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Appunti tratti da:
A.La Vergata/F. Trabattoni, Filosofia, cultura, cittadinanza, vol. 3 la Nuova Italia
G. Bonazzi, La filosofia e i suoi percorsi, vol. 3 Editori Laterza
N. Abbagnano – G. Fornero, Protagonisti e Testi della Filosofia, Volume D Tomo 1, Paravia Editori
INTRODUZIONE
Secondo Freud, l'idea dell'origine animale dell’uomo proposta da Charles Darwin aveva inferto alla presunzione dell'uomo
una ferita mortale, la seconda dopo che Copernico lo aveva espulso dal centro dell'universo. Una terza ferita, aggiungeva
Freud, veniva inferta dalla psicoanalisi: l'io doveva prendere atto di «non essere padrone nemmeno in casa propria». Le
nostre azioni, infatti, sono determinate da cause più profonde di quanto crediamo. Le ragioni con cui spieghiamo scelte e
comportamenti sono spesso il mascheramento dei moventi effettivi che risiedono nell'inconscio. Freud non è stato il primo
a parlare di "inconscio", ma è stato il primo a legare i processi inconsci alla sessualità, che pervade l'intera vita psichica sin
dall'infanzia. Secondo Freud, la psiche è un teatro di conflitti. I moventi inconsci delle nostre azioni sono residui di
situazioni psichiche e desideri di un passato che risale alla prima infanzia. I desideri dimenticati e i conflitti irrisolti non si
cancellano, ma esercitano un'influenza decisiva su tutta la vita dell'individuo. Il passato dà significato al presente. Nata
come terapia medica delle nevrosi, la psicoanalisi è diventata anche una concezione dell'intera vita psichica e dei rapporti
interpersonali. Ha incontrato moltissime resistenze, ha suscitato le critiche più diverse e si è frammentata in molte scuole,
ma ha avuto una diffusione enorme, penetrando in moltissimi settori della cultura.
Della psicoanalisi si ha spesso un'immagine semplificata o caricaturale. Spesso è stata considerata un incitamento a
liberarsi della repressione sessuale e sociale e a dare libero sfogo agli istinti vitali. Questo non è sicuramente vero per
Freud, il quale si definì sempre e soltanto un medico. Egli aveva un'immagine molto pessimistica della natura umana e non
nutrì mai illusioni sulla possibilità di sottoporre le pulsioni al controllo totale della ragione. Tuttavia per Freud la ragione,
sotto la forma della scienza, rimase sempre l'unico mezzo per stabilire un rapporto non illusorio con la realtà.
Qualunque giudizio si dia sulla validità scientifica e terapeutica della psicoanalisi (e la discussione è tuttora molto accesa),
nessuno può negare la forza e l'importanza della visione della natura umana dischiusa da Freud. A ragione il filosofo
francese Paul Ricoeur (1913-2005) lo ha annoverato, con Marx e Nietzsche, fra «i maestri del sospetto»: quei pensatori che
ci invitano a guardare dietro le motivazioni e le giustificazioni "ufficiali" delle azioni umane; a smascherare i veri moventi
dell'agire mostrandone le radici nella sfera degli impulsi, degli interessi e delle forze irrazionali; a demistificare le
costruzioni ideologiche di cui ci serviamo per nascondere quei moventi agli altri e a noi stessi. Freud non fu un filosofo, ma,
se la filosofia è innanzi tutto critica, il sospetto è il primo passo della filosofia.
Vita e opere
Sigmund Freud nacque nel 1856 a Freiberg, in Moravia (allora parte dell'impero austroungarico), da una famiglia di
origine ebraica. Fin da piccolo ebbe esperienza dell'antisemitismo. Studiò medicina a Vienna, specializzandosi in
neurofisiologia e in neuropsicologia; negli anni Ottanta intraprese la professione di medico, dedicandosi in particolare alla
cura delle malattie nervose. Nel 1885 trascorse alcuni mesi decisivi a Parigi, dove studiò con il neurologo Jean-Martin
Charcot (1825-1893). L'interesse di Freud per le nevrosi fu stimolato dalla collaborazione con il medico e fisiologo
viennese Josef Breuer (1842-1925), una collaborazione che ebbe grande importanza nella genesi della psicoanalisi. Alla
fine degli anni Ottanta Freud interruppe la collaborazione con Breuer e imboccò una strada tutta sua, che lo condusse alla
creazione della psicoanalisi: la sua data "ufficiale" di nascita può essere fissata al 1900, anno in cui venne pubblicata la sua
opera più importante, L'interpretazione dei sogni. Da questo momento tutta la vita di Freud è dedicata alla psicoanalisi, alla
sua diffusione, fra resistenze, accademiche e no, adesioni entusiastiche, tensioni, rotture con alcuni allievi. Nel 1902 Freud
divenne libero docente all'Università di Vienna. Nel 1908 tenne un ciclo di conferenze sulla psicoanalisi negli Stati Uniti.
