O rchestra C amerata D ucale

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Orchestra
Camerata
Ducale
XIII STAGIONE CONCERTISTICA
Orchestra Camerata Ducale
Primo violino e Direttore
Guido Rimonda
[email protected]
Direttore Artistico
Cristina Canziani
[email protected]
Ufficio stampa
Micaela Ovale
[email protected]
Segreteria organizzativa
Federica Michelon
[email protected]
Collaboratori esterni
Marco Allione: grafica · [email protected]
Andrea Malnati: testi musicologici
Sede:
Via Nicola Fabrizi, 22
10143 Torino · tel. e fax 011 755791
Sede di Vercelli:
Corso Libertà, 300
www.camerataducale.it
www.viottifestival.it
Media Partner:
La stagione 2009/2010 Viotti Festival
è stata realizzata con il fondamentale sostegno di:
CITTÀ DI VERCELLI
Assessorato alla Cultura
Vercelli e i suoi eventi
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Orchestra
Camerata
Ducale
XIII STAGIONE CONCERTISTICA
CITTÀ DI VERCELLI
Assessorato alla Cultura
Vercelli e i suoi eventi
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La Regione Piemonte dà il benvenuto alla XIII edizione del Viotti Festival, che in questi anni ha contribuito con
successo alla valorizzazione di un importante protagonista della fortunata stagione del classicismo settecentesco: il
compositore e violinista piemontese Giovan Battista Viotti. Un progetto musicale che continua ad avere nell’ampia
produzione viottiana il principale referente, ma che apre anche il proprio orizzonte a nuove esperienze sonore, dando
il via a una stagione musicale ricca di appuntamenti di grande qualità artistica, anche di stampo internazionale.
Quest’anno la rassegna propone un programma di grande suggestione, che va oltre l’ambito strettamente regionale
e porta in Piemonte artisti di indiscusso prestigio, coniugando idealmente la prospettiva locale con quella globale,
dai grandi talenti di Salvatore Accardo e Uto Ughi, alla fisarmonica di Richard Galliano, viaggiatore curioso alla
costante ricerca di forme “altre” per rivelare al grande pubblico il suono nobile di questo strumento.
I migliori complimenti all’Orchestra Camerata Ducale che - connotata dalla ricerca di una continua crescita della
propria identità artistica - presenta a Vercelli una nuova, straordinaria serie di eventi musicali. Una riconferma
per una struttura concertistica che promuove in modo significativo un’immagine della nostra Regione sempre più
attenta alla dimensione internazionale e alla qualità nel settore della musica.
Michele Coppola
Assessore alla Cultura e alle politiche Giovanili
Regione Piemonte
La musica è una forma di espressione artistica straordinariamente privilegiata: coniuga il rigore delle regole con i
sussulti dell’emozione.
Scuote la ragione rendendola permeabile a tutti i misteri che stanno racchiusi nella profondità dell’animo umano.
La musica ci ricollega con la fantasia e l’immaginario e dà consistenza ai sogni e ai ricordi.
La musica è rigore paradossale che inquieta, disorienta, risveglia e dilegua pigrizie e noiosità.
Quando la musica, con i suoi spartiti e note, è interpretata da Guido Rimonda e dalla Camerata Ducale, la magia
si fa travolgente e diventa una delizia abbandonarsi all’armonia e alla melodia.
La stagione Viotti Festival 2011 riesce a rendere concreto il proponimento impossibile: fare ancora meglio dell’anno
precedente. Una stagione che annovera maestri di violino come Uto Ughi, Salvatore Accardo, e giovani stelle
brillanti come Isabelle Faust, che contempla presenze di qualità musicale eccelse come Sa Chen al pianoforte,
Ranieri Paluselli alle percussioni, Radovan Vlatkovic al corno e l’impareggiabile Richard Galliano alla fisarmonica;
è una stagione di concerti squisiti e fantastici.
Che dire ancora: gratitudine e stupore riconoscente per Cristina Canziani, Guido Rimonda e per la Camerata
Ducale tutta che, nell’ambito della progettualità culturale dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Vercelli,
sono un pilastro solido e essenziale che fa apprendere il valore della cultura come cibo essenziale per il ben-essere
di una comunità.
Con la Camerata Ducale la musica è una strabiliante avventura culturale che abbina la tradizione e la storia con
l’emozione della scoperta e della novità, che genera stupore e sorpresa, che coniuga grazia con bellezza e eleganza.
Evviva la musica, evviva Giovan Battista Viotti, evviva la Camerata Ducale.
Pier Giorgio Fossale
Assessore alla Cultura
Città di Vercelli
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XIII STAGIONE CONCERTISTICA
1 agosto 2010
Duomo di S.Eusebio
Alessandra Marianelli, soprano solista
16 ottobre 2010
Salone Dugentesco
Pentabrass, quintetto di ottoni
30 ottobre 2010
Salone Dugentesco
Catubam, quartetto di percussioni
13 novembre 2010
Salone Dugentesco
Rimonda-Preda, duo violino e chitarra
27 novembre 2010
31 dicembre 2010
Chiesa di S.Cristoforo
Guido Rimonda, violino solista
Teatro Civico
Concerto di Capodanno
8 gennaio 2011
Teatro Civico
“Cinema serenade”
Luigi Abenante, direttore
Guido Rimonda, violino solista
15 gennaio 2011
Teatro Civico
Radovan Vlatkovich, corno solista
12 febbraio 2011
Teatro Civico
Salvatore Accardo, violino solista e direttore
26 febbraio 2011
12 marzo 2011
Teatro Civico
Sa Chen, pianoforte solista
Teatro Civico
Uto Ughi, violino solista
9 aprile 2011
Teatro Civico
Ranieri Paluselli, percussioni
30 aprile 2011
Teatro Civico
Isabelle Faust, violino solista
14 maggio 2011
Teatro Civico
Richard Galliano, fisarmonica solista
4 giugno 2011
Teatro Civico
Guido Rimonda, violino solista
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Domenica 1 agosto 2010 ℘ ore 21.00
Duomo di S. Eusebio ℘ Piazza S. Eusebio
Alessandra Marianelli
Antonio Vivaldi
(1678-1741)
Concerto in si minore per quattro violini, violoncello, archi e b. c.
op. 3 n. 10 RV 580
Allegro – Largo. Larghetto. Adagio. Largo - Allegro
(Guido Rimonda, Marina Martianova, Eleonora Longoni,
Margherita Graczyk, violini - Daniele Bogni, violoncello)
J.B. Charles Dancla
(1817-1907)
Recueillement per quattro violini op. 203 n. 3
Andante cantabile e sostenuto
(Guido Rimonda, Marina Martianova, Eleonora Longoni,
Margherita Graczyk, violini)
Giovanni B. Pergolesi
(1710-1736)
Antonio Vivaldi
Salve Regina in do minore, antifona per soprano, archi e b. c.
I. Salve Regina (Largo) - II. Ad te clamamus (Andante - Largo) - III. Eja, ergo (Largo)
IV. Et Jesum benedictus (Andante amoroso) - V. O clemens, o pia (Largo assai)
Concerto in re minore per due violini, violoncello, archi e b. c.
op. 3 n. 11 RV 565
Allegro - Adagio e spiccato. Allegro - Largo e spiccato - Allegro
(Guido Rimonda, Marina Martianova, violini
Daniele Bogni, violoncello)
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Exultate, jubilate, mottetto per soprano e orchestra KV165/158a
I. Exultate, jubilate (Allegro) - II. Fulget amica dies (Recitativo)
III. Tu virginum corona... Alleluja (Andante. Allegro)
Alessandra Marianelli, soprano
Guido Rimonda, direttore
Orchestra Camerata Ducale
Alessandra Marianelli
Nata nel 1986 inizia lo studio del canto nel 2000 con il soprano Maria Billeri e cura la preparazione musicale con la professoressa Pieralba Soroga. Frequenta anche
il conservatorio ‘Pietro Mascagni’ di Livorno e nel 2001, a soli quindici anni, vince il secondo premio al concorso internazionale ‘Cascinalirica’. Debutta nel 2002 come
Barbarina ne Le Nozze di Figaro di Mozart in una produzione ai teatri Verdi di Pisa, Politeama Pratese e dei Rinnovati di Siena. Nel 2003 interpreta Bacchide ne La
Belle Hélène di Jacques Offenbach al Verdi di Pisa e al Giglio di Lucca. Partecipa alla Stagione Concertistica 2003 della Camerata Strumentale ‘Città di Prato’ nella
Messa in Do Minore K.427 di Mozart e nel Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn, partitura che esegue anche a Firenze con l’ORT. Selezionata nella
stagione 2003/2004 dal Laboratorio ‘CittàLirica Opera Studio’ per la parte di Tytania nel Midsummer Night’ s Dream di Benjamin Britten, debutta il ruolo nei teatri
Verdi di Pisa, Giglio di Lucca e Goldoni di Livorno. Nell’aprile 2004 canta il Requiem di Fauré al Politeama Pratese ed interpreta il ruolo di Anitra/Solveig nel Peer Gynt
di Grieg con l’ORT a Firenze, Pisa, Empoli. Nel giugno 2004 ottiene il secondo premio al concorso ‘Spiros Argiris’ di Sarzana.Tra settembre e dicembre 2004 partecipa
al Festival di Jesi con La serva padrona, canta nel Parsifal al Carlo Felice di Genova, va a Siena con la Messa in Do Maggiore di Mozart, e debutta al Comunale di
Firenze nel Don Carlos diretta da Zubin Mehta. Nel 2005 canta ne La serva padrona a Lugo di Romagna ed al Comunale di Bologna, ne La Sonnambula a Bilbao
dove ottiene un particolare successo, nella IX Sinfonia di Beethoven e ne Le Nozze di Figaro al Festival di Stresa, nel Gianni Schicchi a Jesi e Fermo. Nel 2006 è
stata Zerlina nel Don Giovanni che, con la regia di Zeffirelli, ha aperto la stagione dell’Opera di Roma, al Filarmonico di Verona ed a Reggio Emilia; sono seguito un
successo personale ne L’Incoronazione di Poppea al Festival Mozart de La Coruña, il felice debutto in Falstaff alla Monnaie di Bruxelles, Il Flauto Magico e il Requiem
di Mozart al Festival di Stresa, Don Giovanni a Treviso, Fermo e Jesi, Falstaff a Pisa, Livorno, Lucca, Ravenna, La Sonnambula a Bassano, Padova e Verona.Tra i recenti
impegni Don Giovanni al Verdi di Trieste e Pordenone, Il Re pastore al Festival Mozart di La Coruña, Il Turco in Italia al Rossini Opera Festival, La Clemenza di Tito al
Festival di Stresa, Falstaff al Regio di Torino, Il cappello di paglia di Firenze al Carlo Felice di Genova, I Quattro Rusteghi a Toulouse, Orfeo e Un Ballo in maschera al
Teatro Real di Madrid, La Clemenza di Tito al Comunale di Bologna, Otello di Rossini alla Deutsche Oper di Berlino.
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I due concerti proposti questa sera furono raccolti da Antonio Vivaldi nella sua terza opera a stampa, L’Estro
Armonico, che vide la luce ad Amsterdam nel 1711. Questo curioso e stravagante titolo riassume perfettamente le scelte programmatiche del compositore. I dodici concerti che la compongono sono infatti armoniosamente suddivisi in quattro gruppi all’interno dei quali trovano posto un concerto per quattro violini, un
concerto per due violini ed un concerto per violino solo. Questa ordinata struttura non impedì però a Vivaldi di ideare un’opera che trova nell’estetica barocca della meraviglia e dell’imprevedibilità le proprie linee
guida. Un esempio mirabile di questo autentico estro inventivo è fornito dal Concerto RV 580 che affida il
ruolo solistico a ben quattro violini uniti ad un violoncello. L’interazione tra i cinque strumenti solisti si rivela
mirabilmente perfetta lungo tutto l’arco dell’Allegro iniziale, che proprio nella fluidità di intreccio tra gli strumenti trova la sua cifra distintiva. Il movimento centrale è aperto da un Largo in stile recitativo e culmina nel
successivo Larghetto nel quale Vivaldi prescrive simultaneamente ai quattro violini solisti altrettante differenti
serie di arpeggi. Conclude il Concerto un virtuosistico Allegro nel quale i quattro violini si producono in una
gara di bravura. Assai differente appare invece il Concerto RV 565. Composto secondo il più rigoroso ‘stile
da chiesa’, che prevede una particolare attenzione agli aspetti del più rigido contrappunto, questo Concerto
è aperto da un breve Allegro in stile di toccata a cui segue, dopo il breve Adagio e spiccato, un perfetto Allegro in forma di fuga. Il successivo Largo e spiccato in ritmo di siciliana si sviluppa attorno ad una melodia
dal carattere misterioso, che scioglie la sua tensione nello scatenato Allegro finale.
Antonio Vivaldi
JJean Baptiste Charles Dancla nacque nel 1817 in un piccolo centro sui Pirenei francesi. Il suo immenso talento fu notato negli anni della sua infanzia dal grande virtuoso francese Pierre Rode, allievo prediletto di
Giovanni Batista Viotti, che lo volle con sé a Parigi, città nella quale poté affinare i propri studi in violino e
composizione sotto la guida di Pierre Baillot, altro allievo di Viotti. Dancla divenne così in breve tempo uno
fra i maggiori violinisti-compositori dell’epoca. Durante la sua lunga vita Dancla affiancò alla carriera concertistica anche quella didattica componendo centinaia di brevi pezzi destinati ai propri allievi, nei quali riusciva mirabilmente a far convivere l’aspetto didattico con un’eccelsa qualità musicale. Uno straordinario
esempio di questa abilità è rintracciabile proprio in Recueillement, ispirata meditazione musicale dalla felicissima vena melodica.
