L`ORDINE "NON-LOCALE" DI BOHM, L`INCONSCIO, LA PSI

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L'ORDINE "NON-LOCALE" DI BOHM, L'INCONSCIO, LA PSI
C'è un principio fondamentale che occorre applicare alla realtà affinché
la facoltà paranormale sia credibile: l'esistenza nell'universo di un meccanismo
di annullamento di ogni forma di separazione sia spaziale che temporale. E'
chiaro che, se un individuo percepisce telepaticamente il pensiero di un suo
simile, oppure se prevede un evento che avverrà, qualcosa in quel momento ha
eliminato radicalmente ogni barriera, ogni distanza nello spazio o nel tempo che
lo separa dall'altra persona o da quell'evento futuro.
Ora l'assunzione di tale processo di annullamento è molto impegnativa perché
la natura ci pone costantemente sotto gli occhi una legge elementare secondo cui
ciascun oggetto é ben separato dagli altri oggetti, ciascun organismo dagli
altri organismi, ciascuna mente dalle altre menti. Possiamo accettare che
l'azione dell'ipotetico processo unificatore sia sporadica e frammentaria quanto
si vuole, ma é necessario che il processo stesso esista se vogliamo concedere
alla psi una base di ragionevole attendibilità. C'è anche un altro concetto
egualmente importante per assumere tale motivo di credibilità: che il menzionato
fattore di unione, paradossalmente, contenga in sé una qualche forma di ordine,
una sistema organizzato di elementi – in qualche modo – distinti, che
impediscano alla sua logica fusionale di far precipitare la realtà in uno stato
di uniformità magmatica in cui nessun oggetto, nessun fenomeno può demarcarsi
dai suoi contigui.
C'è da notare che il carattere evidentemente molto impegnativo del
principio non ci consente di sviluppare l'argomento su un solo piano
disciplinare. Se la realtà permette, in condizioni molto particolari, un così
radicale processo di annullamento, la sua verifica richiederà un esame multiplo
condotto da vari punti di vista, relativo a diverse categorie di fenomeni.
Richiederà inoltre un confronto reciproco di tali diverse valutazioni
nell'obbiettivo anche di individuare, se esiste, una struttura, uno schema di
comportamento comune e ricorrente del fenomeno. Il criterio é del resto
implicito nello stesso assetto della ricerca parapsicologica che richiede, forse
come nessun altra area di ricerca, un impegno radicalmente interdisciplinare.
Ciascun fenomeno deve esser visto e confrontato nei suoi aspetti psicologici,
fisici, biologici, comunicativi e le diverse ottiche devono essere ancora
integrate in una valutazione organica del fenomeno o del problema.
Nell'obbiettivo, ovviamente limitato, di questo intervento ci proponiamo di
analizzare la teoria di Bohm confrontando quattro temi scientifici assai
ricorrenti nella parapsicologia: il concetto appena accennato della "nonlocalità" quantistica su cui si basa la teoria stessa, l'inconscio, certi
processi simbolici della magia primitiva come analizzati dall'antropologia. Come
quarto elemento del confronto propongo un riferimento al problema teorico della
parapsicologia che è sempre stato un tema di fondo dei miei articoli pubblicati
sui “Quaderni”. Nello sviluppo generale della mia ricerca questo intervento
riprende l'argomento di un mio precedente articolo sulla possibile base
quantistica dei processi mentali, approfondendone alcuni aspetti, riducendone o
sintetizzandone altri.
1) LA NON-LOCALITA'
E' divenuta nozione di dominio abbastanza comune il fatto che la fisica
moderna ha una visione della microrealtà caratterizzata da ricorrenti fenomeni
di annullamento dello spazio, del tempo, della causalità. Senza entrare in
dettagli (per l’auditore interessato rimando al mio precedente articolo sui
"Quaderni" dell’ottobre 2003) ricordo che gli aspetti più vistosi di questo
processo sono strani effetti di bilocazione per cui una microparticella sembra
poter essere presente in due luoghi contemporaneamente ed altrettanto strane
interdipendenze per cui la realtà - secondo un principio più radicale, la stessa
esistenza - di ciascuna microparticella sembra dipendere dall'intervento di un
"osservatore" che ne fa oggetto della propria registrazione strumentale. In
particolare tutte le osservazioni sperimentali ci danno motivo per ritenere che
tra due particelle che abbiano precedentemente interagito permanga un
incomprensibile legame che fa sì che alcune proprietà misurabili dell'una
1
restino indissolubilmente legate alle analoghe proprietà dell'altra, come se le
due particelle non si fossero mai separate.
I fisici chiamano "non-località" o "non-separabilità" questo fenomeno e mettono
in evidenza la portata universale degli effetti che comporta l'accettazione del
principio. Dato, infatti, che non esiste praticamente particella che non abbia
interagito con almeno un'altra particella, il principio stesso prospetta un
processo di amplificazione a cascata implicante un universo in cui finisce per
non esistere più oggetto o evento che sia realmente separato dagli altri.
Per quanto siano diversi i fisici - anche famosi come alcuni padri della
meccanica quantistica - che hanno visto una relazione tra i principi della
teoria dei quanti e la natura della facoltà psi, nella presente relazione
dedichiamo un'attenzione particolare alla tesi di David Bohm, docente
all'università di Londra recentemente scomparso, per specifici problemi di
pertinenza con quello che sappiamo sul modo di essere e di manifestarsi
dell'ipotetica facoltà.
Entrando un po' più in dettaglio diciamo che Bohm ha elaborato una
concezione radicalmente unitaria della realtà in cui ciascuna particella,
ciascun evento microfisico grazie al processo di connessione (a-causale)
quantica con ogni altra particella é una sorta di unità speculare che riflette
l'intero universo. E' una visione della realtà che implica un concetto
fondamentale per il nostro argomento legato alla credibilità della facoltà psi,
concetto su cui intendo invitare a riflettere proprio in rapporto al tema
parapsicologico. Si tratta del concetto di "ordine implicato" (implicate order),
o ordine nascosto, ovvero della presupposizione di un ordine più profondo della
realtà che in qualche modo dà origine a tutti gli eventi fisici e mentali della
realtà stessa. Si tratta di un ordine che, é bene metterlo in evidenza, non é
assolutamente percepibile con i sensi, né accessibile strumentalmente.
Il modello cui Bohm ricorre per spiegare l'esistenza di tale ordine é quello
degli ologrammi, la nota tecnica di fotografia tridimensionale che si avvale del
laser e di un particolare tipo di registrazione in base alla quale ciascun punto
della pellicola racchiude in sé l'immagine dell'intero oggetto da riprodurre
(nella normale fotografia a ciascun punto della pellicola corrisponde invece,
secondo un rapporto biunivoco, un punto dell'oggetto da registrare). Sul piano
fisico ciò che rende possibile il processo é la singolare proprietà delle onde
luminose di interferire tra loro creando configurazioni stabili in cui possono
incapsularsi informazioni sulle immagini provenienti dall'oggetto o gli oggetti
illuminati. Sul piano matematico il processo é reso possibile da un'elaborazione
alquanto complessa nota come integrale di Fourier.
Ora,
per
avere
un'idea,
in
base
al
modello
degli
ologrammi,
dell'irreperibilità dell'ordine implicato, possiamo proporre l'osservazione che
la pellicola di un ologramma presenta una superficie ruvida e frastagliata che
non mostra alcunché di assimilabile al concetto di ordine. In particolare non vi
si
individua
minimamente
l'immagine
dell'oggetto
riprodotto
nonostante
l'immagine vi sia ben registrata e con una perfezione di particolari e con una
possibilità di ricognizioni visive che la normale fotografia non consente
minimamente.
Per valutare meglio, tuttavia, quale possibile relazione presenti con
la facoltà psi tale meccanismo di incapsulamento del tutto nella parte - legato
integrativamente alla natura olografica e al carattere non-locale della
concezione di Bohm - dobbiamo cercare di capire qualcosa in più dello strano
ordine ipotizzato dal fisico americano. Di quale ineffabile condizione
dell'esistenza si tratta? Com'e possibile che vi si colleghino tanto i processi
fisici che quelli mentali? E, in particolare, qual'è il rapporto con questi
ultimi? Ed é possibile individuare nella mente, nel pensiero qualcosa che,
parallelamente a come avviene nel mondo fisico, rinvii ad un analogo ordine
nascosto?
