SSIS MARCHE Relazione finale dello specializzando: Marco Campogiani Indirizzo: Scienze umane Classe: A036 Cinema e filosofia Partecipazione all'attività didattica nell'ambito del tirocinio diretto «Potremmo anche immaginare che tutti gli esseri umani siano cervelli in un’ampolla. Naturalmente lo scienziato malvagio dovrebbe trovarsi al di fuori. Dovrebbe? Magari non esiste nessuno scienziato malvagio; magari l’universo... consiste solo di macchinari automatici che badano a un’ampolla piena di cervelli» Hilary Putnam, Brains in a Vat A.A. 2000-2001 Indice 1. Il progetto e la sua programmazione … p. 2 2. Esperienze precedenti e riferimenti didattici … p. 9 3. Le difficoltà dell'intervento … p. 10 4. I contenuti del progetto "Cinema e filosofia": «Che cos'è la realtà?» … p. 13 5. Conclusioni … p. 30 Appendice 1: Cartesio e il pensare per immagini … p. 31 Appendice 2: Esempi di dialoghi di contenuto filosofico in «Matrix» … p. 33 Appendice 3: Riflessioni su temi filosofici filosofici a partire da «Matrix» … p. 37 Appendice 4: Matrix e il velo di Maya (Schopenhauer)… p. 44 Bibliografia … p. 46 1 1. Il progetto e la sua programmazione Nell'ambito dell'attività di «Tirocinio diretto», svolta presso l' I.T.A.S. «Matteo Ricci» di Macerata, sotto la supervisione della Tutor d'aula, prof.ssa Maria Laura Baragli, ho progettato alcuni percorsi di "Cinema e filosofia". Ritengo, sulla scorta di recenti studi e discussioni (VEDI RELAZIONE FINALE PER LA CLASSE DI ABILITAZIONE A037), che il linguaggio cinematografico possa avere un ruolo rilevante (e ancora ben poco esplorato) nell'insegnamento della filosofia. Ho presentato un progetto articolato alla prof.ssa Baragli, che lo ha recepito, e ho proposto tale progetto anche in sede di Assemblea di istituto, come attività da inserire nella "Settimana culturale" gestita dagli studenti. Ho avuto modo di saggiare uno dei «percorsi», dal titolo «Che cos'è la realtà», con un intervento diretto, sempre in collaborazione con la Tutor. Il progetto mette in gioco le competenze didattiche da me acquisite in questi due anni di SSIS, oltre a quelle disciplinari e contenutistiche da me già acquisite con il Dottorato di Ricerca in «Filosofia del Linguaggio» e con un Corso di Formazione Professionale in «Sceneggiatura cinematografica». Il mio intervento ha riguardato la classe IV E, in considerazione del programma svolto e della disponibilità dimostrata (gli studenti della V E erano maggiormente orientati all'Esame di Stato, alla preparazione delle «Tesine» multidisciplinari ecc.). La situazione iniziale è quella di una classe in cui la maggior parte degli studenti hanno un atteggiamento, nei confronti delle 2 discipline, finalizzato esclusivamente al raggiungimento di risultati di valutazione sufficienti. Classe IV E: 23 alunni (3 maschi) Livello generale: omogeneo Capacità linguistico espressive: discrete. Difficoltà nella scrittura. Rapporti interpersonali: positivi Rapporto con l'insegnante: amichevole Note: Lo studio risulta prevalentemente mnemonico. Non si nota uno sforzo teso a rielaborare le conoscenze e a padroneggiare il lessico specifico. Gli alunni mostrano di saper gestire il rapporto con l'insegnante, evitando rotture e volgendo a proprio favore la sua malleabilità. I richiami all'attenzione non sortivano in genere effetto. Il clima in classe non è teso, anzi forse fin troppo rilassato da entrambe le parti. Alcune studentesse mi sono parse motivate - specie riguardo alla filosofia - e studiose. In particolare il loro interesse aumentava quando erano chiamate a svolgere lavori di ricerca, anche in gruppo, e a presentare i frutti di tali lavori. I bisogni formativi che ho individuato sono quelli di una maggiore motivazione allo studio della filosofia, spesso avvertito come astratto, lontano, accademico, slegato dai bisogni e dalle aspettative di crescita degli studenti. I prerequisiti sono costituiti dallo svolgimento di buona parte del programma previsto nel II anno dell'insegnamento di Filosofia, con particolare riferimento alle teorie di Cartesio («Meditazioni metafisiche»). La durata dell'intervento è stata, di fatto, di 3 ore. Ovviamente l'intervento avrebbe tratto grande beneficio da una maggiore disponibilità di tempo e, soprattutto, da una maggiore integrazione tra l'intervento e la programmazione disciplinare. Nelle difficili condizioni date, si è fatto il massimo. 3 L'obiettivo dell'intervento è stato quello di saggiare e valutare la fattibilità e la desiderabilità di una didattica della filosofia realizzata anche attraverso la «visone ragionata» di opere cinematografiche. Ritengo che lo svolgimento di percorsi di cinema e filosofia possa rispondere a una diverse finalità: 1. introdurre in modo nuovo e forse più efficace ad alcune problematiche filosofiche; 2. approfondire e raffinare la capacità critica di analisi del linguaggio audiovisivo; 3. provare a risolvere il problema della scarsa motivazione degli studenti nei confronti della filosofia, aumentare il loro, spesso solo implicito e inespresso, "bisogno di filosofia"; Dal lato degli studenti, ci si proponeva di valutare gli effetti sulla motivazione e sulla disponibilità alla discussione indotti da un approccio «cinefilosofico». Non è stata invece prevista una valutazione degli apprendimenti (ad. es. il miglioramento della conoscenza della filosofia di Cartesio), dato che l'intervento non è stato simultaneo alle lezioni dedicate a filosofi/pensieri, e dato che l'ipotesi di una valutazione dei risultati degli alunni (per mezzo di interrogazioni, test, brevi scritti, ecc.) non era praticabile (gli studenti non l'avrebbero presa sul serio, se solo simulata; e altrimenti la tutor non me l'avrebbe concessa, essendo una indebita intromissione nel suo modo di valutare sulla base degli insegnamenti da lei impartiti sulla base della sua programmazione). Per l'intervento in aula, sono stati necessari i seguenti luoghi e strumenti: 4 1. un'aula sufficientemente lunga, con le finestre oscurabili (ad es. da tende); 2. un videoregistratore (o lettore DVD) e un televisore (meglio sarebbe stato un videoproiettore); un supporto per la televisione, sufficientemente alto da permettere la visione a tutti gli studenti; 3. videocassette noleggiate; 4. una lavagna; Modalità operative. Ci sono diverse possibilità di impostare l'intervento, a seconda dei vincoli e degli obiettivi. Si potrebbe procedere con la visione ininterrotta di un film (modalità «classica» di visione di film) , eventualmente mettendo in pausa, in alcuni momenti, per segnalare le scene più significative, per indirizzare e guidare l'attenzione degli studenti/spettatori, riservando solo a un secondo momento la presentazione delle tematiche filosofiche. Oppure - ed è la modalità da noi scelta - si propone la visione di alcune sequenze del film, intervallandole con la presentazione delle tematiche filosofiche che emergono dalla narrazione. Abbiamo scelto questa seconda modalità per due ragioni: 1) la limitata disponibilità di tempo per la presentazione del progetto e l'eventuale discussione; 2) la prima modalità richiede agli studenti-spettatori di assumere l'atteggiamento abituale di fronte al film; atteggiamento presumibilmente caratterizzato da scarsa criticità e disponibilità all'analisi; la seconda modalità è invece dissonante con le pratiche abituali. 