Numeri - teoria - 9 l'insieme Q dei numeri razionali relativi La successiva estensione all'insieme Q dei numeri razionali è motivata da esigenze analoghe a quelle viste a proposito dell'insieme Z: rendere sempre possibile l'operazione di divisione (con l'eccezione del divisore nullo); in altre parole si tratta di trovare un ambiente nel quale tutte le equazioni del tipo x.b = a (con b≠0) ammettano soluzione (si noti che in Q si trova il quoziente non solo fra due numeri interi ma anche fra due numeri razionali, purché il divisore sia diverso da 0); per la misura delle grandezze l'insieme Z in molti casi non è adeguato; estendere il legame fra insieme dei numeri e insieme dei punti di una retta: come fra due punti distinti di una retta ce n'è sempre un altro, così è ragionevole cercare un insieme di numeri in cui valga una proprietà analoga. Ricordiamo in proposito che un insieme ordinato si dice denso se fra due elementi distinti ne è sempre compreso un altro. Qualche parola sulla storia. Troviamo esplicitamente frazioni in antichi documenti che risalgono agli Assiri, ai Babilonesi e agli Egiziani (per questi ultimi va citato il Papiro Rhind, databile intorno al 1800 a.C., in cui sono in particolare studiate le cosiddette unità frazionarie, cioè le frazioni con numeratore 1). Per gli antichi Greci, il nome "numero" spetta solo ai naturali, ma si parla tranquillamente di rapporti fra numeri. Per introdurre i numeri razionali, disponiamo di vari metodi intuitivi, come le tradizionali "torte". Può essere utile anche pensare a operatori su grandezze: in sostanza, moltiplicando una frazione per un segmento troviamo un altro segmento: quindi una frazione "opera" su segmenti. Non si confonda frazione con numero razionale: per esempio, 9/6 e 6/4 non sono la stessa frazione (hanno numeratori e denominatori diversi), ma rappresentano lo stesso numero razionale (lo stesso elemento di Q). Da un punto di vista etimologico, frazione deriva dal latino fractus (spezzato). Le parole frazione e razionale hanno origini simili: l'aggettivo razionale non significa qui "ragionevole", ma è legato al latino ratio, nel senso di rapporto. Nella terminologia classica, si parla di frazioni proprie (minori di 1), improprie (maggiori di 1), apparenti (equivalenti ad un intero); si tratta, per la verità, di una distinzione non necessaria. Numeri - teoria - 10 Ricordiamo le definizioni di addizione e moltiplicazione nell'insieme Q. Addizione. La somma (o la differenza) di due frazioni con lo stesso denominatore è la frazione che ha lo stesso denominatore e ha per numeratore la somma (o la differenza) dei numeratori: a b ab . n n n Se le due frazioni da sommare hanno denominatori diversi, ci si riconduce al caso precedente considerando due frazioni, equivalenti alle date, che hanno per denominatore il mcm dei denominatori delle frazioni iniziali. Moltiplicazione. Il prodotto di due frazioni si ottiene moltiplicando i numeratori e moltiplicando i denominatori: a c ac . b d bd Analogamente, per la divisione, abbiamo a c a d ad : b d b c bc L'inversa di una frazione a/b è la frazione b/a. Dividere per una frazione equivale a moltiplicare per l'inversa. Esercizi. 1) Eseguire vari esempi di addizioni e moltiplicazioni in Q. 2) Verificare che in Q l'ordine è denso. (Suggerimento: fra i numeri r ed s è compreso il numero .../2) 3) È vero in Q che se a < b allora ac < bc ? (la risposta è sì, purché c sia ...). 