Dicembre 2008 In questo numero di Emothal viene riportata la prima parte dei posters presentati al V Congresso Nazionale SO.S.T.E., che si è tenuto a Cagliari dal 16 al 18 Ottobre 2008 Straordinaria quanto inattesa risposta a talidomide di una ß-thalassemia “intrattabile” Masera N.1, Tavecchia L. 2, Ronzoni S.1, Vimercati C.1, Parini R.1 Clinica Pediatrica- Università Milano-Bicocca 2Servizio Immunotrasfusionale Ospedale San Gerardo Monza Comitato Editoriale 1 GM, ragazza attualmente ventenne di origini albanesi affetta da thalassemia intermedia (β°‚ β+); viene trasfusa in Albania dall’età di un anno con frequenza semestrale; mai eseguita ferrochelazione. A 4 anni splenectomia. Giunge in Italia a 9 anni con grave anemizzazione (Hb: 4.5 g%), cardiopatia dilatativa, gravissime deformità ossee (in particolare arti inferiori e massiccio faciale), spiccata epatomegalia con importante dolorabilità in loggia epatica. Ripetuti tentativi trasfusionali risultano inefficaci per il verificarsi di emolisi massiva post-trasfusionale immediata pur in presenza di test Coombs diretto e indiretto e prove di compatibilità negativi. Inizia quindi terapia con Idrossiurea (HU) 10 mg/k/die con discreta ma insufficiente risposta in termini di Hb (6-6.5 g%) e miglioramento del quadro epatico. Valutato possibile TMO da banca (due fratelli HLA non compatibili): non praticabile per le condizioni cliniche di base. Non potendo escludere l’eziologia autoimmune dell’anemia emolitica e vista la gravità del caso, all’età di 12 anni si intraprende terapia immunosoppressiva con steroidi e ciclofosfamide senza risposta alcuna. A 14 anni, in seguito a indagini immunoematologiche sofisticate è stato isolato nella paziente Ab anti-Scianna; tramite banca internazionale del sangue vengono reperite due unità Scianna negative che però, trasfuse alla paziente, non producono alcun incremento del valore di Hb inducendo invece ulteriore emolisi (Hb pre-trasf: 5 g%, post-trasf: 3.5 g%). La paziente viene quindi considerata non più trasfondibile. A 15 anni viene sottoposta a 3 cicli di Rituximab senza alcuna risposta di rilievo in termini di Hb. Nel tempo la dose di HU viene incrementata fino a 30-35 mg/k/die mantenendo valori di Hb: 5-6 g%. La ragazza assume inoltre terapia cardiologica per scompenso cronico congestizio (diuretico, ACE-inibitore, digitale), antiaggregante (ASA) per la piastrinosi (PLT:900.000-1.000.000/mmc), bifosfonati e calcio per grave osteoporosi, folina. Il quadro clinico si mantiene sostanzialmente stazionario (consentendo alla ragazza una deambulazione autonoma per piccoli tratti e la frequenza a scuola seppur irregolare) fino al marzo 2008 quando si assiste ad un progressivo calo dei valori di Hb fino a nadir di 3.7 g% nel maggio, in assenza di segni di infezione e con importante peggioramento clinico generale e quadro di scompenso cardiocircolatorio grave con iniziale edema polmonare. In considerazione delle scarse opzioni terapeutiche a disposizione, la paziente viene assecondata nella sua richiesta di non essere ricoverata e viene trattata a domicilio con dosi eleva- Direttore Scientifico Vincenzo De Sanctis (Ferrara) Comitato di Redazione Vincenzo Caruso (Catania), Paolo Cianciulli (Roma), Maria Concetta Galati (Catanzaro), Maria Rita Gamberini (Ferrara), Aurelio Maggio (Palermo) Comitato Editoriale Maria Domenica Cappellini (Milano), Marcello Capra (Palermo), Gemino Fiorelli (Milano), Alfio La Ferla (Catania), Turi Lombardo (Catania), Carmelo Magnano (Catania), Roberto Malizia (Palermo), Giuseppe Masera (Monza), Lorella Pitrolo (Palermo), Luciano Prossomariti (Napoli), Michele Rizzo (Caltanisetta), Calogero Vullo (Ferrara) Segretaria di Redazione Gianna Vaccari (Ferrara) International Editorial Board A. Aisopos (Athens, Greece), M. Angastiniotis (Nicosia, Cyprus), Y. Aydinok (Izmir, Turkey), D. Canatan (Antalya, Turkey), S. Fattoum (Tunis, Tunisia), C. Kattamis (Athens, Greece), D. Malyali (Istanbul, Turkey), P. Sobti (Ludhiana, India), T. Spanos (Athens, Greece) Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 6, n. 3, 2008 te di diuretici, digitalici e ACE-inibitori. Sulla base della segnalazione di un caso simile in letteratura che ha mostrato un’ottima risposta prolungata negli anni alla talidomide (1), la ragazza previo consenso informato viene posta in terapia con Talidomide (Thalomid®) 75 mg/die, scalando progressivamente HU. I valori di Hb evidenziano una progressiva rapida ripresa: dopo un mese dall’ inizio della talidomide Hb: 7.2 g%; dopo 4 mesi Hb: 9.4 g%. La terapia viene ben tollerata. Al controllo di settembre la ragazza presenta condizioni generali nettamente migliorate e la terapia cardiologia viene progressivamente scalata. Il meccanismo con cui talidomide potenzi l’eritropoiesi non è noto. In letteratura esiste qualche segnalazione relativa alla sua efficacia nelle mielodisplasie e un’unica segnalazione nella talassemia (1). Riteniamo che talidomide sia da considerare come possibile opzione terapeutica in casi drammatici di talassemie non trasfondibili e non responsive a HU. Potrebbero essere importanti studi sia biologici che clinici per meglio definire le possibili applicazioni della talidomide nella talassemia. Bibliografia 1. LB Aguillar-Lopez, JL Delgrado Lamas, B Rubio-Jurado, F J Perea, B Ibarra. Thalidomide therapy in a patient with thalassemia major. Blood Cells, Mol Dis 2008, 41:136-137 Alterazioni dell’asse gh/igf-i in pazienti adulti affetti da β-thalassemia e correlazione con parametri di efficacia della terapia trasfusionale e chelante M. Poggi, P. Pugliese1, C. Pascucci, S. Monti, G. Amodeo, A. Lo Sardo1, V. Toscano UOC di Endocrinologia, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, II Facoltà di Medicina, Università di Roma “La Sapienza”; 1 UOC di Immuno-Ematologia e Medicina Trasfusionale, I Facoltà di Medicina, Università di Roma “La Sapienza” Scopo. Le alterazioni dell’asse GH/IGF-I sono state descritte, in passato, nei pazienti affetti da βThalassaemia Major (TM), soprattutto bambini e adolescenti. Recenti lavori mostrerebbero una aumentata presenza di alterazioni a carico dell’asse GH/IGF-I anche in soggetti adulti. Queste potrebbero avere un impatto importante sullo sviluppo e sulla progressione del danno osseo e cardiaco nei soggetti affetti da TM. La patogenesi delle alterazioni endocrine, in passato sempre correlata all’accumulo di Ferro, non è stata mai completamente chiarita. Lo scopo del