Jean Baptiste Charles Dancla
Giovanni Battista Pergolesi fu uno fra i primi compositori italiani ad acquisire una fama autenticamente europea che sopravvisse alla sua prematura morte, avvenuta all’età di soli ventisei anni. Il Salve Regina in do minore fu verisimilmente composto a Pozzuoli nel corso dell’anno 1736, negli stessi mesi in cui Pergolesi era
impegnato nella redazione del suo celebre Stabat Mater. Soavità e dolcezza sembrano essere le linee scelte
da Pergolesi per la composizione di questa antifona mariana. Il tema dell’universalità della maternità della
Vergine Maria appare l’aspetto che più colpisce il compositore. Nelle cinque brevi arie di cui è composta
l’intera antifona Pergolesi mette in risalto l’umanità della figura della madre di Cristo e di tutti i credenti, che
in lei possono trovare sostegno, conforto e speranza. La musica di Pergolesi sembra infatti voler sottolineare
l’aspetto autenticamente umano della divinità di Maria, grazie alla disarmante semplicità della scrittura musicale sempre attenta alle infinite sfumature che l’ispirato testo propone.
Giovanni Battista Pergolesi
Il mottetto Exultate, jubilate è senza dubbio una tra le composizioni sacre più celebri di Mozart. Fu composto
a Milano, città nella quale Mozart si trovava a seguito della prima rappresentazione di Lucio Silla, avvenuta
il 26 dicembre 1772. Fra i protagonisti di Lucio Silla spiccava per eccezionali doti vocali il castrato Venanzio
Rauzzini. Per questa straordinaria voce Mozart ideò il mottetto Exultate, jubilate, eseguito per la prima volta il 17 gennaio 1773 presso la locale chiesa dei Teatini. Caratterizzato da uno stile in tutto simile a quello
dell’opera seria italiana, il mottetto è forte di una struttura retta da due ampie arie collegate tra loro da un
brevissimo recitativo. L’aria d’apertura («Exultate, jubilate») è pervasa dal tipico virtuosismo dell’opera seria
e presenta rapidissimi passaggi d’agilità, che trovano il loro culmine nella conclusiva cadenza. Il breve recitativo «Fulget amica dies» conduce alla seconda aria, «Tu virginum corona», un grazioso Andante dal carattere
quasi galante. L’estrema liricità di questa pagina contribuisce a creare una distesa e tranquilla atmosfera, che
precede mirabilmente il vivacissimo «Alleluja» conclusivo dagli incessanti e rapidissimi passaggi vocalizzati,
che conducono la voce sino alle zone più acute della sua estensione.
Wolfgang Amadeus Mozart
Concerti RV 580 e 565
Recueillement per quattro violini
op. 203 n. 3
Salve Regina in do minore,
antifona per soprano, archi e b. c.
Exultate, jubilate, mottetto per
soprano e orchestra KV165/158a
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Sabato 16 ottobre 2010 ℘ ore 21.00
Salone Dugentesco ℘ Via Galileo Ferraris
Pentabrass
quintetto d’ottoni
Prima Parte
Johann Baptist Strauss
Amor marsch
Johann Sebastian Bach
Fugue in g minor BWV 578
Pyotr Ilyich Tchaikovsky
The swan cracks nuts just before sleeping
Anders Soldh
Danses d’ailleurs
(1804-1849)
(1685-1750)
(1840-1893)
(1955)
Seconda Parte
Enrique Crespo
(1941)
Suite americana
(Ragtime, Bossa nova, Vals peruano)
Georges Bizet
Carmen fantasia
Leonard Berstein
West side story
(1838-1875)
(1918-1990)
(Maria, Tonight, America)
David Short
Tango
George Gershwin
For hits for five, by George
(1951)
(1898-1937)
Ivano Buat e Marco Rigoletti: trombe
Vincent Lepape: trombone
Ugo Favaro: corno
Rudy Colusso: tuba
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Sabato 30 ottobre 2010 ℘ ore 21.00
Salone Dugentesco ℘ Via Galileo Ferraris
Catubam
quartetto di percussioni
Prima parte
Rainier Tiezer
Studio per grancassa
Ney Rosauro
Concerto per vibrafono
(1964)
(1952)
Paulo Bellinati
(1950)
Johann Strauss jr
(1804-1849)
Solista Ranieri Paluselli
A Furiosa
trascrizione di R.Tiezer
Unter Donner und Blitz (Sotto tuoni e fulmini) op. 324
Seconda parte
Tom Gauger
Round Trip
Gianni Maestrucci
Ohibo
Paco Peña
Herencia Latina
Franz Kruger
Ungarische Weisen
(1974)
(1942)
(1964)
trascrizione di R.Tiezer
Ranieri Paluselli, Carlo Cantone,
Fiorenzo Sordini, Alberto Bosio
Marimba, vibrafono, xilofono, congas, bongos, timbales,
glockenspiel e batteria jazz
Catubam
L’ensemble che prende il nome da catuba – denominazione antica per la grancassa – nasce a Torino nel 1998 con l’intento di far conoscere al grande pubblico
le potenzialità sonore degli strumenti a percussione. I loro spettacoli sono un mix prorompente di musiche e ritmi legati tra loro da situazioni sceniche ironiche e
divertenti, rendendo ancor più coinvolgenti i brani proposti.
Il gruppo Catubam è composto da Carlo Cantone e Ranieri Paluselli, timpanisti e prime parti dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino, e dai percussionisti Fiorenzo
Sordini, Orchestra del Teatro Regio di Torino e Alberto Bosio, docente al Conservatorio di La Spezia.
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Sabato 13 novembre 2010 ℘ ore 21.00
Salone Dugentesco ℘ Via Galileo Ferraris
Guido Rimonda &
Maurizio Preda
Niccolò Paganini
(1782-1840)
da Centone di Sonate per violino e chitarra M.S. 112 Volume III
(lettera C)
(revisione di Luigi Alberto Bianchi e Maurizio Preda)
Sonata prima in mi maggiore
Introduzione Maestoso – Larghetto Cantabile – Rondò (Allegretto con brio) e Trio
Sonata seconda in sol maggiore
Andante Adagetto – Rondò (Allegro vivace) e Trio
Sonata terza in la maggiore
Introduzione Maestoso – Tema (Andante Moderato) e Variazioni – Rondò (Allegretto)
e Trio
Sonata quarta in mi maggiore
Allegro Vivace – Minuetto a Valtz (Allegro vivo) e Trio
Sonata quinta in la maggiore
Andante Corrente – Andante Cantabile – Rondò (Allegro vivo) e Trio
Sonata sesta in do maggiore
Allegro Presto – Rondò a Balletto (Allegro vivacissimo) e Trio
Guido Rimonda: violino
Maurizio Preda: chitarra
Maurizio Preda
Giovanissimo inizia lo studio della chitarra affiancato dal maestro Ruggero Chiesa. Nel 1978, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, si diploma col massimo dei voti e la lode. Nel corso della sua carriera intraprende un’intensa attività concertistica sia come solista, sia in diverse formazioni cameristiche. Con il violista
e violinista Luigi Alberto Bianchi ha registrato in prima assoluta l’opera omnia per violino e chitarra di Niccolò Paganini e ha revisionato il Centone di Sonate del
compositore genovese. In ambito didattico si è specializzato nel metodo giapponese Shinichi Suzuki, conseguendo l’Accreditation del massimo livello. Dal 1998 al
2002 è stato direttore dei corsi Suzuki a Pavia e sempre nella stessa città, dal 1978, insegna chitarra presso l’Istituto Musicale “F.Vittadini”.
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è universalmente noto come il più grande violinista di tutti i tempi. La sua figura quasi mitica pare indissolubilmente legata al violino e non sembra ammettere interferenze di alcun genere.
In realtà Paganini non fu soltanto un eccellente violinista, ma diede prove di grande maestria anche alla viola, al mandolino e alla chitarra.
Paganini iniziò lo studio di quest’ultimo strumento a Genova nel 1801, divenendone in breve tempo un autentico virtuoso, capace di suscitare l’ammirazione di un compositore tutt’altro che benevolo nei confronti
della musica italiana dell’epoca: Hector Berlioz. L’assidua frequentazione di Paganini con questo strumento fa
sì che il suo ampio catalogo cameristico annoveri numerosissime opere nelle quali la chitarra è impiegata sia
come strumento solista, sia in funzione di accompagnamento, in luogo del più consueto pianoforte.
E proprio questo è il ruolo principalmente destinato alla chitarra nelle diciotto sonate della raccolta denominata Centone di Sonate, composta da Paganini negli anni successivi al suo debutto concertistico a Praga
(dicembre 1828).
Suddiviso in tre volumi di sei sonate, il Centone si presenta come un’articolata e complessa silloge di sonate
dalla struttura compositiva ben definita che accosta ad un movimento dal carattere cantabile (a volte preceduto da una breve introduzione rapsodico-improvvisativa) un vivace e leggero movimento di danza adatto
a concludere festosamente la composizione.
Questa precisa scelta stilistica è perfettamente rintracciabile nelle sei sonate che saranno eseguite questa
sera, tutte appartenenti al terzo volume del Centone.
Come già accennato in precedenza, il violino assume in queste sei sonate il ruolo di assoluto protagonista;
alla chitarra è demandato perciò il compito dell’accompagnamento, realizzato attraverso l’impiego di figurazioni accordali e arpeggiate dalla ritmica per nulla consueta e che richiedono perciò una non comune maestria. I movimenti cantabili che aprono queste sei sonate offrono un perfetto esempio della felicissima vena
melodica paganiniana, dal carattere prettamente vocale, che accoglie mirabilmente delicati arabeschi che
arricchiscono ed ingentiliscono le linee melodiche.
Più risoluti e virtuosistici appaiono invece i movimenti di danza che concludono le sonate. La forma del rondò – utilizzata in ben cinque sonate – offre infatti a Paganini la possibilità di scatenare il violino in entusiasmanti ed impervie, sebbene non trascendentali, figurazioni ritmico-melodiche.
L’elevata qualità di queste pagine trova vette di assoluta perfezione nei due movimenti che concludono la
terza e la quarta sonata.
Se il Rondò della Terza Sonata con il suo carattere malinconico ed introverso sembra adombrare presagi
oscuri, subito fugati dal ritorno della luce in corrispondenza del passaggio dal modo minore a quello maggiore, il Minuetto a Valtz della Quarta Sonata mostra un perfetto esempio dell’ironia paganiniana nel disinvolto
uso di acciaccature dissonanti che conferiscono un tratto di inaspettata modernità a questa breve pagina.
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Nicolò Paganini
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Sabato 27 novembre 2010 ℘ ore 21.00
Chiesa di San Cristoforo ℘ Via San Cristoforo, 6
Guido Rimonda
Giuseppe Tartini
(1692-1770)
Pietro Nardini
(1722-1793)
Joseph G. Rheinberger
(1839-1901)
Concerto in re minore per violino, archi e basso continuo D 45
Allegro – Grave – Presto
Concerto in la maggiore per violino, archi e basso continuo op. 1 n. 1
Allegro – Adagio – Allegro assai
Suite per violino e archi op. 166
(dall’originale per violino e organo)
Praeludium – Canzone – Allemande – Moto perpetuo
Guido Rimonda, violino solista e direttore
Orchestra Camerata Ducale
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Il concerto di questa sera presenta una prima parte interamente dedicata alla scuola violinistica italiana del
XVIII secolo e propone due rare pagine nate dal genio creativo di due fra i maggiori violinisti-compositori
dell’epoca: Giuseppe Tartini e Pietro Nardini.
Questi due autori, indissolubilmente legati dal rapporto maestro-allievo, contribuirono con la loro opera
a mantenere alto il livello della musica strumentale italiana in quell’affascinante epoca di transizione tra barocco e classicismo.
Il tartiniano Concerto in re minore si presenta proprio come un perfetto modello di opera di transizione tra
queste due epoche. Concepito secondo lo schema barocco di stampo vivaldiano – un movimento lento
incastonato tra due movimenti veloci costruiti secondo lo schema ‘a ritornelli’ – questo Concerto è caratterizzato da incisi tematici ampi e ben definiti, che si staccano dalla consuetudine fraseologica tipica del barocco. Una marcata cantabilità è perciò riscontrabile anche nei movimenti rapidi che la tonalità di re minore
riveste di una patina di struggente malinconia che raggiunge il proprio culmine nello struggente Grave centrale accompagnato soltanto dai violini dell’orchestra.
Giuseppe Tartini
Più gioioso e lieve si presenta invece il Concerto in la maggiore del livornese Pietro Nardini, il primo di sei
concerti per violino che l’autore diede alle stampe nel 1765 ad Amsterdam. Aperto da un elaborato Allegro
in ‘forma-sonata’, questo Concerto si presenta come un’opera già pienamente aderente ai principi estetici
dello stile classico. La compostezza delle linee e il raffinatissimo uso dell’armonia sono le caratteristiche peculiari dell’Adagio centrale, autentica perla musicale dell’intero Concerto. Il compito di concludere la pagina
è infine riservato ad un Presto nello stile del minuetto barocco dal carattere prettamente virtuosistico.
Pietro Nardini
La seconda parte della serata sarà interamente dedicata all’esecuzione dell’altrettanto rara Suite per violino
e archi op. 166 di Joseph Gabriel Rheinberger. Nato a Vaduz (Liechtenstein), Rheinberger operò principalmente a Monaco di Baviera e si segnalò in particolare per la sua produzione di musica sacra.
Il suo catalogo compositivo raccoglie anche molte composizioni sinfoniche e cameristiche, oltre ad un’altrettanto ampia letteratura organistica.
La Suite op. 166, nata come opera per violino e organo ed oggi proposta in un’inedita versione per violino
e archi, riassume perfettamente i caratteri dell’estetica musicale del secondo Ottocento.
Il Praeludium d’apertura è infatti pagina dal carattere tipicamente tardo-romantico per la passionalità di cui
sono intrisi i temi principali.
La successiva Canzone sfrutta pienamente le doti di cantabilità del violino che può lanciarsi in ampie frasi
melodiche di struggente lirismo.
Segue una malinconica ed espressiva Allemande, che prepara magistralmente il conclusivo Moto Perpetuo,
pagina dal carattere meramente virtuosistico; per più di duecento battute il violino si trova infatti ad essere impegnato in un’incessante serie di ardue terzine di semicrome che termina soltanto in corrispondenza
dell’accordo finale dell’intera pagina.
Joseph Gabriel Rheinberger
Concerto in re minore per violino,
archi e basso continuo D 45
Concerto in la maggiore per violino,
archi e basso continuo op. 1 n. 1
Suite per violino e archi op. 166
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Venerdì 31 dicembre 2010 ℘ ore 19.30
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Concerto di Capodanno
La Camerata Ducale
tradizionale
vi aspetta al
concerto
di
Capodanno:
occasione per festeggiare insieme
l’arrivo del nuovo anno
Teatro Civico
una
per il
divertente
- naturalmente in musica -
2011.