4) Verificare che la definizione di somma a/b + c/d = (a+c) / (b+d) non è accettabile perché è ambigua, nel senso che considerare due frazioni che rappresentano lo stesso numero razionale porta a risultati diversi. Infatti, si ha per esempio 1/2 = 3/6; ma con la definizione precedente 1/2 + 1/3 = 2/5, mentre 3/6 + 1/3 = 4/9 e i due risultati non sono equivalenti fra loro. Inoltre, con la stessa definizione, si otterrebbe 1/3 + 1/3 = 2/6 = 1/3, che non corrisponde alla nostra idea di somma. Molta importanza rivestono le notazioni per numeri razionali. Oltre alle frazioni, si usano anche numeri decimali limitati o illimitati periodici. Ricordiamo in proposito le seguenti proprietà. Eseguendo la divisione a/b (con a, b interi e b > 0), non si può ottenere un numero decimale illimitato non periodico: i successivi resti sono numeri naturali minori del divisore b; quindi, prima o poi o, si ottiene come resto 0 e il Numeri - teoria - 11 risultato è un numero decimale limitato, oppure si ritrova un resto che era già comparso ed in tal caso il risultato è un numero decimale illimitato periodico. Supponendo a e b primi fra loro, a/b corrisponde ad un numero decimale limitato (cioè con un numero finito di cifre dopo la virgola) se e solo se b non contiene fattori primi diversi da 2 e 5 (si noti che 2 e 5 sono i fattori primi di 10, base del sistema di numerazione). Ogni numero decimale limitato si può comunque scrivere in forma periodica: in base 10 abbiamo ad esempio 4,26 = 4,26(0) = 4,25(9) , dove la parentesi indica il periodo. *[La regola della "frazione generatrice" consente di risalire da un numero periodico alla corrispondente frazione. Si osservi il seguente esempio: x = 4,3(56) 100 x = 435,6(56) 100 x − x = 435,6(56) − 4,3(56) = 435,6 − 4,3 cioè: 99 x = 435,6 − 4,3 e x = (435,6 − 4,3) / 99 = (4356 − 43) / 990. ]* un'altra proprietà delle operazioni La sottrazione e la divisione godono (in N, in Z, in Q) della seguente proprietà, spesso utile nell'esecuzione di calcoli. Proprietà invariantiva a) Il risultato di una sottrazione non cambia se si aggiunge o si toglie uno stesso numero ad entrambi i termini della sottrazione: a ‒ b = (a + n) ‒ (b + n) = (a ‒ n) ‒ (b ‒ n). Per esempio la differenza di età fra due persone rimane costante nel tempo. b) Il risultato di una divisione non cambia se entrambi i termini della divisione sono moltiplicati o divisi per uno stesso numero: a : b = (a n) : (b n) = (a : n) : (b : n). Si noti, in particolare, che quando semplifichiamo una frazione (passando per esempio da 18/12 a 3/2) applichiamo proprio la proprietà invariantiva. Un sottoinsieme di Q è l'insieme D dei numeri decimali limitati, che, nel corso dell'educazione matematica, costituisce la prima estensione di N. Se la scrittura posizionale dei numeri naturali è stata correttamente capita (una decina è uguale a 10 unità, un centinaio è uguale a 10 decine, ecc.), l'estensione all'insieme D dei numeri decimali dovrebbe risultare abbastanza spontanea: un'unità è uguale a 10 decimi, un decimo è uguale a 10 centesimi, ecc. Gli elementi di D corrispondono alle frazioni decimali, cioè che hanno per denominatore una potenza di 10. Per esempio 7/4 = (725) / (425) = 175/100 = 175/102 = 1,75. Numeri - teoria - 12 Gli algoritmi per eseguire le operazioni in D sono sostanzialmente gli stessi usati per i numeri naturali. Naturalmente va posta attenzione alla posizione della virgola nel risultato, specialmente nel caso del prodotto di due numeri e nel caso del resto di una divisione. Esercizi. a) Sapendo che 12×23 = 276, calcolare: 1,2×2,3, 0,12×23, 0,12×0,23, 1200×0,023 b) Per calcolare il quoziente intero della divisione 15 : 1,2 conviene moltiplicare dividendo e divisore per 10 (cioè calcolare 150 : 12) Quali sono quoziente intero e resto della divisione 15 : 1,2 ? [il resto è 0,6] Confrontiamo D con i precedenti insiemi numerici, tenendo presente che ogni decimale limitato è razionale: si ha N D Q (il simbolo "" significa sottoinsieme, ovvero contenuto in); accettando i numeri decimali negativi, si ha anche Z D. Considerando l'insieme D al posto di Q si ottengono alcuni vantaggi: in particolare, le regole di calcolo sono più semplici, perché vengono ricondotte a quelle fra numeri interi. L'insieme D è adeguato per gli scopi pratici ed è denso: fra due numeri decimali limitati ne è sempre compreso un altro (quali numeri decimali compresi fra 3 e 3,1?). Tuttavia, D non contiene l'inverso di ogni suo elemento (per esempio l'inverso