bielle
pensieri
Canzoni di stagione
stagione di canzoni
di Giorgio Maimone
C
on l’arrivo della stagione estiva non c’è
modo di sottrarsi al tormentone delle canzoni
per l’estate. Più o meno ci sono passati tutti,
ci sono cascati tutti. Chi in modo ironico, chi in
modo critico, chi completamente acritico, con
il solo scopo di far ballare o cantare o vendere dischi. Le canzoni per l’estate sono un lascito degli anni ’60 e devono il loro successo alla
parallela affermazione dei juke box. Erano gli
anni in cui si scoprivano le vacanze di massa,
proliferavano gli stabilimenti balneari, gli
ombrelloni, i pattini: e in ogni “bagno” c’erano
almeno un juke-box, un flipper e un calcio-balilla. Qualche volta anche “una rotonda sul
mare” di cui approfittare per ballare strettamente avvinghiati. Ma gli anni ’60 sono andati, i ’70 (di piombo) sono affondati, gli anni ’80
(da bere) sono evaporati, gli anni ’90 (il nuovo
che avanza) sono stati gettati come tutti gli
avanzi, ma l’aprirsi del nuovo millennio non ha
chiuso la strada alle canzoni estive, che hanno
certamente mutato pelle nel corso degli anni,
ma che non riescono ad abdicare al ruolo di
“ultima frontiera per l’estate”
Il fenomeno è tipicamente italiano, come ci
spiega Enzo Gentile, autore di un gustosissimo
volume dedicato al fenomeno: “Legata a un
granello di sabbia”. “Peraltro - sostiene
Gentile, critico musicale de La Repubblica direi che la situazione si è ribaltata. Ossia, non
c’è più una canzone per la stagione, ma una
stagione per la canzone. Questo si vede
soprattutto nei grandi concerti estivi. Ai tempi
del juke-box non solo in Italia non c’erano i concerti di massa, ma non c’erano quasi neanche
i concerti. Ci si ritrovava attorno al totem jukebox o al mangiadischi portato in spiaggia.
Adesso questa funzione può essere svolta dai
concerti: si va a Imola, come succederà per
40-50.000 persone o ai concerti di Liga negli
stadi, o a un festival. Ce ne sono a decine, se
non centinaia. In questo consiste la funzione
aggregante odierna, e in qualche caso è
anche a un livello assolutamente decoroso,
tanto più considerando che molti di questi
festival sono gratuiti. Quindi non c’è una canzone, ma è proprio la musica che assolve a
questa funzione”.
Guardando in un’ottica storica non può sfuggire il fenomeno: un disco per l’estate deve
rispondere a particolari caratteristiche, quasi
una ricetta. Deve parlare di sole, mare,
amore, possibilmente ombrelloni, spiagge e
onde. Deve essere accompagnato da una
musica allegra, possibilmente con ampio spazio per le percussioni o i bassi, quasi identificati come emblema di refrigerio musicale. Ci
sono cascati tutti dicevamo: da Mina con
“Tintarella di luna” a Gianni Morandi con
“Notte di Ferragosto” , da Domenico Modugno
con “Notte di luna calante” a Gino Paoli con
“Sapore di sale”, forse la canzone eponima di
tutte le estati. Ma, andando a frugare troviamo anche nomi più insospettabili: come
Fabrizio De André e Francesco De Gregori,
abbinati in “Canzone per l’estate” (un titolo, un
programma, per quanto irridente), oppure
Francesco Guccini che ha scritto “Giorno d’estate”, pensosa e piegata dall’afa padana, ma
che è stato anche il dominatore di un’estate,
assieme ai Nomadi con l’imprevedibile “Dio è
morto” che certo non era un motivetto balneare. Paolo Conte ha scritto “Azzurro” per
Celentano sull’estate metropolitana, ma
anche “Una giornata al mare” per l’Equipe ’84.
Quindicinale poco puntuale di notizie, recensioni, deliri e quant’altro passa per www.bielle.org
Le BiELLENEWS
Un disco
per
l’estate
Numero 61
20 agosto 2007
le bielle novità
Sul sito due nuove
interviste: Neffa e
Cheap Wine.
