Lezione 29 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione

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Corso di laurea in Scienze dell’Educazione
A. A. 2013 / 2014
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia
([email protected])
1. La linguistica acquisizionale: la nozione di L2
“Anche se in linea teorica questa disciplina concerne ogni processo di acquisizione della
competenza linguistica, a qualsiasi età sesso abbia luogo, in realtà normalmente essa
studia processi e modelli relativi all’acquisizione di una lingua non materna,
convenzionalmente detta lingua seconda (o L2) perché appresa in età successiva alla
prima lingua o lingua materna (L1)”
(Chini, Marina, 2005, Che cos’è la Lingustica Acquisizionale, Roma, Carocci)
→ per L2 (lingua due, lingua seconda) si intende “una lingua che l’individuo impara
dopo che si è stabilizzata la sua prima lingua [L1]. Includiamo quindi nella L2 anche una
terza lingua, una quarta, e così via”
(Bettoni, Camilla, 2001, Imparare un’altra lingua, Bari, Laterza)
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Aspetti della differenziazione di L2 rispetto a L1:
 cronologia (la L2 si impara dopo)
 indipendenza dallo sviluppo cognitivo e sociale primario
 L1 può ‘condizionare’ l’acquisizione di L2
 competenza (la L2 si conosce meno bene)
 uso (la L2 si usa meno frequentemente)
→ questi ultimi due criteri hanno un’applicazione parziale nei casi di bilinguismo
precoce, di emigrazione a lungo termine, etc.
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La L2 viene imparata in modo (parzialmente) diverso dalla L1: la L1 si impara
(apparentemente!!) più in fretta, con uno sforzo minore (?) e con un esito “perfetto”
→ l’apprendimento della L1 si completa attorno ai 5-6 anni, dopo 12-14.000 ore di
esposizione; un corso di L2, dalle scuole elementari al diploma di maturità, prevede
1.000-1.200 ore (in 11 anni)
(Bettoni, Camilla, 2001, Imparare un’altra lingua, Bari, Laterza)
Apprendimento spontaneo e apprendimento guidato: l’apprendimento spontaneo avviene
in un contesto in cui l’apprendente è esposto alla L2, è più inconsapevole, inconscio ed
implicito; l’apprendimento guidato prevede la presenza di una guida (insegnamento
esplicito), è più consapevole, intenzionale ed esplicito (conoscenza delle regole)
→ alcuni autori distinguono tra acquisizione (acquisition, apprendimento spontaneo) e
apprendimento (learning, apprendimento guidato)
(cf. Pallotti, Gabriele, 1998, La seconda lingua, Milano, Bompiani)
→ l’apprendimento può avvenire in un contesto che preveda, in proporzione diversa,
entrambe le modalità
→ l’apprendimento spontaneo ha un ruolo centrale nella ricerca di ambito acquisizionale
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Alcuni nozioni fondamentali:
Input: i materiali linguistici a cui viene esposto l’apprendente
Intake: ciò che l’apprendente “coglie” dell’input
Output: l’insieme delle produzioni linguistiche (orali e scritte) dell’apprendente
transfer (interferenza): influsso di abitudini della L1 sulla L2 (es. accento straniero)
Interlingua: “[l]a varietà di lingua d’arrivo parlata da un apprendente: si tratta di un vero
e proprio sistema linguistico, caratterizzato da regole che in parte coincidono con quelle
dalla L2, in parte sono riconducibili alla L1 e in parte sono indipendenti da entrambe”
(Pallotti, Gabriele, 1998, La seconda lingua, Milano: Bompiani)
Lingua straniera (LS): lingua non materna appresa in una comunità che normalmente non
la parla (es. inglese in Italia) → spesso il termine L2 viene usato per indicare lingue non
materne apprese sia in un paese / territorio dove tale lingua è parlata, sia in uno in cui non
è parlata (LS)
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Modelli di raccolta ed analisi di dati di L2:
(a) dati naturalistici vs. dati elicitati
→ metodi osservativi vs. sperimentali
(b) dati longitudinali vs. dati trasversali
(c) produzioni vs. giudizi intuitivi
(d) analisi qualitative vs. analisi quantitative
→ i dati qualitativi e i dati quantitativi sono complementari, servono a rispondere a
