8 Daniel Müller-Schott violoncello Angela Hewitt pianoforte

STAGIONE
2008-09
Martedì
13 gennaio 2009
ore 20.30
Sala Verdi
del Conservatorio
Daniel Müller-Schott violoncello
Angela Hewitt pianoforte
8
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Marco Bisceglia
Luciano Martini
Paolo Arcà
Con il contributo di
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Sponsor istituzionali
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È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala
con qualsiasi apparecchio, anche cellulare.
Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione,
durante gli applausi.
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico
il clima più favorevole all’ascolto, si invita a:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Daniel Müller-Schott violoncello
Angela Hewitt pianoforte
Ludwig van Beethoven
(Bonn 1770 – Vienna 1827)
Sonata n. 4 in do maggiore op. 102 n. 1 (15’)
I. Andante – Allegro vivace
II. Adagio – Tempo d’Andante – Allegro vivace
Dimitrij Šostakovič
(San Pietroburgo 1906 – Mosca 1975)
Sonata in re minore op. 40 (32’)
I. Allegro non troppo II. Allegro III. Largo IV. Allegro
Intervallo
Ludwig van Beethoven
12 Variazioni su “See, the Conqu’ring Hero Comes”
da Judas Maccabaeus di Händel WoO 45 (13’45’’)
12 Variazioni su “Ein Mädchen oder Weibchen”
da Die Zauberflöte di Mozart op. 66 (10’24’’)
Sonata n. 5 in re maggiore op. 102 n. 2 (19’)
I. Allegro con brio
II. Adagio con molto sentimento d’affetto – Allegro – Allegro fugato
Il concerto è registrato da
Ludwig van Beethoven
Musica per violoncello e pianoforte
Il 22 novembre 1795 la Redouten-Saal di Vienna ospitò il tradizionale ballo in
maschera a favore del fondo pensioni della Società degli Artisti. Beethoven, trasferitosi nella capitale solo l’anno prima, era stato invitato a comporre i minuetti e le danze tedesche per la sala piccola. Era un incarico abbastanza prestigioso e rappresentava un indizio sicuro della rapida ascesa del giovane pianista di
Bonn nella buona società viennese. Il successo nei salotti cominciava a dare frutti anche oltre i confini di Vienna. Il 1796 fu un anno di viaggi, con una lunga
tournée a Lipsia, Dresda e Berlino. Alla corte del Re di Prussia, Beethoven eseguì assieme al virtuoso di violoncello Jean Louis Duport le due Sonate op. 5,
dedicate allo stesso Federico Guglielmo II. Duport era il maggiore di due fratelli, entrambi violoncellisti, entrati al servizio del nipote di Federico il Grande,
appassionato dilettante del loro strumento. Si trattava di un musicista di notevole abilità tecnica, a giudicare dalla scrittura delle Sonate di Beethoven, che a
Berlino doveva misurarsi con i lavori analoghi di Boccherini e dello stesso
Duport. L’ambiente della corte berlinese e la conoscenza di un musicista di notevole livello avevano destato in Beethoven un interesse particolare per la combinazione di questi due strumenti, dotati di caratteristiche tecniche molto diverse.
In quel medesimo periodo infatti nacquero altri due lavori per violoncello e pianoforte, le 12 Variazioni su “See, the Conqu’ring Hero Comes” da Judas
Maccabaeus di Händel WoO 45 e le 12 Variazioni su “Ein Mädchen oder
Weibchen” da Die Zauberflöte di Mozart op. 66. La forma della variazione rappresentava la maniera più semplice e immediata di affrontare i problemi tecnici
di una formazione ancora ai primi passi come questa. La difficoltà principale
consisteva nell’armonizzare il suono di due strumenti di natura molto diversa.