5 Infine si sottolinea come l'uso di un lettore digitale (DVD) renderebbe più semplice la realizzazione di questo tipo di interventi. Il DVD, infatti, libera dalla rigida sequenzialità delle scene propria del nastro magnetico, consentendo di passare più rapidamente - e con maggiore precisione - da scena a scena, da argomento a argomento. La programmazione delle attività dell'intervento ha portato alla definizione e articolazione preliminare di alcune fasi di realizzazione. La natura stessa dell'intervento - aperto alle suggestioni e alle domande provenienti dagli studenti - suggerisce però una programmazione non rigida, che preveda dei «punti cardine» (ovvero una organizzazione schematica dei contenuti e della azioni da compiere, ad uso del docente), in successione linearizzata, per presentare le questioni secondo alcune prospettive ritenute essenziali per lo sviluppo dell'interesse e della motivazione da parte degli studenti. La stesura delle fasi del progetto dovrebbe, in altre parole, fungere da guida per l'organizzazione del tempo da parte del docente, e dovrebbe essere funzionale agli obiettivi stabiliti. Le fasi ipotizzate possono essere così descritte ed elencate: 1) Pretest. Visione delle scene iniziali di «Matrix» e di «The Truman Show». Verifica della situazione iniziale (quanti hanno già visto il film? Quanti sanno di che cosa parlano?). verificare curiosità, interesse, motivazioni intrinseche degli studenti di fronte alla proposta didattica inconsueta. Presentazione delle domande da porre ai testi audiovisivi: la questione della "realtà". Che cos'è? Che certezza ne possiamo 6 avere? Ciò che «appare reale» è anche vero? Cosa distingue il sogno dalla veglia? 2) Obiettivi. Presentazione del progetto. Preparare gli studenti alla possibilità di una lettura «in chiave filosofica» dei filmati/narrazioni. Hanno già incontrato testi audiovisivi che hanno sollecitato la loro curiosità intellettuale, che hanno posto con evidenza questioni/problemi di tipo «filosofico»/esistenziale/morale? Che cosa ne pensano del progetto? Può essere utile? Può essere stimolante? 3) Panoramica iniziale. Rammentare agli studenti alcuni concetti filosofici incontrati durante l'anno: concetti fondamentali della filosofia di Cartesio; la distinzione noumeno/fenomeno in Kant; l'idealismo di Berkeley. Esplorazione anticipata del concetto di «realtà artificiale». Quanti lo conoscono? Come lo definirebbero? 4) Concetti organizzatori anticipati. Dubbio/certezze; coscienza; realtà / artificiale; verità / menzogna; rapporto tra corpo e mente; scelte giuste e scelte utili; 5) Visione di spezzoni verosimiglianza»: un di Matrix. universo in La cui «rottura della accadono cose impossibili nella realtà così come la conosciamo. Quali domande e quali aspettative si creano? 6) Lettura e spiegazione. Brani tratti dalle «Meditazioni metafisiche» di Cartesio. Parallelismi con il «mito della caverna» di Platone. 7) Visione di scene di Matrix. Il «risveglio». Il corpo immerso nella «vasca/ampolla». 7 8) Problematizzazione. Le questioni filosofiche nella narrazione. Discussione. Far emergere le domande degli studenti. Indirizzare la loro curiosità. 9) Lettura di Hilary Putnam: "Cervelli in una vasca da bagno". Ragionamento sul rapporto tra «esperimenti mentali» e narrazioni. 10) Visione di scene di Matrix (la spiegazione del carattere fittizio della «realtà»). 11) Lettura di brani di Cartesio. L'ipotesi del Genio maligno, l'indistinguibilità sogno-realtà, la distanza incolmabile tra oggetti reali e percezioni. 12) Verifica in itinere. Monitoraggio dell'adeguatezza dell'intervento e la partecipazione attiva. Controllare se l'intervento risponde alle esigenze di tutta la classe o solo di una parte. E' comprensibile a tutti? Capire in che misura la classe si dimostra interessata ai temi, motivata a proseguire e soddisfatta dall'andamento dell'intervento. 13) Rapporto con il pensiero di Schopenhauer. (Questa fase può venire omessa, in riferimento alla classe IV, che non ha ancora affrontato la filosofia dell'Ottocento) 14) Le questioni etiche. E' sempre bene conoscere la verità? O è preferibile una bella menzogna, piuttosto che la nuda (e scomoda) verità? Visione di una scena di Matrix (il «tradimento») relativa a questo tema. 15) The Truman Show. Presentazione della storia. Visione delle scene in cui emerge l'artificialità della vita di Truman. Truman e la nostalgia dell'Altro. 8 16) Visione delle scene conclusive di The Truman Show (il confronto con il "demiurgo"). Perché non è accettabile vivere in una comoda menzogna? 17) Idee originate dalla visione e dalle letture. Organizzare, controllare, indirizzare, stimolare la presentazione di idee e la loro discussione da parte degli studenti. 18) Conclusione.Riepilogo delle questioni per consolidare / stabilizzare le tematiche affrontate. Riepilogo delle "risposte" (e delle domande) che le due opere cinematografiche - nei loro mondi narrativi - forniscono ad alcune questioni classiche della filosofia. Indicazione agli studenti delle possibilità di "transfer" in altri contesti delle modalità/capacità di approccio ai testi audiovisivi sperimentate nell'intervento. 19) Verifica. Porre domande agli studenti sull'utilità/interesse del progetto e dell'intervento realizzato. 2. Esperienze precedenti e riferimenti didattici La mia ricerca su esperienze di didattica della filosofia in rapporto con il cinema è stata limitata ad internet. Pochi sono gli esempi presenti in rete, e con scarse specificazioni circa le modalità. Si riscontra la presenza di attività di «cineforum», nelle ore pomeridiane, guidate da professori di filosofia e indirizzate a esplorare il rapporto tra filosofia e cinema. Solo in un caso, nel Liceo Classico Beccaria di Milano, l'esame di un «autore» cinematografico (Stanley Kubrick) entra a far parte organicamente 9 della programmazione prevista per il terzo e ultimo anno, al pari di filosofi «classici». [Vedi:http://www.provincia.milano.it/scuole/vittorioveneto/corso_di _cinema_e_filosofia.htm ] Per la didattica della filosofia può essere utile far riferimento al sito www.ilgiardinodeipensieri.com, contenente una sezione dedicata specificatamente a «Cinema e filosofia», oltre ad alcuni articoli di Mario Trombino sul «pensiero per immagini». 3. Le difficoltà del progetto Difficoltà e vincoli di carattere generale La presentazione di un progetto di «Cinema e filosofia» presenta delle difficoltà derivanti dalla struttura stessa dei curricoli e dell'organizzazione delle istituzioni scolastiche in genere, che pongono vincoli all'attività del docente. E' noto che, nell'ambito della recente introduzione della più ampia «autonomia didattica e organizzativa» delle istituzioni scolastiche, tali vincoli non sono fissi e/o insormontabili: l'orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività possono essere organizzati l'articolazione modulare in del modo monte flessibile, ore anche annuale di mediante ciascuna disciplina e attività (cfr. Schema di regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, Art. 4 e 5) E' pur vero, tuttavia, che le condizioni in cui "generalmente" i docenti si trovano ad operare pongono dei vincoli di cui una progettazione, che voglia dare indicazioni operative fruibili anche da altri docenti, deve tener conto. Vi sono difficoltà che si possono presentare in qualsiasi scuola e in qualsiasi contesto. Tali sono: 10 1) la continuità temporale; la proiezione di film richiede di avere a disposizione diverse ore consecutive (almeno 3), per consentire la visione, anche non integrale, di film o spezzoni di film (con durata media dai '90 ai '120 minuti) e un adeguato spazio per (impostare) l'approfondimento filosofico e la discussione, eventualmente sviluppabile anche in un secondo momento (in giorni successivi) 2) la presenza di strutture/strumenti adeguati per la realizzazione del progetto (videoregistratori/DVD, aule, ecc.); 3) la relazione con la programmazione disciplinare; un intervento su questo tema, svolto da una persona che non è il docente della disciplina, rischia di risultare slegato dalla consueta "programmazione" e dalle consuete modalità di lavoro in classe; rischia quindi di essere qualcosa di episodico, privo di incisività e di significatività per gli studenti; Difficoltà concrete del progetto nel «contesto» Nel contesto della classe IV E dell'I.T.A.S. «Matteo