interrogativi di tipo differente (formulare ipotesi vs. verificare ipotesi)
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2. L’interlingua
“La nozione di interlingua cerca di dar conto del fatto che le produzioni di un
apprendente non costituiscono un’accozzaglia di frasi più o meno devianti, più o meno
costellate di errori, ma un sistema governato da regole ben precise, anche se tali regole
corrispondono solo in parte a quelle della lingua d’arrivo (…)”
“Le ricerche sulla varietà iniziale mostrano quindi come l’acquisizione di una seconda
lingua sia un processo ricostruttivo caratterizzato dalle ipotesi dell’apprendente, che cerca
attivamente di produrre regole sempre più efficaci comunicativamente e che sempre più
si avvicinino alle norme della lingua di arrivo”
(Pallotti, Gabriele, 1998, La seconda lingua, Milano, Bompiani, p. 21 e 43)
→ nello studio dell’apprendimento di L2, non è metodologicamente corretto tenere conto
solo della lingua materna dell’apprendente e della lingua d’arrivo; importanza
dell’interlingua (L. Selinker)
→ variazione libera vs. variazione sistematica nell’interlingua
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2.1 Stadi di sviluppo dell’interlingua
(0) Silent period: l’apprendente non tenta di utilizzare la L2; alcuni apprendenti parlano
tra sé e sé nella L2
(1) Varietà pre-basica: parole isolate, formule / routine, frames
Ess.: hai capito? Non capisco, come? No, sì; questo, così, fare, cosa, qui, là, buono; io, tu,
lui, lei; grazie, scusa, per favore; ciao, buongiorno, arrivederci; mi chiamo
, vuoi un
po’ di
?
→ le parole apprese per prima dipendono, in parte, dal contesto di inserimento
dell’apprendente
→ la morfologia delle interlingue iniziali è assente o molto semplificata; utilizzo di una
forma passepartout del verbo: mangia, mangi, mangio, mangiare
(cf. Banfi, Emanuele, 1990, Infinito (ed altro) quale forma basica del verbo in micro-sistemi di apprendimento
spontaneo di italiano L2: osservazioni da materiali di sinofoni, in Bernini, Giuliano e Giacalone Ramat, Anna (a
cura di), La temporalità nell'acquisizione di lingue seconde, Milano, Franco Angeli)
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→ utlizzo di mezzi lessicali per l’espressione dei rapporti di tempo ed aspetto
Es.: “e Charlie Brown dice ‘primo tu volie mangiare adesso tu volie lire che cosa volie
prossima?’”
(adattato da: Massariello Merzagora, Giovanna, 1990, Mezzi lessicali per l’espressione della temporalità in
apprendenti sinofoni, in Bernini, Giuliano e Giacalone Ramat, Anna (a cura di), La temporalità nell'acquisizione di
lingue seconde, Milano, Franco Angeli)
→ principio dell’ordine naturale
Es.:
(A) e poi fino a Khartum come sei arrivato?
(B) fino Khartum – eh, uno uno omo – americano – “questo qua (e) mio figlio, mio figlio,
eh, Milano” eh (la) l’uomo – adesso c’è Amereca”
(es. adattato da: Banfi, E. & Bernini, G., 2003, Il verbo, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano,
Roma, Carocci)
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→ distinzione debole tra parti del discorso
Es.: “lui vuole eh liposo n attimo vicino vicino ombro”
‘vuole riposare un attimo all’ombra’ (liposo → riposare)
(es. adattato da: Giacalone Ramat, Anna, 2003, Il quadro teorico, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso
l’Italiano, Roma, Carocci)
→ uso limitato o nessun uso della copula
Es.: “Questo mapo”, “brutto carne”
(es. adattato da: Pallotti, Gabriele, 1998, La seconda lingua, Milano, Bompiani)
→ evitamento o uso improprio delle parole funzionali
Ess.: “questa chi fiore” (‘questo è un fiore’),
(es. adattato da: Pallotti, Gabriele, 1998, La seconda lingua, Milano, Bompiani)
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(2) Varietà di base: distinzione categoriale fondamentale nome vs. verbo →compaiono
enunciati costruiti attorno ad un nucleo verbale, struttura su base pragmatica ed anche
semantica
Enunciato strutturato sulla base delle funzioni pragmatiche di topic e comment
Es.: IT: e sei? La tua famiglia?
