Viaggi nell`architettura Costruire l`architettura Renzo Piano

da un’idea di
da un’idea di
Renzo Piano
Renzo Piano
Renzo Piano
Viaggi
nell’architettura
Viaggi
nell’architettura
Viaggi
nell’architettura
Renzo Piano
con
Carlo Piano
da un’idea di
Renzo Piano
con
Carlo Piano
Renzo Piano
con
Carlo Piano
N
N
NO
21
21
Costruire
l’architettura
NE
GIU
GIU
MAG
21
G 24
LU
01 MA
G
LAT = 38° 50’ 11’’, 76
LONG = 16° 15’ 52”, 20
19
21 AP
R
AGO
5
13
23
AGO
6
18
SET 02
10 APR
7
17
31 MAR
SET 13
0 = 0’
16
21 MAR
0
8
14
03 MAR
SET 23
E
9
15
13 MAR
13
12
11
OTT 01
10
OTT 11
OTT
21 FEB
B
NOV
10 FE
21
N
GE
22
NO
DIC
DIC
SO
SE
S
V 21
22
22
02
Federico Bucci
Federico Butera
Giovanni Calabresi
Fabio Casiroli
Lorenzo Jurina
Massimo Majowiecki
Gianni Ottolini
Marco Sala
Gianni Scudo
Costruire
l’architettura
NO
21
21
Federico Bucci
Federico Butera
Giovanni Calabresi
Fabio Casiroli
Lorenzo Jurina
Massimo Majowiecki
Gianni Ottolini
Marco Sala
Gianni Scudo
Costruire
l’architettura
NE
GIU
GIU
MAG
21
G 24
LU
01 MA
G
LAT = 38° 50’ 11’’, 76
LONG = 16° 15’ 52”, 20
19
21 AP
R
AGO
5
13
23
AGO
6
18
SET 02
10 APR
7
17
31 MAR
SET 13
0 = 0’
16
21 MAR
0
8
14
03 MAR
SET 23
E
9
15
13 MAR
13
12
11
OTT 01
10
OTT 11
OTT
21 FEB
B
NOV
10 FE
21
N
GE
22
NO
DIC
DIC
SO
SE
S
V 21
22
22
02
Federico Bucci
Federico Butera
Giovanni Calabresi
Fabio Casiroli
Lorenzo Jurina
Massimo Majowiecki
Gianni Ottolini
Marco Sala
Gianni Scudo
169
169
64
28
18
169
169
64
72
4
19
4
19
17
2
17
2
58
169
169
169
169
Coperture
a cura di Marco Sala
408
Introduzione
410
Struttura
di Marco Sala
di Marco Sala e Francesco Simoni
410 Strutture di copertura in legno
410 Legno massello
Il materiale
Le orditure
La capriata
412 Legno lamellare
Come nasce il legno lamellare
Utilizzo del legno lamellare
415 Strutture di copertura
in pannelli stratificati in legno
Principio di realizzazione
dei pannelli stratificati
Componenti in legno stratificato
Utilizzo del legno stratificato
416 Strutture di copertura
in travi reticolari in legno
I principi costitutivi
Utilizzo di strutture reticolari in legno
418 Strutture di copertura in bambù
418 Caratteristiche del materiale
418 Produzione del bambù
Specie maggiormente impiegata
a uso strutturale
Efficienza energetica
418 Utilizzo del bambù
Usi non strutturali
Usi strutturali
Prestazioni strutturali
Comportamento al fuoco
Impiego del bambù
in strutture di copertura
Manto di copertura in bambù
421 Strutture di copertura
in laterizio armato
421 Generalità
Definizione
Tipologie di solai in laterizio armato
421 Tecnica di esecuzione
Solai gettati in opera
Solai semiprefabbricati
Solai a travetti
Solai a lastre
Solai a pannelli
Irrigidimenti trasversali
Collegamento alla struttura portante
e realizzazione di aperture
422 Confronto tra le tipologie di solaio
in laterizio armato
Solaio gettato in opera
e solai semiprefabbricati
Solai a travetti, a lastra e a pannelli
423 Confronto tra laterizio armato
e altre tipologie
Laterizio armato e calcestruzzo armato
Laterizio armato e legno massello
Laterizio armato e componenti integrati
in acciaio e legno stratificato
423 Evoluzioni
424 Strutture di copertura in acciaio
424 Caratteristiche del materiale
Parametri strutturali
Resistenza meccanica,
duttilità e fragilità
Resistenza fisico-chimica e durabilità
Leghe di acciaio
Il COR-TEN
425 Elementi strutturali
Elementi standard
Profilati pieni
Tubi
Lamiere
Cavi
427 Prestazioni del materiale
Prestazioni meccaniche e durabilità
Compatibilità economica e ambientale
427 Realizzazione di strutture di copertura
in acciaio
Tipologie di struttura
Coperture realizzate con elementi
strutturali standard
Coperture realizzate con elementi
strutturali ottenuti per assemblaggio
di elementi standard
Coperture realizzate con elementi
strutturali speciali
430
431
432
432
432
433
435
436
Coperture inclinate
di Rosa Romano e Francesco Simoni
Architettura del trullo
