GRUPPI PSICOEDUCAZIONALI DIRETTI AI FAMILIARI DI PAZIENTI CHE SOFFRONO DI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE A cura di Dott.ssa Silvia Fronza : +393931589465 [email protected] COSA SONO I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE? I Disturbi del Comportamento Alimentare si caratterizzano per : un rapporto alterato con il cibo un’alimentazione disordinata (caotica ossessiva ritualizzata) un’alterazione della percezione del corpo e delle sue forme. In un disturbo alimentare conclamato tali caratteristiche influenzano fortemente l’autostima e compromettono la qualità della vita. Il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM IV-TR) suddivide i Disturbi del Comportamento Alimentare in tre categorie: ANORESSIA NERVOSA BULIMIA NERVOSA DISTURBI ALIMENTARI NON ALTRIMENTI SPECIFICATI (DISTURBI NAS) ANORESSIA NERVOSA L’Anoressia Nervosa si caratterizza per: Il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o vicino al peso minimo per l’età e la statura BMI= PESO IN KG/ALTEZZA² L’indice di massa corporea (Body Mass Index) è un indice che consente di stimare i range di sottopeso-normopeso o sovrappeso di una persona, dividendo il peso per il quadrato dell’altezza. BMI compreso tra 18-25 = normopeso BMI < 18 = sottopeso BMI >25 = sovrappeso BMI < 17.5= è uno dei criteri per l’Anoressia Nervosa Intensa paura di ingrassare o di acquistare peso anche quando si è sottopeso Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso: Forte relazione tra il peso e la percezione/accettazione del proprio corpo Eccessiva influenza di peso e corpo sui livelli di autostima Diniego della gravità della attuale situazione di sottopeso Presenza di amenorrea (assenza del ciclo mestruale) della durata almeno di tre cicli mestruali consecutivi Possono distinguersi due differenti sottotipi di Anoressia Nervosa: 1. SOTTOTIPO RESTRITTIVO: si caratterizza per un notevole restringimento dell’alimentazione, non presenta né condotte di abbuffate nè condotte di eliminazione 2. SOTTOTIPO BULIMICO: si caratterizza per la presenza di regolari abbuffate e può presentare o meno condotte di eliminazione CHE COS’E’ UN’ABBUFFATA? L’abbuffata può essere definita come l’ingestione di una grande quantità di cibo in un breve periodo di tempo (spesso meno di due ore) l’ingestione del cibo è accompagnata da una sensazione di perdita di controllo L’ingestione di cibo non è giustificata dal senso di fame e dal raggiungimento della sazietà E’ inoltre possibile distinguere: 1. ABBUFFATE OGGETTIVE: caratterizzate dall’ingestione di grandi quantità di cibi (spesso ipercalorici) le cui calorie frequentemente si aggirano tra le 2000 e le 5000. 2. ABBUFFATE SOGGETTIVE: caratterizzate dall’ingestione di cibo per un ammontare calorico al di sotto delle 2000 Kcal, che tuttavia viene soggettivamente percepito come un evento catastrofico e disturbante al pari dell’abbuffata oggettiva. CHE COSA SONO LE CONDOTTE COMPENSATORIE? Le condotte eliminatorie possono essere definite come quei comportamenti volti a contrastare l’incremento ponderale. Tali comportamenti possono vedere il soggetto intento ad eliminare in qualche modi il cibo ingerito oppure affaccendato nel cercare di neutralizzarne l’effetto senza ricorrere all’eliminazione. CONDOTTE ELIMINATORIE Vomito autoindotto Abuso di lassativi o enteroclismi Abuso di diuretici CONDOTTE COMPENSATORIE SENZA ELIMINAZIONE esercizio fisico digiuno restrizione alimentare BULIMIA NERVOSA La Bulimia Nervosa si caratterizza per: presenza di ricorrenti abbuffate frequente ricorso ad inappropriati comportamenti compensatori quali digiuno, esercizio fisico o condotte eliminatorie allo scopo di prevenire l’incremento ponderale. Le abbuffate si verificano in media con una frequenza di due volte alla settimana per un periodo di tre mesi Il peso e la forma corporea influenzano fortemente l’autostima L’alterazione non si presenta esclusiavamente durante un episodio di Anoressia Nervosa Anche per la Bulimia Nervosa è possibile distinguere due differenti sottotipi: 1. SOTTOTIPO CON CONDOTTE DI ELIMINAZIONE: il soggetto utilizza regolarmente condotte di eliminazione che possono essere o meno accompagnate da altri comportamenti compensatori. 