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SSIS MARCHE
Relazione finale dello specializzando:
Marco Campogiani
Indirizzo: Scienze umane
Classe: A036
Cinema e filosofia
Partecipazione all'attività didattica
nell'ambito del tirocinio diretto
«Potremmo anche immaginare che tutti gli
esseri
umani
siano
cervelli
in
un’ampolla.
Naturalmente lo scienziato malvagio dovrebbe
trovarsi al di fuori. Dovrebbe? Magari non esiste
nessuno scienziato malvagio; magari l’universo...
consiste
solo
di
macchinari
automatici
che
badano a un’ampolla piena di cervelli»
Hilary Putnam, Brains in a Vat
A.A. 2000-2001
Indice
1. Il progetto e la sua programmazione … p. 2
2. Esperienze precedenti e riferimenti didattici … p. 9
3. Le difficoltà dell'intervento … p. 10
4. I contenuti del progetto "Cinema e filosofia": «Che cos'è la
realtà?» … p. 13
5. Conclusioni … p. 30
Appendice 1: Cartesio e il pensare per immagini … p. 31
Appendice 2: Esempi di dialoghi di contenuto filosofico in
«Matrix» … p. 33
Appendice 3: Riflessioni su temi filosofici filosofici a partire da
«Matrix» … p. 37
Appendice 4: Matrix e il velo di Maya (Schopenhauer)… p. 44
Bibliografia … p. 46
1
1. Il progetto e la sua programmazione
Nell'ambito dell'attività di «Tirocinio diretto», svolta presso l'
I.T.A.S. «Matteo Ricci» di Macerata, sotto la supervisione della
Tutor d'aula, prof.ssa Maria Laura Baragli, ho progettato alcuni
percorsi di "Cinema e filosofia".
Ritengo, sulla scorta di recenti studi e discussioni (VEDI
RELAZIONE FINALE PER LA CLASSE DI ABILITAZIONE
A037), che il
linguaggio cinematografico possa avere un ruolo rilevante (e ancora
ben poco esplorato) nell'insegnamento della filosofia.
Ho presentato un progetto articolato alla prof.ssa Baragli, che lo
ha recepito, e ho proposto tale progetto anche in sede di Assemblea
di istituto, come attività da inserire nella "Settimana culturale"
gestita dagli studenti. Ho avuto modo di saggiare uno dei
«percorsi», dal titolo «Che cos'è la realtà», con un intervento
diretto, sempre in collaborazione con la Tutor.
Il progetto mette in gioco le competenze didattiche da me
acquisite in questi due anni di SSIS, oltre a quelle disciplinari e
contenutistiche da me già acquisite con il Dottorato di Ricerca in
«Filosofia del Linguaggio» e con un Corso di Formazione
Professionale in «Sceneggiatura cinematografica».
Il mio intervento ha riguardato la classe IV E, in considerazione
del programma svolto e della disponibilità dimostrata (gli studenti
della V E erano maggiormente orientati all'Esame di Stato, alla
preparazione delle «Tesine» multidisciplinari ecc.).
La situazione iniziale è quella di una classe in cui la maggior
parte degli studenti hanno un atteggiamento, nei confronti delle
2
discipline, finalizzato esclusivamente al raggiungimento di risultati
di valutazione sufficienti.
Classe IV E: 23 alunni (3 maschi)
Livello generale: omogeneo
Capacità linguistico espressive: discrete. Difficoltà nella scrittura.
Rapporti interpersonali: positivi
Rapporto con l'insegnante: amichevole
Note: Lo studio risulta prevalentemente mnemonico. Non si nota uno sforzo
teso a rielaborare le conoscenze e a padroneggiare il lessico specifico. Gli alunni
mostrano di saper gestire il rapporto con l'insegnante, evitando rotture e volgendo
a proprio favore la sua malleabilità. I richiami all'attenzione non sortivano in
genere effetto. Il clima in classe non è teso, anzi forse fin troppo rilassato da
entrambe le parti. Alcune studentesse mi sono parse motivate - specie riguardo
alla filosofia - e studiose. In particolare il loro interesse aumentava quando erano
chiamate a svolgere lavori di ricerca, anche in gruppo, e a presentare i frutti di tali
lavori.
I bisogni formativi che ho individuato sono quelli di una
maggiore motivazione allo studio della filosofia, spesso avvertito
come astratto, lontano, accademico, slegato dai bisogni e dalle
aspettative di crescita degli studenti.
I prerequisiti sono costituiti dallo svolgimento di buona parte del
programma previsto nel II anno dell'insegnamento di Filosofia, con
particolare riferimento alle teorie di Cartesio («Meditazioni
metafisiche»).
La durata dell'intervento è stata, di fatto, di 3 ore. Ovviamente
l'intervento avrebbe tratto grande beneficio da una maggiore
disponibilità di tempo e, soprattutto, da una maggiore integrazione
tra l'intervento e la programmazione disciplinare. Nelle difficili
condizioni date, si è fatto il massimo.
3
L'obiettivo dell'intervento è stato quello di saggiare e valutare la
fattibilità e la desiderabilità di una didattica della filosofia realizzata
anche attraverso la «visone ragionata» di opere cinematografiche.