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
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L’Orchestra Camerata Ducale, fondata nel 1992 per iniziativa di Guido Rimonda e Cristina Canziani, è nata a
coronamento di una lunga e paziente ricerca storico-musicale sul periodo a cavallo dei secoli XVII-XVIII e
incentrata in particolare sul compositore piemontese Giovanni Battista Viotti (1755-1824).
Il nome Camerata Ducale è ispirato alla Cappella Ducale, orchestra che aveva sede a Torino nel Settecento
sotto l’egida dei Savoia ed era composta dai più importanti violinisti italiani dell’epoca, come Giovan Battista Somis, Gaetano Pugnani e lo stesso Viotti, le cui opere, celeberrime al tempo in cui visse, caddero poi in
totale quanto ingiusto oblio.
E’ stato il ritrovamento di importanti partiture di questo autore a richiedere la nascita di un gruppo di musicisti che si interessasse allo studio delle sue composizioni e desse nuova vita alla sua musica. La Camerata
Ducale, formata con l’obiettivo primario di far conoscere e di valorizzare le opere di Viotti - le quali nel loro
complesso rappresentano un vero patrimonio semisconosciuto della cultura italiana - in questi anni ha proposto le sue opere sia all’interno di prestigiose manifestazioni sia all’interno di proprie stagioni concertistiche. Sempre attraverso l’esecuzione di inediti viottiani.
Nel corso degli anni, l’attività dell’Orchestra ha raggiunto traguardi importanti, come l’ideazione e la realizzazione, a partire dal 1998, della stagione concertistica VIOTTI FESTIVAL , con sede a Vercelli, città natale
di Viotti e dal 2009 si è aggiunta una sede staccata in Florida nelle città di St.Petersburg, The Villages e Orlando .
Il Festival conta su presenze prestigiose, come quelle, tra gli altri, di Salvatore Accardo, Uto Ughi,Vladimir Spivakov, Cecilia Gasdia, Luciana Serra, Igor Oistrakh, Franco Maggio Ormezowski, Maxence Larrieu, Enzo Dara,
Katia Ricciarelli, Milena Vukotic, Shlomo Mintz, Duo Igudesman & Joo, Augustin Dumay, Mischa Maisky, Louis
Lortie, Gilles Apap, Bruno Canino, Jian Wang, Daniela Dessì. Renato Bruson, Alexander Lonquich, Pietro De Maria,
Andrea Lucchesini etc.
Da sottolineare la partecipazione del grandissimo violinista americano Ruggiero Ricci - che proprio con la
Camerata Ducale ha voluto esibirsi nel concerto conclusivo della sua settantennale carriera.
Non va dimenticato, infine, l’interesse che la Camerata Ducale ha suscitato in noti personaggi del mondo
dello spettacolo come Angelo Branduardi, Bruno Gambarotta e Luciana Littizzetto, con i quali sono state realizzate felici e riuscite collaborazioni.
Inoltre nel 2009 la Camerata Ducale ha collaborato con la piccola Orchestra degli Avion Travel per un progetto dedicato a Nino Rota ( in occasione del trentennale dalla morte) pubblicando un doppio CD e DVD
live(l’Amico Magico) per l’etichetta Sugar Music.
In parallelo al VIOTTI FESTIVAL, la Camerata Ducale persegue una capillare e incessante opera di divulgazione musicale sul territorio: un’attività che ha prodotto oltre i 200 concerti solo negli ultimi anni. Inoltre, l’Orchestra ha anche intrapreso, a partire dal 1996, la monumentale incisione su CD (oltre 40 dischi previsti)
dell’opera omnia di Viotti: un progetto unico nel mondo musicale.
La registrazione di questi concerti è stato un lavoro filologico, molto lungo e laborioso, partito nel 1995
dopo il ritrovamento delle cadenze originali dei concerti di Viotti “Souvenir de violon” scritti dal compositore piemontese per un uso proprio.
Dal 2009 la Camerata Ducale è rappresentata dall’etichette discografiche NAXOS e CHANDOS.
L’Orchestra si è dedicata con particolare successo alla diffusione della cultura musicale italiana all’estero con
tournée in Sudafrica (sotto gli auspici dell’Ambasciatore d’Italia a Pretoria, del Consolato Generale d’Italia a
Johannesburg e della Regione Piemonte), negli Stati Uniti, con concerti in Florida nel 2005, 2006 e 2007 in
Giorgia (dicembre 2007), in Guatemala (giugno 2009) e in Bahrein ( ottobre 2009).
Da gennaio 2009 la Camerata Ducale è presente in Florida nelle città di The Villages, St.Petersburg, Miami,
Vero Beach e Orlando con la realizzazione della sede staccata del VIOTTI FESTIVAL.
L’Orchestra Camerata Ducale è sostenuta dalla Regione Piemonte, dal Comune di Vercelli, dalla Compagnia
di San Paolo e dalle Fondazioni CRT e CRV.
Tutte le suddette attività sono perseguite dall’Orchestra Camerata Ducale in vista di un unico, fondamentale obiettivo: la promozione e valorizzazione dell’inestimabile patrimonio musicale italiano su orizzonti sempre più ampi.
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Orchestra
Camerata Ducale
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Sabato 8 gennaio 2011 – ore 21.00
Teatro Civico – Via Monte di Pietà, 19
Cinema Serenade
Quincy Jones
“The Color Purple Theme” da The Color Purple
film di Steven Spielberg (1985)
Stanley Myers
“Cavatina” da The Deer Hunter
film di Michael Chimino (1978)
Luiz Bonfá
“Manha de Carnaval” da Orfeu negro
film di Marcel Camus (1959)
Ennio Morricone (*1928)
Andrea Morricone (*1962)
Fabrizio Francia
“Tema d’amore” da Nuovo Cinema Paradiso
film di Giuseppe Tornatore (1988)
Charlie Chaplin
“Smile” da Modern Times
film di Charlie Chaplin (1936)
Nicola Piovani
“La vita è bella”
film di Roberto Benigni (1997)
Carlos Gardel
“Por una cabeza” da Scent of a Woman
film di Martin Brest (1992)
John Williams
“Schindler’s List Theme” da Schindler’s list
film di Steven Spielberg (1993)
Luis Enríquez Bakalov
“Tema del Postino” da Il Postino
film di Michael Radford (1994)
Michel Legrand
“I will wait for you” da Les Parapluies de Cherbourg
film di Jacques Demy (1964)
(*1933)
(1930-1993)
(1922-2001)
(1966)
(1889-1977)
(1946)
(1890c.a-1935)
(*1932)
(*1933)
(*1932)
“Lullaby”
trascrizioni e orchestrazioni originali di Fabrizio Francia
Guido Rimonda, violino
Luigi Abenante, direttore
Orchestra camerata ducale
Un grazie a Gianluca Berti e Federica Bolengo
per la preziosa collaborazione. www.milongueado.it
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Cinema e musica hanno da sempre formato un binomio inscindibile.
Già all’epoca del cinema muto si era infatti avvertita la forte necessità di accompagnare le proiezioni cinematografiche con musica dal vivo. In quegli anni la visione di un film era per certi versi un’esperienza simile a
quella del teatro con musica: mentre sullo schermo scorrevano le immagini, alcuni musicisti erano impegnati
nell’esecuzione estemporanea della musica preposta al loro accompagnamento, con il dichiarato intento di
amplificare la forza drammatica delle immagini, coinvolgendo così in maniera più profonda gli spettatori.
Molto spesso il compito di eseguire queste musiche era affidato ad un singolo pianista accompagnatore,
mentre più rari erano i casi nei quali era impegnato un numero maggiore di strumentisti.
Occasioni autenticamente eccezionali furono inoltre quelle che nei primi anni del XX secolo videro addirittura un’intera orchestra eseguire una vera e propria ‘suite sinfonica’ d’accompagnamento alla proiezione
cinematografica, con musiche originali composte espressamente per l’occasione anche dai maggiori compositori dell’epoca (Camille Saint-Saëns per L’Assassinat du Duc de Guisée e Pietro Mascagni per Rapsodia
Satanica, per citare solo i casi più celebri).
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Cinema Serenade
Con l’avvento del cinema sonoro questa pratica scomparve per ovvie ragioni; la musica non perse però il
suo ruolo di amplificazione delle diverse situazioni drammatiche del film e fu perciò inclusa nella ‘colonna
sonora’, l’insieme di tutti gli eventi sonori della pellicola cinematografica.
La possibilità di pre-registrare in studio l’intero accompagnamento musicale, unita al venir meno dell’esecuzione dal vivo, ha così permesso un graduale arricchimento delle musiche per il cinema.
I compositori che negli anni si sono dedicati a questo genere non hanno infatti esitato a impiegare sontuosi
organici orchestrali e corali, confezionando così partiture assi complesse ed altamente evocative.
Ne sono infatti esempi le pagine che saranno eseguite questa sera, quasi tutte – con l’eccezione del brano tratto da Modern Times di Charlie Chaplin – appartenenti alla più recente stagione del cinema sonoro.
Si avrà così la possibilità di ripercorrere attraverso alcuni celebri estratti musicali le affascinanti atmosfere
raccontate da registi immortali; atmosfere che sono impresse nella memoria dei molti cinefili anche grazie
al potere evocativo suscitato dalle musiche composte per questi film da autentici fuoriclasse della colonna
sonora cinematografica.
Nel corso di questa serata la dolce malinconia di Smile, del Tema d’Amore e di Nuovo Cinema Paradiso si alternerà alle armonie tipicamente sudamericane del trascinante tango Por una cabeza e della nostalgica Manha de Carnaval ed alle atmosfere apparentemente più leggere e spensierate suscitate da I will wait for you e
da The Color Purple Theme.
Un’attenzione particolare meritano infine il Tema da Il Postino e Schindler’s List Theme; la straordinaria ispirazione dei loro autori, Luis Bakalov e John Williams, è valsa infatti al raggiungimento del più alto riconoscimento di merito per la musica cinematografica: la conquista del premio Oscar per la miglior colonna sonora
nel 1994 per il film di Steven Spielberg e nel 1996 per la pellicola di Michael Radford.
Luigi Abenante
ha completato gli studi sotto la guida del Prof. Giacomo Zoppi al Conservatorio A.Vivaldi di Alessandria dove nel 1978 si è diplomato in corno con il massimo dei voti.
Nello stesso anno entra a far parte dell’orchestra Sinfonica della RAI di Torino e vince il concorso di 1° corno all’orchestra AIDEM di Firenze,dal 1979 al 1991 ricopre
il posto di primo corno al Teatro Carlo Felice di Genova e successivamente fino al 1999 dell’Orchestra Filarmonica di Torino, nell 1998 fino al 2002 fa parte della jazz
band del cantautore Paolo Conte.
Dal 2004 è primo corno dell’Orchestra Camerata Ducale e con la stessa nel settembre 2009 debutta come direttore d’orchestra nel concerto inaugurale di presentazione
stagione.
L’intensa attività orchestrale, cameristica e le numerose tournee lo hanno portato a suonare nelle piu’ prestigiose sale da concerto Europee:Musikverein di Vienna,Barbican
Center di Londra,Philharmonie di Berlino e Monaco, Alte Oper Francoforte, Musik Halle di Amburgo, Concertgebown di Amsterdam,Olympia di Parigi,con le orchestre della
Rai e del Teatro Regio di Torino, le orchestre da Camera Italiana ,di Mantova di Padova e del Veneto ,l’orchestra della Radio Svizzera Italiana ,l’Orchestra Filarmonica di Nice,
con direttori e solisti come Carlo Maria Giulini, James Levine, Rafael Frubek De Burgos, Nello Santi, Riccardo Muti, Kurt Sanderling, Luciano Pavarotti, Jose’ Carreras, Placido
Domingo, Maximilian Vengherov, Mstislav Rostropovic ,Salvatore Accardo, Uto Ughi,Vladimir Spivakov, Igor Oistrakh, Shlomo Minz, Misha Maisky etc.
Dal 1979 è docente della cattedra di corno presso il Conservatorio statale A.Vivaldi di Alessandria
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Sabato 15 gennaio 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Radovan Vlatkovic’
Antonio Sacchini
(1730-1786)
Lars-Erik Larsson
(1908-1986)
Alessandro Rolla
(1757-1841)
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Ouverture da Oedipe à Colone
Allegro spiritoso
Concertino in fa maggiore per corno e archi op. 45 n. 5
Allegro moderato – Lento cantabile – Allegro vivace
Sinfonia in re maggiore BI 533
Allegro – Andante grazioso – Presto
Concerto in mi bemolle maggiore per corno e orchestra KV 417
Allegro – Andante – Rondò. Allegro
Radovan Vlatkovic’, corno
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Radovan Vlatkovic’
è un musicista molto amato e conosciuto in tutto il mondo e ha contribuito a rendere il “corno francese ” strumento molto popolare. Nato a Zagabria nel 1962 studia nell’Accademia della sua città con il Prof. Deticek e successivamente si diploma con il massimo dei voti alla Musikhochschule di Detmold (Germania) con il prof.
Michael Hoeltzel. Nel 1983 vince il Primo Premio al Concorso ARD di München, dopo 14 anni, primo cornista ad aver ottenuto questo prestigioso riconoscimento
internazionale, inizia così la sua brillante carriera. Dal 1982 al 1990 è Primo Corno alla Radio Symphonie Orchester Berlin.
Apprezzato pedagogo ricopre la carica di professore di corno presso la Musikochschule di Stoccarda dal 1992 al 1998; attualmente è professore di corno al Mozarteum Salzburg, catedratico al Conservatorio Reina Sofia di Madrid è docente alla Musikhochschule Zürich. Le sue Masterclass sono molto seguite e richieste in
tutta Europa. In Italia suona con le Orchestre Sinfonica Verdi Milano, Santa Cecilia Roma, ORT Firenze, San Carlo Napoli, OSN della RAI, Teatro Verdi Trieste, Teatro
Comunale Bologna,Teatro di Cagliari.
Artista “in residence” presso la Sinfonica Verdi di Milano dal 2007, esegue con loro, Mozart, Carl-Maria von Weber, Schumann, R. Strauss, Saint-Saëns, Dukas, John
Williams, Chabrier., Ch. Penderecki.