Poi, naturalmente il
consueto sondaggio
per giocare con noi e
proclamare il disco per
l’estate 2007
Inoltre radioBielle, il
nostro podcasting per
ascoltare le voci dei
bielleartisti in streaming oppure, scaricandole sul vostro lettore
mp3, dove, quando e
come volete...
E vogliamo tacere forse dell’altro tormentone
“Tutti al mare (a mostrar le chiappe chiare)” di
Gabriella Ferri? No, non vogliamo, non ci permetteremmo mai! Per il 2006, osservando i
fondi della nostra tazza di chinotto non riusciamo a vedere bene come le foglie si stiano
disponendo, ma non possiamo esimerci dal
segnalare che anche nel mondo della musica
“d’autore” o della musica “altra” non manchino
“i dischi per l’estate”. Qualche nome? Ma
certo, non si rifiuta mai l’occasione di “rincretinirsi” piacevolmente con qualche tormentone
estivo! Gli Arpioni con "Malacabeza", Stefano
Tessadri con “Malaguena Salerosa”, i Caffè
Sport Orchestra col “Mambo della missionaria
snob”, i Luf con “Paternoster poc incioster”, i
Sulutumana con “Il tuo culo”, i Capone Bungt
Bangt con “Come il sole”, Simone Cristicchi
con “Ombrelloni”, Lu Colombo con “Gina”, i
Jean Fabry con “Rotoballe”, gli Yo Yo Mundi
con “La danza del pesce spada”, Federico
Sirianni con “Liberaci dal mare” , Max Manfredi
con “Danza composta” o, infine, Rita Botto con
“Stranizza d’amuri” e “Lu pisci spada”.
Ce n’è per tutti gusti e ce ne sarà ancora.
Come trascurare infatti il reggae degli Smoke
e della loro “Ciao amore” o i Sud Sound System
con “Sciamu a ballare” o ancora l’”Inno verdano” di Caparezza?
Ascoltate, scegliete, ballate e cantate, tanto è
estate. All’impegno e alla canzone d’autore torneremo a settembre.
pensieri
to” benevolmente per più di una stagione col
suo “Andamento lento”.
Poi ancora “Senti l’estate che torna” delle
Orme o “Un’estate italiana” dell’inedito duo
Gianna Nannini - Edoardo Bennato, dedicata a
quattro mondiali di calcio fa.
bielle
Sergio Endrigo ha scritto una raffinatissima
“Era d’estate” e Bruno Martino la jazzata e
pluri-riproposta “Estate” (tra gli altri dai La
Crus e da Vinicio Capossela), mentre Califano
ha scritto il testo di “E la chiamano estate”.
Imprevedibilmente anche Piero Ciampi, ma del
tutto a suo modo, ha scritto la sua “canzone
per l’estate”. E’ “Sporca estate”: “Figli, come mi
mancate / Sporca estate / E tu che dici / che
ho distrutto la tua vita, / capirai mai / che il
tuo dolore / si è aggiunto al mio?”. Volendo
esagerare anche Claudio Lolli ha scritto sull’estate, con “Agosto”, ma sinceramente il testo
non ha molto a che fare col clima estivo:
“Agosto. Si muore di caldo / e di sudore. / Si
muore ancora di guerra / non certo d'amore,
/ si muore di bombe, si muore di stragi / più
o meno di stato, / si muore, si crolla, si esplode, / si piange, si urla. / Un treno è saltato”.
