Manuali e monografie di psicologia giunti pratiche di psicoterapia Marina Balbo EMDR E DISTURBI dell’ALIMENTAzione Tra Passato, Presente e Futuro Prefazione di Isabel Fernandez È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, se non espressamente autorizzata dall’editore. www.giunti.it © 2015 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – Italia Piazza Virgilio 4 – 20123 Milano – Italia Prima edizione digitale: luglio 2015 ISBN: 9788809814752 Ai miei genitori: il mio PASSATO A Erika e Claudio: il mio PRESENTE Ad Anna: il mio FUTURO Indice Prefazione (Isabel Fernandez)..........................................11 Introduzione.....................................................................15 Ringraziamenti............................................................19 Capitolo 1 –Cibo, società e cultura......................................................21 Cibo amico, cibo nemico: un conflitto interminabile dall’origine del disturbo al suo significato nella cultura contemporanea...............21 Il comportamento alimentare nella storia: vita, costume, tradizione e legame...................................22 Disturbo etnico ...............................................................24 Evoluzione dell’identità femminile..................................25 Cibo, magrezza e pubblicità: un evidente paradosso......................................................26 Web e globalizzazione......................................................31 Capitolo 2 –I disturbi del comportamento alimentare.......................34 Anoressia nervosa.............................................................35 Bulimia nervosa................................................................37 Binge Eating Disorder (BED)..........................................38 La diagnosi: le novità del DSM-5....................................39 Oltre il DSM: i nuovi disturbi legati al cibo e all’insoddisfazione corporea..............................42 Capitolo 3 –Nuclei psicopatologici alla base del disturbo..................46 Fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti...........46 8 Fattori predisponenti ......................................................47 Fattori precipitanti...........................................................55 Fattori perpetuanti...........................................................56 Modelli interpretativi del disturbo alimentare ...............59 Epidemiologia..................................................................60 Capitolo 4 – Il ruolo del trauma ..........................................................61 Trauma e sintomi dissociativi...........................................63 Capitolo 5 –EMDR. Eye Movement Desensitization and Reprocessing.............................................................70 Nascita e sviluppo dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing...................................71 Il modello dell’Elaborazione Adattiva dell’Informazione (Adaptive Information Processing).................................73 La ricerca scientifica sull’EMDR.....................................74 Capitolo 6 –Trattare il disturbo alimentare con l’EMDR: le prime due fasi del protocollo ......................................80 Fase 1: anamnesi e raccolta della storia del paziente......81 Fase 2: preparazione del paziente....................................108 Capitolo 7 –Dalla fase 3 alla fase 8......................................................134 Fase 3: assessment............................................................134 Fase 4: desensibilizzazione...............................................140 Fase 5: installazione..........................................................142 Fase 6: scansione corporea..............................................143 Fase 7: chiusura................................................................144 Fase 8: rivalutazione.........................................................146 Capitolo 8 –Casi clinici: storie di vita tra Passato, Presente e Futuro.............................................................147 Come concettualizzare il caso: la storia di Concetta.......148 La prevenzione delle ricadute..........................................157 Il ritorno del sintomo: il caso di Mariuccia.....................160 Elaborare il vuoto interiore, responsabile del binge: il caso di