Progetto Dottorato XXVIII ciclo - Dipartimento di Scienze della Terra

Progetto Dottorato di ricerca XXVIII ciclo – Scienze della Terra
Igor Stelluti (matricola: 1044282)
TITOLO
I prodotti vulcanici metamorfosati dell’area sud-occidentale dell’Etna:
studio mineralogico di dettaglio e implicazioni genetiche e ambientali
Obiettivo della ricerca
Il presente progetto prevede lo studio delle particolari mineralizzazioni che caratterizzano i prodotti lavici
dell’area sud-occidentale dell’Etna. In questa prima fase particolare attenzione sarà rivolta alla località di S. M.
di Licodia, prevedendo comunque di estendere lo studio ad aree limitrofe, anche in direzione Est.
Più in dettaglio lo studio si concentrerà su minerali fibrosi rinvenuti nei prodotti vulcanici etnei appartenenti
alla formazione del “Monte Calvario” che comprende le località di Santa Maria di Licodia e di Biancavilla,
quest’ultima già ampiamente studiata di recente per la presenza della fluoro-edenite fibrosa. A Santa Maria di
Licodia è presente l’ortopirosseno aciculare e fibroso, morfologia assai rara per questo minerale e quindi di
grande interesse, sia mineralogico che per l’aspetto ambientale.
Inquadramento geologico e vulcanologico dell’area di studio
L’area di studio è ubicata sul fianco sud-occidentale nel Mt. Etna. Il Mt. Etna è un vulcano composito di
elevazione 3340 mt s.l.m. costituito nella parte basale da pillow lave da tholeiitiche a transizionali datate da
500 a 220 ka, mentre la massa principale dell’edificio vulcanico è costituita da prodotti Na-alcalini, quali lave e
tephra, eruttati negli ultimi 220 ka. La successione alcalina del Mt. Etna è stata divisa in quattro fasi principali:
Centri Alcalini Antichi (220 - 100 ka), Trifoglietto (80 - 60 ka), Ellittico (o Antico Mongibello 60 - 15 ka) e
Mongibello recente (15 ka – recente). Branca et al. (2008; 2011) ha definito le ultime tre fasi maggiori per le
successioni alcaline sulla base dell’Unconformity-Bounded Stratigraphic Units: Timpe (220 - 120 ka), Valle del
Bove (120 – 80 ka) e Statovulcano (80 ka – presente). Le rocce vulcaniche che verranno studiate per il progetto
di ricerca sono state eruttate durante l’ultima fase del Vulcano Ellittico, accompagnata dal collasso calderico. I
prodotti dell’Ellittico affiorano soprattutto nei fianchi Est, Sud-Ovest e Nord-Est del Mt. Etna.
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La Formazione di Monte Calvario consiste in flussi di lava viscosa e spesso autoclastica, talvolta laminare,
alimentati da fessure periferiche eruttive orientate NE-SW collocate sul basso fianco SW del Mt. Etna. Le
fessure eruttive sono collocate presso le località di Biancavilla, Ragalna e Santa Maria di Licodia. Questi flussi di
lava porfiritica, con fenocristalli di plagioclasio, pirosseno, olivina e diffusi aggregati di plagioclasi e pirosseni,
hanno pasta di fondo scura, rossastra se alterata, e composizione benmoreitica (alcuni tra benmoreitica e
mugearitica). Le fessure eruttive sono caratterizzate da rilievi allungati di brecce, spesso profondamente
alterati da circolazioni idrotermali. Questi processi hanno alterato la pasta di fondo e a volte anche i
fenocristalli, e hanno causato la deposizione di minerali di ematite, tremolite e fluoro-edenite. Lo spessore dei
flussi lavici è compreso tra 20 e 100 m; e l’età della formazione è compresa tra 18,1 e 15 ka basato su relazioni
stratigrafiche; datazione sulle rocce danno un’età di 14,5 ka (ma le lave sono spesso molto alterate).
Stato dell’arte della ricerca
Il progetto di ricerca si colloca in un più ampio lavoro condotto dal dipartimento di Scienze della Terra della
Sapienza, che partendo dalle peculiarità mineralogiche dell’aria di interesse, ha fornito importanti informazioni
di carattere genetico e ambientale, in particolare ci si riferisce allo studio condotto sui prodotti del Mt. Calvario
in località Biancavilla studiati da un gruppo di ricerca della Sapienza, e i prodotti del doma vulcanico di Santa
Maria di Licodia studiati nel mio lavoro di tesi specialistica.