Altro clima in qualche classico dell’epoca
come “Abbronzatissima” o “Con le pinne, il fucile e gli occhiali” o “Sei diventata nera” tutte le
“vacanziere” per eccellenza di Edoardo
Vianello. Poi abbiamo avuto “Luglio” di
Riccardo del Turco, “Cuando calienta el sol” dei
Marcellos Ferial o, in tempi successivi, “Vamos
a la playa” e “L’estate sta finendo” dei Righeira
e con loro, autori di un pop d’avanguardia a
una spanna dal kitsch, anche Giuni Russo con
“Un’estate al mare” e, perché no?, mastro
Battiato con “Summer on a solitary beach” e la
sua discepola Alice con “Il vento caldo dell’estate”. Come dimenticare poi il Bobby Solo del
trittico “Siesta”, “Una granita di limone” e
“Domenica d’agosto”? Solo ricordando Fabio
Concato con “Guido piano” e “Fiore di maggio”
o la “Kalimba de luna” di un Tony Esposito che,
abbandonata l’avanguardia napoletana, si è
lanciato in vendite milionarie, trascinando con
sé, qualche anno dopo, il suo collega percussionista Tullio De Piscopo che ci ha “tormenta-
Ogni anno c'è bisogno di un libretto estivo di
scarso peso e di pronta beva che ripercorra
le storie musicali dell'Italia del boom. Tra i vari
boom c'è stato anche quello canzonettistico.
Alberto Tonti con leggerezza di tatto lo riporta ai nomi di Ghigo, Piero Focaccia, Nico e i
Gabbiani, Franco I e Franco IV, Giuliano e i
Notturni o Mario Tessuto: tutti personaggi
autori di un unico hit a 45 giri a cui è seguito
il silenzio.
Il libricino scorre leggero per 134 oagine
senza impegno, preoccupandosi solo di
accennare con un sorriso a un'Italia che poteva permettersi di perdere tempo e prestare
attenzione a onesti mestieranti che, tra le
migliaia che arrivavano a incidere un disco,
riuscivano a riscuotere l'interesse delle
masse e a realizzare vendite milionarie. "Nel
mondo anglosassone - dice Tonti nella prefazione - le chiamano one shot.Sono le canzoni
arrivate nelle più alte posizioni delle classifiche della vendite e interpretate da cantanti o
gruppi che non hanno mai più avuto il bene di
ripretersi".
Tonti è bravo nell'inquadrare il fenomeno dal
punto di vista sociologico, inserirlo nel contesto dell'Italia degli anni '60 e romanzare, ma
appena un poco, le storie di 70 di queste
meteore: da Ghigo a Rocco Granata, dal
Guardiano del Faro a Cocky Mazzetti, da Nini
Rosso a Alceo Guatelli, da Roby Guareschi, da
Henry Wright a Michelino. Se conoscete qualcuno di questi nomi o se almeno vi hanno incuriosito questo libro è il libro per voi.
Meteore:
storia e gloria
della dinastia
dei cantanti
di Leon Ravasi
Non sono solo canzoni da ombrellone quelle
ricordate nel libro: ampio spazio ad esempio
viene lasciato al Festival di Sanremo da cui
proviene "A me mi piace vivere alla grande" di
Franco Fanigliulo o "La ballata del pedone" di
Ennio Sangiusto o ancora "La prima che
incontro" di Fabrizio Ferretti. Di altra levatura
è Michele Maisano, in arte Michele, amico di
Fabrizio De André (a cui fornirà qualche consiglio giusto per la musica del "Testamento di
Tito") che diventa famoso con la bellissima "Se
mi vuoi lasciare", mettendo in mostra una
bella voce profonda, ma dotata di swing alla
Elvis Presley, ma poi, tranne una "Susan dei
marinai" di un disco per l'estate di qualche
anno dopo (a cui, per contraccambiare, diede
una mano Fabrizio De André) non riuscì più ad
acchiappare il grande successo.
Settanta storie come queste: alcune più interessanti, altre meno, in un libro che fa della contestualizzazione il suo punto di forza. Ben scritto,
ben ritmato, in grado di farti arrivare fino in fondo
(si legge in un'ora scarsa) con la voglia di saperne ancora e di seguire altre meteore degli anni
successivi. Chissà, potrebbe essere l'idea per un
secondo libro della serie...