Natascia.............................................................162 9 La ricerca dei target relativi all’immagine distorta del corpo: il caso di Serena..............................................163 Quando la cronicità del sintomo diventa la vita: la storia di Silvana............................................................168 Conclusioni.......................................................................172 Appendici Neuroimmagini e neurobiologia dei disturbi alimentari (Marco Cavallo, Marco Pagani)...177 Rassegna dei principali studi di neuroimmagine nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa ..........177 I concetti di immagine corporea e di schema corporeo nei disturbi alimentari: il contributo degli studi di neuroimmagine ..............181 Contributo degli studi di neuroimmagine al trattamento dei disturbi alimentari.........................185 Conclusioni.................................................................186 Una corretta alimentazione (Giorgio Calabrese).............187 Quali modelli di alimentazione salutare si possono proporre?.....................................188 Terapia dietetica..........................................................190 Le complicanze fisiche dell’anoressia e della bulimia.....193 Post Traumatic Stress Index-R (PTSI-R) (Indice dello Stress Post-Traumatico-R).........................195 Scale che compongono il questionario.......................195 Il questionario.............................................................198 Interpretazione ...........................................................207 Bibliografia.......................................................................209 Prefazione «Pensavo di essere l’unica a sentirmi così… poi ho capito che quello che mi fa sentire così grassa e mi impedisce di mangiare come vorrei e smettere di vomitare è una malattia psicologica». Queste parole di una paziente riportate nel libro di Marina Balbo sono rappresentative di una serie di interrogativi che da sempre accompagnano la comprensione di una patologia particolarmente debilitante come quella dei disturbi alimentari. Cosa spinge le persone a smettere di mangiare? Cosa impedisce loro di controllare l’impulso a vomitare? Cosa scatta, nella vita di una persona, che la porta a procurarsi tanta sofferenza? Chi si occupa di disturbi del comportamento alimentare deve necessariamente essere a conoscenza di tutti i meccanismi psicologici che contraddistinguono questi disturbi così devastanti e diffusi soprattutto in Occidente. Tanti, infatti, sono i fattori da tenere in considerazione quando si parla di un disturbo del comportamento alimentare, a partire dall’impatto della società con l’importanza sempre maggiore attribuita all’immagine corporea, fino ad arrivare al significato che viene attribuito all’assunzione di cibo, per non parlare di quanto esso sia, fin dai primi giorni di vita del bambino, veicolo privilegiato di scambi emotivi con chi si prende cura di lui. Se pensiamo ai dati relativi all’incidenza di questi disturbi in Europa e negli Stati Uniti, ci rendiamo conto di quanto siano sconcertanti e di quanto sia estremamente importante pianificare delle strategie di intervento adeguate e tempestive. Secondo studi specifici, nei paesi industrializzati (compresa l’Italia), ogni 100 ragazze tra i 14 e i 25 anni, 10 soffrono di una qualche forma di disturbo del comportamento alimentare. Si resta ancora più attoniti a rendersi conto che l’età di esordio di tale disturbo sta divenendo sempre più bassa. 12 Prefazione Questi dati dovrebbero mettere immediatamente in allerta chi, come noi psicoterapeuti, ha a che fare ogni giorno con queste sofferenze, spingendoci ad incuriosirci e a trovare il modo più adeguato per intervenire su una patologia tanto resistente al trattamento e che risulta essere addirittura la prima causa di morte tra le patologie psichiatriche. Nella pratica clinica di tutti i giorni, chi come noi si occupa quotidianamente degli effetti devastanti che i traumi e gli eventi di vita stressanti hanno sulla vita dei pazienti ha avuto modo di rendersi conto di come spesso, alla base di un disturbo del comportamento alimentare, sia possibile rintracciare questa tipologia di eventi estremamente dolorosi e soverchianti. Oggigiorno la letteratura scientifica va tutta in questa direzione e le numerose ricerche