Stratigrafia e prestazione
Generalità
Coperture di ambienti esterni
Stratigrafia delle coperture tradizionali
di ambienti interni
Coperture ventilate
Principali morfologie
438 Manto di copertura
438 Lapideo
L’ardesia
440 Laterizi
442 Metallico
444 Ligneo
445
445
446
448
449
451
451
451
452
Coperture piane
di Rosa Romano e Milagros Villalta
Tetto rovescio
Tetto verde
Tipologie dei tetti verdi
Tecnologia del tetto verde
Pavimentazione di copertura
Pavimenti in ceramica
Pavimenti in cotto
Pavimenti rialzati
453 Coperture fotovoltaiche
di Lucia Ceccherini Nelli
454 Membrane impermeabilizzanti
455
Tetti industriali
460
Complementi e lavorazioni
di Marco Sala e Francesco Simoni
455 Elementi prefabbricati
per coperture industriali
455 Coperture prefabbricate
in calcestruzzo precompresso
455 Coperture centinate
456 Coperture prefabbricate in acciaio
458 Shed per coperture industriali
458 Lo shed e le sue evoluzioni
458 Componenti shed
di Rosa Romano
460 Principali elementi tecnici aggiuntivi
460 Camino di ventilazione
462 Le torri del vento iraniane
di Gianni Scudo
463
464
465
465
Linee vita
Grondaie
Tubo pluviale
Bibliografia
Complementi e lavorazioni
di Rosa Romano
Principali elementi tecnici aggiuntivi
Nella concezione moderna di involucro le coperture sono diventate non solo il principale
elemento di protezione dell’edificio e delle sue
parti, ma anche un supporto tecnico in cui interagiscono diversi sistemi impiantistici e trovano collocazione molti dei principali terminali
tecnici:
- sistemi di smaltimento gassossi, come camini e sfiati;
- tecnologie per la produzione di energia rinnovabile, quali pannelli solari termici, fotofoltaici
e pale microeoliche;
- sistemi di ricezione per le telecomunicazioni,
come antenne, parabole;
- sistemi per la gestione della luce e dell’illuminazione, come luci e vedute, abbaini, lucernari. Questi sistemi si affiancano e interagiscono
con le prestazioni classiche di accumulo e
smaltimento delle piogge, di cui fanno parte
gronde, pluviali, doccioni e converse; sistemi
di controllo per caduta e scivolamento della
neve, e sistemi di protezione della copertura
stessa, come scossaline, grembiali e copertine. Di conseguenza nella progettazione delle
coperture bisogna sempre pensare non solo al
posizionamento di questi elementi, ma anche
all’accessibilità delle coperture stesse per la
manutenzione. Accessibilità che richiede l’attuazione e la realizzazione di sistemi di sicurezza, come i sistemi di linee vita.
Questa nuova visione ha portato, negli ultimi
anni, a concepire le coperture non solo come
sistem di protezione ma come elementi in sinergia con tutto l’organismo edilizio, conducendo l’attenzione non più sul loro aspetto
formale ma sulla valenza tecnica che questo
elemento propone, sviluppandone le prestazioni sia da un punto di vista passivo, come
nel caso della ventilazione o della coibentazione, sia da un punto di vista attivo, grazie all’integrazione di sistemi di captazione solare.
Fig. 239
Monodraught
25˚C
15˚C
Fig. 240
Windcatcher
Richard Davies
460
Coperture
Camino di ventilazione
Il camino di ventilazione è una soluzione architettonica utilizzata da secoli in Asia Centrale e
nel Medio Oriente. Nell’architettura tradizionale di queste aree sono state introdotte diverse
strategie passive in grado di ridurre le temperature durante la stagione estiva sfruttando la
ventilazione naturale e utilizzando soluzioni
architettoniche dedicate e caratterizzanti l’architettura locale, come:
- il malqaf, diffuso in Medio Oriente, con
un’apertura superiore perpendicolare alla direzione dominante del vento che ha una funzione di captazione;
- il bàdgìr, tipico dell’area del Golfo, con più
aperture superiori esposte a tutte le direzioni e
che possono, alternativamente, assumere funzioni di captazione e di estrazione dell’aria;
- il meneh, diffuso nel territorio tra Iran e Afghanistan.