Radovan Vlatkovic’ è solista molto richiesto nelle orchestre sinfoniche di tutta Europa (Konzerthaus Berlin, Londo Symphony, Basler Symphonie, Real Filarmonica di
Galicia, Sjaeland Kopenhagen, Odense Danimarca, Radio Svizzera-Italiana (Lugano), Radio Helsinki, Radio Svedese, Haarlem (Olanda),Trondheim (Norvegia) Bremen
Philharmoniker, Münchner Symphoniker, Radio Chamber Orchestra Holland, GeldersOrchestra,Tivoli Copenhagen).
Torna con regolarità in Giappone per suonare con la Tokyo Philharmonic e l’Osaka Century Orchestra ma anche per dei concerti con ensemble cameristici. Ama
molto collaborare con le orchestre che, malgrado le difficoltà nella quale versano i loro paesi, riescono a diffondere la musica classica con grande successo, un
esempio fra tutti, l’Orchestra Filarmonica di Yerevan (Armenia) dove, dopo il suo debutto nel 2009 torna nel 2010. Ha suonato a Singapore, Kuala-Lumpur, Sao
Paolo (Brasile) Buenos Aires. È ospite assiduo dei festivals di Turku (Finlandia), Marlboro, Lockenhaus, Mondsee, Prades (Spagna), Kuhmo (Finlandia), Kreuth (Natalia
Gutman’s festival). Radovan Vlatkovic’ dedica da sempre molta attenzione al repertorio contemporaneo, eseguendo concerti John William, Elliott Carter, Heinz Holliger ed opere di compositori croati a lui dedicate.
Il 5 Maggio 2008 esegue a Bremen (Germania) la “prima assoluta” del concerto per Corno ed Orchestra di Krisztoff Penderecki, diretto dal compositore. “Winterreise di Krzysztof Penderecki 5 Maggio 2008” – Kreiszeitung Krzysztof Pendereckis Hornkonzert in der Glocke uraufgeführt: Rainer Beßling. La composizione
è incentrata sulla figura del solista. Penderecki usa rivolgersi a dei solisti che rappresentano “l’eccellenza” dello specifico strumento; in questo caso Radovan Vlatkovic’,
cornista di fama internazionale e musicista con una tradizione affermata nell’interpretazione del repertorio contemporaneo TZ.Vlatkovic’ sfrutta questa “occasione”
per mostrare l’intera gamma della composizione. Riuscendo nelle cadenze così come nel dialogare con i solisti dell’Orchestra dei Bremer Philharmoniker con la
corposità, presenza e cantabilità del suo strumento.
Radovan Vlatkovic’ suona un “doppio corno “Modello 20 M di Paxman of London.
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Antonio Sacchini fu uno fra i più significativi operisti italiani della seconda metà del XVIII secolo. Nato a Firenze, si trasferì giovanissimo a Napoli, città in cui ebbe la fortuna di poter studiare con Francesco Durante,
il maggiore didatta del tempo. La sua carriera italiana ed europea fu fin da subito felicissima. La conoscenza
dell’opera e dell’estetica musicale di Gluck affinarono inoltre il suo stile in perfetto equilibrio tra espansione melodica italiana e rigorosa architettura formale tedesca. Gli anni Ottanta del XVIII secolo registrarono
l’arrivo di Sacchini nella Parigi di Luigi XVI e Maria Antonietta. La regina fu la prima ad intuire i meriti di Sacchini e a favorirlo nella sua avventura francese. All’inizio del 1786 Sacchini termino Oedipe à Colone, il suo
capolavoro; l’entusiasmo della regina non bastò però a garantirne un’esecuzione all’Opéra, gettando Sacchini
in un profondo stato di depressione che lo condusse rapidamente alla morte. Nell’inverno del 1787 Oedipe
à Colone fu finalmente rappresentato con straordinario successo all’Opéra e fu replicato per quasi seicento
volte sino al 1830, divenendo in breve tempo una pagina fondamentale del teatro d’opera francese. Il suo
Ouverture è una pagina imponente dal carattere deciso e risoluto che coniuga mirabilmente il raffinato gusto
francese con la perfezione architettonica tedesca la vena melodica tipicamente italiana.
Antonio Sacchini
Fra i compositori svedesi del secolo scorso un posto di primo piano spetta a Lars-Erik Larsson. Dopo gli
studi di composizione e direzione d’orchestra a Stoccolma, si perfezionò a Vienna e Lipsia sotto la guida di
Alban Berg e Fritz Reuter. Quest’ultima esperienza permise a Larsson di allargare il campo dei propri interessi compositivi alle nuove tecniche dell’avanguardia viennese, mostrando grande apprezzamento per le
nuove tecniche seriali. Questo suo particolare interesse non escluse però la frequentazione di Larsson con
gli altri stili compositivi di quegli anni, dal neo-barocco stravinskyano, al neo-romanticismo nordico e alla politonalità. All’interno del suo ricco e variegato catalogo compositivo un posto di rilievo è occupato dalla serie dei Concertini op. 45. Si tratta di dodici pagine di medie dimensioni composte tra il 1955 e il 1957 che
affiancano ad un’orchestra d’archi altrettanti strumenti solisti. Questa sera sarà eseguito il quinto di questi
Concertini, quello che vede il corno francese nel ruolo di strumento solista. L’Allegro moderato d’apertura
si distingue da subito per il suo continuo oscillare tra modo maggiore e modo minore, conferendo così alla
pagina un carattere ambiguo e misterioso. Mistero che sembra pervadere anche la parte iniziale del successivo Largo cantabile dai tratti chiaramente ispirati al linguaggio musicale di Paul Hindemith. Un’inattesa conclusione sospesa collega il Largo e cantabile al successivo Allegro vivace. Quest’ultimo movimento assume
tratti autenticamente drammatici di ascendenza tardo-romantica; il corno è qui impegnato in elaborati ed
ardui passaggi virtuosistici che concludono con la giusta grandiosità l’intera pagina.
Lars-Erik Larsson
La storia musicale italiana della seconda metà del XVIII secolo e della prima del XIX è essenzialmente una
storia operistica. Nell’Italia di quegli anni furono pochi i compositori che si dedicarono con costanza al repertorio strumentale; l’opera vantava infatti un’antica scuola di assoluto rilievo e prometteva grande fama
ed enormi guadagni a chi vi si sarebbe dedicato. In questo panorama non mancarono certo alcune significative eccezioni. Tra queste si ricorda la fiorente ‘scuola’ sinfonica milanese che dalla metà del XVIII secolo
consegnò alla storia opere di notevole qualità. Il governo austriaco e la sua impronta culturale furono certo
importanti nella nascita di questa ‘scuola’ milanese, che raccolse tra le sue fila compositori provenienti da
tutt’Italia quali Giovanni Battista Sammartini, Antonio Brioschi, Niccolò Zingarelli ed Alessandro Rolla. Nel
corso della sua lunga vita condotta tra Parma e Milano, Rolla compose ben dodici sinfonie alternando allo
schema formale della sinfonia d’opera italiana (breve adagio introduttivo seguito da un ampio ed articolato
movimento rapido) quello mutuato dalla produzione di Sammartini (tre movimenti autonomi con quello
d’andamento lento al centro). A quest’ultimo modello si rifà la Sinfonia BI 533 che ascolteremo questa sera.
Aperta da un sereno e spigliato Allegro in forma sonata dagli echi vagamente mozartiani, questa Sinfonia
prosegue con un Andante grazioso dai caratteri tipicamente galanti affidato soltanto agli archi. Conclude la
Sinfonia un Presto dai tratti assai vitali che non sacrifica la propria solarità nemmeno in corrispondenza delle brevi sezioni in modo minore.
Alessandro Rolla (1757-1841)
Primo di una serie di quattro concerti che prevedono il corno francese in qualità di solista, il Concerto in mi
bemolle maggiore KV 417 risale alla primavera del 1783 e fu composto a Vienna per il cornista Joseph Leutgeb, amico intimo di Mozart fin dai tempi della sua adolescenza salisburghese e dedicatario di tutte le sue
più significative composizioni per corno. La partitura autografa di questo Concerto riporta una dedica che
testimonia lo spirito naturalmente goliardico del compositore salisburghese che trova il modo di prendere
in giro il proprio amico: «Wolfgang Amadè Mozart ha avuto pietà di Leutgeb, asino, bue e sciocco [...]». Che
Mozart abbia voluto scherzare con l’amico – certamente un uomo di spirito – appare chiaro dall’esame della partitura che si presenta come una pagina che richiede un esecutore particolarmente abile. Ciò è evidente fin dall’Allegro iniziale nel quale il corno è impegnato in fitti e rapidi passaggi virtuosistici che impegnano
lo strumento lungo tutta la propria amplissima estensione. Il tono leggero e gioioso di questa pagina iniziale
trova accenti più calmi e pacati nel dolce Andante centrale. Segue quindi un vigoroso e deciso Rondò dal
carattere virtuosistico che suggella in maniera spettacolare l’intero Concerto.
Wolfgang Amadeus Mozart
Ouverture da Oedipe à Colone
Concertino in fa maggiore
per corno e archi op. 45 n. 5
Sinfonia in re maggiore BI 533
Concerto in mi bemolle maggiore
per corno e orchestra KV 417
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Sabato 12 febbraio 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Salvatore Accardo
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Romanza n. 1 in sol maggiore per violino e orchestra op. 40
Adagio cantabile
Romanza n. 2 in fa maggiore per violino e orchestra op. 50
[Andante]
Giovanni Battista Viotti
(1755-1824)
Wolfgang A. Mozart
(1756 - 1791)
Concerto n. 22 in la minore per violino e orchestra W I-22
Moderato – Adagio – Agitato assai
Sinfonia n. 29 in la maggiore KV 201 (186a)
Allegro moderato – Andante – Menuetto e Trio – Allegro con spirito
Salvatore Accardo, violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Salvatore Accardo
Esordisce all’età di 13 anni eseguendo in pubblico I Capricci di Paganini. A 15 anni vince il primo premio al Concorso di Ginevra e, due anni dopo, nel 1958 è primo
vincitore assoluto - dall’epoca della sua istituzione - del Concorso Paganini di Genova. Il suo vastissimo repertorio spazia dalla musica barocca a quella contemporanea. Compositori quali Sciarrino, Donatoni, Piston, Piazzolla, Xenakis gli hanno dedicato loro opere. Suona regolarmente con le maggiori Orchestre e i più importanti
Direttori, affiancando all’attività di Solista quella di Direttore d’Orchestra. In questa veste ha lavorato con le più importanti orchestre europee ed americane. In
quanto Direttore ha inoltre effettuato delle incisioni con la Philharmonia di Londra. La passione per la musica da camera e l’interesse per i giovani lo hanno portato
alla creazione del Quartetto Accardo nel 1992 e alla istituzione dei corsi di perfezionamento per strumenti ad arco della Fondazione Walter Stauffer di Cremona
nel 1986 insieme a Giuranna, Filippini e Petracchi. Ha inoltre dato vita nel 1971 al Festival “Le settimane Musicali Internazionali” di Napoli in cui - primo esempio
assoluto - il pubblico era ammesso alle prove, e al Festival di Cremona, interamente dedicato agli strumenti ad arco. Nel 1987 Accardo ha debuttato con grande
successo come Direttore d’orchestra e nel corso degli ultimi anni ha diretto, fra l’altro, all’Opera di Roma, all’Opera di Monte Carlo, all’Opéra di Lille oltre a numerosi
concerti sinfonici. Nel 1992, in occasione dei 200 anni della nascita di Rossini, ha diretto a Pesaro e a Roma la prima moderna della Messa di Gloria nella revisione
critica curata dalla Fondazione Rossini di Pesaro, incisa dal vivo dalla Ricordi/Fonit Cetra, e che ha poi riproposto a Vienna nel 1995 con i Wiener Symphoniker. Oltre
alle incisioni dei Capricci e dei Concerti per violino di Paganini per la DGG e alle numerose registrazioni per la Philips tra le quali le Sonate e le Partite di Bach
per violino solo e l’integrale dell’opera per violino e orchestra di Max Bruch, Accardo ha inciso per ASV, Dynamic, EMI, Sony Classical, Collins Classic e FONE’.
Le sue più recenti registrazioni sono il Concerto in Re Magg. e le Due Romanze di Beethoven con l’Orchestra Filarmonica della Scala diretta da Carlo Maria
Giulini per Sony Classical; Omaggio a Heifetz e Omaggio a Kreisler per FONÉ, in cui suona i leggendari violini della collezione del Palazzo Comunale di Cremona. Sempre per FONÉ l’integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Brahms, i Quartetti di Schubert, e I Capricci di Paganini; Accardo suona il violino di Paganini per Dynamic. Sempre FONÉ ha rimasterizzato con la tecnologia valvolare di alta qualità l’integrale delle opere per violino di Mozart in 13 cd.
Nel corso della sua prestigiosa carriera Salvatore Accardo ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Premio Abbiati della critica italiana per le sue eccezionali interpretazioni. Nel 1982 il Presidente della Repubblica Pertini lo ha nominato Cavaliere di Gran Croce, la più alta onorificenza della Repubblica Italiana. In occasione
della tournée effettuata in Estremo Oriente nel novembre 1996, il Conservatorio di Pechino lo ha nominato “Most Honorable Professor”. Nel 1999 è stato insignito
dell’ordine “Commandeur dans l’ordre du mérit culturel”, la più alta onorifi cenza del Principato di Monaco.
Alla fine del 1996 Accardo ha ridato vita all’Orchestra da Camera Italiana (O.C.I.), formata dai migliori allievi dei corsi di perfezionamento dell’Accademia “Walter
Stauffer” di Cremona. Con essi ha inciso, nel corso del 1997, per la Warner Fonit Il violino virtuoso in Italia e I Capolavori per violino e archi, dischi che
segnano il debutto discografi co dell’O.C.I. Nel corso del 1999 Accardo ha realizzato, in collaborazione con EMI Classics e l’Orchestra da Camera Italiana, la registrazione dell’integrale dei Concerti per violino e orchestra di Paganini; per FONÉ il Concerto per la Costituzione e nel 2003 l’Integrale delle opere
per violino di Astor Piazzolla in 3 super audio cd. Nel 2001 gli è stato conferito il prestigioso premio “Una vita per la Musica”.
