6. Restrizioni e integrazioni verticali Relazioni tra imprese. 1 Le imprese intrattengono la maggior parte delle relazioni con altre imprese: “a monte” e “a valle” lungo una filiera produttiva, dove operano in corrispondenza ai diversi stadi. I rapporti verticali tra imprese sono più complessi di quelli con i consumatori finali. Consumatori industriali possono trasformare i beni e/o commercializzarli e le loro decisioni influenzano anche i profitti delle imprese a monte. In particolare le imprese a valle: – sono interessate ai prezzi all’ingrosso pagati dalle imprese rivali a valle; – fissano i prezzi finali tenendo conto della interazione strategica tra i rivali; – possono investire nella promozione delle vendite. 2 Relazioni tra imprese. 2 Le imprese a monte cercano di esercitare qualche forma di controllo su quelle a valle e queste hanno interesse a coordinarsi per avere la garanzia di forniture stabili. Le imprese, per coordinarsi, devono trovare il modo di vincolarsi reciprocamente con accordi o clausole contrattuali che riducono la loro discrezionalità e consentono di ridurre i costi di transazione. Gli accordi sono indicati come Restrizioni Verticali In generale, è l’impresa a monte che sceglie come articolare la relazione: • Integrazione Verticale (IV); • Restrizione Verticale (RV). In entrambi i casi si cerca di: – internalizzare le esternalità – fare coincidere gli obiettivi delle imprese . 3 Relazioni tra imprese. 3 Un’impresa è integrata verticalmente se controlla tutte le decisioni che vengono prese nella struttura verticale. Il profitto verticalmente integrato è il profitto aggregato massimo (produttore + venditore). Quando un’impresa è integrata verticalmente: • le transazioni non avvengono sul mercato; • le transazioni sono regolate da prezzi di trasferimento che sono definiti per ragioni contabili e fissati, di solito, uguali al costo marginale; • la IV può comportare costi di integrazione elevati (organizzazione interna). 4 Relazioni tra imprese. 4 La IV è utile per individuare le decisioni che, secondo l’impresa a monte, l’impresa a valle deve prendere su questioni che quella a monte non riesce a controllare direttamente. Considerazioni: • Anche nell’IV l’impresa a monte non riesce sempre a controllare effettivamente tutte le decisioni della filiera. Alcune decisioni sono delegate anche all’interno della filiera. • Il pieno controllo può essere raggiunto anche senza IV ma con contratti che specificano le RV. 5 Relazioni tra imprese. Sintesi Analisi degli effetti delle RV e IV sul benessere e sulla concorrenza: • Modello semplificato per analizzare le relazioni più note e affrontare il problema delle esternalità tra imprese a monte e a valle o tra imprese a valle; • Analisi della concorrenza all’interno della (intramarca) e tra marche diverse (intermarca); stessa marca • Effetti anticompetitivi delle RV e IV; • Politiche di intervento e posizioni delle AA. 6 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 1 Il modello di base: Un’impresa a monte (produttore) monopolista (P) che: • produce un bene al costo unitario costante ( c ); • vende il bene a una sola impresa a valle, detta distributore (D), al prezzo all’ingrosso (w); Un’impresa a valle (distributore o rivenditore: D) che: • acquista il bene a (w) e lo vende al prezzo finale (p); • fa un profitto unitario pari a (p - w) nell’ipotesi che non sostenga altri costi di rivendita. La funzione di domanda dei consumatori finali è lineare. 7 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 2 Modello Base P D monopolio a monte monopolio a valle 8 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 2 Il produttore (P), in quanto monopolista, fisserà un prezzo w > c per ottenere un profitto positivo. Il prezzo è lineare. Il distributore (D) considera w come il suo costo marginale w = MCD e decide sulla base di tale costo. Si ha esternalità verticale poiché ogni decisione presa da D (aumentare di 1 unità la sua domanda di bene intermedio) condiziona il risultato economico di P, che avrà un incremento unitario di profitto pari a (w - c). 9 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 3 Il distributore, che massimizza il suo profitto con riferimento al costo che sostiene, non considera l’incremento di profitto del produttore e prenderà una decisione che comporta un consumo troppo basso (dal punto di vista di P) del bene intermedio. Infatti il costo del prodotto per il distributore ( w ) è diverso da quello della struttura verticale ( c ). Il profitto aggregato sarà pertanto inferiore a quello verticalmente integrato. Per questo motivo il produttore è incentivato a introdurre delle restrizioni verticali per eliminare l’esternalità. 10 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 4 Forme di contrattazione più comuni che portano, di solito, ad abbandonare i prezzi lineari. Prezzi lineari: T (q) = w q dove q è la variabile decisionale di D; Prezzi non lineari (franchise fee o tassa di franchising o tariffa in due parti): T (q) = A + w q dove A è la somma che D deve pagare per il diritto a commercializzare il prodotto. La non linearità è legata alla riduzione del costo medio al crescere delle unità vendute. Sconto sulla quantità: anche in questo caso il costo medio si riduce al crescere delle unità vendute. 