Alberto Tonti
Ballarono una sola estate
(70 meteore della canzone italiana negli anni sessanta)
Rizzoli - giugno 2007
134 pagine + cd- € 19,50
Nelle librerie
recensioni
le bielle
Ed è, peraltro, il classico libro per l'estate, perché,
nemmeno a farlo apposta la maggior parte di
questi one shot sono motivi del periodo estivo,
quando era più facile (ma forse lo è ancora adesso, come dimostra il caso di Valeria Rossi con
"Tre parole": sole, cuore, amore) acchiappare l'interesse dell'acquirente anche per motivi sconosciuti. E d'estate infatti nascono "Stessa spiaggia
stesso mare" di Piero Focaccia, "Sei come una
lucertola" di Joe Fedeli, "I tuoi occhi verdi" di
Franco Tozzi, "Yeeeeeh" dei Primitives, "Parole" di
Nico e i Gabbiani, "Ho scritto t'amo sulla sabbia"
di Franco I e Franco IV, "Il ballo di Simone" di
Giuliano e i Notturni, "Lisa dagli occhi blu" di
Mario Tessuto, tutti brani presenti sul cd che
accompagna il libro e che gli fornisce l'adeguata
colonna sonora.
di Leon Ravasi
D
isco leggero, leggerissimo, ma tutto sommato
non sgradevole. Rispetto all'opera prima che scorreva per la gola come gazzosa, rinfrescante e
dolciastra, ma non bene delineata, qui siamo passati al prosecchino. C'è strada ancora da fare
per lo champagne, ma, all'interno di questo tipo di musica, i Solidamor sembrano incamminati
bene. E te ne accorgi subito dopo il secondo ascolto, quando i brani, appena abbozzati, cominciano a rimergere da soli.
"Bolita de papel" è particolarmente contagiosa ed ha il paradossale vantaggio di essere scritta in
spagnolo, quindi praticamente incomprensibile. Così "Sound to Babylon" ha il vantaggio di essere
in inglese, come pure la successiva "Hawaian moon", "Mama look a boo-boo" e "Part time love",
mentre per "El Marinero" e "Contigo" si torna allo spagnolo (ibridato italiano) e "Oh Senorita"
miscela italiano, inglese e una punta di spagnolo. La finale "One man show", nonostante il titolo, è
in italiano.
Una patchanka liguistica soprattutto, mentre dal punto i vista musicale siamo più decisamente sui
ritmi tropicali latino-americani. E l'illusione degli anni '60 prende bene corpo. "Oh Senorita" sotto
questo aspetto è perfetta. Lasciatela andare a sentirete tranquillamente le stelle "friccicare", le
rotonde sul mare danzare, le labbra schioccare di baci umidi sulla spiaggia al chiar di luna in riva
al mare. Canzone estiva di perfezione quasi sovrumana. Che resta l'unico dubbio di come possa
essere stata scritta oggi.
Siamo nello stesso ambito dei dischi di Roy Paci, ma l'ascolto, come dicevamo, è sostanzialmente lieve. Non perdiamoci troppo tempo, ma non tutto quello che passa qua dentro è sgradevole.
Dura il tempo di un sorso di prosecco, ma ha le stesse benefiche doti: frizzante, dissetante, piacevolmente poco alcolico.
Solidamor
"One man show"
Safaydeluxe/Venus - 2007
Nei negozi di dischi
recensioni
Leggeri senza dar fastidio:
prosecco-music
le bielle
Solidamor:
"One man show"
di Leon Ravasi
F
ormato in un'epoca tetra (o splendida?) in cui ci
si inebriava col "Recitativo" di De André ("Sappiate
che la morte vi sorveglia / gioir nei campi o tra i
muri di calce / come crescere il gran guarda il villano / finché non sia maturo per la falce") , con
"Angoscia metropolitana" di Claudio Lolli ("Sotto un
cielo nato grigio / si infilzano le gru / ricoperte dalle
antenne / le case non si vedon più") o con "L'albero
e io" di Guccini ("Quando il mio ultimo giorno verrà /
non voglio pietre / su questo mio corpo") faccio
ancora fatica a digerire dischi interi di cazzeggio.
Magari mi godo una canzone qua e là, ma un disco
intero mi dà sui nervi. Difficoltà generazionali: sono
uno di quelli dei "cioè", che era una weltenschanug,
un'interpretazione del mondo, per dirla col maestro
di Pavana: "cioè" significava "spiegamela meglio. Non
mi accontento della prima versione". Roy Paci cioè?