Possiede due violini Stradivari, lo Hart ex Francescatti 1727 e l’Uccello di Fuoco ex Saint-Exupéry 1718.
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Le romanze op. 40 e op. 50, assieme al concerto in re maggiore op. 61, costituiscono le uniche tre composizioni che Beethoven ha concepito per violino e orchestra. A dispetto del loro numero di catalogo la più
antica della due sembra essere quella in fa maggiore, risalente al 1798, mentre quella in sol maggiore pare
sia stata composta attorno al 1802. È probabile che Beethoven abbia ideato queste due pagine come movimenti centrali alternativi per un concerto per violino e orchestra non identificato, prassi tipica dell’epoca
e che trova un antecedente di assoluto rilievo nella produzione musicale mozartiana, allorché il compositore austriaco decise di comporre un nuovo Adagio da sostituire all’originale per un’esecuzione viennese del
Concerto n. 16 per violino e orchestra di Viotti. In entrambe le romanze è il violino solista ad introdurre il
tema principale che è progressivamente variato e arricchito secondo lo schema del rondò, che qui è curiosamente associato ad un andamento ritmico lento. La Romanza in fa maggiore, oltre ad essere la più nota,
è anche quella in cui Beethoven spinge il violino nelle regioni più acute della sua estensione, conferendo
all’opera un carattere particolarmente drammatico. Aperta da una suggestiva frase a doppie corde del violino solo, la Romanza in sol maggiore presenta invece un disegno melodico più disteso e pacato che ricrea
mirabilmente quella nobile e serena grandezza che il miglior Beethoven sapeva infondere alla sua musica.
Ludwig van Beethoven
Giovanni Battista Viotti e il suo Concerto n. 22 in la minore formano da più di un secolo un binomio inscindibile. Ciò è certamente dipeso dalle eccelse qualità di questo Concerto, sebbene un ruolo determinate sia stato giocato in tal senso da due fra i musicisti più illustri della seconda metà del XIX secolo: Johannes Brahms e
Joseph Joachim. Fu proprio Brahms a tributare a questo concerto un particolare elogio, dopo averlo ascoltato nell’esecuzione dell’amico violinista Joachim. Lo colpì soprattutto quella libertà di fantasia inventiva che
pervade l’intera opera e che la rende simile a una serie infinita di estemporanee improvvisazioni. Da allora
il nome di Viotti fu immediatamente associato al solo Concerto n. 22, partitura che tutti i grandi violinisti del
XIX e del XX secolo hanno voluto interpretare. Composto a Londra nell’ultimo decennio del XVIII secolo, questo concerto è senz’altro fra i più importanti dell’intero corpus viottiano, non solo perché richiede al
solista un notevole impegno tecnico, ma anche per la raffinata qualità dell’orchestrazione. Già l’iniziale esposizione orchestrale introduce l’ascoltatore in un particolare clima di composta inquietudine, sottolineata dai
continui e imprevedibili cambi di modo, che permette al violino solista di far valere sia le proprie doti virtuosistiche che quelle cantabili. Segue un’Adagio di pregevole fattura e dall’inaspettata serenità che conduce al
conclusivo Agitato Assai, nel quel il reiterato utilizzo del ritmo puntato e delle figure ‘a terzina’ conferiscono
alla pagina un carattere drammatico anticipatore della futura sensibilità romantica.
Giovanni Battista Viotti
La Sinfonia n. 29 in la maggiore, insieme alla Sinfonia n. 25 in sol minore, è senza dubbio la più nota sinfonia
mozartiana degli anni salisburghesi. La sua prima esecuzione risale al 6 aprile 1774. Mozart teneva in modo
particolare a questa Sinfonia, che considerava un’opera completa e ben strutturata, degna di essere accostata alle più mature prove sinfoniche dei successivi anni viennesi. Non era infatti infrequente ritrovare la Sinfonia n. 29 nei programmi delle Accademie che Mozart stesso teneva nella capitale asburgica. L’Allegro moderato d’apertura presenta i classici due gruppi tematici tipici della forma sonata: un primo tema energico
e deciso si contrappone ad un secondo più grazioso e cantabile in un clima di gioiosa serenità. A differenza
delle sinfonie della maturità, la sezione dello sviluppo appare qui soltanto abbozzata mentre oboi e corni
sono utilizzati prevalentemente con la funzione di sostegno armonico, lasciando così agli archi il compito di
portare avanti il discorso melodico principale. L’Andante centrale è costruito attorno ad un tema principale dal caratteristico ritmo puntato, che in virtù della propria composta magniloquenza sembra preludere ai
grandi spunti tematici beethoveniani. Uno scherzoso Menuetto conduce serenamente verso l’infuocato Allegro molto finale caratterizzato dai particolarissimi rapidi passaggi scalistici affidati ai violini all’unisono.
Wolfgang Amadeus Mozart
Romanze op. 40 e op. 50
per violino e orchestra
Concerto n. 22 in la minore
per violino e orchestra W I-22
Sinfonia n. 29 in la maggiore
KV 201 (186a)
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Sabato 26 febbraio 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19 i
Sa Chen
Muzio Clementi
(1752 -1832)
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Sinfonia ‘a grande orchestra’ in si bemolle maggiore op. 18 n. 1
Allegro assai – Un poco Adagio – Menuetto (Allegretto) e Trio – Allegro assai
Concerto n. 21 in do maggiore per pianoforte e orchestra KV 467
Allegro maestoso – Andante – Allegro vivace assai
Sa Chen, pianoforte
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Sa Chen
è descritta come “una delle più brillanti interpreti della sua generazione”. La sua prima esibizione importante è avvenuta nel 1996, quando all’età di 16 anni,
è stata vista in diretta sulla BBC Television, gareggiando nella finale del prestigioso Concorso Pianistico Internazionale di Leeds.
Nata a Chongqing, in Cina, ha iniziato gli studi musicali presso il Conservatorio di Sichuan di Musica e poi alla Scuola d’Arte di Shenzhen con il professor
Dan Zhaoyi. Nel 1994, il presidente cinese Jiang Zemin ha ascoltato la sua performance e la sua intervista insieme al professor Dan. Seguendo il suo
successo a Leeds nel 1996, le ha poi offerto una borsa di studio presso la Guildhall School of Music and Drama di Londra, dove studia con il Prof. Joan
Havill e ottenuto il Master Degree in Performance. Dal 2001, Sa Chen ha anche studiato con il professor Arie Vardi presso la Hochschule für Musik und
Theater di Hannover.
Come solista, la Sa Chen, ha lavorato con molti direttori celebri come Semyon Bychkov, Edo de Waart, Sir Simon Rattle, Leonard Slatkin, James Conlon,
Louis Lane, Miguel Harth-Bedoya, Ilan Volkov, Kazimierz Kord, Bernhard Gueller, Long Yu, Muhai Tang, Jan Krenz, Howard Griffiths. Ha suonato con il
Quartetto Takacs, WDR Symphony Orchestra, la City of Birmingham Symphony, la Camerata Salzburg, Warsaw Philharmonic, Israel Philharmonic, la Filarmonica di Strasburgo, China Philharmonic, la China National Symphony Orchestra di Shanghai Symphony Orchestra, National Polish Radio Symphony
Orchestra, Fort Worth Symphony Orchestra, Orchestra Sinfonica di Berna. Ha regolarmente tour in Giappone. Nel 2000 e nel 2001, è stata invitata per
oltre 20 concerti in tutto il Giappone ed è stata selezionata nella prestigiosa serie Tokyo “Le 100 grandi pianisti del XX secolo”. E ‘stata invitata in qualità di
partner performance dal famoso violinista Gidon Kremer. Nel 2006, è stata in tour con la China National Symphony in USA dove ha ottenuto un grandissimo
successo. Recentemente la Sa Chen è stata nominata tra i primi dieci artisti cinesi dalla rivista L’Officiel.
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Il nome di Muzio Clementi è oggi ricordato quasi esclusivamente in relazione al suo strumento di elezione:
il pianoforte. La sua raccolta di studi dal poeticissimo nome di Gradus ad Parnassum è infatti ben nota a tutti
gli studenti dei corsi di pianoforte che si trovano infatti a doverne affrontare le ardue insidie. A pochissimi
è invece nota la sua produzione sinfonica che vanta ben sei sinfonie composte tra il 1787 e il 1824. Proprio al 1787 risale la pubblicazione delle due sinfonie op. 18, della quali questa sera sarà eseguita la prima
in si bemolle maggiore. Opera modellata sul coevo modello sinfonico haydniano, questa Sinfonia ‘a grande
orchestra’ è senza dubbio la più significativa prova sinfonica del compositore italiano. Un vitale ed energico
Allegro assai in forma sonata apre in maniera decisa e vigorosa la Sinfonia. La scrittura sinfonica di Clementi
appare già matura fin da questo primo movimento: la nettezza dei profili tematici sempre ben riconoscibili, le scelte armoniche per nulla banali e un’interessante, seppur breve, sezione di rielaborazione e sviluppo tematico ne sono la prova. La concitazione di questo primo movimento si stempera nel successivo Un
poco Adagio in forma di rondò, caratterizzato da insoliti quanto insistiti contrasti dinamici. Uno spigliato e
vivace Menuetto con Trio conduce al conclusivo Allegro assai, pagina dai connotati prettamente haydniani.
La tipica frenesia ritmica che il maestro austriaco sapeva infondere nei finali delle proprie sinfonie è perfettamente ricreata da Clementi in questa pagina conclusiva che si costruisce attorno a temi dal carattere tipicamente popolareggiante.
Muzio Clementi
I primi mesi del 1785 videro Wolfgang Amadeus Mozart impegnato nella composizione di due concerti
per pianoforte che possono essere annoverati tra le sue opere maggiori: il Concerto n. 20 in re minore KV
466 e il Concerto n. 21 in do maggiore KV 467 che sarà eseguito durante questa serata. Un mese soltanto
divide la nascita di questi due concerti che, benché coevi, sono assai differenti, tanto da apparire l’uno l’opposto dell’altro. La cupa e drammatica atmosfera che pervade quasi per intero il Concerto n. 20 in re minore trova un perfetto contraltare nella luminosità serena e gioiosa che caratterizza il Concerto n. 21 in do
maggiore. L’Allegro maestoso iniziale inizia quasi in punta di piedi presentando in pianissimo l’inciso melodico principale dell’intera pagina. Questa breve ma netta figura melodica ricompare molte volte nel corso
dell’introduzione orchestrale e assume via via un carattere sempre più deciso e risoluto fino ad acquistare
accenti quasi marziali in corrispondenza dell’entrata del pianoforte. Dopo una breve cadenza introduttiva,
il pianoforte incomincia il suo percorso musicale con lunghi ed elaborati passaggi scalistici ed arpeggiati, integrandosi perfettamente nel tessuto orchestrale che non solo lo sostiene, ma lo permea totalmente, così
da conferire all’intera pagina un afflato sinfonico del tutto nuovo e prefiguratore delle future conquiste stilistiche romantiche. Segue un poeticissimo Andante dal carattere onirico e sognante, che ruota attorno ad
una delle più ispirate melodie mozartiane. La perfetta integrazione tra solista e orchestra conferisce inoltre
alla pagina quel tocco di perfezione che la consegna alla storia come uno tra i maggiori capolavori di sempre. Conclude il Concerto uno scatenato e vitale Allegro vivace assai che ricorda nelle sonorità e nei modi
lo stile del coevo dramma giocoso tanto caro a Mozart. Il marcato virtuosismo richiesto al solista e il ritmo
indiavolato su cui procede l’intera pagina si rifanno inoltre al modello haydniano e consegnano così un finale
realmente perfetto per un Concerto che va considerato come uno tra i maggiori capolavori della letteratura pianistica di tutti i tempi.
Wolfgang Amadeus Mozart
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Sinfonia ‘a grande orchestra’
in si bemolle maggiore op. 18 n. 1
Concerto in do maggiore
per pianoforte e orchestra KV 467
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Sabato 12 marzo 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Uto Ughi
Tommaso Antonio Vitali
(1663-1745)
Ciaccona in sol minore per violino, archi e organo
(trascrizione e orchestrazione di Ottorino Respighi)
Molto Moderato – Largamente – Tempo I
Giuseppe Tartini
(1692-1770)
Franz Joseph Haydn
(1732-1809)
Sonata in sol minore «Il trillo del diavolo»
(versione per violino e orchestra di Riccardo Zandonai)
Larghetto affettuoso – Allegro moderato – Andante. Allegro assai. Andante. Allegro
assai. Andante. Allegro assai
Concerto in sol maggiore per violino e orchestra Hob VIIa: 4
Allegro moderato – Adagio – Finale. Allegro
Concerto in do maggiore per violino e orchestra Hob VIIa: 1
Allegro moderato – Adagio (molto) – Finale. Presto
Uto Ughi, violino
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Uto Ughi
Nasce a Busto Arsizio (Varese) il 21 gennaio 1944, dimostrando fin dalla sua primissima infanzia un grande talento musicale. All’età di sette anni si è esibito
per la prima volta in pubblico eseguendo la Ciaccona dalla Partita n°2 di Bach ed alcuni Capricci di Paganini. Ha eseguito gli studi sotto la guida di George
Enescu, già maestro di Yehudi Menuhin. Era solo dodicenne quando la critica scriveva: “Uto Ughi deve considerarsi un concertista artisticamente e
tecnicamente maturo”. Ha iniziato le sue grandi tournées europee esibendosi nelle più importanti capitali europee. Da allora la sua carriera non ha conosciuto soste. Ha suonato in tutto il mondo, nei principali Festival con le più rinomate orchestre sinfoniche tra cui: la Concertgebouw di Amsterdam, la Boston
Symphony Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la New York Philharmonic, la Washington Symphony Orchestra e molte altre, sotto la direzione di maestri
quali: Sargent, Celibidache, Colin Davis, Leitner, Prêtre, Rostropovich, Sinopoli, Sawallish, Mehta, Masur, Barbirolli, Cluytens, Chung, Ceccato, Maazel.