11 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 5 Prezzo di rivendita imposto (RPM – Resale Price Maintenance): il produttore impone al distributore il prezzo finale (p) a cui vendere il prodotto. Varianti meno estreme consistono nel fissare: un prezzo massimo p* ≥ p (price ceiling) un prezzo minimo p* ≤ p (price floor). Quantità imposta: il produttore fissa la quantità q che deve essere acquistata dal distributore. Le varianti sono: un livello minimo q* ≤ q un livello massimo (razionamento) q* ≥ q. NB.: Se la domanda è nota e D non può distruggere il prodotto, il livello q minimo corrisponde al p massimo e il livello q massimo, al p minimo. 12 Relazioni tra imprese. Il modello di base. 6 Due considerazioni. A) Il contesto ipotizzato è deterministico, p e q possono essere previsti. In assenza di incertezza P riesce a indurre D a prendere la decisione che massimizzi il suo proprio profitto. Ad esempio può imporgli prezzi non lineari. Se il contesto ipotizzato è stocastico con problemi di asimmetria informativa, il P non riesce ad osservare la quantità venduta ai consumatori finali da D e si può fare arbitraggio. In questa situazione prezzi lineari sono preferibili, soprattutto quando ci sono più distributori (rinvio). B) Le restrizioni verticali che possono essere utilizzate sono legate al tipo di informazioni disponibili, cioè da cosa P può osservare e fare applicare. 13 Concorrenza intramarca. 1 Il modello di base può essere modificato, introducendo l’ipotesi che vi siano più distributori che si fanno concorrenza, per considerare un altro tipo di RV. Esclusiva di zona che equivale a suddividere il mercato finale tra i diversi distributori (territorio o consumatori). La definizione delle zone di esclusiva richiede molte informazioni. Ad esempio nel caso di esclusiva spaziale il P dovrebbe rintracciare i clienti finali, se volesse verificare il mancato rispetto degli accordi. Nel caso di concorrenza intermarca (rinvio) si può avere il diritto di esclusiva, quando il P fa accettare a D l’impegno di non vendere altri prodotti in concorrenza con i suoi. 14 Concorrenza intramarca. 2 P P D1 D2 Concorrenza sulla marca D1 D2 Territorio in esclusiva 15 Doppia marginalizzazione. 1 Modello di base. I due monopoli in successione generano un doppio mark-up (o problema della doppia marginalizzazione) se operano separatamente. Confronteremo i risultati ( p e q ) con quelli di IV e, successivamente, con le diverse forme di RV. c monopolio monopolio P w>c I° mark-up p = p(w) II° mark-up D C 16 Doppia marginalizzazione. 2 A) Separazione delle imprese con definizione di prezzi lineari. • La funzione di domanda dei consumatori finali q = D(p) è lineare: q = a – p; P opera con costi unitari costanti c dove a >c >0 e fissa w > c; D opera con un costo unitario costante w e fissa i prezzo finale p che massimizza il suo profitto. • • Si procede a ritroso per calcolare il prezzo finale. D massimizza il suo profitto: πD = (p - w)(a - p) 17 Doppia marginalizzazione. 3 πD = (p - w)(a - p) Dalla FOC: π D pa-aw-p 2+pw = =0 p p e a – 2p + w = 0 Da cui: a+w pw = ; 2 a w a-w qw =a ; 2 2 2 a-w π D w= 4 18 Doppia marginalizzazione. 4 P conosce in anticipo le scelte di D (q domandata da D in funzione dei prezzi all’ingrosso w) e sceglie w che massimizza il suo profitto: Dalla FOC: π P=w-c a-w 2 aw-ac-w 2+cw 2 P =0 = w w Da cui: → a - 2w+ c =0 2 a+c w= 2 19 Doppia marginalizzazione. 5 w= Sostituendo avremo : a+c 2 nella soluzione trovata per D a+c a+ a+w 2 = 3a+c ; p= = 2 2 4 π D ( w) = (a - w)2 4 = (a - c )2 16 q e a-w a-c ; 2 4 ; (a - c )2 a-w a-c a-c π P = (w - c ) = ( )( )= 2 2 4 8 Il profitto aggregato del settore sarà: πsett = π D + π P = (a - c )2 (a - c )2 16 + 8 3(a - c )2 = 16 20 Doppia marginalizzazione. 6 B) Integrazione verticale Anche in questo caso il costo unitario sostenuto per unità prodotta sarà c. L’impresa IV massimizzerà il suo profitto: πIV = (p - c)(a - p) da cui si ottengono il prezzo, la quantità e il profitto di equilibrio di monopolio: pIV a+c = ; 2 qIV a-c = ; 2 π IV (a - c)2 = ; 4 21 Doppia marginalizzazione. 7 Se confrontiamo i risultati, rileviamo che nella Integrazione Verticale: 1) 2) Il prezzo è inferiore: p IV p; La quantità è superiore: qIV > q; π IV > π sett ; 3) I profitti sono superiori: 4) Il surplus dei consumatori è superiore: CS IV > CS sett ; a+c 3a+c ; 2 4 a-c a-c > ; 2 4 ( a - c)2 3( a- c)2 > ; 4 16 (a-c) 2 8 (a-c) 2 ; 32 Questo spiega l’interesse per un percorso di integrazione verticale. 22 Doppia marginalizzazione. 8 Separazione Monopolio integrato a a p CS CS πD pIV w πIV πP MC=AC=c q qIV 23 Doppia marginalizzazione. 