Nel 1910 fondò la Società psicoanalitica internazionale. Freud trascorse a Vienna quasi tutta la sua vita, scandita da una
routine molto ordinata, concentrata sulla pratica medica e sulla scrittura di numerose opere, spostandosi solo per
convegni e per brevi periodi di vacanza, soprattutto in Italia. Essendogli stato diagnosticato un cancro alla mascella nel
1923, subì non meno di trenta operazioni, rifiutando sempre i farmaci antidolorifici: preferiva sopportare il dolore, pur di
non perdere la lucidità mentale e di non interrompere il lavoro. Non smise mai di fumare sigari (da quindici a venti al
giorno): diceva che lo aiutavano a concentrarsi. Nel 1938, quando l'Austria fu annessa al Reich tedesco, dove la psicoanalisi
era stata bandita e i suoi libri bruciati, fu sottoposto a restrizioni. Per intercessione di amici francesi, inglesi e americani,
ottenne il permesso di emigrare con la famiglia, prima a Parigi, poi a Londra, dove morì nel 1939. Prima di lasciarlo partire,
la polizia segreta nazista, la Gestapo, gli chiese di firmare un documento in cui dichiarava di essere stato trattato con ogni
riguardo, Freud firmò, poi aggiunse alla dichiarazione le seguenti parole: «raccomando vivamente la Gestapo a tutti». Le
sue quattro sorelle, che non poterono partire, negli anni successivi furono deportate nei campi di sterminio e vi trovarono
la morte.
Opere: Studi sull’isteria (1895) con Joep Breuer L’interpretazione dei sogni (1900)
Psicopatologia della vita quotidiana (1901) Tre saggi sulla teoria della sessualità (1905)
Totem e tabù (1913) Al di là del principio di piacere (1920)
L’Io e l’Es (1923) L’avvenire di un’illusione (1927)
Il disagio della civiltà (1929)
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L'isteria e l’ipnosi
Intrapresa la professione di medico, Freud si interessò in particolare alla cura delle nevrosi, termine con il quale allora si
indicavano genericamente le malattie nervose. Il suo interesse per queste fu stimolato dalla collaborazione con il medico
viennese Joseph Breuer. Come il famoso neurologo francese Martin Charcot (che Freud aveva conosciuto nel 1885 a
Parigi), Breuer si serviva dell'ipnosi per curare l'isteria, una nevrosi nota già a Ippocrate (460-370 ca. a.C.) e così denominata perché nell'antichità era attribuita a malformazioni o disfunzioni dell'utero (in greco hystèro). Era quindi ritenuta
una malattia tipicamente femminile e presentava sintomi molto vari e bizzarri: amnesie (perdite della memoria), afasie
(perdite della parola), insensibilità e paralisi di parti del corpo, fobie (terrore di fronte a persone, oggetti, animali o
fantasie), pensieri ossessivi, angosce, rifiuto di bere liquidi o di cibarsi ecc. Charcot aveva dimostrato che con l'ipnosi i
sintomi potevano essere eliminati, ma anche provocati: ad esempio, nella trance ipnotica, cioè in stato di incoscienza, il
paziente, suggestionato dal medico, poteva riacquistare l'uso della parola o di un arto paralizzato, o diventare insensibile al
dolore. Al risveglio, non ricordava quello che aveva fatto o detto. Se ne poteva concludere che idee o processi mentali
inconsci avevano effetti potenti sul comportamento.
La maggior parte dei neurologi e degli psichiatri, però, riteneva che i sintomi isterici fossero l'effetto di cause organiche,
cioè di lesioni dei tessuti nervosi (in ciò seguivano il determinismo positivista, che faceva dipendere tutta la vita psichica
dalla dimensione corporea).
Breuer e Freud pensavano invece che le cause fossero psichice, da ricercarsi cioè nelle esperienze e nel passato dei
pazienti.
L'ipnosi, come la praticava Breuer, consisteva infatti nell'indurre il paziente a ricordare e a raccontare esperienze
importanti, ma dimenticate. «Ogni sintomo isterico - scrivono Breuer e Freud negli Studi sull'isteria (1895) - scompariva
immediatamente e per sempre quando riuscivamo a portare chiaramente alla luce il ricordo dell'evento da cui era stato
provocato e a eccitare l'affetto [cioè la carica emotiva] che lo accompagnava, e quando il paziente aveva descritto
quell'evento nel modo più preciso possibile e aveva tradotto l'affetto in parole». Breuer ne aveva concluso che i sintomi
sono espressione di ricordi dimenticati perché dolorosi. La causa della patologia attuale stava in emozioni del passato.
Ricostruiamo il percorso dal trauma psichico al sintomo e dal sintomo alla guarigione come lo descrivono Breuer e Freud
negli Studi sull'isteria.