Roy Paci è irritante. Sembra uno che abbia dei doni
e poi che li getti via per fare dischi del tutto commerciali come questi, adatto a quasi tutti gli stomaci
oltre che a qualche omaso e ventriglio. Per carità,
non è niente male "Suonoglobal". Dovreste provare
a sentire la Famiglia Rossi! Insomma un intero movimento di patchankisti che trova facile eco discografica nei periodi estivi (e io qualche domandina me la
farei se fossi uno di questi artisti). Ed ecco puntuale
l'invasione di agosto: Roy Paci è il migliore, ma i Figli
di Madre ignota (e con loro suona ancora Roy Paci,
vero stakanovista delle sale di registrazione: pare
abbia un record da Guiness dei primati di quasi 400
dischi a cui ha partecipato) se la cavano bene a loro
volta, mentre su altri caliamo semplicemente il velo
della dimenticanza.
Retroterra culturale? I film di Tarantino, qualcosa di
imparaticcio sui mariachi (soprattutto per poterne
citare il nome), le orchestre cubane di Xavier Cugat,
Totò, i film di Ciccio e Franco. Sono canzoni barzellette, ma tant'è, è quello che passa il mercato. Roy Paci
riesce a farne una grande operazione di marketing:
distribuito da XL, il disco si avvale di una serie di duetti da brividi: da Manu Chao a Caparezza (i migliori),
fino a Erriquez Greppi della Bandabardò, con i rapper romani Cor Veleno, con Pau dei Negrita, Raiz, i
Sud Sound System.
Suonoglobal? Indubbiamente sì. E' musica perfetta
per l'aiplay, infatti il pezzo con Manu Chao è già diventato una suoneria per telefonino scaricabile da tutti
i siti principali. In radio ci stanno a meraviglia. Poi
magari verrà il momento di chiedersi cosa vogliano
dire i testi. Ma può darsi che siano fissazioni retrò. Il
disco suona molto bene e "Toda joia toda beleza"
oppure "L'isola dei fessi" o "Mezzogiorno di fuoco" o
ancora la revivalistica "Senza di te" così impregnata
di musica dei sixties sono brani molto gradevoli.
Resta la sensazione dell'ingorgo di parole, ma basta
scrollare la testa, bersi una Coca cola, pensare
quanto siamo tutti globalizzati e si digerisce ogni
cosa.
Anche il fatto che per lanciare il disco si dica che
"durante la lavorazione sono state consumate 125
bottiglie di vino". Non mi impressiona: me le faccio da
solo in sei mesi e questo non mi costringe a fare
dischi di Suonoglobal. Trovo solo molto stupida
"Tango mambo jumbo", ma è il mio limite con le rappate che girano su se stesse (e che bisogno c'è di
citare in continuazione gli Aretuska all'interno delle
canzoni? Nel caso per radio non si fosse capito bene
il nome? E' tutta pubblicità indotta?).
Insomma, è un prodotto di plastica e non sincero, ma è probabilmente il migliore in circolazione
se volete ascoltare musica di questo tipo. "E'
meglio la vecchiaia" è un altro buon brano, per
quanto molto Erriqueziano. Così come "Toda
joia" è molto Manu Chao e "Mezzogiorno di
fuoco" sa molto di Caparezza. Insomma: è estate, che cazzo volete rompere i coglioni?
Beccatevi Roy Paci e ballate con lui.
Roy Paci & Aretuska
"Suonoglobal"
Etnagigante/V2 records - 2007
Nei negozi di dischi
recensioni
Cioè? Il senso è il suonoglobal.
O no global?
le bielle
Roy Paci & Aretuska:
"Suonoglobal"
di Leon Ravasi
F
osse tutto all'altezza di "Spaghetti balkan" mi
strapperei le vesti di dosso e implorerei perdono
fustigandomi per aver mancato di rispetto in più
occasioni ai patchankisti italiani, accusandoli di essere brutte copie di un fenomeno nato altrove e con
ben maggiori radici culturali. L'illusione dura lo spazio
di due brani (anche "Theme from paradise" è ottima) e poi gradatamente sfuma in un vicino orienta,
i Balcani, un po' da fumetto di Lothar e Mandrake.