9 Le forme di integrazione verticale sono preferibili; anche il surplus dei consumatori aumenta. Chi prende l’iniziativa (P o D) può garantire all’altro il profitto che avrebbe ottenuto nella situazione non integrata e avere un profitto maggiore per sé. Quando la fusione verticale non è possibile o non è ammessa, l’impresa a monte può tentare di realizzare i vantaggi che avrebbe nel caso integrato introducendo delle clausole contrattuali che favoriscano il raggiungimento di un risultato analogo. Possiamo considerare le clausole con riferimento al modello di base. 24 Restrizioni Verticali. 1 Prezzo di rivendita imposto (RPM). L’impresa a monte può imporre di applicare il prezzo: p = pIV che massimizza il profitto della struttura verticale. La ripartizione del profitto tra P e D dipende dalla loro forza contrattuale. Se P è più forte fisserà w molto prossimo al prezzo imposto, impossessandosi di quasi tutto il surplus dei produttori. Quantità imposta. In questo caso l’impresa a monte fisserà la quantità che quella a valle deve acquistare uguale o prossima alla quantità ottima di IV. La quantità venduta aumenta rispetto al caso non integrato. La ripartizione del profitto dipenderà ancora dalla forza contrattuale relativa delle due parti. NB.: Se il contesto è deterministico le due clausole sono equivalenti. 25 Restrizioni Verticali. 2 Prezzi non lineari. L’impresa a monte può realizzare lo stesso profitto dell’IV applicando una tariffa in due parti: T (q) = A + w q. Ponendo w = c, l’impresa a monte elimina l’esternalità legata al fatto che il suo MC non coincide con il MC dell’impresa a valle. Il profitto del D da massimizzare diventa: πD = (p - c)(a - p) - A poiché nel calcolo della FOC, A sparisce, otteniamo lo stesso prezzo che nel caso di IV: a+c p= ; 2 a-c q= ; 2 e i profitti : (a-c) 2 π D= - A; 4 π P= A; L’impresa a valle ottiene i profitti da IV al netto di A e quella a monte ottiene la quota fissa che ha imposto. 26 Restrizioni Verticali. 3 ( a - c)2 A= ; 4 Se P ha forza contrattuale riuscirà ad imporre: sottraendo così tutto il profitto a D. Questa clausola è equivalente a: vendere la struttura verticalmente integrata all’impresa a valle che diventa titolare dei diritti residuali (Tirole, 1988). In situazioni più complesse, i prezzi non lineari possono creare qualche inconveniente. Nel caso in cui D sia avverso al rischio o la domanda stocastica, in quanto titolare dei diritti residuali, può correre rischi elevati. In questo caso D può tutelarsi ottenendo un A più contenuto e w un po’ più alto di c. Questa soluzione è preferita anche da P quando D possiede informazioni sulla domanda finale che P non conosce e quindi non è in grado di fissare A per appropriarsi di tutto il profitto di D. 27 Restrizioni Verticali. 4 Esternalità orizzontale. Si manifesta tra distributori e determina inefficienze per l’intera filiera e riduzione dei profitti dell’impresa a monte. Quando alcuni distributori sostengono sforzi per promuovere un prodotto (spese pubblicitarie, costi di formazione del personale addetto alla vendita…) mentre altri si astengono facendo free-riding, nessuno avrà incentivo ad investire nella promozione. Il produttore può essere danneggiato perché la sua marca non sarà sostenuta da servizi alla vendita e i consumatori non disporranno di informazioni utili. 28 Restrizioni Verticali. 5 Nel caso di RV, le soluzioni possibili di questo problema consistono nel: – definire dei territori di esclusiva per i diversi distributori; – applicare la clausola RPM che tutela i margini del venditore il quale non subisce la concorrenza sui prezzi. Nel caso di IV l’attività di promozione avvantaggia sia P che i consumatori. N.B.: Alcune attività di promozione presentano caratteristiche che non sempre permettono di fare free-riding (esempio: credito al consumo). 29 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 1 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. - - un produttore P e due distributori: D1 e D2; D1 e D2 devono decidere il livello dei servizi da offrire per incentivare le vendite (entità dello sforzo: e1 ed e2). Gli sforzi migliorano la qualità della merce ma non possono essere acquisiti dai D che li hanno sostenuti. la qualità è data da: u = v + e dove v è il livello base di qualità e - e = e1 + e2 MC = c è il costo marginale di produzione; w è il prezzo all’ingrosso; la funzione di costo dei D è convessa in e che è un costo fisso: - la funzione di domanda finale: q = u – p → q = v + e – p con v > c. - C q, ei wq ei2 NB.: L’esternalità è associata al fenomeno di free-riding nella fornitura dei servizi perché i D non riescono a differenziarsi. 30 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 2 Separazione delle imprese Le imprese a valle possono competere alla Bertrand e il prezzo di equilibrio sarà: p1 = p2 = w; e e1= e2 =0 e i profitti nulli: π1= π2 =0 i profitti non sono in grado di coprire i costi fissi e non ci sarà equilibrio con e >0. con p = w ed e = 0 la quantità diventa: q = v +e - p = v – w L’impresa a monte conosce la domanda finale e massimizza il suo profitto: πP = (w - c)(v - w) N.B. Sparisce l’esternalità verticale ma resta quella orizzontale. 