Eventi dolorosi e traumatici (un lutto, una delusione amorosa, un forte desiderio frustrato) comportano conseguenze
emotive intense. Se la carica affettiva legata all'evento viene adeguatamente scaricata (p.e. con un pianto liberatorio, o con
la soddisfazione del desiderio o con comportamenti compensativi), l'equilibrio psichico non viene turbato. A volte ciò non
avviene, perché non è praticamente realizzabile o perché è vietato dalle norme morali o dalle convenzioni sociali: il
soggetto si "tiene tutto dentro". La componente affettiva, però, rimane come un peso nella psiche. Per evitare di soffrire,
l'io cerca di cancellare il ricordo dell'evento traumatico, lo “rimuove”, cioè lo ricaccia in un luogo inaccessibile della psiche,
da cui gli impedisce di riemergere. Gli affetti che non vengono scaricati possono diventare patogeni, cioè cause di malattia.
Infatti, l'accumulo dell'energia affettiva produce una tensione insostenibile. Non trovando sbocco, l'energia cerca uno
scarico di ripiego, dirigendosi verso i nervi e facendo insorgere il sintomo di una “nevrosi di conversione”, così detta
perché un fenomeno psichico si è convertito, trasformato, in un fenomeno fisico (ad esempio il braccio paralizzato). La
conversione è una difesa dell'io, che sceglie, per così dire, di avere un braccio paralizzato piuttosto che far emergere alla
coscienza un contenuto mentale doloroso. Freud chiama questo meccanismo inconscio di difesa “rimozione”.
Nella cura, il paziente è indotto dal medico, per mezzo dell’ipnosi, a scaricare l'affetto legato al ricordo doloroso. Questo è
possibile se il ricordo è riportato alla coscienza e descritto con parole, e l'emozione dell'evento è rivissuta. Il ricordo cessa
allora di essere patogeno, cioè causa di malattia; il paziente si sente sollevato, «ripulito». E’ l'effetto che Breuer chiama
“catartico”.
Il metodo dell’associazione libera
Ben presto, però, Freud (che non fu mai un ipnotizzatore abile come Charcot e Breuer) abbandona l'ipnosi e si serve di un
nuovo metodo, il metodo dell’ “associazione libera” : il paziente è in stato di rilassamento, sdraiato sul famoso divano, ed
è invitato a dire tutto, proprio tutto quello che gli viene in mente, senza cercare di dargli una forma coerente. Soprattutto
non deve tacere, se gli vengono in mente, nemmeno parole o pensieri che gli sembrano futili, ridicoli, non pertinenti,
imbarazzanti o inconfessabili (nessun vaglio razionale o morale di ciò che in modo spontaneo si affaccia alla mente del
paziente). Un altro aspetto decisivo del metodo analitico e terapeutico adottato da Freud è il transfert. Il transfert si ha,
scrive Freud, quando «il paziente riversa sulla persona dell’analista una notevole quantità di affetto e di tenerezza, spesso
frammista a ostilità, che non è basata su nessun rapporto reale con il medico, ma che risale alle antiche fantasie di desiderio
del paziente, divenute inconsce» . In questo caso il paziente, invece di ricordare situazioni e relazioni della sua vita affettiva,
le rivive e le attualizza nel rapporto con il medico. Il medico può allora utilizzare questa sorta di inconsapevole
rappresentazione scenica per condurre il paziente alla ricostruzione consapevole della propria storia.
L’interpretazione dei sogni e dei lapsus
Il meccanismo di resistenza e di rimozione esercitato dal soggetto che intende tenere a bada le pulsioni e le esperienze che
lo hanno in vario modo turbato si chiarisce in particolare attraverso il sogno e la sua interpretazione. Infatti, proprio
nell’opera L’interpretazione dei sogni (1900) Freud espone per la prima volta la sua dottrina psicanalitica.
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La coscienza nello stato di veglia è sempre attiva nell’impedire che possano emergere desideri e pulsioni rimossi
nell’inconscio; essa opera una “censura” sull’inconscio. Ma nel sonno questa censura si allenta, tanto che le pulsioni e i
desideri, normalmente sepolti nel fondo dell’inconscio, possono venire alla luce, seppure attraverso una specie di
travestimento che serve a renderli accettabili alla coscienza (infatti la censura è più debole nel sonno, ma non è
completamente disattivata, e pertanto viene elusa in questo modo ).
Il sogno dunque è definito da Freud: appagamento allucinatorio (cioè immaginario) di un desiderio represso o
rimosso.
Ma questo desiderio non è immediatamente riconoscibile, perché, come abbiam detto, esso è mascherato, deformato.
Bisogna allora distinguere il “contenuto manifesto” del sogno (che di solito appare incoerente, illogico, privo di senso) e il
“contenuto latente”, cioè il vero significato del sogno, nascosto sotto i camuffamenti 1.
