Convegno “Il problema dei look-alike: i giusti limiti alla libertà di imitare” Milano, 11 giugno 2003 Centro Congressi Svizzero, Sala Meili “L’esperienza dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria” Relazione di Vincenzo Guggino Segretario Generale Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria __________________________________________________________________ 1. Breve carta d’identità dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria L'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, associazione avente personalità giuridica, opera dal 1966. La sua mission, attraverso lo strumento rappresentato dal Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (ora alla 34.a edizione), è che la pubblicità sia sempre più "onesta, veritiera e corretta". Fanno parte dell'Istituto 16 importanti e qualificati enti ed associazioni del mondo pubblicitario italiano che, sostanzialmente, rappresentano oltre il 90% dell'investimento totale. Sono in questo modo presenti le tre principali espressioni attraverso le quali si articola la comunicazione pubblicitaria: Imprese che investono in pubblicità (UPA), Agenzie e Professionisti che la creano (ACPI, AICUN, Assocomunicazione, FEDERPUBBLICITA', UNICOM, TP) e Mezzi che la diffondono (AAPI, AER, FCP, FIEG, FRT, GRUPPO MEDIASET, RAI, RNA). Dell’Istituto fa parte anche Pubblicità Progresso. Il Consiglio Direttivo è l'organo che, avvalendosi della Commissione di Studio, formula ed aggiorna le norme del Codice di Autodisciplina. Nomina il Presidente dell’Associazione e il Segretario Generale che dirige i membri della segreteria del sistema. Il Comitato di Controllo è l'organo inquirente. Il Giurì è l'organo giudicante. Uno sguardo di insieme consente di individuare in un centinaio le persone qualificate che, a vario titolo, sono direttamente impegnate nel reggere le sorti dell'Autodisciplina pubblicitaria. Importante quanto l'attività di repressione è l’applicazione preventiva delle norme autodisciplinari mediante la richiesta di pareri preventivi. Il sistema autodisciplinare è autonomo e distinto dall’ordinamento statuale, pur nel rispetto delle finalità dei principi generali di quest'ultimo. Il principio che informa il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria è quello di assicurare che la pubblicità, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. La rapidità negli interventi e la competenza nella definizione dei casi sono le principali caratteristiche dell'Autodisciplina italiana: il tempo medio tra l'inizio e la conclusione delle vertenze più complesse innanzi al Giurì è inferiore ai 25 giorni; l’organo giudicante è composto da illustri esponenti del mondo accademico e da esperti professionisti, ed è presieduto da un alto magistrato, designato dal Consiglio Direttivo. Dal 1966 fino ad oggi, i casi affrontati e risolti (sia per intervento del Giurì, che del Comitato di Controllo) sono oltre 10.000. Sul piano delle sanzioni, la "pena" principale, in caso di non conformità al Codice, è l’immediata cessazione del messaggio e, in casi particolarmente gravi, la pubblicazione per estratto della decisione. Sul sito Internet www.iap.it sono pubblicate le sintesi delle decisioni più recenti del Giurì e le ingiunzioni del Comitato di Controllo. L’intera raccolta giurisprudenziale dal 1966 al 2000 è pubblicata in un Cd-Rom edito dalla Anthelios Edizioni. 