31 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 3 πP = (w - c)(v - w) Dalla FOC: P v-2w+c=0 w Sostituendo in ⇒ vc w 2 q e πP si ottiene: v-c q=v w ; 2 (v-c)2 π P=w c v w ; 4 1 (v-c)2 CS=v-wv-w ; 2 8 3(v-c)2 W CS π P 8 Il profitto del settore coincide con quello del produttore. 32 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 3bis 1 (v-c)2 CS=v-wv-w 2 8 v CS w w = (v+ c)/2 c q = (v – c)/2 = (v– w) 33 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 4 Integrazione verticale Se il produttore è integrato verticalmente con i due distributori, ricordando che la domanda è: q = v + e – p la sua funzione di profitto da massimizzare sarà: πIV = (p - c)(v + e1 + e2 - p) – e1 2 – e2 2 Dalla FOC, rispetto a e1 , e2 e p: 1 3 π IV =p-c- 2e1=0; e1 2 π IV =p-c- 2e2=0; e2 π IV = v e1 e2 -2 p c=0 p Dalle (1) e (2) si ottiene: che sostituito nella (3) darà: e1=e2= e IV p v e1 e2 c ; 2 p- c 2 34 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 5 pc v 2 c 2 p 2 Dalle espressioni del prezzo e dello sforzo applicato dai due D di ottiene: v-c v = pIV eIV = 2 vc Ricordando che q = v + e1+ e2 – p si ottiene: q v 2 v vc 2 Ciascun D venderà metà della quantità prodotta: q1 = q2 = qIV v-c = 2 La vendita tramite due D è preferibile. Poiché i costi dello sforzo sono convessi, la somma dei costi sostenuti dai due D è inferiore al costo dello sforzo complessivo sostenuto da un solo D. Infatti: e1 2 + e2 2 < (e1 + e2 )2 35 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 6 Il profitto integrato si ottiene sostituendo in: πIV = (p - c)(v + e1 + e2 - p) – e1 2 – e2 2 l’espressione di v e di e: (v-c)2 vc vc π IV =v-c v 2 ; v 2 2 2 2 2 Il surplus dei consumatori e il benessere complessivo saranno: (v-c)2 CS IV = ; 2 WIV CS IV π IV (v-c)2 (v-c)2 (v-c)2 2 2 Ne consegue che il benessere sociale, nel caso di integrazione verticale, è maggiore di quello associato al caso di separazione. 36 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 6bis v+e1 +e2 CS IV (v+e1+e2 v)(v c) (v-c)2 = ; 2 2 v c q = (v – c) 37 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 7 In sintesi, il confronto tra le due situazioni: v-c q= ; 2 q=v c (v-c)2 π P= ; 4 (v-c)2 π IV = ; 2 (v-c)2 CS ; 8 (v-c)2 CS IV = ; 2 3(v-c)2 W 8 WIV (v-c)2 ci consente di rilevare che l’integrazione verticale permette all’impresa IV di controllare l’esternalità orizzontale e di appropriarsi dello sforzo sostenuto. 38 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi.8 L’introduzione di qualche forma di Restrizione Verticale: 1. Territori in esclusiva con Franchise Fee; 2. RPM con Franchise Fee; 3. RPM e quantità minima; può consentire di raggiungere risultati simili a quelli ottenuti con IV. L’obiettivo è incentivare la fornitura di servizi da parte dei D. 1. Territori in esclusiva con Franchise Fee L’impresa a monte definisce per ogni D un’area o una tipologia di consumatori (circa metà della quantità domandata) e stabilisce un prezzo non lineare: T (q) = A + w q con w = c entrambi i D fanno sforzi promozionali. 39 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 9 La domanda sarà: q = v + e1 + e2 – p Ciascun D massimizzerà la sua funzione di profitto tenendo conto del suo sforzo e di quello dell’altro D (che entra nella q ): v+ei+e j - pi π i= pi -c 2 2 -ei - A Dalla FOC rispetto a ei e a pi : π i pi -c = -2ei=0 ei 2 ⇒ π i =v+ei+e j -2 pi+c=0 pi ei v-c 2v c ; p i= ; 6 3 ei ⇒ q pi -c ; 4 pi per i 1,2; i j v+ei+e j +c 2 ; 2(v-c) ; 3 40 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 10 Nel caso di RV avremo la stessa relazione tra p ed e (cfr slide 34) come nel caso di IV tuttavia il livello di sforzo sarà diverso nei due casi: eiIV > eiRV ovvero: v-c v-c > 2 6 Ne consegue che, nel caso di RV, il livello di sforzo non sarà quello ottimale. Lo sforzo non viene internalizzato completamente perché avvantaggia l’intero mercato di P mentre D ne copre solo una parte. D ha più incentivi che nel caso di separazione (infatti e >0 ) tuttavia non si raggiunge il risultato di IV. 41 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 11 Il risultato di IV non si potrebbe raggiungere neppure assegnando l’esclusiva a un unico D. N.B.: La forma quadratica della funzione dei costi genera diseconomie di scala. In questo caso, il profitto del D sarà: π1= p1 c v+e1 p1 e12 A E la FOC π1 =p1 c 2e1=0 e1 π1 =v+e1 2 p1+c=0 p1 e1 ⇒ ⇒ p1 c ; 2 v+e1+c p1 ; 2 42 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 12 Da cui: 2v + c p1 = ; 3 v-c e1 = ; 3 2(v- c) q= ; 3 Lo sforzo di un solo D è inferiore a quello che si avrebbe nel caso di IV: eIV > e1 ovvero: v-c v-c > 2 3 N.B.: In generale, la clausola dei “territori in esclusiva” fa aumentare l’offerta dei servizi, ma non consente un esito del tutto analogo alla IV. 43 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 13 2. RPM con Franchise Fee L’imposizione di pIV, elimina la concorrenza sui prezzi tra i D che avrebbero, in questo caso, l’incentivo a fornire servizi ( e >0 ). L’impresa a monte impone un prezzo analogo a quello che si determinerebbe in caso di IV e, inoltre, definisce un contratto con prezzi non lineari T (q) = A + w q. P deve pertanto definire i valori di w e di A che gli permettano di realizzare lo stesso