da un’idea di da un’idea di Renzo Piano Renzo Piano Renzo Piano Viaggi nell’architettura Viaggi nell’architettura Viaggi nell’architettura Renzo Piano con Carlo Piano da un’idea di Renzo Piano con Carlo Piano Renzo Piano con Carlo Piano N N NO 21 21 Costruire l’architettura NE GIU GIU MAG 21 G 24 LU 01 MA G LAT = 38° 50’ 11’’, 76 LONG = 16° 15’ 52”, 20 19 21 AP R AGO 5 13 23 AGO 6 18 SET 02 10 APR 7 17 31 MAR SET 13 0 = 0’ 16 21 MAR 0 8 14 03 MAR SET 23 E 9 15 13 MAR 13 12 11 OTT 01 10 OTT 11 OTT 21 FEB B NOV 10 FE 21 N GE 22 NO DIC DIC SO SE S V 21 22 22 02 Federico Bucci Federico Butera Giovanni Calabresi Fabio Casiroli Lorenzo Jurina Massimo Majowiecki Gianni Ottolini Marco Sala Gianni Scudo Costruire l’architettura NO 21 21 Federico Bucci Federico Butera Giovanni Calabresi Fabio Casiroli Lorenzo Jurina Massimo Majowiecki Gianni Ottolini Marco Sala Gianni Scudo Costruire l’architettura NE GIU GIU MAG 21 G 24 LU 01 MA G LAT = 38° 50’ 11’’, 76 LONG = 16° 15’ 52”, 20 19 21 AP R AGO 5 13 23 AGO 6 18 SET 02 10 APR 7 17 31 MAR SET 13 0 = 0’ 16 21 MAR 0 8 14 03 MAR SET 23 E 9 15 13 MAR 13 12 11 OTT 01 10 OTT 11 OTT 21 FEB B NOV 10 FE 21 N GE 22 NO DIC DIC SO SE S V 21 22 22 02 Federico Bucci Federico Butera Giovanni Calabresi Fabio Casiroli Lorenzo Jurina Massimo Majowiecki Gianni Ottolini Marco Sala Gianni Scudo 169 169 64 28 18 169 169 64 72 4 19 4 19 17 2 17 2 58 169 169 169 169 Coperture a cura di Marco Sala 408 Introduzione 410 Struttura di Marco Sala di Marco Sala e Francesco Simoni 410 Strutture di copertura in legno 410 Legno massello Il materiale Le orditure La capriata 412 Legno lamellare Come nasce il legno lamellare Utilizzo del legno lamellare 415 Strutture di copertura in pannelli stratificati in legno Principio di realizzazione dei pannelli stratificati Componenti in legno stratificato Utilizzo del legno stratificato 416 Strutture di copertura in travi reticolari in legno I principi costitutivi Utilizzo di strutture reticolari in legno 418 Strutture di copertura in bambù 418 Caratteristiche del materiale 418 Produzione del bambù Specie maggiormente impiegata a uso strutturale Efficienza energetica 418 Utilizzo del bambù Usi non strutturali Usi strutturali Prestazioni strutturali Comportamento al fuoco Impiego del bambù in strutture di copertura Manto di copertura in bambù 421 Strutture di copertura in laterizio armato 421 Generalità Definizione Tipologie di solai in laterizio armato 421 Tecnica di esecuzione Solai gettati in opera Solai semiprefabbricati Solai a travetti Solai a lastre Solai a pannelli Irrigidimenti trasversali Collegamento alla struttura portante e realizzazione di aperture 422 Confronto tra le tipologie di solaio in laterizio armato Solaio gettato in opera e solai semiprefabbricati Solai a travetti, a lastra e a pannelli 423 Confronto tra laterizio armato e altre tipologie Laterizio armato e calcestruzzo armato Laterizio armato e legno massello Laterizio armato e componenti integrati in acciaio e legno stratificato 423 Evoluzioni 424 Strutture di copertura in acciaio 424 Caratteristiche del materiale Parametri strutturali Resistenza meccanica, duttilità e fragilità Resistenza fisico-chimica e durabilità Leghe di acciaio Il COR-TEN 425 Elementi strutturali Elementi standard Profilati pieni Tubi Lamiere Cavi 427 Prestazioni del materiale Prestazioni meccaniche e durabilità Compatibilità economica e ambientale 427 Realizzazione di strutture di copertura in acciaio Tipologie di struttura Coperture realizzate con elementi strutturali standard Coperture realizzate con elementi strutturali ottenuti per assemblaggio di elementi standard Coperture realizzate con elementi strutturali speciali 430 431 432 432 432 433 435 436 Coperture inclinate di Rosa Romano e Francesco Simoni Architettura del trullo Stratigrafia e prestazione Generalità Coperture di ambienti esterni Stratigrafia delle coperture tradizionali di ambienti interni Coperture ventilate Principali morfologie 438 Manto di copertura 438 Lapideo L’ardesia 440 Laterizi 442 Metallico 444 Ligneo 445 445 446 448 449 451 451 451 452 Coperture piane di Rosa Romano e