In area mediterranea sistemi di ventilazione integrati in copertura sono i trulli pugliesi, in cui
i fori per la ventilazione sono collocati in corrispondenza della canna fumaria del focolare e
garantiscono una ventilazione trasversale notturna per l’espulsione dell’aria calda nei mesi
estivi (paragrafo Architettura del trullo).
Figg. 241 - 243
Hopkins Architects, Portcullis House,
Westminster, Londra, UK, 2000
© Ian lawson
Figg. 244 - 248
Hopkins Architects,
Jubilee Campus,
University of
Nottingham, UK, 1999
© Ian lawson
caso non vengono utilizzati ventilatori elettrici
per incanalare il flusso di aria, che viene captata all’interno del camino sfruttando le differenze di pressione che si creano naturalmente al
suo interno. Questo sistema, applicato anche
nel quartiere residenziale BedZed (Beddington
Zero Energy Development) di Londra, garantisce buoni risultati anche in situazioni climatiche in cui la portata d’aria esterna è ridotta.
- I Monodraught, che sono utilizzati per la ventilazione e l’illuminazione naturale di ambienti
privi di aperture (Fig. 239).
Questo sistema, completamente automatico
e programmabile, è in grado di controllare la
ventilazione attraverso un ventilatore a soffitto
regolabile, alimentato da un sistema elettrico
o da un modulo fotovoltaico collocato nella
parte superiore dell’elemento.
Può essere dotato di sensori in grado di rilevare e regolare la temperatura interna, il rumore,
l’umidità e l’emissione di CO2. Nel caso di sistemi ibridi per l’illuminazione naturale, all’interno del monodraught è integrato un camino
di luce ‘solar pipe’.
Questi elementi garantiscono buone prestazioni acustiche, con una riduzione della trasmissione del rumore di circa 26 dB rispetto
a una finestra aperta12. I camini di ventilazione
possono avere dimensioni e altezze variabili a
seconda della grandezza del fabbricato, della loro destinazione d’uso e del fabbisogno
di ventilazione. Possono essere realizzati con
materiali vari e in alcuni casi caratterizzare formalmente l’edificio e la sua copertura grazie
alla particolare forma geometrica.
© Ian lawson
Tutti questi elementi hanno forma di condotto,
a sezione poligonale, circolare, rettangolare,
con una parte emergente e una sottostante
rispetto al piano di copertura dell’edificio.
In presenza di pareti massive il flusso d’aria
si innesca anche in assenza di vento, sia in
discesa sia in ascesa. La parte sottostante al
livello di copertura, che ha la funzione di canalizzare l’aria verso lo spazio abitato, può avere
sezione più ampia di quella superiore al fine di
ridurre la velocità dell’aria11 (Figg. 241 - 248).
Il moti convettivi all’interno del condotto si
formano per ‘effetto camino’, grazie alle differenze di temperatura esistenti tra due volumi
di aria adiacenti: l’aria più calda, avendo una
densità più bassa risale verso l’alto al di sopra
dell’aria fredda. Per questo motivo, affinché
un edificio possa essere ventilato naturalmente in modo adeguato, è necessario che la temperatura interna sia diversa da quella esterna,
così da favorire l’ingresso di aria fredda dalle aperture localizzate nella parte più bassa
delle pareti del camino di ventilazione, e incrementare l’uscita dell’aria calda dalle aperture in alto. L’effetto camino è funzione della
lunghezza del condotto in cui si creano i moti
convettivi di aria; la portata dei flussi d’aria
può essere calcolata applicando la norma UNI
13141:2004. Tra i camini di ventilazione ‘contemporanei’ ricordiamo:
- I ‘wind cowl’, sistemi attivi di ventilazione,
dove i condotti di aspirazione e scarico sono
collegati a un sistema di recupero del calore
(Fig. 240). La differenza principale con altri sistemi di estrazione dell’aria è che in questo
461
Complementi e lavorazioni
11 M. Grosso, Il raffrescamento passivo degli edifici in zone
a clima temperato, Maggioli Editore, Sant’Arcangelo di
Romagna, 2008
12 Test eseguito dal Centro di Acustica BRE - Regno Unito
Le torri del vento iraniane
di Gianni Scudo
462
Coperture
Vento
Fig. 250
Schema di funzionamento
di una torre del vento
iraniana associata a un
condotto sotterraneo
Fig. 249
Torre del vento per residenza
Galleria
Piano interrato
Porta
Fontana
Le torri del vento si sono diffuse nelle città il
comfort termico dipende principalmente dalla ventilazione. In tali realtà la densità urbana
riduce notevolmente la velocità dell’aria e la
finestra comune è inadeguata per una ventilazione efficace. Si utilizzano quindi sistemi
di captazione di vento - a diverse altezze - che
hanno anche la funzione di estrazione (effetto camino). L’archetipo di questi sistemi è il
bàdgìr, (in persiano ‘acchiappavento’), diffuso
in Iran e nelle aree del Golfo, con la funzione
di captazione ed estrazione multidirezionale
del vento. Esso è una torre di diversa altezza,
aperta in sommità su molti lati - dai due agli
otto - e costituita da una partizione interna verticale in mattoni.