Ricci» di Macerata si sono presentate una serie di altre difficoltà non prevedibili. Ho presentato il progetto agli studenti, dopo averne discusso con la Tutor d'aula, il giorno 11/4/2001, durante una rovente e sconclusionata «Assemblea d'istituto», nella quale gli studenti avrebbero dovuto deliberare sulle iniziative da prendere in occasione della «Settimana della cultura». Ho mostrato il progetto, in una prima redazione, alla Vicepreside (che ha espresso il suo apprezzamento) e ad alcuni rappresentanti di 11 classe della IV E, che si sono dimostrati interessati. Sono stati loro a prendere la parola, di fronte a tutti gli studenti, proponendo di inserire il tema «Cinema e filosofia» nelle attività della «settimana culturale». Non hanno avuto successo. In primo luogo alcuni studenti hanno ritenuto che il cinema comportasse l'uso di una sala cinematografica e il conseguente noleggio di pellicole, con costi che gli studenti non erano intenzionati a sostenere. In secondo luogo il modo - sommario e sbrigativo - in cui il progetto è stato presentato agli studenti («c'è un tirocinante che propone di vedere dei film filosofici», più o meno) ha suscitato un coro quasi unanime di «no» ad alta voce. I più hanno immaginato qualcosa di noioso, come se l'approccio filosofico potesse guastare il piacere della visione di flims; oppure hanno immaginato che i «film filosofici» fossero film «pesanti» e noiosi. A nulla sono valse le successive spiegazioni da parte dei rappresentanti della IVE («ma no… il professore ci vuole far vedere Matrix, non dei film noiosi… in videocassetta, non al cinema»). Il clima dell'assemblea - in cui prevalevano la disorganizzazione e i violenti scontri personali per incomprensibili motivi - non era il più appropriato per una serena valutazione del mio progetto. Ho tuttavia sottoposto il progetto in forma scritta ai rappresentanti d'istituto, ma senza risultati. Fallito quindi il tentativo di presentare il progetto agli studenti interessati di tutto l'Istituto, ho ripiegato su un intervento diretto agli studenti della classe da me ben conosciuta, la IV E. 12 4. I contenuti del progetto Cinema e filosofia: «Che cos'è la realtà?» Qualunque cosa può servire per discutere di filosofia. Ma ci sono alcuni film, usciti negli ultimi anni, che sembrano la trama di un dialogo filosofico, che sembrano fatti apposta per sollevare problemi e aprire discussioni. Partendo dalla loro visione, parleremo di reale e virtuale, di realtà e immagine, di memoria umana e artificiale, di uomini e cyborg. I film che esaminiamo, pur molto diversi tra di loro, rientrano in una tendenza degli ultimi anni a tornare ad affrontare «i massimi sistemi, questioni fondamentali di senso dell'esistenza umana (American Beauty, Magnolia, eXistenZ, Memento; cfr. Walter Bruno 2000). Recentemente il cinema, soprattutto americano, ha offerti opere anche pregevoli - proprio sul tema delle due realtà separate o del doppio mondo in cui ci troviamo a vivere senza rendercene conto. Quasi a voler sollecitare un collegamento concettuale tra cinema e filosofia che pochissimi riescono a vedere e i più ignorano del tutto. Certamente il film recente e più chiacchierato da questo punto di vista è Matrix. Forse può essere utile analizzarne alcuni risvolti anche per mettere in evidenza le molteplici difficoltà che una pellicola di un certo livello espressivo presenta a chiunque voglia tentare una analisi. Matrix è stato uno dei film più amati e visti delle ultime stagioni. Non è un film «noioso» e non rientra nella categoria «film d'autore». E' un film scritto e pensato per riuscire a guadagnare soldi. Un buon prodotto commerciale, molto spettacolare. Matrix è, insieme, un film di fantascienza, di azione e avventure, che trae 13 ispirazione tanto dalla sub-cultura cyberpunk quanto dai film di kung fu. Insomma: quanto di più distante vi possa essere dall'Accademia. Alla base del successo vi sono l'avvincente vicenda, il fascino di Keanu Reeves, la raffinatezza degli effetti speciali, la spettacolarità dei combattimenti di arti marziali. Tutto qui? Forse no: c'è anche una visione del mondo che richiama diverse tappe della tradizione filosofica tanto orientale quanto occidentale. Matrix comincia con quello che i teorici della sceneggiatura chiamano un teaser: una sequenza di azione, durante la quale accadono cose incredibili (una giovane ragazza riesce a liberarsi di 5 poliziotti, salti di 20 metri, persone che passano attraverso le linee del telefono…). Mediante questa introduzione piena di elementi misteriosi viene tenuta desta l'attenzione e la tensione dello spettatore. Si introduce il personaggio soprannominato Neo (Keanu Reeves), noto nel mondo normale come signor Thomas Anderson, informatico, un giovane hacker insonne, alla ricerca di qualcosa , che riceve strane chiamate («Segui il coniglio bianco») attraverso la rete, e avverte che c'è qualcosa che non quadra, nella realtà. Queste scene sono piene di presagi e anticipazioni («Hai mai provato l'impressione di non sapere se sei sveglio o stai dormendo?» chiede Neo a un altro personaggio che lo chiama «il mio Salvatore personale). Che cosa cerca Neo? La risposta alla domanda: «Che cosa è Matrix?». Una donna misteriosa gli anticipa che «la risposta è attorno a te, in ogni luogo». 14 Poi seguiamo Neo nel suo lavoro. Riceve un'altra chiamata da parte di Morpheus, che lo avverte di un pericolo: alcuni poliziotti sono sulle sue tracce. Tutto ciò che avviene in questa fase è decisamente misterioso e induce lo spettatore a porsi delle domande, molto prima di ricevere le risposte. Neo viene arrestato e interrogato. Nel corso dell'interrogatorio (riguardante Morpheus) avvengono fatti molto strani: gli agenti dell'FBI dispongono di poteri straordinari. La bocca di Neo viene letteralmente chiusa e nel suo corpo, attraverso l'ombelico, viene inserito una specie di insetto tecnologico… Neo si risveglia nel suo letto: è stato un sogno o realtà? Si introducono a questo punto alcune riflessioni cartesiane: «Quante volte m'è accaduto di sognare, la notte, che io ero in questo luogo, che ero vestito, che ero presso il fuoco, benché stessi spogliato dentro il mio letto? (…) pensandoci accuratamente, mi ricordo d'essere stato spesso ingannato, mentre dormivo, da simili illusioni. E arrestandomi su questo pensiero, vedo così manifestamente che non vi sono indizi concludenti, né segni abbastanza certi per cui sia possibile distinguere nettamente la veglia dal sonno, che ne sono tutto stupito; ed il mio stupore è tale da essere quasi capace di persuadermi che io dormo» Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), pp. 18-19 15 «Supponiamo, dunque, ora, che noi siamo addormentati, e che tutte queste particolarità, cioè che apriamo gli occhi, moviamo la testa, stendiamo le mani, e simili, non siano se non delle false illusioni…» Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), pp.18-19 Cosa permette di distinguere tra realtà e sogno? Si prosegue con la visione. Neo riceve una telefonata: Morpheus gli dice che lui è «l'eletto». Neo viene condotto ad incontrare Morpheus (in un'atmosfera piovosa e oscura, palesemente derivata da Blade Runner): durante il percorso viene disinfestato dalla «cimice» tecnologica. Giunge il momento dell'incontro con Morpheus. Prima che l'incontro abbia inizio è opportuno bloccare la visione per chiedere agli studenti quali domande e quali aspettative la narrazione ha suscitato. Che mondo è, quello che abbiamo visto? Perché accadono cose incredibili? Solo perché è un film di fantascienza? Quali aspettative ha fatto nascere in noi? Registrate le risposte degli studenti e la loro partecipazione emotiva e razionale (sono agganciati al film, tutti in attesa di sapere «che cosa succederà?») si passa a mostrare la scena dell'incontro con Morpheus. Il testo di questa scena è riportato nella APPENDICE 3. Il testo della scena viene fornito, in fotocopia, agli studenti. 