Milagros Villalta Tetto rovescio Tetto verde Tipologie dei tetti verdi Tecnologia del tetto verde Pavimentazione di copertura Pavimenti in ceramica Pavimenti in cotto Pavimenti rialzati 453 Coperture fotovoltaiche di Lucia Ceccherini Nelli 454 Membrane impermeabilizzanti 455 Tetti industriali 460 Complementi e lavorazioni di Marco Sala e Francesco Simoni 455 Elementi prefabbricati per coperture industriali 455 Coperture prefabbricate in calcestruzzo precompresso 455 Coperture centinate 456 Coperture prefabbricate in acciaio 458 Shed per coperture industriali 458 Lo shed e le sue evoluzioni 458 Componenti shed di Rosa Romano 460 Principali elementi tecnici aggiuntivi 460 Camino di ventilazione 462 Le torri del vento iraniane di Gianni Scudo 463 464 465 465 Linee vita Grondaie Tubo pluviale Bibliografia Complementi e lavorazioni di Rosa Romano Principali elementi tecnici aggiuntivi Nella concezione moderna di involucro le coperture sono diventate non solo il principale elemento di protezione dell’edificio e delle sue parti, ma anche un supporto tecnico in cui interagiscono diversi sistemi impiantistici e trovano collocazione molti dei principali terminali tecnici: - sistemi di smaltimento gassossi, come camini e sfiati; - tecnologie per la produzione di energia rinnovabile, quali pannelli solari termici, fotofoltaici e pale microeoliche; - sistemi di ricezione per le telecomunicazioni, come antenne, parabole; - sistemi per la gestione della luce e dell’illuminazione, come luci e vedute, abbaini, lucernari. Questi sistemi si affiancano e interagiscono con le prestazioni classiche di accumulo e smaltimento delle piogge, di cui fanno parte gronde, pluviali, doccioni e converse; sistemi di controllo per caduta e scivolamento della neve, e sistemi di protezione della copertura stessa, come scossaline, grembiali e copertine. Di conseguenza nella progettazione delle coperture bisogna sempre pensare non solo al posizionamento di questi elementi, ma anche all’accessibilità delle coperture stesse per la manutenzione. Accessibilità che richiede l’attuazione e la realizzazione di sistemi di sicurezza, come i sistemi di linee vita. Questa nuova visione ha portato, negli ultimi anni, a concepire le coperture non solo come sistem di protezione ma come elementi in sinergia con tutto l’organismo edilizio, conducendo l’attenzione non più sul loro aspetto formale ma sulla valenza tecnica che questo elemento propone, sviluppandone le prestazioni sia da un punto di vista passivo, come nel caso della ventilazione o della coibentazione, sia da un punto di vista attivo, grazie all’integrazione di sistemi di captazione solare. Fig. 239 Monodraught 25˚C 15˚C Fig. 240 Windcatcher Richard Davies 460 Coperture Camino di ventilazione Il camino di ventilazione è una soluzione architettonica utilizzata da secoli in Asia Centrale e nel Medio Oriente. Nell’architettura tradizionale di queste aree sono state introdotte diverse strategie passive in grado di ridurre le temperature durante la stagione estiva sfruttando la ventilazione naturale e utilizzando soluzioni architettoniche dedicate e caratterizzanti l’architettura locale, come: - il malqaf, diffuso in Medio Oriente, con un’apertura superiore perpendicolare alla direzione dominante del vento che ha una funzione di captazione; - il bàdgìr, tipico dell’area del Golfo, con più aperture superiori esposte a tutte le direzioni e che possono, alternativamente, assumere funzioni di captazione e di estrazione dell’aria; - il meneh, diffuso nel territorio tra Iran e Afghanistan. In area mediterranea sistemi di ventilazione integrati in copertura sono i trulli pugliesi, in cui i fori per la ventilazione sono collocati in corrispondenza della canna fumaria del focolare e garantiscono una ventilazione trasversale notturna per l’espulsione dell’aria calda nei mesi estivi (paragrafo Architettura del trullo). Figg. 241 - 243 Hopkins Architects, Portcullis House, Westminster, Londra, UK, 2000 © Ian lawson Figg. 244 - 248 Hopkins Architects, Jubilee Campus, University of Nottingham, UK, 1999 © Ian lawson caso non vengono utilizzati ventilatori