Scoprire il vero significato di un sogno tuttavia non è facile: occorre interpretare il sogno scavando nel contenuto
manifesto per cogliere il contenuto latente, attraverso il metodo delle associazioni libere: chiunque racconti un sogno
mette infatti inevitabilmente in connessione le immagini oniriche con ricordi del passato, pensieri e altre immagini, legati
a desideri dell’infanzia.
Il presupposto fondamentale della teoria freudiana è il determinismo psichico: nella psiche nulla è casuale, tutto anzi ha
un significato e tutto è legato causalmente a tutto il resto.
In Psicopatologia della vita quotidiana (1901) Freud illustra come le pulsioni represse emergano non soltanto attraverso
il sogno, ma anche nella normale vita di veglia. Lapsus, dimenticanze, amnesie intermittenti, disattenzioni, sono il risultato
di queste emersioni improvvise dell’inconscio. «Sono onorato di parlare alla presenza di un pubblico di così alto fango»,
dice il conferenziere che avrebbe voluto dire rango; oppure «Ho molto ammirato la spogliatezza dell’attrice», invece di
spigliatezza . Questi fenomeni hanno la loro spiegazione nell’inconscio e nel rapporto che esso ha con la coscienza vigile:
dimenticare un nome che normalmente si ricorda benissimo, dire una cosa per un’altra, dipendono da una precisa
interferenza dell’inconscio sulla vita vigile, come se ciò che davvero pensiamo si sostituisse all’improvviso a ciò che
vorremmo dire.
All’origine della nevrosi
A mano a mano che i casi studiati si accumulano 2, Freud nota che la gran parte dei contenuti rimossi, cioè dei ricordi
connessi ai sintomi nevrotici, è di natura sessuale. Non solo: risalgono al passato del paziente, addirittura all’infanzia. Sono
le rimozioni avvenute nell’infanzia le prime cause dell’isteria, e ciò che viene represso sono desideri sessuali. La sessualità
infantile diventerà il pilastro della psicanalisi. E’ l’aspetto delle teorie di Freud che più urta la sensibilità dei suoi
contemporanei, ed è motivo di scandalo e incomprensioni. E’ anche quello su cui si sono prodotte le prime scissioni nel
movimento psicolanalitico ( a partire dalla rottura con Breuer, il quale rifiutava l’idea che la causa prima dell’isteria fosse
la rimozione di desideri sessuali infantili).
Inoltre Freud ritiene di aver scoperto aspetti e dinamiche della psiche che non caratterizzano soltanto le persone affette da
patologie, ma tutti gli esseri umani.
Le tre fasi della sessualità e il complesso di Edipo
In Freud il termine “sessualità” ha un significato molto ampio: in ogni fase della vita agisce un’energia sessuale, tendente
al piacere, chiamata Libido da Freud, che può dirigersi verso mete diverse. Nei Tre saggi sulla teoria della sessualità
(1905) Freud sostiene infatti che la sessualità è presente sin dall’inizio nel bambino, e si sviluppa in tre distinte fasi
corrispondenti alle operazioni vitali elementari e agli organi connessi: fase orale nel primo anno di vita; fase anale, da
uno a tre anni; fase genitale, da tre a cinque anni; dopo questa fase la sessualità entra in un “periodo di latenza”, per
manifestarsi nuovamente con la pubertà. Bocca, ano e genitali – attraverso cui il bambino riceve stimoli e si rapporta al
mondo esterno – sono zone «erogene», che, svolgendo le funzioni vitali, diventano anche sede di piacere e soddisfacimento
sessuale Il bambino, dice Freud ironicamente, è un “perverso polimorfo”: il termine perversione qui non presenta
connotazioni valutative negative, ma semplicemente descrittive, in quanto significa un'attività sessuale che «ha rinunciato
al fine riproduttivo e persegue il conseguimento del piacere come fine indipendente».
Connessa alla sessualità infantile è anche una delle più note dottrine freudiane: quella relativa al cosiddetto complesso di
Edipo. In generale, il complesso edipico - che prende il nome dalla mitica vicenda del personaggio greco, destinato dal Fato
ad uccidere il padre e a sposare la madre - consiste in «un attaccamento "libidico" verso il genitore di sesso opposto e in un
atteggiamento ambivalente (con componenti positive di affettuosità e tendenza alla identificazione, e componenti negative di
ostilità e di gelosia) verso il genitore di egual sesso» (C. Musatti). Tale complesso si sviluppa fra i tre e i cinque anni, ossia
1
Freud descrive anche alcuni dei meccanismi attraverso cui la censura attua il camuffamento dei significati latenti, come il
simbolismo, per cui oggetti come spade o scatole rappresentano gli organi genitali, oppure lo “spostamento d’accento”, quando
la rappresentazione onirica sposta l’interesse del sognatore su un aspetto marginale, collegato tuttavia al reale oggetto
d’interesse: per esempio si sogna di accarezzare il cane della vicina, mentre in realtà è la stessa vicina che si vorrebbe
accarezzare.