16 Questa scena introduce all'esame del «mito della caverna» Matrix e il mito della Caverna Matrix potrebbe in parte essere fatto valere come una rappresentazione di aspetti del pensiero di Platone. In particolare Matrix sembra riscrivere il «mito della caverna» di Platone. Riassumiamolo brevemente: all'interno di una caverna uomini schiavi sono incatenati alla roccia, costretti a guardare di fronte a sé verso il fondo della caverna. Fuori della caverna si erge un muretto, dietro al quale camminano, nascosti, degli uomini che portano sulle proprie spalle statue rappresentanti tutte le cose esistenti. Dietro a questi uomini arde un fuoco che proietta sul fondo della caverna le ombre delle statue; gli uomini schiavi, costretti a guardare davanti a sé e impossibilitati a voltarsi, scambiano le ombre che appaiono sulla parete della grotta per la vera realtà. Se uno schiavo riuscisse a scappare, dice Platone, inizialmente sarebbe accecato dalla luce del sole, ma poi finalmente riuscirebbe a vedere chiaramente la verità, di cui le ombre sono solo una pallida copia. Se poi volesse tornare nella caverna per rivelare agli altri schiavi la verità, non sarebbe creduto ed anzi verrebbe ucciso. Neo - il protagonista di Matrix - in qualche modo rappresenta l'uomo-filosofo che riesce a uscire fuori della caverna (la «matrice») e a vedere finalmente la vera realtà. All'inizio egli è abbagliato dalla luce, ma, una volta abituatosi e una volta riconosciuta la verità, torna nella caverna (in Matrix) per liberare gli altri uomini. La verità però fa paura e non tutti gli uomini hanno il coraggio, la costanza, l'interesse di accettarla, e chi invece la proclama rischia anche di fare una brutta fine. (Cypher, il traditore del film, 17 rappresenta questa umanità pigra, timorosa, legata alle proprie sicurezze, dunque ostile ai profeti della verità). Prosecuzione Introdotto il tema del «mito della caverna» - sul quale è opportuno ritornare anche in seguito - si passa alla visione della scena successiva. E' la scena forse più sconvolgente del film, la scena del «risveglio» e della rinascita. Questa scena segna il primo big turning point (o major plot point, «svolta») della narrazione. In questa scena si scopre che Neo, in realtà (nel «mondo vero»), è un corpo che vive in una specie di grande ampolla o vasca (circondata da altre innumerevoli vasche), immerso in una specie di gelatinoso liquido amniotico, connesso con fili e tubi. Neo viene «liberato» e condotto in un luogo in cui il suo corpo - privo di muscoli - e i suoi sensi - la vista non abituato alla luce perché non ha mai visto - vengono ricostruiti. Seguono alcune scene in cui viene spiegata la situazione, vengono presentati i vari personaggi e si preannuncia la risposta alla domanda che cosa è Matrix. A questo punto è opportuno fermare la visione e passare a considerare alcuni passi di Hilary Putnam (Brains in a Vat). Putnam ha formulato una versione dell’ipotesi dell’ «illusione coerente», di una illusione tanto perfetta da non essere distinguibile dalla realtà. La versione di Putnam assomiglia molto da vicino a ciò che si immagina realizzato in Matrix: 18 «Immaginate che un essere umano (potete immaginare di essere voi) sia stato sottoposto ad un’operazione da parte di uno scienziato malvagio. Il cervello di quella persona (il vostro cervello) è stato rimosso dal corpo e messo in un’ampolla piena di sostanze chimiche che lo tengono in vita. Le terminazioni nervose sono state connesse ad un computer superscientifico che fa sì che la persona a cui appartiene il cervello abbia l’illusione che tutto sia perfettamente normale. Sembra che ci siano persone, oggetti, il cielo ecc., ma in realtà l’esperienza della persona (la vostra esperienza) è in tutto e per tutto il risultato degli impulsi elettronici che viaggiano dal computer alle terminazioni nervose. Il computer è così abile che se la persona cerca di alzare il braccio la risposta del computer farà sì che "veda" e "senta" il braccio che si alza. Inoltre, variando il programma lo scienziato malvagio può far sì che la vittima "esperisca" (ovvero allucini) qualsiasi situazione o ambiente lo scienziato voglia. Può anche offuscare il ricordo dell’operazione al cervello, in modo che la vittima abbia l’impressione di essere sempre stata in quell’ambiente.[...] Potremmo anche immaginare che tutti gli esseri umani ... siano cervelli in un’ampolla. Naturalmente lo scienziato malvagio dovrebbe trovarsi al di fuori. Dovrebbe? Magari non esiste nessuno scienziato malvagio; magari l’universo ... consiste solo di 19 macchinari automatici che badano a un’ampolla piena di cervelli. Supponiamo che il macchinario automatico sia programmato per dare a tutti noi un’allucinazione collettiva ... Quando sembra a me di star parlando a voi, sembra a voi di star ascoltando le mie parole. Naturalmente le mie parole non giungono per davvero alle vostre orecchie, dato che non avete (vere) orecchie, né io ho una vera bocca e una vera lingua. Invece, quando produco le mie parole quel che succede è che gli impulsi efferenti viaggiano dal mio cervello al computer, che fa sì che io ‘senta’ la mia stessa voce che dice quelle parole e ‘senta’ la lingua muoversi, ecc., e anche che voi ‘udiate’ le mie parole, mi ‘vediate’ parlare, ecc. In questo caso, in un certo senso io e voi siamo davvero in comunicazione. Io non mi inganno sulla vostra esistenza reale, ma solo sull’esistenza del vostro corpo e del mondo esterno, cervelli esclusi» H. Putnam, Brains in a Vat, 1981, pp.6-7 Queste riflessioni ci portano a riflettere, anche sulla base di alcuni testi cartesiani, sul rapporto tra percezione e realtà. Non c'è rapporto di somiglianza tra i corpi esterni e le sensazioni prodotte da essi. Fra il mondo e il modo in cui lo percepiamo vi è un rapporto di tipo «semiotico» (arbitrario, di non-somiglianza tra il significato e il suono): 20 «Le parole, lo sapete bene,non hanno somiglianza alcuna con le cose che significano… (…) perché non potrebbe anche la natura aver stabilito un certo segno da cui deriva la nostra sensazione della luce, pur non essendovi in questo segno nulla che somigli a questa sensazione?» Cartesio, Il mondo o Trattato della luce, p. 126 «Se si struscia dolcemente una piuma sulle labbra di un bambino che si addormenta, il bambino avverte il solletico: secondo voi, l'idea del solletico da lui concepita somiglia a qualcosa che è in questa piuma?» Cartesio, Il mondo o Trattato della luce, p. 127 In seguito Morpheus introduce Neo al programma «Struttura, un programma di simulazione perfetta della realtà. Il testo di questa scena è riprodotto nell'APPENDICE 2. Matrix può essere letto come la trascrizione narrativa del dubbio metafisico cartesiano e dell'ipotesi del «genio maligno». Anzi si deve notare come la stessa ipotesi cartesiana del «grande ingannatore» si costituisca mediante il ricorso a elementi di grande figuratività, di «pensiero per immagini» (Trombino 2000), che presentano più di un'analogia con il percorso affrontato da Neo in Matrix (su questo punto vedi l'APPENDICE 1) 21 Per Cartesio di tutto posso e devo dubitare: dei miei sensi che spesso mi ingannano, dell'esistenza del mondo esterno, della distinzione tra sogno e realtà, ed anche delle presunte verità matematiche. Chi mi assicura che 2 più 2 faccia 4? Magari esiste un dio maligno, che si diverte a ingannarmi .. L'unica cosa che si salva dal dubbio è la mia esistenza come essere pensante. Solo di qui posso cominciare a costruire un sapere certo, saldo e incontrovertibile. Anche Neo è chiamato a mettere in dubbio tutte le sue antiche certezze. Ciò che gli è sempre apparso come la verità è in realtà un inganno, un mondo fittizio costruito ad arte dalle macchine («il genio maligno»). Il primo passo per