Quest'ultimo interrogativo é per noi particolarmente importante perché gli
spazi di credibilità della facoltà paranormale si individuano molto dai
meccanismi di interazione tra mondo fisico e realtà mentale, tra esteriorità e
interiorità. Ciò che interessa la parapsicologia sono proprio le convergenze tra
i due piani di realtà perché i suoi fenomeni, se esistono, derivano
sostanzialmente proprio da tale interazione e occorre pertanto capire come
2
queste stesse dimensioni possono influire l'una sull'altra. L'argomento che
propongo quindi in queste osservazioni é l'individuazione di possibili
meccanismi operanti così nella dimensione psichica come in quella della cultura
che parallelamente conducano alla formulazione di quell'ordine celato la cui
esistenza Bohm ritiene di dedurre dal comportamento e dalla logica operante del
mondo microfisico. Più specificatamente ci interessa valutare la possibilità che
tale ordine venga individuato con una catena di passaggi logici simmetrica a
quella con cui viene individuato nei processi quantistici. Ci interessa inoltre
valutare, sempre sul piano logico, se e quanto il possibile ordine nascosto
esistente a livello psichico manifesti un isomorfismo di struttura e di
operatività identici a quello individuato da Bohm nella realtà microfisica.
Per rendere più concreta la valutazione della fondatezza di tale
parallelismo restringerò l'oggetto del confronto con l'ordine non-locale di Bohm
a due temi su cui ha sempre fatto leva l’elaborazione di una teoria della psi,
temi rispettivamente dedotti dal campo della psicologia e da quello
dell'antropologia culturale. Il primo, l'abbiamo accennato, é il vecchio
argomento, infinitamente riproposto, dell'inconscio; l'altro, più specifico, é
un concetto universale di "simpatia di tutte le cose" su cui si basa ogni forma
di magia e di animismo.
2)
ALCUNE CARATTERISTICHE STRUTTURALI SPECIFICHE DELL'ORDINE IMPLICATO
Esaminiamo ora un po' più in dettaglio alcune caratteristiche proprie
dell'ordine implicato. C'è innanzitutto da dire che la tecnica degli ologrammi é
solo un modello approssimativo per descriverne la natura. La differenza più
vistosa é che, mentre gli ologrammi hanno un carattere statico, i processi
olografici (non-locali), supposti realmente operanti in natura, hanno, o
avrebbero, un carattere dinamico. Il mutuo incapsulamento parte-tutto sarebbe,
cioè, l'unità componente di un processo attivo verificantesi a molti livelli di
una realtà che incessantemente si evolve nel tempo. Per tale intrinseca natura
dinamica
Bohm
chiama
il
processo
inerente
al
suo
ordine
implicato
"olomovimento".
C'é poi da tener conto della stretta interconnessione che esiste tra le due
proprietà essenziali - l'incapsulamento olografico e la natura non-locale - di
tale strano ordine. L'annullamento dello spazio e del tempo impliciti nel
carattere non-locale dell'olomovimento sembra attuarsi in perfetta simmetria con
il meccanismo di annidamento del tutto nella parte. Si direbbe, ancora in altri
termini, che l'annullamento radicale dello spazio e del tempo instauri uno
strano stato dell'essere in cui vige, tra microcosmo e macrocosmo, uno perfetto
isomorfismo.
Dobbiamo poi ricordare che la natura non-locale di questa singolare
condizione della realtà comporta uno strano paradosso. Come abbiamo messo ben in
evidenza nei due precedenti articoli, la non-località non implica in assoluto la
comunione totale degli oggetti del mondo microfisico. Implica una aporistica
compresenza di unione e separazione. C'è al riguardo un'osservazione di Penrose
che non mi stanco mai di citare: "Questa correlazione quantistica é una cosa
misteriosa che sta tra la comunicazione diretta e la separazione completa che
non ha alcuna analogia con qualcosa di classico di qualunque tipo" (mio il
corsivo)(1).
Dunque l'universo fisico non collassa in un perfetto stato fusionale perché
in sovrapposizione all'azione non-locale opera un elemento separatore, un
meccanismo di scansione che impone una separazione "locale", determinante una
distanza spaziale e temporale tra gli enti fisici. Se teniamo poi presente
quell'altra
caratteristica
della
connessione
quantistica
che
é
l'alta
selettività dei suoi effetti (ciascuna particella é in relazione non-locale solo
con un'altra particella con cui abbia precedentemente interagito), abbiamo un
quadro dell'universo, tutto intimamente interconnesso sì, ma in cui é garantito
il rilievo di una profondità dimensionale, una stereometria infinita di elementi
- almeno in parte - distinti che giustifica il mantenimento di un certa forma di
ordine. Naturalmente in tale universo é garantita - almeno in via di principio anche la possibilità che certe parti separate possano improvvisamente, magari
sporadicamente, annullare la loro separazione (le cause ovviamente possono solo
3
essere oggetto di congettura), così che viene ad assumervi una fondatezza la
possibilità della facoltà paranormale.
3) UNA BASE QUANTISTICA PER L'INCONSCIO
Ovviamente l'ordine nascosto a livello mentale non può che essere l'oggetto
di un vecchio tema della psicologia, quello dell'inconscio, nozionalmente l’idea
di uno stato psichico inaccessibile alla coscienza, anzi di opposto ad essa, in
cui tuttavia è in qualche modo registrata tutta l’esperienza complessa e
articolata della coscienza stessa. E’ un concetto il cui impiego presenta
nondimeno qualche problema. Nonostante i fiumi di inchiostro che sono corsi
sull’inconscio (comprese notevoli critiche), il tema conserva un buona dose di
oscurità ed occorre farne, per un uso appropriato al nostro confronto, l'oggetto
di un’analisi che sia il più possibile collegabile a temi di indubbio
significato scientifico. Soprattutto occorre che la nostra analisi metta in
evidenza, come per il pensiero magico, alcune caratteristiche formali ben
descrivibili delle sue funzioni e della sua operatività.
Un primo passo in tale direzione, molto pertinente allo sviluppo del nostro
discorso sulla psi é valutare la possibilità - per la verità alquanto temeraria
- che se ne possa dedurre la realtà dagli stessi temi della meccanica
quantistica. Ora, dato che proprio Bohm ci offre questa opportunità,
accetteremo il rischio implicito in un'ipotesi apparentemente così bizzarra e
considereremo, per iniziare, come il fisico americano arrivi, per tale insolita
via, alla formulazione di una realtà inconscia.
Sempre nell’ultimo articolo sui “Quaderni”. ho messo in evidenza come sia
un vecchia ambizione della meccanica quantistica riuscire a spiegare con i suoi
fenomeni i processi mentali. Già Bohr e Heisenberg vi accennarono durante una
gita in barca negli anni '30. L'elemento della teoria interessante in tale
prospettiva é l'indeterminazione di fondo dei microfenomeni, il loro carattere
del tutto a-causale che fornirebbe un modello per una spiegazione del vecchio
problema filosofico del libero arbitrio. La loro dipendenza, inoltre, da certe
scelte dello sperimentatore inserisce nel cuore della materia un elemento
soggettivo suscettibile di offrire un collegamento tra mondo fisico e realtà
psichica, ossia una via per risolvere (almeno in via di ipotesi) quell'antico
enigma della filosofia puntualizzato da Cartesio nell'antitesi tra res cogitans
e res extensa.
La via per arrivare ad una formulazione dell'inconscio tramite la meccanica
quantistica passa, seguendo il pensiero di Bohm, attraverso questa associazione.
Il modo in parte l'abbiamo accennato. L'ordine implicato é qualcosa che non ha
in sé né una natura fisica, né una natura psichica e tuttavia é l'elemento cui
si collegano entrambe le dimensioni: "Suggeriamo, cioè, che l'ordine implicato
si applichi sia alla materia (vivente e non) sia alla coscienza e che permetta
perciò di comprendere la relazione tra queste due cose e di formarci un'immagine
del loro fondamento comune" (2).
C'è qui da chiedersi: é un principio del tutto nuovo? In realtà sappiamo
che già un matematico-filosofo come Bertrand Russel (quindi con un anticipo di
almeno una trentina di anni) enunciò lo stesso concetto: "La sostanza di cui é
composto il mondo della nostra esperienza non é, a mio avviso, né mente né
materia, ma qualcosa di più primitivo delle due. Sia la mente, sia la materia
sembrano essere composite, e la sostanza di cui sono composte si trova in un
certo senso tra le due, e ancora sopra tutte e due, come un antenato comune"
(miei i corsivi)(3). In N. Hartman, filosofo della corrente cosiddetta
neokantiana, troviamo un concetto simile: "Il parallelismo dei fenomeni
dell'anima e del corpo sarebbe (...) il necessario manifestarsi di una radice
comune" e questo perché i processi unitari che esso implica "non cominciano o
finiscono né nella realtà fisica né nella realtà psichica, ma in quella terza
realtà di cui non si dà alcuna coscienza immediata” (mio il corsivo)(4).
Se vogliamo passare poi a un contesto più psicologico non posiamo non
ricordare il concetto Junghiano dello "stato psicoide", un livello in cui
l'essere psichico - di grado molto primitivo strettamente connesso alle pulsioni
e gli istinti - si confonde con la materia, o, viceversa, il livello in cui la
materia comincia a mostrare una sua psichicità.