elettrici per incanalare il flusso di aria, che viene captata all’interno del camino sfruttando le differenze di pressione che si creano naturalmente al suo interno. Questo sistema, applicato anche nel quartiere residenziale BedZed (Beddington Zero Energy Development) di Londra, garantisce buoni risultati anche in situazioni climatiche in cui la portata d’aria esterna è ridotta. - I Monodraught, che sono utilizzati per la ventilazione e l’illuminazione naturale di ambienti privi di aperture (Fig. 239). Questo sistema, completamente automatico e programmabile, è in grado di controllare la ventilazione attraverso un ventilatore a soffitto regolabile, alimentato da un sistema elettrico o da un modulo fotovoltaico collocato nella parte superiore dell’elemento. Può essere dotato di sensori in grado di rilevare e regolare la temperatura interna, il rumore, l’umidità e l’emissione di CO2. Nel caso di sistemi ibridi per l’illuminazione naturale, all’interno del monodraught è integrato un camino di luce ‘solar pipe’. Questi elementi garantiscono buone prestazioni acustiche, con una riduzione della trasmissione del rumore di circa 26 dB rispetto a una finestra aperta12. I camini di ventilazione possono avere dimensioni e altezze variabili a seconda della grandezza del fabbricato, della loro destinazione d’uso e del fabbisogno di ventilazione. Possono essere realizzati con materiali vari e in alcuni casi caratterizzare formalmente l’edificio e la sua copertura grazie alla particolare forma geometrica. © Ian lawson Tutti questi elementi hanno forma di condotto, a sezione poligonale, circolare, rettangolare, con una parte emergente e una sottostante rispetto al piano di copertura dell’edificio. In presenza di pareti massive il flusso d’aria si innesca anche in assenza di vento, sia in discesa sia in ascesa. La parte sottostante al livello di copertura, che ha la funzione di canalizzare l’aria verso lo spazio abitato, può avere sezione più ampia di quella superiore al fine di ridurre la velocità dell’aria11 (Figg. 241 - 248). Il moti convettivi all’interno del condotto si formano per ‘effetto camino’, grazie alle differenze di temperatura esistenti tra due volumi di aria adiacenti: l’aria più calda, avendo una densità più bassa risale verso l’alto al di sopra dell’aria fredda. Per questo motivo, affinché un edificio possa essere ventilato naturalmente in modo adeguato, è necessario che la temperatura interna sia diversa da quella esterna, così da favorire l’ingresso di aria fredda dalle aperture localizzate nella parte più bassa delle pareti del camino di ventilazione, e incrementare l’uscita dell’aria calda dalle aperture in alto. L’effetto camino è funzione della lunghezza del condotto in cui si creano i moti convettivi di aria; la portata dei flussi d’aria può essere calcolata applicando la norma UNI 13141:2004. Tra i camini di ventilazione ‘contemporanei’ ricordiamo: - I ‘wind cowl’, sistemi attivi di ventilazione, dove i condotti di aspirazione e scarico sono collegati a un sistema di recupero del calore (Fig. 240). La differenza principale con altri sistemi di estrazione dell’aria è che in questo 461 Complementi e lavorazioni 11 M. Grosso, Il raffrescamento passivo degli edifici in zone a clima temperato, Maggioli Editore, Sant’Arcangelo di Romagna, 2008 12 Test eseguito dal Centro di Acustica BRE - Regno Unito Le torri del vento iraniane di Gianni Scudo 462 Coperture Vento Fig. 250 Schema di funzionamento di una torre del vento iraniana associata a un condotto sotterraneo Fig. 249 Torre del vento per residenza Galleria Piano interrato Porta Fontana Le torri del vento si sono diffuse nelle città il comfort termico dipende principalmente dalla ventilazione. In tali realtà la densità urbana riduce notevolmente la velocità dell’aria e la finestra comune è inadeguata per una ventilazione efficace. Si utilizzano quindi sistemi di captazione di vento - a diverse altezze - che hanno anche la funzione di estrazione (effetto camino). L’archetipo di questi sistemi è il bàdgìr, (in persiano ‘acchiappavento’), diffuso in Iran e nelle aree del Golfo, con la