Ritengo che lo svolgimento di percorsi di cinema e filosofia possa
rispondere a una diverse finalità:
1. introdurre in modo nuovo e forse più efficace ad alcune
problematiche filosofiche;
2. approfondire e raffinare la capacità critica di analisi del
linguaggio audiovisivo;
3. provare a risolvere il problema della scarsa motivazione degli
studenti nei confronti della filosofia, aumentare il loro, spesso
solo implicito e inespresso, "bisogno di filosofia";
Dal lato degli studenti, ci si proponeva di valutare gli effetti sulla
motivazione e sulla disponibilità alla discussione indotti da un
approccio «cinefilosofico». Non è stata invece prevista una
valutazione degli apprendimenti (ad. es. il miglioramento della
conoscenza della filosofia di Cartesio), dato che l'intervento non è
stato simultaneo alle lezioni dedicate a filosofi/pensieri, e dato che
l'ipotesi di una valutazione dei risultati degli alunni (per mezzo di
interrogazioni, test, brevi scritti, ecc.) non era praticabile (gli
studenti non l'avrebbero presa sul serio, se solo simulata; e
altrimenti la tutor non me l'avrebbe concessa, essendo una indebita
intromissione nel suo modo di valutare sulla base degli
insegnamenti da lei impartiti sulla base della sua programmazione).
Per l'intervento in aula, sono stati necessari i seguenti luoghi e
strumenti:
4
1. un'aula sufficientemente lunga, con le finestre oscurabili (ad
es. da tende);
2. un videoregistratore (o lettore DVD) e un televisore (meglio
sarebbe stato un videoproiettore); un supporto per la
televisione, sufficientemente alto da permettere la visione a
tutti gli studenti;
3. videocassette noleggiate;
4. una lavagna;
Modalità operative. Ci sono diverse possibilità di impostare
l'intervento, a seconda dei vincoli e degli obiettivi.
Si potrebbe procedere con la visione ininterrotta di un film
(modalità «classica» di visione di film) , eventualmente mettendo in
pausa, in alcuni momenti, per segnalare le scene più significative,
per indirizzare e guidare l'attenzione degli studenti/spettatori,
riservando solo a un secondo momento la presentazione delle
tematiche filosofiche.
Oppure - ed è la modalità da noi scelta - si propone la visione di
alcune sequenze del film, intervallandole con la presentazione delle
tematiche filosofiche che emergono dalla narrazione. Abbiamo
scelto questa seconda modalità per due ragioni:
1) la limitata disponibilità di tempo per la presentazione del
progetto e l'eventuale discussione;
2) la prima modalità richiede agli studenti-spettatori di assumere
l'atteggiamento abituale di fronte al film; atteggiamento
presumibilmente
caratterizzato
da
scarsa
criticità
e
disponibilità all'analisi; la seconda modalità è invece
dissonante con le pratiche abituali.
5
Infine si sottolinea come l'uso di un lettore digitale (DVD)
renderebbe più semplice la realizzazione di questo tipo di interventi.
Il DVD, infatti, libera dalla rigida sequenzialità delle scene propria
del nastro magnetico, consentendo di passare più rapidamente - e
con maggiore precisione - da scena a scena, da argomento a
argomento.
La programmazione delle attività dell'intervento ha portato alla
definizione
e
articolazione
preliminare
di
alcune
fasi
di
realizzazione. La natura stessa dell'intervento - aperto alle
suggestioni e alle domande provenienti dagli studenti - suggerisce
però una programmazione non rigida, che preveda dei «punti
cardine» (ovvero una organizzazione schematica dei contenuti e
della azioni da compiere, ad uso del docente), in successione
linearizzata, per presentare le questioni secondo alcune prospettive
ritenute essenziali per lo sviluppo dell'interesse e della motivazione
da parte degli studenti. La stesura delle fasi del progetto dovrebbe,
in altre parole, fungere da guida per l'organizzazione del tempo da
parte del docente, e dovrebbe essere funzionale agli obiettivi
stabiliti.
Le fasi ipotizzate possono essere così descritte ed elencate:
1) Pretest. Visione delle scene iniziali di «Matrix» e di «The
Truman Show». Verifica della situazione iniziale (quanti
hanno già visto il film? Quanti sanno di che cosa parlano?).
verificare curiosità, interesse, motivazioni intrinseche degli
studenti
di
fronte
alla
proposta
didattica
inconsueta.
Presentazione delle domande da porre ai testi audiovisivi: la
questione della "realtà". Che cos'è? Che certezza ne possiamo
6
avere? Ciò che «appare reale» è anche vero? Cosa distingue il
sogno dalla veglia?
2) Obiettivi. Presentazione del progetto. Preparare gli studenti
alla possibilità di una lettura «in chiave filosofica» dei
filmati/narrazioni. Hanno già incontrato testi audiovisivi che
hanno sollecitato la loro curiosità intellettuale, che hanno posto
con
evidenza
questioni/problemi
di
tipo
«filosofico»/esistenziale/morale? Che cosa ne pensano del
progetto? Può essere utile? Può essere stimolante?
3) Panoramica iniziale. Rammentare agli studenti alcuni
concetti
filosofici
incontrati
durante
l'anno:
concetti
fondamentali della filosofia di Cartesio; la distinzione
noumeno/fenomeno
in
Kant;
l'idealismo
di
Berkeley.
Esplorazione anticipata del concetto di «realtà artificiale».
Quanti lo conoscono? Come lo definirebbero?
4) Concetti
organizzatori
anticipati.
Dubbio/certezze;
coscienza; realtà / artificiale; verità / menzogna; rapporto tra
corpo e mente; scelte giuste e scelte utili;
5) Visione
di
spezzoni
verosimiglianza»:
un
di
Matrix.
universo
in
La
cui
«rottura
della
accadono
cose
impossibili nella realtà così come la conosciamo. Quali
domande e quali aspettative si creano?