Esoterismo musicale, una bella dose di fiati, un ritmo
bandistico che non ti abbandona e la necessità di
essere divertenti a tutti i costi ("Daddy Lollo", perché
rima con rockandrollo!).
Questo non toglie che "Fez club", oltre a godere di
una magnifica grafica di copertina, sia un album
divertente e gredevole beva. Non si finge nemmeno
di volere fare altro. Siamo al divertimento un po'
goliardico e fine a se stesso di chi allinea una serie di
stereotipi e si diletta di giocarci sopra. "Nema problema tourist" simboleggia al meglio quanto detto e
contemporanemente riesce a essere un brano
gioioso e simpatico. Sotto certi aspetti l'impressione
è quella di godersi una commedia all'italiana degli
anni d'oro, ambientata in località esotiche. Se si
cerca di farci sopra un discorso serio si rischia il
trombonismo. Non resta che l'ascolto e il ballo.
Peraltro anche "Fantasma del mattino" conferma
che le doti ci sono: Zorro ha una bellissima voce e i
cori dei Figli di Madre Ignota (non scordiamoci il
nome del gruppo quando parliamo di goliardia) sono
potenti e incisivi: poi parlare di Calcinculo, montagne
russe, frittelle e zucchero filato, di punching ball e del
magico mondo del luna park ottiene lo scopo. La
canzone, vagamente felliniana, ha una sua nostalgia
di fondo che la nobilita e che la stacca dal resto delle
proposte.
"Falafel express" però ricade subito nel generico,
interessando pochissimo, col suo svariare per cibi
esotici, senza approdare da nessuna parte. "Dago
shoes" cerca invece strade vicine al Dean Martin
degli anni '60, ma con una fedeltà eccessiva al
modello. Un lungo parlato di Stefano Vergani "nobilita" il brano che però resta un giochino all'acqua di
rose. Insomma, loro suonano e io tengo il ritmo col
piedino, questo è innegabile, però spesso il meccanismo delle canzoni sembra celibe: gira su se stesso
e non porta da nessun altra parte che ad aver ascoltato 4 minuti di puro divertimento. E il divertimento,
se imposto o proposto come unica ricetta, a gioco
neanche tanto lungo, stanca.
"Fanfara Mocvara" non ha niente in sè che non va,
ma viene dopo "Falafel Express" e "Dago Shoes" ed
è il classico eccesso che non paga, anzi stanca. A
questo punto, dopo 30 minuti di disco invariabilmente tirato, questi ulteriori 4 minuti di sola musica
hanno l'effetto di una mazzata. Peraltro non escludo
nemmeno che il piacere che mi deriva da "Spaghetti
Balkan" sia proprio originato dalla sua posizione in
apertura di album, quando ancora le orecchie non
risentono del pieno di suoni successivo.
"Ole ole" è pur piacevole, ma arriva a giochi scoperti
e fuori tempo massimo, ma non le si può non riconoscere stamina. Solo 3 minuti, che sembrano 30,
prima di accedere al brano finale: "Fantapolitika".
Ampio spazio alla musica per chiudere, lasciandoci
con un senso di dolce amaro in bocca. Il brano non
è male nonostante la collocazione terminale e lascia
intendere che le doti questi Figli di madre ignota le
hanno pure. E' che cercando di tenerle nascoste giocando troppo. Resta comunque, in quest'ambito, tra
i dischi leggeri ascoltati quest'estate uno dei migliori,
assieme a quello del professionista del divertimento
leggero degli anni 2000, lo stakanovsta Roy Paci,
che, non a caso, mette uno zampino anche dentro
quest'album.
Figli Madre Ignota
"Fez Club"
SapharyDeLuxe - 2007
Nei negozi di dischi
recensioni
Balcani comici:
quando l'allegria non
è molesta
le bielle
Figli di madre ignota:
"Fez club"
di Leon Ravasi
E
cco uno di quei magnifici dischi di cui si può solo
parlare male. Senza pentimenti, senza ritrosie,
senza dubbi. Se di Roy Paci detesto l'ideologia, protesa alle classifiche, ma apprezzo la musica, della
Famiglia Rossi non c'è proprio nulla che mi piaccia.