Gli strumenti a tasto dell’epoca di Beethoven, specie nel tardo Settecento, avevano un tempo di decadenza molto rapido e i musicisti avevano molte difficoltà
a legare i suoni in stile cantabile. La forma della variazione permetteva all’autore di delineare con maggior chiarezza di volta in volta la gerarchia tra i due strumenti, aggirando lo scoglio di un vero dialogo. Inoltre questa forma di approccio al problema dell’equilibrio sonoro tra i due strumenti consentiva di studiare
meglio le possibilità di ciascuno dei due in relazione all’altro. Un segnale delle
difficoltà incontrate a scrivere musica per questa formazione consiste nella mancanza di un vero e proprio Adagio nella maggior parte dei lavori di Beethoven,
che solo nell’ultima Sonata introdusse un autentico movimento lento nella com-
posizione per violoncello e pianoforte. Dopo questa iniziale fiammata d’interesse, propiziata dalla generosa munificenza del nobile dilettante di Prussia, una
seconda e ben più importante fase del rapporto tra Beethoven e il violoncello si
aprì a distanza di quasi vent’anni, in un contesto storico e culturale completamente trasformato.
La più lunga crisi creativa di Beethoven corrispose alla sciagurata vicenda giudiziaria contro la cognata per la tutela del nipote Carl. L’immaginazione vulcanica di Beethoven sembrava risucchiata da questa fantasia paterna, alla quale il
compositore sacrificava ogni residuo di tempo e di energie. A Vienna l’autore
della Vittoria di Wellington era persino dato per finito da qualche commentatore. Tra le secche di questa crisi affiorano quasi all’improvviso le due Sonate
op. 102, scritte nell’estate del 1815 per il violoncellista del Quartetto
Schuppanzigh e dedicate alla contessa Maria Erdödy. Dopo un periodo di freddezza tra i due vecchi amici, la contessa aveva inviato in dono delle bottiglie di
vino e Beethoven aveva ricambiato la cortesia con la dedica delle Sonate. Prima
di scrivere l’ultimo, monumentale capitolo della sua vita creativa, con i grandi
lavori della maturità come la Nona Sinfonia, la Missa Solemnis e gli ultimi
Quartetti, Beethoven avvertì la solitudine dello stile classico, del quale era rimasto l’ultimo rappresentante. Le poche composizioni di questo periodo di relativo
silenzio (in realtà molto operoso, se si considerano le innumerevoli trascrizioni
ben remunerate delle melodie popolari per il mercato anglosassone), in particolare il ciclo vocale An die ferne Geliebte, sono le più inclini a volgersi verso lo spirito del romanticismo. Beethoven sembrava tentato, pur tra molte resistenze, di
aprire la forma in modo che potesse accogliere il flusso interiore dei sentimenti
e frantumare l’unità di pensiero in emozioni più libere. La coppia di Sonate dell’
op. 102 forma un dittico del dubbio, nel quale ciascun lavoro sembra riflettere le
contraddizioni del proprio gemello.
La prima, in do maggiore, è la più audace. La Sonata è divisa in due parti:
“Andante - Allegro vivace” e “Adagio - Tempo d’Andante - Allegro vivace”. La
forma chiusa del movimento, fondato sull’unità tonale, si apre all’idea di un divenire. La Sonata forma nel complesso un ampio cerchio armonico, toccando le
tonalità di la minore e sol maggiore prima di tornare a quella di do maggiore dell’inizio. Beethoven immerge i temi in uno spazio quasi narrativo. La frase iniziale del violoncello, che reca come indicazione espressiva “teneramente”, ritorna
nella seconda parte con la forza espressiva di un ricordo ben vivo, evocata in un
inatteso “Tempo d’Andante” incastonato tra l’“Adagio” e l’“Allegro vivace”. La
musica fluisce per episodi apparentemente irrelati. I temi riprendono il filo del
discorso come se le idee ricominciassero ogni volta da un altro capo. La musica
di Beethoven non ha mai avuto forse tante assonanze schubertiane come in questo movimento. Il terreno dei romantici tuttavia è sdrucciolo per Beethoven,
così la seconda parte costituisce una sorta di ritorno alla ragion costruttiva.