2. SOTTOTIPO SENZA CONDOTTE DI ELIMINAZIONE: il soggetto utilizza costantemente i comportamenti compensatori senza dedicarsi però alle condotte eliminatorie IL CROSS-OVER ANORESSIA BULIMIA Si parla di CROSS-OVER Anoressia-Bulimia per indicare il passaggio nello stesso paziente dalla condizione Anoressica a quella Bulimica. In ambito clinico si riscontrano con molta frequenza questi intrecci e ciò sembra fornire una conferma dell’ipotesi secondo cui i Disturbi Alimentari si disporrebbero lungo un continuum. LO SPETTRO OSSESSIVO COMPULSIVO Un’altra ipotesi sostenuta da alcuni filoni di ricerca consiste nel collocare l’Anoressia e la Bulimia Nervosa all’interno dello spettro ossessivo-compulsivo. Lo spettro ossessivo compulsivo comprende tutti quei disturbi caratterizzati dalla presenza di ossessioni (idee, pensieri, immagini mentali che occupano la mente del soggetto, contro la sua volontà, in modo persistente, pervasivo e ricorrente) e compulsioni ( comportamenti o azioni mentali obbligate e stereotipate che la persona è costretta ad eseguire per ridurre l’ansia e il disagio provocati dalle ossessioni o per prevenire gli eventi temuti). I Disturbi Psichiatrici facenti parti dello spettro ossessivo-compulsivo sono: Disturbo Ossessivo Compulsivo Tricotillomania Gioco d’Azzardo Patologico Shopping Compulsivo Secondo alcuni studiosi anche i Disturbi del Comportamento Alimentare (AN e BN) farebbero dunque parte dello spettro ossessivo-compulsivo laddove le ossessioni sarebbero rappresentate da pensieri quali: paura di mangiare paura di ingrassare pensiero ricorrente del peso pensiero circa le dimensioni del proprio corpo pensiero ricorrente delle Kcal ecc.. e le compulsioni consisterebbero nella messa in atto di comportamenti quali: pesare il cibo pesarsi ripetutamente mangiare solo alcune qualità di cibo ed evitarne altre+ calcolare continuamente le Kcal degli alimenti fare body checking I DISTURBI ALIMENTARI NON ALTRIMENTI SPECIFICATI Nell’ultima edizione del DSM-IV compare questa nuova voce che conferisce rilievo a sindromi parziali forme di disturbo che rispondono solo ad alcuni criteri previsti dal Manuale per la diagnosi di un DCA Rientrano in questa categoria: forme di esordio atipiche forme in fase di sviluppo rispetto a patologie conclamate Sebbene abbia alcune caratteristiche distintive, l’ultima edizione del DSM ascrive a questa categoria anche il Binge Eating Disorder (Disturbo da Alimentazione Incontrollata), una patologia alimentare ad oggi molto diffusa. DISTURBO BED (Binge Eating Disorder) Il disturbo BED viene definito dai seguenti criteri: Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata Abbuffate Sensazione di perdita di controllo Gli episodi di alimentazione incontrollata risultano associati a tre (o più) dei seguenti sintomi: Mangiare molto più rapidamente del normale Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando Sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi o molto in colpa dopo le abbuffate Marcato disagio dovuto al mangiare incontrollato Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta in media 2 volte alla settimana per un periodo di almeno 6 mesi Assenza di condotte eliminatorie e di altri comportamenti compensatori Non si verifica nel corso di un episodio di Anoressia o Bulimia Nervosa Bisogna precisare che… LA MAGGIOR PARTE DEI SOGGETTI CON BED E’ SOVRAPPESO IL 10% DEI CASI HA UN BMI COMPRESO TRA 28 E 31 IL 15% DEI CASI HA UN BMI COMPRESO TRA 31 E 42 I COSTRUTTI NUCLEARI DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE PERFEZIONISMO CLINICO Con il termine Perfezionismo clinico si fa riferimento alla tendenza a perseguire standard molto elevati sotto tutti i punti di vista, nonostante ciò possa implicare conseguenze avverse (emotive, sociali, fisiche, cognitive, comportamentali). Fanno parte dei comportamenti relativi al Perfezionismo PORSI STANDARD ESTREMAMENTE ELEVATI DARSI REGOLE PRECISE E DICOTOMICHE COSTANTE AUTOCRITICA COSTANTE AUTOCONTROLLO COMPORTAMENTI DI EVITAMENTO PER ALLONTANARE IL FALLIMENTO ATTENZIONE SELETTIVA NEI CONFRONTI DEL FALLIMENTO PENSIERO TUTTO O NULLA Il pensiero “tutto o nulla” è un tipo di pensiero dicotomico caratterizzato dall’assenza di ogni gradualità nel modo di argomentare e di ragionare: tutto è visto in bianco o nero. I risultati ottenuti sono assolutamente positivi o irrimediabilmente negativi, qualunque risultato è inaccettabile se non raggiunge il massimo. Es: "Ormai ho trasgredito alla mia dieta, tanto vale che mi abbuffi fino a scoppiare" IMPULSIVITA’ Il comportamento impulsivo può essere definito come una disposizione a reazioni immediate e non pianificate, verso stimoli interni ed esterni, senza una valutazione delle conseguenze BASSA AUTOSTIMA NUCLEARE La bassa autostima nucleare può essere definita come la tendenza ad avere una visione negativa globale e incondizionata di sé stessi FATTORI DI RISCHIO- FATTORI SCATENANTI-FATTORI DI MANTENIMENTO E PRINCIPI DEL TRATTAMENTO TERAPEUTICO Nella storia gli studiosi