianca, abbagliante. Spero che un giorno, finalmente, tutti i sogni di questi ragazzi diventino realtà. Vedremo. Ojalà, come si dice qui. Ojalà, così sia. 62 Lunedì 29 aprile Viaggiare non è spostarsi nel mondo, ma è avere occhi e cuore per le persone e le cose che ci stanno attorno. E allora, Lorenzito, quando diventerai davvero un viaggiatore? Quando imparerai a desiderare solo ciò che ti è già stato donato e smetterai di vivere la vita come un'eterna, inutile conquista? Ormai sei arrivato Lorenzito, il viaggio inizia ora. Io 63 Ancora due parole Sei sei giunto fino a questo punto vuol dire o che sono stato bravo oppure che sei una persona molto paziente, penso più la seconda: in genere i diari sono molto noiosi per chi non li scrive. In ogni caso forse hai voglia di aiutarmi a realizzare il progetto della scuola musicale di Rodas, assieme a quello di Bujumbura, in Burundi, e di altri che intendo attivare in altri paesi. Potresti avere qualche vecchio strumento da donare, forse potresti essere in grado di riparare quelli donati da altre persone, potresti voler sostenere l'acquisto e la spedizione di qualche “Chiquitica”, la chitarrina da tre euro, oppure di altri strumenti musicali. Forse vorresti andare anche tu in qualche paese ad insegnare musica per un mesetto, oppure ti andrebbe di organizzare qualche concerto in Italia, o in altri paesi, per raccogliere dei fondi da destinare a questi progetti. O forse, e lo preferirei, l'idea migliore per aiutarmi sta nella tua testa e non nella mia. Comunque sia, sto cercando di creare un piccolo team di persone che lavorino su tutto questo e, se ti va, puoi contattarmi scrivendomi a [email protected]. Se invece vuoi semplicemente ricevere gli aggiornamenti sugli sviluppi di questa e di altre iniziative, oppure vuoi che un altra persona scarichi il file pdf di questo diario, puoi indirizzarla a questa pagina web: www.updoo.it/world. Se hai ricevuto una copia cartacea di questo libro, allora non l'hai pagata nulla, perché è gratis. Se qualche persona deciderà di donarmi degli euro per stamparne altre copie, ne sarò felice: vorrà dire che questo diario le è piaciuto e vorrebbe che anche altri lo ricevessero gratuitamente. Vorrei regalarlo a più persone possibile, non tanto per raccontare il mio viaggio, ma per diffondere i progetti di sviluppo musicale a sfondo sociale. È scontato, ma doveroso, che io ti garantisca che non ricaverò economicamente mai nulla da questi progetti, se non in termini umani, affettivi e musicali. 64 Se vuoi ascoltare la musica, vedere i video e le fotografie relative a questo diario puoi visitare la mia pagina Facebook: www.facebook.com/lorenzofriz. Se vuoi sapere cosa combino quando non sono in paesini sperduti ad insegnare musica puoi visitare il mio sito: www.lorenzofrizzera.it, d a l q u a l e p o t r a i s c a r i c a r e gratuitamente un po' delle mie composizioni, sapere le date dei miei concerti, iscriverti alla mia newsletter e molto altro. 65 Ringraziamenti A suor Anna, per la pazienza, infinita pazienza, santissima pazienza portata con uno scriteriato e confuso essere come me. A Mercedes e Carlos che mi hanno ospitato come un terzo figlio, che mi hanno dato aria condizionata, ventilatore, magliette, cibo, ma soprattutto pazienza con il mio povero spagnolo, un affetto gigantesco e risate infinite fino a notte fonda. A Victor perché grazie a lui ora “Yo tengo mas que un leopardo”, a Marco per il motto prima di ogni pasto, quello che sta all'inizio di questo diario, a José per avermi svegliato ogni mattina presto ricordandomi che quando hai due anni non c'è tempo da perdere, a Maria de Jesus perché ha il dono divino di copiare le poesie giuste al momento giusto, a Melissa perché ovviamente un giorno sarà una donna importante, a Yesenia perché verrà il momento in cui le offrirò una bistecca fiorentina e piangeremo di gioia dicendo frasi senza senso, a Cesar perché ora sa cosa significhi portare il peso della leadership e ne ha il talento, a Yasniel perché mi ha insegnato come si fa a farsi rispettare da un cavallo, a Frank perché mi ha insegnato che l'amore è