Van Gogh e Picasso in mostra al Museo di

Van Gogh e Picasso in mostra
al Museo di Capodimonte
Annunciato l’arrivo a Napoli dei dipinti di Van Gogh rubati
nel 2002
e poi ritrovati nel gennaio dello scorso anno,
risultati nelle mani della camorra, che saranno esposti in una
mostra dedicata al Museo di Capodimonte. A confermarlo lo
stesso direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger,
la mostra sarà inaugurata il 6 febbraio e durerà per le
successive tre settimane. Con il sostegno della Regione
Campania e i migliori auguri del direttore del museo Van Gogh,
Napoli ospiterà nello stesso spazio a distanza di poche
settimane l’olandese e una monografica su Picasso, col quadro
più grande del mondo.
Museo di Capodimonte, Via Miano 2, Napoli
museocapodimonte.com
Syd Barrett e la sindrome di
Asperger. La tesi nel libro
di Mario Campanella
A dieci anni dalla morte del “diamante pazzo” Syd Barrett, il
geniale chitarrista fondatore dei Pink Floyd, una nuova
biografia a lui dedicata firmata dal giornalista scientifico
Mario Campanella. Barrett con il tocco della sua creatività
rendeva graffiante e unico il sound della band britannica. Già
a 14 anni la sua passione per la musica era forte al punto
da condurlo a fondare un gruppo con i suoi amici Roger Waters
e Bob Klose, i Pink Floyd Sound che solo in seguito, con
l’aggiunta di Nick Mason e Richard Wright al posto di Klose
diventeranno nel 1965 i Pink Floyd. Un nome legato ai suoi
bluesmen preferiti, Pink Anderson e Floyd Council, oppure come
sostenne, un nome suggerito da alieni. Lo stato di salute di
Barrett cominciò a peggiorare nel tempo a causa di gravi
problemi mentali e per l’abuso di droghe. Decise di
abbandonare la sua band. Toccò a David Gilmour sostituirlo,
mentre lui tentò una carriera da solista, una corsa in
solitaria verso il baratro. Nel 1975 i Pink Floyd pubblicarono
l’album Wish You Were Here, dedicato a Barrett, con la perla
Shine On You Crazy Diamond. Barrett si presentò negli studi
dei Pink Floyd con aria sfatta, senza sopracciglie, obeso,
brandendo uno spazzolino da denti, tanto irriconoscibile che
nemmeno i suoi ex compagni si accorsero della sua presenza.
Gilmour capì dopo tempo che era lui e si sciolse incredulo in
un pianto. Al termine dell’insolita visita scomparve nel
nulla, così come era venuto. In passato ad essere considerata
causa principale dei suoi mali fu una presunta schizofrenia di
cui sarebbe stato affetto. Solo recentemente è emerso che in
realtà “Syd Diamond” soffrisse della sindrome di Asperger,
così come rivela il libro di Campanella, attraverso documenti
e testimonianze inedite sul genio folle del rock. Ne abbiamo
parlato con l’autore.
Com’è nata l’idea di scrivere un libro su Syd Barrett?
Syd Barrett è sempre stato uno dei miei miti adolescenziali,
diciamo il secondo dopo Maradona . La sua personalità mi
affascinava e cercavo, parliamo di fine anni ottanta, notizie
che erano difficili da reperire.
Nel suo libro sono riportate testimonianze inedite di amici e
parenti di Barrett, con un’analisi accurata della sua
personalità. Quanto è durato il suo lavoro di ricerca prima e
di scrittura del libro?
L’anno scorso ho scritto una pubblicazione scientifica per
Giovanni Fioriti sull’argomento tradotta anche in russo e
riportata da Wikipedia. Quando Vincenzo Martorella, direttore
editoriale di Arcana, mi ha proposto di farne un libro mi è
sembrato naturale. Ho lavorato circa un anno per raccogliere
testimonianze, interviste, fonti.
Nel suo libro sostiene che Barrett, ritenuto schizofrenico,
avesse in realtà una forma ad alto funzionamento della
sindrome di Asperger, aggravata da abusi di droga. Puo’
spiegarci come è arrivato a tale conclusione?