di 3 è 1/3, che non appartiene a D); inoltre, il fatto che un razionale sia o no un elemento di D dipende dalla base del sistema di numerazione usato (nel nostro caso 10), per cui l'insieme D cambia al cambiare della base. Con l'introduzione dell'euro, i numeri decimali sono entrati nella pratica quotidiana di tutti, sia pure con la limitazione di due sole cifre dopo la virgola. Per altro, il linguaggio dell'euro è in parte diverso la linguaggio matematico: per esempio, non si dice usualmente "mezzo euro" per indicare 50 centesimi (negli USA c'è una moneta che vale half dollar, ma non è molto diffusa) e nessuno dice "un decimo di euro" per indicare 10 centesimi. Inoltre, anche se la cifra dei centesimi è 0, si preferisce sempre scriverla: non si usa, cioè, una scrittura come € 7,2. Infine, si tenga presente che l'uso della "virgola" e del "punto" in molti paesi stranieri (in particolare nei paesi di lingua inglese) è diverso da quello italiano: ad esempio, la scrittura 35,605.4 indica il numero che noi denotiamo con 35 605,4. Numeri - teoria - 13 Il passaggio dai numeri razionali all'insieme R dei numeri reali è suggerito da varie esigenze. Dal punto di vista algebrico si tratta di trovare un sistema numerico in cui esistano le radici di tutti i numeri positivi. In geometria, l'esistenza di grandezze incommensurabili mostra che i numeri razionali non sono sufficienti per misurare tutti i segmenti. Proprio la riflessione sull'usuale procedimento di misura in cui, ricorrendo via via ai successivi sottomultipli decimali dell'unità di misura, si ottiene un allineamento decimale (non necessariamente né limitato né periodico) sembra una strada convincente per motivare l'introduzione di R. Con l'introduzione dei numeri reali si ottiene una corrispondenza biunivoca fra l'insieme dei numeri e l'insieme dei punti di una retta: a ogni numero corrisponde un punto e viceversa. Storicamente, la necessità di considerare anche numeri non razionali per la misura di segmenti risale ai Pitagorici: la leggenda vuole che Ippaso da Metaponto (V sec. a.C.) sia stato punito per aver divulgato la scoperta di segmenti incommensurabili. Il principio di induzione in N Principio di induzione in N. Sia F(n) una proprietà o una formula (che dipende da un numero n) tale che: a) F(0), cioè F vale per il numero 0; b) nN [F(n) F(n+1)], cioè se F vale per un numero, vale anche per il successivo. [la freccia "" significa implica, ovvero se ... allora ...] Allora n F(n), cioè F vale per tutti i numeri. Il principio di induzione può essere formulato anche nel seguente modo. Sia A un sottoinsieme di N tale che: a) 0A; b) n [nA (n+1)A]. Allora A = N. Esempio. Dimostriamo per induzione che per ogni numero naturale n si ha: 0+1+…+n= nn 1 2 La proprietà F(n) è appunto l'uguaglianza 0 + 1 + … + n = nn 1 . 2 Numeri - teoria - 14 La proprietà vale per 0, perché 0 = 0·1/2. Può essere utile, anche se a rigore non è necessario, controllare che la proprietà vale anche per 1, per 2, per 3. Supponiamo che la proprietà valga per un numero n, cioè supponiamo che nn 1 e dimostriamo che la stessa formula vale anche se al 2 n 1n 2 posto di n scriviamo n+1, cioè 0 + 1 + … + n + n+1 = . 2 0+1+…+n= In effetti, 0 + 1 + … + n + n+1 = (0 + 1 + … + n) + n+1 che, per l'ipotesi induttiva, è uguale a n 1n 2 nn 1 + n+1 = ... = . 2 2 Questo conclude la dimostrazione: la formula vista vale per tutti i numeri naturali n. Si ottiene una giustificazione di carattere intuitivo del principio di induzione osservando che la proprietà F(n) vale per 0 (per ipotesi); quindi vale per il successore di 0, cioè 1; quindi per il successore di 1, cioè 2; ecc. Proprio in riferimento ad un ragionamento del tipo descritto, il grande matematico Henri Poincaré diceva che "il principio di induzione riassume in un'unica regola infiniti sillogismi". Una dimostrazione del principio di induzione è la seguente. *[Nelle ipotesi citate, sia per assurdo n0 il minimo numero per cui non vale F(n). Ora, n0 è diverso da 0 per la condizione a); dunque ha senso considerare il numero n0−1, e per questo numero vale F(n0) (perché n0 è il minimo per cui non vale). Risulta allora F(n0−1), ma non F(n0), in contrasto con la condizione b). In conclusione non può esistere alcun numero per cui non vale F(n).]