2
Freud ha praticato la psicoanalisi non solo sui suoi pazienti, ma anche su se stesso, e per molti anni ha analizzato i propri sogni.
4
durante la fase fallica, e, a seconda della sua risoluzione o meno, determina la futura strutturazione della personalità. Ecco
come ne parla caratteristicamente Freud in Introduzione alla psicoanalisi:
«Si vede facilmente che il maschietto vuole avere la madre soltanto per sé, avverte come incomoda la presenza del padre, si
adira se questi si permette segni di tenerezza verso la madre e manifesta la sua contentezza quando il padre parte per un
viaggio o è assente. Spesso dà diretta espressione verbale ai suoi sentimenti, promette alla madre che la sposerà. Si penserà
che ciò è poca cosa in confronto alle imprese di Edipo, ma di fatto è abbastanza, in germe è la stessa cosa [...]. Quando il
piccolo mostra la più scoperta curiosità sessuale per la madre, quando pretende di dormirle accanto la notte, insiste per essere
presente alla sua toeletta o intraprende addirittura tentativi di seduzione - come spesso la madre può constatare e riferire
ridendo - la natura erotica del legame con la madre è garantita contro ogni dubbio [...]. Quanto alla femmina, esso [il
complesso edipico] si configura in modo del tutto analogo, con le necessarie varianti. L'attaccamento affettuoso al padre, la
necessità di eliminare la madre come superflua e di occuparne il posto, e una civetteria che mette già in opera i mezzi della
futura femminilità, contribuiscono a dare della bambinetta un quadro incantevole, che ci fa dimenticare il lato serio e le
possibili gravi conseguenze che giacciono dietro questa situazione infantile. Non trascuriamo di aggiungere che spesso gli
stessi genitori esercitano un'influenza decisiva sul risveglio dell'atteggiamento edipico del bambino, abbandonandosi
anch'essi all'attrazione sessuale e, nel caso che vi sia più di un figlio, anteponendo nel modo più evidente nel proprio affetto il
padre la figlioletta e la madre il figlio...» (lez. XXI).
Il complesso edipico quindi fa sì che il bimbo rivolga al genitore di sesso opposto un amore affettuoso e possessivo, e
consideri l’altro genitore un rivale e un ostacolo, che vorrebbe eliminare, “uccidere”. Ma il bambino si rende presto conto
che il genitore rivale non può essere eliminato, e che esso è vincente nel conflitto per il possesso della madre (o del padre);
inizia allora ad ammirarlo e a imitarlo, a sviluppare nei suoi confronti un amore emulativo.
Freud ritiene il complesso di Edipo importantissimo per la costituzione della personalità adulta: l’identità virile e quella
femminile si formano e si consolidano attraverso questo processo di imitazione, anche il super-ego inizia a costituirsi
attraverso questo processo di identificazione con il genitore. D’altra parte gran parte dei sentimenti e dei desideri vissuti
durante il complesso d’Edipo sono accompagnati da vergogna e senso di colpa (non si può desiderare di uccidere il padre!)
e vengono rimossi; perciò Freud ritiene che gran parte dell’inconscio rimosso sia costituito da esperienze legate alla
sessualità infantile e al complesso di Edipo. E il fatto che generalmente non venga ammessa e riconosciuta l’esistenza di
una sessualità infantile dipende, secondo Freud, proprio dalla rimozione dei desideri edipici.
Es, Io e Super-io
La concezione freudiana della psiche è esposta soprattutto in L’Io e l’Es (1925), in cui la psiche è suddivisa in tre «regni» o
«territori»: «Es», «Io» e «Super-io». L’ Es (pronome neutro di terza persona in tedesco) è la parte evolutivamente
primitiva della psiche, tutto ciò che viene ereditato alla nascita, è la «parte oscura, inaccessibile della nostra personalità»,
«un caos, un crogiuolo di eccitamenti ribollenti»: è il «regno del non logico» ed è mosso solo dal «principio di piacere»;
non distingue tra desiderio e realtà, vuole e basta. L’Io è la parte cosciente della psiche, sua funzione primaria è
l’autoconservazione. In origine era una parte dell’Es, quella modificata dall’influsso del mondo esterno, ora è
l’intermediario tra l’Es e l’ambiente: esercita un controllo e valuta, grazie all’esperienza e alla memoria, se sia conveniente
di volta in volta soddisfare la pulsione; agisce secondo il «principio di realtà», ma trae dall’Es le proprie energie.