Il bàdgìr ha sia la funzione di captare il vento
sia quella di raffrescare il flusso d’aria entrante
per effetto della massa termica.
La massa infatti funziona da volano termico:
durante il mattino è più fredda dell’aria esterna, la quale, a contatto con la muratura, si raffredda e, diventando più densa, scende verso
il basso ed entra nell’edificio.
In presenza di vento questo processo viene accelerato. Durante il giorno la massa del
bàdgìr assorbe, gradualmente, il calore dell’aria esterna e dell’irraggiamento solare e lo
restituisce di notte all’aria, più fredda, proveniente dalle aperture basse degli ambienti.
L’aria riscaldandosi a contatto con le pareti del
bàdgìr, tende a salire, innescando un ciclo di
ventilazione inverso a quello diurno (Fig. 252).
I tipi di bàdgìr a quattro affacci aperti hanno
due partizioni interne verticali disposte in diagonale, lungo tutta l’altezza, in modo da incanalare verso il basso le brezze entranti dalle
diverse direzioni (Figg. 249, 251, 253).
Fig. 251
Interno di una torre
del vento quadripartita
Sistemi che associano torri del vento e
raffrescamento passivo geotermico
I sistemi a ventilazione indiretta sono caratterizzati dalla interposizione di un componente raffrescante - in questo caso, un canale
secondario - tra l’elemento di captazione e/
o estrazione dell’aria e gli ambienti da raffrescare. L’archetipo di tali sistemi è quello associato alla torre del vento iraniana, costituito
da un elemento servente (bàdgìr), costruito a
una certa distanza dall’edificio che lo utilizza
e collegato a esso tramite un ampio condotto
sotterraneo. Esso sfrutta i meccanismi fisici
che stanno alla base dei movimenti d’aria, generati da differenze di pressione causate sia
dall’effetto del vento, sia dalla differenza di
densità dell’aria (Fig. 250), con ciclo inverso
giorno-notte.
Durante il giorno l’aria passa dall’esterno, attraverso il bàdgìr, nel condotto sotterraneo,
raffrescandosi.
L’aria raffrescata entra, quindi, negli spazi abitati dell’edificio, a cui il condotto è collegato
e, riscaldandosi a contatto con l’aria interna,
tende a salire verso le aperture, poste più in
alto rispetto all’ingresso.
Da tali aperture, soprattuto da quelle collocate sottovento e, quindi, sottopressione, l’aria
fuoriesce per effetto camino.
Di notte il ciclo si inverte, in quanto l’aria esterna ha una temperatura più bassa di quella interna, mentre quella all’interno del bàdgìr ha
una temperatura più alta, per effetto del calore
rilasciato dalle pareti della torre1.
Un altro tipo di raffrescamento è quello ottenuto per evaporazione.
Il raffrescamento evaporativo ha luogo quando, all’interno del sistema di ventilazione, viene introdotta dell’acqua (vasca con fontana e/
o muro sotterraneo umido), determinando una
variazione di umidità e di temperatura.
Quando l’aria non satura viene a contatto con
l’acqua, infatti, una parte di essa evapora e,
aumentando il contenuto di vapore acqueo
nell’aria, la temperatura della stessa diminuisce. Poiché l’evaporazione richiede quantità
di calore abbastanza rilevanti, le torri del vento
che includono processi di evaporazione possono raffrescare l’aria in modo molto efficace.
Tetto
Livello terreno
Atrio
Fig. 253
Torre del vento di grandi
dimensioni nella città
iraniana di Yazd.
Il sistema di raffrescamento
passivo è costituito
dalla torre del vento
che raffredda l’aria,
dalla copertura a cupola
che mantiene fresca l’aria
nell’edificio sottostante e
dal foro di areazione,
il quale oltre a contribuire
a conservare fresco il locale
sottostante, consente
di mantenervi in atto una
circolazione d’aria.