nostro lavoro è stato valutare le alterazioni dell’asse GH/IGF-I in un gruppo di pazienti adulti affetti da TM e verificare se queste correlassero con alcuni importanti parametri di efficacia della terapia trasfusionale e chelante. Materiali e Metodi. Abbiamo sottoposto un gruppo di 28 pazienti adulti (13 donne e 15 uomini, età media 30 ± 6.2 anni) affetti da TM a valutazione dell’asse GH/IGF-I mediante test con GHRH e Arginina. Tutti i soggetti erano sottoposti ad una regolare terapia trasfusionale e chelante dal primo anno di vita. L’indice medio di massa corporeo (BMI) era di 21.8 ± 1.9. Inoltre sono stati valutati i livelli ematici di Ferritina, IGF-I e degli enzimi epatici. Infine sono stati valutati i depositi di Ferro intraepatico mediante bio-susceptometria magnetica (SQUID). Risultati. Abbiamo rilevato la presenza di un alterata risposta di GH al test dinamico in 9 soggetti (32.1%). Questi presentavano inoltre minori livelli di IGF-I. La comparazione tra i due sottogruppi non mostrava differenze riguardo i valori di Ferritina, enzimi epatici e accumulo di Ferro intraepatico, rilevato mediante SQUID. Conclusioni. Questo studio conferma la necessità di valutare la funzionalità dell’asse GH/IGF-I in soggetti affetti da TM, anche dopo il raggiungimento dell’età adulta. La presenza di alterazioni del tono secretorio di GH non sembra correlare con i parametri di efficacia della terapia trasfusionale e chelante e pertanto altri meccanismi, oltre al deposito di Ferro, potrebbero essere coinvolti nella patogenesi di questa complicanza endocrina. Utilizzo combinato del filtro in linea e del lavaggio automatico nella terapia emotrasfusionale di pazienti talassemici Ricchi Paolo1, Criscuoli Maria2, Spasiano Anna1, Bovenzi Diomira2, Cinque Patrizia1, Costantini Silvia1, Lo Pardo Catia2, Samaritani Maria2, Macrì Michela2, Luciano Prossomariti1 U.O.C. Microcitemia1, S.I.T.2 A.O.R.N Cardarelli, Napoli Introduzione. Alcuni pazienti affetti da Talassemia Major tendono a manifestare reazioni a seguito della trasfusione dei prodotti ottenuti con le normali procedure. Il filtraggio del sangue al momento della donazione (filtro in linea) è in grado di ridurre significativamente l’incidenza di reazioni da globuli bianchi; inoltre, sono disponibili apparecchi che operando un lavaggio multiplo in automatico delle emazie garantiscono un allontanamento pressocchè totale delle proteine plasmatiche. L’obiettivo di questo studio è stato quello di osservare gli effetti sulle caratteristiche del sangue trasfuso, sull’esigenza trasfusionale e sulle reazioni avverse dell’utilizzo combinato di queste due metodiche in un gruppo di pazienti talassemici. Materiali e Metodi. I criteri di inclusione sono stati i 32 Emothal Atti Congresso So.STE seguenti: trattamento continuo precedente presso il centro per almeno 48 mesi senza interruzione; presenza di almeno tre reazioni avverse da proteine e/o globuli bianchi nell’arco di sei mesi, esigenza trasfusionale di almeno due unità al mese, precedente splenectomia almeno due anni prima dell’arruolamento, assenza di cause teoriche di potenziale incremento/ decremento del consumo di sangue. Sono stati considerati 6 pazienti affetti da talassemia major. Per un tempo di circa 16 mesi tutte le unità di sangue assegnate ai pazienti sono state filtrate al momento della donazione attraverso l’impiego di filtri (Baxter) e successivamente lavate con ACP 215 (Haemonetics). Al termine del lavaggio in automatico le emazie sono state ulteriormente concentrate per incrementarne l’ematocrito. Risultati. La valutazione effettuata dal Centro Trasfusionale sul contenuto di emoglobina, di emoglobina libera e proteine e sull’ematocrito delle unità di emazie lavate con ACP 215 ha evidenziato che tale procedura consente il mantenimento delle caratteristiche di emocomponente ideale per il paziente talassemico (Hb gr/u > 60, Hb libera % < 0,150, Proteine gr/u <0,25, Ht %>75. La Tabella 1 mostra i parametri trasfusionali per ogni paziente I dati riportati mostrano che l’utilizzo di questa metodica ha completamente annullato l’insorgenza di reazioni trasfusionali. Tuttavia, mantenendo uguale il valore pre-trasfusionale, è stato necessario un lieve incremento, delle unità di sangue e del quantitativo totale di emazia trasfuse. Conclusioni. L’utilizzo combinato del filtro in linea e del lavaggio in automatico sulla terapia emotrasfusionale è una procedura fattibile ed efficace nel paziente talassemico con frequenti reazioni trasfusionali, ma comporta un’attenta selezione del donatore (maggiore quantità di sangue da salassare), un incremento dei tempi di preparazione (circa 25-30 minuti per unità) ed un lieve aumento dell’esigenza trasfusionale. Tabella 1. 33 Studio della funzionalità renale in pazienti affetti da talassemia major (TM) Rizzello M.C.1, Tampieri B.2, Cesaretti C.2, Fasulo M.R.2, Cassinerio E.2, Sorrentino F.1, Cianciulli P.1, Cappellini M.D.2 1 UO Day Hospital Talassemia,Dipartimento Alte Specialità, Ospedale S.Eugenio, Roma; 2Centro Anemie Congenite, Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena Scopo del lavoro. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi sulle conseguenze del sovraccarico di ferro a livello cardiaco ed epatico nei pazienti affetti da TM, mentre ben poco ancora si conosce riguardo agli effetti sulla funzionalità renale. Questo studio ha lo scopo di valutare l’andamento degli indici di funzionalità renale nell’arco di un anno in rapporto all’entità del sovraccarico di ferro e alla terapia ferrochelante in un gruppo di pazienti affetti da TM. Metodi. lo studio è stato condotto su 198 pazienti affetti da TM: 107 (gruppo A: 44 M, 64 F, età media 33,7± 6,2 anni, BMI 28 ± 8,1) seguiti a Milano, e 89 (gruppo B: 35 M, 54 F, età media 35,3 ± 8,3 anni, peso 58,9 ± 11,7 kg) seguiti a Roma. Tutti i pazienti erano in regolare terapia trasfusionale e ferrochelante. I dosaggi di creatinina sierica (v.n. <1,2 mg/dl) e di clearance della creatinina (ClCr, v.n.>125 ml/min) sono stati utilizzati come indici di funzionalità renale. La ClCr è stata calcolata con la formula di CockcroftGault. In un sottogruppo di pazienti del gruppo A è stata inoltre valutata la proteinuria (v.n.