* La dimostrazione appena esposta è corretta; ma, a rigore, abbiamo usato il principio del minimo numero, che si enuncia dicendo che "ogni sottoinsieme non vuoto di N ammette minimo" e che equivale al principio di induzione. Ci sono varie metafore convincenti. Pensiamo a un treno, con infiniti vagoni, ciascuno collegato al successivo (in modo che se un vagone si muove si muova anche il successivo). Se il primo vagone si muove, allora si muove tutto il treno. Oppure pensiamo a carte disposte "in piedi" su un tavolo in modo tale che se una cade cada anche la successiva; se facciamo cadere la prima carta, ... In alcuni casi non è possibile assumere come base induttiva il caso n=0. Ad esempio, l'affermazione "la somma delle ampiezze degli angoli interni di un poligono con n lati è (n−2).180°" è sensata per n ≥ 3; per cui la dimostrazione si effettua a partire da n = 3. In questi casi il principio di induzione si enuncia così: sia A N; supponiamo che, per un opportuno numero m0, sia m0A e Numeri - teoria - 15 inoltre, per n≥m0, valga l'implicazione "se nA allora (n+1)A"; allora A contiene tutti i numeri maggiori o uguali ad m0. Esercizi. Dimostrare per induzione le seguenti uguaglianze: 2 n n+1 1+2+2 +…+2 = 2 ‒1 (0 + 1 + 2 + … + n)2 = 03 + 13 + … + n3 0.1 + 1.2 + 2.3 + … + n(n+1) = Error! Esercizio. Dimostrare che la somma dei primi n numeri dispari è uguale ad n2. definizione induttiva delle operazioni (addizione) Premettiamo che la scrittura y+ indica "il successivo di y", cioè y+1. La definizione è data per induzione sul secondo termine: per ogni x, prima si definisce il valore di x + 0; dopo di che, supponendo noto il valore x + y, si definisce x + y+. x (x + 0 = x); xy [x + y+ = (x + y)+]. (moltiplicazione) x (x.0 = 0); xy (x.y+ = x.y + x). Vediamo con un esempio che la definizione porta ai consueti risultati: 4.2 = 4.1+ = 4.1 + 4 = 4.0+ + 4 = 4.0 + 4 + 4 = 0 + 4+ 4 = 4 + 4. (elevamento a potenza) x (x0 = 1) purché x 0; (y+) y xy (x = x x). un esempio di applicazione del calcolo alle differenze finite Consideriamo n rette nel piano. Ci proponiamo di stabilire in quante parti al massimo le rette scompongono il piano. Se n = 0, abbiamo 1 sola parte, cioè il piano stesso. Se n = 1, abbiamo una retta che divide il piano in 2 parti. Se n = 2, abbiamo al massimo 4 parti di piano. Se n = 3, abbiamo al massimo 7 parti di piano. Se n = 4, abbiamo al massimo 11 parti di piano. Numeri - teoria - 16 Per trovare una formula generale è utile il calcolo alle differenze finite. Vediamo in che cosa consiste. Scriviamo la successione ottenuta e la successione delle differenze fra numeri consecutivi, cioè: 1 2 4 7 11 … 1 2 3 4 … Iterando il calcolo delle differenze si ottiene: 1 1 1 … A questo punto ci fermiamo, perché la differenza fra ogni numero e il precedente è costante. Assumendo che ciò sia vero anche per i numeri successivi, applichiamo il seguente Teorema. Se con n passaggi (differenze) si ottiene una successione costante, allora la successione originaria si può esprimere con un polinomio di grado n. Nel nostro caso abbiamo dunque a che fare con un polinomio di secondo grado, ovvero del tipo an2 + bn + c. Determiniamo a, b, c mediante i valori già noti. Per n = 0, si ottiene an2 + bn + c = 1, dunque c = 1. Per n = 1, si ottiene an2 + bn + c = 2, dunque a + b + c = 2. Per n = 2, si ottiene an2 + bn + c = 4, dunque 4a + 2b + c = 4. La soluzione del sistema è: c = 1, a = b = 1/2. In conclusione, il polinomio è (n2 + n)/2 +1. Per ogni n il polinomio fornisce il numero massimo di parti in cui le n rette scompongono il piano; per esempio, 10 rette scompongono il piano al massimo in 56 parti.