Board Scientifico Multidisciplinare
HIV/AIDS e osteoporosi
Fabio Vescini
L’osteoporosi è una malattia del tessuto osseo che aumenta la fragilità dello scheletro e, di conseguenza,
può provocare fratture per traumi di lieve entità o, addirittura, senza eventi traumatici. Questa malattia,
che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, rappresenta una tra le principali cause di disabilità e la sua
frequenza le conferisce sempre più le caratteristiche di malattia sociale.
Si calcola che in Italia soffrano di osteoporosi tra i 4 e i 5 milioni di persone e che, dopo i 50 anni, siano
affetti da questa patologia una donna su tre e un uomo su dieci.
L’osteoporosi può essere primitiva o secondaria.
La forma primitiva è, principalmente, costituita dalle osteoporosi postmenopausale e senile. A livello di
tutte le ossa del nostro scheletro avvengono continuamente due processi, uno di neoformazione e l’altro di
riassorbimento, che costituiscono il rimodellamento osseo. La perdita di massa ossea può essere il risultato
di una ridotta formazione del tessuto osseo, di un eccessivo riassorbimento oppure di entrambe le
condizioni. La drastica diminuzione del livello di ormoni estrogeni, che avviene dopo la menopausa,
accelera i processi di riassorbimento osseo, sbilanciando l’equilibrio del rimodellamento e, in ultima analisi
inducendo una perdita netta di massa ossea. Inoltre l’osso, come qualsiasi altro tessuto, organo od
apparato, tende ad invecchiare e con il passare degli anni si assiste ad una naturale riduzione della massa
ossea dovuta sia ad un rallentamento della neodeposizione di osso, sia ad un incremento del
riassorbimento di questo tessuto.
Le forme secondarie si presentano in corso di altre patologie (es. iperparatiroidismo, ipertiroidismo,
ipogonadismo, ipercortisolismo, celiachia, insufficienza renale cronica, artrite reumatoide, connettiviti), in
seguito all’uso di farmaci (cortisonici, antiepilettici, anticoagulanti, alcuni farmaci utilizzati per la cura dei
tumori della mammella e della prostata), o per squilibri nutrizionali (dieta povera di calcio, carenza di
vitamina D).
L’infezione da virus HIV e la terapia con alcuni farmaci antiretrovirali costituiscono cause ben note di
osteoporosi secondaria. Con l’avvento di trattamenti sempre più efficaci si è assistito ad un incremento
della vita media dei pazienti sieropositivi, tanto che ormai si può definire l’infezione da HIV come una
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condizione cronica. L’aumento dell’aspettativa di vita ha consentito, a questi pazienti, di invecchiare,
sommando, tuttavia, al rischio di osteoporosi secondaria all’HIV anche quello pertinente alla forme
primitive: non va dimenticato, infatti, che la menopausa nelle donne e l’invecchiamento, in entrambi i sessi,
sono le principali cause di osteoporosi nella popolazione generale.
L’ osteoporosi è praticamente asintomatica, finché non si verifica una frattura che, purtroppo, compare
quando la malattia è già in fase avanzata. Le fratture da osteoporosi si manifestano anche a seguito di
traumi molto modesti e, con maggiore frequenza, colpiscono le vertebre, il polso e, in età più avanzata, il
femore. Il singolo evento fratturativo esercita il cosiddetto “effetto domino”, incrementando
esponenzialmente il rischio di successive fratture. Questo è particolarmente evidente a livello della colonna
vertebrale: nel momento i cui i cedimenti somatici ne alterano la statica e la dinamica, nessuna terapia, né
farmacologica, né chirurgica, né fisiatrica, è in grado di dare una guarigione completa. Per questo motivo
l’intervento primario medico deve assicurare una efficace prevenzione della frattura.
Prima di tutto, però, va posta una diagnosi corretta: l’unico strumento in grado di identificare l’osteoporosi
è il densitometro, con il quale si esegue, appunto, la densitometria ossea (DXA), detta anche
mineralometria ossea (MOC). Questa indagine è indolore, non invasiva, sicura, accessibile a qualsiasi età e
comporta un’irrilevante esposizione radiante per i pazienti. Esistono in commercio anche altre
apparecchiature che, al posto dei raggi X, utilizzano gli ultrasuoni. Si tratta in pratica di ecografie dell’osso
tra le quali, quella condotta sul calcagno, si è dimostrata particolarmente valida. Va ricordato che queste
metodiche non consentono la diagnosi di osteopenia e osteoporosi, ma permettono solo di predire il
rischio di frattura in misura uguale, o addirittura, superiore alla DXA.
Per una corretta gestione clinica del paziente con osteoporosi non ci si deve limitare solo all’indagine
densitometrica, ma è necessario eseguire anche esami di laboratorio, utili per escludere la presenza di altre
malattie, oltre all’HIV, responsabili dell’osteoporosi (osteoporosi secondarie).
Infine può essere utile eseguire una radiografia della colonna dorso-lombare, per escludere la presenza di
eventuali deformazioni vertebrali, particolarmente in quei pazienti che presenta una riduzione della propria
altezza.
La prevenzione non farmacologica dell’osteoporosi è basata sostanzialmente sulla correzione dei fattori di
rischio (es. dieta con adeguato apporto di calcio, mantenimento di un ottimale stato vitaminico D, regolare
attività fisica, cessazione del fumo, riduzione del consumo di caffè e alcol e prevenzione delle cadute),
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mentre la terapia medica comporta l’impiego di farmaci efficaci nel ridurre il rischio di frattura. Va
sottolineato che alcune di queste formulazioni terapeutiche sono già state impiegate con successo nei
pazienti sieropositivi con osteoporosi e/o fratture.