ASSISTENZA L’ecocardiografia nel Policlinico di Bari: oggi è possibile guardare “nel cuore” anche in tre dimensioni Paolo Colonna, Ennio Michelotto, Margherita Sorino, Vittoria Ostuni, Maria Ida Pansini, Antonio Tota, Antonia Mannarini, Lucrezia Demichele, Elisabetta De Tommasi, Roberta Romito, Nicola Divenere, Riccardo Guglielmi. Unità referenziale “Ecocardiografia basale e complessa” della U.O.C. Cardiologia Ospedaliera L. Colonna; Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari Paolo Colonna Responsabile Unità referenziale Ecocardiografia basale e complessa Riccardo Guglielmi Direttore Cardiologia Ospedaliera *********** Oggi le tecniche di immagine sono fondamentali nella diagnostica! Per sua stessa definizione, la medicina moderna vive di progressi. Nel campo della diagnostica, in particolare, le innovazioni più importanti hanno riguardato le cosiddette “tecniche di imaging”, cioè quelle metodiche che visualizzano strutture dell’organismo non visibili dall’esterno, permettendo così di “guardare” all’interno del corpo umano: ecografia, radiografia e tomografia computerizzata, risonanza magnetica – per citarne alcune – hanno rivoluzionato il modo di intendere la diagnostica medica, ritagliandosi in essa un ruolo fondamentale, e talvolta insostituibile. Cos’è l’eco bidimensionale? L’ecografia è una metodica non invasiva che utilizza gli ultrasuoni, cioè onde sonore con una frequenza così alta da non essere percepibili dall'orecchio umano. Come tutte le onde sonore, gli ultrasuoni hanno la caratteristica di essere riflessi quando incontrano un ostacolo, cioè di tornare indietro verso la fonte che li ha emessi. Nell’ecografia gli ultrasuoni sono emessi da una sonda, e vengono riflessi man mano che incontrano le varie strutture del corpo. Essi ritornano così allo 1 strumento, che li rileva e che ricostruisce l'immagine. Quest’ultima viene quindi visualizzata su un monitor in tempo reale. L’utilizzo di onde sonore conferisce all’ecografia due caratteristiche esclusive nell’ambito delle tecniche di imaging: un’assoluta innocuità (gli ultrasuoni non sono per nulla dannosi e non hanno alcuna controindicazione, e infatti l’ecografia è usata di routine anche nelle donne in gravidanza) e la possibilità di visualizzare le strutture desiderate momento per momento, in maniera dinamica e in tempo reale. Quest’ultima caratteristica è particolarmente importante per visualizzare organi in movimento; non a caso, l’ecografia è oggi ampiamente usata per la valutazione del cuore, sia morfologica sia funzionale: si parla così di ecocardiografia. Per esempio, nei pazienti che hanno subito un infarto del miocardio (cioè l'occlusione di una coronaria) essa permette di valutare la porzione di muscolo danneggiata ed indirizzare le migliori terapie. Cuore in movimento, Doppler per i flussi. La modalità standard in cui è in genere eseguita l’ecocardiografia è quella transtoracica bidimensionale (2D): il paziente si sdraia a torso nudo su un lettino leggermente inclinato, disponendosi sul fianco sinistro o sul dorso; la sonda, applicata dal medico sul torace del paziente, invia un fascio di ultrasuoni disposti “a ventaglio” (figura 1, immagine a sinistra), per cui le informazioni raccolte dall’apparecchio sono organizzate e visualizzate come immagini bidimensionali. Nell’ambito dell’ecocardiografia 2D si possono utilizzare anche altre modalità: le scansioni con il Doppler e Color Doppler visualizzano graficamente –sotto forma di “onde” o di “getti colorati”– i flussi sanguigni all’interno delle cavità del cuore e attraverso le valvole cardiache, permettendo di valutarne la velocità, l’entità e la direzione, Una nuova modalità connessa al Doppler, il Tissue Doppler Imaging (TDI), visualizza il movimento delle pareti cardiache, fornendo dati sulla funzionalità diastolica e sistolica del cuore in toto – cioè mostra se il cuore si rilassa e si contrae correttamente o meno. Estrema diffusione della metodica e necessità di esperienza nella interpretazione. Vista l’ampia gamma di informazioni che fornisce e la sua totale innocuità per il paziente, l’ecocardiografia è ormai utilizzata di routine da quasi tutti i cardiologi. Esistono però situazioni particolari – vuoi per la rarità intrinseca della malattia, vuoi per la complessità dell’interpretazione, vuoi per la difficile penetrazione degli ultrasuoni in singoli pazienti con toraci molto voluminosi – nelle quali l’interpretazione delle immagini ecocardiografiche risulta difficoltosa: in questi casi gioca un ruolo chiave l’esperienza dell’operatore. Per rendere l’idea, si consideri che le più grandi società americane (American College of Cardiology e American Society of Echocardiography), nonché l’importante Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare, hanno stimato che per ottenere un livello avanzato di esperienza sia necessario aver eseguito personalmente almeno centocinquanta esami ecocardiografici ed averne interpretati almeno trecento, e che questo “training” debba essere mantenuto negli anni per avere una competenza certificata. Da ciò l’importanza di avere un’ampia rete cardiologica per soddisfare la grande richiesta di ecocardiografie ed una struttura clinica di elevata esperienza, quale la Cardiologia Ospedaliera del Policlinico di Bari, dove i cardiologi della Ecocardiografia operano