MK: sì mio mam/madre sì c’è qua
TOPIC
COMMENT
IT: aha e poi?
MK: diciassett’anni fa – in Italia
IT: ah lei è venuta – diciassette anni fa in Italia
→ mantenimento del topic
→ principio focus last: la parte più informativa dell’enunciato (focus o comment) si
colloca alla fine dello stesso
(Es.. adattati da: Andorno, C. et al., 2003, Sintassi, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano, Roma,
Carocci)
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Enunciato strutturato su principi semantici CONTROLLORE – VERBO – ALTRI ATTANTI:
Es.: CH: quesso signore mangiato poi guardale eh lui guardare eh giornale
sua moglie va sa cucina lavor(o)
sua moglie guarda eh suo marito che guardare giornale”
→ principio controller first
Es.: “quesso signore mangiato poi guardale eh lui guardare eh giornale
sua moglie va sa cucina lavor(o)
sua moglie guarda eh suo marito che guardare giornale”
(ess. adattati da: Andorno, C. et al., 2003, Sintassi, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano, Roma,
Carocci)
(3) Varietà post-basiche: presenza di verbi e nomi flessi, organizzazione sintattica
dell’enunciato
→ varietà di interlingua come continuum di sviluppo
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Es.: sviluppo della categoria del genere nel nome
Alcuni soggetti non riconoscono correttamente il genere nel nome (ad es., persianofoni),
nemmeno dopo un anno e mezzo di esposizione all’italiano → la loro interlingua gli
consente comunque di comunicare con italofoni
Errori / imprecisioni nelle desinenze nominali:
 forme prive di vocale finale (pròblem, ànimal, giorn, mel)
 sovraestensione di –a senza valore di genere (uoma, filma, corpa, agosta, specchia)
 sovraestensione di –o (bicchiero, zuppo, polvero)
 sovraestensione di –e (soprattutto persianofoni; salade, telefòne)
→ scarsa salienza fonica delle desinenze vocaliche italiane
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Principi nella scelta delle terminazioni:
 ipercaratterizzazione di genere (problemo, moglia, meso, madla, collego)
 interferenza di L1 (limona < Zitrone, piazzo < Platz, barco < Boot)
→ tendenza verso il paradigma dominante (M –o, F –a)
Incidenza degli errori nell’assegnazione del genere (I e II classe, scelta dell’articolo
singolare appropriato):
Persianofoni (69%) > anglofoni (60%) > tedescofoni (51%) > francofoni (37%)
→ gli apprendenti con L1 priva di genere (o con genere meno pervasivo) commettono più
errori di assegnazione con i nomi “facili”, più trasparenti per genere
(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano,
Roma, Carocci)
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Regola di base di assegnazione del genere nell’interlingua (italiano L2):
–o = maschile; -a = femminile
→
estensioni “devianti”: le cane, lo gatto (persianofoni)
→
Sequenza di produttività dei criteri di assegnazione:
criteri fonologici > criteri semantici > criteri di morfologia derivazionale
(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano,
Roma, Carocci)
→ cf. italiano/L1
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Presenza di sequenze d’apprendimento indipendentemente dalla L1:
→ sequenza di acquisizione del sistema del verbo italiano:
Presente (e Infinito) > (Ausiliare) Participio Passato > Imperfetto > Futuro >
Condizionale > Congiuntivo
(Giacalone Ramat, Anna, 2003, Il quadro teorico, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano, Roma,
Carocci)
→ L’organizzazione interna di ogni varietà d’apprendimento è sistematica; ogni varietà
non è un’imitazione di una lingua, bensì un sistema linguistico autonomo con le
caratteristiche del linguaggio umano.