condotte in questo campo hanno portato gli studiosi che si sono occupati di redigere il DSM-5 (APA, 2013) ad inserire gli eventi di vita traumatici e le cosiddette “ferite dell’attaccamento” tra i fattori di rischio ambientali per l’insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare. Noi, come clinici, eravamo consapevoli di questo già da un po’. Ma leggere tra le pagine del più importante manuale diagnostico al mondo, utilizzato da tutti i clinici per fare diagnosi, che tra i fattori di rischio ambientali per la bulimia nervosa possiamo riscontrare la presenza di gravi traumi (come ad esempio abusi fisici e/o sessuali) è un traguardo molto significativo. Ci permette di fare il nostro lavoro con più consapevolezza, ci permette di gettare luce su un male che si insidia nella vita delle persone e la distrugge, ci permette di leggere gli eventi di vita di una persona con una precisa logica. È una rivoluzione. Ci sono voluti decenni per arrivare a tale consapevolezza, ma ce l’abbiamo fatta. Solo attraverso una completa e accurata conoscenza di quello a cui ci troviamo di fronte possiamo mettere in atto la strategia di intervento più efficace per aiutare i nostri pazienti. Il libro di Marina Balbo, esperta che si occupa da anni di patologie legate ai comportamenti alimentari, ha esattamente questa funzione. Ci accompagna passo passo nella comprensione di ogni piccola sfaccettatura di tali disturbi, fornendo una spiegazione chiara e semplice di un fenomeno estremamente complesso. Ci aiuta a mettere insieme i pezzi di un puzzle, e ci conduce verso una piena consapevolezza che l’unico modo per aiutare queste persone è comprendere la loro storia di vita e intervenire su tutti quei ricordi estremamente dolorosi che hanno contribuito a generare il disturbo. Il protocollo EMDR fa esattamente questo e Marina, amica e collega che da anni mi accompagna in questa avventura, lo sa perfettamente. Ed è per questo che mette a disposizione tutto le sue conoscenze e la sua esperienza per aiutare chi, come lei, si occupa giorno dopo giorno del trattamento di queste patologie. Prefazione 13 Il suo sapere passa attraverso una descrizione dettagliata di ciascuna fase del protocollo, a cui Marina aggiunge suggerimenti e consigli clinici e che arricchisce con esercizi che sono frutto di anni di esperienza con pazienti di questo genere. È proprio attraverso le parole delle persone i cui casi clinici sono presentati nel libro che abbiamo la possibilità di leggere i profondi cambiamenti cui vanno incontro i pazienti durante una terapia EMDR. Chi meglio di una persona che ci è passata, che ha attraversato la dolorosa esperienza di una patologia debilitante ed è riuscita ad uscirne grazie ad un intervento clinico adeguato può spiegare quali siano state le “molle” che hanno generato il cambiamento? Ancora una volta, quindi, dobbiamo ringraziare l’impegno costante da parte di chi, come Marina Balbo, lavora a stretto contatto con la sofferenza e condivide la sua esperienza con tutti, come fa lei attraverso questo libro, permettendoci di fare un passo in avanti verso un aiuto più concreto, mirato ed efficace per i nostri pazienti. Isabel Fernandez (Presidente dell’Associazione EMDR Italia e EMDR Europe) Introduzione Sono le 13 di una domenica in una trattoria di una città di mare. Una famiglia, padre, madre e una ragazzina molto magra di circa undici anni, si siede accanto al mio tavolo. Il cameriere arriva per prendere le ordinazioni e la madre ordina per la figlia, che non la guarda in viso e continua a giocare con il telefonino: «Per mia figlia solo un pesce bollito, assolutamente senza olio, non mangia altro e se insisto… per noi pasta ai frutti di mare e frittura mista» (…). La scena si commenta da sola e l’ho scelta come apertura di questo libro perché mette bene in evidenza come i disturbi legati all’alimentazione siano forme di disagio molto diffuse e allo stesso tempo sempre più accettate, condivise e giustificate nella vita di tutti i giorni. Molto è stato scritto sull’argomento e autori di diverso orientamento hanno definito e approfondito questo tipo di patologie descrivendone la sintomatologia e il trattamento attraverso metodologie di provata efficacia. A partire da queste ricerche, è sorta l’esigenza di organizzare in un quadro d’insieme i vari aspetti dei disturbi alimentari, cercando di individuare l’origine