<0,15 g/l). Sono stati confrontati i parametri renali al tempo 0 (T0) e a distanza di un anno (T1). Per l’analisi statistica è stato eseguito un paired t-test (significatività per p<0,05). Risultati. I valori di ferritina, creatinina e ClCr dei due gruppi al T0 e al T1 sono riportati in Tabella 2 e Tabella 3. Nel gruppo A, al T0 solo un pz (0,9%) presentava valori di creatininemia superiori alla norma, mentre 39 pz (36%) avevano valori di ClCr Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 6, n. 3, 2008 Tabella 2. Parametri valutati nel gruppo A. <125ml/min; nel 54% dei 61 pz in cui è stata dosata la proteinuria sono stati riscontrati valori aumentati. Al T1 sono stati riscontrati valori alterati di creatininemia e ClCr rispettivamente in 4 (4%) e 42 (39%) pz. È stata rilevata inoltre la presenza di nefrolitiasi nel 14% dei pz. Nel gruppo B al T0 tutti i pz avevano valori di creatininemia nei limiti di norma, mentre 71 pz (80%) presentavano livelli ridotti di ClCr. Al T1 non sono state riscontrate alterazioni dei valori di creatininemia, ma 63 pz (71%) presentavano una ClCr ridotta. La presenza di nefrolitiasi interessava 14 pz (16%). Unificando i gruppi A e B sono state valutate le correlazioni tra ferritina e i parametri renali a T0 e a T1, risultate statisticamente non significative. L’intera casistica (A+B) è stata poi suddivisa in base ai trattamenti chelanti effettuati durante l’anno di osservazione (DFO 70 pz; L1 12 pz; DFO+L1 25 pz; Deferasirox 56 pz). Sono stati esclusi i pz che nel corso dell’anno hanno cambiato terapia; nessuna variazione statisticamente significativa è stata osservata dopo un anno per ogni tipo di trattamento. Conclusioni. Nella nostra casistica di pz affetti da TM, nonostante valori di creatininemia nella norma, si osserva una ridotta ClCr. Le cause non sono ancora chiare, ma è ipotizzabile un ruolo del sovraccarico di ferro anche a livello renale; pertanto sono auspicabili ulteriori studi. Accumulo di ferro cardiaco e deferasirox: riscontro di efficacia in un caso clinico Ruffo G.B.1, Pepe A.2, Borsellino Z.1, Cuccia L.1, Marocco M.R.1, Gagliardotto F.1, Saieva L.1, Favilli B.2, Capra M.1 1 U.O.C. Ematologia-Emoglobinopatie, P.O. G.Di Cristina, ARNAS Civico Palermo; 2MRI Lab, Istituto di Fisiologia Clinica, Fondazione G.Monasterio/ CNR, Pisa Riportiamo il caso di un ragazzo di anni 23 affetto da ß-Talassemia Major, genotipo IVS1:110/IVS1:110, in trattamento trasfusionale regolare (2 unità di GRC ogni 17 gg circa). Ferro intake (media ultimi 3 anni: 0.35 mg/kg/die). Il paziente, già splenectomizzato (1999), presenta inoltre: deficit staturale, osteopenia, nefrolitiasi. La terapia ferrochelante è stata iniziata Tabella 3. Parametri valutati nel gruppo B. con deferoxamina (DFO) all’età di due anni, e praticata con buona compliance (80%). Nel Settembre 2003, il paziente veniva arruolato nello studio preregistrativo del Deferasirox (DFX), e randomizzato nel primo anno nel braccio DFO. Il paziente, all’ingresso nello studio, eseguiva, secondo protocollo, biopsia epatica per la valutazione del sovraccarico di ferro che evidenziava una LIC di 3,0 mg/g/dw. Nel Settembre 2004, secondo il previsto follow-up a un anno, veniva ripetuta biopsia epatica che confermava il moderato accumulo di ferro con LIC 3,2 mg/g/dw. Da Ottobre 2004 iniziava terapia ferrochelante con DFX alla dose di 10 mg/kg/die,che nel Febbraio 2005, in base all’andamento delle ferritine, veniva aumentata a 20 mg/kg/die. Dal Settembre 2003 ad oggi le ferritine medie del paziente si sono mantenute sempre al di sotto di 1000 ng/ml, sia durante trattamento con DFO, che con DFX. In particolare, dopo l’aumento della dose di DFX, le ferritine medie erano ancora più basse (572 ng/ml). Durante tutto il periodo di trattamento con DFX, non si sono mai verificati eventi avversi, né sono stati rilevati fenomeni di tossicità. Il paziente ha eseguito nel Marzo 2005 una prima RMN T2* che ha messo in evidenza un eterogeneo accumulo di ferro nel cuore (valore medio globale 16 ms) e un accumulo di ferro borderline nel fegato (6,2 ms). La successiva RMN T2*, eseguita a Dicembre 2006, ha mostrato un miglioramento che si evidenzia con un valore di T2* cardiaco medio di 28 ms, assenza di accumulo di ferro in tutti i segmenti analizzati, e un accumulo di ferro borderline nel fegato (T2* 15 ms). Nel Giugno 2008, è stata eseguita una terza RMN T2*, che ha confermato valori di T2* compatibili con assente accumulo di ferro nel cuore in tutti i segmenti ( T2* medio globale 41 ms) e accumulo di ferro borderline nel fegato (16,5 ms). Conclusioni. La terapia con DFX, in questo paziente, ha determinato una sostanziale riduzione del sovraccarico di ferro a livello cardiaco mantenendo accettabili i valori di accumulo di ferro epatico e risultando efficace e sicura. Ancora una volta il solo valore della ferritina risulta inadeguato a fornire informazioni sull’accumulo di ferro cardiaco, venendo cosi enfatizzato il ruolo centrale della cardio-risonanza. 34 Emothal Atti Congresso So.STE Prima diagnosi di talassemia intermedia in adolescente Terapia con deferiprone in un caso di neurodegenerazione associata al difetto di pantetonato chinasi (PKAN) Vaccari M.G.1, Cavazzunti C.1, Putti M.C.2, Ammendola R.1, Chiavilli F.1, Gavioli F.1, Lobue G.1, Scipioni C.1, Tocchetto M.1, Potenza R.1 Zuccarelli A., Sanna P.M.G.,Bellu L., Solinas, Mulas G. Dipartimento di Medicina Trasfusionale Centro Microcitemia1 Azienda ULSS 18 Rovigo Clinica di Emato-Oncologia Pediatrica Dipartimento di Pediatria Università di Padova, Azienda Ospedaliera2 Centro trasfusionale e di microcitemia Ospedale di Olbia, Divisione di Pediatria Ospedale di Olbia, Servizio di Neuropsichiatria infantile ASL Olbia. Centro trasfusionale e di Microcitemia, ASL N° 2 Olbia Descriviamo il caso di una giovane di 17 anni con sindrome talassemica intermedia. Alla nascita glaucoma congenito; non ittero neonatale. All’età di 16 anni durante un’escursione in montagna presenta lipotimia. Durante il ricovero in Astanteria si rilevano anemia microcitica, splenomegalia, modesta iperbilirubunemia, ferritinemia normale. La ragazza presenta pallore, subittero, bassa statura (confrontata con i genitori e la sorella maggiore), modeste anomalie scheletriche (turricefalia). In Tabella 4 i risultati dello studio familiare. L’analisi del DNA mediante Riverse Doto Blot per la ricerca di mutazioni beta talassemiche ha evidenziato nella paziente la presenza della mutazione GA IVS I.1, ereditata dal padre, e della mutazione CT -101, ereditata dalla madre. La sorella NV presenta la medesima mutazione, silente. Il fratello presenta le due mutazioni, con un quadro clinico