4
L'attenzione di Bohm parte tuttavia dalla parte più evoluta della psiche,
dalla coscienza. Proprio la coscienza infatti é, secondo Bohm, una realtà che,
alla lunga, si collega alla grande connessione quantica che permea l'insieme
della materia e che costituisce la natura dell'ordine implicato. La formulazione
di una realtà inconscia collegata a tale background quantico passa attraverso
questa associazione. Il modo é interessante perché avviene in perfetto
parallelismo al modo in cui dall'ordine implicato si staglia e si determina la
materia. In base ad esso gli oggetti e gli eventi della natura inanimata hanno
un'emersione simmetrica alla modalità in cui dallo stesso ordine emergono i
pensieri, le percezioni, i ricordi della coscienza. Per Bohm, infatti, mente e
materia costituiscono due grandi "sub-totalità" (sub-wholes, matrici di altre
sub-totalità più piccole), forme diverse di un "ordine esplicato" (realtà
manifeste e determinate) che si demarcano da uno sfondo molto più ampio. Per la
materia questo sfondo é il grande mare di energia di cui pullula il vuoto
(apparente) dello spazio fisico, realtà di per sé inaccessibile ad ogni indagine
diretta. Per la coscienza é il grande vuoto in cui affondano e si perdono la
consapevolezza e la memoria, in altre parole l'inconscio. "Benché questo
fondamento possa non apparire alla coscienza ordinaria, esso é tuttavia presente
in un certo modo. Proprio come percepiamo il vasto "mare" di energia nello
spazio come un senso di vuoto, di nulla, così il vasto sfondo "inconscio" della
coscienza esplicita é presente in modo analogo. Vale a dire, che esso può essere
sentito come un grande vuoto, un nulla, rispetto al quale il contenuto manifesto
della coscienza é solo un infinitesimo di sfaccettature" (mio il corsivo)(5).
Dunque ambedue i tipi di ordine esplicato sono in stretto contatto con
l'ordine implicato. Esiste tra i due piani di realtà (implicato/esplicato) una
sorta
di
osmosi
bidirezionale
che
Bohm
chiama
"inviluppo/sviluppo"
(enfoldment/unfoldment). L'ordine implicato ha un ruolo generativo nei confronti
dell'ordine (o degli ordini) esplicato, lo sviluppa, lo dischiude, lo esterna e
questo (o questi), a sua volta, torna (o tornano) a invilupparsi nel primo, il
tutto in base alla bidirezionalità di un processo praticamente infinito.
Il carattere duale del rapporto potrebbe far pensare che una delle due
realtà possa assumersi un ruolo prioritario, il privilegio filosofico di essere,
in qualche modo, il vero fondamento dell'altra. Bohm a questo dà una risposta
precisa: nessuno delle due può ascriversi tale priorità: sono antagoniste,
eppure sono l'una in funzione dell'altra; nel divenire dell'universo hanno pari
valore e pari dignità; sulla base della loro interazione paritaria si evolve la
globalità dell'olomovimento.
4) L'OLOGRAFIA NEURALE DI PRIBRAM
Prima di passare direttamente ai possibili equivalenti psichici della
concezione olografica di Bohm, c'è un accenno che é importante fare, anche se
molto brevemente. Esiste in ambito neuropsicologico una teoria delle funzioni
cerebrali che é strutturalmente molto simile alla teoria con cui Bohm interpreta
la realtà dell'intero universo. E' la teoria di Karl Pribram, neuropsicologo di
fama mondiale. Il punto della somiglianza é proprio l'utilizzo della concezione
olografica. Nel cervello deve esserci, secondo Pribram, un meccanismo che, come
nell'ologramma, sfrutta certi processi di interferenza per costruire degli
ologrammi interni per cui una certa unità funzionale (ad esempio un'interferenza
tra micropotenziali elettrici del cervello) tiene incapsulata una totalità(ad
esempio un insieme di unità di memoria) e sulla base di questa riflessione
incrociata si svolge tutta l'attività della percezione e del pensiero (l'unica
differenza é che Pribram non chiama in causa la non-località e i processi
quantistici). In sostanza Pribram interpreta il funzionamento del cervello in
base allo stesso principio con cui Bohm interpreta il divenire dell'intero
universo. L'importanza del confronto deriva evidentemente dal fatto che non può
non apparire significativo che, sulla base dello stesso modello, venga a crearsi
un (sia pur potenziale) collegamento tra due poli disciplinari così distanti
quale quello dei processi neurologici e quello dei processi fisici della
materia.
Non può inoltre non apparire altrettanto significativo il fatto che
entrambi compissero lo stesso tipo di percorso concettuale, giungendo allo
5
stesso apprezzamento
parapsicologia.
del
pensiero
orientale
e
a
un'ampia
apertura
alla
5) SPAZIO E TEMPO DELLA MENTE E LOGICA-ILLOGICA DELL’INCONSCIO
Il tema tuttavia che ci consente di inserire organicamente l'inconscio
nell'ipotetica realtà profonda che avrebbe dato origine tanto alla mente che
alla materia é essenzialmente la constatazione della particolare simmetria
strutturale esistente tra le due dimensioni, fisica e psichica. Perno di tale
simmetria é ancora - anche questo trattammo nel precedente articolo - il
fondamentale processo di annullamento dello spazio e del tempo. A livello fisico
abbiamo appena visto qual'è il principio che ci consente di supporre che alla
radice della materia operi un tale processo. Si tratta del principio quantistico
della non-località che é anche il fondamento di tutta la concezione olografica
della realtà elaborata da Bohm. Si tratta ora di vedere se e come alla radice
dell'entità psichica possa operare un analogo principio.
Sarà innanzitutto abbastanza condivisibile, suppongo, l'idea che l'io la parte apicale della psiche - strutturi la sua realtà in base a uno spazio e
un tempo mentali. L'esistenza mentale di ciascuno di noi non é un caleidoscopio
di sensazioni e vissuti, ma un struttura regolare di percezioni e di ricordi che
sono ordinati in uno spazio e in un tempo mentali. Questi non saranno certamente
la stessa cosa dello spazio e del tempo fisici; indubbiamente mostrano una
natura più labile, più flessibile in rapporto alla tensione emotiva,
all'attenzione,
alla
curiosità,
etc..
Sono
tuttavia
ciò
che
consente
all'esistenza mentale una regolarità di collegamenti e di interazioni del tutto
analoga alla regolarità di interazioni che alla materia consentono lo spazio e
il tempo fisici.
Non appare neppure difficile dimostrare che man mano che ci spostiamo verso
la radice generativa di questa regolarità strutturata, verso quell'entità oscura
che chiamiamo inconscio, lo spazio e il tempo della mente divengono labili e
incostanti, tendono a annullarsi. Questo lo notò già Freud all'inizio della sua
attività di psicanalista ed é stato sempre più evidenziato con l'evolversi degli
studi sulla mente. E' un concetto, anche questo, che ho messo più volte in
evidenza nel precedente articolo e rimando ad esso per una più dettagliata
esposizione. Mi limito qui adesso, per mettere ben in chiaro il problema, a
enunciare di nuovo le linee generali che ci consentono di stabilire la simmetria
strutturale tra mondo mentale e mondo fisico in rapporto all'alterarsi dello
spazio e del tempo: quando scendiamo a livelli sempre più profondi della
struttura della materia, ci troviamo di fronte a un progressivo annullamento
dello spazio, del tempo, della causalità fisica; quando scendiamo a livelli
sempre più profondi della psiche, alla radice dell'inconscio, ci troviamo di
fronte a un simmetrico annullamento dello spazio e del tempo mentali, della
causalità logica.
6) MATTE BLANCO E L’INCONSCIO COME “INSIEMI INFINITI”
Cerchiamo ora di individuare dell'inconscio caratteristiche strutturali più
specifiche (ci servono sempre, lo ricordiamo, per un confronto generale con il
concetto di ordine implicato elaborato Bohm). Diciamo subito che risulta
particolarmente
utile
a
tale
scopo
una
celebre
teoria
psicanalitica
dell'inconscio, quella di Matte Blanco, perché si basa su un modello
interpretativo essenzialmente logico. Proprio tale criterio rigorosamente
deduttivo-formale, che si avvale di alcuni concetti di base della logicamatematica come l'insiemistica e il concetto di infinito, garantisce al nostro
tipo di confronto una coerenza e correttezza descrittiva che rendono la teoria
dello psicanalista cileno ben più affidabile di altre valutazioni.