Locale
interrato
Flusso d’aria (giorno)
Flusso d’aria (notte, assenza di vento)
Fig. 252
Flussi d’aria diurni
e notturni all’interno
di un bàdgìr.
13 Per ulteriore approfondimento: M. N. Bahadori, Passive
Cooling System in Iranian Architecture, in Scientific
American, vol. 238 n. 2, February 1978, pagg. 144 - 154
Linee vita
La linee vita rappresentano un dispositivo di
protezione anticaduta (D.P.I.) costituito da
diversi elementi di ancoraggio installati sulle
coperture, ai quali vengono fissati cordini o
imbracature che permettono il transito e l’esecuzione di lavori di manutenzione.
I lavori in quota nei cantieri temporanei o mobili devono essere eseguiti in condizioni di sicurezza ed ergonomiche adeguate, nel rispetto delle misure generali di tutela previste dagli
artt. 15 e 95, D.Lgs. n. 81/2008.
A queste attività, particolarmente pericolose, il
legislatore ha dedicato il Capo II, ‘Norme per
la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle
costruzioni e nei lavori in quota’.
La normativa riguarda gli interventi su edifici di
nuova costruzione ed edifici esistenti, di qualsiasi tipologia e destinazione d’uso.
Il sistema anticaduta deve avere le seguenti
caratteristiche:
- essere idoneo alla struttura del tetto,
- ottimizzare la sicurezza per i lavori sulla copertura,
- ridurre le sollecitazione sull’operatore in caso
di caduta,
- essere correntemente ispezionabile (generalmente ogni 12 mesi). I dispositivi possono
essere fissi o smontabili. I sistemi fissi sono
installati per garantire condizioni di sicurezza
durante la manutenzione delle coperture, i sistemi smontabili sono utilizzati per il montaggio di edifici prefabbricati. Le linee vita possono essere realizzate in acciaio inox o in ferro
zincato, con necessità di prevedere una manutenzione continua a cadenza annuale.
I dispositivi di ancoraggio sono definiti dalla
norma UNI EN 795:200214 e possono essere
divisi in:
- ancoraggi strutturali progettati per essere fissati a superfici verticali, orizzontali e inclinate,
Classe A1 (Fig. 259);
- ancoraggi strutturali fissati per i tetti inclinati,
Classe A2 (Fig. 258);
- dispositivi di ancoraggio portatili, Classe B;
- linee di ancoraggio flessibili orizzontali, Classe C. È definita linea orizzontale quella linea
che devia dall’orizzontale non più di 15°.
Questa tipologia è costituita dai seguenti
componenti: ancoraggio strutturale di estremità, ancoraggio strutturale intermedio, punto
di ancoraggio, linea di ancoraggio.
Il paragrafo 4.3.3 della norma UNI EN 795 definisce le caratteristiche e le modalità di progettazione delle linee in classe C.
Come richiesto dal punto 4.3.3.1 tutti gli elementi devono essere calcolati da un ingegnere qualificato, compresi gli elementi portanti
inseriti nella linea di forza della linea vita e il
fissaggio alla struttura principale:
- dispositivi di ancoraggio che utilizzano rotaie
di ancoraggio rigide orizzontali, Classe D;
- ancoraggi a corpo morto da utilizzare su superfici orizzontali o con una pendenza massima di 5°, Classe E (Fig. 257); per i dispositivi di
classe A1-A2, la norma richiede al produttore
prove di certificazione di tipo statico e dinamico. Tra i requisiti generali per la corretta
progettazione dei dispositivi di ancoraggio,
ricordiamo:
- di prevedere bordi o angoli esposti di forma
arrotondata con un raggio di almeno 0,5 mm o
con uno smusso di 45°;
- di realizzare le parti esposte in modo permanente all’ambiente esterno, come i dispositivi
di ancoraggio, con una protezione contro la
corrosione equivalente ai valori di zincatura
a caldo come indicato dal paragrafo 4.4 della
EN 362:1992.
- di non utilizzare dispositivi di ancoraggio a
corpo morto in presenza di rischio di gelo e
dove la distanza dal bordo del tetto sia minore
di 2500 mm. I sistemi comunemente utilizzati
come linee vita sono i seguenti:
- Sistema ad ancoraggio puntuale, generalmente costituito da una serie di elementi fissati alla copertura tramite tasselli o bulloni; il
tipo di fissaggio viene scelto in relazione alla
tipologia di supporto su cui viene montato il
sistema. Le torrette possono essere di diversa altezza, 500 o 250 mm, la differenza deriva
dalla tipologia di fissaggio, che può essere
tassellata o annegata nel calcestruzzo.
Il sistema viene prima fissato mediante un
grillo alle estremità, costituite da una piastra o
una torretta, successivamente sono inserite e
messe in tensione le funi.