Il Super-io è la coscienza morale, un giudice interno che «osserva, guida e minaccia l’Io» (in gran parte anche il Super-Io è
inconscio, come l’Es). Trae anch’esso energia dall’Es e ha origine come introiezione dei modelli offerti dai genitori (con i
loro ammonimenti e critiche) e dalla società 3. Per spiegare la formazione e l’azione del Super-Io dobbiamo risalire ancora
alla relazione edipica: il bambino prova ostilità per il genitore dello stesso sesso, che pure ama; ma per paura della
punizione e della perdita dell’amore e della protezione reprime la propria ostilità e si identifica con il genitore: così
interiorizza l’immagine del genitore (assumendone valori, ideali e norme) e rivolge verso se stesso l’aggressività repressa,
che genera il senso di colpa. Il Super-Io, per mezzo del senso di colpa, punisce l’Io quando non si comporta come
dovrebbe, ed è un giudice più severo e inflessibile di qualsiasi autorità esterna: infatti, potendo giudicare dall’interno,
conosce e punisce non soltanto i comportamenti, ma anche le intenzioni e i desideri.
L’Io si trova dunque nella difficile condizione di servire e mediare fra tre «tiranni»: l’ambiente, l’Es e il Super-io.
In caso di insuccesso possono sorgere le nevrosi o addirittura le psicosi (perdita totale di contatto con la realtà).
Lo scopo della psicoanalisi è rafforzare la personalità, l’Io, ampliando la sfera della cosapevolezza razionale e allentando la
repressione delle pulsioni attuata dal Super-io, per ridurre il più possibile l’infelicità dell’uomo.
In Freud c’è dunque fiducia nella ragione, nel primato della razionalità scientifica, ma non fede nel suo trionfo: in tutti noi
sopravvive la psiche dell’uomo primitivo, e sono sempre presenti, con tutta la loro forza, le tendenze istintive.
D’altra parte Freud non ritiene neppure possibile, né desiderabile, la liberazione completa di queste tendenze istintive:
nell’opera Il disagio della civiltà ( 1929-30) egli scrive che il progresso della Civiltà esige che le pulsioni aggressive siano
frenate e che gli impulsi sessuali egoistici siano repressi o sublimati, perché gli uomini, per sopravvivere nella natura
ostile, devono collaborare. Ciò produce infelicità (Freud identifica la felicità con il piacere, la soddisfazione delle pulsioni),
3
Anche Freud, come Nietzsche non riconosce un valore oggettivo e razionale alla morale: la coscienza morale (=super-ego) è il
prodotto dell’educazione e del condizionamento sociale, e nasce dalle esigenze della sopravvivenza e della convivenza tra gli
uomini. La vita associata si serve della coscienza per reprimere gli impulsi aggressivi e per ritorcere contro l’individuo
l’aggressività che distruggerebbe la società.
5
ma è un prezzo che va pagato4 : «l’uomo civile ha barattato la sua felicità per un po’ di sicurezza».
Freud è
metodologicamente individualista e riduzionista, non riconosce l’esistenza di istinti sociali: l’amicizia e le altre relazioni
umane sono modificazioni (sublimazioni) della pulsione sessuale inibita nella sua meta.
Eros e Thànatos
Questo discorso si colloca nell'ambito di un ripensamento, da parte di Freud, della sua teoria psicologica generale. Negli
ultimi scritti il padre della psicoanalisi non riconduce più tutte le pulsioni alla Libido, ma divide le pulsioni in due categorie tra loro antagoniste: «pulsioni erotiche» o Eros, e «pulsioni di morte» o Thànatos. Le pulsioni erotiche sono alla base
di tutte le tendenze che favoriscono la vita: comprendono pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione, sono
all’origine dei legami affettivi (amore, cura, protezione, amicizia) e sono, per Freud, la manifestazione psichica delle forze
che negli organismi viventi resistono alla disgregazione. Le pulsioni di morte sono invece la manifestazione della tendenza
fatale di ogni forma vivente a ritornare allo stato inorganico, all’equilibrio definitivo che è la morte: sono alla base dei
sentimenti di invidia e di odio e dell’aggressività (distruttiva o autodistruttiva), che è il nemico principale della vita associata e della civiltà, costruita faticosamente grazie alle pulsioni erotiche 5 . Nella lotta tra Eros e Thanatos Freud ha visto
condensata l’intera storia del genere umano.
Le opere antropologiche
Freud ha scritto anche numerose opere in cui affronta temi di antropologia, storia della civiltà, storia dell’arte, della
religione… In queste opere Freud applica le proprie teorie (in particolare quella della relazione edipica) ad ambiti su cui
non ha fatto studi specifici, ma si è avvalso delle ricerche e dei risultati di studiosi specializzati. Prendiamo in
considerazione brevemente due di queste opere : Totem e tabù (1913) e L’Avvenire di un’illusione (1927)
In Totem e tabù , prima applicazione della psicoanalisi all’antropologia, Freud cerca di mostrare il valore universale del
complesso di Edipo, ponendolo all’origine della morale, della religione e della civiltà. Nel racconto freudiano le orde degli
uomini primitivi erano dominate da un maschio prepotente che teneva tutte le donne per sé, amato e odiato allo stesso
tempo: venne infine ucciso dai figli, mangiato, e sostituito da un animale totem intoccabile, che col tempo diventò il diopadre delle religioni monoteistiche. Il rimorso per l’uccisione del padre diede origine alla coscienza morale; la proibizione
dell’incesto diede origine alla famiglia monogamica e al vincolo sociale.