L’“Adagio”, al quale segue la famosa reminiscenza dell’“Andante”, comincia con
il carattere di un cupo recitativo. Beethoven però ritrova se stesso nell’“Allegro
vivace”, che inizia con due icastici punti interrogativi. L’autore sembra chiedersi cosa farne di queste quattro note, di questo frammento senza più storia del
tema dell’“Andante”. Nella risposta si ravvisa la scelta dell’ultimo Beethoven, al
bivio tra musica e poesia. La libertà del compositore consiste nel predominio
della musica assoluta. Ecco dunque rinascere in epoca moderna l’idea del contrappunto come vertice dell’arte musicale, che sfocia in una delle prime grandi
fughe dell’ultimo Beethoven. L’“Allegro fugato” conclusivo dell’ultima Sonata
op. 102, in re maggiore, rappresenta un eccezionale esempio di quelle forme
musicali così incomprensibili e indigeste ai contemporanei di Beethoven. Tutta
la Sonata si nutre dello spirito del contrappunto, sin dall’“Allegro con brio” iniziale. Canone, imitazione, ostinato sono gli attrezzi del mestiere. L’artificio tuttavia, per quanto sommo, lascia trapelare anche delle smagliature. Una frase
sboccia magari all’improvviso con forza espressiva, rivelando il desiderio di
comunicare sentimenti profondi. Il colore misterioso di certe armonie sembra
evocare la vertigine dello sguardo, quando si sporge sugli abissi dell’irrazionale.
Misura ed emozione trovano invece un meraviglioso equilibrio nell’“Adagio con
molto sentimento d’affetto”, il solo vero movimento lento scritto da Beethoven
per il violoncello. La lunga frase introduttiva esprime il sentimento religioso
come in un corale. I due strumenti, cantando a mezza voce, procedono assieme
nota per nota, in un’armonia d’affetti semplice e delicata. Ogni frammento di
questa pagina, fino alla nota più trascurabile dell’accompagnamento, è completamente immerso in un coinvolgente clima espressivo. La piena dei sentimenti
viene colata in uno stampo di forma molto semplice, ABA, come per sottolineare la purezza degli affetti evocati in questo episodio, del tutto lontano da oscure
passioni demoniache e forse anche dal pessimismo senza rimedio della disperazione. Beethoven rimaneva un artista solidamente ancorato all’idea che la bellezza si fondi sulla proporzione, un concetto espresso in maniera essenziale ed
efficace da Stendhal nella Badessa di Castro, a proposito del volto di monsignor
Cittadini, “così regolarmente bello che non si poteva vederlo senza amarlo”.
Dimitrij Šostakovič
Sonata in re minore op. 40
L’unica Sonata di Šostakovič per violoncello e pianoforte risale all’estate del
1934. Il lavoro fu scritto tra agosto e settembre, al culmine di un periodo d’intensa lotta per affermare la posizione di musicista di punta del giovane stato
sovietico. Nei primi anni Trenta il nome di Šostakovič era ormai ben conosciuto
nel mondo dello spettacolo russo per le opere (Il naso, Una Lady Macbeth del
distretto di Mcensk), i balletti (L’età dell’oro, Il bullone), le musiche di scena per
il teatro e le colonne sonore per il cinema. In realtà Šostakovič attraversava in
quel periodo un momento particolarmente turbolento della vita privata. Nella
primavera del 1934 Leningrado aveva ospitato un Festival internazionale di
musica, al quale parteciparono musicisti occidentali importanti come il direttore d’orchestra Dimitri Mitropoulos. In quella occasione Šostakovič incontrò una
studentessa impiegata come traduttrice, Elena Konstantinovskaya, in seguito
sposata con il noto documentarista di regime Roman Karmen. Šostakovič fece
ben poco per tenere nascosta la relazione, che provocò una temporanea separazione dalla moglie Nina. Quell’estate, agitata da passioni sentimentali, si rivelò
una delle meno fruttuose anche per la musica. «Non riesco a comporre niente –
confessava Šostakovič a Elena, in una delle lettere che le inviava quotidianamente dalla residenza estiva – ma, dal momento che sono incapace di rimanere
ozioso, ho cominciato a scrivere una fuga al giorno. Ne ho già composte tre. Le
fughe riescono molto brutte, e questo mi rende depresso. In generale è molto
