Pastrello, Gioves, Signorelli e i Sarzi

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Le teste dei burattini qui esposti sono fabbricate in cartapesta. Questo materiale permette di
raggiungere notevoli risultati sotto il profilo artistico, è di facile preparazione anche se più fragile
del legno.
Burattinai
Beppe Pastrello (Villarazzo 1906 - Castelfranco Veneto 1991)
Alla fine del 1918 entrò come garzone al collegio Convitto Aldo Masieri, dove, durante il periodo
di Carnevale, assieme ai maestri ed ai ragazzi partecipò alla costruzione di un teatrino di burattini
per la rappresentazione della commedia L’acqua miracolosa, in cui gli furono affidate le piccole
parti della strega e dello stregone. Finito il collegio si diede da fare per costruirsi il teatrino, i
burattini e tutta l’attrezzatura necessaria per poter intraprendere la professione di burattinaio.
Ottenuta la licenza per poter fare spettacoli, cominciò a girare le piazze dei vari paesi spostandosi
in bicicletta e caricando il materiale su un piccolo carretto. Sposò nel 1933 Angela Miotto con
la quale ebbe quattro figli, e sempre in quell’anno abbandonò l’attività per entrare come operaio
in una fabbrica di materiali bellici, che lasciò alla fine del secondo conflitto mondiale. Da allora
e fino al 1964 la sua professione rimase quella del burattinaio.
Muoveva le maschere tipiche della Commedia dell’Arte nonché quelle di Sandrone, Fagiolino,
Facanapa, Gioppino ecc. I burattini di Pastrello sono fatti di cartapesta, che egli lavora lungamente
in modo da ottenere la massima robustezza consentita a questo tipo di materiale. I personaggi
sono dotati di meccanismi per l’apertura della bocca o per il movimento degli occhi.
Il suo repertorio comprendeva: commedie “classiche” come Gli schiavi di Costantinopoli, Guerrino
il meschino, La foresta misteriosa o anche nuove creazioni come Lascia o raddoppia, Farsa di
Zorro; il filone fiabesco con Cappuccetto Rosso, Cenerentola, La principessa triste, L’amore delle
tre melarance; le tragedie come Il fornaretto di Venezia o Genoveffa di Brabante, oppure Amleto
dove la figura del protagonista è sostituita completamente da Arlecchino. Il celebre monologo
dell’opera shakespeariana nel copione usato da Pastrello venne rivisto così: “Esser o no esser?
Magnar o no magnar? Cantar o no cantar? Bastonar o ciapar bote? Xe meio darghele a uno e
andar in galera o ciaparle e restar galantomo? Robar e sgionfarse de boni boconi o tignir le onge
a casa e restar con la panza svoda e dar una bona crepada? Crepar e dopo? Ostrega! Qua el sta
el busilis.”
Serafino Bianchi detto Gioves (Viareggio 1901 - 1985)
Iniziò a lavorare a otto anni come mozzo sul tre alberi comandato dal cognato, quindi passò a
fare l’acrobata nella compagnia diretta dal fratello Davide. Si esibì nei teatri di Roma, Napoli,
Torino, Genova, Milano fino in Francia (Circus de Paris, Circus Medrano) e poi in Germania da
dove dovette rientrare, lasciando tutto il materiale di lavoro, allo scoppio della Grande Guerra.
Terminato il conflitto assieme alla moglie e ai fratelli Ettore e Davide formò il gruppo Gli Atzoris.
Nel 1925 la compagnia si divise e Serafino ed Ettore formarono il numero Gioves e il suo famoso
cavallino (il cavallo, del peso di 24 kg era stato costruito interamente da Serafino), che diventò
famoso in tutta Europa.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale i fratelli rientrarono in Italia e formarono una
compagnia di avanspettacolo. I bombardamenti fecero loro perdere di nuovo tutto il materiale e
la compagnia si sciolse. Serafino fu catturato dai tedeschi in un rastrellamento e portato a Santa
Lucia di Guastalla, sul Po, dove per vivere iniziò a costruire con carta e colla dei giocattoli.
Dopo la liberazione rientrò a Viareggio e iniziò, affiancato dalla moglie, la sua carriera di burattinaio,
costruendo da solo sia i burattini in cartapesta che il teatrino, e dipingendo le scenografie. A volte
si proponeva con il nome d’arte di Pippo Zazza lavorando sia nella sua città che all’estero.