funzione di captazione ed estrazione multidirezionale del vento. Esso è una torre di diversa altezza, aperta in sommità su molti lati - dai due agli otto - e costituita da una partizione interna verticale in mattoni. Il bàdgìr ha sia la funzione di captare il vento sia quella di raffrescare il flusso d’aria entrante per effetto della massa termica. La massa infatti funziona da volano termico: durante il mattino è più fredda dell’aria esterna, la quale, a contatto con la muratura, si raffredda e, diventando più densa, scende verso il basso ed entra nell’edificio. In presenza di vento questo processo viene accelerato. Durante il giorno la massa del bàdgìr assorbe, gradualmente, il calore dell’aria esterna e dell’irraggiamento solare e lo restituisce di notte all’aria, più fredda, proveniente dalle aperture basse degli ambienti. L’aria riscaldandosi a contatto con le pareti del bàdgìr, tende a salire, innescando un ciclo di ventilazione inverso a quello diurno (Fig. 252). I tipi di bàdgìr a quattro affacci aperti hanno due partizioni interne verticali disposte in diagonale, lungo tutta l’altezza, in modo da incanalare verso il basso le brezze entranti dalle diverse direzioni (Figg. 249, 251, 253). Fig. 251 Interno di una torre del vento quadripartita Sistemi che associano torri del vento e raffrescamento passivo geotermico I sistemi a ventilazione indiretta sono caratterizzati dalla interposizione di un componente raffrescante - in questo caso, un canale secondario - tra l’elemento di captazione e/ o estrazione dell’aria e gli ambienti da raffrescare. L’archetipo di tali sistemi è quello associato alla torre del vento iraniana, costituito da un elemento servente (bàdgìr), costruito a una certa distanza dall’edificio che lo utilizza e collegato a esso tramite un ampio condotto sotterraneo. Esso sfrutta i meccanismi fisici che stanno alla base dei movimenti d’aria, generati da differenze di pressione causate sia dall’effetto del vento, sia dalla differenza di densità dell’aria (Fig. 250), con ciclo inverso giorno-notte. Durante il giorno l’aria passa dall’esterno, attraverso il bàdgìr, nel condotto sotterraneo, raffrescandosi. L’aria raffrescata entra, quindi, negli spazi abitati dell’edificio, a cui il condotto è collegato e, riscaldandosi a contatto con l’aria interna, tende a salire verso le aperture, poste più in alto rispetto all’ingresso. Da tali aperture, soprattuto da quelle collocate sottovento e, quindi, sottopressione, l’aria fuoriesce per effetto camino. Di notte il ciclo si inverte, in quanto l’aria esterna ha una temperatura più bassa di quella interna, mentre quella all’interno del bàdgìr ha una temperatura più alta, per effetto del calore rilasciato dalle pareti della torre1. Un altro tipo di raffrescamento è quello ottenuto per evaporazione. Il raffrescamento evaporativo ha luogo quando, all’interno del sistema di ventilazione, viene introdotta dell’acqua (vasca con fontana e/ o muro sotterraneo umido), determinando una variazione di umidità e di temperatura. Quando l’aria non satura viene a contatto con l’acqua, infatti, una parte di essa evapora e, aumentando il contenuto di vapore acqueo nell’aria, la temperatura della stessa diminuisce. Poiché l’evaporazione richiede quantità di calore abbastanza rilevanti, le torri del vento che includono processi di evaporazione possono raffrescare l’aria in modo molto efficace. Tetto Livello terreno Atrio Fig. 253 Torre del vento di grandi dimensioni nella città iraniana di Yazd. Il sistema di raffrescamento passivo è costituito dalla torre del vento che raffredda l’aria, dalla copertura a cupola che mantiene fresca l’aria nell’edificio sottostante e dal foro di areazione, il quale oltre a contribuire a conservare fresco il locale sottostante, consente di mantenervi in atto una circolazione d’aria. Locale interrato Flusso d’aria (giorno) Flusso d’aria (notte, assenza di vento) Fig. 252 Flussi d’aria diurni e notturni all’interno di un bàdgìr. 