1 2. La tutela della creatività pubblicitaria nell’ordinamento autodisciplinare Il sistema dell’Autodisciplina pubblicitaria – che ormai coinvolge ed impegna praticamente tutto il mondo pubblicitario italiano in forza di un vincolo associativo e della clausola di accettazione del sistema inserita nei contratti di inserzione pubblicitaria – dà concrete risposte ad un'esigenza vivamente sentita dai diversi operatori, creando una rete – da un lato normativa, dall'altro organizzativa – che offre una giusta tutela alla creatività pubblicitaria contro quanti intendessero profittare con malafede, o per semplice disattenzione o disinformazione, di altrui precedenti creatività pubblicitarie, e a favore di quanti hanno avuto un'idea tutelabile e intendono salvaguardarla. Il sistema normativo si impernia sugli artt. 13, 43, 44 e 45 del Codice di autodisciplina pubblicitaria. Il Codice ha il grande pregio di avere norme brevi e chiare; inoltre il sistema normativo autodisciplinare è tanto flessibile - nel senso di capacità di adeguamento alle mutevoli esigenze generali - da essere stato modificato il che vuol dire aggiornato, migliorato, reso appunto sempre più chiaro - ben 34 volte dalla sua origine, nel 1966, ad oggi. Tuttavia, le norme sulla tutela della creatività pubblicitaria sono ormai inalterate da parecchi anni, salvo piccoli ritocchi, segno che sono formulate con la dovuta pertinenza, e che il testo ha passato il vaglio di un'esperienza ormai collaudata. Art. 13 - Imitazione, confusione e sfruttamento Deve essere evitata qualsiasi imitazione pubblicitaria servile anche se relativa a prodotti non concorrenti, specie se idonea a creare confusione con altra pubblicità. Deve essere inoltre evitato qualsiasi sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine aziendale altrui, se inteso a trarre per sé un ingiustificato profitto. Un dato riassuntivo del contenzioso su questa norma registra, dalle origini ad oggi, che su 1.847 campagne pubblicitarie esaminate e giudicate dal Giurì, le vertenze che si sono riferite all'art. 13 sono state 224 (95 volte è stata riscontrata la violazione dell'art. 13 e quindi è stata ordinata la cessazione della campagna). Il rischio che due operatori pervengano alla medesima idea pubblicitaria nello stesso periodo di tempo non può che gravare su quello che sia pervenuto al risultato creativo in epoca posteriore. Questo principio opera in tutto l’ambito delle creazioni intellettuali protette, per le quali infatti sono predisposte modalità di registrazione dirette precisamente ad acquisire la prova della data certa della creazione. E a questo fine, quello cioè di fissare una data certa, che è sorto e si è sviluppato il sistema dei depositi organizzato presso gli uffici dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria e regolati dagli artt. 43, 44 e 45 del CAP. Art. 43 - Progetti pubblicitari Qualora, in vista dell'eventuale futuro conferimento dell'incarico di amministrare la propria pubblicità, un utente richieda ad una agenzia o a un professionista, nell'ambito di una gara, di una consultazione plurima o individuale, la presentazione di uno o più progetti creativi, deve astenersi dall'utilizzare o dall'imitare gli aspetti ideativi e creativi del o dei progetti non accettati o prescelti per un periodo di tre anni dalla data del deposito del relativo materiale da parte dell'agenzia o del professionista interessati, da effettuarsi in plico sigillato presso la Segreteria dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, secondo le modalità stabilite dal Regolamento. Art. 44 - Avvisi di protezione Ai fini della tutela delle creazioni pubblicitarie, gli annunci isolati utilizzati come anticipazione e a protezione di una campagna debbono essere depositati e pubblicati come stabilito dall'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, secondo le modalità stabilite dal Regolamento. I depositi in vigore sono consultabili presso la sede dell’Istituto e riportati, a titolo informativo, nel sito Internet dello stesso. La protezione ha efficacia per un periodo di dodici mesi per gli annunci stampa e di diciotto mesi per gli annunci audiovisivi, a far tempo dalla data di pubblicazione. 