della loro sintomatologia, la loro complessità in relazione alla personalità di chi ne soffre e, in particolare, gli aspetti traumatici. Nella mia pratica clinica ho dedicato molto tempo allo studio e al trattamento di questi disturbi: ho visto esili anoressiche che controllavano ogni mia parola con il dubbio e la persistente paura che fossi l’ennesima persona che tentava di farle ingrassare, ho contrattato per anni “il gioco della verità” con bulimiche che tentavano di nascondere quella volta in più in cui avevano vomitato, ho condiviso la sofferenza dell’invischiante sintomatologia del disturbo da alimentazione incontrollata, gestendo la devastante sensazione di colpa del dopo abbuffata. Ogni volta scoprivo che alla base del sintomo vi era una storia di vita triste, angosciante, spesso seriamente traumatica. Ma anche digiunare, fare sacrifici nell’alimentazione, abbuffarsi, vomitare, rappresentavano per i miei pazienti una traumatica esperienza. 16 INTRODUZIONE Quando, nel 1999, Isabel Fernandez mi ha dato la possibilità di conoscere il metodo EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso movimenti oculari), frequentando il primo corso organizzato in Italia, ho iniziato a indagare in modo più approfondito le storie di vita dei pazienti, per cercare di conoscere l’origine della loro sofferenza. L’EMDR è un trattamento psicoterapeutico che, con l’utilizzo di specifiche modalità di stimolazione oculare, facilita la risoluzione dei sintomi e del disagio emotivi legati a esperienze di vita stressanti e traumatiche. Esso è diventato la costante metodologica che utilizzo ormai da sedici anni nel trattamento dei disturbi alimentari con risultati efficaci e, per alcuni pazienti, sorprendentemente rapidi. Soffrire di un disturbo alimentare significa, spesso, usare il cibo per esprimere un dolore emotivo risalente ai primi anni di vita. I dati epidemiologici affermano che l’esordio avviene quasi sempre nella pubertà, il periodo nel quale soprattutto le ragazze sono più a rischio. In questa fase l’aumento del grasso corporeo, una fase normale e necessaria di maturazione fisica, appare come un “tradimento” per le giovani donne che, anche influenzate e rinforzate da forti condizionamenti sociali, si pongono l’obiettivo di rimanere magre. Aumentare di peso diventa allora doloroso e imbarazzante, così che un evento fisiologico tipico dell’età si trasforma in un “evento critico” all’interno della “cultura della magrezza”. È spesso da qui che inizia la “guerra” con il proprio corpo, trasformando il cibo in nemico. D’altra parte, una società che esalta la magrezza e cerca di rimuovere il dolore costituisce, per i soggetti più a rischio, il terreno ideale per lo sviluppo dei disturbi alimentari. Indipendentemente dall’approccio terapeutico, gli psicoterapeuti che si occupano di tale patologia concordano sul fatto che la maggior parte dei sintomi è legata all’impatto delle prime esperienze dolorose della vita, e tutti sono consapevoli che i disturbi alimentari siano tra le psicopatologie più complesse, difficili e impegnative da trattare. Vi sono, infatti, molte ricerche eziologiche che ne evidenziano il carattere multidimensionale. Come vedremo nel corso del volume, storie di attaccamento problematico, relazioni familiari disfunzionali, esperienze traumatiche sono fattori significativi che possono determinare difficoltà nella regolazione delle emozioni e aumentare la vulnerabilità di una persona nei confronti di un disturbo alimentare. Anche le ricerche neuroscientifiche più recenti hanno contribuito a mettere in luce che le esperienze dei primi anni di vita, immagazzinate in modo non funzionale nei circuiti della memoria, possono contribuire allo sviluppo della sintomatologia. Secondo le teorie sulla memoria sviluppate negli ultimi anni (Van der Kolk, 1994; Brewin, Gregory, Lipton e Burgess, 2010; Matos, Pinto-Gouveia INTRODUZIONE 17 e Costa, 2014), per esempio, le esperienze che forniscono le basi della patologia sono state conservate in memoria senza essere elaborate a sufficienza. Quando queste esperienze vengono richiamate portano con sé un alto livello di disturbo, reso manifesto da emozioni, sensazioni fisiche e comportamenti. Le persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione non percepiscono il proprio corpo con obiettività. Come in uno specchio in un parco divertimenti, si