profitto di IV. Ogni D massimizza il suo profitto su metà della quantità: v+ei+e j - p IV π RPM = p IV -w 2 2 - ei - A Dalla FOC, rispetto allo sforzo: π RPM p IV -w = -2ei=0 ei 2 ⇒ RPM i e p IV -w ; 4 44 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 14 Per indurre i D ad applicare il livello ottimale di sforzo, che deve essere uguale a quello di IV, si deve definire il valore di w che spinga i D ad effettuarlo: eiRPM = eIV Poiché pIV = v v - wRPM v-c = 4 2 wRPM = 2c - v che si può riscrivere: sostituendo: ⇒ pIV - w v - c = 4 2 v - wRPM = 2(v - c ); Data l’ipotesi iniziale, v > c, ne consegue che per riprodurre i risultati della IV, wRPM non può essere uguale al costo marginale ma dovrà essere: wRPM < c. NB. Infatti se wRPM = c allora c = 2c - v iniziale. ovvero c = v che violerebbe l’ipotesi 45 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 15 L’imposizione di RPM (= pIV) non garantisce che i D abbiamo incentivi sufficienti ad applicare lo sforzo richiesto per riprodurre gli esiti di IV (copre solo metà del mercato). L’incentivo ulteriore che viene fornito consiste nel definire un prezzo all’ingrosso inferiore al costo marginale: wRPM < c. Il profitto totale generato dall’applicazione delle due clausole sarà uguale a quello di IV e l’impresa a monte potrà appropriarsi dei profitti dei distributori fissando opportunamente il valore della quota fissa A: π IV A= + (c - w)qIV 2 dove q IV = v-c 2 46 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 16 3. RPM e quantità minima L’impresa a monte impone un prezzo analogo a quello che si determinerebbe in caso di IV, e fissa la quantità minima che deve essere venduta. La combinazione di questi due vincoli spinge i D ad applicare lo sforzo necessario a realizzare risultati analoghi alla IV. P deve pertanto definire il prezzo all’ingrosso che sottragga ai D i loro profitti (w > c) senza togliere gli incentivi allo sforzo. Poiché la clausola RPM comporta di fissare: che (cfr. slide 35) : qIV p = pIV , ricordando v-c = 2 47 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 17 Ogni D massimizza il suo profitto: πi = ( pIV - w) v + e1 + e2 - pIV 2 - ei2 con v + e1 + e2 - pIV 2 ≥qIV da cui si ottiene l’espressione per lo sforzo che D deve applicare. Posto: ei=e j allora 2q IV +p IV - v ei= ; 2 poiché: v-c pIV = v ⇒ ei = = eIV ; 2 Che coincide con l’entità dello sforzo ottimale. P deve ora fissare il valore di w che gli consentà di sottrarre tutto il profitto a D: (πi = 0). 48 Modello di fornitura sub-ottimale di servizi. 18 Ovvero: v + e1 + e2 - pIV πi = ( pIV - w) 2 Sostituendo nell’espressione: - ei2 = 0 pIV = v; e v-c eIV = ; 2 v-c 2 v 2 v Si ottiene: v c v+c 2 v-w w = 2 2 2 che sostituito nella funzione di profitto di P consente di ottenere il profitto di IV : (v - c )2 v+c π P = ( w - c )q = ( w - c )(v - c ) = ( - c) (v - c ) = = π IV 2 2 49 RV e IV: il numero dei rivenditori Nel caso di IV si sono sottolineati soprattutto i vantaggi in termini d’internalizzazione delle esternalità e il confronto con RV è stato condotto sulla base dell’ipotesi che il numero dei D fosse lo stesso in entrambi i casi. Tuttavia, nell’IV il numero dei D sarà inferiore poiché l’impresa apre un suo punto di vendita solo se non sottrae consumatori ai punti di vendita già esistenti. Nel caso di RV, un D apre un punto di vendita anche facendo concorrenza agli altri D. I consumatori finali non considerano irrilevante il numero dei D e sono avvantaggiati sia da un numero più elevato di D (per la maggiore varietà) che dalla concorrenza tra i D. N.B.: Anche questi vantaggi vanno considerati nel confronto tra IV e RV. 50 RV e IV: effetti positivi sul benessere sociale. Certificazione di qualità Quando il produttore concede la vendita del suo prodotto solo a distributori con determinate caratteristiche. Ciò offre garanzie sulle qualità del prodotto ai consumatori e se viene accompagnata anche dall’imposizione del RPM riduce il rischio di free-riding. Free-riding tra produttori I contratti di esclusiva possono impedire il fenomeno del free-riding tra produttori che si presenta quando gli investimenti per promuovere il prodotto sono sostenuti da alcuni produttori mentre altri se ne avvantaggiano. Definizione di contratti pluriennali Per evitare comportamenti opportunistici sia da parte dei P (che potrebbero scegliere un altro D dopo che questi ha effettuato degli investimenti) sia da parte dei D (che potrebbero scegliere di passare a un altro P), si possono stipulare contratti pluriennali che creano un incentivo a investire. 51 RV e IV: effetti negativi sul benessere sociale. 1 RV e IV possono ridurre il benessere sociale soprattutto se le imprese a monte detengono un rilevante potere di mercato. Le fusioni verticali e le clausole restrittive rappresentano un impegno (commitment) a mantenere elevati i prezzi. Fusioni verticali In caso di fusione con un’impresa a valle, il P non ha interesse a concedere ad altri D condizioni di vendita del suo prodotto più favorevoli ma opererà piuttosto per escludere gli altri D rivali a valle (FORECLOSURE - FC). Qualora i D rivali riuscissero ad ottenere il prodotto (anche un sostituto di qualità inferiore) da altri P, l’impresa integrata potrebbe decidere di concedere il suo prodotto ma ciò limiterà il suo potere di mercato. N.B.: Le IV tendono a creare FC a meno che non vi sia concorrenza a monte. 