Sessualità e "gender" 1. Sessualità: Il contrasto di oggi Non bisogna trascurare che viviamo in un contesto culturale vario e ricco e che influisce sia positivamente sia negativamente sulla sessualità: il pluralismo, società sempre più multiculturali e multireligiose, l'ambito economico-finanziario, la libertà e la visione strettamente “personale” delle cose, le trasformazioni tecnologiche, il relativismo dei valori etici. Tutti elementi che potrebbero contribuire a una visione sinfonica della sessualità, ma che spesso entrano in dialettica. Viviamo in contesti fortemente erotizzati. L'eros segna e caratterizza ogni attività umana; gli stessi modelli di marketing e di sensibilizzazione commerciale sono per lo più impostati con criteri di lettura erotici. Si passa dal desiderio di un labbro nuovo, di seni al silicone, al desiderio di una nuova identità sessuale, con la ricostruzione di genitali più conformi alle proprie inclinazioni, di sostanze che stimolano la virilità (non a scopo terapeutico). È soprattutto il corpo della donna che è oggetto di attenzione, di feticizzazione. Nei mass media è un elemento di desiderio e di seduzione, di cui la moda e il vestito si fanno strumento. La retorica della bellezza e il culto del corpo della donna, portano immediatamente all'esaltazione del piacere erotico. Le scienze umane vedono la sessualità umana in maniera molto positiva, seppur non mancano segnali negativi coinvolgenti in particolare donne o bambini. Da una parte emerge una grande luce sull'amore umano, che si realizza nella corporeità sessuata. Al di là delle ombre, la bellezza dell'amore umano che si realizza nel cammino sessuale delle persone parla della bellezza dell'amore come Infinito. La sessualità non è una dimensione tra le altre: l'uomo non “ha” un sesso, ma “è” la sua sessualità, cioè amore. Indica l'essere dell'uomo, una realtà costitutiva, la sua identità e verità più profonda. La sessualità è dunque fonte di significati e di valori profondi, non è una cosa “sporca”, ma ci può condurre all'amore. Occorre esprimerla in tutte le sue dimensioni e non “ridurla” alla sola espressione “erotica”, dimensione molto significativa, ma che da sola non rende conto della totalità dell'uomo. La sessualità deve portare all'amore, all'incontro delle persone altrimenti diventa mero “prodotto di consumo”, o anche violenza. 2. La questione del “gender” Le “teorie di genere” (Gender), nascono negli anni '60, nell'ambito del femminismo, per contestare il sistema sociale discriminatorio della donna. Col tempo, vengono fatte proprie dai movimenti gay, che sognano una società ideale dove l'eguaglianza tra le persone si attua solamente riconoscendo nel “sesso” (maschio/femmina) una mera “convenzione sociale” (cfr. La manif pour tous, Ideologia gender, 2014). Nel Gender gli aspetti anatomici e fisiologici dei corpi sono “muti”, non parlano, non dicono niente e sono indeterminati. Il genere si acquisisce successivamente, nel tempo; solo le esperienze successive e gli stimoli esterni formano il genere della nostra sessualità. In questo senso, le condizioni iniziali alla nascita sono di una specie di “neutralità” sessuale, che nulla ha a che fare con la dualità maschile e femminile; essendo indifferente si apre nel tempo a qualsiasi scelta sessuale, anche più di una, per cui ci possono essere nella stessa persona più stagioni: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, ecc. Il genere è mutevole, fluido, influenzato dal contesto ambientale e ancor più dal sentimento individuale. L'identità sessuale, fondata sulla realtà biologica e psichica, è sostituita dall'identità di “genere”, concetto aperto che abbandona il dualismo eterosessuale. In sintesi non esiste un fondamento naturale a vivere da “maschio” o da “femmina”. La società tradizionale viene giudicata come una realtà costruita attraverso l'imposizione di regole e norme esterne, che obbliga le persone a vivere “da maschio” o “da femmina”, come se questi modi di essere avessero un reale fondamento naturale – fondamento che le teorie di genere negano. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all'essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l'essere umano, così come Dio l'ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27). No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora è stata la società a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L'uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l'ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell'uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l'uomo in astratto, che poi sceglie per sé qualcosa come sua natura. Non esistendo la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. «Si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l'uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell'essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l'uomo stesso. E si rende evidente che là dove il Creatore viene negato, si dissolve anche la dignità dell'uomo. Chi difende Dio, difende l'uomo» (Benedetto XVI alla Curia Romana, 21.12.2012). Papa Francesco rientrando da Manila (19.01.2015) denuncia la “colonizzazione ideologica” del gender, che attraverso le scuole tenta di “ridefinire l'istituzione del matrimonio” e “distruggere la famiglia”. Francesco ha paragonato tale ideologia alle dittature totalitarie del secolo scorso. Il recente dibattito sugli “stereotipi di genere” è stato portato nelle scuole e in alcuni atti amministrativi, al punto da vedere delle proposte che hanno suscitato forti reazioni in alcuni genitori, che vedevano una metamorfosi della loro identità e ruolo rispetto ai loro figli. Ci riferiamo ad alcuni programmi che hanno preferito parlare di genitore A e B in luogo di padre e madre. La lotta all'omofobia niente ha a che fare con queste logiche e nessun programma formativo o scolastico dovrebbe giustificare un linguaggio fuorviante per il bambino. I termini “padre” e “madre” non sono discriminanti, piuttosto gli altri linguaggi proposti discriminano la famiglia naturale fondata sulla reciprocità uomo-donna (cfr. Docum. dell'Osservatorio di Bioetica sull'Omofobia, 14.06.2014). Le teorie di genere non si amalgamano con la sessuologia medica e altri rami biomedici, che strutturano le terapie proprio a partire una un “dato”, quello appunto chiamato scientifico: la sessualità, che all'inizio è cromosomica e che poi, grazie alla differenziazione gonadica in ovaie e testicoli, si struttura nei genitali interni ed esterni. Le successive “anomalie” o “disordini” sessuali, su cui dovranno lavorare i medici, presuppongono un “ordine” della sessualità, caratterizzato appunto da segnali biologici obiettivi. Il fatto che questa visione esclude il dato oggettivo e scientifico della sessualità nella reciprocità maschile-femminile e che apre a qualsiasi scelta sessuale successiva, non può che contraddire l'ordine morale oggettivo della sessualità.