trovare la verità sarà anche per lui prendere consapevolezza di sé («conosci te stesso»). «Io supporrò, dunque, che vi sia non già un vero Dio, che è fonte sovrana di verità, ma un certo genio maligno [genium aliquem malignum], non meno astuto e ingannatore che possente, che abbia impegnato tutta la sua industria ad ingannarmi. Io penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non siano altro che illusioni e inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità. Considererò me stesso come privo affatto di mani, di occhi, di carne, di sangue, come non avente alcun senso, pur credendo falsamente di aver tutte queste cose» Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), pp.21-22 22 E' a questo punto che si pone la maggior parte delle riflessioni filosofiche che il film suggerisce. Queste riflessioni, per la loro eccessiva lunghezza, sono riportate nell'APPENDICE 3. A questo punto, nello sviluppo della trama, a Neo viene indicato il suo compito. Qui si fanno evidenti suggestioni New Age e delle filosofie orientali: Neo è l'eletto, chiamato a liberare l'umanità dal giogo delle macchine. Incontra alleati, tentenna davanti al compito, riceve l'addestramento necessario (arti marziali), si esercita sotto la guida del mentore Morpheus, gli vengono presentati i nemici («i programmi senzienti», i guardiani-agenti di Matrix), i possibili traditori (Cypher), visita l'oracolo, affronta ostacoli (le sentinelle «seppie»), ecc. E' una parte molto spettacolare e divertente, che può essere offerta agli studenti, se il tempo a disposizione lo consente, ma di certo molto meno significativa per un'analisi filosofica. Si ritorna a un argomento di rilevanza filosofica con la scena del «tradimento di Cypher». Cypher si chiede - e chiede a Neo - se ha fatto bene a scegliere la pillola rossa, a voler affrontare la scoperta della verità, della nuda e deludente verità. Non avrebbe fatto meglio a vivere in un mondo di piacevoli illusioni? A vivere da schiavo, ma felice? E' una situazione a cui anche Cartesio fa riferimento: «a quel modo che uno schiavo, il quale godeva in sogno d' una libertà immaginaria, quando comincia a sospettare che la sua libertà non è che un sogno, 23 teme d'essere risvegliato, e cospira con quelle illusioni piacevoli, per esserne più lungamente ingannato, così io ricado insensibilmente da me stesso nelle mie antiche opinioni…» Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), p. 22 Cypher, in un elegante ristorante (all'interno del programma di simulazione totale Matrix), assapora piatti prelibati e prende accordi con alcuni «nemici», con i sorveglianti: «Cypher: Io so che questa bistecca non esiste, so che quando la infilerò in bocca Matrix suggerirà al mio cervello che è succosa e deliziosa... Dopo nove anni sa che cosa ho capito? Cypher assapora un boccone di bistecca. Cypher: Che l'ignoranza è un bene… Sorvegliante: Allora siamo intesi… Cypher: Io non voglio ricordare niente! Niente! Siamo intesi? E voglio essere ricco… Sorvegliante: Tutto quello che desidera…» I temi che ora si pongono sono di natura etica. La conoscenza della verità è sempre un bene? Perché dovremmo scegliere la conoscenza, quando questa ci promette dolore? Non è preferibile vivere in una comoda menzogna? A questo punto si innesta la riflessione a partire dal divertente film di Peter Weir, scritto da Andrew Niccol, The Truman Show. 24 Per quanto riguarda i punti di interesse filosofico, The Truman show presenta un andamento inverso rispetto a Matrix. In Matrix le scene dense di contenuto filosofico si concentrano quasi esclusivamente nella prima parte della storia (nei primi 40 minuti), lasciando poi largo spazio alla spettacolarità, all'azione e allo sviluppo del plot. In The Truman Show le questioni etico-filosofiche si pongono più avanti, fino a giungere al loro massimo nella parte finale della storia. Weir e Niccol ci offrono dapprima la presentazione di un mondo idilliaco, la piccola cittadina di Seahaven («porto di mare»), circondata dal mare, dal clima mite e soleggiato, in cui il giovane Truman (uomo vero, «True-man») trascorre una vita tranquilla, con la sua brava moglie, la villetta con giardino, i vicini che gli augurano «buongiorno!», i colleghi di lavoro in una agenzia di assicurazioni. Una vita pacifica, in un piccolo paradiso terrestre, in cui il tempo sembra essersi fermato agli anni '50. Questa è la rassicurante realtà che avvolge Truman: l'unica che egli conosca. In questa situazione ci sono però degli elementi di perturbazione: una mattina Truman vede piombare inspiegabilmente dal cielo un grande «riflettore» per le luci. L' autoradio spiegherà che si è trattato di un oggetto caduto da un aereo, ma Truman rimane inquieto. C'è poi, in Truman, la nostalgia del viaggio, dell'altrove, di una donna amata, partita per le isole Figi. Ma Truman non può muoversi: il ricordo - il «fantasma» - della morte del padre, avvenuta in barca durante una tempesta (evento traumatico al quale Truman bambino ha assistito) gli impedisce di prendere il traghetto, di attraversare il ponte che divide Seahaven dal resto del mondo. 25 C'è poi un altro elemento inquietante: un giorno, andando come sempre al lavoro, Truman ha l'impressione di riconoscere, nella strana figura di un barbone, il padre morto tanti anni prima. Truman si gira per rivolgergli la parola, ma alcuni sconosciuti sbucano dal nulla e prendono con sé il padre, impedendo a Truman di parlargli. A questo punto il regista svela a noi spettatori il trucco: il microcosmo in cui Truman vive è una comunità artificiale, costruita appositamente per lui. Il suo mondo è il set televisivo (il più grande al mondo) di una lunghissima soap opera, giunta quasi al suo trentesimo anno, centrata sulla vita di Truman. Le persone che Truman vede sono tutte comparse: gli amici, la moglie, i colleghi, sono attori di una fiction di lunghissima serialità. Tutta la sua vita procede secondo un copione meticolosamente stabilito. La morte per annegamento del padre era solo un evento programmato dalla sceneggiatura, allo scopo di condizionare Truman a rimanere nel suo mondo senza poterlo oltrepassare. Sin dal momento della nascita Truman è ripreso in ogni istante da migliaia di telecamere, disseminate ovunque, che scrutano e registrano ogni suo movimento, trasmettendolo in tutto il mondo. Truman, grazie agli eventi inquietanti di cui è spettatore (e allo stupore che questi suscitano in lui), comincia a sospettare qualcosa. Egli è come il prigioniero nel mito platonico della «caverna», che comincia a sospettare che le ombre proiettate sul fondo della caverna non siano la vera realtà e intraprende l'itinerario di fuoriuscita dalla caverna. Truman vuole sapere. Non può accontentarsi delle ombre, per quanto rassicuranti, di Seahaven. Truman ricerca con tutti i mezzi di evadere da quel mondo, ostacolato da tutti e con tutti i mezzi. 