6) Lettura e spiegazione. Brani tratti dalle «Meditazioni
metafisiche» di Cartesio. Parallelismi con il «mito della
caverna» di Platone.
7) Visione di scene di Matrix. Il «risveglio». Il corpo immerso
nella «vasca/ampolla».
7
8) Problematizzazione. Le questioni filosofiche nella narrazione.
Discussione. Far emergere le domande degli studenti.
Indirizzare la loro curiosità.
9) Lettura di Hilary Putnam: "Cervelli in una vasca da bagno".
Ragionamento sul rapporto tra «esperimenti mentali» e
narrazioni.
10) Visione di scene di Matrix (la spiegazione del carattere
fittizio della «realtà»).
11) Lettura di brani di Cartesio. L'ipotesi del Genio maligno,
l'indistinguibilità sogno-realtà, la distanza incolmabile tra
oggetti reali e percezioni.
12) Verifica
in
itinere.
Monitoraggio
dell'adeguatezza
dell'intervento e la partecipazione attiva. Controllare se
l'intervento risponde alle esigenze di tutta la classe o solo di
una parte. E' comprensibile a tutti? Capire in che misura la
classe si dimostra interessata ai temi, motivata a proseguire e
soddisfatta dall'andamento dell'intervento.
13) Rapporto con il pensiero di Schopenhauer. (Questa fase può
venire omessa, in riferimento alla classe IV, che non ha ancora
affrontato la filosofia dell'Ottocento)
14) Le questioni etiche. E' sempre bene conoscere la verità? O è
preferibile una bella menzogna, piuttosto che la nuda (e
scomoda) verità? Visione di una scena di Matrix (il
«tradimento») relativa a questo tema.
15) The Truman Show. Presentazione della storia. Visione delle
scene in cui emerge l'artificialità della vita di Truman. Truman
e la nostalgia dell'Altro.
8
16) Visione delle scene conclusive di The Truman Show (il
confronto con il "demiurgo"). Perché non è accettabile vivere
in una comoda menzogna?
17) Idee originate dalla visione e dalle letture. Organizzare,
controllare, indirizzare, stimolare la presentazione di idee e la
loro discussione da parte degli studenti.
18) Conclusione.Riepilogo delle questioni per consolidare /
stabilizzare le tematiche affrontate. Riepilogo delle "risposte"
(e delle domande) che le due opere cinematografiche - nei
loro mondi narrativi - forniscono ad alcune questioni classiche
della filosofia. Indicazione agli studenti delle possibilità di
"transfer" in altri contesti delle modalità/capacità di approccio
ai testi audiovisivi sperimentate nell'intervento.
19) Verifica. Porre domande agli studenti sull'utilità/interesse del
progetto e dell'intervento realizzato.
2. Esperienze precedenti e riferimenti
didattici
La mia ricerca su esperienze di didattica della filosofia in rapporto
con il cinema è stata limitata ad internet.
Pochi sono gli esempi presenti in rete, e con scarse specificazioni
circa le modalità. Si riscontra la presenza di attività di «cineforum»,
nelle ore pomeridiane, guidate da professori di filosofia e indirizzate
a esplorare il rapporto tra filosofia e cinema. Solo in un caso, nel
Liceo Classico Beccaria di Milano, l'esame di un «autore»
cinematografico (Stanley Kubrick) entra a far parte organicamente
9
della programmazione prevista per il terzo e ultimo anno, al pari di
filosofi «classici».
[Vedi:http://www.provincia.milano.it/scuole/vittorioveneto/corso_di
_cinema_e_filosofia.htm
]
Per la didattica della filosofia può essere utile far riferimento al
sito
www.ilgiardinodeipensieri.com,
contenente
una
sezione
dedicata specificatamente a «Cinema e filosofia», oltre ad alcuni
articoli di Mario Trombino sul «pensiero per immagini».
3. Le difficoltà del progetto
Difficoltà e vincoli di carattere generale
La presentazione di un progetto di «Cinema e filosofia» presenta
delle difficoltà derivanti dalla struttura stessa dei curricoli e
dell'organizzazione delle istituzioni scolastiche in genere, che
pongono vincoli all'attività del docente.
E' noto che, nell'ambito della recente introduzione della più ampia
«autonomia didattica e organizzativa» delle istituzioni scolastiche,
tali vincoli non sono fissi e/o insormontabili: l'orario complessivo
del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attività
possono
essere
organizzati
l'articolazione
modulare
in
del
modo
monte
flessibile,
ore
anche
annuale
di
mediante
ciascuna
disciplina e attività (cfr. Schema di regolamento in materia di
autonomia delle istituzioni scolastiche, Art. 4 e 5) E' pur vero,
tuttavia,
che
le
condizioni
in
cui
"generalmente"
i
docenti
si
trovano ad operare pongono dei vincoli di cui una progettazione, che
voglia dare indicazioni operative fruibili anche da altri docenti,
deve tener conto.
Vi sono difficoltà che si possono presentare in qualsiasi scuola e in
qualsiasi contesto. Tali sono:
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1) la continuità temporale; la proiezione di film richiede di avere
a disposizione diverse ore consecutive (almeno 3), per
consentire la visione, anche non integrale, di film o spezzoni di
film (con durata media dai '90 ai '120 minuti) e un adeguato
spazio per (impostare) l'approfondimento filosofico e la
discussione, eventualmente sviluppabile anche in un secondo
momento (in giorni successivi)
2) la presenza di strutture/strumenti adeguati per la realizzazione
del progetto (videoregistratori/DVD, aule, ecc.);
3) la relazione con la programmazione disciplinare; un intervento
su questo tema, svolto da una persona che non è il docente
della disciplina, rischia di risultare slegato dalla consueta
"programmazione" e dalle consuete modalità di lavoro in
classe; rischia quindi di essere qualcosa di episodico, privo di
incisività e di significatività per gli studenti;
Difficoltà concrete del progetto nel
«contesto»
Nel contesto della classe IV E dell'I.T.A.S. «Matteo Ricci» di
Macerata si sono presentate una serie di altre difficoltà non
prevedibili.