vedono in maniera distorta, talvolta inadeguata rispetto agli standard proposti dalla società attraverso i media. Ciò che, però, sta alla base di questa percezione non è sicuramente quello che non va nel proprio corpo, ma tutta una serie di problematiche emozionali come, per esempio, il dover sempre avere il controllo di sé per ottenere l’approvazione degli altri, rimanendo allo stesso tempo “incastrati” in un ciclo infinito di dolore e frustrazione. I disturbi alimentari vanno dunque considerati come potenti meccanismi che aiutano i pazienti ad affrontare quegli eventi della vita che portano con sé un carico di emozioni troppo difficili da sopportare. Il circuito patologico e doloroso che avvolge coloro che ne soffrono fa sì che essi considerino il proprio disturbo come una specie di supporto anche se (specie nei disturbi da alimentazione incontrollata) vi è l’amara consapevolezza che i sintomi mantengano e perpetuino la patologia. Le persone si sentono minacciate e vuote senza tali meccanismi disfunzionali. È come se diventassero il proprio disturbo. Come si potrà vedere, il testo inizialmente inquadra il fenomeno in una dimensione sociologica, ricercando, prima di tutto nella società in cui viviamo, le origini dei pensieri che inducono, là dove manca l’autostima, a perseguire l’accettazione di sé attraverso la ricerca della magrezza e della perfezione. «Non posso tornare a mangiare, intorno a me tutto mi dice che il mio corpo non va, guardo un film e trovo solo attrici perfette, le mie amiche sono perfette e poi le foto… tutte queste foto, tutta questa pubblicità, non mi portano a fare altro che confermare che sono io che non vado bene…». Il terapeuta, pertanto, troverà nel volume una base teorica, sociologica ed epidemiologica per inquadrare i disturbi alimentari, nonché una parte specifica dedicata al trattamento con il metodo EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). L’analisi della letteratura scientifica riguardante i nuclei patologici relativi agli aspetti del trauma e della dissociazione presenti nella maggioranza dei pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) potrà essere utile poi al terapeuta per impostare la fondamentale seconda fase psicoeducazionale del trattamento EMDR. 18 INTRODUZIONE La metodologia EMDR guida lo psicoterapeuta all’utilizzo di un metodo anamnestico per indagare quali esperienze nei primi anni di vita hanno contribuito alla sintomatologia, quali sono i fattori presenti attualmente che provocano il disturbo e quali comportamenti e capacità sono necessari per preparare il paziente ad azioni future adeguate. L’utilizzo dell’EMDR su questi tre versanti (Passato, Presente e Futuro) permette al terapeuta di formulare un piano terapeutico che consenta al paziente DCA di riorganizzare le memorie traumatiche sottostanti e di attivare il coping1 adeguato per gestire il sintomo e prevenire le ricadute. La possibilità di rielaborare queste esperienze con il metodo EMDR mette infatti il paziente in condizione di realizzare un insight2, di cambiare la valutazione dal punto di vista cognitivo, di incorporare emozioni e reazioni fisiche adeguate e di adottare comportamenti più adattivi. L’EMDR è un approccio complesso, ma ben strutturato, che può essere integrato nei programmi terapeutici per i disturbi alimentari qualunque sia l’orientamento teorico del terapeuta che lo applica, aumentandone l’efficacia. è importante tenere presente che l’EMDR è un metodo psicoterapeutico, come tale deve essere praticato da uno psicoterapeuta formato e abilitato. Gli argomenti trattati nel volume prevedono che il lettore abbia conseguito almeno la formazione di base. Il lettore potrà infatti trovare nel testo alcune utili e pratiche strategie per il trattamento e una serie di strumenti (tools) efficaci per preparare il paziente, gestire l’intero percorso terapeutico e sostenere la motivazione al trattamento stesso. Le citazioni che in qualche caso precedono l’inizio del capitolo sono testimonianze significative che ho potuto raccogliere in questi anni di lavoro con i miei pazienti DCA e che possono rappresentare l’essenza dei vari tipi di disagio e di sofferenza che di volta in volta vengono analizzati. In appendice, il questionario PTSI-R (Post Traumatic Stress IndexRevised), che ho personalmente tradotto e riformulato nello scoring (con l’autorizzazione