Nûba d`or et de lumière Regia e sceneggiatura: Izza Genini

Nûba d’or et de lumière
Regia e sceneggiatura: Izza Genini – Montaggio: Claude Santiago, Abderrahim Mettour Fotografia: Jean-Jacques Mrejen, Guillaume Génini – Produzione: OHRA (Paris).
Francia/Marocco, 2007, beta col., 80’
Izza Genini, nella sua ricerca di origini e radici, personali, familiari e culturali è davvero arrivata
nell’oasi di Ouled Moumen da dove la sua famiglia è partita per vivere in luoghi lontanissimi del
pianeta ad esempio il Canada, il Messico e la Francia, però dice sempre di avere trovato sé stessa e
la sua storia nella musica andaluso-magrebina. Così l’amore per questa forma di musica e cultura
l’ha portata a realizzare una consistente filmografia dedicata alle forme musicali la cui origine risale
all’irripetibile periodo della convivenzia, quando nella Spagna moresca fiorivano armoniosamente
artisti cristiani, musulmani ed ebrei. I film di Izza Genini ripercorrono l’evoluzione di queste forme
musicali, ricostruendo le reti di migrazioni, gli incroci di lingue e culture ad esse sottese. Il
sottotitolo di Nûba d’or et de lumière è una sinfonia andalusa. L’Andalusia infatti, è stata il centro
di una diaspora umana e culturale che coincide con la reconquista del 1492, quando i mori, cacciati
dalla Spagna, si stabilirono prevalentemente in Marocco e Tunisia, ma anche sulle altre coste del
Mediterraneo. Il film di Genini attraversa molti secoli di storia grazie ad una accurata e affascinante
ricognizione nella musica classica e popolare del Marocco chiamata al-alah ricca di influenze
ebraiche, arabe, e cattoliche. Il ruolo di centri di cultura come la città di Cordoba ha fortemente
influenzato anche la musica medievale europea, ma l’invenzione della forma musicale chiamata
nûba è tradizionalmente attribuita ad un musicista persiano di nome Zyrab. Gli interni marocchini,
gli abiti dei musicisti e la bellezza degli strumenti sono valorizzati dalla regista che ci comunica la
passione di che esegue e il piacere di che ascolta. Il repertorio di orchestre e solisti è molto variato,
ascoltiamo orchestre con violini, percussioni particolarissime e zither, orchestre come quella di
Tetuan includono pianoforte e clarinetti. Alcune di sole voci, sono completamente femminili, altre
soltanto maschili.
Izza Genini
È nata in Marocco e vive in Francia dal 1960. Autrice, regista e produttrice di film e documentari,
nel 1973 fonda e gestisce la società di produzione e distribuzione OHRA a Parigi. Autrice di
numerosi articoli e libri sulla cultura marocchina fra cui: Maroc (1988, Ed. Richer/Vilo), Maroc,
Royaume des 1001 Fêtes (1998, Ed. Plume) e un Cd-Rom Maroc Rythmes et Cultures prodotto per
Project Images Films. Nel 2007 presenta a Cannes il film Transes (1981), opera prima di Ahmed El
Maanouni prodotta da Izza Genini e da Souheil Ben Barka ed ora restaurata dalla World Cinema
Foundation di Martin Scorsese.
Filmografia
Maroc, Corps Et âme (1987-1992, serie di documentari: Aita - Louanges - Des luths et délices Gnaouas - Malhoune - Rythmes de Marrakech - Chants pour un Shabbat - Cantiques Brodés Vibrations en Haut Atlas - Nuptiales en Moyen Atlas – Moussem); Retrouver Ouled Moumen
(1994); Concerto pour 13 voix (1995); Voix du Maroc (1995); Pour le plaisir des yeux… (1997); La
route du cédrat, le fruit de la Splendeur (1997); Tambours Battant (1999); Cyberstories (2001);
Maroc, Corps Et âme (2004, serie di documentari: Transes marocaines - Danses et cadences
marocaines - Fêtes et fantasias au Maroc - Racines judéo-marocaines - Hazanout, Chants sacrés);
Nûba d’or et de lumière (2007).
Il nuovo film della regista Izza Genini valorizza la musica Andalusa
Questo film ha recentemente vinto il premio Mediteranius del Festival di Granada, in Spagna ed è
stato accolto in modo molto favorevole dalla critica anche negli Stati Uniti.
In un incontro esclusivo con Magharebia, Izza Genini parla della visione che il suo film offre del
Marocco, una terra di dialogo e di tolleranza, e del modo in cui la sua musica trascende le frontiere,
le razze e le etnie.
Magharebia: Chi è Izza Genini?