Ho presentato il progetto agli studenti, dopo averne discusso con
la Tutor d'aula, il giorno 11/4/2001, durante una rovente e
sconclusionata «Assemblea d'istituto», nella quale gli studenti
avrebbero dovuto deliberare sulle iniziative da prendere in
occasione della «Settimana della cultura».
Ho mostrato il progetto, in una prima redazione, alla Vicepreside
(che ha espresso il suo apprezzamento) e ad alcuni rappresentanti di
11
classe della IV E, che si sono dimostrati interessati. Sono stati loro a
prendere la parola, di fronte a tutti gli studenti, proponendo di
inserire il tema «Cinema e filosofia» nelle attività della «settimana
culturale». Non hanno avuto successo.
In primo luogo alcuni studenti hanno ritenuto che il cinema
comportasse l'uso di una sala cinematografica e il conseguente
noleggio di pellicole, con costi che gli studenti non erano
intenzionati a sostenere.
In secondo luogo il modo - sommario e sbrigativo - in cui il
progetto è stato presentato agli studenti («c'è un tirocinante che
propone di vedere dei film filosofici», più o meno) ha suscitato un
coro quasi unanime di «no» ad alta voce. I più hanno immaginato
qualcosa di noioso, come se l'approccio filosofico potesse guastare
il piacere della visione di flims; oppure hanno immaginato che i
«film filosofici» fossero film «pesanti» e noiosi. A nulla sono valse
le successive spiegazioni da parte dei rappresentanti della IVE («ma
no… il professore ci vuole far vedere Matrix, non dei film noiosi…
in videocassetta, non al cinema»).
Il clima dell'assemblea - in cui prevalevano la disorganizzazione e
i violenti scontri personali per incomprensibili motivi - non era il
più appropriato per una serena valutazione del mio progetto.
Ho tuttavia sottoposto il progetto in forma scritta ai rappresentanti
d'istituto, ma senza risultati.
Fallito quindi il tentativo di presentare il progetto agli studenti
interessati di tutto l'Istituto, ho ripiegato su un intervento diretto agli
studenti della classe da me ben conosciuta, la IV E.
12
4. I contenuti del progetto Cinema e
filosofia: «Che cos'è la realtà?»
Qualunque cosa può servire per discutere di filosofia. Ma ci sono
alcuni film, usciti negli ultimi anni, che sembrano la trama di un
dialogo filosofico, che sembrano fatti apposta per sollevare
problemi e aprire discussioni. Partendo dalla loro visione, parleremo
di reale e virtuale, di realtà e immagine, di memoria umana e
artificiale, di uomini e cyborg.
I film che esaminiamo, pur molto diversi tra di loro, rientrano in
una tendenza degli ultimi anni a tornare ad affrontare «i massimi
sistemi, questioni fondamentali di senso dell'esistenza umana
(American Beauty, Magnolia, eXistenZ, Memento; cfr. Walter
Bruno 2000).
Recentemente il cinema, soprattutto americano, ha offerti opere anche pregevoli - proprio sul tema delle due realtà separate o del
doppio mondo in cui ci troviamo a vivere senza rendercene conto.
Quasi a voler sollecitare un collegamento concettuale tra cinema e
filosofia che pochissimi riescono a vedere e i più ignorano del tutto.
Certamente il film recente e più chiacchierato da questo punto di
vista è Matrix. Forse può essere utile analizzarne alcuni risvolti
anche per mettere in evidenza le molteplici difficoltà che una
pellicola di un certo livello espressivo presenta a chiunque voglia
tentare una analisi.
Matrix è stato uno dei film più amati e visti delle ultime stagioni.
Non è un film «noioso» e non rientra nella categoria «film
d'autore». E' un film scritto e pensato per riuscire a guadagnare
soldi. Un buon prodotto commerciale, molto spettacolare. Matrix è,
insieme, un film di fantascienza, di azione e avventure, che trae
13
ispirazione tanto dalla sub-cultura cyberpunk quanto dai film di
kung fu. Insomma: quanto di più distante vi possa essere
dall'Accademia.
Alla base del successo vi sono l'avvincente vicenda, il fascino di
Keanu Reeves, la raffinatezza degli effetti speciali, la spettacolarità
dei combattimenti di arti marziali.
Tutto qui? Forse no: c'è anche una visione del mondo che richiama
diverse tappe della tradizione filosofica tanto orientale quanto
occidentale.
Matrix comincia con quello che i teorici della sceneggiatura
chiamano un teaser: una sequenza di azione, durante la quale
accadono cose incredibili (una giovane ragazza riesce a liberarsi di
5 poliziotti, salti di 20 metri, persone che passano attraverso le linee
del telefono…). Mediante questa introduzione piena di elementi
misteriosi viene tenuta desta l'attenzione e la tensione dello
spettatore.
Si introduce il personaggio soprannominato Neo (Keanu Reeves),
noto nel mondo normale come signor Thomas Anderson,
informatico, un giovane hacker insonne, alla ricerca di qualcosa ,
che riceve strane chiamate («Segui il coniglio bianco») attraverso la
rete, e avverte che c'è qualcosa che non quadra, nella realtà. Queste
scene sono piene di presagi e anticipazioni («Hai mai provato
l'impressione di non sapere se sei sveglio o stai dormendo?» chiede
Neo a un altro personaggio che lo chiama «il mio Salvatore
personale).