hanno tentato di risalire alle cause dei Disturbi del Comportamento Alimentare isolando i singoli fattori causali: Fattori organici Fattori psicologici Fattori ambientali Attualmente l’ipotesi più accreditata ritiene che tali disturbi abbiano una genesi multifattoriale. Si ritiene pertanto che non vi sia un unico fattore che determina l’insorgenza dei Disturbi del Comportamento Alimentare, bensì che diversi fattori concorrano a determinarne l’esordio. E’ possibile distinguere tre tipologie di fattori : FATTORI PREDISPONENTI Rendono il soggetto vulnerabile a sviluppare un DCA FATTORI SCATENANTI Determinano il passaggio tra la vulnerabilità e la patologia effettiva FATTORI PERPETUANTI Comportamenti e pensieri che, in un circolo vizioso, mantengono il disturbo I FATTORI PREDISPONENTI comprendono: Caratteristiche individuali - Età anagrafica (donne tra i 15 e i 35 anni sono maggiormente colpite) - tratti personologici di ossessività-ansia-depressione; propensione a idealizzare la magrezza - presenza di sovrappeso (che può indurre alla messa in atto di una dieta) Caratteristiche familiari - Sono maggiormente predisposti soggetti che crescono in famiglie in cui c’è una grande polarizzazione sul corpo - Famiglie in cui ci sono comportamenti ipercritici e ossessivi Bisogna tuttavia precisare che tali caratteristiche da sole sono insufficienti a sviluppare il Disturbo Alimentare. Si specifica inoltre che NON ESISTE UNA FAMIGLIA «TIPICA» CHE FAVORISCE L’INSORGENZA DEL DISTURBO ALIMENTARE E si smitizza LA FALSA CREDENZA CHE IL DISTURBO SIA GENERATO DA UNA CONFIGURAZIONE FAMILIARE CARATTERIZZATA DA MADRE DOMINANTE-INTRUSIVA-IPERPROTETTIVA E UN PADRE ASSENTE Caratteristiche socioculturali - Paesi industrializzati o in via di sviluppo - Mass-media che enfatizzano l’appeal di un corpo esageratamente magro I FATTORI SCATENANTI sono dunque quell’insieme di situazioni, incontri, azioni che, data una certa vulnerabilità (fattori predisponenti) contribuiscono alla vera e propria comparsa del Disturbo Alimentare. Tali fattori comprendono: Difficoltà psicologiche e ambientali di cui alcuni esempi sono: - cambiamenti impetuosi - conclusione di una storia amorosa - crisi familiari - cambiamenti di residenza o scuola con relativa perdita degli amici Dieta restrittiva I FATTORI DI MANTEMENIMENTO sono tutti quei fattori che rinforzano la condizione patologica una volta innestata. Tali fattori sono: I rinforzi positivi ottenuti dall’ambiente - Complimenti ricevuti in risposta al dimagrimento - soddisfazione personale dovuta alla perdita di peso Sintomi da digiuno E’ stato comprovato da alcune ricerche che la riduzione dell’alimentazione provochi nel soggetto che la compie un’iniziale euforia seguita dalla comparsa di alcuni sintomi organici, psichici e comportamentali noti come sindrome da digiuno. In particolare per sindrome da digiuno si fa riferimento a: • ALTERAZIONE DEGLI ATTEGGIAMENTI NEI CONFONTI DEL CIBO - Preoccupazione per il cibo - Collezione di ricette e libri di cucina - Inusuali abitudini alimentari - Incremento del consumo di caffè, tè, spezie - Occasionale ingestione esagerata di cibo • MODIFICAZIONI EMOTIVE E SOCIALI - Depressione - Ansia - Irritabilità - Labilità emotiva - Isolamento sociale • MODIFICAZIONI COGNITIVE - Diminuita capacità di concentrazione - Diminuita capacità di pensiero astratto - Apatia • - MODIFICAZIONI FISICHE Disturbi del sonno Calo del desiderio sessuale Debolezza Edema Ipotermia Rallentamento del metabolismo E’ importante sapere che i sintomi descritti sono legati in modo diretto e contingente alla condizione di malnutrizione e sono quindi reversibili. E’ inoltre importante sottolineare che le dinamiche familiari possono divenire un fattore di mantenimento del Disturbo Alimentare nel momento in cui all’interno della famiglia si sviluppa un atteggiamento iperprotettivo che limita l’autonomia del soggetto portatore del DCA (vedi emotività espressa). Particolari fattori di mantenimento sono rappresentati dai cosiddetti vantaggi secondari della patologia, ovvero quelle conseguenze del Disturbo che anziché motivare il soggetto all’abbandono del sintomo ne determinano un maggiore attaccamento: - Ottenimento di maggiori cure da parte di amici e familiari - Ottenimento di maggiore protezione - Essere al centro dell’attenzione E’ molto importante tenere in debita considerazione gli aspetti legati ai fattori di mantenimento poiché, soprattutto nelle situazioni più gravi e di lunga durata, gli interventi vanno indirizzati proprio alla riduzione di questi fattori. Nell’impossibilità di reperire una causa precisa da