Syd Barrett non era schizofrenico. Assolutamente. Lo hanno
detto i medici che lo visitarono all’epoca. Le sue
manifestazioni patologiche furono causate da un uso di LSD e
Mandrax senza precedenti. Arrivava a consumare l’equivalente
di 250 dosi attuali e questo lo ha fatto per tre anni. Quella
droga ha mangiato i suoi neuroni. L’Asperger era una forma di
spettro autistico che aveva , e lo si nota dai suoi
comportamenti, e che non gli avrebbe dato alcun fastidio senza
le droghe. Ancora oggi c’è una forte ignoranza sull’autismo.
Intanto, non è una psicosi. Poi, ci sono diverse sue forme
compatibili con la normalità. Pensi che, per quanto riguarda
l’Asperger, pare che ce l’abbiano due grandissimi americani
del settore informatico e social e il Presidente della più
importante nazione europea.
Lei è membro del Comitato Scientifico della Fondazione BRF
Onlus- Istituto per la Ricerca Scientifica in Psichiatria e
Neuroscienze che ha tra le sue finalità quella di migliorare e
approfondire la conoscenza delle neuroscienze ed avere una
maggiore consapevolezza sulle malattie mentali. Crede che
questo libro possa aiutare tale consapevolezza?
Brf è nata grazie a due grandi scienziati italiani, Armando
Piccinni e Donatella Marazziti, e ha al suo interno grandi
nomi delle neuroscienze. Brf fa ricerca sulle nuove frontiere
delle neuroscienze, dal rapporto intestino cervello alle
ripercussioni autoimmunitarie e infettive. Forse questo libro
non ha attinenza con Brf ma è importante divulgare le sue
attività .
Esiste, secondo lei, una relazione tra la follia e la
genialità?
Guardi, credo sia un falso mito. Van Gogh era epilettico,
Trabucchi sosteneva che Dino Campana fosse sifilitico, così
come sappiamo che lo era Nietzsche. Avevano malattie fisiche
che si riflessero sul cervello ma la loro genialità dipendeva
da altro.
Secondo lei allora cos’è la genialità? La si puo’ spiegare
scientificamente?
La genialità è attivata da alcuni processi neuronali secondo
gli studi dei grandi neuropsicologi. Già Lurja fece esprimenti
in tal senso. Preferisco, da profano, pensare che la vena
artistica sia presente in ognuno di noi , anche se (per fare
un esempio) le allucinazioni epilettiche furono determinanti
per aprire la mente di De Chirico o per suggerire grandi trame
a Dostoevskij.
di Anna Esposito
Mario Campanella, Syd Diamond. Un genio chiamato Barrett,
Arcana Edizioni-Lit Edizioni, 2016, pagg.190, Euro 16,50
Un
labirinto
di
125.000
girasoli per il Van Gogh
Museum
Per festeggiare l’inaugurazione, il Museumplein – la piazza
dei musei ad Amsterdam – si colora di giallo con un grandioso
labirinto di 125.000 girasoli.
Il nuovo edificio che ospita l’ingresso al Van Gogh Museum
apre le sue porte al pubblico il 5 settembre. Per festeggiarne
l’inaugurazione, sabato 5 e domenica 6 settembre il pubblico
potrà visitare gratuitamente un grandioso labirinto formato da
125.000 girasoli. Fanno parte del labirinto anche tre spazi
ispirati e dedicati a Van Gogh, dove i visitatori potranno
assistere tra l’altro a esibizioni di alcuni cantautori.
Domenica, dalle ore 16, i girasoli saranno offerti in omaggio
ai presenti.
Il direttore Axel Rüger ha
dichiarato: “Con questa
iniziativa
festeggiamo
l’inaugurazione del nostro
nuovo ingresso principale che
si affaccia sul Museumplein.
La costruzione dell’edificio
è progredita senza intoppi,
infatti è stata portata a termine entro la stretta tempistica
convenuta di un anno e mezzo e il budget prefissato.
L’edificio che ospita l’ingresso è realizzato con strutture di
vetro tecnicamente avanzate e presenta soluzioni innovative
per impianti, pavimenti e pareti. Nella nuova area di
ricezione, spaziosa e luminosa, si trovano i guardaroba e uno
shop del Museo completamente rinnovato, che offre 500
nuovissimi prodotti. Il nuovo ingresso, la logistica migliore
e l’ampliata area dei servizi di ricezione danno al Museo la
possibilità di accogliere un numero maggiore di visitatori in
maniera più adeguata. Con questo intervento, inoltre, il Museo
è meglio inserito nella piazza dal volto nuovo, su cui si
affacciano già gli ingressi degli altri istituti culturali
circostanti. L’edificio trasparente, realizzato con strutture
in vetro allo stato dell’arte, costituisce un arricchimento
sia per il Van Gogh Museum sia per la piazza.”