Vediamo ora un po' in dettaglio la sua teoria anche se limitatamente agli
aspetti che a noi interessano. C’è da premettere che le leggi dedotte da Matte
Blanco (che probabilmente meraviglieranno il lettore per la loro apparente
assurdità), come tutte le teorizzazioni della psicoanalisi, sono basate
sull’osservazione clinica, ossia sull’osservazione dei tipici comportamenti del
nevrotico e dello psicotico, in particolare delle loro tipiche sintomatologia
6
quali ossessioni, fobie, atteggiamenti coatti e ancora allucinazioni e deliri.
Sono basate, inoltre, sulle manifestazioni non patologiche dell’inconscio quali
i sogni, lapsus, motti di spirito. L’interpretazione in senso logico è ottenuta
componendo tali vissuti –sintomatologici e non- in sequenze astratte di elementi
formali.
Dunque, secondo Matte Blanco la logica in base alla quale opera
l'inconscio consta essenzialmente di due principi. In base al primo (che
potremmo chiamare "principio di generalizzazione") “il sistema inconscio tratta
una cosa individuale (persona, oggetto, concetto) come se fosse un membro o
elemento di un insieme o classe che contiene altri membri; tratta questa classe
come sottoclasse di una classe più generale e questa classe più generale come
sottoclasse o sottoinsieme di una classe ancor più generale e così via" (6). In
base al secondo (che potremmo chiamare "principio d simmetria") l'inconscio
opera una simmetrizzazione di relazioni che per la coscienza sono invece del
tutto asimmetriche. Per fare un semplice esempio: per la coscienza, se Antonio
é padre di Giovanni é chiaro che Giovanni non può essere padre di Antonio. Per
l'inconscio, invece, se Antonio é padre di Giovanni in qualche modo anche
Giovanni é padre di Antonio.
Il primo principio presenta un importanza minore per il nostro confronto,
tuttavia assume anch'esso un suo ruolo preciso. Seguendo l'esposizione di Matte
Blanco lo illustreremo con un solo esempio. "Giovanni é un elemento della classe
degli uomini; Teresa, un elemento della classe delle donne. La classe degli
uomini (maschi) é una sottoclasse della classe degli animali razionali e la
classe delle donne é un'altra sottoclasse della stessa classe. La classe degli
animali razionali é una sottoclasse della classe degli animali e questa é essa
stessa una sottoclasse degli esseri viventi" (7). Ebbene l'inconscio tende, per
così dire, a scegliere, di una cosa o elemento individuale, la funzione
proposizionale (qualità o caratteristica) che esprime una generalità crescente.
Si tratta evidentemente di una logica operativa “ad infinitum” che dissolve ogni
determinazione, ogni carattere limitato degli oggetti percepiti.
Su tale principio si innesta il secondo, quello della progressiva
simmetrizzazione di relazioni che la coscienza considera del tutto asimmetriche.
Abbiamo visto l'esempio dell'impossibile reversibilità della relazione di
paternità tra Giovanni e Antonio. E' un meccanismo che, applicato a diversi
altri tipi di relazioni, produce effetti incredibili. Un primo corollario al
principio, deducibile automaticamente, afferma infatti secondo Matte Blanco che
"quando si applica il principio di simmetria non può esserci alcuna successione"
(8). Prendiamo, ad esempio, un'asimmetria temporale elementare come quella
fulmine-tuono e applichiamo l'operazione. Avremo che, se il fulmine viene prima
del tuono, anche il tuono viene prima del fulmine. O detto più astrattamente: se
l'evento x precede l'evento y, anche l'evento y precede l'evento x. E' la
liquidazione netta e totale del tempo. In base alla legge della simmetria non é
più possibile alcuna forma sequenza cronologica.
Applichiamo ora il principio alla relazione spaziale: se x sta a destra di
y, anche y sta a destra di x (lo stesso ragionamento può evidentemente esser
fatto per le relazioni avanti-dietro e sopra-sotto). E' la liquidazione netta e
totale dello spazio e di ogni forma di contiguità locale. Impossibile non notare
a questo punto che, con l'annullamento dello spazio e del tempo, si é attuato, a
livello psichico, un perfetto equivalente delle condizioni di base della nonlocalità, la correlazione quantica che caratterizza l'ordine implicato di Bohm
(naturalmente, lo ricordiamo, occorre tener presente che lo spazio e il tempo
della mente non sono lo spazio e il tempo del mondo fisico).
Ma le sorprese non sono finite. Inseriamo ora il principio in un elementare
relazione di appartenenza, quella della parte con il tutto, ed esaminiamone una
conseguenza immediata: se il braccio é parte del corpo anche il corpo é parte
del braccio, o, espresso in forma più generale: "Quando si applica il principio
di simmetria la parte (propria) é necessariamente identica al tutto" (9). Qui
siamo all'elemento forse più interessante dell'insieme di deduzione logiche cui
dà luogo il processo di simmetrizzazione. E' uno sviluppo deduttivo su cui
influisce, per ammissione dello
stesso Matte Blanco, un argomento specifico
della logica formale. Si tratta di una caratteristica fondamentale dell'infinito
formulata in un celebre teorema del Dedekind. Per quanto possa sembrare
incredibile per il comune buon senso tale essenziale proprietà consiste in una
7
semplice definizione: "Un insieme é infinito quando e solo quando può essere
messo in corrispondenza bi-univoca con una sua parte propria" (10). Il perché
tale enunciato stravolga il senso comune é facile da evidenziare. A una domanda
su quando qualcosa sia da considerare infinito verrebbe banalmente fatto di
rispondere: quando non finisce mai. E invece la risposta corretta é
inaspettatamente: quando ogni sua parte é identica al tutto.
Ora l'elemento di interesse per il nostro confronto sarà evidente: la
possibilità che la parte sia identica al tutto significa che la parte può in
qualche modo rispecchiare, incapsulare il tutto. E' – lo ricordiamo - il
principio di base dell'ologramma, sul cui modello, abbiamo visto, Bohm
costruisce tutta la sua visione unitaria del cosmo. Ma la caratteristica
attribuita da Matte Blanco all’inconscio è anche quella che ci fa cogliere il
legame con l’altro importante concetto della teoria del fisico americano: la
possibilità che, nell’apparente sfondo magmatico prodotto dall’annullamento
dello spazio e del tempo, si conservi una particolare forma di ordine. Per la
verità Matte Blanco non sviluppa in modo specifico l’argomento, tuttavia appare
abbastanza facile, ritengo, dedurlo dagli elementi del suo sistema. Se la parte
è identica al tutto in qualche modo anche il tutto rispecchia la parte, pur
concesso che non si tratta di un rispecchiamento avvenente, lo ripetiamo,
secondo le categorie familiari dello spazio e del tempo. Nella logica operativa
ad infinitum dell’inconscio può conservarsi dunque, in una qualche ben diversa
forma, la molteplicità degli oggetti e degli eventi del nostro mondo della
determinazione e della separabilità. Il concetto può essere messo in evidenza
prendendo in considerazione quella particolare caratteristica psichica che è
l’emozione, che Matte Blanco considera la voce diretta dell’inconscio, il suo
modo – sempre operante i base alla logica degli insiemi infiniti di farsi
presente alla coscienza. Pur determinando – come pura esperienza, come puro
“sentire” interno - la scomparsa dello spazio e del tempo mentali l’emozione ha
un suo pensiero implicito – quindi un suo ordine -. “”Ma il “pensiero”
dell’emozione
(diversamente
dal
pensiero
ordinario)
contiene
l’oggetto
sentendolo” (mio il corsivo e la parentesi) (10 bis). Ad esempio un sentimentoemozione come l’amore può esser definito, seguendo un vecchio detto, “cieco”
forse perché comporta l’annullamento fusionale con il suo oggetto. “Eppure non
si può, in verità, dire – nota Matte Blanco - che l’amore non conosce il suo
oggetto. La fusione tra soggetto ed oggetto è una fusione che è anche
conoscenza: è la convergenza di fusione e conoscenza in una stessa cosa” (10
tris). Dunque, in quanto conoscenza, l’emozione (e quindi l’inconscio) implica,
o può implicare – ancora -, un ordine, una qualche forma non percepibile di
strutturazione.
Tornando al confronto con la teoria di Bohm riassumiamo ora il senso, mi
pare molto significativo, risultante dalla breve analisi della concezione
psicanalitica di Matte Blanco: troviamo nella descrizione formale dell'attività
simbolica dell'inconscio secondo lo psicanalista cileno gli stessi quattro
elementi fondamentali dell'ordine non-locale di Bohm: 1) abolizione dello
spazio; 2) abolizione del tempo; 3) incapsulamento del tutto nella parte; 3)
conservazione di una qualche forma di ordine nonostante l’apparente caoticità
della strana dimensione alternativa e inaccessibile alla coscienza.