Considerato tra i maggiori violinisti del nostro tempo, Uto Ughi non limita i suoi interessi alla sola musica, ma è in prima linea nella vita sociale del Paese
e il suo impegno è volto soprattutto alla salvaguardia del patrimonio artistico nazionale. In quest’ottica ha fondato il festival “Omaggio a Venezia”, al fine di
segnalare e raccogliere fondi per il restauro dei monumenti storici della città lagunare.
Il 4 settembre 1997, il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce per i suoi meriti artistici.
Dal 1999 al 2002, Ughi ha diretto le quattro edizioni del festival “Omaggio a Roma” da lui fondato per avvicinare il grande pubblico, e i giovani in particolare,
alla musica classica. Nell’aprile 2002 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Scienza delle Comunicazioni. Intensa è l’attività discografica con la BMG Ricordi, per la quale ha registrato: di J. S. Bach le Sonate e Partite per violino solo, i concerti di Beethoven e Brahms con Sawallisch, il concerto di Tchaikovsky
con Sanderling, i concerti di Mendelssohn e Bruch con Prêtre, il concerto di Dvorak con Slatkin e con la Philarmonia di Londra, le Sonate di Beethoven con
Lamar Crowson e alcune Sonate di Beethoven e Schumann con Sawallisch al pianoforte. In veste di direttore-solista ha inciso l’integrale dei Concerti di
Mozart, i Concerti di Viotti, Vivaldi e i nn. 1, 2 e 4 di Paganini. Ha registrato inoltre “Il Trillo del Diavolo”, un disco live dei più importanti pezzi virtuosistici per
violino, il Concerto di Schumann diretto da Sawallisch con l’Orchestra della Radio Bavarese e alcuni concerti di Vivaldi con i “Filarmonici di Roma”.
Uto Ughi suona con un violino Guarneri del Gesù del 1744, strumento dal suono caldo e dal timbro scuro e con uno Stradivari del 1701 denominato “Kreutzer” perché appartenuto all’omonimo violinista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata.
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Riportata alla luce nel corso dell’Ottocento dal violinista Ferdinand David, la Ciaccona di Vitali è divenuta
ben presto uno dei classici del repertorio violinistico del XVIII secolo. Fu lo stesso David ad attribuirla a
Tommaso Antonio Vitali sulla base di un’iscrizione riportata sul manoscritto di Dresda, la più antica copia
esistente di quest’opera. In questa fonte la Ciaccona si presenta come un semplicissimo brano per violino
con accompagnamento di basso continuo, un tessuto compositivo troppo scarno e semplice per la complessa ed elaborata retorica musicale romantica; sulla base di questo assunto – oggi forse non più accettabile così semplicemente – molti violinisti vollero arricchire ed orchestrare questa pagina secondo i principi
dettati dallo stile della propria epoca. Nacquero così numerose ‘versioni’ differenti della Ciaccona di Vitali, a
cominciare da quella dello stesso scopritore, Ferdinand David. Questa sera si avrà la possibilità di ascoltare
questo brano nella versione per violino ed archi che Ottorino Respighi elaborò nel 1908 per un’esecuzione
berlinese della pagina affidata al violino di Arrigo Serato. L’intervento di Respighi è limitato alla realizzazione
di una partitura orchestrale di supporto all’originale linea melodica del violino solo che si mantiene fedele
al dettato originale di Vitali. La tecnica violinistica prescritta da Vitali si caratterizza per la sua spiccata vena
virtuosistica ed appare ben più elaborata di quella paradigmaticamente proposta da Arcangelo Corelli nella
sua opera quinta; gli arpeggi nelle posizioni acute, i notevoli salti, la ricchezza e l’ingegnosità dei colpi d’arco,
l’impiego delle doppie corde appaiono molto arditi per l’epoca e conferiscono un’eccezionalità quasi anacronistica a questo capolavoro.
Tommaso Antonio Vitali
Il nome di Giuseppe Tartini è oggi indissolubilmente legato nella memoria di tutti i melomani alla sua più celebre sonata, quella che porta il curioso ed evocativo titolo «Il trillo del diavolo». La leggenda vuole infatti che
questa Sonata sia nata in seguito ad un sogno che il grande violinista fece nel corso di una notte particolarmente agitata. Egli sognò di aver stipulato un patto con il diavolo e di avergli affidato il suo prezioso violino.
Il demonio si mise subito a suonare una sonata di grande bellezza e di somma difficoltà che impressionò
grandemente Tartini. L’impressione e l’emozione suscitate da questa musica furono tali che Tartini si svegliò
di soprassalto. Imbracciò il suo violino e cercò di riprodurre la musica udita in sogno annotandola via via. Da
questi schizzi nacque la Sonata oggi tanto celebre. Sia che si voglia dar credito a questa storia, sia che non vi
si creda, appare evidente come questa Sonata sia caratterizzata da un virtuosismo realmente ‘diabolico’, quasi paganiniano. Virtuosismo che culmina nell’ultimo movimento della pagina nel quale all’interprete è richiesta l’esecuzione di un lunghissimo e continuo trillo in contrappunto alla linea melodica principale. Molti altri
sono i passaggi di quest’ultimo movimento che richiedono una tecnica realmente forbita, soprattutto quella
delle doppie corde, sino alla conclusiva cadenza ad libitum che ogni grande violinista ha voluto interpolare
nel finale di questa Sonata. Un’ultima considerazione riguarda la particolare versione della Sonata che sarà
eseguita questa sera: si tratta infatti della versione per violino ed orchestra elaborata in pieno Novecento da
Riccardo Zandonai, una versione nata sulla base della medesima linea concettuale che ha portato Ottorino
Respighi ad orchestrare la Ciaccona di Tommaso Antonio Vitali ascoltata in precedenza.
Giuseppe Tartini
Nell’ampio catalogo delle opere di Haydn si trovano elencati quattro concerti per violino e orchestra, tre
dei quali si sono conservati sino ai nostri giorni. Tutti sembrano risalire al decennio 1761-1770, periodo nel
quale Haydn aveva iniziato il proprio lavoro di vice-Kappelmeister prima, e di Kappelmeister poi, presso la
corte degli Esterházy.
Il Concerto in do maggiore fu composto da Haydn per il violinista italiano Luigi Tomasini, all’epoca Konzertmeister dell’orchestra degli Esterházy. La sua particolare brillantezza stilistica fu calibrata sulle doti virtuosistiche
del violinista italiano, che eccelleva nella realizzazione di passaggi ornati a doppie corde e nell’esecuzioni di
veloci volate su ritmo di terzina dal gusto prettamente rococò. Particolarmente degno di nota è poi il movimento centrale nel quale la melodia cantabile del violino solista è sostenuta lungo tutta la pagina dall’accompagnamento in pizzicato degli archi. Fanno eccezione soltanto le misure iniziali e finali, nelle quali l’orchestra
sostiene la semplice ma espressiva linea melodica del solista con un reiterato disegno di semicrome ribattute, in maniera analoga a quanto già sperimentato per descrivere il sorgere del sole nella Sinfonia n. 6 «Il Mattino». Il Presto conclusivo con le sue rapide figurazioni è costruito secondo il gusto tardo barocco e guarda
da vicino lo stile vivaldiano per la ricercatezza armonica nei frequenti passaggi in progressione.
Un diverso carattere contraddistingue invece il Concerto in sol maggiore, opera della cui autenticità dubitano
alcuni storici. Fin dall’esordio orchestrale dell’Allegro moderato appare evidente la ricerca di un gusto più
classico e meno legato agli stilemi tardo barocchi. L’attenzione ad uno stile che mira alla ricerca di una continua cantabilità appare ben evidente lungo tutta la pagina e molto curato appare anche il procedimento
di elaborazione tematica. Il centrale Adagio in do maggiore crea un’oasi melodica di affascinante serenità e
prepara mirabilmente al conclusivo Allegro. Il tema principale a valori larghi proposto qui dal violino è sempre presentato in contrappunto a rapide crome affidate ai bassi dell’orchestra, creando così un interessante motivo fugato a due voci. La rapidità e la nettezza dei gesti musicali contraddistingue l’intera pagina, che
ancora una volta si presenta come un tipico esempio di quei travolgenti finali per i quali Haydn era celebre
fra i suoi contemporanei.
Franz Joseph Haydn
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Ciaccona in sol minore
per violino, archi e organo
Sonata in sol minore
«Il trillo del diavolo»
Concerti in sol maggiore e in
do maggiore per violino e orchestra
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Sabato 9 aprile 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19i
Audizioni alla Camerata Ducale
spettacolo musicale
Ranieri Paluselli, percussioni
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Ranieri Paluselli
Sotto la guida del professor Sergio Torta, nel 1991 si diploma al Conservatorio di Trento con il massimo dei voti e menzione d’onore. In seguito si specializza nei vari strumenti a
percussione con David Searcy/timpani, Mike Queen/tamburo, Gert Mortensen/percussioni d’orchestra e con Ruud Wiener/tastiere. Una bravura innata, fortificata da una formazione
poliedrica, che porta Paluselli a collaborazioni eccellenti come l’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, Arena di Verona, Teatro alla Scala di Milano, Arturo Toscanini di Parma, Orchestra
da Camera di Padova e del Veneto, Schleswig-Holstein e l’Orchestra Camerata Ducale. Parallelamente svolge attività cameristica di musica antica e contemporanea, collaborando con i
Percussuono, Nuovo gruppo Italiano di percussioni, Concentus Musicus Patavinus, Gruppo B.Maderna, Ensemble G.Frescobaldi, Ensemble O.Von Wolkenstein e I Marascogn. Esperienze
musicali diverse che portano questo grande artista delle percussioni in tournée in varie parti del mondo, contaminando e arricchendo, di volta in volta, la sua linfa creativa che riversa
negli spettacoli che lo vedono come parte solista.
Oggi Ranieri Paluselli è timpanista stabile dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino e fa parte dei gruppi Yatosh percussion, Architanghi, C’era una volta il Cinema, Catubam e l’Orchestra
Camerata Ducale.
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Placida:
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Beatrice:
Eleonora:
Beatrice:
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Orazio:
Eleonora:
Orazio:
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Orazio:
Eleonora:
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Eleonora:
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Serva a lor signori.
Servitor ossequiosissimo, mia signora.
Sono comici, lor signori?
Sì, signora, per servirla.
Chi è il capo della compagnia?
Io per obbedirla. [...] Ci favorisca di grazia, acciò
ch’io non mancassi del mio dovere; mi dica con chi
ho l’onor di parlare.
Sono una virtuosa di musica.
Ella è dunque una cantatrice?
Cantatrice? Sono una virtuosa di musica.
(tutti si guardano fra di loro, e si mettono il cappello in testa)
Insegna forse la musica?
No, signore, canto.
Dunque è cantatrice.
Fate voi da prima donna? (ad Eleonora)
Qualche volta. [...]
Dunque ella recita in opere buffe?
Sì signora, qualche volta.
E viene a ridere delle buffonerie dei commedianti?
Vi dirò. Mi piace tanto il vostro modo di trattare,
che verrei volentieri ad unirmi con voi.
Vuol fare la commediante?
Io la commediante!
Ma dunque cosa vuol fare con noi?
Verrò a cantar gl’intermezzi.
Obbligatissimo alle sue grazie. [...]
Va benissimo.
La cosa è aggiustata, mi pare
Aggiustatissima.
Dunque...
Dunque, signora, non abbiamo bisogno di lei. [...]
Il Teatro Comico è una commedia metateatrale che Carlo Goldoni scrisse a Venezia nel 1750. Nel corso
delle divertenti vicende di una troupe di comici alle prese con la messinscena di un testo dai caratteri assai innovativi sotto la guida del capocomico Orazio, si inserisce con tutta la propria esuberanza la cantante
Eleonora, che si presenta all’intera compagnia chiedendo di poter entrare a farne parte. Eleonora descrive
il suo progetto («cantare gl’intermezzi») e fornisce anche numerosi dettagli sulle proprie abilità istrioniche
(invero assai modeste), ma Orazio non sembra per nulla persuaso e non le lascia alcuna speranza («non
abbiamo bisogno di lei»).
Episodi come questo sono ricorrenti nella vita teatrale e musicale di ogni paese. Compagnie teatrali, cori,
orchestre ed ensemble strumentali hanno sempre registrato un’infinita serie di richieste di audizione da parte di ‘curiosi’ ed un po’ folli personaggi, desiderosi di mettere al servizio del gruppo il loro imprescindibile
ed insostituibile talento. Le loro abilità artistiche, contese a loro dire in tutto il mondo, sarebbero perciò un
vero e proprio valore aggiunto per il gruppo, che ne trarrebbe così cospicui vantaggi artistici ed economici.
Nella stragrande maggioranza dei casi le proposte di questi ‘grandi artisti’ subiscono lo stesso tragicomico
destino di quella fatta ad Orazio dall’Eleonora goldoniana. Ma non sono poi nemmeno così rari i casi in cui
queste impreviste audizioni rivelano autentici talenti.
Come è ovvio, anche la Camerata Ducale ha ricevuto negli ultimi mesi numerose richieste di audizione da
parte di svariati musicisti che questa sera saranno messi alla prova davanti all’intera orchestra ed al suo esigente e competente pubblico. Quale sarà il risultato delle audizioni di questi nuovi musicisti? Quali saranno
le ‘particolari’ abilità di ognuno? Saranno in possesso dei requisiti necessari per entrare a far parte della Camerata Ducale o faranno la sventurata fine della cantante Eleonora? Soltanto al termine di questa serata le
nostre domande potranno trovare una risposta...
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Carlo Goldoni,
Il Teatro Comico, atto II, scena XV
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Sabato 30 aprile 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Isabelle Faust
Giorgio Ferrari
(1925-2010)
Variazioni sui ventiquattro capricci di Niccolò Paganini
per orchestra d’archi
(prima esecuzione assoluta)
Wolfgang A. Mozart
(1756-1791)
Concerto in sol maggiore per violino e orchestra KV 216
Allegro - Adagio - Rondeau (Allegro - Andante - Allegretto - Tempo I)
Concerto in la maggiore per violino e orchestra KV 219
Allegro aperto. Adagio. Tempo I – Adagio – Rondeau. Tempo di menuetto
Isabelle Faust, violino
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Isabelle Faust
Isabelle Faust ha maturato una prospettiva sulla musica per cui ogni nuova esperienza e scoperta sono momenti fondamentali di crescita. Avendo fondato un quartetto d’archi a undici anni, le sue prime esperienze di musica da camera hanno prodotto in lei la convinzione che suonare è un processo di dare e prendere, in cui
l’ascoltare è altrettanto importante quanto l’esprimere la propria personalità.