52 RV e IV: effetti negativi sul benessere sociale. 2 Territori in esclusiva Il D può essere disposto a pagare un prezzo elevato per avere l’esclusiva di un prodotto, anche tutto il suo profitto: A = πD Il P avrà un profitto elevato, ma si ridurrà il surplus dei consumatori. Anche la presenza di fornitori rivali a monte non migliora il benessere perché il contratto di esclusiva impedisce a P di vendere ad altri D. Inoltre se i P rivali sono meno efficienti si avrà anche inefficienza produttiva. RPM In questo caso si ha un impegno formale da parte del P. Si tratta di clausole che hanno trovato applicazione in molti paesi. 53 RV e IV: effetti negativi sul benessere sociale. 3 Clausola della nazione più favorita La clausola implica che le condizioni più favorevoli applicate a un D devono essere estese a tutti gli altri. Ciò impedisce di applicare un contratto successivo a condizioni più favorevoli (prezzo inferiore → discriminazione dei prezzi). La CE, che considera la discriminazione dei prezzi come espressione dell’abuso di posizione dominante, finisce per ammettere clausole che invece di favorire la concorrenza mantengono alti i prezzi e riducono il benessere. N.B. Secondo Motta è una posizione da ripensare. 54 RV e IV: Considerazioni. RV e IV, nel caso di concorrenza intramarca, permettono di internalizzare le esternalità consentendo un aumento del profitto delle imprese della filiera e del surplus dei consumatori. RV e IV rappresentano, tuttavia, anche un modo per consentire al P di esercitare il proprio potere di mercato e riducono, per questa via, il benessere sociale. A meno che vi sia concorrenza sul mercato (D rivali). Anche le regole imposte dalle AA per favorire la trasparenza dei prezzi e dei contratti possono spingere le imprese a stipulare accordi per non ridurre i prezzi che, in questo modo, restano elevati a danno del benessere dei consumatori. In generale RV e IV migliorano l’efficienza internalizzando le esternalità e aumentando il CS. Anche se, in caso di fornitura sub-ottimale di servizi e di commitment possono ridurlo. 55 Concorrenza intermarca (tra marche). In presenza di più produttori, RV e IV possono essere usate strategicamente per: – – – ridurre la concorrenza tra produttori; impedire l’entrata di concorrenti; favorire la collusione. determinando la riduzione del benessere sociale. Tuttavia, non sempre le RV hanno effetti negativi e, inoltre, occorre confrontare gli eventuali effetti negativi con i possibili guadagni di efficienza. Effetti anticompetitivi: a) ridurre la concorrenza; b) impedire l’entrata (FC). 56 Effetti anticompetitivi: ridurre la concorrenza. 1 a) Ridurre la concorrenza Due catene verticali concorrenti: P1 P2 D1 D2 C 57 Effetti anticompetitivi: ridurre la concorrenza. 2 In presenza di catene verticali concorrenti, l’uso di un modello di delega (principale – agente) suggerisce che il principale (produttore: P1) può ottenere l’esito che vuole sul mercato finale se riesce, tramite un contratto di delega, a indurre l’agente (distributore: D1) a compiere determinate scelte. Ad esempio a mantenere elevati i prezzi. Se il contratto di agenzia è noto anche all’altro produttore (P2), quest’ultimo sa che l’ipotesi di comportamento di P1, ovvero mantenere elevati i prezzi e non fare concorrenza alla Bertrand, verrà mantenuta. (NB: uso strategico della delega). Le RV che possono essere usate a questo scopo sono i prezzi non lineari e i territori in esclusiva. 58 Effetti anticompetitivi: ridurre la concorrenza. 3 Prezzi non lineari P1 può fissare un prezzo all’ingrosso (w) elevato per indurre D1 a fissare, a sua volta, un prezzo finale elevato (p > w). Inoltre, fissando adeguatamente A riesce ad appropriarsi di tutto il profitto di D1. Anche il distributore concorrente, D2 fisserà un prezzo finale elevato. Il benessere dei consumatori diminuisce, mentre il profitto della catena è più elevato. Territori in esclusiva Quando un produttore vende il suo prodotto a più distributori che trattano solo il suo prodotto che si comportano da monopolisti. Queste clausole rappresentano un commitment perché sono osservabili e non facilmente modificabili. Possono ridurre la concorrenza intermarca e presentano un potenziale strategico più elevato dei prezzi non lineari e ridurre il benessere dei consumatori. 59 Effetti anticompetitivi: ridurre la concorrenza. 4 Considerazioni: Altre forme di restrizione verticale per controllare la concorrenza non sono applicabili. Ad esempio RPM poiché un prezzo imposto non comporta una delega. Le forme di contratto possono cambiare con le caratteristiche del mercato e le modalità di concorrenza tra le diverse catene verticali, con particolare attenzione al grado di potere di mercato delle imprese (a monte). Conclusioni Alcune RV (territori in esclusiva e prezzi non lineari) consentono ai produttori di influenzare la concorrenza e gli esiti di mercato generati dai distributori. RV rappresentano un commitment a non volersi comportare in modo aggressivo (sui prezzi) nei confronti dei rivali e possono determinare una riduzione del benessere dei consumatori. 