rimuovere, l’intervento più efficace è rappresentato dalla modifica di quegli elementi che tengono in vita il disturbo. I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE Il trattamento elettivo dei Disturbi del Comportamento Alimentare consiste in una terapia integrata che prevede: RIABILITAZIONE NUTRIZIONALE TRATTAMENTO FARMACOLOGICO TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO La terapia integrata si pone come primo obiettivo quello di ristabilire il peso del soggetto. A seconda delle condizioni di gravità, della durata dei sintomi e del grado di collaborazione della famiglia del paziente il programma di cura potrà avvenire in un regime ambulatoriale o in un regime di ricovero. Pz sottopeso <20% del peso ideale Collaborative con famiglia disponibile OUTPATIENTS (setting ambulatoriale) breve durata dei sintomi Pz sottopeso <30% del peso ideale complicanze mediche lunga durata della malattia INPATIENTS (setting di ricovero) Dal punto di vista psicoterapico il trattamento dei Disturbi Alimentari si presenta come molto diversificato, a seconda degli approcci. Gli approcci più utilizzati sono Cognitivo-comportamentale Psicodinamico Cognitivo-costruttivista Sistemico familiare In un panorama così vasto è dunque lecito chiedersi quale sia l’approccio migliore tra i tanti e quale quello più efficace. A questo quesito vi è una semplice risposta spiegata dal paradosso dell’uguale efficacia. PARADOSSO DELL’UGUALE EFFICACIA Tutti gli approcci sono efficaci, non ne esiste uno più efficace di un altro, anche se partono da presupposti teorici diversi e si caratterizzano per metodi diversi. Tutti i trattamenti psicoterapici orientati alla cura dei DCA, indipendentemente dal fatto che agiscano sul comportamento, sulla cognizione, sulle dinamiche inconsce, o ancora sulle dinamiche familiari condividono l’obiettivo di interrompere il circolo vizioso del Disturbo alimentare. I MODELLI DI COMUNICAZIONE FAMILIARE Partiamo dal presupposto che 1. E’ IMPOSSIBILE NON COMUNICARE 2. ESISTONO DIVERSI LIVELLI DI COMUNICAZIONE 3. ESISTONO DIVERSI TIPI DI INTERAZIONI COMUNICATIVE 1.E’ IMPOSSIBILE NON COMUNICARE La comunicazione è da intendersi come una forma di comportamento e un comportamento non ha un suo opposto: non possiamo non comportarci ed è per questo che è impossibile non comunicare. Non possiamo sottrarci alla comunicazione. Avolte anche i nostri familiari non dicono niente ma comunicano qualcosa… Se è impossibile non comunicare significa che la comunicazione può essere: RIFIUTATA ACCETTATA SQUALIFICATA SI PUO’USARE UN SINTOMO COME FORMA DI COMUNICAZIONE Esempio: In uno scompartimento di un treno ci sono due passeggeri uno di fronte all’altro. Non possono andarsene e non possono non comunicare quali sono i risvolti possibili di questa situazione? - - RIFIUTO: Un passeggero apre un libro e legge facendo capire che non ha voglia di comunicare ACCETTAZIONE: Un passeggero cede alla comunicazione dell’altro e cominciano a comunicare SQUALIFICAZIONE: Il passeggero che «non voleva comunicare» si abbandona a una comunicazione inconcludente SINTOMO COME FORMA DI COMUNICAZIONE Un passeggero fa finta di dormire per «dare la colpa al sonno» del suo desiderio di «non comunicare» 2.ESISTONO DIVERSI TIPI E LIVELLI DI COMUNICAZIONE Tipologie di comunicazione: Comunicazione verbale: parole/discorsi Comunicazione para-verbale: caratteristiche extra-verbali del linguaggio (riso, pianto, grida) Comunicazione non verbale: linguaggio del corpo (sguardo, postura, gestualità) Livelli (o piani) di comunicazione: Contenuto: cosa si dice Relazione: come lo si dice Non è solo importante il contenuto del messaggio, ma anche la modalità in cui viene emesso (il come). A proposito delle modalità attraverso cui un messaggio può essere emesso è importante introdurre il concetto di congruenza della comunicazione. CONGRUENZA Da noi la cortesia e la disponibilità sono al primo posto Un messaggio è congruente quando tutte le componenti comunicative (verbale-paraverbaleextraverbale) sono coerenti tra loro. INCONGRUENZA Da noi la cortesia e la disponibilità sono al primo posto Un messaggio è incongruente quando tutte le componenti comunicative (verbale-para-verbaleextraverbale) sono incoerenti, cioè in conflitto tra loro nell’esprimere il messaggio. Affinché un messaggio sia efficace e non ambivalente, soprattutto in famiglia, è importante che tutte le componenti della comunicazione vadano nella medesima direzione. 