degli autori americani Delmonico e Karnes, che ringrazio), consentirà al terapeuta di individuare in modo più efficace nella storia di vita del paziente la presenza di situazioni traumatiche alla base del disturbo. Vorrei, infine, precisare che il testo presenta un modello e un contributo alla letteratura sull’argomento, frutto di anni di studio e di esperienza clinica. Mi auguro che possa stimolare ulteriori riflessioni e ricerche. Il termine coping si riferisce alle abilità di fronteggiamento e gestione del sintomo. L’insight è una sorta di ristrutturazione improvvisa del campo cognitivo grazie alla quale si determina un apprendimento. L’individuo ha una sorta di illuminazione e collega, in una forma unitaria e innovativa, gli elementi che fino a quel momento erano sparsi, conferendo loro un nuovo significato. 1 2 19 INTRODUZIONE RINGRAZIAMENTI Sono profondamente grata alle molte persone che hanno reso possibile questo libro. Tengo molto ad esprimere la mia gratitudine e a rivolgere un ringraziamento speciale a Isabel Fernandez, autorevole “voce” dell’EMDR in Italia e nel mondo: a lei siamo debitori per la conoscenza, lo studio e i progressi di questo metodo psicoterapeutico. Ringrazio Isabel per le parole di apprezzamento espresse nella «Prefazione», per l’incoraggiamento, per la sempre splendida disponibilità, generosità e amicizia, che in questi 16 anni di esperienza clinica con l’EMDR hanno contribuito ad arricchire la mia persona e la mia vita professionale. Ringrazio i miei colleghi, in particolare coloro che con il loro incoraggiamento e sostegno hanno reso vera la realizzazione del libro: Erika Viotti, mia figlia e collega, per i commenti aperti e perspicaci che hanno fatto sì che il volume prendesse forma, Elisa Faretta, Renzo Barbato, Angela Seminara che hanno molto creduto nella sua realizzazione, i colleghi del Direttivo Nazionale per l’impegno e la disponibilità a condividere idee ed esperienze. La mia gratitudine va anche a tutti i colleghi che ho avuto in supervisione e a coloro che hanno partecipato ai workshop che ho tenuto su EMDR e Disturbi Alimentari organizzati dall’Associazione EMDR Italia. Le loro domande e le loro riflessioni hanno contribuito a far maturare l’idea del libro. Inoltre ringrazio Romolo D’Abramo, dell’Associazione EMDR, per la sua sempre aperta disponibilità a supportare ogni esigenza tecnica e organizzativa. Un grazie va al professor Giorgio Calabrese, Presidente del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, presenza autorevole nel settore della Scienza dell’Alimentazione in Italia e nel mondo, per il suo puntuale e competente contributo sulla corretta alimentazione, al collega ricercatore Marco Cavallo e al neurofisiologo Marco Pagani, medico del CNR esperto in neuroimmagini, per gli approfondimenti neuroscientifici: il loro contributo ha permesso di comprendere il rapporto tra cibo, psicopatologie alimentari e cervello. Un ringraziamento speciale a Chiara Arduino e Mara Gilli, che con la loro abilità organizzativa hanno supportato i primi difficili momenti della nascita del manoscritto. Ringrazio gli studiosi che mi hanno “accompagnato” nella mia formazione di base sui Disturbi Alimentari, in particolar modo Christopher Fair­ burn che ho seguito in diversi workshop in Italia e all’estero, e Riccardo Dalle Grave con il quale ho approfondito molti argomenti nei vari congressi in cui ci siamo incontrati. Ringrazio la Casa Editrice Giunti, che ha creduto in questo volume e lo ha reso possibile, in particolare Glauco Renda, il cui lavoro sul manoscritto è stato costante dall’inizio alla fine del progetto. 20 INTRODUZIONE Ai miei pazienti va il ringraziamento più sentito e profondo, sono loro che mi hanno permesso di avviare e sostengono il mio lavoro di ricerca scientifica, che ha preso le mosse dall’osservazione e dalla comprensione dell’elaborazione di significati che il loro cervello processava durante le sedute di EMDR. Infine, ringrazio mio marito Claudio per l’incoraggiamento, il supporto e l’affetto che mi permettono di conciliare al meglio lavoro e vita privata. AVVERTENZA PER IL LETTORE I casi e le storie riportati nel volume derivano direttamente dalla pratica clinica dell’autrice. Nomi e dettagli sono stati modificati. Capitolo 1 Cibo, società e cultura «Quando c’erano le feste a casa era bellissimo, la mamma cucinava cose buonissime, il