I personaggi dei suoi spettacoli erano Fagiolino, Picchio de Picchi, Briscola, Sembola, Pancrazio.
Maria Signorelli (Roma 1908 - 1992)
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Figlia di Angelo Signorelli, pioniere della radiologia, e di Olga Resnevitch, appassionata di teatro
e biografa di Eleonora Duse.
Compiuti gli studi classici si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti di Roma, frequentando
contemporaneamente lo studio di scenografia del Teatro Reale, diretto da Nicola Benois. La
formazione artistica e l’ambiente familiare in cui era normale ricevere esponenti dell’alta cultura
d’avanguardia, come Marinetti e Casella, le permisero di concepire i suoi primi fantocci che
vennero esposti nel 1929 alla Casa d’Arte Bragaglia e successivamente alla Galleria Zack di Parigi
e alla Galerie Gurlitt di Berlino. Intanto
proseguì con la sua attivittà di scenografa,
collaborando con Anton Giulio Bragaglia
e nel 1934 con Carlo Rende, assieme al
quale ideò un palcoscenico multiplo chiamato Pluriscenio “M”. Nel 1937 comiciò
la sua attività di burattinaia con lo spettacolo
La boîte a joujoux di Debussy e Bastien et
Bastienne. Si sposò nel 1939 con il pedagogista Luigi Volpicelli. Nel 1947 fondò
L’Opera dei Burattini, alla cui attività
collaborarono artisti come Lina Wertmüller,
Enrico Prampolini, Toti Scialoja, Roman
Vlad.
Il repertorio della compagnia proponeva
sia spettacoli tratti da opere letterarie (La
favola del pesciolino d’oro di Pushkin, La
tempesta di Shakespeare) che storie inventate da Maria (Le cose meravigliose,
Pupazzettì). Prolifica autrice di saggi e
articoli, dal 1972 ricoprì la docenza di Teatro
d’Animazione al DAMS di Bologna.
Maria Signorelli
I Sarzi
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Compagnia di burattinai attivi nella zona di Mantova e provincie limitrofe fondata da Antonio
(1863 - 1984) e dalla moglie Rachele Triva. Antonio, che recitava a soggetto dando le voci a tutti
i personaggi (Sandrone, Fagiolino, Gioppino, Brighella e Meneghino) fu attivo fino al 1933. I
burattini qui esposti appartenevano a Guido, uno dei figli di Antonio, del quale si hanno scarse
notizie. Del fratello Francesco si conoscono meglio le vicende: nel 1919, tornato dalla Libia (dove
aveva combattuto, presentato spettacoli di burattini e recitato come attore di prosa), iniziò a fare
il burattinaio. Il suo lavoro ebbe sempre una forte valenza politica, finalizzato alla propaganda
antifascista (parte del materiale teatrale da
lui usato andò distrutto durante la cattura
dei sette fratelli Cervi, alla famiglia dei
quali era legato dai comuni ideali libertari).
Francesco fu padre di Otello, (Vigasio
1922 - Reggio Emilia 2001), che divenne
uno dei burattinai più noti al mondo.
Negli anni cinquanta Otello con le sorelle
Lucia e Gigliola ed i genitori propose
spettacoli di fiabe, soprattutto rivolto ai
bambini. Nel 1955 i Sarzi si trasferirono
a Roma, dove Otello maturò il progetto
di allestire spettacoli per un pubblico
adulto: nel 1957 fondò il Teatro Sperimentale Burattini e Marionette, rinnovando le tecniche di rappresentazione e
i repertori, rielaborando testi di Beckett
e Brecht. Gigliola (Legnano di Verona,
1931), pur collaborando con Otello, ha
seguito un indirizzo autonomo: non usa
il teatrino ma lavora “in presenza” (i
burattini e chi li muove sono sulla scena)
presentando con i burattini le fiabe classiche, o recuperando vecchi dialoghi del
repertorio emiliano. E’ stata tra i fondatori
nel 1976 del Teatro delle Briciole, con cui
allestì Il Mago di Oz, Michelina e la strega,
Francesco Sarzi
Il mondo di Till, Perelà l’omino di fumo.
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