Il nuovo ingresso dai molteplici vantaggi
La copertura del cosiddetto “stagno”
Museumplein permette di ampliare lo
ulteriori 800 metri quadrati. Il nuovo
offre molteplici vantaggi. Trasferendo
vuoto sul lato del
spazio museale con
edificio d’ingresso
l’entrata principale
sul lato che si affaccia sulla piazza, il Van Gogh Museum si
allinea con gli altri due musei situati qui. Tanto lo
Stedelijk Museum quanto il Rijksmuseum hanno recentemente
spostato i loro ingressi sul lato della piazza.
La nuova area di ricezione in vetro collega l’edificio di
Rietveld all’ala dedicata alle esposizioni, rendendo più
accessibili entrambi gli edifici museali. Gli ulteriori 800
metri quadrati consentono una migliore distribuzione dei
flussi di visitatori e una più ampia offerta di servizi al
pubblico in un’atmosfera accogliente. Il Museo è ora meglio
attrezzato per dare il benvenuto al numero sempre crescente di
visitatori Inoltre lo spazio all’interno del nuovo edificio ha
un assetto flessibile, che consente l’organizzazione di eventi
e ricevimenti di grande portata.
Il comune di Amsterdam ha predisposto un’ampia area d’attesa
in Willem Sandbergplein, la piazza situata tra lo Stedelijk
Museum e il Van Gogh Museum, dove i visitatori che non hanno
biglietto d’ingresso (acquistato online) possono comperarlo
presso una delle casse.
Una struttura in vetro altamente tecnologica, dal design
aperto e trasparente
L’edificio d’ingresso, trasparente e aperto, è realizzato con
le più evolute e innovative strutture di vetro e costituisce
uno spettacolare pendant al compatto lato esterno che si
affaccia sul Museumplein. La facciata è formata da 650 metri
quadri di vetro curvato a freddo, con trenta travi del tetto
in vetro della lunghezza di 12 metri e venti colonne, sempre
in vetro, che raggiungono l’altezza di 9,4 metri, il tutto
inserito in una struttura portante di acciaio del peso di 65
tonnellate.
Mediante un’imponente scalinata in vetro, una moderna scala
mobile illuminata o un ascensore panoramico, ugualmente di
vetro, i visitatori giungono nell’area di ricezione, dove vi è
spazio per 2.200 cappotti, 1.700 borse, 1.450 audioguide e
dove è situato un rinnovato shop del Museo, che offre 500
nuovi articoli, frutto della collaborazione con marchi
prestigiosi come Jaeger LeCoultre, Gassan Diamonds, SMAAK e la
casa francese Pommery, oltre che con alcuni designer olandesi,
tra questi Hester van Eeghen, Tord Boontje, Edward van Vliet e
Droog Design, che si sono ispirati a Van Gogh.
Lo schizzo preparatorio del nuovo edificio d’ingresso è opera
di Kisho Kurokawa Architect and Associates, lo studio dello
scomparso architetto giapponese Kisho Kurokawa, che aveva
progettato l’ala dedicata alle esposizioni inaugurata nel
1999. L’ulteriore elaborazione dello schizzo da parte dello
studio di architettura Hans van Heeswijk mostra come l’ala e
il nuovo ingresso si integrino creando una nuova, sorprendente
unità.
Finanziamento realizzato grazie a un ampio supporto
Il Van Gogh Museum ha finanziato gran parte del progetto
autonomamente. L’importo totale necessario – € 20 milioni –
proviene da risorse del Museo e dal sostegno ricevuto da un
gran numero di organizzazioni, tra cui la lotteria BankGiro
Loterij, la fondazione Vincent van Gogh, la banca Van Lanschot
Bankiers, la compagnia assicurativa Sompo Japan Nipponkoa
Insurance, il quotidiano Tokyo Shimbun, il Ministero olandese
della Pubblica Istruzione, della Cultura e delle Scienze, il
comune di Amsterdam, la municipalità di Amsterdam Sud,
l’azienda Yanmar Europe, la Triton Collection Foundation e il
fondo John en Marine Fentener van Vlissingen, le società
Heineken e TAKII Seed, il fondo Drs. C. van Zadelhoff, i
gruppi societari Ernst A. Nijkerk e Dümmen Orange oltre a
parecchie altre aziende, fondi, fondazioni e privati.