caratterizzato da anemia e modeste anomalie scheletriche (turricefalia). I difetti beta talassemici subsilenti, spesso associati a fenotipo ematologico normale, possono causare, in associazione con forme tipiche di beta talassemia, sindrome intermedia anche trasfusione dipendente. E’ utile ricercare questi difetti nei partner dei portatori di difetti talassemici tipici, quando presentano anomalie anche modeste dell’assetto emoglobinico. La Neurodegenerazione associata al difetto di pantetonato chinasi (PKAN) già nota anche come sindrome di Hallervoden-Spatz è inclusa nel gruppo delle sindromi neurodegenerative da accumulo di ferro (Neurodegeneration with Brain Iron Accumulation –NBIA) . La frequenza della malattia viene valutata in 1-3 casi per milione tenendo conto della possibilità che vi siano dei casi non riconosciuti o erroneamente diagnosticati. Ciò porta a stimare che ci sia un portatore sano ogni 275/500 individui. Nella forma classica la PKAN ha un esordio precoce con andamento progressivo e segni neurologici soprattutto extrapiramidali come distonia, disartria e rigidità. Viene qui descritto un caso giunto alla nostra osservazione. S.B., nata nel luglio 1997, ha manifestato sin dai primi mesi di vita disturbi neurologici . Un esame obiettivo effettuato a Roma il 13/10/2003 mostrava andatura lievemente atassica, tremore intenzionale, segni piramidali agli arti inferiori, riflessi da stiramento iperelicitabili, clono del piede bilaterale, Babinski positivo bilateralmente, disartria. L’esame del fundus oculi mostrava persistenza di fibre mieliniche nel settore superiore dei dischi ottici. La valutazione cognitiva mediante elaborazione dei dati alla scala di Griffith rivelava un’età mentale di due anni con un quoziente generale di 38 significativo di ritardo cognitivo di grado medio. Questi Tabella 4. 35 Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 6, n. 3, 2008 segni associati al referto della RMN encefalica fece porre sospetto diagnostico di malattia di Hallervorden Spatz. La diagnosi fu confermata il 28/6/2005 con analisi genetico molecolare che documentò la presenza di due mutazioni (C 1351 T sull’esone 4 e G 1561 A sull’esone 6) del gene PANK2. Da allora la paziente ha assunto ininterrottamente acido pantotenico 500 mg/die, Ibedenone 45 mg/die e Baclofene. La situazione clinica è progressivamente peggiorata per cui nel Dicembre 2007 presso il nostro centro la paziente ( che allora pesava 20 kg e era alta 114 cm) ha cominciato terapia con Deferiprone 25 mg/die in monosomministrazione al mattino. La bambina ha tollerato perfettamente la terapia ( ha sospeso solamente una settimana dal 30/06 al 06/07/2008 in quanto è stata ricoverata per una caduta accidentale che peraltro non ha avuto alcuna conseguenza). Il tasso emoglobinico all’inizio della terapia era 133g/l e la ferritinemia 45 ng/L ; attualmente dopo 9 mesi di terapia il tasso emoglobinico è di 125 g/L e la ferritinemia è di 6 ng/L . Tutti i controlli ematochimici prticati sono nella norma (in particolare ALT, AST, Glicemia, Azotemia, Bilancio del ferro). Le condizioni cliniche sono significativamente migliorate. L’ultimo esame obiettivo neurologico ha mostrato un miglioramento del tono muscolare degli arti e una riduzione dell’escursione delle articolazioni tibio tarsi- che. Ultimamente la paziente ha cominciato a mangiare autonomamente, a pronunciare alcuni vocaboli e a fare alcuni passi senza appoggio. Fenotipo ematologico e clinico in pazienti con triplicazione dei geni alfa ed eterozigosi per beta talassemia Pagano L., Ammirabile M., Ricchi P., Cinque P., Spasiano A., 1Filosa A., Salamandra A., Costantini S. e Prossomariti L. U.O.C. Microcitemia, * U.O.S.S. Talassemia Pediatrica A.O.R.N.“A. Cardarelli” Napoli Il termine Talassemia Intermedia definisce quadri clinici e fenotipi microcitemici che hanno una posizione intermedia fra la semplice eterozigosi asintomatica e l’omozigosi molto grave. Presso il centro “Microcitemia” dell’Azienda Cardarelli sono seguiti all’incirca 108 pazienti affetti da Talassemia Intermedia i cui genotipi sono eterogenei e 19 (15%) presenta un genotipo di eterozigosi per beta-talassemia associato a triplicazione dei geni alfa globinici. In questo lavoro presentiamo il fenotipo ematologico e clinico di 19 pazienti (16 F/3 M) provenienti da 13 famiglie tutte di origine campana, che sono eterozigoti per beta talassemia e presentano tutti la triplicazione dei geni alfa globinici anti 3.7 (vedi Tabella 5). Il fenotipo clinico risulta eterogeneo: Tabella 5. 36 Emothal Atti Congresso So.STE solo due pazienti sono trasfusione dipendente (N. 4 e N.12), cinque sono stati sottoposti a trasfusioni occasionali in gravidanza, due presentano un fenotipo di portatore sano di beta talassemia (N. 6 e N.11). Quattro pazienti presentano splenomegalia e cinque sono stati splenectomizzati. La mutazione CD39 è stata riscontrata in 16 pazienti essendo la mutazione più frequente nella nostra regione, la paziente N.4 presenta una mutazione di origine asiatica IVS2-654 (C→T). L’estrema variabilità fenotipica dei pazienti eterozigoti beta talassemici con triplicazione dei geni alfa globinici , pone un problema per la consulenza genetica. Presenza di ricombinazioni tra i geni alpha globinici in sicilia Passarello C., Giambona A., Vinciguerra M., Leto F., Fiorentino G., Li Muli R., Cassarà F., Cannata M., Lo Gioco P., Renda D., Maggio A. U.O.C. Ematologia II con Talassemia, Ospedale Cervello, Palermo Introduzione. I geni globinici alpha 2 ed alpha 1 sono il risultato di una duplicazione avvenuta circa 60 milioni di anni fa e di ripetute successive ricombinazioni. Nonostante ciò, i due geni sono rimasti quasi identici e differiscono soltanto a livello del secondo introne (IVSII), per la sostituzione del nucleotide 55 (Guanina nel gene α1 e Timina nel gene α2) e per la sostituzione alla posizione 119 (5’-CTCGGCCC-3’ nel gene α1 e Guanina nel gene α2), ed a livello della regione 3’ non tradotta. Una recente ricerca condotta da Law et al. (Haematologica 2006) ha messo in evidenza la presenza di due ricombinazioni tra i geni alpha globinici: la variante alpha 121 nella quale l’octonucleotide dell’IVSII del gene α1 è sostituito dalla Guanina alpha 2 specifica, ed la variante alpha 212 in cui due siti nell’IVSII del gene α2 sono sostituiti da Tabella 6. *Ghana **Marocco °Affetto 37 sequenze alpha 1 specifiche. In questo lavoro vengono riportati i primi casi di