su di una mole di pazienti quantitativamente vasta e qualitativamente varia, spesso portatrice di patologie inconsuete o comunque di difficile interpretazione diagnostica. Se a ciò si aggiunge la possibilità di utilizzare apparecchiature all’avanguardia, si comprende come il Policlinico di Bari costituisca il centro di riferimento – e non solo a livello locale – nell’ambito dell’ecocardiografia. E’ importante che i cardiologi o i medici che eseguono le ecocardiografie abbiano seguito corsi di formazione e che abbiano superato l’esame teorico/pratico della Società Italiana di Ecografia 2 Cardiovascolare ottenendo la certificazione di competenza in ecocardiografia generale e/o transesofagea, vascolare o da stress. Cos’è l’ecografia 3D o tridimensionale? Un solo bottone per guardare “nel cuore” anche in tre dimensioni! Quanto detto vale ancora di più se riferito ad una delle modalità più raffinate e innovative dell’esame ecocardiografico, ovvero l’ecocardiografia tridimensionale (3D): una metodica che richiede nuove e sofisticate apparecchiature e quindi un’esperienza ancora più grande da parte del cardiologo sia nell’eseguirla sia nell’interpretarla. Tuttavia, a fronte di questo livello di esperienza richiesta, questa tecnica non comporta ulteriori disagi al paziente rispetto alla modalità bidimensionale: in pratica, il cardiologo cambia solo la modalità di acquisizione delle immagini premendo un semplice pulsante, per cui il paziente non si accorge nemmeno della differenza. Come funziona l’ecografia tridimensionale? La differenza in termini di immagini è però sostanziale: nell’ecocardiografia 3D la sonda invia non più un “ventaglio”, bensì una “piramide” di ultrasuoni (figura 1, immagine al centro), per cui il dispositivo acquisisce ed elabora informazioni su tutti e tre i piani spaziali delle strutture esaminate (figura 1, immagine a destra), ricostruendo sul monitor un’immagine “solida”, tridimensionale di tutte le componenti del cuore. Fig.1 A chi può essere utile? In generale, l’ecocardiografia tridimensionale può risultare utile, in aggiunta ai dati bidimensionali, nelle situazioni che richiedano un’alta definizione delle strutture visualizzate (normali o patologiche), specialmente riguardo ai rapporti spaziali tra tali strutture e quelle circostanti. In particolare, l’ecocardiografia 3D è utilizzata: • nelle patologie delle valvole cardiache per valutarne il grado di gravità e pianificare la strategia cardiochirurgica; l’ecografia risulta, inoltre, indispensabile come ausilio negli interventi di cardiochirurgia valvolare tradizionale; • per una più precisa definizione delle infezioni cardiache (per esempio endocarditi su strutture native o protesiche, quali impianti valvolari o cateteri intracardiaci)1; • in presenza di fibrillazione atriale (la più frequente aritmia cardiaca) per valutare un’eventuale presenza di pericolosi trombi all’interno del cuore2 (dal quale possono facilmente migrare, originando gli emboli che causano l’ictus cerebrale)3 o di condizioni di flusso sanguigno alterato che predispongano ai trombi stessi (per esempio, disfunzione dell’auricola sinistra sempre in corso di fibrillazione atriale); • per pianificare, guidare e controllare – quindi prima, durante e dopo la procedura – l’impianto di valvole transaortiche e di “devices” (ombrellini per difetti interatriali o tappi per chiudere l’auricola) 4 ; recentemente si è osservata una riduzione del 10% delle complicanze degli 3 interventi alle valvole cardiache attraverso un’ecocardiografia tridimensionale che guida la mano del chirurgo senza bisogno dell’intervento a cuore aperto. La cardiologia ospedaliera del Policlinico, grazie all’ampia esperienza ecocardiografica sviluppata su tutte queste malattie cardiologiche, ha portato i dati di Bari nei più importanti convegni internazionali e li ha pubblicati sulle più importanti riviste cardiologiche internazionali1-4, divenendo centro per la formazione di super-specialisti nelle varie tecniche della ecocardiografia. In conclusione, l’ecocardiografia rappresenta oggi uno strumento irrinunciabile per il cardiologo il quale, per utilizzare al meglio tale risorsa, deve acquisire un ampio bagaglio di esperienza e poter accedere ad apparecchiature all’avanguardia, specialmente per diagnosi “difficili” che richiedano l’uso di metodiche sofisticate quali l’ecocardiografia tridimensionale. Bibliografia essenziale: 4 1 Colonna P, Michelotto E, Guglielmi R, et al. Morphological approach to lead-dependent infective endocarditis: a preliminary real time 3D transesophageal echocardiography study. Eur J Cardiovasc Imaging 2013;Suppl12:P632 2 Colonna P, Michelotto E, Genco W, et al. Evaluation of left atrial appendage function and thrombi in patients with atrial fibrillation: from transthoracic to real time 3D transesophageal echocardiography. Eur J Cardiovasc Imaging 2012;Suppl12:P434 3 Colonna P. Echocardiography for embolic risk stratification in atrial fibrillation: improvement of CHA2DS2-VASc in the era of new oral anticoagulants. Rev Argent Cardiol (Eng) 2013;81:102-106 4 Michelotto E, Tarantino N, Pedote P, Colonna P, Guglielmi R. An uncommon pericardial cyst in the central mediastinum: incremental diagnosis with contrast enhanced three dimensional transesophageal echocardiography. J Cardiovasc Echography 2013 in press 5