Axel Rüger conclude così: “Siamo orgogliosi che il progetto
abbia ottenuto una completa copertura finanziaria e
constatiamo che il Van Gogh Museum e il nuovo edificio
d’ingresso esercitano una forte attrattiva su (potenziali)
sponsor e sostenitori.”
La costruzione del nuovo ingresso è stata realizzata da
Rijksvastgoedbedrijf, l’agenzia statale olandese per i beni
immobili, proprietaria dell’edificio del Museo.
Cento capolavori dello Städel
Museum di Francoforte in
scena a Roma
di Cinzia Colella
“Il fascino dell’Istituto Städel consiste in un’immensa
energia concentrata in uno spazio ristretto. Vi è quasi tutto
ciò che ha avuto origine dai
grandi moti dell’animo dei
popoli europei e tutto in
opere di prim’ordine”. E’ il
1905 quando il direttore
della Hamburger Kunsthalle
Alfred Lichtwark fa visita al
museo e rimane impressionato
dalla bellezza delle opere
esposte.
Dal 1 aprile fino al 17 luglio il Palazzo delle Esposizioni di
Roma accoglie “100 capolavori dallo Städel Museum di
Francoforte. Impressionismo, Espressionismo, Avanguardia”: una
ricca selezione del celebre museo di Francoforte – una delle
istituzioni culturali più antiche e ricche della Germania –
fondato nel 1815 dal mercante e banchiere Johann Friederich
Städel e che oggi custodisce più di centomila opere d’arte che
documentano l’intero svolgimento dell’arte europea dal
Rinascimento ai giorni nostri.
In linea con la vocazione prettamente modernista e
contemporanea del Palazzo delle Esposizioni, il percorso
storico-artistico messo in scena dal curatore Felix Kramer
offre una panoramica che spazia dai Nazareni ai Romantici, dal
Realismo all’Impressionismo, dal Simbolismo alle Avanguardie,
seguendo una chiave critica che “intende portare il grande
pubblico a familiarizzare con una prospettiva geograficoculturale dell’arte europea più ampia, variegata e
sorprendente di quella cui ci ha abituato una visione
univocamente franco-centrica della storia dell’arte europea
tra fine XIX e inizio XX secolo”, dichiara il Presidente di
Azienda Speciale Palaexpo, Emmanuele Francesco Maria Emanuele.
Articolata in sette scansioni stilistico–cronologiche
distribuite nelle sette gallerie del palazzo espositivo le
stanze raccolgono i cento capolavori dei maggiori esponenti
della pittura tra XIX e il XX secolo, di casa nella
monumentale sede sulla sponda opposta del Meno.
L’apertura del percorso è
affidata al celebre ritratto
di Goethe nella campagna
romana, realizzato nel 1787 da
Johann
Henrich
Wilhelm
Tischbein e divenuto presto
un’icona – tanto da essere
ripreso da Andy Warhol in una
serigrafia del 1982 -, simbolo
della stagione del Grand Tour
che sintetizza tutti gli elementi comuni al Neoclassicismo e
al Romanticismo.
Attorno a Tischbein si snoda la sezione dedicata al
classicismo europeo di primo Ottocento e a quei pittori, tra
cui Pforr, Blechen e Koch, che trovarono in Italia fonte di
ispirazione per le loro opere. Si passa quindi alla pittura
realista francese della metà del XIX secolo, che vede esposti
i paesaggi di Corot e Coubert, i ritratti luminosi di Renoir e
la Parigi ricca delle pennellate corpose di Degas, e le
suggestioni impressioniste di Monet, di Renoir e di Sisley.
Proseguendo si incontrano quei pittori che dall’impressionismo
prendono le mosse, ma che da quella pittura risultano ormai
lontani: van Gogh, i Nabis e i simbolisti che aprono il varco
alle atmosfere oniriche, a volte stranianti di Bocklin,
Moreau, Munch e Redon.
Si arriva all’Espressionismo tedesco, fiore all’occhiello
della collezione dello Städel, che vanta capolavori del gruppo
Die Brücke, nato a Dresda nel 1905. A Max Beckmann e alla sua
potente pittura è dedicata un’intera sezione; la sua
produzione, difficilmente riconducibile ad una o un’altra
corrente artistica, fu fortemente influenzata dagli eventi
storici che segnarono la sua esperienza e racconta
una
Germania inedita, attraverso il filtro di una forte
sensibilità.
