n° 367 - novembre 2014 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Vincent van Gogh l’artista, l’uomo e la terra Una importante rassegna in corso a Milano ripercorre la vicenda umana e artistica del grande maestro olandese offrendo una inedita prospettiva sulla sua visione esistenziale Nella cornice della grandiosa serie di eventi che caratterizzeranno l’EXPO 2015, dominata dal tema ambizioso e quanto mai rilevante per il futuro dell’umanità: “Nutrire il pianeta”, l’aver inserito una importante rassegna dedicata a Van Gogh, non può che trovare tutti concordi nel ritenere decisamente appropriato l’accostamento. Infatti la mostra organizzata a Milano dal 18 ottobre presso il Palazzo Reale, che si concluderà l’8 marzo 2015, si intitola “L’uomo e la terra” e ricerca, con sagace coerenza, il percorso umano e il rapporto con la vita e la natura del grande artista olandese. «L’uomo - come affermano i curatori della mostra - che non smette di interrogarsi e interrogare, in una sorta di muta quanto terribile domanda, come può essere quella che traspare da un volto dipinto su una tela e che contiene “la domanda” prima e ultima dell’esistenza; la terra, che alla fine è l’unica risposta per chi si sente estraneo e messo ai margini da una società pragmatista che assegna al lavoro il solo fine del profitto e che respinge chiunque indaghi sulla condizione e sul destino dell’umanità; questo è il senso e il fine della mostra milanese». Un viaggio nel mondo dell’arte, ma soprattutto nella filosofia esistenziale del grande pittore. Una filosofia che - come osservò Giulio Carlo Argan «è accanto a Kierkegaard e Dostoevskij e che si pone dalla parte dei diseredati, dei contadini cui l’industria non toglie solo la terra e il pane, ma la dignità di esseri umani, il sentimento dell’eticità e della religiosità del lavoro». Nell’esposizione è presente non solo l’Autoritratto di Vincent - con «quell’espressione tesa, quasi aggressiva e Autoritratto - Otterlo, ©Kröller-Müller Museum lo sguardo che incute timore» proprio di chi non è sconfitto, nonostante il mondo lo abbia cacciato ai margini di tutto, nel buio del manicomio, e che pag. 2 dall’alto in senso orario: Rose e peonie Paesaggio con covoni Contadina che lega fascine di grano Otterlo, ©Kröller-Müller Museum al mondo urla in silenzio la sua rabbia, la sua totale solidarietà con gli ultimi della Terra, come un Cristo crocifisso ma indomito - ma anche una serie di olii e disegni che rendono appieno la totale immersione nel mondo agreste, come nel ciclo della vita umana: contadini, paesaggi del freddo Nord, come del solare Midi, istantanee di vita, nature morte, vasi di fiori, tessere uniche e preziose di un solo mosaico perché come scriveva il maestro al fratello Teo «in un quadro vorrei dire qualcosa di consolante come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con quel non so che di eterno». Il corpus centrale della mostra è costituito da opere provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo a cui se ne sono aggiunte altre provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam, dal Museo Soumaya-Fundación Carlos Slim di Città del Messico, dal Centraal Museum di Utrecht e da collezioni private normalmente inaccessibili al pubblico, e si pone come un’occasione rara per approfondire, attraverso gli occhi dell’artista, il complesso rapporto tra l’essere umano e la natura che lo circonda. Lungo le sei sezioni in cui si articola l’esposizione, il visitatore ha modo di osservare e fare propria la vita e la fatica dei campi attraverso i disegni (tra cui rammentiamo Contadina che lega fascine di grano ma anche che spigola o zappa), una tecnica, quella del disegno, molto amata da Van Gogh e che gli consentì di affermare «studiare e disegnare tutto ciò che appartiene alla vita contadina […] adesso non sono più così impotente davanti alla natura come un tempo» - fino all’immersione totale nel paesaggio dipinto ad olio come una rivelazione, quella che ebbe quando giunse in Provenza: «Il Mediterraneo ha un colore come gli sgombri, cioè cangiante, non si è mai sicuri se sia verde o viola, non si è mai sicuri se sia azzurro, perché un istante dopo il riflesso cangiante ha assunto una tinta rosa o grigia», come testimoniano in mostra opere quali Vista di Saintes Marie de la Mer, Oliveto con due raccoglitori di olive o La vigna verde. E ancora i ritratti perché, come scrive nel giugno del 1890, «ci sono facce moderne che verranno guardate ancora a lungo, che forse verranno rimpiante cent’anni dopo». Facce come quella del Ritratto di Joseph-Michel Ginoux o del Ritratto di Joseph Roulin (presenti in mostra), volto quest’ultimo sui cui si interrogò Argan, che così affermò: «Dov’è dunque il tragico nel ritratto del postino Roulin? Non nella figura che posa tranquilla […]. L’arte diventa, avrebbe detto Pavese, il “mestiere di vivere”: ed è questo mestiere della vita che Van Gogh disperatamente contrappone al lavoro meccanico dell’industria, che non è vita». Van Gogh cerca nel mondo contadino, nelle creature semplici e pure, come quel postino che lo andava a trovare tutti i giorni in manicomio e cantava pag. 3 la Marsigliese, il senso della vita e delle cose. Lo trova nella fatica, nel duro lavoro. Come i contadini e i pescatori che ritrae perché, come scrive sempre Vincent al fratello, suo interlocutore preferito, «Noi altri dovremmo invecchiare lavorando duramente, ed ecco perché allora ci deprimiamo quando le cose non vanno». Un lavoro mai ripagato, impossibile da capire all’epoca, perché con tratti e stile del tutto nuovi, nonostante le influenze e i rapporti con alcuni degli Impressionisti e gli amatissimi Millet e Daumier, intensificato dalle letture dei romanzieri contemporanei, anch’essi troppo avanti per i tempi. Una rassegna, questa di Palazzo Reale, che non manca di stupire il visitatore, immergendolo appieno nel tema dell’esposizione e dove si trova a navigare in un mondo amaro che, come afferma Van Gogh in una lettera a Teo del 15 maggio 1882 «non vede né rispetta mai l’umanità dell’uomo, quanto il valore più o meno grande del denaro o degli oggetti posseduti finché si è al di qua della tomba. Dell’aldilà della tomba, il mondo non tiene assolutamente conto. Per questo il mondo arriva fin dove lo portano i piedi». lorenzo gualtieri dall’alto: Natura morta con cipolle - Otterlo, ©Kröller-Müller Museum Ritratto di Joseph Roulin - Boston, Museum of Fine Arts