Che cosa cerca Neo? La risposta alla domanda: «Che cosa è
Matrix?». Una donna misteriosa gli anticipa che «la risposta è
attorno a te, in ogni luogo».
14
Poi seguiamo Neo nel suo lavoro. Riceve un'altra chiamata da
parte di Morpheus, che lo avverte di un pericolo: alcuni poliziotti
sono sulle sue tracce. Tutto ciò che avviene in questa fase è
decisamente misterioso e induce lo spettatore a porsi delle
domande, molto prima di ricevere le risposte.
Neo viene arrestato e interrogato. Nel corso dell'interrogatorio
(riguardante Morpheus) avvengono fatti molto strani: gli agenti
dell'FBI dispongono di poteri straordinari. La bocca di Neo viene
letteralmente chiusa e nel suo corpo, attraverso l'ombelico, viene
inserito una specie di insetto tecnologico…
Neo si risveglia nel suo letto: è stato un sogno o realtà?
Si introducono a questo punto alcune riflessioni cartesiane:
«Quante volte m'è accaduto di sognare, la notte,
che io ero in questo luogo, che ero vestito, che ero
presso il fuoco, benché stessi spogliato dentro il
mio letto? (…) pensandoci accuratamente, mi
ricordo d'essere stato spesso ingannato, mentre
dormivo, da simili illusioni. E arrestandomi su
questo pensiero, vedo così manifestamente che non
vi sono indizi concludenti, né segni abbastanza certi
per cui sia possibile distinguere nettamente la
veglia dal sonno, che ne sono tutto stupito; ed il
mio stupore è tale da essere quasi capace di
persuadermi che io dormo»
Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), pp. 18-19
15
«Supponiamo, dunque, ora, che noi siamo
addormentati, e che tutte queste particolarità, cioè
che apriamo gli occhi, moviamo la testa, stendiamo
le mani, e simili, non siano se non delle false
illusioni…»
Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), pp.18-19
Cosa permette di distinguere tra realtà e sogno?
Si prosegue con la visione.
Neo riceve una telefonata: Morpheus gli dice che lui è «l'eletto».
Neo viene condotto ad incontrare Morpheus (in un'atmosfera
piovosa e oscura, palesemente derivata da Blade Runner): durante il
percorso viene disinfestato dalla «cimice» tecnologica.
Giunge il momento dell'incontro con Morpheus.
Prima che l'incontro abbia inizio è opportuno bloccare la visione
per chiedere agli studenti quali domande e quali aspettative la
narrazione ha suscitato. Che mondo è, quello che abbiamo visto?
Perché accadono cose incredibili? Solo perché è un film di
fantascienza? Quali aspettative ha fatto nascere in noi?
Registrate le risposte degli studenti e la loro partecipazione
emotiva e razionale (sono agganciati al film, tutti in attesa di sapere
«che cosa succederà?») si passa a mostrare la scena dell'incontro
con Morpheus.
Il testo di questa scena è riportato nella APPENDICE 3.
Il testo della scena viene fornito, in fotocopia, agli studenti.
16
Questa scena introduce all'esame del «mito della caverna»
Matrix e il mito della Caverna
Matrix potrebbe in parte essere fatto valere come una
rappresentazione di aspetti del pensiero di Platone. In particolare
Matrix sembra riscrivere il «mito della caverna» di Platone.
Riassumiamolo brevemente: all'interno di una caverna uomini
schiavi sono incatenati alla roccia, costretti a guardare di fronte a sé
verso il fondo della caverna. Fuori della caverna si erge un muretto,
dietro al quale camminano, nascosti, degli uomini che portano sulle
proprie spalle statue rappresentanti tutte le cose esistenti. Dietro a
questi uomini arde un fuoco che proietta sul fondo della caverna le
ombre delle statue; gli uomini schiavi, costretti a guardare davanti a
sé e impossibilitati a voltarsi, scambiano le ombre che appaiono
sulla parete della grotta per la vera realtà. Se uno schiavo riuscisse a
scappare, dice Platone, inizialmente sarebbe accecato dalla luce del
sole, ma poi finalmente riuscirebbe a vedere chiaramente la verità,
di cui le ombre sono solo una pallida copia. Se poi volesse tornare
nella caverna per rivelare agli altri schiavi la verità, non sarebbe
creduto ed anzi verrebbe ucciso.
Neo - il protagonista di Matrix - in qualche modo rappresenta
l'uomo-filosofo che riesce a uscire fuori della caverna (la «matrice»)
e a vedere finalmente la vera realtà. All'inizio egli è abbagliato dalla
luce, ma, una volta abituatosi e una volta riconosciuta la verità,
torna nella caverna (in Matrix) per liberare gli altri uomini.
La verità però fa paura e non tutti gli uomini hanno il coraggio, la
costanza, l'interesse di accettarla, e chi invece la proclama rischia
anche di fare una brutta fine. (Cypher, il traditore del film,
17
rappresenta questa umanità pigra, timorosa, legata alle proprie
sicurezze, dunque ostile ai profeti della verità).
Prosecuzione
Introdotto il tema del «mito della caverna» - sul quale è opportuno
ritornare anche in seguito - si passa alla visione della scena
successiva.
E' la scena forse più sconvolgente del film, la scena del
«risveglio» e della rinascita. Questa scena segna il primo big
turning point (o major plot point, «svolta») della narrazione.