26 Vi sono alcune scene particolarmente toccanti e filosoficamente rilevanti nel film. In una scena Truman, in preda ai dubbi, dopo una drammatica crisi con la moglie (che per un istante si rivolge agli invisibili registi affermando che non riesce più a sostenere la finzione), parla con il suo migliore amico, l'amico di una vita, che cerca di convincerlo ad accettare la sua realtà, «anche se non è quello che abbiamo sempre sognato». Nel mezzo della toccante scena, scopriamo che le parole del migliore amico sono in realtà dettate in diretta all'attore/amico dal demiurgo-sceneggiatore. Nella scena successiva viene organizzato il ritorno del padre morto. Le lacrime di Truman sono vere, ma tutta la situazione è pateticamente falsa. La parte più apertamente filosofico/etica del film si ha con alcuni monologhi del demiurgo, che difende la bontà della sua scelta di architettare un mondo «perfetto», «il mondo come dovrebbe essere». Il demiurgo sostiene che Truman «preferisce la sua cella». Poi, quando Truman, scoperta la verità, viene messo in rapporto diretto con il suo «demiurgo» - il regista televisivo, «Christoph» con l'uomo che ha meticolosamente progettato e accuratamente realizzato l'artificio che Truman riteneva reale. Che cosa sceglierà Truman? Una vita «finta» ma piacevole o la scoperta del mondo vero e, presumibilmente, «brutto e sporco»? Truman pretende la verità. Una volta avvertita l'illusorietà del mondo in cui vive, nulla può fermarlo. Per quanto rischiosa e incerta si presenti l'impresa, Truman non può evitare di avventurarsi, letteralmente, «in mare aperto», per portare a 27 compimento una ricerca di verità che è insieme anche ricerca di autenticità. L'esito di questo viaggio è il confronto - scopertamente filosofico tra Truman e il suo «creatore», che si mette in comunicazione con lui - dopo aver cercato in ogni modo di bloccare la sua fuga convincendolo a rimanere, per garantire la prosecuzione della «serie». Truman, con la sa imbarcazione. raggiunge i limiti imposti al suo mondo: un orizzonte di cartapesta (un cielo alla Magritte), contro cui la barca si scontra. Truman cammina sul bordo del suo mondo e raggiunge delle scale che conducono alla possibile uscita. Tentenna, indeciso. A questo punto avviene il colloquio con il «creatore». E' il climax del film. Trascriviamo i passi salienti di questo dialogo: Truman: Non c'era nulla di vero? Christoph: Tu eri vero. Per questo era così bello guardarti… Ascoltami. Là fuori non troverai più realtà di quanto ne ho creata là dentro per te. Le stesse ipocrisie. Gli stessi inganni. Ma nel mio mondo, tu non hai niente da temere. Io ti conosco meglio di te stesso. Tu hai paura, per questo non vuoi andare via. Stai tranquillo. Ti capisco. Ho seguito ogni istante della tua vita. Ti ho seguito quando sei nato, quando hai mosso i tuoi primi passi, il tuo primo giorno di scuola (…) Come fai ad andartene. Il tuo posto è qui. Con me. Parlami. Di' qualcosa? 28 Truman esita. Poi si rivolge direttamente in camera, al suo creatore, ripetendo una formula che era solito rivolgere ai suoi «finti» vicini, ogni giorno. Truman: E caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e buonanotte« Truman si inchina, beffardo e sorridente, di fronte al suo creatore e a tutti i suoi spettatori, ed esce. I telespettatori di tutto il mondo applaudono e si commuovono. Ma adesso, finito il Truman Show, che cosa ci sarà in televisione? Meglio consultare la guida TV…. Il film quindi non deve essere banalmente interpretato come una critica alle deformazioni della televisione, «cattiva maestra» (Popper). Il finale rimane aperto: cosa troverà Truman, nella «vita reale»? Forse, superata quella porta, davvero Truman scoprirà, come il demiurgo gli ha anticipato, che non vi è una realtà diversa e più autentica rispetto al suo paradiso/microcosmo artificiale. Weir e Niccol, piuttosto, «sostengono narrativamente» che costitutivo della vita umana è il fatto di vivere da sempre, inconsapevolmente, in un mondo fittizio, frutto di un artificio, risultato dell'attività di un demiurgo che nasconde la verità alla sua creatura (Curi 2000. 143). E questo tema può condurre, con gli studenti, a una discussione sul rapporto tra naturale e artificiale, e a una riflessione sul modo in cui la nostra realtà è plasmata e formattata dalla fiction, dal mondo della rappresentazione, dal cinema stesso. 29 5. Conclusioni Alla conclusione dell'intervento ho brevemente tentato un riepilogo delle questioni per consolidare/stabilizzare le tematiche affrontate. Ho riepilogato le "risposte" che le due opere cinematografiche - nei loro mondi narrativi - forniscono ad alcune questioni classiche della filosofia. Ho poi verificato, anche al di fuori delle ore di lezione, l'interesse suscitato dalla visione / discussione dei film. Mi sembra di poter dire -pur consapevole dei limiti dell'esperienza realizzata - che l'intervento in classe sia riuscito e che quindi forse il progetto «Cinema e filosofia» conferma di poter essere uno strumento adeguato per la didattica della filosofia, con effetti positivi sulla motivazione, la curiosità e l'interesse degli studenti nei confronti della disciplina. 30 Appendice 1 Cartesio e il pensare per immagini Se esaminiamo alcuni passi decisivi delle Meditazioni metafisiche (al passaggio tra la prima e la seconda meditazione) possiamo vedere all'opera il filosofo nell'uso che fa di potenti immagini. Il pensare per immagini consente di legare insieme un corso di pensieri astratti e una concatenazione di emozioni. Nelle Meditazioni metafisiche la sequenza delle figure è la seguente: il Genio maligno: «Io supporrò, dunque, che vi sia, non già un vero Dio, che è fonte sovrana di verità, ma un certo cattivo genio ...»; lo Schiavo: «E a quel modo che uno schiavo, il quale godeva in sogno di una libertà immaginaria, ...» il Naufrago: «Come se tutt'a un tratto fossi caduto in un'acqua profondissima, sono talmente sorpreso, che non posso né poggiare i piedi sul fondo, Né nuotare per sostenermi alla superficie» il punto archimedeo «Archimede, per togliere il globo terrestre dal suo posto e trasportarlo altrove, domandava un sol punto fisso ed immobile» Cartesio, Meditazioni metafisiche, pp.21-22 . 31 Ciascuna di queste immagini concentra in sé un determinato stadio della coscienza e un determinato valore emotivo: sono fasi di una narrazione in prima persona, di un percorso individuale che ha valore paradigmatico-universale. Il "Genio maligno" è coscienza della differenza tra la certezza e la verità, accompagnata dal senso di pericolo implicito nel trovarsi di fronte ad una entità malvagia. Lo schiavo è la coscienza della libertà della mente, seguita dalla coscienza del pericolo dell'autoinganno; a cui si accompagnano, in sequenza, i valori emotivi del falso sentimento di sicurezza dato dalla illusione della mente, cui segue l'amara disillusione. Il naufrago: la caduta manifesta la coscienza della propria incertezza intellettuale, accompagnata dall'angoscia di chi sta per annegare. Il punto archimedeo: la speranza della conquista intellettuale della identità di certezza e verità, accompagnata dal senso si sicurezza. Questo quadrato di immagini si può applicare tanto al percorso del protagonista Neo, in Matrix, quanto a quello di Truman, in The Truman Show. 32 Appendice 2 Esempi di dialoghi con contenuti "filosofici" in Matrix Nell'impossibilità di allegare brani audiovisivi, riportiamo, come esempio di momenti di "contenuto filosofico", la trascrizione di alcune scene del film. Incontro tra Neo e Morpheus Morpheus fa accomodare Neo in una poltrona. Morpheus: Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice che ruzzola nella tana del Bianconiglio. Neo: L'esempio calza. Morpheus: Lo leggo nei tuoi occhi: hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino, Neo? Neo: No. Morpheus: Perché no? Neo: Perché non piace l'idea di non poter gestire la mia vita. Morpheus: Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti: senti solo che c'è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di che si tratta, ma l'avverti. È un chiodo fisso nel cervello, da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando... 33 Neo: Di Matrix. Morpheus: Ti interessa sapere di che si tratta, che cos'è? Matrix è ovunque, è intorno a noi, anche adesso nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai al lavoro… quando vai in chiesa… quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo dinanzi agli occhi, per nasconderti la verità. Neo: Quale verità? Morpheus: Che tu sei uno schiavo. Come tutti gli altri sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado purtroppo di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos'è. È la tua ultima occasione: se rinunci, non ne avrai altre. Morpheus offre a Neo la scelta tra due pillole. Morpheus: Pillola azzurra: fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più. Neo accetta la pillola rossa (....) Neo viene preparato per un esperienza: gli vengono applicati degli elettrodi. Morpheus: Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da una sogno così non ti potessi più svegliare, come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà? 34 Morpheus presenta a Neo la «vera realtà» Morpheus e Neo all'interno di Struttura, programma di caricamento simile a Matrix. Neo (toccando una poltrona): Questo non è reale? Morpheus: Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello. Questo è il mondo che tu conosci (Morpheus accende un televisore e mostra immagini del nostro mondo): il mondo com'era alla fine del XX secolo e che ora esiste solo in quanto parte di una neurosimulazione interattiva che noi chiamiamo Matrix. Sei vissuto in un mondo fittizio, Neo. Questo è il mondo che esiste oggi (Morpheus mostra le immagini di città distrutte, oscurate da una spessa coltre di nubi). Benvenuto nella tua desertica, nuova realtà. (...) Morpheus spiega che ora viviamo in un mondo popolato di macchine, che si servono degli uomini come fonte di energia. Morpheus: Un corpo umano genera più bioelettricità di una batteria da 120 volt ed emette oltre 6 milioni di calorie. Sfruttando contemporaneamente queste due fonti le macchine si assicurarono a tempo indefinito tutta l'energia di cui avevano bisogno. Ci sono campi, campi sterminati, dove gli esseri umani non nascono, vengono coltivati. A lungo non ho voluto crederci, poi ho visto quei campi con i miei occhi, ho visto macchine liquefare i morti affinché nutrissero i vivi per via endovenosa. 35 Scena raccapricciante in cui un bambino viene nutrito attraverso tubi con un liquido nero. Dinanzi a quello spettacolo, potendo constatare la loro limpida raccapricciante precisione, mi è balzata agli occhi l'evidenza della verità. Che cosa è Matrix? È controllo. Matrix è un mondo creato al computer per tenerci sotto controllo al fine di convertire l'essere umano in questa (una pila). Neo: No! non è possibile! Io non ci credo! Morpheus: Non ho detto che sarebbe stato facile: ho detto che ti offrivo la verità. 36 Appendice 3 Riflessioni su temi filosofici filosofici a partire da Matrix Matrix non è solo un possibile oggetto di riflessione filosofica, ma esercita attivamente la riflessione filosofica, sostenendo addirittura delle tesi. Matrix investe esplicitamente questioni filosofiche classiche, peraltro presenti anche nella filosofia di oggi. S ne possono citare quattro: 1) il tema dell’autonomia dell’artificiale, e quindi del confine tra artificiale e naturale; 2) il tema del rapporto tra mente e corpo; 3) il tema della distinzione tra realtà (o "vita vera") e sogno, o meglio, il tema della domanda "non potrebbe essere tutto un sogno?", 4) il tema dell’illusione perfetta, della realtà virtuale. L’autonomia delle macchine Da secoli è viva, specie nella letteratura, la preoccupazione per la la possibilità che, come Adamo si ribellò a suo tempo al suo fabbricatore, così i nostri Adami si ribellino a noi. L’archetipo dell’antropoide ribelle, dell'automa potentissimo, è il Golem. Un personaggio inquietante, perfetto soggetto per un film espressionista come Der Golem (1920) di Paul Wegener. Ma il tema - della tecnica e dell'artefatto che si ritorce contro il creatore - ritorna spesso in nella settima arte (Frankenstein, Jurassic Park, 2001 Odissea nello spazio, Blade Runner, Terminator, ecc.). L’angoscia nei confronti dell’artefatto è legata alla possibilità della sua autonomia: se l’artefatto sviluppa, o addirittura viene 37 dotato, di una volontà sua propria, questa volontà – come quella di Adamo - può volgersi al male, o comunque a danno del suo fabbricatore. L’artefatto autonomo non è più completamente un artefatto, perché diventa capace di resistere alla volontà umana. L’artefatto è prodotto per essere permeabile alla volontà di chi lo ha prodotto: per essere solo uno strumento. Nel momento in cui non è più completamente prono alla nostra volontà, l’artefatto cessa di essere tale, almeno per un aspetto importante. La garanzia del limite della naturalizzazione dell’artificiale sta però nella sua non-autosufficienza. L’artefatto, anche se intelligente e autonomo, continua a dipendere da noi per la sua attività. Agli eventuali supercomputer ribelli basterebbe staccare la spina. L’artefatto, anche autonomo, non è autosufficiente e quindi non è fino in fondo naturalizzato. Matrix estremizza l’angoscia per la possibile ribellione delle macchine: immagina che le macchine, superintelligenti e autonome, si siano rese anche autosufficienti, sfruttando l’energia che ricavano allevando bambini umani. L’angoscia si raddoppia grazie all’inversione della relazione strumentale: non solo l’artefatto è diventato autosufficiente, ma lo è diventato trasformando gli uomini in suoi strumenti: sono gli uomini, ora, ad essere artefatti delle macchine. L’immagine è potente – anche visivamente. Inoltre la "produzione" di bambini, che sfrutta tecniche di gestazione artificiale, porta a considerare un’altra delle angosce attualmente in circolazione, quella legata alle biotecnologie. Insomma, in Matrix, abbiamo una meditazione non banale e suggestiva sul confine tra artificiale e naturale. 38 La mente e il corpo «Il corpo non sopravvive senza mente», dice uno dei personaggi del film. Questa affermazione rappresenta l’inversione del senso comune, secondo il quale è la mente ad aver bisogno del corpo, in particolare del cervello. Il corpo ha bisogno della mente, per cui un danno alla mente è, o comporta, un danno al corpo; non un danno cerebrale, ma un danno al corrispettivo fisico del corpo vissuto, cioè dal «fantasma del corpo», che è vissuto come danneggiato nella vita mentale. E’ chiaro che, nel film, questa concezione è motivata da esigenze narrative e di spettacolarizzazione: bisogna che il rischio che i personaggi corrono nella loro vita virtuale in Matrix sia a tutti gli effetti un rischio mortale, e che le loro ferite virtuali siano (anche) vere ferite. Anche se i motivi non sono, probabilmente, filosofici, sta di fatto il film si trova a sostenere una concezione spinozistica del rapporto tra mente e corpo: la mente non è il cervello ma l’intero corpo in una sua possibile descrizione. La teoria che Matrix assume per le proprie esigenze poetiche va nella direzione di concepire la mente in rapporto non al solo cervello ma all’intero corpo: molti dei nostri processi cognitivi sarebbero possibili solo grazie al "sapere del corpo", cioè solo grazie ai meccanismi di interazione con l’ambiente che sono incorporati nei nostri organi percettivi e motori. E se fosse tutto un sogno? Se niente esistesse per davvero? Né noi, né questo scritto, né la SSIS, né questo esame finale, né il mio stesso corpo - ma tutto fosse un’illusione completa e coerente, generata dalla mia mente (come i 39 sogni) oppure indotta da un ente dotato di un immenso potere di suggestione? Solo la mia mente (ed eventualmente l’Ingannatore) esisterebbero davvero; tutto il resto sarebbe "della stessa materia di cui son fatti i sogni", come dice Shakespeare: fantasmi, immagini, deliri, il tipo di cose che si agitano nella nostra mente quando sogniamo. La capacità degli esseri umani di sognare e di formare immagini, di cose che non esistono e di situazioni non realizzate, è alla base di questa antica fantasia filosofica. Nel caso in cui non si concepisca alcun Ingannatore esterno, questa teoria ha il nome di solipsismo: solo io esisto, solo la mia mente. La formulazione canonica di queste ipotesi è dovuta a Cartesio. Nella versione di Cartesio, l’illusione che chiamiamo ‘realtà’ potrebbe essere prodotta da un essere perfido, un genio maligno. In Cartesio, l’ipotesi del genio maligno è una delle ipotesi che vengono prese in esame lungo il percorso che dovrebbe portare ad una fondazione certa del sapere scientifico. L’ipotesi dell’illusione coerente è una fantasia filosofica classica, a cui sono state date risposte non meno classiche. Quel che è interessante di Matrix è che contiene delle risposte a queste obiezioni, anche se non è molto probabile che i registi, i fratelli Wachowski, abbiano studiato il problema o la letteratura filosofica che ne tratta. Prendiamo in esame due di queste obiezioni, (1) L’obiezione della parzialità del sogno. La nozione di sogno presuppone l’idea di veglia e di risveglio: da un sogno deve essere possibile svegliarsi. Un sogno da cui non ci si potesse svegliare non sarebbe un sogno; almeno non nel nostro senso di sogno. Perciò un sogno «globale» è una contraddizione in termini: un sogno è intrinsecamente parziale. 