7) L'UNIVERSO COMPARTECIPATORIO DELLA MAGIA
Come secondo elemento di confronto con la concezione di Bohm avevamo
previsto un tema antropologico che, per ovvii motivi, non può vertere che su
quello generale della magia, sulla struttura del suo modo di simbolizzare (con
questo ci avviciniamo al discorso sulla parapsicologia). Data questa connessione
pressoché diretta con l'inconscio (il linguaggio dell'inconscio - meglio ancora
dell'es - é sostanzialmente un linguaggio magico, fatto di onnipotenza, di
rifiuto di ogni limite) e la conseguente facilità di dedurne la realtà dalla
modalità operativa dell'inconscio stesso, non ci dilungheremo sull'argomento. Lo
esamineremo, sempre in rapporto alle caratteristiche che ci interessano, nelle
citazioni di alcuni autori più importanti.
Un riferimento particolarmente pertinente, sia per il suo valore storico,
sia perché la teoria di fondo verte proprio sul simbolismo unificatore della
8
magia, é l'opera di James Frazer. Secondo il celebre antropologo tale simbolismo
relativo alla visione animistica della realtà può operare in due modi: c'è una
magia di "contagio", secondo cui qualcosa che é stato in contatto con una certa
persona o cosa mantiene con essa un occulto, stretto legame in base al quale può
essere un veicolo per influire sulla persona o cosa stessa. C'è poi una magia
"omeopatica" per cui "il simile agisce sul simile", qualcosa che ricalchi in
qualche modo l'immagine di una persona o cosa può analogamente essere un veicolo
per influenzare tali entità. Un esempio banale é che lo stesso ruolo di elemento
di contatto può essere costituito da una fotografia o da un ritratto della
persona o oggetto su cui occorre agire magicamente.
In realtà entrambe le modalità di influenzamento presuppongono un concetto
essenziale di collegamento, di unione per cui appare abbastanza secondario se
sia un collegamento di oggetti o un collegamento di immagini. Nella magia
omeopatica non é solo la somiglianza reale che stabilisce l'unione con l'oggetto
su cui si vuol agire magicamente, ma anche l'idea stessa, la volontà, espressa
nel rituale, del riferimento all'oggetto o alla persona. E tale riferimento può
tradursi in un'azione reale se esiste già in natura una rete potenziale di
contatti, di influenzamenti reciprochi tra tutti gli esseri e le cose. Ancora
per Frazer "entrambi i rami della magia, quella omeopatica e quella contagiosa
possono essere convenientemente compresi sotto il nome generale di Magia per
Simpatia, poiché assumono entrambi che le cose agiscono a distanza l'una
sull'altra per mezzo di una simpatia segreta".
E tuttavia, data l'universalità del riferimento, ha una sua importanza
considerare anche questa teoresi primitiva del gioco al rispecchiamento
reciproco tra le cose. All'interno della ritualità magica, nota M. Mauss "tutto
si somiglia e tutto si tocca" (11). Ora, proprio questo "somigliarsi" ci
interessa soprattutto se non ne facciamo un mero processo di rispecchiamento
ottico. L'immagine infatti, da quanto possiamo dedurre dalle descrizioni dei
rituali e delle credenze, sta all'oggetto non tanto nel rapporto del segno alla
cosa rappresentata, quanto in quello dell'essere parte integrante della cosa
stessa, del possederne, per così dire, l'essenza. Se l'immagine costruita
magicamente (si pensi alla tipica, macabra scenetta del bambolotto traforato con
gli spilli) rappresenta - sempre sul piano magico - l'oggetto, non é tanto per
il puro ricalco figurale quanto per il fatto che, in qualche modo, é
consustanziata all'oggetto stesso, lo include in sé come elemento proprio per
una occulta affinità di natura.
Di nuovo dunque siamo di fronte al concetto di base dell'olografia
dell'incapsulamento del tutto nella parte, e si tratta, ci teniamo a
sottolinearlo, di un incapsulamento che avviene proprio con la stessa procedura
in cui David Bohm lo vede applicato al suo olomovimento, cioè in stretto
parallelismo con il processo di annullamento dello spazio e del tempo. Si tratta
di un annullamento che avviene in uno strano modo, facendo sì che ogni singola
parte dello spazio divenga specchio della totalità dello spazio, ne elimini ogni
processo di distanziamento; facendo altresì, in modo che ogni atomo del tempo,
ogni suo istante nucleare, divenga una riflessione della totalità del tempo, ne
elimini ogni processo di successione cronologica. Nota Ernst Cassirer, anch'egli
filosofo neokantiano, particolarmente interessato ai processi simbolici: "Così
la magia si distingue soprattutto per il fatto che il suo principio generale,
quello della "pars pro toto" viene esteso dallo spazio al tempo. Il rapporto
causale magico trascura ogni differenza e ogni demarcazione temporale, così come
per il pensiero magico ogni parte dello spazio non solo rappresenta il tutto ma
é il tutto. Il magico "ora" non é affatto un mero ora, né un semplice
differenziato momento del presente, ma (...) contiene in sé
il passato ed é
pregno di futuro".
Questa caratteristica del "possesso", dell'inclusione reciproca tra
l'immagine e l'oggetto, questa consustanzialità incrociata tra la parte e il
tutto propria della magia ci lascia intravedere anche la quarta caratteristica
assimilabile all'ordine implicato di Bohm: la conservazione di una qualche forma
di ordine
che rispecchi in qualche modo il nostro ordine di realtà, la
complessità dei suoi oggetti e dei suoi eventi. Se infatti la parte ha in sé il
tutto (e viceversa) é chiaro che ogni ente particolare e determinato dell'ordine
esplicato (per usare la stessa terminologia di Bohm) viene a conservarsi del
tutto nel processo di "inviluppo" (unfoldment) nell'ordine implicato, non
9
locale. Per sintetizzare di nuovo: anche analizzando il complesso teorico
essenziale della magia ci troviamo di fronte i quattro elementi fondamentali
dell'ordine non-locale di Bohm: annullamento dello spazio, annullamento del
tempo,
inclusione
del
tutto
nella
parte,
conservazione
di
tutta
la
frammentazione e di tutta l'articolazione del mondo sensibile nel particolare
ordine proprio della dimensione occulta che pare fargli da sfondo.
8) TEORIA E CASISTICA DELLA PSI
C'è ora da chiedersi: analizzando il complesso della casistica paranormale,
nonché le giustificazioni teoriche che si é tentato di darle, si possono
ritrovare tali quattro elementi? Riguardo ai primi due la risposta é ovvia: li
abbiamo considerati, allineandoci ad una valutazione - credo - ampiamente
condivisa, presupposti operativi essenziali della facoltà. Possiamo anche
accettare il dubbio se la psi esista realmente, ma é impossibile, ci pare,
ignorare che quando parliamo di paranormalità intendiamo essenzialmente quel
fenomeno: un particolare processo di annullamento della spazio, del tempo e - di
conseguenza - della causalità fisica. Possiamo magari porre la tesi aggiuntiva
che tale particolarità consista essenzialmente nel fatto che all'origine dei
fenomeni ci sia la presenza umana.
Alquanto più difficile é individuare nei fenomeni gli altri due principi. Se
prendiamo delle serie sperimentali come quelle di Rhine o di Honorton, o anche
un episodio spontaneo come la manifestazione di un poltergeist, non si capisce
come ci si possa individuare qualcosa che faccia pensare al principio esoterico
del microcosmo che riflette il macrocosmo o alla manifestazione di un
particolare ordine nascosto strutturato in modo olografico.
Per valutare adeguatamente il possibile rapporto occorre partire da una
teoria specifica che non può essere che quella junghiana della sincronicità,
specificatamente basata su dei processi a-causali, operanti fuori dallo spazio e
dal
tempo.
Naturalmente
sarebbe
importante
vedere
come
possa
essere
interpretabile, in base a tale modello, una certa episodica psi di ragionevole
ampiezza e, ancora, valutare, per giustificare la nostra preferenza, quale
valore e quale possibile preminenza si possa attribuire alla sincronicità nel
generale panorama teorico della psi. Ma sono problemi su cui torneremo
sucessivamente.
Possiamo qui ricordare uno degli esempi celebri di sincronicità che Jung
stesso riferisce relativamente a una sua esperienza di psicanalista. Una sua
paziente sogna uno scarabeo d'oro e, proprio mentre descrive, in seduta,
l'esperienza, una cetonia aurata, l'unico scarabeide esistente alle latitudini
svizzere in cui i due vivono, viene a sbattere ai vetri dello studio. Il
fenomeno avviene, in base alla tesi della sincronicità perché lo scarabeo non é
solo e soltanto il piccolo insetto dorato che tutti conosciamo, ma perché é
anche il simbolo di un'antica divinità egizia per millenni adorata e evocata la
quale, a sua volta, é la trasposizione simbolica di un fattore psichico ancor
più profondo, un elemento dell'inconscio collettivo appartenente a tutta la
specie umana.