La vittoria al Leopold Mozart Competition del 1987 all’età di 15 anni, ha favorito la sua carriera da solista, ma i principi della musica da camera sono per Isabelle Faust sempre presenti.
In Christoph Poppen, a lungo primo violino del Cherubini Quartet, ha trovato un insegnante che ha condiviso queste convinzioni musicali. Sia nel suonare sonate che concerti, Faust cerca
costantemente il dialogo e lo scambio di idee musicali. Dopo aver vinto il Concorso Paganini nel 1993, si è trasferita in Francia, dove ha sviluppato il repertorio francese, in particolare la
musica di Fauré e Debussy. Si è imposta all’attenzione internazionale con le sue prime registrazioni – le Sonate di Bartók, Szymanowski e Janácek – e ha gradualmente approfondito
le opere più importanti del repertorio per violino.
Nel 2003, Isabelle Faust ha pubblicato il suo primo disco con orchestra, il Concerto di Dvorák. Isabelle Faust può essere ascoltata anche con il suo partner musicale, il pianista Alexander
Melnikov, nelle registrazioni per harmonia mund.
Un numero crescente di orchestre e direttori apprezzano le qualità musicali di Isabelle Faust: Claudio Abbado, Giovanni Antonini, Jirí Belohlávek, Charles Dutoit, Daniel Harding, Heinz
Holliger, Marek Janowski, Mariss Jansons, la Munich Philharmonic, l’Orchestre de Paris, la Boston Symphony Orchestra, le orchestre della BBC e la Mahler Chamber Orchestra, tra i tanti.
Nel 2009 ha debuttata con i Berliner Philharmoniker.
Questi musicisti e ensemble hanno apprezzato nel tempo le qualità di Isabelle Faust: non solo per come domina lo strumento e interpreta il repertorio, ma anche perché esplora in
profondità la musica e il cuore stesso del suo lavoro.
Isabelle Faust suona lo Stradivari “Bella Addormentata” del 1704, datole in prestito dalla L-Bank Baden-Württemberg.
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Nato a Genova, Giorgio Ferrari ha compiuto gli studi classici e musicali a Torino, città nella quale ha conseguito la laurea in giurisprudenza e i diplomi in violino e in composizione. Dedicatosi con grande impegno
all’attività compositiva, ha ottenuto riconoscimenti e premi in numerosi concorsi internazionali di tutt’Europa. Fin dagli anni Sessanta ha affiancato all’attività compositiva quella didattica presso prestigiose istituzioni
quali, ad esempio, il Conservatorio ‘Giuseppe Verdi’ di Torino del quale fu anche direttore per sedici anni. I
suoi indiscussi meriti artistici gli sono valsi la nomina ad Accademico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma e dal 1987 la nomina a direttore artistico e presidente della giuria del ‘Premio Paganini – Concorso Internazionale di Violino’ di Genova. Il suo catalogo compositivo raccoglie musica sinfonica e da camera, nonché opere liriche e un balletto. Le Variazioni sui ventiquattro capricci di Niccolò Paganini per orchestra
d’archi fanno parte dell’ultima produzione musicale di Giorgio Ferrari e questa sera vedranno la loro prima
esecuzione assoluta. In quest’opera Ferrari ha voluto rendere omaggio a Niccolò Paganini, figura alla quale si
sentiva profondamente legato sia per il fatto di condividerne i natali, sia per la sua lunga e significativa esperienza alla guida del prestigioso concorso violinistico già ricordato in precedenza. In quest’opera tuttora inedita, i temi principali dei ventiquattro capricci del grande violinista genovese sono passati in rapida rassegna
ed affidati al complesso degli archi in una trama orchestrale perfettamente congegnata che presenta al suo
interno anche numerosi e significativi inserti solistici affidati alle prime parti.
Giorgio Ferrari
I due concerti per violino ed orchestra che saranno eseguiti questa sera (KV 216 e 219) fanno parte del
gruppo di quattro concerti composti da Mozart nel corso del 1775 a Salisburgo. Fin dal 1769 il giovane Wolfgang Amadeus Mozart era stato nominato konzertmeister dell’orchestra dell’Arcivescovo Colloredo di Salisburgo e nel 1772 aveva ottenuto il suo primo regolare stipendio. In questa posizione di assoluto prestigio,
mantenuta sino al 1776, Mozart dovette senz’altro esibirsi più volte in qualità di solista ed è assai probabile
che questi quattro concerti furono realizzati a questo scopo.
Il Concerto in sol maggiore KV 216 è il secondo di questa serie di concerti. L’Allegro iniziale, in forma sonata,
è pervaso da una particolare lucentezza che permette al violino solista di mostrare le sue doti virtuosistiche
in un contesto di distesa cantabilità, che non si perde nemmeno nelle fugaci modulazioni a tonalità minori
dello sviluppo. Nell’Adagio seguente Mozart riserva al violino una dolcissima melodia enfatizzata dal particolarissimo incipit cadenzante, che conferisce quel tocco di galanteria della quale Mozart fu un indiscusso
maestro. Conclude il Concerto un brillante Rondeau nel quale le difficoltà tecniche del violino solista aumentano ad ogni ritorno del tema principale, sino a giungere all’ultima proposta che si conclude su un etereo pianissimo, realizzato tramite la rarefazione dell’orchestra, che nelle ultime tre misure vede impegnata
soltanto le sezione dei fiati.
Ultimo tra i concerti composti nel 1775, il Concerto in la maggiore KV 219 si colloca tra le più ispirate pagine del genio salisburghese. Grandiosa e magniloquente, l’introduzione orchestrale del primo movimento
conduce in modo superbo all’ingresso del violino solista che, in corrispondenza di un inconsueto ed inatteso Adagio, apre un nuovo orizzonte estremamente poetico. Ma questo mondo sarà smentito soltanto sei
battute più tardi dal ritorno all’andamento iniziale: il violino abbandona quindi l’afflato lirico e si scioglie in
un’infinita serie di passaggi virtuosistici estremamente arditi, che riassumono tutte le conquiste tecniche della scuola violinistica austriaca del tardo Settecento. Segue un esteso Adagio dal carattere dolce e cantabile
e dalla raffinatissima orchestrazione, che ben contrasta con il virtuosismo esasperato dell’Allegro aperto iniziale e che altrettanto bene prepara allo scintillane finale. Il concerto si conclude infatti con un inconsueto
movimento in forma di minuetto, concepito secondo la canonica struttura tripartita (minuetto – trio – minuetto) tipica per l’epoca. Dai tratti tipicamente galanti, il minuetto racchiude al suo interno un trio costruito attorno a una melodia dal carattere esotico, che i commentatori dell’epoca non hanno esitato a definire
ungherese o turca. Ed è proprio questa sezione centrale, dalla evidente drammaticità, quella in cui Mozart
prescrive i più ardui passaggi virtuosistici, richiedendo al solista un completo dominio della tecnica d’arco,
oltre che di quella della mano sinistra. Un Concerto completo quindi, che ha fatto e continuerà a fare le fortune dei più grandi virtuosi di violino di tutti i tempi.
Wolfgang Amadeus Mozart
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Variazioni sui ventiquattro capricci
di Niccolò Paganini per orchestra
d’archi
Concerti per violino e orchestra
KV 216 e 219
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Sabato 14 maggio 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Richard Galliano
Richard Galliano
(*1950)
Astor Piazzolla
(1921-1992)
Opale Concerto per fisarmonica e orchestra d’archi
Allegro furioso – Moderato Malinconico – Allegro energico
Concierto «Aconcagua» per bandonéon, orchestra d’archi e
percussioni
Allegro marcato – Moderato – Presto
Johann Sebastian Bach
(1685 – 1750)
Concerto in la minore per violino e orchestra BWV 1041
Allegro moderato – Andante – Allegro assai
Richard Galliano, fisarmonica e bandonéon
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Richard Galliano
Nasce il 12 dicembre 1950 a Cannes (Francia). Figlio di Lucien Galliano, professore di fisarmonica di origine italiana, Richard ha cominciato a suonare la fisarmonica a quattro anni.
Parallelamente all’apprendistato, frequenta il Conservatorio di Nizza dove studia l’armonia, il contrappunto e il trombone. A 14 anni, scopre il jazz di Clifford Brown del quale trascrive i
chorus e si stupisce del fatto che la fisarmonica sia così poco presente in questa musica. È così che si interessa ai fisarmonicisti brasiliani (Sivuca, Dominguinhos), agli americani (Tommy
Gumina, Ernie Felice, Art Van Damme) e ai maestri italiani (Felice Fugazza, Volpi, Fancelli). Nel 1973, Galliano arriva a Parigi dove affascina Claude Nougaro. Per tre anni, avrà il posto
di arrangiatore, quello di capo d’orchestra ed anche di compositore in un gruppo nel quale incontra veri e propri jazzmen. Partecipa anche a molte sedute di registrazione nel campo
della musica leggera (Serge Reggiani, Charles Aznavour, Juliette Gréco,) e in quello di musiche da film. Dall’inizio degli anni 80, frequenta sempre più assiduamente jazzmen di ogni
genere con i quali pratica l’improvvisazione: Chet Baker (repertorio brasiliano), Steve Potts, Jimmy Gourley, Toots Thielemans, il violoncellista Jean-Charles Capon (con cui incide il suo
primo disco), Ron Carter (con cui registra in duo nel 1990). Nel 1991, seguendo i consigli di Astor Piazzolla, che ha incontrato nel 1983 in occasione di un lavoro per musica di scena
per la Comédie-Française, Richard Galliano torna alle sue radici. Riavvicinandosi allo stile di Gus Viseur e di Tony Murena, Richard Galliano permette alla fisarmonica di liberarsi dalla sua
immagine vecchiotta grazie ad un lavoro sul concetto ritmico del 3 tempi, cioè un’altra concezione del ritmo, un cambiamento nelle armonie, che l’avvicina al jazz. Realizzato con Aldo
Romano, Pierre Michelot e Philip Catherine, il suo disco-manifesto “New Musette” (Label bleu) riceve il premio Django-Reinhardt dell’Accademia del jazz nel 1993, un premio che lo
riconosce “musicista francese dell’anno”. Esce una serie di dischi nei quali Richard Galliano manifesta, suonando su un modello Victoria che non lascia più, grande facilità nell’adattare la
fisarmonica alle libertà del jazz. Galliano si dimostra virtuoso nel fraseggiato, liberato da ogni complesso, dotato di grande ricchezza nella sonorità, esperto nell’abbattere le barriere nelle
musiche, grazie ad uno strumento che va oltre i confini. Nel 1996, attraversa l’Atlantico per registrare il suo “New York Tango” accanto a George Mraz, Al Foster e Biréli Lagrène. Un disco
che riceve l’ambito premio “Victoire de la Musique”. La fama di Richard Galliano diventa sempre più internazionale e le collaborazioni si moltiplicano. Suona in duo con delle personalità
così diverse come Enrico Rava, Charlie Haden, Michel Portal (nel 1997, “Blow Up” fu un grande successo commerciale con 100 000 esemplari venduti), il suo collega Antonello Salis (in
Italia), e l’organista Eddy Louiss (2001). Per anni, rimane fedele al trio che forma con Daniel Humair e Jean-François Jenny-Clarke (dal 1993 fino alla scomparsa del contrabbassista
nel 1998) e poi propone di nuovo questo progetto nel 2004 con una ritmica “newyorkese” composta di Clarence Penn e Larry Grenadier. Incontra musicisti come Jan Garbarek, Martial
Solal, Hermeto Pascoal, Anouar Brahem, Paolo Fresu e Jan Lundgren, Gary Burton. Nel 1999, presenta le proprie composizioni accanto a quelle di Astor Piazzolla con un’orchestra da
camera. Questo progetto continua nel 2003 in “Piazzolla Forever”, omaggio nel quale Galliano suona di nuovo i brani del suo mentore. Dotato di una rara polivalenza, Richard Galliano
si esprime musicalmente in qualsiasi contesto, dal solo (si pensi al “Paris Concert” registrato al Châtelet di Parigi nel 2009) fino al big band (con il Brussels Jazz Orchestra del 2008).
Ormai riconosciuto come solista di eccezione, continua ad esplorare un vasto ventaglio di musiche, senza abbandonare né il lirismo che è il tratto fondamentale della sua personalità
musicale quando registra le balads di “Love Day” con Gonzalo Rubalcaba, Charlie Haden e Mino Cinelu, né la “French Touch” che gli permette, grazie al trombettista Wynton Marsalis,
di proporre una relazione fra Billie Holiday e Edith Piaf. Preoccupato di trasmettere la sua ricca esperienza, è autore, accanto a suo padre Lucien Galliano, di un metodo per fisarmonica
che riceve nel 2009 il premio Sacem per la Migliore didattica.
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Il concerto di questa sera sarà interamente dedicato ad uno strumento che raramente assume il ruolo di
solista nelle sale da concerto europee: la fisarmonica.
Richard Galliano, fra i più entusiasmanti talenti musicali dei nostri giorni, si esibirà infatti questa sera al fianco della Camerata Ducale utilizzando due differenti strumenti: la tradizionale fisarmonica e il bandonéon,
particolarissimo tipo di fisarmonica cromatica che deve il nome al proprio inventore, Heinrich Band (18211860). Il bandonéon cromatico si differenzia principalmente dalla fisarmonica per la presenza di due file
complete di bottoni distribuite su entrambi i lati dello strumento, senza la tipica tastiera di tipo pianistico
presente nella fisarmonica. Benché progettato nel corso del XIX secolo, il bandonéon ha trovato il proprio
terreno di elezione nella musica argentina del XX secolo, divenendo parte integrante della cultura del tango, ed ha ispirato numerosi autori tra i quali spicca Astor Piazzolla.
Amico intimo e maestro di Galliano, Astor Piazzolla ha composto molte opere per bandonéon tra le quali
occupa un posto di particolare rilievo il Concierto «Aconcagua», opera commissionatagli nel 1979 dal Banco de la Provincia de Buenos Aires. Il titolo «Aconcagua» fu aggiunto dopo la morte di Piazzolla dall’editore
Aldo Pagani, che volle paragonare la cima più alta delle Ande a questa pagina che considerava il picco più
alto dell’opera del compositore argentino.