queste ricombinazioni ritrovate in diversi soggetti Siciliani e stranieri, di origine Mediterranea, non imparentati tra loro. Materiali e Metodi. Tutti i soggetti sono stati selezionati durante il programma di screening per emoglobinopatie condotto presso il centro talassemia dell’Az.Osp. “V. Cervello”- Palermo. Il DNA è stato estratto con il metodo Fenolo-Cloroformio e successivamente analizzato per mutazioni beta ed alpha. Il gene beta è stato analizzato mediante sequenziamento dal nucleotide – 130 dal CAP al nucleotide 150 nt al 3’ del Poly A, e laddove sospettata la presenza di una delezione mediante GAP-PCR. Entrambi i geni alpha sono stati sequenziati dal nucleotide – 36 dal CAP al nucleotide + 76 al 3’ del Poly-A e le più comuni delezioni di origine Mediterranea (-α3.7, -α4.2, α-Med, α--20.5, α--CAL) sono state analizzate mediante GAP-PCR. Risultati. In 10 soggetti (4 dei quali facenti parte di 2 famiglie) è stata ritrovata la ricombinazione alpha 212 mentre in un soggetto la ricombinazione alpha 121 (vedi Tabella 6). In alcuni di questi soggetti, oltre alle ricombinazioni sono state trovate delle sostituzioni nucleotidiche nell’intone I (IVSI) del gene alpha 2 in posizione 38 e 39. Le ricombinazioni 121 ed 212 e le sostituzioni sono state riscontrate sia in eterozigosi che in omozigosi, sia in associazione con mutazioni alpha che mutazioni beta. I genotipi ed i fenotipi dei soggetti indagati sono riportati in Tabella 6. Discussione. Questi dati suggeriscono che questi alleli ricombinanti, sia che siano in eterozigosi che in omozigosi, non influenzano l’espressione dei geni alpha né di conseguenza il fenotipo dei soggetti portatori. Tuttavia ulteriori studi dovrebbero essere condotti su soggetti con fenotipo normale per valutare la reale presenza di questi alleli nella popolazione Siciliana. Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 6, n. 3, 2008 HB southern Italy: una nuova variante alpha altamente instabile, riscontrata nella popolazione del Sud Italia Passarello C.1, Giambona A.1, Prossomariti L.2, Ammirabile M.2, Pucci P.3, Renda D.1, Pagano L.2, Maggio A.1 1 U.O.C. Ematologia II con Talassemia, Ospedale Vincenzo Cervello 180, CAP 90146, Palermo; 2Centro Microcitemie “A. Mastrobuoni”, Azienda Ospedale Cardarelli, Napoli, Italia; 3 GEINGE Biotecnologie Avanzate scrl and SEMM-European School of Molecular Medicine- Naples Site, Napoli Introduzione. L’alpha talassemia è il più comune disordine monogenetico nel mondo. Data la struttura del cluster alpha le alterazioni più comuni sono rappresentate dalle delezioni che possono coinvolgere zone più o meno estese. Il sequenziamento genico ha, tuttavia, fatto emergere negli ultimi anni la notevole presenza di alterazioni nucleotidiche che colpiscono i singoli geni alpha 2 ed alpha 1 determinando catene globiniche varianti i cui effetti clinici possono essere in alcuni casi anche gravi. Nel Sud Italia l’alpha talassemia risulta essere molto presente e molte sono le varianti alpha riscontrate. In questo lavoro vengono riportati gli effetti clinici di una nuova variante altamente instabile, chiamata Hb Southern Italy, creata dalla co-presenza di due mutazioni puntiformi, già note, in un singolo gene alpha2. Materiali e Metodi. I soggetti sono stati selezionati durante il programma di screening per emoglobinopatie condotto presso il centro talassemia dell’ Az.Osp. “V. Cervello” di Palermo ed il centro per le microcitemie “A.Mastrobuoni” di Napoli. I campioni di sangue di vari membri di 6 differenti famiglie sono stati analizzati secondo metodi standard. Il DNA è stato estratto con il metodo Salting-Out e successivamente analizzato per mutazioni alpha. Entrambi i geni alpha sono stati sequenziati dal nucleotide – 36 dal CAP al nucleotide + 76 al 3’ del Poly-A e le più comuni delezioni di origine Mediterranea (-α3.7, -α4.2, α--Med, α--20.5, α--CAL) sono state analizzate mediante GAP-PCR. Risultati. La sequenza del gene alpha 2 ha messo in evidenza la presenza di una mutazione al codone 26 (GCG→ACG), conosciuta come Hb Caserta, e al codone 130 ((GCT→CCT) conosciuta come Hb SunPrairie; gli studi familiari hanno mostrato che le due mutazioni co-esistono nello stesso gene creando così una nuova variante chiamata da noi Hb Southern Italy. Alle due mutazioni è risultato sempre associato in cis un cambio nucleotidico polimorfico G→A alla posizione +861. Come si vede in tabella tutti i soggetti portatori della nuova variante mostrano un fenotipo da alpha + talassemia con lieve riduzione del volume corpuscolare medio (MCV) e livelli di Hb A2 normali o lievemente più bassi. I soggetti omozigoti per la Hb Southern Italy ed il soggetto con associata la delezione α0 –20.5 presentano fenotipi da talassemia intermedia. Discussione. Questo è il primo caso di una variante con doppia mutazione riportato nel Sud Italia. I fenotipi sia dell’eterozigote che dell’omozigote sono simili a quelli, riportati da altri autori, dei portatori dell’Hb SunPrairie, tuttavia l’Hb Southern Italy risul- Tabella 7. Dati ematologici ed emoglobinici dei vari membri delle famiglie studiate. *Trasfuso ** Non trasfuso 38 Emothal Atti Congresso So.STE ta essere più instabile e non evidenziabile, al contrario della prima, con la spettrometria di massa a cromatografia liquida. Ciò suggerisce che la mutazione al codone 26 contribuisce all’ulteriore instabilità della variante. È importante notare che mentre i soggetti omozigoti per l’Hb Southern Italy, pur presentando una severa anemia, non necessitano di trasfusioni, i soggetti con l’associazione con una alpha0 talassemia presentano una severa malattia da HbH trasfusione dipendente (Tabella 7). Fenotipo di talassemia intermedia (TI) in soggetti eterozigoti per mutazioni del gene beta-globinico e riarrangiamenti sul cluster alfa-globinico Refaldi C.1, Cesaretti C.1, Fasulo M.R.1, Harteveld C.L.2, Giordano P.C.2, Cappellini M.D.1 cia in trans all’allele ααα, determinando la presenza di 7 geni alfa attivi. Il quadro clinico di questa paziente è più severo e richiede una terapia trasfusionale regolare. L’eccesso di catene alfa associato al difetto di catene β aumenta il grado di sbilanciamento del rapporto tra globine α e β con conseguente incrementata precipitazione di globine libere negli eritroblasti midollari e negli eritrociti, peggiorando così il quadro di eritropoiesi inefficace e di emolisi periferica ed aggravando il fenotipo clinico. Le caratteristiche cliniche e genotipiche dei tre casi sono descritte in Tabella 8. Poiché la sola duplicazione del cluster alfa rimane clinicamente silente, si può ipotizzare che la sua frequenza nella popolazione sia più elevata dell’atteso e potrebbe giustificare alcuni quadri inspiegati di talassemia intermedia. 