- Linea vita su tetto giardino, costituite da un
sistema di lastre in calcestruzzo o piombo che
viene poggiato e non fissato sulla copertura,
poiché la stabilità è data dal peso proprio (pari
a 350 kg) (Fig. 256).
- Linea vita su lamiera, il sistema maggiormente utilizzato per tetti ad aggraffatura verticale e
coperture industriali.
Il vantaggio di questo sistema è rappresentato
dalla possibilità di installare in tempi brevi gli
elementi di aggancio senza perforare il solaio
di copertura.
Figg. 254, 255
Dispositivi
di ancoraggio
Fig. 256
Linee vita su tetto giardino,
particolare
1
2
2
1
1
1
1. Ancoraggio strutturale
2. Punto di ancoraggio
1. Punto di ancoraggio
Fig. 257
Ancoraggio
di classe B
1
Fig. 258
Ancoraggio
di classe A2
2
1
2
1
2
1. Ancoraggio strutturale
2. Punto di ancoraggio
14 UNI-EN-795-2002, Protezione contro le cadute dall’alto - Dispositivi di ancoraggio - Requisiti e prove
Fig. 259
Ancoraggio
di classe A1
1
2
463
Complementi e lavorazioni
464
Coperture
Complementi e lavorazioni
Grondaie
cate, a causa di distacchi di blocchi di neve e
ghiaccio dalle falde.
- Rame; si tratta di elementi che devono essere
montati mediante saldatura dolce, o connessi
mediante giunti a semplice sovrapposizione,
rispettando il senso di displuvio dell’acqua
con guarnizione a silicone.
- Alluminio.
- Leghe a base di zinco; hanno un costo modesto ma nell’arco di 10 - 20 anni sono soggette a ossidazione fino alla perforazione;
- Acciaio inox; ha un’ottima resistenza agli
agenti atmosferici, anche in zone marine.
La grondaia è posta sotto le tegole di copertura e fissata tramite ganci di sostegno in rame
che sono posti a una distanza variabile tra 1 m
e 1,50 m. I ganci sono inchiodati alla soletta
sottostante tramite chiodi di acciaio, oppure
all’intavolato, nel caso di gronde in legno.
La grondaia ha sul bordo esterno un ricciolo
che permette ai vari pezzi di incastrarsi e scorrere (Figg. 260 - 266).
Una buona gronda è a doppia parete con nervature longitudinali e presenta:
- un bordo antitracimazione esterno che fornisce una particolare robustezza e rigidità all’intero sistema;
- un bordo di invito interno, di solito più alto di
La grondaia è l’elemento tecnologico che
permette il deflusso delle acque meteoriche
dal manto di copertura. Si tratta di elementi
solitamente a sezione circolare, con diametro
variabile (da 25 a 32 cm) che possono essere
realizzati con diversi tipi di materiale.
- PVC; i canali e i pluviali di materiale termoplastico sono insensibili alla corrosione, hanno un’ottima resistenza sia meccanica sia agli
agenti atmosferici (neve, grandine, persistenza
di gelo) e resistono all’usura causata da agenti
inquinanti presenti nell’atmosfera. Grazie alla
colorazione data da pigmenti finissimi, stabili
agli spettri di colori e all’invecchiamento garantiscono inoltre un’ottima tenuta del colore
nel tempo. Forti variazioni di temperatura non
alterano le caratteristiche fisico-meccaniche
del materiale; non si verificano, infatti, alterazioni nelle esposizioni da un minimo di –25°C
sino a un massimo di +65°C.
I pezzi speciali sono ricavati da stampaggio
con l’utilizzo dello stesso impasto utilizzato
per i canali e i tubi. Gli elementi in PVC sono
particolarmente indicati nelle aree marine,
possono avere problemi invece nelle zone
soggette a climi rigidi e con abbondanti nevi-
quello antitracimazione, a protezione dei parametri esterni del fabbricato.
Nel determinare le dimensioni di un canale di
gronda, conviene osservare le seguenti regole
pratiche:
- non scendere al di sotto di 80 mm di bocca
per i canali semicircolari;
- non scendere al di sotto di 100 mm di larghezza × 50 mm di altezza per i canali rettangolari;
- dare una pendenza ai canali di almeno lo
0.5%, circa un centimetro per metro di lunghezza.