→ Tuttavia, sono presenti anche aspetti di variazione libera, non sistematica
Es.:
no look my card
don’t look my card
vs.
(Ellis, Rod, 1997, Second Language Acquisition. Oxford: Oxford University Press)
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Fossilizzazione: l’input non diventa più intake, l’apprendente smette di progredire prima
di ‘arrivare’ alla lingua target; fenomeno caratteristico di gran parte degli apprendenti
→ la fossilizzazione può riguardare aspetti particolari della grammatica
→ la competenza piena (native-like) può essere raggiunta da certi apprendenti solo per
alcune modalità d'uso
Es.: discorso pianificato vs. discorso spontaneo
→ componenti fossilizzate nell'interlingua possono mostrarsi 'resistenti' anche
all'addestramento specifico
→ cfr, la nozione di backsliding (produzione di errori caratteristici di uno stadio di
sviluppo precedente dell'interlingua)
→ la fossilizzazione è un fenomeno specifico della L2 (l'acquisizione della L1
normalmente non conosce fossilizzazione)
(Ellis, Rod, 1997, Second Language Acquisition. Oxford: Oxford University Press)
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3. Fattori linguistici nell’acquisizione di L2
Fattori linguistici universali (validi per tutti in modo analogo) vs. fattori linguistici
specifici, legati alle caratteristiche della L1 e alla L2 (lingua target) → interferenza
3.1 Universali ‘chomskyani’ e ‘greenberghiani’
Grammatica Universale (UG): conoscenza di principi (proprietà generali valide per tutte
le lingue storico-naturali) e parametri (valore dei parametri fissato in maniera diversa
nelle varie lingue)
→ nell’apprendimento di L2, la UG è accessibile, parzialmente accessibile, accessibile
indirettamente (tramite la L1) o inaccessibile?
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Universali come generalizzazioni induttive (Greenberg): principi individuati mediante
l’analisi di grandi campioni di lingue rappresentativi di lingue ‘distanti’
(genealogicamente e geograficamente)
Es.: tutte le lingue hanno vocali orali
se una lingua ha la categoria del genere, allora ha anche quella del numero
genere
sì
sì
no
no
numero
sì
no
sì
no
→ italiano
→ non attestato
→ turco
→ vietnamita
→ il numero è meno marcato rispetto al genere (più diffuso)
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→ spesso, i tratti marcati vengono appresi più tardi e con minor successo rispetto a quelli
meno marcati
Es.: le consonanti occlusive sonore (b, g, d) a fine parola sono più marcate (meno
diffuse) rispetto alle corrisponenti sorde (p, k, t)
→
Distribuzione delle consonanti occlusive a fine parola nelle lingue del mondo:
sonore
sì
sì
no
no
sorde
sì
no
sì
no
→ inglese
→ non attestato
→ tedesco
→ cinese mandarino
→ nelle interlingue, si riscontra una maggiore difficoltà nell’apprendimento delle
occlusive sorde finali
Es.: dati di inglese L2 di apprendenti ispanofoni e sinofoni: ret (< red), bige (< big)
→ cf. genere vs. numero: gli apprendenti di italiano L2 hanno più difficoltà di
riconoscimento e di marcatura del genere nel nome rispetto al numero
(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura di), Verso l’Italiano,
Roma, Carocci)
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Perché gli universali hanno un riflesso anche sull’apprendimento di L2? fattori analoghi
condizionano sia le lingue (in senso stretto) che le interlingue
→ le strutture meno marcate sono apprese più facilmente perché ‘più naturali’ (cf. la
teoria della naturalezza, Dressler, Wolfgang U. et al., 1987, Leitmotifs in Natural
Morphology, Amsterdam-Philadelphia: John Benjamins); nei fenomeni di attrition
(perdita), le strutture più marcate vengono perse prima
Ess.: plurale nominale inglese → dog-s è ‘più naturale’ di feet (pl. di foot), produzione di
childs in luogo di children nelle interlingue
genere in italiano L2 → sovraestensione di ‒o per i nomi maschili e ‒a per i
femminili (problemo, bicchiero, moglia, meso, tigra, tigro); scelta delle marche di