più piacevole lavorare febbrilmente senza un attimo di tregua che starsene
seduti senza far niente, “riposando”». Per uscire da quello stato di prostrazione,
Šostakovič si dedicò alla composizione della Sonata, scritta per sé e per il violoncellista Victor Kubatsky, già primo violoncello dell’orchestra del Bol’soj e
amico di vecchia data. I due musicisti interpretarono il nuovo lavoro a
Leningrado, il 25 dicembre del 1934. Kubatsky aveva grandi doti di organizzatore musicale e forse comprendeva meglio di Šostakovič la necessità di quel progetto. La Sonata costituiva probabilmente l’occasione per staccare la spina e
distrarsi lavorando, un modo di riflettere meglio sulla situazione della sua vita
privata. Nel giro di un anno però, dopo il famigerato articolo sulla Pravda contro Una Lady Macbeth del 18 gennaio 1936, Šostakovič avrebbe avuto ben altri
argomenti sui quali riflettere. Il disastro era dietro l’angolo, ma all’epoca della
Sonata nulla di tutto ciò era prevedibile. Una Lady Macbeth era stata rappresentata con grande successo sia a Leningrado, sia a Mosca. La fama dell’opera
aveva attraversato i confini, con allestimenti in vari paesi europei, negli Stati
Uniti e in Argentina. Šostakovič era considerato il miglior talento drammatico
espresso dalla musica sovietica. Le aspre critiche della Pravda alla sua musica
caddero come un fulmine a ciel sereno, con conseguenze facilmente immaginabili. Durante il periodo del terrore stalinista una critica del Partito rischiava di
costare molto cara. Migliaia di persone furono arrestate e imprigionate senza
processo in quegli anni, compresa la Konstantinovskaya.
La Sonata rispecchia forse quel momento di tensione irrisolta della vita privata, benché in apparenza non rechi il segno di un’espressione drammatica. Il pubblico non accolse bene il lavoro, all’inizio, senza riuscire a comprendere subito il
valore e la bellezza della musica. La Sonata sembrava troppo legata alla tradizione classica e Leningrado era una città orientata verso tendenze più moderne
dell’arte. Šostakovič , che aveva iniziato con lo spirito graffiante di un enfant terrible, sembrava tornato addirittura a calcare le orme dei classici viennesi, sviluppando movimenti basati sul principio tematico e su forme simmetriche. In
realtà il neoclassicismo della Sonata rappresenta solo l’involucro superficiale,
messo in discussione internamente da una continua erosione della struttura
delle forme. Il processo appare chiaro fin dalle prime misure dell’“Allegro non
troppo” iniziale, che parte da un ampio tema di stampo tradizionale, ma sviluppa ben presto un linguaggio diverso, acido e corrosivo, come per bloccare sul
nascere la fermentazione dello spirito romantico insito nel rapporto tra violoncello e pianoforte. Ancor più pungente e sarcastico risulta il tono dell’“Allegro”,
un tipico esempio della natura ambigua dello stile di Šostakovič . Farsa e tragedia convivono nella Sonata e l’intensa espressione lirica del “Largo” rivela quanta influenza abbia avuto la musica di Mahler su Šostakovič . In definitiva, la
Sonata per violoncello rappresenta una fase di passaggio, che l’evoluzione
imprevedibile della politica culturale sovietica avrebbe di lì a poco notevolmente accelerato. Dopo una prima fase di rifiuto avanguardistico della tradizione
dell’Ottocento, Šostakovič era alla ricerca di un linguaggio musicale nuovo, semplice nella forma, ma ricco di contenuti espressivi moderni. La Sonata era una
delle prime risposte di Šostakovič a un tema ormai dominante nella musica degli
anni Trenta, la costruzione di un linguaggio per il Novecento. In altre condizioni politiche e culturali, Šostakovič avrebbe probabilmente sviluppato il suo pensiero in forma drammatica, con il lavoro per il teatro. I dogmi dell’arte di stato
lo hanno costretto a incanalare le sue ricerche nel terreno meno rischioso della
musica strumentale, trovando anche qui innumerevoli difficoltà a esprimere in
maniera chiara i suoi orientamenti. La Sonata indica tuttavia che Šostakovič
aveva imboccato quella strada prima delle purghe staliniane e delle umilianti
autocritiche imposte dal regime.