Nell’Avvenire di un’illusione Freud presenta la religione monoteistica come un’illusione originata dalla relazione edipica:
la rappresentazione di Dio come essere onnipotente ha origine dal rapporto del figlio col padre temuto-amato ora
proiettato in cielo, la fiducia nella provvidenza dalla fiducia infantile nella protezione paterna. Le rappresentazioni
religiose sono dunque illusioni che traggono efficacia dalla forza dei desideri umani: esorcizzano il terrore della morte,
riconciliano l’uomo con la crudeltà del fato e compensano delle sofferenze imposte dal progresso civile. Queste funzioni
vengono svolte però servendosi di forze emotive sottratte al controllo critico della ragione: in quanto soddisfacimento
illusorio, la religione è come la nevrosi; i riti religiosi presentano analogie con i rituali dei nevrotici ossessivi.
4
Infatti l'antropologia dell'ultimo Freud, che presenta punti di contatto con quella di Schopenhauer, vuol essere decisamente
«realistica» e «pessimistica». A differenza di coloro che credono in una possibile «felicità» dell'uomo, Freud ribatte che la
sofferenza è componente strutturale della vita, che ci costringe a patire nel corpo e nella psiche, a decadere e a morire. E contro
coloro che ritengono che l'uomo sia «una creatura gentile che vuol essere amata, e che al massimo può difendere se stessa se
viene attaccata», ribatte che esso «è al contrario una creatura tra le cui doti istintive è da annoverare un forte quoziente di
aggressività». Di conseguenza, la società civile è un male minore rispetto a un'umanità-senza-società, che potesse dar sfogo a
tutti i suoi desideri. Infatti, in una situazione del genere, non solo l'uomo non sarebbe felice, ma diventerebbe ancor più
pericoloso per il prossimo.
5
Nella psiche individuale, tuttavia, le due forze spesso si intrecciano, producendo risultati contraddittori o dannosi (odio-amore,
gelosia, ossessività, autodenigrazione) ma anche utili: per conquistare il partner o per lottare per un ideale o realizzare un
progetto è necessaria una certa dose di aggressività al servizio della pulsione erotica.
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Lettura: Da Psicopatologia della vita quotidiana (1901)
Un caso di lapsus
La Psicopatologia della vita quotidiana è l'opera di Freud più letta e più conosciuta; è anche una delle più facili, in
quanto gli esempi di interpretazione psicoanalitica in essa contenuti sono più accessibili e di facile lettura, ogni lettore
può infatti confrontarsi a suo agio con la propria esperienza personale e verificare la validità dell'analisi freudiana.
Tuttavia l'opera, e i numerosi lapsus e atti mancati in essa contenuti, non sono da sottovalutare, in quanto possono
manifestare contenuti inconsci di primaria importanza.
Il brano che segue si riferisce a un incontro tra Freud e un giovane ebreo che aveva una buona conoscenza delle sue
teorie; la conversazione si focalizza sulle difficoltà che gli ebrei hanno nella società e sulle ricorrenti ondate di
antisemitismo. Il giovane conclude il suo discorso sperando in tempi migliori e cita un verso di Virgilio:
«Exoriare...», o per meglio dire voleva chiudere così, poiché non riuscì a ricostruire la citazione e cercò di coprire
mediante trasposizione di parole una evidente lacuna della sua memoria: «Exoriar(e) ex nostris ossibus ultor». Infine
disse seccato: «La prego, non mi guardi con quella espressione ironica, come se il mio imbarazzo la divertisse, e mi
aiuti piuttosto. In quel verso manca qualcosa. Com'è dunque il verso completo?»
«Volentieri», risposi, e citai correttamente: «Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor».
«Ma che stupidaggine, dimenticare una parola così. Del resto pare che secondo Lei non si dimentichi nulla senza
motivo. Sarei proprio curioso di sapere come mai io abbia potuto dimenticare questo pronome indefinito aliquis».
Accettai prontamente la sfida, sperando in un contributo alla mia collezione. Dissi dunque:
- Lo potremo sapere senz'altro. La devo soltanto pregare di comunicarmi sinceramente e non criticamente tutto
quanto le viene in mente fissando la Sua attenzione sulla parola dimenticata, ma senza una determinata intenzione.
- Va bene, ecco che mi viene in mente una cosa ridicola, dividere la parola in due pezzi, così: a e liquis.
- Che intende dire con questo?
- Non saprei.
- Che altro le viene in mente?
- Ecco, la continuazione è questa: reliquie, liquidazione, fluidità, fluido. Lei forse ha già capito?
- No, tutt'altro. Ma continui.