2 Art. 45 - Pubblicità svolta all'estero Gli utenti che vogliono tutelare la pubblicità da loro svolta in altri Paesi contro possibili imitazioni in Italia, possono depositare gli esemplari di tale pubblicità presso la Segreteria dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, secondo le modalità stabilite dal Regolamento. Il deposito conferisce un diritto di priorità valido per un periodo di cinque anni dalla data del deposito stesso. Fino ad oggi sono stati depositati 141 progetti pubblicitari (le cosiddette gare), 4.775 annunci di protezione (i cosiddetti pre-emption o avvisi "civetta") - di cui 2.854 per pubblicità stampa e 1.921 per pubblicità audiovisiva - e 169 campagne svolte all'estero. 3. L’art. 13 – Imitazione, confusione e sfruttamento - 1° comma, del CAP Per quanto vi siano delle analogie con la legislazione statuale, in primo luogo con le norme che disciplinano la concorrenza, il contenuto dell'articolo è alquanto innovativo. A differenza dell'ordinamento statuale che, di regola, non conferisce alcuna protezione all'ideazione pubblicitaria, l'art.13 CAP tutela l'idea pubblicitaria non solo in funzione dei mezzi espressivi con i quali viene estrinsecata ma anche in funzione del suo contenuto concettuale. Ovviamente l'organo giudicante autodisciplinare, il Giurì, pone attenzione a non legittimare monopoli espressivi illimitati valutando caso per caso la soglia di protezione di ciascun singolo messaggio o idea in esso contenuta. I criteri in base ai quali interpretare l'art.13 sono la novità e la creatività. L'idea che si vuole proteggere deve essere ovviamente anteriore rispetto a quella che si suppone la imiti. Tuttavia la novità può non essere assoluta sia da un punto di vista territoriale che temporale. Riguardo al primo profilo, rileva soltanto la divulgazione avvenuta all'interno del territorio italiano; sul piano temporale, invece, non rilevano anteriorità cadute nel dimenticatoio, ovvero non più presenti nel ricordo dei consumatori e quindi diventate di pubblico dominio. Il secondo criterio, la creatività, va inteso come sforzo creativo apprezzabile, che si discosti dalla mera descrizione delle caratteristiche del prodotto per esprimere originalità, contenuto fantastico, inconsueto, estraneità con l'oggetto pubblicizzato. Una seconda importante differenza tra l'art.13, 1°comma, CAP e l'art.2598 c.c. consiste, a parità di oggetto, ovvero il divieto di imitazione pubblicitaria servile, nella possibilità di applicare la tutela autodisciplinare anche a prodotti o attività non concorrenti. Da questo punto di vista l'Autodisciplina accorda all'idea pubblicitaria una valenza in qualche modo assimilabile alla creazione intellettuale sganciando l'ambito di tutela dalle ipotesi di mero sviamento di clientela tra concorrenti. Terza ma non meno rilevante differenza è che oggetto del divieto (nel primo caso) è l'imitazione pubblicitaria servile in sé considerata, ovvero prescindendo dalla sua idoneità a creare confusione con i prodotti e con l'attività di altro soggetto, sia concorrente che non concorrente. La confondibilità non è pertanto considerata un elemento costitutivo della fattispecie autodisciplinare ma mero elemento rafforzativo del giudizio di imitazione servile di un messaggio, analogamente all'elemento della concorrenzialità, anch'esso, come già detto, non costitutivo, ma valutato dal Giurì in termini di elemento rafforzativo della fattispecie. L'individuazione di una o di entrambe queste "aggravanti" conduce sovente il Giurì ad adottare parametri meno rigorosi nella valutazione del gradiente di creatività dell'idea imitata, purché ovviamente tale idea sia provvista di adeguata capacità distintiva. 