Oreste Bossini
DANIEL MÜLLER-SCHOTT violoncello
Nato a Monaco nel 1976, Daniel Müller-Schott ha compiuto gli studi con
Walter Nothas, Heinrich Schiff e Steven Isserlis. Ha inoltre meritato una
borsa di studio della Fondazione creata da Anne-Sophie Mutter. A soli quindici anni ha vinto il concorso Čajkovskij di Mosca.
Con un repertorio molto ampio che spazia da Bach, sua prima e grande passione, alla musica contemporanea ha collaborato con direttori di primo piano
e le maggiori orchestre del mondo.
Nell’estate 2008 è stato in tournée con Christoph Eschenbach e l’Orchestra del
Festival dello Schleswig-Holstein, ha debuttato con la Los Angeles
Philharmonic all’Hollywood Bowl Festival ed è stato “artist-in-residence” al
Festival di Mecklenburg-Vorpommern. È stato inoltre di nuovo ospite (Triplo
Concerto di Beethoven con Julia Fisher e Jonathan Biss diretti da Bernard
Haitink) al Festival di Tanglewood, dopo il debutto nel 2007 con la Sinfonica
di Boston e André Previn. Alle Settimane Musicali di Stresa ha eseguito l’integrale delle Suites per violoncello solo di J.S. Bach.
In ambito cameristico collabora con Anne-Sophie Mutter, Julia Fischer,
Renaud Capuçon, Jonathan Gilad, Robert Kulek, Olli Mustonen, Christian
Tetzlaff e Jean-Yves Thibaudet e partecipa regolarmente al progetto
“Rhapsody in School”, ideato e diretto dal pianista Lars Vogt. Collabora stabilmente con Angela Hewitt: il loro primo disco dedicato alle Sonate per viola da
gamba di Bach ha vinto numerosi premi; nel novembre scorso è uscito il primo
volume delle Sonate per violoncello e pianoforte di Beethoven.
In recital e concerto è ospite regolare di festival internazionali quali
Salisburgo, Lucerna, Rheingau, Schwetzingen, City of London, Ravinia,
Saratoga, Tanglewood e Aspen e di prestigiose istituzioni musicali quali
Carnegie Hall, Musikhalle di Amburgo, Wigmore Hall di Londra,
Philharmonie di Colonia e di Monaco di Baviera, Mozarteum di Salisburgo,
Wigmore Hall di Londra, Concertgebouw di Amsterdam, Vancouver Recital
Society e Tonhalle di Zurigo.
La sua ampia discografia ha meritato numerosi premi. Recentissima è la registrazione dei Concerti per violoncello di Šostakovič con l’Orchestra Sinfonica
della Radio Bavarese diretta da Yakov Kreizberg.
Suona il violoncello “Ex Shapiro” costruito a Venezia nel 1727 da Matteo
Goffriller.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
ANGELA HEWITT pianoforte
Nata in una famiglia di musicisti (il padre era organista della Cattedrale di
Ottawa, in Canada), ha iniziato a studiare pianoforte a tre anni, ad esibirsi in
pubblico a quattro ed ha vinto la sua prima borsa di studio a cinque. A nove
anni ha tenuto un recital al Conservatorio Reale di Musica di Toronto. Ha poi
proseguito la sua formazione con il pianista francese Jean-Paul Sévilla
all’Università di Ottawa. Vincitrice del Concorso Viotti nel 1978 e premiata ai
concorsi Bach di Lipsia, Washington D.C. e Dino Ciani della Scala di Milano,
nel 1985 ha vinto il Concorso Pianistico Bach di Toronto.