13 Per ulteriore approfondimento: M. N. Bahadori, Passive Cooling System in Iranian Architecture, in Scientific American, vol. 238 n. 2, February 1978, pagg. 144 - 154 Linee vita La linee vita rappresentano un dispositivo di protezione anticaduta (D.P.I.) costituito da diversi elementi di ancoraggio installati sulle coperture, ai quali vengono fissati cordini o imbracature che permettono il transito e l’esecuzione di lavori di manutenzione. I lavori in quota nei cantieri temporanei o mobili devono essere eseguiti in condizioni di sicurezza ed ergonomiche adeguate, nel rispetto delle misure generali di tutela previste dagli artt. 15 e 95, D.Lgs. n. 81/2008. A queste attività, particolarmente pericolose, il legislatore ha dedicato il Capo II, ‘Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota’. La normativa riguarda gli interventi su edifici di nuova costruzione ed edifici esistenti, di qualsiasi tipologia e destinazione d’uso. Il sistema anticaduta deve avere le seguenti caratteristiche: - essere idoneo alla struttura del tetto, - ottimizzare la sicurezza per i lavori sulla copertura, - ridurre le sollecitazione sull’operatore in caso di caduta, - essere correntemente ispezionabile (generalmente ogni 12 mesi). I dispositivi possono essere fissi o smontabili. I sistemi fissi sono installati per garantire condizioni di sicurezza durante la manutenzione delle coperture, i sistemi smontabili sono utilizzati per il montaggio di edifici prefabbricati. Le linee vita possono essere realizzate in acciaio inox o in ferro zincato, con necessità di prevedere una manutenzione continua a cadenza annuale. I dispositivi di ancoraggio sono definiti dalla norma UNI EN 795:200214 e possono essere divisi in: - ancoraggi strutturali progettati per essere fissati a superfici verticali, orizzontali e inclinate, Classe A1 (Fig. 259); - ancoraggi strutturali fissati per i tetti inclinati, Classe A2 (Fig. 258); - dispositivi di ancoraggio portatili, Classe B; - linee di ancoraggio flessibili orizzontali, Classe C. È definita linea orizzontale quella linea che devia dall’orizzontale non più di 15°. Questa tipologia è costituita dai seguenti componenti: ancoraggio strutturale di estremità, ancoraggio strutturale intermedio, punto di ancoraggio, linea di ancoraggio. Il paragrafo 4.3.3 della norma UNI EN 795 definisce le caratteristiche e le modalità di progettazione delle linee in classe C. Come richiesto dal punto 4.3.3.1 tutti gli elementi devono essere calcolati da un ingegnere qualificato, compresi gli elementi portanti inseriti nella linea di forza della linea vita e il fissaggio alla struttura principale: - dispositivi di ancoraggio che utilizzano rotaie di ancoraggio rigide orizzontali, Classe D; - ancoraggi a corpo morto da utilizzare su superfici orizzontali o con una pendenza massima di 5°, Classe E (Fig. 257); per i dispositivi di classe A1-A2, la norma richiede al produttore prove di certificazione di tipo statico e dinamico. Tra i requisiti generali per la corretta progettazione dei dispositivi di ancoraggio, ricordiamo: - di prevedere bordi o angoli esposti di forma arrotondata con un raggio di almeno 0,5 mm o con uno smusso di 45°; - di realizzare le parti esposte in modo permanente all’ambiente esterno, come i dispositivi di ancoraggio, con una protezione contro la corrosione equivalente ai valori di zincatura a caldo come indicato dal paragrafo 4.4 della EN 362:1992. - di non utilizzare dispositivi di ancoraggio a corpo morto in presenza di rischio di gelo e dove la distanza dal bordo del tetto sia minore di 2500 mm. I sistemi comunemente utilizzati come linee vita sono i seguenti: - Sistema ad ancoraggio puntuale, generalmente costituito da una serie di elementi fissati alla copertura tramite tasselli o bulloni; il tipo di fissaggio viene scelto in relazione alla tipologia di supporto su cui viene montato il sistema. Le torrette possono essere di diversa altezza, 500 o 250 mm, la differenza deriva dalla tipologia di fissaggio, che può essere tassellata o annegata nel calcestruzzo. Il sistema viene prima fissato mediante un grillo alle estremità, costituite da una piastra o una torretta, successivamente sono inserite e messe in tensione le funi. - Linea vita su tetto giardino, costituite da