Izza Genini: Izza Genini è una donna marocchina che deve il suo nome a sua nonna IIja, ebrea di
origine berbera. Ho lasciato il Marocco a 17 anni per la Francia, ma sono rimasta affezionata al mio
paese d’origine al punto di dedicargli tutto il mio lavoro.
M.: Può dirci di più sul suo documentario Nûba d’or et de lumière?
I. G.: Nûba d’or et de lumière è il mio nuovo film, il più lungo (78’) ed il più audace. Trattare della
musica arabo-andalusa della Nûba sensa essere né una muluaa (un’adepta), né una specialista, era
rischioso per varie ragioni. Ho osato… e se oggi il film è apprezzato e riconosciuto dai più esigenti
amatori di questa musica, è grazie a tutti quelli che mi hanno accompagnato in questa avventura, in
primo luogo i musicisti stessi.
M.: L’ha presentato recentemente ad un festival negli Stati Uniti. E’ stata soddisfatta dalle critiche?
I. G.: In effetti, il film è stato proiettato a Houston, a New York e a Portland e lo sarà anche a
Montreal e a Los Angeles, in vari festival di musica, festival di cultura araba o sefardita, e davanti a
dei pubblici molto differenti che, ognuno a suo modo, accolgono il film con entusiasmo.
La scommessa di questo film è anche questa: essere ammesso dall’interno dagli innamorati
marocchini di El Ala, e rivelare questa musica a quelli che l’ignorano all’esterno.
M.: Questo film parla di un patrimonio comune tra musulmani ed ebrei. Ha un messaggio da
trasmettere?
I. G.: Penso che Nûba d’or et de lumière tenti più di trasmettere il piacere della musica piuttosto
che un messaggio, ma raccontando questa musica, mostrandola nel suo dividersi naturale tra le
differenti comunità, che siano cristiane, ebraiche o musulmane, il film segna chiaramente uno
spazio dove, al di là dei secoli e dei dissensi, gli esseri possono vivere in armonia.
M.: Si tratta di trasmettere un’immagine di tolleranza e coabitazione sulla terra marocchina?
I. G.: Il Marocco illustra questa realtà in modo particolare dal momento che non ha mai smesso di
intrattenere questa coabitazione, in particolare nella musica. È sufficiente riferirsi alle innumerevoli
iniziative di incontri tra musicisti, come il primo ed eccezionale incontro tra il fu Abdessadek
Chekara ed il rabino Haim Louk a Parigi nel 1988, all’iniziativa dell’associazione Identità e
Dialogo, o il Festival delle Andalusie Atlantiche d’Essaouira,che offre un esempio unico e allegro
di simbiosi culturali.
M.: E lei come ha vissuto questa esperienza di coabitazione o di simbiosi in Marocco?
I. G.: Personalmente, ho avuto il privilegio di vivere la mia infanzia e la mia gioventù in Marocco,
in una totale mescolanza: non solo tra ebrei e musulmani, ma anche francesi e spagnoli, in un
allegro mélange di classi sociali e lingue differenti. Ne sono fiera e riconoscente.
E se questo traspare nei miei film, è perché l’ho vissuto.
M.: E’ possibile dire che la sua serie di undici documentari Marocco: corpo e anima racconta la
storia del Marocco e dei suoi differenti aspetti culturali, sociali e religiosi?
I. G.: La serie di film documentario che ho prodotto e realizzato sul Marocco non ha altre vocazioni
che quella di essere una testimonianza ed un atto di condivisione. Non ho né i mezzi accademici, né
il desiderio di fare dei film a carattere storico, sociale o religioso, ma offrendo agli artisti
l’occasione di esprimere la loro arte davanti alla telecamera o posando il mio proprio sguardo sulle
nostre ricchezze culturali, vi contribuisco forse.
M.: Che eco trovano i suoi film presso i marocchini di tutto il mondo, musulmani ed ebrei?
I. G.: Quando ho avuto l’idea di realizzare nel 1987 il mio primo documentario su Fatna Bent El
Vocine, pace alla sua anima, io rispondevo ad uno slancio personale. Come Monsieur Jourdain che
“faceva della prosa senza saperlo”, non sapevo che questo film sarebbe stato il primo di una lunga
serie, che avrebbe viaggiato nel mondo negli anni, attraverso festival e musei, incontrando i
marocchini all’estero e il pubblico locale.
A Montreal, i primi di novembre, nel’ambito del Festival delle Culture del Mondo Arabo, saranno
presentati circa una decina di miei film. Tuttavia in Marocco, rimane da organizzare la diffusione
commerciale e culturale di questo lavoro, che fa oggi parte del nostro patrimonio.