genere ‘prototipiche’ e più trasparenti (forza del paradigma dominante)
→ e quando gli esiti in L2 non rispecchiano le tendenze naturali? Azione di L1 (transfer)
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3.2 le caratteristiche di L2 e di L1
I tratti più ‘tipici’ e ‘centrali’ di un sistema possono risultare più facili da imparare →
marcatezza dipendente dal sistema (vs. marcatezza universale)
→ uno stesso tratto può essere marcato (marginale) rispetto alle caratteristiche centrali
della lingua A, ma essere molto meno marcato, e quindi più facile per l’apprendente,
nella lingua B → le strutture conformi alle caratteristiche tipologiche di L2 risultano più
facili
Es.: la morfologia verbale dell’italiano (lingua flessiva, morfologia molto ricca) viene
spesso appresa più velocemente che in lingue dalla morfologia verbale più ridotta
(inglese, francese) → dato che il verbo italiano compare quasi sempre in una forma flessa
nell’input, gli apprendenti ricevono molti stimoli per l’apprendimento di (alcune) regole
Marcatezza relativa e frequenza nell’input: la frequenza elevata può attenuare le difficoltà
connesse con l’acquisizione di strutture marcate → past tense inglese irregolare di verbi
ad altissima frequenza (came, went) viene appreso (secondo certi studi) prima del passato
regolare in ‒ed.
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Ruolo della qualità dell’input nell’acquisizione:
Esposizione ad input in L2 formale (e scritto) → facilitazione nell’apprendimento di
strutture marcate (es. frasi relative come il cliente il cui portafoglio venne ritrovato)
Esposizione ad input semplificato (anche agrammaticale), soprattutto foreigner talk* →
permanenza di strutture semplificate ‘devianti’ nell’interlingua
*Foreigner talk: lingua indirizzata agli apprendenti da parte dei nativi, semplificata al
fine di renderla più facile da capire (tono di voce più alto, ritmo più lento, minore
ipoarticolazione, scelta di parole più comuni, frasi più corte e semplici), anche in
violazione della grammatica della lingua
Esposizione ad input scolastico → strutture marcate della L2 possono essere apprese con
maggiore facilità se l’insegnante vi dedica più tempo e attenzione
→ non contano solo le caratteristiche di L2, ma anche quale input riceve l’apprendente
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Ruolo di L1 nell’acquisizione
Ipotesi dell’analisi contrastiva: apprendimento di L1 come acquisizione di abitudini,
imitazione di modelli e ripetizione; nell’apprendimento di L2, le abitudini della L1
interferiscono con le abitudini di L2; il transfer può essere positivo o negativo
→ confrontando aspetti di L1 e L2, si possono prevedere le difficoltà nell’apprendimento
Morpheme studies: gli errori ‘imputabili’ a L1 sono solo una piccola parte, il ruolo della
lingua materna è piuttosto marginale nell’apprendimento → fattori innati e universali
hanno un peso maggiore nell’apprendimento sia di L1 che di L2
Approcci generativi: secondo alcuni, la UG è accessibile solo indirettamente
nell’acquisizione, tramite L1; secondo altri, è accessibile totalmente, o parzialmente, o è
completamente inaccessibile
Approcci cognitivi: L1 come “bussola di orientamento” per la comprensione e
l’acquisizione di L2, una possibile risorsa per l’apprendente
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Transfer negativo:
It. io ho finito → ted. Ich habe fertig (vs. Ich bin fertig)
It. piove → ing. rains (vs. it rains)
Transfer positivo:
It. la luce è forte → ing. the light is strong
Transfer negativo in termini di frequenza relativa
It. non ti sento → ing. I don’t hear you (vs. I can’t hear you)
→ non c’è vero errore, ma la versione con can’t è più frequente / naturale
(Bettoni, Camilla, 2001, Imparare un’altra lingua. Bari. Laterza)
Transfer come possibilità di errore:
The man whom I spoke to him is a millionaire → gli apprendenti di inglese L2 di
madrelingua francese hanno meno probabilità di fare questo tipo di errore rispetto a quelli