In questa scena si scopre che Neo, in realtà (nel «mondo vero»), è
un corpo che vive in una specie di grande ampolla o vasca
(circondata da altre innumerevoli vasche), immerso in una specie di
gelatinoso liquido amniotico, connesso con fili e tubi. Neo viene
«liberato» e condotto in un luogo in cui il suo corpo - privo di
muscoli - e i suoi sensi - la vista non abituato alla luce perché non
ha mai visto - vengono ricostruiti.
Seguono alcune scene in cui viene spiegata la situazione, vengono
presentati i vari personaggi e si preannuncia la risposta alla
domanda che cosa è Matrix.
A questo punto è opportuno fermare la visione e passare a
considerare alcuni passi di Hilary Putnam (Brains in a Vat).
Putnam ha formulato una versione dell’ipotesi dell’ «illusione
coerente», di una illusione tanto perfetta da non essere distinguibile
dalla realtà. La versione di Putnam assomiglia molto da vicino a ciò
che si immagina realizzato in Matrix:
18
«Immaginate che un essere umano (potete
immaginare di essere voi) sia stato sottoposto ad
un’operazione da parte di uno scienziato malvagio.
Il cervello di quella persona (il vostro cervello) è
stato rimosso dal corpo e messo in un’ampolla
piena di sostanze chimiche che lo tengono in vita.
Le terminazioni nervose sono state connesse ad un
computer superscientifico che fa sì che la persona a
cui appartiene il cervello abbia l’illusione che tutto
sia perfettamente normale. Sembra che ci siano
persone, oggetti, il cielo ecc., ma in realtà
l’esperienza della persona (la vostra esperienza) è in
tutto e per tutto il risultato degli impulsi elettronici
che viaggiano dal computer alle terminazioni
nervose. Il computer è così abile che se la persona
cerca di alzare il braccio la risposta del computer
farà sì che "veda" e "senta" il braccio che si alza.
Inoltre, variando il programma lo scienziato
malvagio può far sì che la vittima "esperisca"
(ovvero allucini) qualsiasi situazione o ambiente lo
scienziato voglia. Può anche offuscare il ricordo
dell’operazione al cervello, in modo che la vittima
abbia l’impressione di essere sempre stata in
quell’ambiente.[...]
Potremmo anche immaginare che tutti gli esseri
umani ... siano cervelli in un’ampolla. Naturalmente
lo scienziato malvagio dovrebbe trovarsi al di fuori.
Dovrebbe? Magari non esiste nessuno scienziato
malvagio; magari l’universo ... consiste solo di
19
macchinari automatici che badano a un’ampolla
piena di cervelli. Supponiamo che il macchinario
automatico sia programmato per dare a tutti noi
un’allucinazione collettiva ... Quando sembra a me
di star parlando a voi, sembra a voi di star
ascoltando le mie parole. Naturalmente le mie
parole non giungono per davvero alle vostre
orecchie, dato che non avete (vere) orecchie, né io
ho una vera bocca e una vera lingua. Invece,
quando produco le mie parole quel che succede è
che gli impulsi efferenti viaggiano dal mio cervello
al computer, che fa sì che io ‘senta’ la mia stessa
voce che dice quelle parole e ‘senta’ la lingua
muoversi, ecc., e anche che voi ‘udiate’ le mie
parole, mi ‘vediate’ parlare, ecc. In questo caso, in
un certo senso io e voi siamo davvero in
comunicazione. Io non mi inganno sulla vostra
esistenza reale, ma solo sull’esistenza del vostro
corpo e del mondo esterno, cervelli esclusi»
H. Putnam, Brains in a Vat, 1981, pp.6-7
Queste riflessioni ci portano a riflettere, anche sulla base di alcuni
testi cartesiani, sul rapporto tra percezione e realtà.
Non c'è rapporto di somiglianza tra i corpi esterni e le sensazioni
prodotte da essi. Fra il mondo e il modo in cui lo percepiamo vi è un
rapporto di tipo «semiotico» (arbitrario, di non-somiglianza tra il
significato e il suono):
20
«Le parole, lo sapete bene,non hanno somiglianza
alcuna con le cose che significano… (…) perché
non potrebbe anche la natura aver stabilito un certo
segno da cui deriva la nostra sensazione della luce,
pur non essendovi in questo segno nulla che somigli
a questa sensazione?»
Cartesio, Il mondo o Trattato della luce, p. 126
«Se si struscia dolcemente una piuma sulle labbra
di un bambino che si addormenta, il bambino
avverte il solletico: secondo voi, l'idea del solletico
da lui concepita somiglia a qualcosa che è in questa
piuma?»
Cartesio, Il mondo o Trattato della luce, p. 127
In seguito Morpheus introduce Neo al programma «Struttura, un
programma di simulazione perfetta della realtà.
Il testo di questa scena è riprodotto nell'APPENDICE 2.
Matrix può essere letto come la trascrizione narrativa del dubbio
metafisico cartesiano e dell'ipotesi del «genio maligno». Anzi si
deve notare come la stessa ipotesi cartesiana del «grande
ingannatore» si costituisca mediante il ricorso a elementi di grande
figuratività, di «pensiero per immagini» (Trombino 2000), che
presentano più di un'analogia con il percorso affrontato da Neo in
Matrix (su questo punto vedi l'APPENDICE 1)
21
Per Cartesio di tutto posso e devo dubitare: dei miei sensi che
spesso mi ingannano, dell'esistenza del mondo esterno, della
distinzione tra sogno e realtà, ed anche delle presunte verità
matematiche. Chi mi assicura che 2 più 2 faccia 4? Magari esiste un
dio maligno, che si diverte a ingannarmi .. L'unica cosa che si salva
dal dubbio è la mia esistenza come essere pensante. Solo di qui
posso
cominciare
a
costruire
un
sapere
certo,
saldo
e
incontrovertibile.