Gli accessori per il completamento delle grondaie sono:
- cicogne: staffe che sostengono i canali sospesi;
- tiranti e cambrette: fissaggi per canali, utilizzati, ad esempio, come rinforzo contro le spinte orizzontali causate da blocchi di neve;
- testate: chiusure della grondaia per impedire
la fuoriuscita dell’acqua convogliata;
- angoli: elementi di raccordo;
- scarichi: oggi sono costituiti dai pluviali, connessi ai canali di gronda tramite i bocchettoni
che, a loro volta, possono sfociare in un serbatoio di sicurezza detto cassetta;
- parafoglie: griglie di protezione degli scarichi.
Elemento di tenuta
dell’acqua
Scossolina in rame
Verniciatura
protettiva
Massetto alleggerito
di argilla espansa
e cemento
Cornici in
calcestruzzo
a vista
Scossolina
di protezione
a vista
Rompigoccia
Intonaco
Fig. 260
Cornicione in cls faccia a vista
con canale di gronda interno
Controparete
in mattoni forati
di laterizio
Profolo metallico
fermavetro
con guarnizione
di neoprene
Vetro
stratificato
Massetto di calcestruzzo
armato con rete
elettrostatica
Fig. 261
Collegamento strutturale tra
trave perimetrale e gronda
Manto di tenuta
in lastre di rame
Cappellotto copritesta
in rame della vite
di fissaggio
Cordolo in
calcestruzzo
armato
Lamiera in
zinco titanio
Canale di gronda
in rame
Canale di gronda
in rame
Cordolo
in calcestruzzo
armato
Carter cilindrico
in lamiera verniciata
Strato termoisolante
in legno mineralizzato
Telaio interno in tubolari
e piastre di acciaio
Lamiera di tamponamento
su entrambi i lati
Vaschetta di raccolta
delle acque in acciaio inox
Strato di supporto
in listelli di legno
Fig. 262
Copertura a falda, gronda
con sporto in acciaio e vetro
Intonaco
Fig. 263
Struttura in laterocemento
e manto di tenuta in rame
Intonaco
Davanzale in marmo
Controparete
in mattoni forati
Le giunzioni dei canali possono essere a giunti
semplici o a incollaggio.
Esistono sistemi che prevedono l’uso di guarnizioni elastomeriche. Il sistema di fissaggio è
garantito da staffe in acciaio zincato montate
a interasse di circa un metro.
Un buon staffaggio prevede che, in caso di
manutenzione del tetto, non debba necessariamente essere rimosso il sistema gronda.
I tubi dei pluviali sono dello stesso materiale,
presentano incastro meccanico a bicchiere
che, di solito, non prevede l’uso di collanti o
guarnizioni. Molto importante è l’utilizzo di appositi giunti di scarico che calzano in modo
perfetto sia la gronda orizzontale sia il discendente pluviale. Buona norma è quella di inserire in questo elemento un doppio sistema di
staffe per renderlo molto rigido; su di esso,
infatti, si scaricano le forze verticali e longitudinali della dilatazione termica dell’intero sistema. I giunti di scarico sono, generalmente,
forniti a sezione leggermente più ampia delle
gronda per aumentare la capacità di deflusso
dell’acqua. La tipologia della gronda e dei pluviali dipende dalla quantità e dal tipo di precipitazioni meteoriche e dalla forma del tetto.
Una copertura complicata, interrotta frequentemente, con molte falde e formata da tetti a
Fig. 264
Copertura a falda
con pannelli di gronda
protetti da una scossalina
sagomata continua
Fig. 265
Collegamento dei canali
di gronda alla struttura
Fig. 266
Cicogna reggicanale
appoggiata direttamente
al travetto
quote variabili, presenterà un sistema di scolo
delle acque molto complesso e dispendioso,
talvolta anche con conseguenze negative sull’impatto estetico dell’opera.
I canali di gronda realizzati in materiale metallico presentano un’ottima resistenza a qualsiasi
temperatura, resistenza meccanica molto elevata e inattaccabilità agli agenti atmosferici inquinanti. Lo spessore della lamiera, a seconda
delle sezioni impiegate, varia da un minimo di
0,6 mm a un massimo di 1 mm per i canali e
fino a 1,2÷1,4 mm per i pezzi speciali.
I bordi prevedono una doppia piegatura del
metallo che, oltre a irrobustire l’elemento, garantisce il contenimento dell’acqua.
Le staffe di fissaggio possono essere a fascia
con collare aperto, a doppio bullone per le tubazioni e da tegola o bordo, specifiche per la
tipologia di tegola o di bordo su cui impiegare
il sistema gronda. In metallo possono anche
essere realizzati sistemi a fascia interna composti da canali di gronda a sezione semicircolare o quadrata, il cui bordo interno prevede
una fascia di dimensioni di 20÷30 cm posta
direttamente in opera sotto l’ultima striscia di
tegola. L’utilizzo di elementi metallici permette
di ottenere un particolare effetto decorativo e
cromatico nelle ristrutturazioni di edifici storici.