Con un repertorio che spazia da Couperin fino alla musica contemporanea, si
è esibita nelle sale da concerto di tutto il mondo. Eventi delle stagioni recenti
includono i debutti alla Carnegie Hall, al Concertgebouw di Amsterdam e con
l’Orchestra di Cleveland, oltre a una tournée del Nord America con
l’Australian Chamber Orchestra. In recital si è esibita ai festival di
Edimburgo, Osaka, Praga, Hong Kong, Lucerna, Schleswig-Holstein e Oslo, e
nelle maggiori sale da concerto del mondo (Wigmore Hall, Queen Elizabeth
Hall e Royal Festival Hall a Londra, Concertgebouw di Amsterdam, Lincoln
Center di New York, Tonhalle di Zurigo).
In ambito cameristico ha collaborato con artisti di fama internazionale; nel 2006
ha registrato con Daniel Müller-Schott le Sonate per viola da gamba di Bach.
Nella stagione 2007/08 è stata protagonista di una tournée mondiale con l’esecuzione integrale del Clavicembalo ben temperato di Bach, completata dalla pubblicazione di un DVD dedicato alla sua interpretazione della musica bachiana.
Nel 2005 ha fondato il Festival di Musica del Trasimeno che ogni anno attira
un pubblico internazionale al Castello dei Cavalieri di Malta di Magione, sulle
rive del Lago Trasimeno.
Tra le sue numerose registrazioni ricordiamo i Notturni di Chopin e l’incisione di tutte le principali opere per tastiera di Bach che ha meritato nel 2005 il
premio della rivista Gramophone. Nel 2003 ha vinto la prima edizione del
Listener’s Award di BBC Radio 3. Nel 2006 è stata nominata “artist of the
year” ai Gramophone Awards.
Membro della Royal Society of Canada, nel 2006 ha ricevuto dalla Regina
Elisabetta l’onorificenza dell’Order of the British Empire.
È stata ospite della nostra Società nel 2005.
Prossimi concerti:
martedì 20 gennaio 2009, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Andrea Lucchesini pianoforte
Il raffinato programma impaginato da Andrea Lucchesini per il suo ritorno alla
Società del Quartetto ruota attorno al tema del rapporto tra i due maggiori autori
del pianoforte viennese dell’Ottocento, Schubert e Brahms. Il confronto tra i due
musicisti avviene sul terreno delle piccole forme, che racchiudono l’idea di
frammento poetico cara alla sensibilità della Romantik. La strada aperta da
Schubert nei 6 Moments Musicaux e nelle due serie di Improvvisi culmina nella
grande summa pianistica dell’ultimo Brahms, che affidava negli anni Novanta agli
scabri ed essenziali cicli di pezzi come quelli dell’op. 118 e 119 l’estrema sintesi
del linguaggio musicale sviluppato dalla tastiera romantica. Lucchesini riversa in
questa attenta ricognizione dei legami segreti tra i due autori il lungo studio
sull’espressione profonda del suono, una ricerca che ha accompagnato in
maniera costante il suo percorso d’interprete.
Programma (Discografia minima)
F. Schubert
6 Moments Musicaux op. 94 D 780
4 Impromptus op. 90 D 899
(Kempff, Deutsche Grammophon 459
412-2)
J. Brahms
6 Klavierstücke op. 118
4 Klavierstücke op. 119
(Kempff, Deutsche Grammophon 437
249-2)
martedì 27 gennaio 2009, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
IL QUARTETTO YSAYE SOSTITUISCE IL QUARTETTO GUARNERI
Per gravi motivi personali il Quartetto Guarneri ha annullato la tournée europea che
comprendeva anche il concerto del 27 gennaio della nostra stagione.
John Dalley è gravemente ammalato e i suoi compagni hanno deciso di rinunciare
agli impegni europei per stargli accanto. I quattro musicisti americani del Guarneri
avevano annunciato il ritiro dalle scene dopo oltre quarant'anni di attività e con questo concerto intendevano salutare il pubblico della nostra Società della quale erano
stati ospiti con regolarità numerose volte, dal 1969 al 2007.
Ringraziamo il Quartetto Ysaÿe che si è reso disponibile a sostituire il celebre gruppo americano mantenendo inalterato il programma interamente dedicato a
Beethoven.
Società del Quartetto di Milano
via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281
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e-mail: [email protected]