Il doma vulcanico di Santa Maria di Licodia è collocato nella parte Est dell’area vulcanica di Biancavilla. Sono
presenti alcune differenze significative rispetto ai prodotti di Biancavilla, come la presenza di ortopirosseno
aciculare e fibroso al posto della fluoro-edenite fibrosa. L’ortopirosseno fibroso in generale è raro; è stato
rinvenuto prevalentemente in rocce metamorfiche e in xenoliti ultramafiche ed è stato interpretato come un
prodotto autometasomatico di magmi idrati. Non ci sono evidenze in letteratura sulla presenza di
ortopirosseno fibroso in ambiente vulcanico. Risultati preliminari sugli studi avviati su campioni di lava
inalterata e su porzioni alterate del doma hanno mostrato che tali prodotti non sono stati interessati da
processi metasomatici. L’ortopirosseno mostra diverse morfologie da prismatico ad aciculare a fibroso. Mentre
nella roccia massiva è prevalente la morfologia prismatica, nella frazione brecciata si ritrova sia quella
prismatica che fibrosa. L’ortopirosseno fibroso è associato a feldspato sodico (Na), clinopirosseno augitico,
apatite e ossidi di Fe-Ti. Studi al SEM-EDS hanno suggerito una composizione variabile dell’ortopirosseno. Studi
di diffrazione di raggi X hanno definito l’ortopirosseno come enstatite e ferro-enstatite, composizioni
confermate anche dalla microanalisi. Differenze nella morfologia corrispondono anche a differenze
composizionali, in particolare nel contenuto di Fe: le morfologie prismatiche e aciculari mostrano composizioni
con contenuti alti in Fe (FeO 18 – 20 wt%), mentre la morfologia fibrosa presenta contenuti minori (FeO<11%).
Inoltre, il contenuto maggiore in Fe è seguito da un approssimativo aumento in Ca di circa 1% in peso. La
variazione morfologica, con le relative composizioni, potrebbe essere giustificata da una cristallizzazione
dovuta a differenti condizioni di messa in posto, principalmente differenze di temperatura e velocità di
raffreddamento. L’ortopirosseno fibroso rinvenuto nell’area di studio può rappresentare un potenziale rischio
per la salute umana in quanto è comparabile nella morfologia e nel contenuto di Fe-Mg alla fluoro-edenite di
Biancavilla, segnalata come causa di patologie da inalazione di fibre minerali nella popolazione locale.
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Materiali e metodi
Campionamento e preparazione dei campioni. I campioni della formazione di interesse sono rappresentati da
un lato da prodotti litoidi, corrispondenti alle lave inalterate e alterate del sistema di dicchi e domi lavici, e
dall’altro da porzioni di materiale incoerente che corrispondono alle lave autobrecciate del doma. Per quanto
riguarda le porzioni più incoerenti in cui sono state rinvenute fasi minerali fibrose si dovranno sviluppare
metodi specifici per la preparazione e le analisi dei campioni. Verranno messi a punto dei metodi per arricchire
in fibre minerali specifiche i campioni di materiale sciolto; si effettueranno separazioni gravimetriche in acqua
attraverso le seguenti fasi: setacciatura in umido del campione, dispersione del passante in acqua distillata,
prelievo di campioni di soluzione a tempi fissi, analisi diffrattometrica dopo ogni prelievo per verificare
l’arricchimento.
Caratterizzazione minero-petrografica attraverso microscopia ottica ed elettronica. Il microscopio ottico a luce
polarizzata verrà utilizzato per effettuare analisi mineralogico-petrografiche dei minerali presenti nelle rocce e
nelle porzioni autobrecciate. Il microscopio elettronico a scansione verrà utilizzato sia per analisi di immagine
(SEM) che di tipo composizionale (EDS). Per questo studio verrà utilizzato il SEM modello ZEISS DSMA 140
presente nel Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Per le analisi
dei minerali micrometrici fibrosi di pirosseno si dovrà mettere a punto un metodo di standardizzazione
sfruttando la composizione del pirosseno prismatico di composizione nota.
Analisi minerochimiche attraverso microsonda elettronica. Le analisi in microsonda elettronica permetteranno
di determinare la composizione chimica puntuale delle fasi presenti nei campioni scelti e calcolarne la formula
cristallochimica. Questo strumento permette di rilevare la presenza di zonature, inclusioni o alterazioni
all’interno dei cristalli. Lo strumento di analisi sarà la microsnoda elettronica CAMECA del CNR-IGAG, Sezione di
Roma, avente cinque spettrometri WDS (Wave Dispersive System), e uno EDS (Energy Dispersive System).
Analisi cristallochimiche per interpretazioni minerogenetiche (TEM). La Microscopia Elettronica a Trasmissione
(TEM) è una metodologia ampiamente utilizzata in campo mineralogico, sia per indagini morfologiche che per
quelle di tipo cristallochimico, data la versatilità dell'apparecchiatura, capace di offrire numerose opportunità
operative. Oltre ad immagini ad alto ingrandimento e ad alta risoluzione (HRTEM), il TEM permette di eseguire
microanalisi puntuali e diffrazioni elettroniche orientate (SAED), le quali danno la possibilità di effettuare
misure dirette di distanze reticolari finalizzate ad indagini strutturali del minerale in studio. Questa
metodologia si presta molto bene allo studio delle fibre minerali date le loro dimensioni e le loro composizioni
chimiche molto complesse, che necessitano di approfonditi studi strutturali ai fini di una loro indubbia
definizione e classificazione. Le indagini saranno eseguite presso il laboratorio TEM del Dip. di Scienze della
Terra dell’Università di Siena.