Cerchiamo ora di comprendere come nell'archetipo, l'elemento simbolico che
sta alla base degli episodi sincronici, possano condensarsi le stesse
caratteristiche dell'ordine non-locale di Bohm, soprattutto la caratteristica
che stiamo trattando: l'inclusione olografico-simile del macrocosmo nel
microcosmo, ovvero l'isomorfismo tra la parte e il tutto. A tale scopo dobbiamo
innanzitutto osservare che la sincronicità presuppone che tale caratteristica
sia essenzialmente qualcosa di insito nella natura umana, soprattutto ai suoi
livelli più profondi. Citando vari autori dell’antichità, Jung sottolinea un
concetto essenziale - molto ricorrente in un certo tipo di filosofia - secondo
cui, ad esempio, per Filone Alessandrino "il grande principio (...), o inizio
dei cieli, cioè il firmamento é infuso nell'uomo in quanto microcosmo, poiché
questo contiene le immagini delle nature stellari, e quindi, come piccolissima
parte e fine dell'opera creatrice, contiene una volta ancora il tutto" (12).
Si tratta di un concetto che Jung ritiene ancora di individuare nel
misticismo cinese del Tao, nell'empatia cosmica di Plotino, nella visione
unitaria del creato di Pico della Mirandola, nella quintessenza del Paracelso,
soprattutto nella monadologia di Leibniz, tutte concezioni della realtà che Jung
10
considera veri e propri precursori della sincronicità. Un'osservazione molto
importante riguarda il Tao, del quale considera particolarmente rivelativa una
traduzione che del termine dà un celebre sinologo, Richard Wilhelm. Questi lo
interpreta, secondo Jung genialmente - superando felicemente certe difficoltà
semantiche in cui sono più o meno incappati tutti i traduttori - come "senso".
Ciò che pervade il mondo non é Dio o lo spirito ma semplicemente il senso, la
tendenza delle cose, degli eventi a significare. Ossia - ancora - il Tao é la
matrice stessa di quel meccanismo fondamentale del mondo comunicativo - che non
é solo dell'uomo ma anche della natura - il quale, in qualche modo, implica
significazione, pertinenza simbolica ed é un meccanismo che di per sé comporta
un collegamento con la totalità. Si capisce quindi come questa radice ultima del
senso possa, nella sua intrinseca vacuità, contenere l'ordine manifesto della
realtà:
"La rete del cielo é così grande, così grande,
A maglie larghe, eppure non perde niente" (mio il corsivo)(13)
Si tratta proprio della considerazione che ci consente la conclusione cui
eravamo al momento interessati: anche l'archetipo é un'entità speculare che
riflette l'universo. Nota la Progroff: "Nella struttura della concezione
microcosmica/macrocosmica junghiana della psiche umana (...) la psiche
dell'individuo contiene i
riflessi dell'universo più vasto. Questi riflessi
sono immagini che rappresentano simbolicamente alcuni riflessi del macrocosmo.
Le immagini esistenti all'interno della psiche individuale sono pertanto
riflessi dell'universo in miniatura" (14).
Tali immagini sono manifestazioni visive di archetipi, o almeno modi della
mente per rappresentare a sé stessa forze e pulsioni primordiali le quali di per
sé sono qualcosa di più che fattori puramente psichici. Sono propaggini della
parte più profonda dell'inconscio che si prolungano per una via del tutto
introvertita verso ciò che sta oltre la pura dimensione psichica, la realtà
materiale. Per questo possono assumere la stessa facoltà speculare di
riflessione della totalità della psiche e della realtà in generale.
Dunque l'archetipo, come elemento attivo dello stato inconscio in cui si
crea, racchiude ancora le quattro caratteristiche essenziali dell'ordine
implicato di Bohm. Ma ora siamo al punto critico: com'è che tali caratteristiche
integrate in una unità operativa della psiche danno, o possono dare, luogo a
fenomeni paranormali? Jung dà una risposta precisa e di notevole interesse anche
se, nel contesto della scienza tradizionale, può avere un valore limitato.
Citando il “De occulta philosophia” di Agrippa, egli nota che le “cose” in cui
questo spirito di collegamento alla totalità è particolarmente possente (cioè
ancora gli archetipi) hanno una naturale tendenza “a generare qualcosa di simile
a sé (stesse)” (15). Questa essenziale capacità creativa dà luogo a processi acausali perché essenzialmente è un’operazione operante su pure relazioni di
significato. Tali processi "”...se (...) esistono, dobbiamo definirli "atti
creativi"” nel senso che sono oggetto “di una creatio continua, di un
coordinamento che in parte si ripete da sempre, in parte sporadicamente, che non
può venire dedotto da nessun antecedente constatabile" (16) (non si può non
confrontare il concetto ancora con il principio di fondo della magia del "simile
che produce il simile"). Ma attenzione: la capacità creatrice degli archetipi
non adombra minimamente la creazione di qualcosa di materiale o di puramente
immaginifico. Abbiamo detto, è una forza creativa vertente su soli significati,
la quale abbraccia cioè una molteplicità di manifestazioni che possono essere
del tutto eterogenee tra loro; l'unico fattore di collegamento é, appunto quello
del comporre, o ricomporre, un senso. L'archetipo, per questa sua essenziale
natura di simbolo, tende, per così dire, ad ampliare sé stesso e a rifrangersi
come puro significato - come riflesso di quella particolare configurazione di
senso - in una molteplicità di eventi che incomprensibilmente finiscono per
apparire connessi tra loro. Sono eventi che possono essere tanto psichici, come
sogni o visioni, che fisici, come accadimenti del mondo esterno, o ancora
combinazioni dei due: a sogni e visioni possono succedersi avvenimenti reali. In
questa azione l’archetipo sembra attivare qualcosa di causale, intervenire
dinamicamente a creare i suoi accordi, eppure il suo intervento non determina
11
alcuna implicazione di moto così come non implica alcuna forma di causalità
fisica.
Questo é forse ciò che dell'archetipo é più difficile da capire: come possa
porre in essere una così complessa e improbabile azione di coordinamento e che
il tutto avvenga senza alcun tipo di spesa energetica. Per la verità, si può
giustificare il fenomeno con una formula molto semplice, almeno sul piano del
puro enunciato: basta non dimenticare la sua esistenza - e di conseguenza la sua
azione - totalmente fuori dal tempo. Se riusciamo a immaginare una simile realtà
ci rendiamo subito conto che in tal modo é messa fuori gioco ogni forma di
causalità fisica. Indubbiamente si tratta di una eventualità difficilissima da
rappresentarsi mentalmente perché, ripeto, noi strutturiamo automaticamente ogni
pensiero e immagine in termini di spazio, di tempo, di contiguità causale. Può
servire, credo, a capire il problema tornare all'esempio celebre dello scarabeo
d'oro. A qualcuno potrebbe venir fatto di pensare che se la paziente di Jung non
avesse riferito il sogno - se, per fare un'ipotesi, avesse cambiato idea
all'ultimo momento preferendo parlare di altro -, allora nessuna cetonia aurata
sarebbe venuta a sbattere ai vetri dello studio. Attribuiremmo così alle parole
o ai pensieri della paziente una qualche forma di causalità. Ma sarebbe un
criterio sbagliato. Un modo corretto per inquadrare il fenomeno é che le parole
della paziente, il sogno, lo scarabeo, la paziente e Jung stessi, e ancora il
contesto della seduta erano tutte emanazioni di una realtà simbolica più
profonda operante atemporalmente, in quella contingenza, attraverso l'archetipo
di una divinità. Possiamo immaginare tale realtà come inconscio collettivo, nel
senso junghiano, oppure come ordine implicato, nel senso di Bohm, tra le due
interpretazioni non ci sono differenze di sostanza.
A voler, comunque, cercare nella filosofia o nella scienza l'idea di un
processo simile - di qualcosa che agisce dinamicamente nella realtà pur non
implicando alcuna idea di movimento o di causa viene fatto di pensare ai
"motori celesti" di Aristotele facenti capo al suo ultimo "motore immobile",
l'origine di ogni movimento che tuttavia, paradossalmente, é in sé perfettamente
privo di ogni forma di moto. Oppure si può pensare - ancora - all'armonia
prestabilita di Leibniz, in cui la generazione di tutti gli accordi transcausali
é dovuta a una programmazione a priori, anch'essa antecedente il tempo e la
causalità. Esiste tuttavia anche un argomento più scientifico cui viene fatto di
confrontare l'immagine junghiana dell'archetipo che riproduce continuamente
qualcosa di simile (lo ricordiamo, sul piano del puro significato) a sé. E' il
concetto di "frattale" riferentesi ad uno strano ed essenziale oggetto della
moderna teoria del caos, il quale descrive, almeno potenzialmente, un'infinita
quantità di forme, sia puramente geometriche, sia legate a fenomeni naturali,
come le venature di una foglia o la frastagliatura di una linea di costa. Senza
entrare in dettagli (per chi lo volesse fare rimando al mio precedente articolo
sui "Quaderni" – n° 1, 2002 - ed alla bibliografia allegatavi) dirò che si
tratta di una singolare struttura detta "autosomigliante" in cui la forma,
l'immagine, un certo schema morfologico dell'intero oggetto risulta incapsulato
in ogni suo elemento componente (significativamente, mi pare, ci troviamo ancora
di fronte al tema della parte che rispecchia il tutto) a diversi livelli di
grandezza scalare. L'elemento che - molto intuitivamente - ce lo fa associare
alla capacità autogenerativa dell'archetipo é il fatto che il meccanismo
dell'infinita proliferazione della propria stessa forma (per l'archetipo é la
proliferazione del suo stesso significato) é già tutto contenuto nel progetto
intrinseco - chiamiamolo così - del frattale e avviene automaticamente senza
implicare alcun moto.