Intervista di Imane Belhaj per Magharebia a Casablanca
Nûba d’or et de lumière - Musique arabo-andalouse marocaine, Buda Musique
Izza Genini è nata in Marocco nel 1942 in una famiglia di ebrei marocchini; ha seguito la sua
famiglia in Francia nel 1960 dove ha svolto i suoi studi e ha poi cominciato a riscoprire il suo paese
natale. Appassionata di cinema e di musica, scopre allora, ritornando nel proprio paese, l'estrema
ricchezza e soprattutto la permanenza del patrimonio musicale marocchino, dal più popolare al più
colto, ancora vivo: “Quello che scoprivo riscoprendo il Marocco stesso, era un patrimonio
incredibilmente vivo: attorno a me, nelle case, nelle serate private, tutti sapevano cantare, danzare,
suonare il tamburo, recitare una qasida di malhoun... io no”, spiegava in un'intervista del gennaio
2005. E così, dopo una ventina d’anni, si lancia nella realizzazione di una serie di film musicali, per
la maggior parte documentari, girati ai quattro angoli del paese. La serie dei documentari Maroc
corps et âme (Marocco anima e corpo) comprende i film Voix du maroc, Rythmes de Marrakech, o
Cantiques brodés, quest'ultimo sulla tradizione del matrouz (ricamo), i canti in cui si mescolano
arabo ed ebraico, cantati nel film da Abdelsadek Chekara e il rabbino Haïm Louk. Uno dei
messaggi chiave che Izza difende nei suoi film è proprio quello della tolleranza tra le diverse
comunità che vivevano anticamente in Marocco e che si scambiarono le rispettive tradizioni
musicali. Nûba d’or et de lumière è la colonna sonora del suo ultimo film, omonimo, che ritraccia la
storia e la diversità di questa forma musicale – la nouba, o suite – che rappresenta l'essenza della
musica classica arabo-andalusa: dall'Orchestra del Conservatorio di Tétouan, fino ai musicisti del
café Hannafa di Tangeri. I brani sono tanto tristi e malinconici, quanto gioiosi e ritmati e arricchiti
da yu-yu propri delle feste di matrimonio e altre occasioni simili, altri ancora sono poesie recitate,
come nella tradizione del malhoun. Siamo rimasti colpiti in particolar modo dalle magnifiche
interpretazioni di Françoise Atlan, marocchina ebrea come Izza Genini, formatasi al Conservatorio
di Saint-Etienne e di Aix-en-Provence e vincitrice nel 1984 di un premio per pianoforte e musica da
camera, che ha scelto di cantare il repertorio classico andaluso. In particolare, in questo cd presenta
uno dei Cantigas de Santa Maria, composti da un gruppo di poeti e musicisti musulmani, ebrei e
cristiani (alcuni testi contano 26 artisti ingaggiati per questa vasta impresa), sotto l'egida di Alfonso
X, re di Castiglia (1252-1284). Ci piace il fatto che il libretto del cd presenti le traduzioni delle
poesie che costituiscono i testi di queste pièces musicali, cantate con continuità da 1400 anni, nei
colti conservatori come nei caffè popolari. Come il testo di uno dei brani cantati della Nûba elOshaq, o Nuba del Desiderio:
Le matin
brandit sa bannière
chatoyante de couleurs.
L’aube entre en scène.
Telle un fier guerrier,
elle tire son épée du fourreau
chamarré.
Soudain mon bien-aimé tressaille,
son coeur s’enflamme.
Les amants rayonnent,
ils baignent
dans un parfum de paradis.
(...)
Ô mon bien-aimé, verse encore
des coupes de ce nectar.
Prodigieuse matinée !
Retenons-la
avant que les oiseaux ne quittent
leur nid.
Que le ‘ûd et le reba
fassent vibrer notre âme !
(Il mattino innalza il suo stendardo di colori cangianti/ L'alba entra in scena/ Come un fiero
guerriero sguaina la sua spada dal ricco fodero/ All'improvviso il mio amore trasale/ si infiamma il
suo cuore/ Gli amanti risplendono, si bagnano nel profumo del paradiso. (…) Versa ancora, amore
mio, questo nettare nelle nostre coppe/ Mattino di prodigio!/ Teniamolo stretto prima che gli uccelli
lascino il loro nido/ Facciano vibrare lo 'oud e il rebab le corde delle nostre anime)
Coloro che, nel nome dell'islam e della tradizione, intendono imporre severità, un’eccessiva censura
morale e interdire tutta la musica profana, non hanno certo letto a dovere il proprio libro di storia...
e sono di sicuro mal istruiti! L'islam vieta la presenza di strumenti musicali nelle moschee, dicono
alcune interpretazioni, ma di certo non ha mai proibito gli strumenti musicali in assoluto e le
canzoni d'amore, che non fanno male a nessuno, come qualcuno vorrebbe far credere...
Nadia Khouri-Dagher, 12 settembre 2009