profumo era nell’aria, invitante, ma io sapevo che non avrei potuto mangiare, assaporare quel profumo. Dentro di me un pensiero assillante mi continuava a ripetere che non potevo… e, allora, quel profumo delizioso diventava un nemico da combattere…» (Paola, 25 anni). CIBO AMICO, CIBO NEMICO: UN CONFLITTO INTERMINABILE DALL’ORIGINE DEL DISTURBO AL SUO SIGNIFICATO NELLA CULTURA CONTEMPORANEA I disturbi del comportamento alimentare sono costituiti da un insieme di sintomi sempre più diffusi che, nelle loro diverse forme, usano il corpo e il cibo per esprimere un disagio psicologico. Tali patologie, che fino agli anni ’70 del secolo scorso si riscontravano in maniera meno frequente, sono attualmente divenute una realtà che pone significative problematiche sia in ambito sanitario che sociale. Dalle ricerche epidemiologiche sappiamo che i disturbi del comportamento alimentare colpiscono soprattutto giovani donne occidentali. Partendo da tale constatazione, verrà presentata una breve analisi sociologica delle questioni relative all’identità femminile, esaminandone le caratteristiche e i processi rilevanti per la sua costruzione, al fine di evidenziarne problemi, eventuali contraddizioni e squilibri in termini di potere e identità di genere. Non possiamo non considerare come, negli ultimi decenni, il prototipo di donna ideale si sia spostato verso l’esaltazione della magrezza e dell’altezza, mentre, contemporaneamente, l’alimentazione si è arricchita di grassi, assieme ad un costante invito ad eccedere. Nella nostra epoca, dagli anni ’70 del secolo scorso in poi, le donne hanno vissuto un mutamento radicale del loro ruolo sociale e della loro 22 CAPITOLO 1 stessa identità. La sensazione di inadeguatezza provocata dalla discrepanza tra la costituzione biotipologica individuale e i modelli propagandati dai mass media ha causato e causa pensieri e comportamenti che perseguono sempre più l’etica dell’essere magri. Per i soggetti più vulnerabili, però, conformarsi al modello fisico dominante rappresenta la soluzione patologica al problema dell’identità e del valore personale, anche se in parte consente di ridurre il disagio causato dalla sensazione di inadeguatezza. IL COMPORTAMENTO ALIMENTARE NELLA STORIA: VITA, COSTUME, TRADIZIONE E LEGAME L’odierna attenzione dedicata all’alimentazione dipende dal rapporto del corpo con il cibo, che, dagli anni ’80 del secolo scorso, ha assunto un valore particolare dal punto di vista dell’estetica. La bellezza è legata ad un corpo in forma e un corpo in forma è a sua volta legato all’alimentazione. L’organismo umano è stato allenato nel corso dell’evoluzione a resistere alla fame e alle carestie, ma è indubbiamente meno preparato a fronteggiare l’abbondanza e la disponibilità di cibo. Da qui il successo delle diete per adeguarsi ai modelli estetici imperanti, anche grazie alla sempre maggiore informazione su tali argomenti. Nel suo percorso storico il momento dell’alimentazione ha sempre avuto per l’uomo significati che sono andati ben oltre la mera funzione nutritiva. Non c’è situazione più complessa, per le sue implicazioni sociali, religiose, edonistiche, di quella alimentare. Il rito del pasto nelle varie culture ha, infatti, assunto funzioni diversificate, tra cui quella di far socializzare, di rinforzare l’appartenenza ad un gruppo e di far rispettare le gerarchie sociali, attribuendo per esempio alla persona più prestigiosa per ceto, età, ruolo, il posto d’onore e la possibilità di essere servita per prima. A differenza degli altri esseri viventi (esclusi i primati), attenti a difendere il loro cibo da ladri e predatori, gli esseri umani amano mangiare in gruppo: condividere il momento del pasto è un’istituzione culturale profondamente radicata, un’abitudine ricca di significato, di cui si possono rintracciare regole, riti e usanze. Si tratta probabilmente di comportamenti che hanno un’origine innata, come dimostrano le ricerche etologiche del 2010 dell’associazione “Les amis des Bonobos du Congo” sulla condivisione del cibo tra le scimmie antropomorfe. Alcune di esse, per esempio, evidenziano come le scimmie bonobo preferiscano dividere il cibo con un altro bonobo piuttosto che mangiare da sole. L’essenza della vita sociale ruota attorno a piatti, tazze e bicchieri: dalla colazione in famiglia, al caffè con i colleghi, da un pranzo d’affari a una cena