Per la verità, col chiamare in causa i frattali in rapporto specifico al
nostro argomento dell’a-causaltà, è necessaria una precisazione. Ci riferiamo
quì, si badi bene, ai frattali di tipo puramente geometrico come la curva di
Koch (*), in cui l’accrescimento della struttura di base è un processo
strettamente formale. E' la logica stessa con cui é programmato il frattale che
provoca l'istantanea, infinita autoreplicazione della struttura di base. Il
principio è in fondo comprensibile anche con il ricorso a concetti geometrici
abbastanza elementari. Nel momento in cui costruisco mentalmente il triangolo
rettangolo, automaticamente determino le regole del teorema di Pitagora. Non è
un processo che implica durata temporale, quelle regole non derivano dalla
figura in un istante successivo per una qualche forma di causalità fisica. Le
12
sue regole sono intrinsecamente contenute in essa. Se mi occorre del tempo per
arrivare alla loro formulazione è per la limitatezza dei miei mezzi deduttivi
che mi richiede un certo tempo di elaborazione. Così lo schema grafico del
frattale (sempre di tipo strettamente geometrico) non richiede durata temporale,
né alcuna forma di causalità fisica per il carattere strettamente formale della
costruzione.
Abbiamo accennato che alla base della sincronicità, come alla base della
psi secondo Bohm – differentemente dal processo autogenerativo dei frattali -,
anziché essere in gioco un’immagine, una struttura visiva, è in gioco un
significato, la natura di un simbolo. Ritengo che questo sia il punto più
importante che evidenzia tutta la differenza tra i due processi. Nella
proliferazione dei frattali il meccanismo generativo di figure lo vediamo, è lì
davanti ai nostri occhi, proprio perché basato su immagini. Simboli e
significati sono qualcosa di ben più sfuggente. Come i teoremi geometrici sono
qualcosa di molto più astratto e impalpabile; non sono nello spazio e nel tempo,
hanno una certa indipendenza dalla nostra realtà di individui. Alcuni di essi,
operanti a livello della coscienza, sono verosimilmente sottoposti al nostro
controllo, ce n’è concessa una certa capacità di elaborazione. Ma altri, più
profondi, probabilmente si rapportano a noi in una relazione inversa. Sono alle
nostre spalle, ci agiscono e ci precedono nell’azione. Se innescano un
meccanismo di autoreplicazione in qualche modo simile a quello dei frattali, noi
siamo dentro quel meccanismo, siamo in tutto e per tutto “presi” nel loro spazio
operativo. La psi è verosimilmente l’effetto più diretto del carattere pervasivo
e sovraindividuale
dei simboli (o, almeno, di certi simboli) e molto
probabilmente è anche il processo che è alla base di tutte le difficoltà della
sua indagine.
9) LA
PSI
SECONDO
BOHM
Le considerazioni appena svolte sulla funzione dei simboli ci consentono
un ultimo sguardo sulle opinioni parapsicologiche di Bohm. Debbo però, al
proposito, premettere un’osservazione riguardo al mio precedente articolo, "La
mente, i quanti, la psi". In riferimento ad esso il Dr. Bruno Severi mi faceva
notare che il discorso conclusivo sulla possibile spiegazione della psi mediante
i processi non-locali della meccanica quantistica era tutto limitato alla
telepatia. Parlavo infatti allora di elementi psichici appartenenti a individui
diversi che riscoprivano - o potevano riscoprire - un'antica identità,
ricompattando e riattualizzando così una comunione psichica profonda in grado di
mettere in gioco la facoltà ESP. Ma la casistica paranormale presenta
testimonianze di fenomeni ben più complessi. Quando un soggetto presagisce un
evento futuro o muove (anche inconsciamente) un oggetto, dov'è l'elemento
psichico, il contenuto simbolico - dell'oggetto o dell'evento - che entra in
comunione con l'individuo? Dobbiamo supporre che un sasso, o un tavolo, o la
caduta di una frana abbiano una loro "psichicità", che costituiscano di per sé
un "significato", anche senza che ci sia qualcuno a percepirli?
Debbo dire che, a parte la giustezza dell'osservazione di Severi, io stesso
mentre scrivevo l'articolo avvertivo il disagio della limitatezza della
spiegazione. Avevo evidentemente un motivo per non affrontare in quell'articolo
il problema del come interpretare tale casistica più ampia ed era l'enorme
complessità
dell'argomento
che
avrebbe
richiesto
un
notevole
spazio
supplementare da dedicare alla natura e alla funzione dei simboli. C'era da fare
un discorso sull’argomento abbastanza complesso che avrebbe richiesto un lungo
esame di teorie e di autori integrate in un lavoro specificatamente dedicato al
problema. Posso adesso dire che prevedo di affrontare tale argomento nel
prossimo articolo, con cui conto anche di concludere questa serie più o meno
direttamente collegata alla meccanica quantistica, serie che mi ha un po' preso
la mano anche oltre le intenzioni iniziali.
Nel contesto della presente analisi possiamo tuttavia osservare che, sia
Jung che Bohm ci offrono, pur da punti di vista così lontani, una via per
risolvere, almeno sul piano della teoria, tale difficoltà ed un ultimo confronto
tra i due può aiutarci a intravedere un inquadramento coerente del problema. Si
tratta purtroppo di una soluzione di cui possiamo qui per adesso solo accennare
per il solito motivo della complessità dell'argomento.
13
Per un'introduzione a tale confronto occorre partire dal concetto bohmiano
dell'onnipresenza di un fattore cosciente (che paradossalmente è, o può essere,
una "coscienza inconscia", non accessibile alle coscienze individuali) nella
realtà per cui ogni ente, ogni individuo, ogni oggetto anche solo materiale ha,
o avrebbe, un suo barlume di coscienza: "It is implied that, in some sense, a
rudimentally consciousness is present even at the level of particle physics. It
would be reasonable to suppose an indefinitely greater kind of consciousness
that is universal and that pervades the entire process" (17). Conseguentemente
si giunge al carattere onnipresente della funzione attiva del "significato"
perché la coscienza é sostanzialmente strutturazione e elaborazione di
significati (J. of Am. 131): "The content of our own consciousness is then some
part of this process of the overall activity of meaning" (18)
Ora, se vogliamo fare questo confronto con la base concettuale della
sincronicità, non possiamo non pensare al carattere omnipervasivo che in essa ha
la natura dei simboli e dei significati. Si pensi al concetto cinese della
totalità, al Tao, che Jung, ricordiamo, considerava un precursore della
sincronicità, e la cui traduzione sempre Jung apprezzava particolarmente nella
formula escogitata dal sinologo Richard Wilhelm con il termine di "senso", di
tendenza, cioè, a "significare". Ricordiamo che nella sincronicità gli oggetti e
gli eventi, per essere partecipi di un piano di realtà psicoide, implicano
sempre una psichicità, un significato e tramite tale natura simbolica - che è
relativamente indipendente dalla presenza dell'uomo - hanno un potere evocativo
di ricollegarsi a unità di significato via via più profonde e alfine alla radice
stessa di ogni emanazione simbolica. Tale radice ultima è, come abbiamo visto,
l'inconscio collettivo.
Qui, al referente ultimo in grado di coordinare atemporali eventi sia fisici
che psichici, si originano in sostanza i fenomeni psi che comportano sempre
l'evocazione di un archetipo. Nel poltergeist, ad esempio, per Jung esiste
sempre un processo evocativo dell'archetipo dell'Ombra, in sostanza della parte
più oscura e pulsionale dell'uomo. Per quanto riguarda le ricerche sperimentali,
Jung è, per la verità un po’ più generico. Parla di un particolare stato
psichico di allentamento delle funzioni di adeguamento alla realtà e di apertura
all’accadimento dell’impossibile, stato psichico che, in ultima analisi è ancora
simbolicamente riconducibile all’azione di un archetipo, sempre lo Scarabeo
d’oro come simbolo della rinascita. Non approfondiamo l'argomento che
richiederebbe qui considerazioni troppo complesse.