Anzi, nelle mie personali classifiche di gradimento
sono in lizza per un ultimo posto assoluto. Se in questo caso l'inizio sembra essere più interessante
("L'ombra delle nuvole che passano") il resto torna a
essere, come prima, discorsi da bar. Già il fatto di
portare avanti questa fiacca pantomima di chiamarsi tutti Rossi ... già non faceva ridere vent'anni fa,
quando lo facevano i Ramones e ora sa di muffa.
Il ripescaggio di "Uffà uffà" di Bennato non aggiunge
molto al quadro, ma è uno dei pezzi migliori del cd,
se non altro perché ci ricorda profeticamente come
la guerra contro gli arabi ("le crociate") fosse già nell'aria da tempo. Roccaccio tirato, tutto sommato già
convenzionale all'epoca. Finito questo inizio decente
non resta che il vuoto. "Wanda che guidi la Panda /
ti ho visto alla Standa / compravi il caffè" è al di là di
qualsiasi considerazione. N.M.R. scriveva una volta il
Mereghetti per i film che non meritavano recensione. "Wanda" sta in quel territorio di confine tra l'orripilante e il disgusto.
"Il ragno", "La palla" e "Sai che c'è" sono canzoni al di
sotto del pelo dell'acqua della decenza. "La musica"
potrebbe anche essere divertente, ma il testo recita: "Tu sei la musica / che non è solo d'estate / di
notte e le donne son matte". Che aggiungere? Il
ritmo in questo caso almeno è divertente. Canzone
per l'estate.
Per il resto sono trucchetti e cachinni: stupidate sparate dal Professor Alessandro Amadori, ideologo
ufficiale, citazioni improprie di Jannacci (da querela!)
in "Tienila spenta" e liriche come "sai che c'è? Sai
che c'è? C'è che adesso mi faccio il bidè" Ohibò!
Oppure "tu hai le cinque giornate / io i miei cinque
minuti" o ancora "Non ti è mai capitato di voltarti
all'indietro / per scoprire lì dietro cosa c'è / C'è un
ricordo bruciante, un dolore segreto / persistente,
silente, indicibile" ("Sai che c'è?"): insomma al signore, scusa la francezza compagno, ma gli brucia il
culo! E viene a cantarcelo per 5'28" di una canzone?
Ma dove siamo finiti? Nel cesso? O a culo?
"Fragile virtù" sta quasi a galla, ma ha un testo che
recita: "meritavo di morire per quei baci malandrini
/ sulle braci, sulle braci ... la signora ... era stanca
della solita pietanza / gradiva varianza / nei sapori
e nei profumi di ogni stanza / e in vetro la virtù si trasformò". Transeat. Se "Andare più piano" è un ritmo
in levare che si lascia ascoltare, "Un nemico al giorno" è trucida: "Un nemico ogni mattina / fa sparire
ogni pensiero come fa / col mal di testa l'aspirina /
Tutto il resto sembra privo di importanza / non
importa se han ciulato / anche il letto nella stanza".
"Say more" che, per fortuna non ha testo, ma che è
cantata come se dicesse "scemo" in continuazione,
chiude il disco, prima della ghost track che arriva
dopo 18 minuti di silenzio. Solo per distratti. Se non
distrutti dall'ascolto del disco. Ed è l'ennesima canzoncina insulsa.
Ok, abbiamo sbagliato a riprovarci una volta ancora.
Bielle chiude qui con le recensioni dalla Famiglia
Rossi, stanchi di buttare soldi in dischi inutili se non
dannosi. Prossimamente "non" parleremo della
Famiglia Rossi.
La Famiglia Rossi
"La Famiglia Rossi vs tutti"
Dischi Lampo - 2007
Nei negozi di dischi
recensioni
Vs tutti?
Ok, raccolgo la sfida:
io contro di loro
le bielle
La Famiglia Rossi:
"La Famiglia Rossi vs tutti"