3.ESISTONO DIVERSI TIPI DI INTERAZIONI COMUNICATIVE Relazioni simmetriche: basate sull’uguaglianza Relazioni complementari: basate sulla differenza Una relazione sana presenta alternativamente posizioni simmetriche e posizioni complementari (flessibilità) Le RELAZIONI SIMMETRICHE sono caratterizzate dalla tendenza a rispecchiare il comportamento dell’altro. Anche le interazioni comunicative tra familiari possono essere simmetriche. L’aspetto positivo di tali relazioni consiste nel sentirsi considerati sullo stesso piano. L’aspetto negativo consiste invece in un fenomeno detto escalation simmetrica. L’escalation simmetrica si ha quando, in presenza di conflitto, i due comunicanti non arretrano mai l’uno di fronte all’altro, ma tentano di avere l’ultima parola sul contenuto della comunicazione. Esempio A: vedo che ultimamente mangi più volentieri B: ecco mi stai dicendo che sono ingrassata! Escalation simmetrica se A: tu fraintendi sempre tutto perché sei un’egoista! B: io non ti ho chiesto niente sei tu che sei venuto a disturbarmi! Potenzialmente questa discussione potrebbe andare avanti all’infinito, perché l’uno ritiene l’altro responsabile della propria reazione di rabbia e perché nessuno dei due comunicanti riesce a distaccarsi dal contenuto della comunicazione (tu hai detto questo! Si ma perché tu hai detto quell’altro! È colpa tua se …no è colpa tua!). In caso di conflitti come questi l’unica soluzione consiste nel provare a sganciarsi da “cosa” si sta dicendo (contenuto) e parlare della relazione. A: So che sei sensibile su questo argomento e non era mia intenzione passarti questo messaggio, vedi, io devo ammettere che a volte questa situazione mi preoccupa e forse non riesco bene a comunicare quello che voglio, intendevo dire che dal mio punto di vista hai fatto dei grandi passi avanti. Nelle RELAZIONI COMPLEMENTARI si tende invece a completare il comportamento dell’altro. In questo caso tra i due comunicanti c’è una distinzione di ruoli. Un ruolo superiore one-up Un ruolo inferiore one-down L’aspetto positivo di tali relazioni consiste nell’avere dei ruoli ben definiti all’interno della famiglia. L’aspetto negativo è dato dalla complementarietà patologica, ovvero quando i ruoli sono così definiti da essere fissi e statici. Si può concludere che, nella famiglia, dovrebbero essere presenti entrambi i tipi di interazioni comunicative al fine di valorizzarne gli aspetti positivi: la comunicazione paritaria e i ruoli ben definiti (evitando esclation simmetrica e complementarietà patologica). CONOSCERE LA COMUNICAZIONE Non serve per giocare allo psicologo e interpretare le intenzioni comunicative degli altri Serve per imparare a controllare il proprio comportamento e per essere consapevoli degli effetti che la comunicazione produce negli altri IL CARICO DI MALATTIA E L’EMOTIVITA’ ESPRESSA Il Disturbo Alimentare sconvolge gli equilibri familiari e richiede uno sforzo per il ripristino dell’omeostasi. I familiari di una persona con DCA si trovano a dover affrontare situazioni stressanti e di difficile gestione. CARICO OGGETTIVO Riguarda i costi diretti e indiretti della patologia I costi economici le ore e le giornate di lavoro perse il tempo impiegato nell’assistenza le spese per la mancata autonomia del figlio che resta in casa CARICO SOGGETTIVO Riguarda il modo in cui i singoli membri della famiglia vivono singolarmente il DCA. Fa riferimento a come il DCA risuona e si amplifica nella vita affettiva e di relazione. Frequentemente rimanda a sentimenti di FALLIMENTO COLPA FRUSTRAZIONE DISPERAZIONE EFFETTI EMOTIVI DEL CARICO DI MALATTIA OGGETTIVO E SOGGETTIVO SVILUPPO DI SINTOMI ANSIOSI SVILUPPO DI SINTOMI DEPRESSIVI SENTIMENTI DI COLPA SENTIMENTI DI VERGOGNA DISORIENTAMENTO PRODOTTO DALLA DISINFORMAZIONE SUL DISTURBO E DA CREDENZE POPOLARI EFFETTI SOCIALI DEL CARICO DI MALATTIA OGGETTIVO E SOGGETTIVO STIGMA E PREGIUDIZIO ISOLAMENTO SOCIALE DIMINUZIONE DRASTICA DEL TEMPO LIBERO E’ difficile stare vicino a una persona che soffre di un disturbo alimentare tuttavia se la famiglia diviene consapevole delle proprie azioni e reazioni può essere una grande risorsa. EMOTIVITA’ ESPRESSA A tale proposito è opportuno introdurre il concetto di emotività espressa. L’emotività espressa può essere definita come la temperatura emotiva di una famiglia in cui vi è un membro portatore di una patologia. In queste situazioni le famiglie possono distinguersi sulla base del clima emotivo che le caratterizza. Le modalità attraverso cui l’emotività viene espressa possono, inoltre, avere grande influenza sul percorso terapeutico del familiare in questione. Le modalità attraverso cui i familiari di una persona con DCA esprimono le proprie emozioni possono rappresentare alleati fondamentali o acerrimi nemici… Si può