- Io penso - proseguì ridendo sarcasticamente - a Simonino da Trento, del quale ho visto le reliquie in una chiesa di
Trento circa due anni fa. Penso all'accusa sanguinosa che proprio adesso di nuovo si sta elevando contro gli ebrei, e
allo scritto di Kleinpaul che in tutte quelle presunte vittime ravvisa incarnazioni o nuove edizioni, per così dire, del
Redentore.
- Questo che le viene in mente non è del tutto senza connessione con l'argomento sul quale c'intrattenevamo prima
che Lei dimenticasse la parola latina.
- Esatto. Penso inoltre a un articolo di un giornale italiano che ho letto recentemente. Mi pare che il titolo fosse: «Quel
che sant'Agostino dice alle donne». E di questo cosa se ne fa?
- Aspetto.
- E adesso viene qualcosa che certamente non ha connessione alcuna col nostro argomento.
- Favorisca astenersi da qualsiasi critica e...
- Lo so; lo so. Mi ricordo di un magnifico vecchio signore che ho incontrato in viaggio la settimana scorsa. Un vero
originale. Aveva l'aspetto di un grande uccello rapace. Il suo nome, se le interessa, è Benedetto.
- Perlomeno abbiamo una serie di santi e Padri della Chiesa: san Simonino, sant'Agostino, san Benedetto. Un Padre
della Chiesa si chiamava, credo, Origene. Tre di questi nomi del resto sono anche nomi di persona, come Paolo nel
cognome Kleinpaul.
- Adesso mi viene in mente san Gennaro e il miracolo del suo sangue; mi pare che così si continui meccanicamente.
- Lasci stare; san Gennaro e sant'Agostino hanno entrambi a che fare col calendario [gennaio e agosto]. Non vuole
ricordarmi il miracolo del sangue?
- Ma Lei lo conoscerà certamente! In una chiesa di Napoli si conserva in una fiala il sangue di san Gennaro, che in
una determinata festività per un miracolo ridiventa liquido. Il popolo attribuisce valore enorme a questo miracolo e si
eccita molto se tarda a verificarsi, come accadde una volta durante un'occupazione francese. Il generale occupante (o
mi sbaglio? che fosse Garibaldi?) prese da parte il reverendo e, mostrandogli con gesto molto significativo i soldati
allineati sulla piazza, gli fece intendere che sperava che il miracolo si sarebbe compiuto molto presto. E infatti si
compì...
- Ebbene? Avanti, perché si ferma?
- Adesso per la verità mi è venuta in mente una cosa... troppo intima, però, per essere comunicata... del resto non vedo
alcuna connessione e alcuna necessità di raccontarla.
7
- Alla connessione ci penso io. Non posso costringerla a raccontare cose che le sono sgradevoli; ma allora non mi
chieda di spiegarle come sia giunto a dimenticare la parola aliquis.
- Davvero? Crede? Dunque, ho improvvisamente pensato a una signora dalla quale facilmente potrei ricevere una
notizia che sarebbe assai sgradevole per entrambi.
- Che non ha avuto le mestruazioni?
- Come ha potuto indovinarlo?
- Non è difficile, ormai. Lei stesso mi ha preparato abbastanza. Pensi un po' ai santi del calendario, alla liquefazione
del sangue in un giorno determinato, al tumulto quando il fatto non si verifica, alla chiara minaccia che il miracolo
deve avvenire, altrimenti... Lei si è servito magnificamente del miracolo di san Gennaro per alludere ai periodi della
donna.
- Senza esserne consapevole. E Lei crede davvero che per questa ansiosa attesa io non abbia saputo riprodurre la
paroletta aliquis?
- A me sembra fuori dubbio. Si ricordi dunque della Sua scomposizione in a-liquis e delle associazioni: reliquie,
liquidazione, fluidità. È proprio necessario che io introduca nella connessione anche san Simonino, che le venne in
mente dopo le reliquie e che fu sacrificato bambino?
- E meglio che non lo faccia. Spero che Lei non prenda sul serio questi pensieri, posto che io li abbia veramente avuti.
In compenso le confesserò che la signora è italiana, in compagnia della quale ho visitato anche Napoli. Ma tutto
questo non può essere un puro caso?
- Lascio giudicare a Lei se può spiegare tutte queste connessioni ricorrendo al caso. Io le posso dire, comunque, che
tutti i fatti analoghi, se vorrà analizzarli, la porteranno a «casi fortuiti» altrettanto strani.
SI CONSIGLIA ANCHE LA LETTURA DEI SEGUENTI BRANI SCARICABILI DAI CONTENUTI DIGITALI DEL LIBRO DI TESTO
F.Trabattoni/G. LA Vergata, Filosofia Cultura Cittadinanza, vol. 3 La Nuova Italia > AulaDigitale
4. Freud, La relazione edipica
8. Freud, Il principio di piacere
10. Freud, Civiltà e restrizione pulsionale