Anche Neo è chiamato a mettere in dubbio tutte le sue antiche
certezze. Ciò che gli è sempre apparso come la verità è in realtà un
inganno, un mondo fittizio costruito ad arte dalle macchine («il
genio maligno»). Il primo passo per trovare la verità sarà anche per
lui prendere consapevolezza di sé («conosci te stesso»).
«Io supporrò, dunque, che vi sia non già un vero
Dio, che è fonte sovrana di verità, ma un certo
genio maligno [genium aliquem malignum], non
meno astuto e ingannatore che possente, che abbia
impegnato tutta la sua industria ad ingannarmi. Io
penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le
figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo,
non siano altro che illusioni e inganni, di cui egli si
serve per sorprendere la mia credulità. Considererò
me stesso come privo affatto di mani, di occhi, di
carne, di sangue, come non avente alcun senso, pur
credendo falsamente di aver tutte queste cose»
Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), pp.21-22
22
E' a questo punto che si pone la maggior parte delle riflessioni
filosofiche che il film suggerisce.
Queste riflessioni, per la loro eccessiva lunghezza, sono riportate
nell'APPENDICE 3.
A questo punto, nello sviluppo della trama, a Neo viene indicato
il suo compito. Qui si fanno evidenti suggestioni New Age e delle
filosofie orientali: Neo è l'eletto, chiamato a liberare l'umanità dal
giogo delle macchine. Incontra alleati, tentenna davanti al compito,
riceve l'addestramento necessario (arti marziali), si esercita sotto la
guida del mentore Morpheus, gli vengono presentati i nemici («i
programmi senzienti», i guardiani-agenti di Matrix), i possibili
traditori (Cypher), visita l'oracolo, affronta ostacoli (le sentinelle
«seppie»), ecc.
E' una parte molto spettacolare e divertente, che può essere offerta
agli studenti, se il tempo a disposizione lo consente, ma di certo
molto meno significativa per un'analisi filosofica.
Si ritorna a un argomento di rilevanza filosofica con la scena del
«tradimento di Cypher». Cypher si chiede - e chiede a Neo - se ha
fatto bene a scegliere la pillola rossa, a voler affrontare la scoperta
della verità, della nuda e deludente verità. Non avrebbe fatto meglio
a vivere in un mondo di piacevoli illusioni? A vivere da schiavo, ma
felice?
E' una situazione a cui anche Cartesio fa riferimento:
«a quel modo che uno schiavo, il quale godeva in
sogno d' una libertà immaginaria, quando comincia
a sospettare che la sua libertà non è che un sogno,
23
teme d'essere risvegliato, e cospira con quelle
illusioni piacevoli, per esserne più lungamente
ingannato, così io ricado insensibilmente da me
stesso nelle mie antiche opinioni…»
Cartesio, Meditazioni metafisiche (Prima meditazione), p. 22
Cypher, in un elegante ristorante (all'interno del programma di
simulazione totale Matrix), assapora piatti prelibati e prende accordi
con alcuni «nemici», con i sorveglianti:
«Cypher: Io so che questa bistecca non esiste, so
che quando la infilerò in bocca Matrix suggerirà al
mio cervello che è succosa e deliziosa... Dopo nove
anni sa che cosa ho capito?
Cypher assapora un boccone di bistecca.
Cypher: Che l'ignoranza è un bene…
Sorvegliante: Allora siamo intesi…
Cypher: Io non voglio ricordare niente! Niente!
Siamo intesi? E voglio essere ricco…
Sorvegliante: Tutto quello che desidera…»
I temi che ora si pongono sono di natura etica.
La conoscenza della verità è sempre un bene? Perché dovremmo
scegliere la conoscenza, quando questa ci promette dolore? Non è
preferibile vivere in una comoda menzogna?
A questo punto si innesta la riflessione a partire dal divertente film
di Peter Weir, scritto da Andrew Niccol, The Truman Show.
24
Per quanto riguarda i punti di interesse filosofico, The Truman
show presenta un andamento inverso rispetto a Matrix. In Matrix le
scene dense di contenuto filosofico si concentrano quasi
esclusivamente nella prima parte della storia (nei primi 40 minuti),
lasciando poi largo spazio alla spettacolarità, all'azione e allo
sviluppo del plot. In The Truman Show le questioni etico-filosofiche
si pongono più avanti, fino a giungere al loro massimo nella parte
finale della storia.
Weir e Niccol ci offrono dapprima la presentazione di un mondo
idilliaco, la piccola cittadina di Seahaven («porto di mare»),
circondata dal mare, dal clima mite e soleggiato, in cui il giovane
Truman (uomo vero, «True-man») trascorre una vita tranquilla, con
la sua brava moglie, la villetta con giardino, i vicini che gli
augurano «buongiorno!», i colleghi di lavoro in una agenzia di
assicurazioni. Una vita pacifica, in un piccolo paradiso terrestre, in
cui il tempo sembra essersi fermato agli anni '50.
Questa è la rassicurante realtà che avvolge Truman: l'unica che
egli conosca. In questa situazione ci sono però degli elementi di
perturbazione: una mattina Truman vede piombare inspiegabilmente
dal cielo un grande «riflettore» per le luci. L' autoradio spiegherà
che si è trattato di un oggetto caduto da un aereo, ma Truman
rimane inquieto.