Vediamo
ora
l'attivazione
della
psi
secondo
Bohm.
Essa
consta
principalmente di un'attivazione di significati che entrano in una sorta di
risonanza o riarmonizzazione reciproca che Bohm chiama "psicocinesi" (usa
proprio questo termine, forse impropriamente) e questo sia che tali significati
appartengano a due individui diversi (telepatia) o a un individuo e a un oggetto
o un evento (chiaroveggenza, precognizione, psicocinesi): "Quando l'armonia o la
risonanza di significati é fondata, l'azione funziona in entrambi i sensi,
cosicché i "significati" del sistema distante possono agire sullo spettatore per
produrre
una
sorta
di
psicocinesi
inversa,
che
gli
trasmetterebbe
effettivamente un'immagine di quel sistema" (19).
E' ora importante confrontare tale bidirezionalità funzionale del
significato su cui si basa il sistema di Bohm con la flessibilità evocativa dei
simboli della sincronicità. Abbiamo detto che per Bohm oggetti ed eventi
possiedono un significato intrinseco che in ultima analisi é legato al substrato
quantico della materia di cui sono composti o che entra in azione nell'evento.
E' un substrato che comporta effetti non-locali i quali implicano un ordine,
abbiamo visto, più profondo che è alla radice sia della mente che della materia,
ovviamente fatto anch'esso di simboli e significati. Per tale natura non-locale,
oggetti ed eventi della realtà sono sub-totalità, in possesso, sì, di un certo
grado di autonomia, ma che si ricollegano sempre a quella più vasta totalità che
é l'ordine implicato. Dunque, l'elemento motore della psi risiede in questo
collegamento con l'interezza cosmica esistente alla radice di tutta la
molteplicità fenomenica delle realtà fisica e psichica.
E' difficile, per le affinità anzidette, non cedere alla tentazione di
confrontare in tale processo - pur consapevoli di tutte le differenze di
riferimenti e di piani disciplinari tra i due sistemi - il ruolo dell'ordine
implicato di Bohm con quello dell'inconscio collettivo di Jung, così com'é
14
difficile non confrontare il processo reciprocamente evocativo tra simboli della
sincronicità con quello di risonanza e di armonizzazione tra significati della
psi secondo Bohm.
Tenendo conto dell’osservazione, appare anche significativo che Jung
cercasse un dialogo con un fisico teorico della quantistica come Wolfgang Pauli.
Purtroppo, quest’ultimo non aveva da offrire allora una visione unitaria di tipo
olografico dell'universo quale solo una trentina di anni più tardi poteva
offrire Bohm. Probabilmente, se questo per assurdo fosse accaduto, Jung avrebbe
trovato molti elementi di pertinenza in più con la sua teoria.
10) VALUTAZIONI CRITICHE
Per correttezza, prima di concludere, dobbiamo considerare quale livello di
attendibilità presenta tuttora il sistema di Bohm nel contesto della fisica
teorica attuale. Non dimentichiamo che la sua interpretazione della meccanica
quantistica
é
un'interpretazione
alternativa
e
che
quella
ufficiale,
riconosciuta dalla scienza, resta sempre quella di Bohr e Heisenberg. Diciamo
che a tutt'oggi, pur nel generale riconoscimento del valore teorico della sua
tesi, pesa su di essa un dubbio. Per essere considerata valida a tutti gli
effetti dovrebbe possedere una particolare proprietà detta "invariabilità
relativistica". La sua applicabilità dovrebbe cioè risultare possibile anche per
sistemi fisici a elevata energia, oppure soggetti a campi gravitazionali molto
intensi, o ancora dotati di velocità prossime a quella della luce. E' una
dimostrazione che (per quanto mi risulta) non é stata ancora ottenuta e resta il
problema che, qualora ciò non fosse possibile, la teoria dovrebbe essere
abbandonata.
Si può tuttavia contrapporre a tale prospettiva un facile obbiezione. C'é
da dire che almeno la parte di nostro interesse, che é la profonda unità del
cosmo e l'ordine implicato, si basa essenzialmente sulla non-località e questa é
una tesi che é accettata in pieno anche dai sostenitori dell'interpretazione
ortodossa di Bohr e di Heisenberg. Abbiamo dunque motivo di credere che gran
parte del suo sistema (se non tutto) relativo al concetto dell'olomovimento
resterebbe perfettamente in piedi indipendentemente da una possibile smentita
della concezione deterministica della meccanica quantistica su cui si basa
l'interpretazione di Bohm.
Quello che ritengo possibile comunque dedurre é che appare significativa la
convergenza tra criteri di indagine così lontani disciplinarmente. Ritengo in
particolare probabile che Bohm e Jung, pur in base a riferimenti e modelli
diversi, abbiamo individuato qualcosa di molto importante relativamente alla
natura della psi. Verosimilmente tale convergenza è in grado di determinare una
circoscrizione del problema teorico. Personalmente ritengo – spero di non
annoiare l’uditorio se lo ripeto un ultima volta - che ciò che oggi resta da
esaminare, allo stadio attuale delle conoscenze parapsicologiche, é quella vasta
e complessa realtà che coinvolge tutto ciò che chiamiamo senso, significato,
significazione, pertinenza simbolica (ovviamente in modo limitato all’attinenza
con il nostro argomento). Probabilmente é nella corretta comprensione di tale
realtà che si annida l'individuazione di un meccanismo fondamentale per
l'attivazione della psi.
N O T E
B I B L I O G R A F I C H E
1) Roger PENROSE: "Ombre sulla mente" Rizzoli, Milano 1992, pag. 362
2) David BOHM: "Universo, mente, materia" pag. 259
3) Bertrand RUSSEL: "L'analisi della mente" F.lli Melita 1981 pag.16
4) Cit. in Ernst CASSIRER: "Filosofia delle forme simboliche" La Nuova Italia
Vol. III 1984 pag. 130
5) D. Bohm, op. cit. pag. 275-6
6) Ignacio MATTE BLANCO: "Inconscio come insiemi infiniti" Einaudi, Torino 1981,
pag. 43
15
7) Ibidem, pag. 43
8) Ibidem, pag. 44
9) Ibidem, pag. 45
10) Ibidem, pag. 39
10 bis) Ibidem, pag. 317
10 tris) Ibidem, pag. 318
11) Marcel MAUSS: “Teoria generale della magia” Newton Compton 1975, pag. 74
12) Carl Gustav JUNG: “La sincronicità” Boringhieri 1983, pag. 85
13) Ibidem, pag. 83
14) Ira PROGROFF: “Le dimensioni non causali dell’esperienza umana” Astrolabio
1975, pag. 53
15) C. G. JUNG, op. cit. pag. 89
16) Ibidem pag. 115
17) David BOHM: “A new theory of the relationship of mind and matter” dal Journ.
Of the Am. Soc. for Psych. Res.”, n° 2, April 1986, pag. 131
18) Ibidem, pag.131
19) Michael TALBOT: “Tutto è uno” Urra ed. 1997, pag. 178
S U M M A R Y
BOHM’S NON-LOCAL ORDER, UNCOSCIOUS, AND PSI-FACULTY
The subject of the present paper is the comparison of four themes: the
Bohm’s theory of the “implicate order”, the psychological concept of uncoscious,
the language of magic, the psi-faculty. The aim of the comparison is to
identify, if possible, a common operating logic by which to interpret the
functioning of the last type of phenomena: the psi-faculty. The most useful
aspect of the comparison, we suppose, is the same hetereogeneity of the
disciplinary planes on which is founded. Such hetereogeneity allows to hope
that, if common elements will be found, we may suppose they are truly deep
elements in the knowledge of the reality, able to solve some important problems
related to the psi-functioning. With this aim, references are taken from quantum
mechanics, psychoanalysis, anthropology of primitive symbolism, and theory of
psi. At first the principal features of Bohm’s concept of the implicate
(quantistic) order are presented. It is then analysed the logical conception of
unconscious elaborated by Matte Blanco, and furthermore the antropological
theories about the magic conceptions of space and time. Finally, the theoretical
problem of parapsychology is considered with particular reference to Jung’s
sincronicity. The most interesting result of the comparison is that the analysis
of the four mentioned themes brings us to the identification of a strange
alternative reality (both physical and psychical) governed by an equally strange
logic. The logic of such reality is based on four principal concepts 1)
annulment of space, 2) annulment of time, 3) inclusion of the whole in the part
4) presence of the reality order also in the strange implicated order of the
Bohm’s theory. Considerations are made about the relationship between this
alternative reality and the functioning of the psi-faculty.
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