L’iniziale Allegro marcato è caratterizzato da una trascinante e contagiosa carica ritmica tipicamente argentina, che si stempera in un centrale passaggio di languida cantabilità prima della cadenza che inusualmente
precede il ritorno del materiale tematico iniziale.
Il centrale Moderato ha i connotati propri di una meditazione musicale affidata al solo bandonéon, al quale
si uniscono progressivamente il violino solo, l’arpa, il violoncello solo e quindi l’intera orchestra in un crescendo emotivo di grande suggestione.
Il Presto conclusivo in forma di tango si divide in due parti contrastanti: ad una prima sezione trascinante e
vorticosa che ben ritrae l’esuberanza e la vitalità del popolo argentino, fa seguito una sezione più calma introdotta da bandonéon e pianoforte che acquista accenti sempre più drammatici e tragici man mano che
si avvicina lo spettacolare finale.
Astor Piazzolla
La fisarmonica tradizionale è invece la protagonista di Opale Concerto, opera composta dallo stesso Richard
Galliano nel 1994 e dedicata al fisarmonicista Joë Rossi. L’indicazione agogica di Allegro furioso è particolarmente azzeccata per descrivere il carattere deciso e quasi violento del primo movimento del Concerto,
che trova nell’ostinato elemento ritmico la propria cifra distintiva. Una dolente malinconia pervade invece
il movimento centrale di questo Concerto, che nelle intenzioni di Galliano deve ricordare le immagini e le
atmosfere della Parigi di un tempo ormai irrimediabilmente perduto. L’Allegro energico conclusivo è interamente costruito attorno ad una cellula melodica di quattro battute costantemente ripetuta su un ostinato
ritmico, che conferisce all’intera pagina i tipici tratti scatenati e sensuali del tango argentino.
Richard Galliano
Conclude il programma una particolarissima versione elaborata dallo stesso Richard Galliano del Concerto
in la minore per violino, archi e basso continuo di Johann Sebastian Bach. La principale novità di questa proposta sta nell’impiego della fisarmonica nel ruolo solistico, in luogo dello strumento originariamente prescritti da Bach. Questa eccentrica e stravagante scelta nasce dal desiderio dello stesso Richard Galliano di
dimostrare come la musica del grande compositore barocco sia realmente universale e perfettamente eseguibile sugli strumenti di ogni epoca. Profondo conoscitore di Bach, Galliano ha semplicemente sostituito la
fisarmonica al violino lasciando così intatta la perfetta struttura bachiana di questo concerto, tra le pagine
più belle e complete della produzione strumentale del maestro di Eisenach.
Johann Sebastian Bach
Concierto «Aconcagua»
per bandonéon, orchestra d’archi
e percussioni
Opale Concerto per fisarmonica
e orchestra d’archi
Concerto in la minore per violino
e orchestra BWV 1041
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Sabato 4 gugno 2011 ℘ ore 21.00
Teatro Civico ℘ Via Monte di Pietà, 19
Guido Rimonda
Alessandro Rolla
(1757-1841)
Nicolò Paganini
(1782-1840)
Concerto in do maggiore per violino e orchestra BI 507
Allegro – Largo sostenuto – Rondeau. Allegretto moderato e grazioso
Concerto in mi minore per violino e orchestra
Risoluto – Adagio – Rondeau ossia Polonese
Guido Rimonda, primo violino e direttore
Orchestra Camerata Ducale
Guido Rimonda
All’età di 5 anni frequenta la scuola di dizione del prof. Iginio Bonazzi di Torino. Si distingue subito, e viene scelto come piccolo attore per alcune pubblicità televisive.
Come protagonista interpreta vari ruoli in commedie radiofoniche Rai. In quel periodo conosce e lavora con importanti registi e attori. Una delle esperienze più
significative per il teatro è “Nel mio piccolo non saprei” con Renato Rascel, ma allo stesso tempo il “Giro di Vite” di Henry James con Milena Vukotic, il film “Torino
nera” con Bud Spencer, e la serie televisiva “La vedova e il piedipiatti” con Ave Ninchi. Ma sicuramente l’avvenimento più importante di Guido fanciullo avviene nel
‘78 quando interpreta la parte di Totò nell’opera Zazà di Leoncavallo. Direttore Maurizio Arena, Orchestra Sinfonica della Rai di Torino. Per la prima volta Guido si
trova davanti a una vera orchestra. In quel contesto vengono notate le sue doti musicali e il M. Eros Cassardo convince i genitori a far intraprendere gli studi musicali
a Guido. Nello stesso tempo la coreografa S. Egri gli offre una borsa di studio che verrà protratta per 7 anni per lo studio della danza classica. Cosa importantissima
per la formazione artistica di Guido. Così inizia lo studio del violino al Conservatorio di Torino nella classe del Prof. E. Oddone. Ben presto però ultimerà i suoi studi
nella classe del celebre Corrado Romano, già insegnante di Uto Ughi a Ginevra. Fu proprio Romano a definirlo “animale da violino”.
Il suo vero esordio avviene all’età di 13 anni, quando interpreta la parte di Vivaldi fanciullo nella duplice veste di attore e violinista nel film “Per Antonio Vivaldi” regia
di M. Scaglione. Già dalle prime lezioni di violino, nasce in lui una curiosità e una nuova passione: Giovan Battista Viotti.Viene attirato e conquistato dal musicista
e dalla figura storica di questo grande compositore, la cui opera, ai giorni nostri giace in un oblio immeritato. Contribuire alla riscoperta e alla giusta valorizzazione
di una delle più straordinarie figure di violinista e compositore italiano del tardo ‘700 rimane un impegno ben preciso. Infatti, già dall’età di undici anni inizia un’appassionata ricerca per tutta l’Europa, ritrovando importanti inediti viottiani. Una sorta di “coscienza delle anime”, come lui stesso la definisce, alcune partiture sono
state ritrovate quasi per magia. Con la finalità di divulgare l’opera di Viotti nel 1992 fonda due orchestre: la Filarmonica di Torino insieme al direttore d’orchestra
prematuramente scomparso Marcello Viotti allora direttore stabile della Fenice di Venezia e discendente della famiglia Viotti; e l’Orchestra Camerata Ducale insieme
alla pianista Cristina Canziani – che diventerà sua moglie – e al celebre Prof. Gian Luigi Marianini, amico e compagno di avventure non solo musicali – infatti, per
alcuni anni riveste il ruolo di consulente musicale di tutte le trasmissioni televisive sul “mistero” firmate dal professore.– Con la Camerata Ducale riesce ad attuare
il progetto di valorizzazione di Viotti. Registra, l’integrale dei 32 concerti per violino e orchestra di Viotti (prima registrazione mondiale, con cadenze originali).
Nel 1994 gli viene regalato il violino Antonio Stradivari “Jean Marie Leclair” detto il “Noir” da una famiglia che volle rimanere nell’anonimato. Nel 1997 nasce un
importante connubio con la Città di Vercelli e fonda insieme a Cristina Canziani il Viotti Festival, instaurando importanti collaborazioni con artisti quali Mintz, Ughi,
Spivakov, Accardo, Oistrakh, Maisky etc. Dal 2007 il Viotti Festival di Vercelli ha una sede americana in Florida dove l’orchestra Camerata Ducale si stabilisce regolarmente ogni anno per eseguire musica nel nome di Viotti. Ha suonato nelle più importanti sale concertistiche europee; accompagnato dall’Orchestra Camerata
Ducale ha effettuato tournèe negli Stati Uniti, nell’ex Repubblica Unione Sovietica, in Sudafrica, in Guatemala, negli Emirati Arabi; nel 2002 ha ricevuto il premio
Renato Bruson, ed è stato insignito del titolo di Ambasciatore per la cultura nel mondo dalla Regione Piemonte. Nel gennaio 2008 ha ricevuto il Premio S. Giovanni
dalla Città di Torino per la ricerca storica e la diffusione dell’opera di Giovanni Battista Viotti.
è docente di violino al Conservatorio “G.Verdi” di Torino, ed è stato assistente di G. Carmignola e F. Gulli.
Suona un violino di Antonio Stradivari (J. M. Leclair 1721) e un Dario Vernè (1991).
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Nato a Pavia nel 1757, Alessandro Rolla fu uno fra i virtuosi di violino e viola più celebri della sua epoca.
Studiò a Pavia e a Milano, dove esordì come solista alla viola a soli quindici anni in un concerto diretto da
Gianbattista Sammartini. Nel 1782 divenne prima viola dell’orchestra Ducale di Parma, dove visse fino al
1802, anno nel quale assunse la carica di primo violino e direttore dell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano. Qui diresse quasi quattrocento opere fino al 1832, anno in cui fu licenziato dal massimo teatro milanese con la motivazione di «inabile al lavoro» in seguito ad una caduta. Fino alla morte continuò comunque a
dedicarsi all’attività musicale dedicandosi con notevole impegno allo studio e all’interpretazione della musica
da camera di Beethoven, del quale era un profondo estimatore.
Il Concerto in do maggiore BI 507 fu composto a Parma nel 1796. L’Allegro iniziale si presenta fin da subito
come una pagina fortemente imparentata con gli stilemi musicali del classicismo viennese, filtrati attraverso
una sensibilità del tutto personale che mira a stupire l’ascoltatore con effetti inconsueti e stupefacenti. Un
perfetto esempio di questa tendenza lo si può notare nel particolarissimo incipit della prima sezione a solo
del violino solista che si apre in forma di libera cadenza interpolata nella coda dell’introduzione orchestrale.
La pagina prosegue quindi seguendo il tradizionale assetto formale della forma sonata prediligendo ora incisi
tematici vitali ed eroici, ora cantabili, ora spiccatamente virtuosistici che culminano nell’elaborata ed ampia
cadenza conclusiva composta dallo stesso Rolla. Un carattere più cupo e drammatico permea il successivo
Largo sostenuto che si regge attorno ad una melodia cantabile dai caratteristici toni patetici affidata al violino solista. Questo lungo arco melodico trova via via accenti più sereni in corrispondenza della sua conclusione sospesa che si innesta senza soluzione di continuità nel successivo Rondeau, pagina dal carattere spiritoso e galante di chiara derivazione viennese.
Alessandro Rolla
La Nota manoscritta delle opere di Niccolò Paganini redatta dal figlio Achille testimonia come il padre avesse
composto ben otto concerti per violino; di questi, quattro ci sono pervenuti completi, due non sono tuttora
stati ritrovati, mentre altri due ci sono pervenuti in redazioni frammentarie (solitamente si è conservata la
parte del violino solista associata ad una redazione stenografica in forma di partitura chitarristica dell’accompagnamento orchestrale). E proprio questo è il caso del Concerto in mi minore che sarà eseguito questa sera.
Questa importante partitura fu riportata alla luce soltanto nel 1972 dal musicologo Federico Mompellio
che la rinvenne presso l’antiquario londinese Hermann Baron e che ne curò l’orchestrazione per favorirne
una più ampia diffusione concertistica.
Opera giovanile databile attorno al 1815, questo Concerto è aperto da un ampio ed articolato Risoluto in
forma sonata. Ben differenziato risulta il carattere dei due temi principali dell’esposizione: deciso e quasi teatrale nella sua drammaticità il primo, più lirico e cantabile il secondo. Fin da questi esordi la pagina si presenta
forte di una notevole dose di virtuosismo che trova le sue radici nella scrittura violinistica dei maggiori interpreti dell’epoca quali Viotti, Rolla, Rode e Kreutzer. La centrale sezione dello sviluppo è aperta da un’insolita
frase ‘a capriccio’ del violino solista che inaugura quest’elaborata sezione centrale nella quale Paganini preferisce presentare nuovi spunti tematici dallo smaccato carattere virtuosistico, in luogo della più consueta tecnica di elaborazione tematica di matrice austro-tedesca. Più canonica appare infine la ripresa che conduce
alla cadenza di rito, luogo deputato ai virtuosismi più spericolati e stupefacenti del Concerto. Intimo e purissimo, il successivo Adagio in mi maggiore si distingue per il suo carattere quasi romantico, molto distante dal
tono teatrale che contraddistinguerà i movimenti centrali dei successivi concerti. Conclude il Concerto un
Rondeau su ritmo e disegno di Polacca, alla maniera già sperimentata da Viotti e Kreutzer nei loro concerti. L’ampiezza assai inconsueta di questo movimento dà modo a Paganini di dare grande risalto all’apparato
virtuosistico della pagina, sollecitando soprattutto il registro sopracuto dello strumento.
Nicolò Paganini
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Concerto in do maggiore per violino
e orchestra BI 507
Concerto in mi minore per violino e
orchestra
Orchestra
Camerata
Ducale
XIII STAGIONE CONCERTISTICA
Tredici anni di stagioni concertistiche a Vercelli,
più di
150 concerti proposti.
Un traguardo importante, reso possibile dal sostegno
delle Istituzioni, ma soprattutto un risultato che non
avremmo mai potuto raggiungere senza l’affetto del nostro
insostituibile pubblico.
Per questo vi ringraziamo con tutto il cuore!
Continueremo su questa strada perché siamo convinti di
poter migliorare ancora.
Arrivederci al prossimo Viotti Festival.
Guido Rimonda
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Cristina Canziani
Orchestra
Camerata
Ducale
XIII STAGIONE CONCERTISTICA
Orchestra Camerata Ducale
Primo violino e Direttore
Guido Rimonda
[email protected]
Direttore Artistico
Cristina Canziani
[email protected]
Ufficio stampa
Micaela Ovale
[email protected]
Segreteria organizzativa
Federica Michelon
[email protected]
Collaboratori esterni
Marco Allione: grafica · [email protected]
Andrea Malnati: testi musicologici
Sede:
Via Nicola Fabrizi, 22
10143 Torino · tel. e fax 011 755791
Sede di Vercelli:
Corso Libertà, 300
www.camerataducale.it
www.viottifestival.it
Media Partner:
La stagione 2009/2010 Viotti Festival
è stata realizzata con il fondamentale sostegno di:
CITTÀ DI VERCELLI
Assessorato alla Cultura
Vercelli e i suoi eventi
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