60 Effetti anticompetitivi: RV e collusione. 1 L’imposizione di RPM consente di osservare i prezzi e favorisce la collusione tra i P (rinvio). Viceversa, i prezzi fissati dai D sono diversi e poco osservabili. Anche la vendita di prodotti diversi presso lo stesso D può favorire la collusione: P1 P2 D1 61 Effetti anticompetitivi: RV e collusione. 2 In particolare, si potrebbero avere due situazioni: • I produttori scelgono prezzi non lineari e lasciano la scelta dei prezzi finali al distributore. Il D sceglierà dei prezzi di collusione e massimizzarà i profitti congiunti dei produttoti, dato il prezzo all’ingrosso (w). • I produttori potrebbero farsi concorrenza sui (w) ma non hanno convenienza a fissare w > c perché possono usare A. Il D si comporterà come se fossero i produttori a operare congiuntamente sul mercato finale e massimizzerà i profitti congiunti. 62 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 1 b) Foreclosure (FC) FC consiste nel tenere fuori dal mercato i potenziali concorrenti. In questo caso l’obiettivo non è analizzare le pratiche messe in atto direttamente dalle imprese per impedire l’entrata sul mercato (rinvio), ma valutare se le RV possono comportare qualche tipo di FC. Ad esempio gli accordi di distribuzione in esclusiva, posti in essere da un’impresa in posizione dominante, possono impedire ai potenziali entranti di accedere al mercato finale. Ciò può avvenire anche nel caso di IV che impedisce ad un altro produttore di arrivare al mercato finale. 63 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 2 L’analisi economica: La Scuola di Chicago non attribuiva importanza agli effetti di FC delle RV. La Scuola Post-Chicago ha dimostrato che queste pratiche possono essere vantaggiose per chi le applica e ridurre la concorrenza. Analizzeremo il caso di RV (contratti di esclusiva) e di IV e le posizioni delle due scuole di pensiero. Valuteremo tali effetti confrontandoli con i possibili guadagni di efficienza generati nei due casi. 64 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 3 RV (accordi di esclusiva) e FC Secondo la Scuola di Chicago, le RV non determinano FC per il principio di razionalità economica: nessuna parte contraente (D) stipulerebbe un accordo con un soggetto (P) inefficiente se potesse farlo con un altro (concorrente di P) più efficiente. Per convincere D a stipulare il contratto, P (incumbent / monopolista inefficiente) dove offrire a D qualche tipo di compensazione (P al massimo è disposto a cedere tutto il suo profitto: πM). D deve considerare la parte di surplus in più di cui potrebbe appropriarsi in quanto consumatore se, stipulando un contratto con un’entrante più efficiente, può pagare un prezzo più basso. 65 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 4 Assunzioni: • Incumbent ha un costo unitario cI; • Entrante ha un costo unitario cE< cI; • Un solo acquirente; • Se I è monopolista, il profitto è (πM) e il CS: (CSM = ABp); • Se E riesce a entrare sul mercato fissa un prezzo appena inferiore a cI ottiene tutto il mercato, il profitto πE e il CS: (CSE = ADcI), dove: ADcI > Abp ovvero CSE > CSM Per convincere D a sottoscrivere il contratto di esclusiva, l’Incumbent - produttore dovrebbe cedergli il profitto πM che può tuttavia essere inferiore all’incremento del CS: πM < CSE - CSM 66 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 5 A CS B p πM Funzione di costo dell’Incumbent cI Funzione di domanda del distributore qI 67 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 6 A CS ADcI = CS associato al costo dell’Entrante B p πM D Funzione di costo dell’Incumbent cI cE πE qI Funzione di costo dell’Entrante qE 68 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 7 Secondo la Scuola post-Chicago i contratti di esclusiva possono essere usati per ridurre la concorrenza nel caso di: 1. Esternalità tra Incumbent – produttore e distributore; 2. Esternalità distributori. L’esternalità diventa rilevante ai fini di questa interpretazione che riconosce agli accordi in esclusiva la possibilità di impedire l’entrata di un’impresa più efficiente. 1. Esternalità tra produttore – incumbent e distributore. Se il produttore opera su più mercati, diversamente dall’entrante, e impedendo l’ingresso su un mercato farà profitti su tutti i mercati, egli può usare anche il profitto che realizza sugli altri mercati per compensare il distributore e indurlo a sottoscrivere il contratto di esclusiva. 69 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 8 2. Esternalità distributori L’Incumbent può sfruttare l’assenza di coordinamento tra le imprese che operano a valle (D). Si consideri il caso di due imprese a valle che operano su mercati diversi. Per impedire l’entrata di un nuovo produttore su un mercato, l’incumbent, presente sui due mercati, può convincere separatamente le imprese a valle a sottoscrivere il contratto offrendo fino al doppio del suo profitto di monopolio. Poiché è sufficiente convincerne una per fare profitti sui due mercati. 