1 Centro Anemie Congenite, Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena 2 Hemoglobinopathies Laboratory, Leiden University Medical Center, Leiden, The Netherlands I portatori eterozigoti di beta-talassemia generalmente manifestano solo una lieve anemia. La presenza di difetti genetici aggiuntivi coereditati insieme alla mutazione β-talassemica può però aggravare il quadro clinico del semplice portatore. In questo lavoro presentiamo tre casi di soggetti eterozigoti per una mutazione beta-talassemica che presentano però un fenotipo intermedio. I difetti beta riscontrati sono nel caso 1 e 2 la mutazione β0 cod39, mentre nel caso 3 la β+ IVSI-110. In tutti i casi sono stati esclusi difetti di membrana o carenze enzimatiche eritrocitarie. L’analisi MLPA (Multiplex Ligation-dipendent Probe Amplification) del locus alfa ha rivelato la presenza di tre nuovi riarrangiamenti, tutti risultanti nella completa duplicazione del cluster dei geni alfa. Nel caso 1 e 3 la duplicazione si associa ad un allele normale in trans, per un totale di 6 geni alfa attivi. Nel caso 2 l’allele con la duplicazione del cluster si assoTabella 8. 39 Genetica dell’emocromatosi ereditaria dell’adulto in sicilia Renda Disma, Renda Maria Concetta, Fecarotta Emanuela, Maggio Aurelio Divisione di Ematologia II con Talassemia, A.O. “V. Cervello” Palermo Introduzione e razionale. L’emocromatosi ereditaria dell’adulto (HH) è una malattia autosomica recessiva caratterizzata da un aumento dell’assorbimento del ferro e da accumulo di ferro nei tessuti. L’incidenza dell’HH nella popolazione Caucasica è di circa 1/300 ed è frequentemente associata a mutazioni del gene HFE, responsabili del 93% di casi di HH. Più raramente la HH è causata da mutazioni presenti nel gene per il recettore 2 della transferrina (TFR2). Una rara forma autosomica dominante di emocromatosi ereditaria è la malattia da ferroportina dovuta a mutazioni presenti nel gene FNP. I dati riportati in letteratura suggeriscono che la prevalenza in Europa dei pazienti affetti da HH si riduce seguendo un gradiente Nord-Sud. Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 6, n. 3, 2008 Dal 1997, subito dopo l’individuazione del gene HFE, su tutti i pazienti che afferivano al nostro centro per sospetta HH, è stata eseguita l’analisi molecolare del gene HFE. Dal 2005 abbiamo esteso l’analisi genetica ai geni TFR2 e FPN. Pazienti e metodi. Sono stati studiati oltre 500 pazienti e 100 casi-controllo. I pazienti inclusi nell’analisi genetica presentavano valori di ferritinemia >300ng/dl e/o un indice di saturazione della transferrina >40%. L’analisi genetica è stata estesa ai familiari dei pazienti con omozigosi o eterozigosi composta e ai familiari dei portatori di eterozigosi HFE - C282Y. L’indagine molecolare dei geni HFE, TfR2 e FPN è stata eseguita tramite sequenziamento genico diretto (CEQ 8800 Beckman) e restrizione enzimatica su frammenti di PCR specifici. Risultati e Discussione. L’analisi dei dati clinici e genetici a nostra disposizione, ci ha permesso di suddividere i casi analizzati in tre principali sottopopolazioni: pazienti con iperferritinemia pazienti con iperferritinemia ed epatopatia cronica virus correlata (HCV positivi) pazienti con iperferritinemia e sindrome metabolica. Tra i pazienti con sospetto di emocromatosi ereditaria HCV negativi 17 (6.3%) sono risultati omozigoti per la mutazione C282Y, 19 (7.0%) omozigoti per la mutazione H63D 11 (4.0%) con eterozigosi composta e 1 con eterozigosi composta H63D/S65C. L’analisi delle frequenze alleliche (FA) mostra che per la variante H63D non vi è nessuna differenza significativa tra i vari gruppi esaminati (pazienti HCV-, familiari di primo grado e controlli). Per la variante C282Y la FA è del 10% nei pazienti HCV-, mentre è intorno all’1% nei controlli ed al 2.3% nei consanguinei. I dati ottenuti dall’analisi genetica evidenziano una prevalenza della mutazione C282Y maggiore di quella descritta in letteratura per la popolazione siciliana ed una frequenza allelica della mutazione H63D più elevata che nel resto della popolazione italiana. Quest’ultimo dato assume particolare rilevanza poiché il 6% della nostra popolazione è portatore sano di beta talassemia. La condizione di omozigosi H63D o di eterozigoti composta S65C/H63D comporta malattia se in presenza di co-fattori favorenti l’assorbimento del ferro come lo stato di portatore sano di talassemia. I dati analizzati suggeriscono che la prevalenza dell’HH potrebbe essere sottostimata per lo scarso utilizzo della determinazione del bilancio marziale nella popolazione maschile. Tipizzazione immunologica del fluido della cavità celomatica di embrioni umani Renda M.C.1, Makrydimas G.2, Fecarotta E.1, Damiani G.3, Jakil M.C.3, Piazza A.1, Maggio A.1 1 Div. Ematologia II con Talassemia, A.O. “V. Cervello”, Palermo; 2Dept of Obst and Gynaec, Ioannina Hosp. (Gr); 3 Unità di Diag. Prenat., A.O. “V. Cervello”, Palermo Introduzione e Razionale. Il trapianto in utero di cellule staminali ematopoietiche (IUHSCT) è ostacolato da due possibili barriere: lo spazio nel midollo osseo e la tolleranza immunologia. Nel feto umano vi è evidenza di una immunocompetenza sin dalla 11° settimana di gestazione. Tuttavia, prima della 10° settimana è impossibile realizzare una procedura di IUHSCT per via vascolare o intraperitoneale. Questo ostacolo potrebbe essere superato con una infusione attraverso la cavità celomatica. Durante il primo trimestre di gestazione è possibile osservare la presenza di due cavità separate: la cavità amniotica e la cavità celomatica. I fluidi contenuti in entrambe le cavità possono essere prelevati con una procedura ecoguidata e analizzati nella loro composizione. Conoscere la composizione cellulare del fluido potrebbe rivelarsi importante nel determinare se l’infusione attraverso la cavità celomatica può dare una opportunità di indurre tolleranza e chimerismo nel feto. Per questo motivo abbiamo studiato il pattern immunologico di fluidi celomatici umani prelevati tra la 6° e la 10° settimana di gestazione. Materiali e Metodi. Previa approvazione del progetto da parte del Comitato Etico Aziendale, alle donne pervenute presso la nostra Azienda Ospedaliera per una interruzione volontaria di gravidanza, è stato proposto di essere incluse in questo studio. Il fluido celomatico è stato ottenuto tramite un prelievo trans-vaginale eco-guidato. Da una aliquota di cellule ottenute dal fluido è stato estratto l’mRNA per l’analisi delle famiglie Vβ, pre-Tα and Cα del TCR. Le rimanenti cellule sono state incubate con anticorpi monoclinali specifici per le linee cellulari CD3+; CD34+; CD105+; CD56+; CD45+; CD45RO+; CD45RA+. L’analisi è stata eseguita impiegando forward scatter/ side scatter e CD45 gating. Risultati e Discussione. Abbiamo studiato il pattern immunologico di 17 fluidi celomatici prelevati da feti compresi tra la 6° e la 10° settimana di gestazione per rilevare la presenza di transcritti VDJβ-TCR riarrangiati e per la presenza di antigeni delle cellule T, B, NK e mesenchimali. 