4. L’art. 13 – 2° comma del CAP Il co.2° dell'art.13 CAP vieta la pubblicità realizzata mediante il richiamo al nome, ai segni distintivi, alla notorietà e all'immagine aziendale altrui. Questa previsione può essere connessa a quella riportata nel comma 1°, ma può costituire una fattispecie autonoma di illecito. Infatti l'art.13, 2° co. può essere applicato anche non in presenza di un'idea pubblicitaria proteggibile, ma in presenza di un agganciamento di un'impresa ad un'altra, attraverso un'imitazione non solo di segni distintivi, ma entrando nel merito del contesto comunicazionale più ampio dell'impresa. L'introduzione del concetto di "immagine aziendale", che non rientrerebbe nel novero dei segni distintivi nell'accezione classica legislativa, è giustificata dagli ingenti investimenti connessi al lancio di una campagna volti a far acquisire ad una determinata campagna un'ampia notorietà che si riverbera sul marchio ma che 3 vive di vita propria e che diventa un vero e proprio asset aziendale. L'azienda, in sostanza, viene ricordata e "vissuta" in relazione ad un certo messaggio pubblicitario e quest'ultimo diventa coagulo di immagine aziendale e di notorietà presso il pubblico. Il divieto di sfruttamento e l'agganciamento pubblicitario ai sensi della norma presuppone l'altrui notorietà, ovvero occorre che tra la pubblicità o i segni distintivi agganciati da una parte e lo sfruttatore dall'altra vi sia un divario di notorietà a favore del primo. L'art.13, 2° co., va quindi a proteggere coloro che hanno consolidato un nome, un marchio, una propria notorietà o immagine aziendale sul mercato nei confronti di concorrenti o non concorrenti che abbiano cercato una "scorciatoia" di marketing, imitando il più famoso. L'ingiustificato profitto richiesto dalla norma è proprio lo strumento di chi, attraverso l'imitazione, cerca la scorciatoia: viene lanciato un prodotto nuovo, ci si aggancia alla notorietà del competitor (preesistente), anche attraverso l'utilizzo di un'immagine nella quale l'impresa ha investito parecchio, il consumatore rimane confuso e l'imitatore cerca di trarre un ingiustificato profitto. Casistica relativa all'art.13, 1° comma Sono state ritenute tutelabili perché dotate dei requisiti di originalità e creatività le seguenti pubblicità: − “Una telefonata allunga la vita" nei confronti di "Se una telefonata allunga la vita, figuriamoci due"; − L’idea di prendere un puzzle con due dita come se fosse un foglio di carta, perché presenta un elevato tasso di “disobbedienza alle regole dell'esperienza”; − "I pratici PAIF" nei confronti di "I pratici DACCA"; − "Campari,sì" nei confronti di "Seat,sì" − "Fiat punto. La risposta" nei confronti di "Vertech. La risposta"; − La figura del cowboy "Marlboro man"; − "Noi siamo quello che beviamo" nei confronti di "Noi siamo quello che mangiamo", per il rischio di confusione nell’attribuzione di due linee di prodotto alla medesima impresa; − "No limits" nei confronti di "There are no limits"; − "Cuoce ma non scuoce" nei confronti di analogo slogan successivo; − "Grazie Candy" nei confronti di "Grazie Linidor"; − "Martini è" nei confronti di "Garelli è". Sono state invece ritenute lecite le seguenti pubblicità: - "Ovvio Oviesse" rispetto a "Ovvio Vicenza"; - "Quando il mal di gola si fa sentire", perché espressione tipica del linguaggio parlato, analogamente a: "con un solo gesto", "con una sola operazione"; "antitempo"; "a 360 gradi"; "Non oil". Casistica relativa all'art.13, 2°comma Non consentite: - "Star" nei confronti di "Bingo Star" riferito a prodotti alimentari; - "Cartier" nei confronti di un'operazione promozionale nella quale si regalavano senza autorizzazione degli orologi Cartier; - "Pupa" nei confronti di "Pupetta"; - "Non stupitevi di non trovarci quest'anno a Pitti uomo" nei confronti di Pitti Uomo; - Il marchio "Tratto" nei confronti dello slogan "Di tratto in tratto" per strumenti di scrittura; - La raffigurazione delle prugne con le foglie della Falqui nei confronti di un disegno simile; - "Criss Cross" nei confronti di “Cotton Cross”; - "Lemonsoda" nei confronti di "Lemon & Soda" Infine, non sono state ritenute illecite: - "Lavasbianca" nei confronti di "Lava e sbianca" - "Ferox” nei confronti di “Neofer X". Due leading cases che hanno coinvolto le confezioni dei prodotti sono stati il caso “Gatorade” c. “Fitgar”; e il caso “Theramed” c. “Chlorodont”. 4