XRPD per analisi diffrattometriche e cristallochimiche. Il metodo delle polveri a Raggi X verrà utilizzato sia per
identificare le fasi presenti all'interno dei campioni delle porzioni autobrecciate del doma, sia per identificare
altri minerali, come ad esempio gli ossidi, opportunamente separati dagli altri minerali presenti nella
concrezione della roccia. Il campione viene preparato sotto forma di una sottilissima polvere e posto in un
capillare (per metodo di affinamento Rietveld) o su una base di silice (portacampione 'zerobackground').
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Spettroscopia di assorbimento di raggi X in radiazione di sincrotone. Applicazioni mineralogiche di questa
tecnica sono: la determinazione dell’intorno locale di un catione (anche per elementi in traccia), del suo stato
di ossidazione e della distribuzione dei siti; l’individuazione di eventuali ordini a corto raggio o di effetti di
clustering. Questa tecnica è stata scelta in quanto assume notevole importanza per gli aspetti mineralogici,
cristallochimici e genetici, ma anche per quelli di tipo ambientale e sanitario. Infatti il contenuto di ferro ferroso
sembra essere il principale responsabile, insieme alla morfologia, delle malattie da inalazione di fibre minerali.
Le analisi in luce di sincrotone verranno effettuate all’European Synchrotron Radiation Facility (Grenoble, FR).
Inductively Couplet Plasma-Massa (ICP-MS). Verranno effettuate le analisi chimiche attraverso ICP-MS degli
stessi campioni per evidenziare eventuali variazioni composizionali all'interno delle rocce; in particolare lo
studio degli elementi minori ed in traccia sarà un valido ausilio per determinare le condizioni di formazione di
tali prodotti. Le analisi della roccia in toto verranno condotte presso il laboratorio Activation Laboratories
(Ontario, Canada), effettuando le analisi attraverso l'uso di standard certificati. Tramite questa tecnica saranno
analizzate anche le fasi fibrose, precedentemente arricchite. Le analisi dei campioni fibrosi saranno condotte
presso il centro di ricerche dell'ENEA. Lo studio mineralogico verrà correlato con dati geochimici per le
interpretazioni dei processi minerogenetici e petrogenetici.
Aspetti innovativi e risultati attesi
Il progetto di ricerca, di impostazione multidisciplinare, cercherà di fare luce sui processi di trasformazione in
ambiente vulcanico grazie al variabile e diversificato contenuto mineralogico; in particolare studiando i
fenomeni e le condizioni che hanno portato alla formazione di minerali aciculari micrometrici e fibrosi nei
prodotti della formazione del Mt. Calvario. Il Progetto si propone di mettere in luce i meccanismi termochimici
e cinetici che hanno portato alla formazione di minerali di morfologia fibrosa in questo ambiente vulcanico.
Oltre ad un evidente valore scientifico nel campo delle scienze della Terra di carattere minerogenetico, il
progetto di dottorato proposto prevede anche una valutazione del potenziale rischio di pericolosità per l’uomo
in funzione del comportamento di tali minerali nel contesto genetico di formazione e in aree limitrofe a causa
delle potenzialità di diffusione e di dispersione ambientale delle fibre minerali.
Cronogramma
Primo anno: campionamento dei prodotti appartenenti alla formazione del Mt. Calvario tra le località di SML,
Ragalna e nelle località limitrofe, spostandosi verso est.
Inizio preparazione campioni e prime analisi minero-petrografiche.
Metodi di arricchimento di minerali fibrosi.
Si prevedono periodi di permanenza alternati di alcuni mesi a Grenoble (ERSF), per eseguire le analisi al
Sincrotrone sui minerali fibrosi riscontrati durante il presente studio; e a Siena per eseguire le indagini
cristallochimiche al TEM.
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Secondo anno: studio mineralogico e cristallochimico dell’ortopirosseno fibroso e delle altre fasi minerali
micrometriche associate, ad elevato impatto ambientale.
Studio mineralogico degli ossidi di Fe e Ti a fini petrogenetici.
Analisi geochimiche delle rocce e implicazioni evolutive e genetiche.
Terzo anno: correlazioni tra i vari prodotti analizzati a fini minerogenetici e vulcanologici.
Stima di impatto ambientale dei minerali inalabili.
Stesura tesi.
attività didattiche
Primo anno: Chimica fisica 2 (9 cfu) Prof. Gigli corso di Laurea Chimica.
Secondo anno: Geologia e rilevamento del vulacanico (6 cfu) Prof. Palladino;
Magmatismo cenozoico del Mediterraneo (9 cfu) Prof. Lustirno corso di Laurea M. Geologia di Esplorazione.
Strutturistica chimica diffrattometrica (6 cfu) Prof. Portalone corso laurea M. Chimica.
Inoltre è prevista la partecipazione del candidato durante i tre anni, a seminari e convegni organizzati sia dal
Dipartimento di Scienze della Terra sia da strutture esterne.
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