70 Effetti anticompetitivi: impedire l’entrata. 9 Se i due acquirenti si coordinassero, operando come un unico soggetto. si avrebbe l’entrata di un produttore più efficiente che farebbe prezzi più bassi. E’ la mancanza di coordinamento che porta a stipulare un contratto individuale che impone l’esternalità sull’altro acquirente. (Ruolo delle Agenzie centralizzate per gli acquisti) Vi sono altri modelli che tendono a: • dimostrare che i contratti di esclusiva tendono a scoraggiare l’entrata (FC); • sottolineare il ruolo dei guadagni di efficienza controbilanciare gli effetti sulla concorrenza. per 71 IV e Foreclosure*. 1 Nel caso di IV, che elimina la doppia marginalizzazione e il freeriding, è difficile valutare gli effetti sulla concorrenza. La scuola di Chicago considerava la fusione verticale efficiente e senza effetti anticompetitivi ma si basava sull’ipotesi di concorrenza sul mercato a valle. Contributi recenti suggeriscono invece la possibilità di effetti anticompetitivi. Un P, integrandosi a valle, può impedire l’accesso ad un input essenziale (es. la rete di distribuzione) ai suoi rivali. L’esito di questo comportamento è legato tuttavia alla presenza di altre imprese a monte (che possono fare concorrenza a P) o al fatto che le imprese a valle operano anche su altri mercati. 72 IV e Foreclosure. 2 Analizziamo un modello semplificato per dimostrare che, date certe ipotesi, la fusione verticale non determina un aumento del profitto dell’impresa a monte, quindi non conviene la fusione, a meno che vi siano guadagni di efficienza. Consideriamo il caso di un Produttore e due Distributori, in presenza delle ipotesi: - prodotto omogeneo; - funzione di domanda è: q = a – p - tecnologia a proporzioni fisse; - costo dell’impresa a monte è c dove, a >c e dell’impresa a valle è w; - offerte sono osservabili e non rinegoziabili; - concorrenza sui prezzi. Consideriamo il caso di separazione e di fusione. 73 IV e Foreclosure. 3 Separazione Poiché i distributori competono sui prezzi. Il prezzo di equilibrio sarà: p1 = p2= w e l’output q = a - w L’impresa a monte sceglie w che massimizza il suo profitto: P w c a w e dalla FOC Da cui si ottiene: P a 2w c 0 w a c P a c w ; 2 4 2 NB.: E’ come se l’impresa a monte vendesse direttamente il suo prodotto. 74 IV e Foreclosure. 4 Fusione Se l’impresa a monte si fonde con un distributore (ad esempio D1) fissa il suo prezzo w, come il precedenza, e vende solo alla sua consociata. Il prezzo all’ingrosso è w = c . Il D deve scegliere il prezzo che massimizza il suo profitto: p c a p Il prezzo e il profitto dell’impresa IV è uguale al caso di separazione: 2 ac a c p ; 2 4 Per l’impresa e per i consumatori non c’è differenza. Non c’è incentivo alla fusione, a meno che non vi siano guadagni di efficienza. Il risultato è in linea con le affermazioni della scuola di Chicago. 75 IV e Foreclosure. 5 Le conclusioni precedenti possono essere modificate se si fanno cadere alcune delle ipotesi assunte in precedenza. 1) Offerte non osservabili dell'’impresa a monte. Questa può avere convenienza a integrarsi con un distributore per risolvere il problema di commitment (se non è possibile introdurre una RV). In questo modo si determina un esito anticompetitivo poiché si esclude un’impresa a valle. 2) Imprese a valle con potere di mercato, in presenza di offerte osservabili e prodotto omogeneo. In questo caso le imprese a valle si fanno concorrenza sulle quantità. La domanda inversa è: p = a - q1 - q2 e q1 + q2 = Q Sulla base di questa nuova ipotesi consideriamo i casi di separazione e di fusione. 76 IV e Foreclosure. 6 Separazione. Le imprese a valle pagano w al produttore e scelgono la quantità che massimizza i loro profitti: i p wqi La soluzione è quella che si ottiene dal modello di duopolio alla Cournot: a 2w 2a w aw p Q q1 q 2 3 3 3 L’impresa a monte, se applica un prezzo all’ingrosso lineare, lo sceglie in modo da massimizzare il suo profitto: 2a w P w c Q w c 3 Dalla FOC si ottiene: ac 2a c q ;p 6 3 w D i ac 2 2 a c 36 e infine: P 2 a c 6 77 IV e Foreclosure. 7 Fusione. L’impresa a monte fissa w = c alla sua consociata D1 ed esclude D2 ac (come nella slide 75) D1, per massimizzare il suo profitto fissa: p 2 2 a c e il profitto è: IV 4 Dal confronto con il caso precedente si ottiene: 2 2 2 a c a c a c IV P D 1 ovvero 4 6 36 Inoltre: p IV p sep I consumatori sono avvantaggiati perché non c’è doppia marginalizzazione. NB.: Esclusione di D2 ma assenza di doppia marginalizzazione. 78 Conclusioni RV e IV possono generare guadagni di efficienza ma anche ridurre il benessere dei consumatori. Per questa ragione le AA tendono ad applicare la “rule of reason”. Le AA intervengono, pertanto, a controllare solo gli accordi di imprese che dispongono di un rilevante potere di mercato. Sono esentate le imprese con quote di mercato inferiori al 20-30%. 79