concepire l’emotività espressa come l’intera gamma delle reazioni possibili nei confronti del familiare portatore di una patologia. Tali reazioni emotive possono essere disposte lungo un continuum che ha per estremi “ la critica” e “i commenti positivi”. CRITICA commenti sfavorevoli verso il soggetto con DCA OSTILITA’ Rifiuto o sentimento negativo rivolto contro la persona e non contro il suo specifico comportamento (DCA) IPERCOINVOLGIMENTO Eccessivo coinvolgimento dei familiari verso il sintomo del congiunto CALORE AFFETTIVO Sentimenti positivi verso il familiare con DCA COMMENTI POSITIVI Approvazione rispetto ai miglioramenti del familiare con DCA LE FAMIGLIE AD ALTA EMOTIVITA’ ESPRESSA Le famiglie ad alta emotività espressa sono famiglie che tendono ad essere IPERCRITICHE OSTILI CON ECCESSIVO IPERCOINVOLGIMENTO EMOTIVO Tali fattori rappresentano un ostacolo al percorso di cura! I Familiari ad alta emotività espressa tendenzialmente: Sono intrusivi Cercano il contatto senza tener conto delle effettive esigenze o richieste del congiunto Vogliono esercitare un controllo quasi totale Si sostituiscono in tutto e per tutto senza considerare le reali necessità del congiunto Nutrono aspettative molto elevate per il congiunto sofferente (guarigione rapida e immediata) Perdono il controllo nei momenti di crisi Adottano risposte rigide o poco flessibili Questa modalità di esprimere le emozioni può dare l’impressione di considerare il congiunto totalmente responsabile dei sintomi del Disturbo Alimentare e se è corretto affermare che ciascuno è responsabile delle proprie azioni, bisogna anche precisare che i sintomi sono qualcosa di più complesso di semplici azioni e la loro remissione necessita tempo e cura. Un pericoloso rischio delle famiglie ad elevata emotività espressa consiste nel far coincidere il proprio famigliare con il Disturbo Alimentare. Non solo “Tu hai un disturbo alimentare” ma “Tu sei un disturbo alimentare” FAMIGLIE A BASSA EMOTIVITA’ ESPRESSA CALORE AFFETTIVO COMMENTI POSITIVI SUI MIGLIORAMENTI COMUNICAZIONI CHIARE BUONA CAPACITA’ DI ASCOLTO Tali fattori rappresentano un ALLEATO al percorso di cura del familiare con DCA I Familiari a bassa emotività espressa tendenzialmente: Sono accoglienti Sono in grado di entrare in contatto con i bisogni espressi dal congiunto, soprattutto quando il calore affettivo nei loro confronti è particolarmente elevato nutrono aspettative realistiche rispetto al familiare sofferente Sono in grado di controllare la propria emotività Sono In grado di adottare risposte flessibili I familiari a bassa emotività espressa cercano di costruirsi una spiegazione razionale di ciò che sta accadendo riconoscendo lucidamente i comportamenti legati ai sintomi dei DCA C’è “il mio familiare” e “il disturbo alimentare del mio familiare”. Se da una parte è importante tenere in considerazione che i familiari oltre al loro ruolo di genitori, mariti o mogli sono anche persone, dall’altra è importante comunicare al familiare portatore del DCA che non esiste solo il Disturbo Alimentare, ma anche il suo essere persona. Il disturbo alimentare deve essere tenuto sotto controllo «Fuori casa» in strutture specializzate o consultando gli esperti (Medico-PsichiatraPsicologo) «Dentro casa» aiutando il familiare a seguire le indicazioni del percorso di cura stabilito dagli esperti Tuttavia bisogna precisare che se è assennato ricordare al familiare portatore del problema le prescrizioni dello psichiatra, farlo in modo dittatoriale è controproducente. Con la politica del terrore in famiglia non si ottiene molto. Può essere più funzionale un atteggiamento che contempla tanto l’accoglimento quanto la responsabilizzazione del familiare portatore del DCA. Per le sue caratteristiche intrinseche il DCA fa sì che la persona che ne è affetta sia completamente concentrata sul cibo e sul corpo ed è proprio per questo motivo che risulta di fondamentale importanza che le famiglie si pongano come modello alternativo, non concentrandosi per prime su questi aspetti. ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO… Né la politica del terrore sul Disturbo Alimentare non è consigliabile che i familiari si concentrino solo sulle condotte patologiche del familiare con DCA Né la dittatura del Disturbo Alimentare sulla famiglia non è consigliabile che i familiari subiscano passivamente le condotte alimentari patologiche del familiare con DCA Per ricercare un equilibrio tra queste due posizioni estreme può essere utile cercare di IDENTIFICARE I PROPRI COMPORTAMENTI AD ALTA EMOTIVITA’ ESPRESSA CERCARE DI SOSTITUIRLI CON I RISPETTIVI COMPORTAMENTI A BASSA EMOTIVITA’ ESPRESSA FAMIGLIA A TAVOLA: COME AFFRONTARE I PASTI LE MODIFICAZIONI PIU’ FREQUENTI DELLE ABITUDINI ALIMENTARI NELLE FAMIGLIE A SEGUITO DEL DISTURBO ALIMENTARE SONO: ESSERE COSTRETTI A SUBIRE LA RESTRIZIONE ALIMENTARE DEL FAMIILARE Può accadere che oltre ad «essere spettatori» della restrizione del membro della famiglia affetto da DCA l’intera famiglia si trovi a dover rinunciare ad alcuni alimenti. TROVARSI SOMMERSI DA RITUALI CHE COINVOLGONO I MEMBRI DELL FAMIGLIA IN PRIMA PERSONA Può accadere per esempio che il familiare portatore del DCA desideri insistentemente sapere quale cibo verrà preparato, a quale ora e in quale quantità. ESSERE COSTRETTI A MANGIARE SEPARATAMENTE O «DIVERSAMENTE» Frequentemente il familiare portatore del DCA preferisce mangiare da solo oppure presenta la necessità di differenziare il proprio pasto da quello della famiglia. PROVARE SENSAZIONI DI GRANDE TENSIONE NEL MOMENTO DEI PASTI I pasti possono diventare dei momenti molto problematici poiché per il soggetto con DCA rappresentano uno dei momenti più difficili della giornata. I rituali e i pensieri tipici del DCA sono difficili da comprendere e possono rendere tali momenti carichi di tensione. CERCARE DI CREARE LA «SITUAZIONE PERFETTA» PERCHE’ IL FAMILIARE PORTATORE DEL DCA MANGI «NORMALMENTE» Può accadere che la famiglia cerchi di «andare incontro» al familiare con DCA creando nei momenti del pasto una situazione assolutamente artificiale che ha l’intento di preservare la tranquillità e la calma nella speranza di favorire l’alimentazione del soggetto TROVARSI A «CONTRATTARE» CON IL FAMILIARE CON DCA AFFINCHE’ MANGI DI PIU’ Il momento del pasto può diventare un vero e proprio braccio di ferro con tanto di «ricatti» o «premi» allo scopo di favorire l’alimentazione del familiare NASCONDERE ALCUNI ALIMENTI AFFINCHE’ IL FAMILIARE CON DCA NON COMPIA LE ABBUFFATE Per evitare che il familiare con DCA si abbuffi e che aumenti la probabilità che metta in atto condotte compensatorie ed eliminatorie può capitare che la famiglia intervenga nascondendo – non comprando – buttando «gli alimenti no» CONTROLLARE CHE IL FAMILIARE NON METTA IN ATTO CONDOTTE DI COMPENSAZIONE O DI ELIMINAZIONE La paura che il proprio familiare possa compensare (digiuno-sport) o attuare condotte di eliminazione (vomito-lassativi) può portare le famiglie ad esercitare un rigido controllo sul «dopo pasto» COSA FARE??? Le indicazioni del medico curante (psichiatra) del familiare con DCA rimangono la priorità. Esse rappresentano uno schema di base che deve essere il più possibile rispettato. Tale schema alimentare deve avere: Poche regole Regole chiare Regole condivise I familiari rappresentano un osservatore privilegiato dei comportamenti del soggetto con DCA nell’ambiente naturale Possono aiutare la persona a rispettare le indicazioni mediche Possono notare i «campanelli d’allarme» e gli atteggiamenti disfunzionali e consigliare al soggetto di ridiscuterli nello spazio terapeutico ESAMINIAMO LE CONSEGUENZE DEL DCA SULLE ABITUDINI ALIMENTARI DELLA FAMIGLIA UNA PER UNA… ESSERE COSTRETTI A SUBIRE LA RESTRIZIONE ALIMENTARE DEL FAMIILARE La famiglia viene sicuramente coinvolta nel momento in cui un suo membro altera in modo patologico le proprie abitudini alimentari TUTTAVIA ha la possibilità di rappresentare un modello alimentare alternativo NON PATOLOGICO. Pertanto è importante che la famiglia mantenga quelle che sono le proprie sane abitudini alimentari. TROVARSI SOMMERSI DA RITUALI CHE COINVOLGONO I MEMBRI DELLA FAMIGLIA IN PRIMA PERSONA I rituali sono molto pesanti da sopportare perché si presentano come comportamenti compulsivi, esagerati e insensati. Un primo passo che i familiari possono fare è quello di far notare il rituale e rimandare la trattazione dello stesso allo spazio terapeutico. ESSERE COSTRETTI A MANGIARE SEPARATAMENTE O «DIVERSAMENTE» Sarebbe opportuno cercare di mangiare tutti insieme, senza assecondare il desiderio del familiare portatore del DCA di isolarsi nel momento del pasto. CERCARE DI CREARE LA «SITUAZIONE PERFETTA» PERCHE’ IL FAMILIARE PORTATORE DEL DCA MANGI «NORMALMENTE» La «situazione perfetta» rischia di diventare una situazione artificiale e finta. Nel momento dei pasti è auspicabile che la persona con DCA possa esperire un clima naturale in cui «quanto mangia» passa in secondo piano rispetto al momento di condivisione che il pasto rappresenta. TROVARSI A «CONTRATTARE» CON IL FAMILIARE CON DCA AFFINCHE’ MANGI DI PIU’ La contrattazione sul cibo è un terreno molto rischioso perché può innescare conflitti. I conflitti durante il pasto