di lingua araba → struttura ammessa in arabo ma non in francese
(Ellis, Rod, 1997, Second Language Acquisition. Oxford: Oxford University Press)
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Fattori che condizionano il transfer:
(a) Livello di analisi → fenomeni di interferenza sono meno probabili man mano che ci si
muove verso destra in questa scala:
fonologia > lessico > sintassi > morfologia
Es.: tampete < tempesta (francofono), conosceva a uno, parolas (ispanofono)
(b) Livello di competenza → il transfer è più comune all’inizio del percorso di
acquisizione (soprattuto, interferenza fonologica e lessicale); il transfer morfologico
avviene solo più tardi (nell’elaborazione della morfologia di L2), mentre le interferenze
pragmatiche e testuali operano anche nelle interlingue avanzate
(c) Marcatezza → più probabile l’interferenza di elementi di L1 meno marcati
→ ipotesi della marcatezza differenziale (Eckman, 1977): le aree di L2 più diverse da
L1 e più marcate saranno più difficili da apprendere, aree diverse ma meno marcate non
saranno particolarmente difficili
Es.: il cinese non ha né genere né numero; gli apprendenti cinesi di italiano hanno minore
difficoltà con il numero, in quanto categoria tipologicamente meno marcata del genere
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(d) Prototipicità e percezione dell’accettabilità → è più facile che vengano trasferite in L2
le forme dal significato e dagli usi più prototipici, rispetto ai significati metaforici o
marginali
Es.: verbo break ‘rompere’ in apprendenti olandesi avanzati di inglese L2
hij brak zijn been → he broke his leg
het ondergronde verset werd gebroken → the underground resistance was broken
→ nonostante in entrambi i casi ci sia corrispondenza tra il nederlandese breken e l’inglese
to break, nel secondo caso gli apprendenti non sentono la traduzione come appropriata
(es. da Ellis, Rod, 1997, Second Language Acquisition. Oxford: Oxford University Press)
(e) Distanza tipologica o genetica → il transfer da L1 è più probabile se L2 è (a ragione o
a torto) ritenuta simile a L1, ma molto meno probabile se tra lingua di partenza e quella di
arrivo sono molto ‘distanti’
Es.: italiano L2 di ispanofoni abitazione ‘stanza’ (< habitación), cartiera ‘borsa’ (<
cartera); possibilità di una ‘costruzione’ di (sottosistemi di) L2 a partire dai
corrispondenti in L1, con aggiustamenti (‘continuum di ristrutturazione’)
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(f) Conformità alla naturalezza → il transfer da L1 può avvenire se la struttura è
“conforme a principi naturali” e se c’è un “punto di appoggio” nella L2
Es.: sovraestensione di la e una con nomi inizianti per vocale nell’italiano L2 di
ispanofoni (la emigrasione, una ora) → principio di naturalezza ‘una forma – una
funzione’, evitamento dell’allomorfia, mantenimento dei confini di parola (cf. spagnolo
la anulación, una escobilla)
→ il transfer da L1 (o da altre L2) non cambia normalmente l’ordine in cui le strutture di
L2 vengono apprese, ma influisce sulla velocità e sulle possibilità di successo
→ il transfer non si realizza solo nell’errore, ma anche con l’evitamento di strutture
‘difficili’ o con l’uso ‘eccessivo’ di strutture di L2 compatibili con L1
Es.: in cinese mandarino, le relative vengono costruite ‘a sinistra’ (shuō Yīngyǔ de nǚrén,
lett. ‘parla inglese che donna’), così come in giapponese, mentre in inglese vengono
costruite ‘a destra’ (the woman who speaks English), così come in arabo e in persiano;
secondo uno studio di Schachter (1974), gli apprendenti di inglese L2 cinesi e giapponesi
producono molte meno frasi relative rispetto agli arabofoni e ai persianofoni
(Pallotti, Gabriele, 1998, La seconda lingua, Milano, Bompiani)
→ non è ancora chiaro quale sia il peso relativo dei vari fattori che condizionano il
transfer, né come essi interagiscano tra di loro
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