meno appariscente ma ha più senso di un asteroide che cade, a Yane perché ha negli occhi tutto l'ottimismo che serve al suo popolo, ad Ernesto perché un giorno mi restituirà la maglietta e ci abbracceremo ancora, a Carlito per avermi prestato i soldi dopo che la cameriera ci ha inseguito per farci pagare, a Neife perché vorrei essere sempre giovane come lei, a tutte le persone che, durante le mie lezioni, mi hanno insegnato cose molto più importanti della musica. A Sonko perché è l'unico pappagallo che quando cade un mango dice: “Buenas Dias!” A Giuliano perché i migliori tour operator ormai ci fanno un baffo, a Dario per avermi telefonato la prima volta dando 66 inizio a tutto questo, a tutti i soci dell'associazione Spagnolli Bazzoni per la loro generosità, alle cento persone che mi hanno donato i soldi per vivere questa esperienza, perché, nonostante mi abbiano visto bene in faccia, inspiegabilmente mi hanno creduto. A Flavia e a tutti i bambini di Rodas perché, in qualunque situazione mi troverò, mi basterà ricordare il loro sguardo per sorridere. A Giulia, Teresa, Elena, Manel, Rosio, Maricarmen, Adriana, Sunsen, Olgita, Marlon, Titico, Albei, Pedro e tutte le altre persone di cui non ricordo il nome. Grazie. Ad Ornella per essere stata una fantastica compagna di viaggi, a Yasnay per avermi scritto una cosa che non dimenticherò e soprattutto a Merlyn: per avermi capito senza che io le spiegassi nulla. 67 Enti e associazioni partner Ci sono vari enti e molte persone che mi hanno aiutato a realizzare questi progetti e vorrei che tu ne sapessi qualcosa in più. Innanzitutto l'associazione Spagnolli Bazzoni, che si occupa di molte attività, specialmente nel continente africano. Il supporto dei soci di quest'associazione è stato grande, fin dall'inizio, sia in termini economici che logistici e umani. Non finirò mai di ringraziarli. Puoi trovare tutte le informazioni, le opere e gli eventi sul sito www.spagnollibazzoni.org. Poi l'associazione Tuko Pamoja, fondata e diretta da Claire Olivier Gatabazi, la Direttrice della scuola di musica di Bujumbura in Burundi. Se conosci le dinamiche delle associazioni italiane e le loro mille difficoltà, forse puoi farti un'idea di quanto possa essere eroico affrontare tutto questo in un paese come il Burundi. Grande Claire! Gli strumenti musicali della scuola di Bujumbura sono stati raccolti, riparati e inviati tramite un container dall'associazione belga Rock Bujumbura. Personalmente sono il fondatore di una piccola realtà, quella che oggi si dice una startup, in cui lavoro con collaboratori molto giovani e talentuosi. Si chiama UpDoo! ed è una music factory suddivisa in tre aree: didattica musicale, produzione musicale e progetti di sviluppo musicale in aree svantaggiate. Quest'ultima parte si chiama UpDoo! World e questo diario si inserisce in queste attività come veicolo di comunicazione dei vari progetti che stiamo promuovendo. Il sito è www.updoo.it e visitandolo troverai anche alcuni suggerimenti sulle modi in cui potrai aiutarmi a realizzare questi progetti, se vorrai. 68 Eccetto dove diversamente indicato il contenuto di questo testo è pubblicato sotto la licenza Creative Commons Attribution 3.0 In copertina: neve. Progetto grafico e fotografia: Lorenzo Viesi “Ti auguro di ottenere ciò che aneli, più di ciò di cui hai bisogno” In questa frase, scritta da una ragazzina cubana, si condensa il senso di questo viaggio, nato con l’intenzione di creare una scuola di musica in un piccolo paesino cubano. La musica non è un bene indispensabile come il cibo, la casa, i medicinali e l’istruzione, ma ha ali possenti per far volare l’anima delle persone sopra questi bisogni: lenisce il dolore, placa la solitudine, unisce la gente e getta ponti tra mondi distanti. Ecco perché, ad un certo punto, sono volato fino a Cuba. Questo è il diario che ho scritto mentre mi trovavo là, ad insegnare a suonare e ad imparare cose molto più importanti della musica, su me stesso e sulla vita. Lorenzo Frizzera | Diario di Cuba. La musica, aspettando la neve Lorenzo Frizzera Diario di Cuba la musica, aspettando la neve.