un sistema di lastre in calcestruzzo o piombo che viene poggiato e non fissato sulla copertura, poiché la stabilità è data dal peso proprio (pari a 350 kg) (Fig. 256). - Linea vita su lamiera, il sistema maggiormente utilizzato per tetti ad aggraffatura verticale e coperture industriali. Il vantaggio di questo sistema è rappresentato dalla possibilità di installare in tempi brevi gli elementi di aggancio senza perforare il solaio di copertura. Figg. 254, 255 Dispositivi di ancoraggio Fig. 256 Linee vita su tetto giardino, particolare 1 2 2 1 1 1 1. Ancoraggio strutturale 2. Punto di ancoraggio 1. Punto di ancoraggio Fig. 257 Ancoraggio di classe B 1 Fig. 258 Ancoraggio di classe A2 2 1 2 1 2 1. Ancoraggio strutturale 2. Punto di ancoraggio 14 UNI-EN-795-2002, Protezione contro le cadute dall’alto - Dispositivi di ancoraggio - Requisiti e prove Fig. 259 Ancoraggio di classe A1 1 2 463 Complementi e lavorazioni 464 Coperture Complementi e lavorazioni Grondaie cate, a causa di distacchi di blocchi di neve e ghiaccio dalle falde. - Rame; si tratta di elementi che devono essere montati mediante saldatura dolce, o connessi mediante giunti a semplice sovrapposizione, rispettando il senso di displuvio dell’acqua con guarnizione a silicone. - Alluminio. - Leghe a base di zinco; hanno un costo modesto ma nell’arco di 10 - 20 anni sono soggette a ossidazione fino alla perforazione; - Acciaio inox; ha un’ottima resistenza agli agenti atmosferici, anche in zone marine. La grondaia è posta sotto le tegole di copertura e fissata tramite ganci di sostegno in rame che sono posti a una distanza variabile tra 1 m e 1,50 m. I ganci sono inchiodati alla soletta sottostante tramite chiodi di acciaio, oppure all’intavolato, nel caso di gronde in legno. La grondaia ha sul bordo esterno un ricciolo che permette ai vari pezzi di incastrarsi e scorrere (Figg. 260 - 266). Una buona gronda è a doppia parete con nervature longitudinali e presenta: - un bordo antitracimazione esterno che fornisce una particolare robustezza e rigidità all’intero sistema; - un bordo di invito interno, di solito più alto di La grondaia è l’elemento tecnologico che permette il deflusso delle acque meteoriche dal manto di copertura. Si tratta di elementi solitamente a sezione circolare, con diametro variabile (da 25 a 32 cm) che possono essere realizzati con diversi tipi di materiale. - PVC; i canali e i pluviali di materiale termoplastico sono insensibili alla corrosione, hanno un’ottima resistenza sia meccanica sia agli agenti atmosferici (neve, grandine, persistenza di gelo) e resistono all’usura causata da agenti inquinanti presenti nell’atmosfera. Grazie alla colorazione data da pigmenti finissimi, stabili agli spettri di colori e all’invecchiamento garantiscono inoltre un’ottima tenuta del colore nel tempo. Forti variazioni di temperatura non alterano le caratteristiche fisico-meccaniche del materiale; non si verificano, infatti, alterazioni nelle esposizioni da un minimo di –25°C sino a un massimo di +65°C. I pezzi speciali sono ricavati da stampaggio con l’utilizzo dello stesso impasto utilizzato per i canali e i tubi. Gli elementi in PVC sono particolarmente indicati nelle aree marine, possono avere problemi invece nelle zone soggette a climi rigidi e con abbondanti nevi- quello antitracimazione, a protezione dei parametri esterni del fabbricato. Nel determinare le dimensioni di un canale di gronda, conviene osservare le seguenti regole pratiche: - non scendere al di sotto di 80 mm di bocca per i canali semicircolari; - non scendere al di sotto di 100 mm di larghezza × 50 mm di altezza per i canali rettangolari; - dare una pendenza ai canali di almeno lo 0.5%, circa un centimetro per metro di lunghezza. Gli accessori per il completamento delle grondaie sono: - cicogne: staffe che sostengono i canali sospesi; - tiranti e cambrette: fissaggi per canali, utilizzati, ad esempio, come rinforzo contro le spinte orizzontali causate da blocchi di neve; - testate: chiusure della grondaia per impedire la fuoriuscita dell’acqua convogliata; - angoli: elementi di raccordo; - scarichi: oggi sono