Concludono la mostra i grandi pittori che inaugurano le
avanguardie del Novecento: Max Ernst, Paul Klee e Pablo
Picasso: un inno alla modernità, che conclude il percorso
storico artistico della mostra e suggella la grande
testimonianza che lo Stadel Museum dà all’Arte attraverso la
sua ricca e multiforme collezione.
“E’ stata una collaborazione veramente straordinaria” ha
dichiarato Felix Kraemer. “Le opere del museo non vengono
solitamente prestate all’estero ma l’amore e la devozione per
l’arte contemporanea ci ha spinto a cogliere questa occasione
offerta dall’Italia – ha precisato Max Hollein, direttore
dello Städel – Abbiamo ritenuto questa del Palazzo delle
Esposizione una grande opportunità. Poter vedere la nostra
collezione in un altro luogo è per noi una grande e
significativa occasione”.
Per informazioni:
“100 capolavori dallo Städel Museum di Francoforte
Impressionismo, Espressionismo, Avanguardia”
Palazzo delle Esposizioni – Via Nazionale
1 aprile – 17 luglio 2011
Martedì, mercoledì, giovedì: 10.00 – 20.00
Venerdì, sabato: 10.00 – 22.30
Domenica: 10.00 – 20.00.
Lunedì: chiuso (tranne il 25 aprile quando il Palazzo sarà
aperto dalle ore 10 alle ore 20).
www.palazzoesposizioni.it
Ewolwing art al Vittoriano di
Roma
di Maria Rosaria De Simone
Attraverso in bicicletta, all’imbrunire, la passeggiata dei
Fori Romani fino al Palazzo del Vittoriano, sulla via di San
Pietro in Carcere.
L’ingresso è magnifico. A sinistra si va verso le sale per la
mostra dedicata a Van Gogh, a destra verso le sale adibite
alla mostra
personale di Eleonora Brigliadori, ‘Ewolwing
art‘. Mi dirigo a destra. La prima impressione è quella di
venire sommersi da un a mareggiata di colore, con il caldo
emergere del rosso del giallo e dell’azzurro, che infondono un
flusso di energia. La mostra, come dice la pittrice stessa, è
il passaggio del testimone dalla madre, Mariateresa Ronco, a
lei. E’ stata la madre il tronco da cui ha attinto la linfa
che l’ha portata ad essere la donna che è oggi, è stata lei ad
educarla all’arte, ad osservare il mondo intorno con gli occhi
dell’anima.
Come un filo d’Arianna, si passa dalle opere della madre a
quelle di Eeonora, in un percorso che va da un autoritratto a
figura intera, espresso da un totem che brucia, ad un’opera
dedicata alla shoah. Osservo la tela, A U M. La Brigliadori mi
spiega che il colore rosso esprime la vitalità della terra
percorsa dal nero piumato dell’Araba Fenice, che termina in un
buco nero: la morte, la tragedia del dolore della shoah.
Eppure, come l’Araba Fenice risorge dalle sue ceneri, così
dalle grida degli innocenti condotti al macello, l’umanità si
salverà.
Scorre intanto un filmato, che mostra immagini da repertorio
del muro di Berlino. Una musica dal vivo di sottofondo, e
l’attrice
inizia a recitare alcuni brani del suo romanzo “PerDono”, di
prossima uscita. Ed ecco emergere la storia di una donna,
Ruth, e del suo terribile segreto che, alla sua morte, lascia
come testimonianza alla figlia Miriam, in un diario segreto.
Ruth, vissuta durante il periodo nazista, respirò fin nel
profondo il male assoluto nel campo di concentramento di
Auschwitz, in cui si trovò a smistare gli abili al lavoro e
quelli da mandare alla morte, per seguire la passione verso un
uomo delle SS.
Ruth vide l’orrore, il ribaltamento di ogni valore, il male
assoluto assurto a forza incontrastata. Donne, bambini, povere
vittime condonnate alla morte brutale, senza più nome, né
dignità. Ruth vide e comprese che non poteva più essere
complice del sangue di quei poveri innocenti, non poteva più
assistere passiva all’ingiustizia. E tutta la vita, dopo
l’esperienza di Auschwitz, la passò a cercare il perdono.
La mostra, per chi volesse visitarla, rimarrà aperta fino al 6
febbraio, giorno del compleanno di Eleonora Brigliadori.