7/17 (40%) campioni mostravano una espressione di trascritti 40 Emothal Atti Congresso So.STE riarrangiati Vβ-TCR. L’analisi del pattern cellulare mostrava una frequenza molto bassa di linfociti T, pre-B, B e cellule NK. L’alta frequenza di cellule CD105 positive suggerisce che le cellule mesenchimali/epiteliali costituiscono la popolazione cellulare più rappresentata nel fluido celomatico. La presenza dell’espressione delle sole catene pre-Tα, specifiche del pre-TCR e la bassa frequenza di antigeni specifici per linfociti T, pre-B and B ed NK suggerisce che la cavità celomatica potrebbe essere considerata una nuova via di accesso per il superamento della barriera immunologia all’attecchimento del trapianto di cellule staminali nel feto o per l’induzione di una tolleranza donatore-specifica. Identificazione di una nuova delezione alfa°-talassemica in due pazienti affetti da HBH Sessa R.1, Puzone S.1, Ammirabile M.2, Pagano L.2, Esposito P.1, Piscopo C.1,3, Izzo P.1, Grosso M.1 1 Dip. Biochimica e Biotecnologie Mediche, Università di Napoli Federico II; 2U.O.C. Microcitemia A.O.R.N. Cardarelli; 3 CEINGE-Biotecnologie Avanzate, Napoli Recentemente, nel corso di uno studio per la caratterizzazione molecolare di pazienti con HbH, abbiamo identificato una nuova delezione α-talassemica in due pazienti provenienti da due famiglie originarie della Campania. In entrambi i casi, la ricerca delle mutazioni α-talassemiche più frequenti nel Mediterraneo aveva mostrato la presenza della mutazione α+-3.7 in apparente omozigosi. Infatti, l’analisi molecolare estesa ai componenti familiari aveva mostrato lo stato di eterozigosi per la delezione ·+-3.7 solo in uno dei genitori, mentre nell’altro non era presente alcuna delle mutazioni in esame. Inoltre, l’analisi di sequenza estesa ai due geni α-globinici aveva escluso la presenza di mutazioni puntiformi rare. Questo dato ha portato ad ipotizzare che il fenotipo HbH fosse dovuto in entrambi i casi alla presenza di un difetto delezionale raro di tipo α°. In entrambi i pazienti, l’analisi mediante Southern blot ha permesso di individuare la presenza di un pattern anomalo di restrizione solo con una sonda corrispondente al gene theta 1, che determinava la comparsa di un frammento anomalo di circa 6.3 kb. Questo dato indica la presenza di una delezione che rimuove un’estesa regione compresa tra i geni ζ- e α-globinici. Tale pattern di restrizione non risulta sovrapponibile a quello di altre delezioni α-talassemiche riportate in letteratura, anche se mostra delle analogie con quello della rara delezione α°--CAL, inizialmente descritta in 41 una paziente di origine calabrese. Al fine di caratterizzare i breakpoint di questa nuova delezione, abbiamo quindi effettuato un’amplificazione allelespecifica utilizzando gli stessi oligonucleotidi specifici per la delezione α°-CAL. Nei nostri due casi, al posto di un frammento atteso di circa 400 bp, abbiamo ottenuto un prodotto di amplificazione di circa 2 kb. L’analisi di sequenza effettuata sul frammento di DNA così ottenuto ha permesso di determinare i punti di breakpoint di questa nuova delezione che cadono in una regione interna alla delezione --CAL, corrispondenti a due diverse sequenze Alu. La nuova delezione è quindi differente dalla --CAL e, essendo stata individuata in due famiglie di origine campana, è stata chiamata di tipo α°-Campania. In entrambi i casi da noi descritti la nuova delezione dà origine ad un fenotipo HbH quando è associata al difetto α+ talassemico -3.7. Le basi molecolari dell’alfa talassemia nel polesine Vaccari M.G., Cavazzunti C., Ammendola R., Chiavilli F., Gavioli F., Lobue G., Scipioni C., Tocchetto M., Potenza R. Dipartimento di Medicina Trasfusionale Centro Microcitemia Azienda ULSS, Rovigo Premessa. Nella popolazione della Provincia di Rovigo (Polesine) sono frequenti i difetti beta talassemici, ma anche la presenza dei trait alfa talassemici è significativa. Il sospetto diagnostico si basa sul fenotipo ematologico (MCV< 80 fL, MCH <<25 pg, Hb A2 <3,5. Materiali e Metodi. La diagnosi era completata, fino al 2006 dallo studio del rapporto di sintesi fra le catene globiniche, attualmente il nostro laboratorio utilizza l’analisi del DNA mediante Reverse Dot Blot per la ricerca dei difetti alfa talassemici (Nuclear Laser Medicine). Risultati. Da dicembre 2006 ad agosto 2008 abbiamo studiato 50 soggetti, 41 di origine italiana, 1 di origine romena e 8 africani. Nei soggetti studiati sono stati individuate le mutazioni: IVS I-5 nt (10), delezione – 3,7 (25), delezione – 3,7 omozigote (3), delezione -20,5 (2), delezione - - MED (5), triplicazione del gene alfa (4). Discussione. La maggior parte dei trait rilevati si può definire lieve. In particolare, i difetti IVS I - 5 nt, - 3,7 e - 4,2 sono correlati a patologia solo in associazione con difetti severi. La delezione - MED allo stato omozigote determina idrope fetale; associata a difetti più lievi determina la cosiddetta Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 6, n. 3, 2008 malattia da Hb H, anemia emolitica cronica, generalmente non trasfusione dipendente. E’ stata rilevata, in associazione con altri difetti alfa talassemici, in due pazienti con malattia da Hb H. La triplicazione del gene alfa determina uno squilibrio di sintesi delle catene globiniche tipo trait beta; in associazione con altri trait beta talassemici determina una sindrome talassemica intermedia. In un caso la triplicazione del gene alfa è stata rilevata associata a mutazione C-G dell’IVS II.745 in un paziente adulto (53 aa) affetto da sindrome talassemica trasfusione dipendente. Si può concludere che la diagnosi molecolare dei difetti alfa talassemici permette la definizione diagnostica di sindromi clinicamente significative; la diagnosi del difetto molecolare è fondamentale per l’adeguata consulenza genetica ai portatori di difetti alfa talassemici. Talassemia intermedia: caratterizzazione delle basi molecolari Vaccari M.G., Cavazzunti C., Ammendola R., Chiavilli F., Gavioli F., Lobue G., Scipioni C., Tocchetto M., Potenza R. Dipartimento di Medicina Trasfusionale Centro Microcitemia Azienda ULSS, Rovigo I trait beta talassemici subsilenti sono condizioni rare caratterizzate nell’eterozigote da fenotipo ematologico normale, Hb A2 normale o modicamente aumentata, modesto sbilanciamento della sintesi delle catene globiniche. Gli eterozigoti composti per queste anomalie e per tipici difetti talassemici sono spesso affetti da talassemia intermedia. Abbiamo studiato una famiglia nella quale erano presenti un difetto lieve del gene beta e due difetti del gene alfa globinico. Discussione. M.S. 53 anni Riferisce di essere portatore di trait beta talassemi- co. Sposato, ha due figli, lavora come magazziniere. A 50 anni IMA. Durante il ricovero riscontro di anemia. Diagnosi di crisi emolitica in microcitemico. Dopo due mesi dalla dimissione inizia regolare terapia emotrasfusionale (2 unità/15 gg), per ‘anemia in microcitemico’ .Si presenta per approfondimento diagnostico: presenta pallore, iperbilirubinemia indiretta, splenomegalia (diam 15 cm). E’portatore del difetto C-G IVS II.745 e di triplicazione del gene alfa.. Il figlio MD presenta il difetto C-G IVS II.745 e la mutazione alfa IVS I -5 nt, con fenotipo ematologico normale e Hb A2 aumentata. Il figlio MD è portatore della triplicazione alfa e della mutazione C-G IVS II.754, come il padre, e della mutazione alfa IVSI -5 nt. Il fenotipo ematologico è quello di un trait beta talassemico, verosimilmente la contemporanea presenza del trait alfa talassemico determina un fenotipo meno severo (Tabella 9). HB San Cataldo [‚144 (hc1) lys>THR HBB:c.434 a>c]: una nuova variante emoglobinica con incrementata affinità per l’ossigeno Vinciguerra M., Giambona A., Passarello C., Leto F., Li Muli R., Fiorentino G., Cassarà F., Cannata M., Lo Gioco P., Di Salvo V., Renda D., Maggio A. Azienda Ospedaliera “V. Cervello”, Unità Operativa di Ematologia II, Palermo. Introduzione. Sostituzioni amminoacidiche nei punti di contatto tra le catene α e β e nella zona carbossi-terminale della catena globinica, essenziale nell’effetto Bohr e nel legame con 2-3 difosfoglicerato, danno luogo a varianti con alterata affinità per l’ossigeno (O2). Le varianti emoglobiniche con affinità per l’ossigeno aumentata rilasciano meno O2 alla pressione parziale di O2 (PO2) tissutale; ciò determina anemia Tabella 9. 42 Emothal Atti Congresso So.STE Tabella 10. *probando e ipossia con conseguente secrezione a livello renale di eritropoietina, la quale agisce a livello midollare stimolando l’eritropoiesi: l’effetto che ne deriva è la policitemia, da non confondere con la policitemia vera dove aumentano anche leucociti e piastrine. Nella maggior parte dei casi si riscontra un’eritrocitosi familiare associata a livelli elevati di emoglobina; tali varianti sono per lo più asintomatiche e, quindi, vengono identificate solo nel corso di esami ematologici di routine per la presenza di eritrocitosi. Le varianti con affinità per l’ossigeno diminuita sono meno numerose; sono ben ossigenate nei polmoni e rilasciano più facilmente l’O2 ai tessuti. Sono caratterizzate da cianosi fin dai primi giorni di vita e da una leggera anemia. Materiali e Metodi. I soggetti sono stati selezionati durante l’attività di screening per le emoglobinopatie svolta presso il nostro centro. Il probando è una donna di 59 anni afferita al nostro servizio di talassemia; lo studio di primo livello (esame emocromocitometrico completo e determinazione delle frazioni emoglobiniche con cromatografia liquida ad alta pressione – HPLC) ha evidenziato un quadro di eritrocitosi che ha portato ad approfondire il caso con l’analisi molecolare. Il DNA è stato estratto da sangue periferico con il metodo fenolo-cloroformio; il gene β-globinico, amplificato con primers specifici, è stato sequenziato da -130 nt dal CAP a 120 nt dal polyA. Si è, quindi, proceduto con lo studio familiare. Risultati. I dati ematologici del probando (FMC) mostravano un quadro di eritrocitosi non accompagnata da un aumento di leucociti e piastrine; ciò ha escluso la possibilità che si trattasse di policitemia vera. I livelli di emoglobina erano elevati, così come il valore dell’ematocrito (vedi Tabella 10). 43 Il quadro emoglobinico mostrava un valore di HbA2 lievemente incrementato e la presenza di una banda patologica in zona P3 del 41%. L’analisi di sequenza del gene β-globinico ha rilevato una sostituzione nucleotidica nel terzo esone, non descritta in letteratura, e, precisamente, al COD 144 (AAG>ACG); ciò porta ad una sostituzione aminoacidica (lisina>treonina). In letteratura sono riportate tre varianti emoglobiniche che interessano il medesimo codone: Hb Barbizon [β144 (HC1) Lys>Met]; Hb Andrew –Minneapolis [β144 (HC1) Lys>Asn] e Hb Mito [β144 (HC1) Lys>Glu]. In tutti e tre i casi viene riferita un’affinità per l’O2 incrementata. Studi funzionali (curva di dissociazione O2) hanno evidenziato che anche questa nuova alterazione molecolare da noi riscontrata porta ad un incremento dell’affinità per l’ossigeno. Lo studio familiare ha evidenziato la presenza di tale emoglobina variante anche in un altro soggetto di 24 anni (DFL), figlia del probando, che presenta un quadro fenotipico analogo alla madre (vedi Tabella 10). Conclusioni. L’attenta valutazione del quadro ematologico ed emoglobinico è il punto di partenza fondamentale nell’attività di screening per le emoglobinopatie. Nel caso di varianti emoglobiniche, lo studio di primo livello fornisce una diagnosi “presuntiva” cui deve seguire la conferma molecolare; le problematiche principali sono legate alla valutazione delle eventuali alterazioni funzionali di emoglobine varianti non riportate in letteratura come quella da noi riscontrata e, soprattutto, alle interazioni con mutazioni β-trait o βS-trait. Il principale risvolto di tali problematiche è la difficoltà nella formulazione del referto e nel fare un’adeguata consulenza genetica in coppie a rischio.