costituiti dai pluviali, connessi ai canali di gronda tramite i bocchettoni che, a loro volta, possono sfociare in un serbatoio di sicurezza detto cassetta; - parafoglie: griglie di protezione degli scarichi. Elemento di tenuta dell’acqua Scossolina in rame Verniciatura protettiva Massetto alleggerito di argilla espansa e cemento Cornici in calcestruzzo a vista Scossolina di protezione a vista Rompigoccia Intonaco Fig. 260 Cornicione in cls faccia a vista con canale di gronda interno Controparete in mattoni forati di laterizio Profolo metallico fermavetro con guarnizione di neoprene Vetro stratificato Massetto di calcestruzzo armato con rete elettrostatica Fig. 261 Collegamento strutturale tra trave perimetrale e gronda Manto di tenuta in lastre di rame Cappellotto copritesta in rame della vite di fissaggio Cordolo in calcestruzzo armato Lamiera in zinco titanio Canale di gronda in rame Canale di gronda in rame Cordolo in calcestruzzo armato Carter cilindrico in lamiera verniciata Strato termoisolante in legno mineralizzato Telaio interno in tubolari e piastre di acciaio Lamiera di tamponamento su entrambi i lati Vaschetta di raccolta delle acque in acciaio inox Strato di supporto in listelli di legno Fig. 262 Copertura a falda, gronda con sporto in acciaio e vetro Intonaco Fig. 263 Struttura in laterocemento e manto di tenuta in rame Intonaco Davanzale in marmo Controparete in mattoni forati Le giunzioni dei canali possono essere a giunti semplici o a incollaggio. Esistono sistemi che prevedono l’uso di guarnizioni elastomeriche. Il sistema di fissaggio è garantito da staffe in acciaio zincato montate a interasse di circa un metro. Un buon staffaggio prevede che, in caso di manutenzione del tetto, non debba necessariamente essere rimosso il sistema gronda. I tubi dei pluviali sono dello stesso materiale, presentano incastro meccanico a bicchiere che, di solito, non prevede l’uso di collanti o guarnizioni. Molto importante è l’utilizzo di appositi giunti di scarico che calzano in modo perfetto sia la gronda orizzontale sia il discendente pluviale. Buona norma è quella di inserire in questo elemento un doppio sistema di staffe per renderlo molto rigido; su di esso, infatti, si scaricano le forze verticali e longitudinali della dilatazione termica dell’intero sistema. I giunti di scarico sono, generalmente, forniti a sezione leggermente più ampia delle gronda per aumentare la capacità di deflusso dell’acqua. La tipologia della gronda e dei pluviali dipende dalla quantità e dal tipo di precipitazioni meteoriche e dalla forma del tetto. Una copertura complicata, interrotta frequentemente, con molte falde e formata da tetti a Fig. 264 Copertura a falda con pannelli di gronda protetti da una scossalina sagomata continua Fig. 265 Collegamento dei canali di gronda alla struttura Fig. 266 Cicogna reggicanale appoggiata direttamente al travetto quote variabili, presenterà un sistema di scolo delle acque molto complesso e dispendioso, talvolta anche con conseguenze negative sull’impatto estetico dell’opera. I canali di gronda realizzati in materiale metallico presentano un’ottima resistenza a qualsiasi temperatura, resistenza meccanica molto elevata e inattaccabilità agli agenti atmosferici inquinanti. Lo spessore della lamiera, a seconda delle sezioni impiegate, varia da un minimo di 0,6 mm a un massimo di 1 mm per i canali e fino a 1,2÷1,4 mm per i pezzi speciali. I bordi prevedono una doppia piegatura del metallo che, oltre a irrobustire l’elemento, garantisce il contenimento dell’acqua. Le staffe di fissaggio possono essere a fascia con collare aperto, a doppio bullone per le tubazioni e da tegola o bordo, specifiche per la tipologia di tegola o di bordo su cui impiegare il sistema gronda. In metallo possono anche essere realizzati sistemi a fascia interna composti da canali di gronda a sezione semicircolare o quadrata, il cui bordo interno prevede una fascia di dimensioni di 20÷30 cm posta direttamente in opera sotto l’ultima striscia di tegola. L’utilizzo di elementi metallici permette di ottenere un particolare effetto decorativo e cromatico nelle