rinforzano il significato emotivo del cibo e per questo è auspicabile che siano «rimandati» ad altri momenti. Il medico curante non è emotivamente coinvolto ed è per questo che può permettersi di stipulare dei “patti alimentari” con il paziente, poiché è in grado di “spogliare” il cibo dalle sue componenti emotive. NASCONDERE ALCUNI ALIMENTI AFFINCHE’ IL FAMILIARE CON DCA NON COMPIA LE ABBUFFATE Se tale comportamento non rientra nelle indicazioni terapeutiche del medico il fatto di nascondere il cibo o di non comprarlo, nel tentativo di aiutare il familiare con il disturbo alimentare, può essere rischioso: - Può innescare ansie persecutorie: “Mi hai nascosto il cibo perché pensi che io sia grassa” - Impedendo al soggetto di scegliere può comunicare che non è in grado di scegliere CONTROLLARE CONTINUAMENTE CHE IL FAMILIARE NON METTA IN ATTO CONDOTTE DI COMPENSAZIONE O DI ELIMINAZIONE E’ normale e prudente porre attenzione ai comportamenti dei familiari ma non bisogna dimenticare che il controllo eccessivo dà messaggi ambivalenti. Inoltre se il controllo viene da fuori, non c’è motivo che nasca da dentro. BISOGNA PRECISARE CHE… In alcuni casi il medico curante può ritenere opportuno che: • La gestione del cibo venga affidata ai familiari (preparazione e porzioni) • la famiglia eviti di comprare/tenere in casa alcuni alimenti considerati possibile bersaglio di abbuffata • I pasti del paziente si concentrino inizialmente su alcuni alimenti escludendone altri (nell’attualità troppo ansiogeni) Queste indicazioni terapeutiche sono transitorie e hanno l’obiettivo di evitare di caricare il paziente di eccessivi stress ed aiutarlo a raggiungere l’equilibrio alimentare un passo per volta. L’obiettivo è quello di autonomizzare la persona sempre di più SAPER FARE LE PORZIONI IN AUTONOMIA SAPERSI «TRATTENERE» REINTRODURRE GRADUALMENTE TUTTI GLI ALIMENTI E’ BUONA NORMA… MANGIARE INSIEME trasmettendo che il pasto è un momento di condivisione familiare RISPETTARE DEGLI ORARI QUANTO PIU’ FISSI Per dare al momento del pasto una certa costanza AIUTARE IL FAMILIARE CON DCA A COMPILARE IL DIARIO ALIMENTARE (in presenza di indicazione da parte del medico) Il diario alimentare serve infatti ad osservare i comportamenti nella loro globalità non solo a stabilire quanto e cosa si mangia MANGIARE LENTAMENTE-SEDUTI E IN UN AMBIENTE TRANQUILLO Il momento del pasto deve essere un momento specifico: evitare di mangiare a letto o sul divano o in piedi NON LAVORARE-STUDIARE-FARE ALTRE COSE MENTRE SI MANGIA FARE UNA BREVE PAUSA TRA UNA PORTATA E L’ALTRA Aiuta a prendere contatto con la sensazione di fame e sazietà NON SNATURARE LE ABITUDINI ALIMENTARI DELLA FAMIGLIA La famiglia, pur assecondando il percorso alimentare del soggetto e preparando per lui i pasti stabiliti, può e deve conservare le sue abitudini alimentari. E’ CONSIGLIABILE EVITARE DI … CHIUDERE A CHIAVE LA DISPENSA Essere lontani dal cibo non è la soluzione per evitare un’abbuffata INRERROGARE DI CONTINUO IL FAMILIARE SU COSA HA MANGIATO E COSA MANGERA’DOMANI Il rischio di tale comportamento è quello di innescare una pericolosa rimuginazione sul cibo ingerito/da ingerire e le sue conseguenze SOSTITUIRSI AL LAVORO DEI TERAPEUTI INTRODUCENDO NELL’ALIMENTAZIONE CIBI NON «PROGRAMMATI» Tale comportamento sconvolgerebbe lo schema alimentare creando confusione e possibili conflitti PRESTARE PARTCOLARE ATTENZIONE A… NON CONFONDERE I RITUALI CON BUGIE I tentativi del familiare portatore del DCA di nascondere la verità sul cibo e sul peso non dovrebbero essere etichettate severamente come bugie. Essi sono piuttosto dei comportamenti dettati dal DCA e vanno interpretati come difese. Anche in questo caso può essere opportuno che i familiari evidenzino il comportamento rimandandone la trattazione alle figure terapeutiche. COMPRENDERE LA PAURA I DCA sono caratterizzati due paure fondamentali : Ingrassare e perdere il controllo La paura si manifesta frequentemente a tavola anche di fronte a piccolissime porzioni di cibo e, sebbene possa essere affrontata e gestita durante la terapia, la famiglia non può eliminare questo sentimento con delle spiegazioni razionali. I familiari dovrebbero, pertanto, sforzarsi di non ignorare la paura e aiutare il soggetto a “rimpicciolirla” gradualmente, percorrendo la stessa strada della terapia. Mettersi a tavola Riuniti intorno a un tavolo Dopo una giornata trascorsa ognuno tra le proprie occupazioni Discutere di questioni e interessi comuni Dare e chiedere consigli Collaborare nei piccoli gesti quotidiani prima e dopo il pasto… AIUTA A METTERE ORDINE NEL DISORDINE ALIMENTARE!!!