40 Matrix risponde a questa obiezione perché dall’illusione della vita virtuale di Matrix è possibile uscire: gli hackers protagonisti del film sono appunto dei risvegliati. Non è ben chiaro come si esca da Matrix (né del resto come ci si rientri): ma il fatto che se ne possa uscire la legittima concettualmente. Matrix è un’illusione che ha un "fuori", quindi è davvero un’illusione nel senso normale del termine. L’altra obiezione, simile a questa, si potrebbe chiamare (2) L’obiezione della vuotezza dell’ipotesi. Un’illusione globale, coerente e inevitabile, non può essere contrapposta alla realtà perché non è veramente distinta dalla realtà; non è altro che la realtà stessa. Spesso noi contrapponiamo l’apparenza alla realtà: il bastone nell’acqua sembra spezzato ma in realtà non lo è, ecc. Quando contrapponiamo apparenza e realtà, abbiamo sempre qualche evidenza a favore di ciò che chiamiamo ‘realtà’. Il bastone sembra spezzato ma, se lo tocchiamo, lo sentiamo intero; se lo tiriamo fuori dall’acqua non lo vediamo spezzato, e abbiamo ragione di ritenere che gli oggetti del tipo dei bastoni non cambino forma quando sono immersi nell’acqua; e le leggi dell’ottica ci spiegano perché il bastone, pur essendo integro, ci appare spezzato. L’apparenza ha qualche ragione dalla sua, ma la realtà ha ragioni preponderanti. Volendo essere estremisti, si potrebbe dire che chiamiamo ‘apparenza’ ciò che ha dalla sua una minoranza di ragioni, e ‘realtà’ ciò che è sostenuto da ragioni preponderanti. Comunque, nel caso dell’illusione globale le cose non stanno così. La realtà che vorremmo contrapporre all’illusione non ha nessuna via d’accesso: non abbiamo e non avremo mai evidenze 41 da contrapporre a quelle che il genio maligno, o lo scienziato malvagio di Putnam, ci rendono accessibili. Il mondo dell’illusione coincide col mondo delle evidenze, cioè con la realtà; dunque non è possibile alcuna contrapposizione tra sogno (o illusione) e realtà. In questo senso si può dire che l’ipotesi "che sia tutto un sogno" è vuota. Una realtà in linea di principio inaccessibile non potrà mai essere contrapposta all’illusione. Anche in questo caso l’obiezione non si applica al mondo di Matrix: Matrix ha un "fuori", accessibile con fatica ma accessibile, se non altro agli eroi del film. La realtà – il mondo impoverito e devastato in cui comandano le macchine e vegetano gli esseri umani - è il contenitore di un colossale contenuto, Matrix. E' proprio il suo carattere di contenitore a farne la realtà, e a fare di Matrix l’illusione. Matrix accade nella realtà, mentre la realtà non accade in Matrix. Realtà virtuale L’idea centrale di Matrix è un’elaborazione dell’idea di realtà virtuale. Gli sviluppi della computer graphics, resi familiari da film come Jurassic Park (Spielberg 1993), hanno consentito di simulare con grande verisimiglianza immagini tridimensionali che l'occhio umano distingue da rappresentazioni fotografiche, cinematografiche o televisive. E' possibile coordinare queste simulazioni grafiche a certe nostre attività percettive e motorie in modo da ottenere quegli effetti di immersione e integrazione che sono caratteristici del nostro rapporto col mondo reale. E' possibile far coincidere l'immagine simulata col campo visivo dell'utente, che a quel punto non vede più 42 l'immagine in uno schermo (e lo schermo come oggetto tra altri oggetti), ma vede soltanto l'immagine simulata dal computer. Si ottiene così un primo effetto di immersione. In secondo luogo, è possibile far coordinare le immagini con i movimenti dell'utente. La simulazione può essere completata con proprietà tattili, acustiche, olfattive ecc. Diventa così possibile, ad esempio, spostare un oggetto toccandolo (in realtà, modificare l'immagine muovendo una mano, i cui movimenti sono comunicati al computer attraverso un "guanto"). Si ottiene, in altre parole, una simulazione completa di un frammento di realtà: per esempio una stanza ammobiliata, o una strada percorsa da vari veicoli. Ed è questo che si intende per "realtà virtuale". In Matrix si immagina che la simulazione possa essere non solo globale anziché frammentaria, ma anche collettiva: una stessa simulazione è contemporaneamente fruita da molti utenti, che interagiscono con la simulazione e quindi, indirettamente, anche tra di loro. L’idea di Matrix è quella di simulare la condivisione di un mondo. L'idea di realtà virtuale e i tentativi di realizzarla portano con sé interessanti riflessioni su che cosa significa, per noi, abitare il mondo; o più precisamente, su quali stimoli devono esserci forniti, e in quali condizioni, affinché la nostra mente costruisca le immagini degli oggetti come oggetti «reali». 43 Appendice 4 Matrix e il velo di Maya (Schopenhauer) Matrix si basa sull'ipotesi che la cosiddetta «realtà» esperita dal soggetto non sia altro che «parvenza». E' del tutto evidente, e forse fin troppo semplice, rilevare qualche coincidenza tra questa visione e la teoria al centro della filosofia di Schopenhauer. Schopenhauer distingue, come è noto, tra fenomeno e noumeno: il fenomeno è il mondo della rappresentazione, il mondo così come noi ce lo rappresentiamo, quindi il dominio dell'apparenza, il "velo di Maya", il regno dell'illusione e della menzogna che nasconde la verità. Il noumeno è invece la stessa verità che si cela dietro il fenomeno e la nostra rappresentazione, una verità dura e crudele: tutto è Volontà, tutto è cieco e irrazionale impulso di vivere. Tale Volontà non ha altro scopo che riprodurre se stessa. Da questo punto di vista anche l'amore non è che un'illusione tramite cui la vita, ingannando i singoli, perpetua se stessa, promovendo l'attività sessuale, finalizzata alla pura e semplice riproduzione delle specie. Anche in questo caso non mancano parallelismi con il mondo virtuale creato con Matrix: tale mondo è un gioco illusionistico atto a nascondere la verità, ovvero il dominio e l'istinto di sopravvivenza delle macchine. I singoli uomini non hanno alcun valore se non come mezzi per garantire la continuità della specie delle macchine: essi "sono coltivati" da queste per ottenere alla fine delle pile con cui alimentare la propria vita. Come vincere la Volontà di vivere? Per Schopenhauer attraverso tre stadi: 44 1) l'arte (farsi "puri occhi del mondo" di fronte alle opere d'arte); 2) l'etica della pietà, della giustizia e della carità (mettersi nei panni degli altri, assumendo su di sé la loro sofferenza, amandoli disinteressatamente); 3) ascesi. Anche per Neo la salvezza passa attraverso passaggi analoghu: con-patire Morpheus e amare Trinity, contemplare con distacco i codici e linguaggi informatici che costituiscono il mondo virtuale, scorgere la nullità stessa di questo mondo («Il cucchiaino non esiste»), giungere all'ascesi intellettuale che consente di dominare le apparenze. 45 Bibliografia Bruno, Edoardo, Il pensiero che muove, Bulzoni, Roma 1998 Bruno, Marcello Walter, Heidegger goes to Hollywood. 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