ristrutturazioni di edifici storici. Il montaggio di un sistema gronda - nonostante non necessiti di maestranze particolarmente specializzate - richiede comunque particolari attenzioni. Il sistema di staffe deve essere, rigorosamente, della stessa casa costruttrice dei canali e bisogna prevederne un corretto impiego rispetto al sistema di tegole esistente. È opportuno preferire sempre una staffa chiusa a un sistema di staffe aperto, soprattutto nel caso di impiego di gronda metallica. Fattore importante, spesso trascurato, è l’apporto di giunti di dilatazione termica specie per lunghezze sostenute; è buona norma inserire un giunto di dilatazione ogni 15 - 20 m. Tubo pluviale L’acqua piovana viene convogliata, mediante linee di compluvio, alle gronde poste lungo il perimetro che portano ai canali discendenti (pluviali). Il dimensionamento tradizionale di questi elementi considerava due pluviali di diametro 100 mm ogni 100 m2 di copertura, incrementando poi con ulteriore pluviale ogni 100 m2 di superficie in più. Recentemente la maggiore intensità di pioggia registrata sempre più frequentemente anche in Italia consiglia di adottare sezioni maggiori. Il tubo pluviale è parte integrante dei sistemi di raccolta delle acque piovane. L’acqua che defluisce attraverso la grondaia viene convogliata all’interno dei tubi pluviali, solitamente collocati negli angoli o a una distanza di 10 m gli uni dagli altri, e quindi condotta ai pozzetti di scarico dell’edificio (Fig. 267). I tubi pluviali hanno sezione circolare con un diametro che varia nei casi più comuni da 60 a 120 mm. Negli edifici di grandi dimensioni, come avviene per le gronde, il diametro del pluviale deve essere calcolato in funzione della reale dimensione del manto di copertura. Il sistema di fissaggio è caratterizzato da un collare stretto intorno al tubo, ancorato al muro tramite un tassello o un crossano. Coronamento perimetrale in lamiera zincata Verniciatura protettiva 1 2 Elemento termoisolante Fig. 267 Sistema di smaltimento dell’acqua per copertura a bassa pendenza 1 Parafoglie in polietilene 2 Bocchettone di scarico I tubi pluviali possono essere realizzati in: - acciaio zincato, - acciaio inox, - alluminio e sue leghe (Figg. 268 - 274), - PVC-rigido, - rame, - zinco-titanio. Lo scarico delle acque deve avvenire in base ai regolamenti del servizio di fognatura. Le disposizioni sull’allacciamento obbligatorio delle tubazioni pluviali si possono così riassumere: - obbligo di immissione in fogna di tutti gli scoli delle acque piovane e di altre acque nelle strade dove esiste un canale di fognatura; - dispersione mediante regolari sul terreno circostante, da determinarsi esattamente nella fase di progetto, per le nuove costruzioni su strade prive di fognatura o di tombini o di colatore stradale; - allacciamento senza sifone delle tubazioni pluviali delle case verso la pubblica via; - obbligo di posa del sifone quando al di sopra della gronda vi siano abitazioni o terrazze praticabili; - divieto di introdurre nelle tubazioni pluviali altri scarichi se non portanti acqua piovana dal tetto; - permesso di immissioni nelle tubazioni pluviali incassate nel muro di scarichi di bagni solo quando queste sono costituite da tubi di grès o di ghisa, o di altro materiale di uguale resistenza, levigatezza o impermeabilità, e quando queste sono allacciate direttamente alla canalizzazione principale senza l’intermezzo di pozzetti di deposito, e quando al di sopra della grondaia non vi siano finestre di abitazioni o terrazze accessibili. Bibliografia - Norma UNI 10724 (Sistemi di raccolta di acque meteoriche - Istruzioni per la progettazione e l’esecuzione con elementi discontinui) - Autori Vari, Manuali di progettazione edilizia. Fondamenti, strumenti, norme. Volume secondo, Hoepli, Milano 1994 C. Comoletti, Il rame sui tetti, Electa, Milano, 1994 E. Reid, Capire gli edifici, Zanichelli, Bologna, 1994 465 Complementi e lavorazioni 466 Coperture Figg. 268 - 274 Glenn Murcutt, Walsh House,Kangaroo Valley, New South Wales, Australia, 2001 - 2005 Complementi e lavorazioni 467 Complementi e lavorazioni