Il montaggio di un sistema gronda - nonostante
non necessiti di maestranze particolarmente
specializzate - richiede comunque particolari
attenzioni.
Il sistema di staffe deve essere, rigorosamente, della stessa casa costruttrice dei canali e
bisogna prevederne un corretto impiego rispetto al sistema di tegole esistente.
È opportuno preferire sempre una staffa chiusa a un sistema di staffe aperto, soprattutto
nel caso di impiego di gronda metallica.
Fattore importante, spesso trascurato, è l’apporto di giunti di dilatazione termica specie
per lunghezze sostenute; è buona norma inserire un giunto di dilatazione ogni 15 - 20 m.
Tubo pluviale
L’acqua piovana viene convogliata, mediante
linee di compluvio, alle gronde poste lungo il
perimetro che portano ai canali discendenti
(pluviali). Il dimensionamento tradizionale di
questi elementi considerava due pluviali di
diametro 100 mm ogni 100 m2 di copertura,
incrementando poi con ulteriore pluviale ogni
100 m2 di superficie in più. Recentemente la
maggiore intensità di pioggia registrata sempre più frequentemente anche in Italia consiglia di adottare sezioni maggiori.
Il tubo pluviale è parte integrante dei sistemi di
raccolta delle acque piovane.
L’acqua che defluisce attraverso la grondaia
viene convogliata all’interno dei tubi pluviali, solitamente collocati negli angoli o a una
distanza di 10 m gli uni dagli altri, e quindi
condotta ai pozzetti di scarico dell’edificio
(Fig. 267). I tubi pluviali hanno sezione circolare con un diametro che varia nei casi più comuni da 60 a 120 mm.
Negli edifici di grandi dimensioni, come avviene per le gronde, il diametro del pluviale deve
essere calcolato in funzione della reale dimensione del manto di copertura.
Il sistema di fissaggio è caratterizzato da un
collare stretto intorno al tubo, ancorato al
muro tramite un tassello o un crossano.
Coronamento perimetrale
in lamiera zincata
Verniciatura
protettiva
1
2
Elemento
termoisolante
Fig. 267
Sistema di smaltimento
dell’acqua per copertura
a bassa pendenza
1
Parafoglie
in polietilene
2
Bocchettone
di scarico
I tubi pluviali possono essere realizzati in:
- acciaio zincato,
- acciaio inox,
- alluminio e sue leghe (Figg. 268 - 274),
- PVC-rigido,
- rame,
- zinco-titanio.
Lo scarico delle acque deve avvenire in base
ai regolamenti del servizio di fognatura.
Le disposizioni sull’allacciamento obbligatorio
delle tubazioni pluviali si possono così riassumere:
- obbligo di immissione in fogna di tutti gli scoli
delle acque piovane e di altre acque nelle strade dove esiste un canale di fognatura;
- dispersione mediante regolari sul terreno circostante, da determinarsi esattamente nella
fase di progetto, per le nuove costruzioni su
strade prive di fognatura o di tombini o di colatore stradale;
- allacciamento senza sifone delle tubazioni
pluviali delle case verso la pubblica via;
- obbligo di posa del sifone quando al di sopra della gronda vi siano abitazioni o terrazze
praticabili;
- divieto di introdurre nelle tubazioni pluviali altri scarichi se non portanti acqua piovana dal
tetto;
- permesso di immissioni nelle tubazioni pluviali incassate nel muro di scarichi di bagni
solo quando queste sono costituite da tubi di
grès o di ghisa, o di altro materiale di uguale resistenza, levigatezza o impermeabilità, e
quando queste sono allacciate direttamente
alla canalizzazione principale senza l’intermezzo di pozzetti di deposito, e quando al di
sopra della grondaia non vi siano finestre di
abitazioni o terrazze accessibili.
Bibliografia
- Norma UNI 10724 (Sistemi di raccolta di acque meteoriche - Istruzioni per la progettazione e l’esecuzione con
elementi discontinui)
- Autori Vari, Manuali di progettazione edilizia. Fondamenti,
strumenti, norme. Volume secondo, Hoepli, Milano 1994
C. Comoletti, Il rame sui tetti, Electa, Milano, 1994
E. Reid, Capire gli edifici, Zanichelli, Bologna, 1994
465
Complementi e lavorazioni
466
Coperture
Figg. 268 - 274
Glenn Murcutt,
Walsh House,Kangaroo
Valley, New South Wales,
Australia, 2001 - 2005
Complementi e lavorazioni
467
Complementi e lavorazioni