C'è poi, in Truman, la nostalgia del viaggio, dell'altrove, di una
donna amata, partita per le isole Figi. Ma Truman non può
muoversi: il ricordo - il «fantasma» - della morte del padre,
avvenuta in barca durante una tempesta (evento traumatico al quale
Truman bambino ha assistito) gli impedisce di prendere il traghetto,
di attraversare il ponte che divide Seahaven dal resto del mondo.
25
C'è poi un altro elemento inquietante: un giorno, andando come
sempre al lavoro, Truman ha l'impressione di riconoscere, nella
strana figura di un barbone, il padre morto tanti anni prima. Truman
si gira per rivolgergli la parola, ma alcuni sconosciuti sbucano dal
nulla e prendono con sé il padre, impedendo a Truman di parlargli.
A questo punto il regista svela a noi spettatori il trucco: il
microcosmo in cui Truman vive è una comunità artificiale, costruita
appositamente per lui. Il suo mondo è il set televisivo (il più grande
al mondo) di una lunghissima soap opera, giunta quasi al suo
trentesimo anno, centrata sulla vita di Truman. Le persone che
Truman vede sono tutte comparse: gli amici, la moglie, i colleghi,
sono attori di una fiction di lunghissima serialità. Tutta la sua vita
procede secondo un copione meticolosamente stabilito. La morte
per annegamento del padre era solo un evento programmato dalla
sceneggiatura, allo scopo di condizionare Truman a rimanere nel
suo mondo senza poterlo oltrepassare.
Sin dal momento della nascita Truman è ripreso in ogni istante da
migliaia di telecamere, disseminate ovunque, che scrutano e
registrano ogni suo movimento, trasmettendolo in tutto il mondo.
Truman, grazie agli eventi inquietanti di cui è spettatore (e allo
stupore che questi suscitano in lui), comincia a sospettare qualcosa.
Egli è come il prigioniero nel mito platonico della «caverna», che
comincia a sospettare che le ombre proiettate sul fondo della
caverna non siano la vera realtà e intraprende l'itinerario di
fuoriuscita dalla caverna. Truman vuole sapere. Non può
accontentarsi delle ombre, per quanto rassicuranti, di Seahaven.
Truman ricerca con tutti i mezzi di evadere da quel mondo,
ostacolato da tutti e con tutti i mezzi.
26
Vi sono alcune scene particolarmente toccanti e filosoficamente
rilevanti nel film.
In una scena Truman, in preda ai dubbi, dopo una drammatica crisi
con la moglie (che per un istante si rivolge agli invisibili registi
affermando che non riesce più a sostenere la finzione), parla con il
suo migliore amico, l'amico di una vita, che cerca di convincerlo ad
accettare la sua realtà, «anche se non è quello che abbiamo sempre
sognato». Nel mezzo della toccante scena, scopriamo che le parole
del migliore amico sono in realtà dettate in diretta all'attore/amico
dal demiurgo-sceneggiatore.
Nella scena successiva viene organizzato il ritorno del padre
morto. Le lacrime di Truman sono vere, ma tutta la situazione è
pateticamente falsa.
La parte più apertamente filosofico/etica del film si ha con alcuni
monologhi del demiurgo, che difende la bontà della sua scelta di
architettare un mondo «perfetto», «il mondo come dovrebbe
essere». Il demiurgo sostiene che Truman «preferisce la sua cella».
Poi, quando Truman, scoperta la verità, viene messo in rapporto
diretto con il suo «demiurgo» - il regista televisivo, «Christoph» con l'uomo che ha meticolosamente progettato e accuratamente
realizzato l'artificio che Truman riteneva reale.
Che cosa sceglierà Truman? Una vita «finta» ma piacevole o la
scoperta del mondo vero e, presumibilmente, «brutto e sporco»?
Truman pretende la verità. Una volta avvertita l'illusorietà del
mondo in cui vive, nulla può fermarlo. Per quanto rischiosa e
incerta si presenti l'impresa, Truman non può evitare di
avventurarsi, letteralmente, «in mare aperto», per portare a
27
compimento una ricerca di verità che è insieme anche ricerca di
autenticità.
L'esito di questo viaggio è il confronto - scopertamente filosofico tra Truman e il suo «creatore», che si mette in comunicazione con
lui - dopo aver cercato in ogni modo di bloccare la sua fuga convincendolo a rimanere, per garantire la prosecuzione della
«serie».
Truman, con la sa imbarcazione. raggiunge i limiti imposti al suo
mondo: un orizzonte di cartapesta (un cielo alla Magritte), contro
cui la barca si scontra. Truman cammina sul bordo del suo mondo e
raggiunge delle scale che conducono alla possibile uscita. Tentenna,
indeciso. A questo punto avviene il colloquio con il «creatore».
E' il climax del film.
Trascriviamo i passi salienti di questo dialogo:
Truman: Non c'era nulla di vero?
Christoph: Tu eri vero. Per questo era così bello
guardarti… Ascoltami. Là fuori non troverai più
realtà di quanto ne ho creata là dentro per te. Le
stesse ipocrisie. Gli stessi inganni. Ma nel mio
mondo, tu non hai niente da temere. Io ti conosco
meglio di te stesso. Tu hai paura, per questo non
vuoi andare via. Stai tranquillo. Ti capisco. Ho
seguito ogni istante della tua vita. Ti ho seguito
quando sei nato, quando hai mosso i tuoi primi
passi, il tuo primo giorno di scuola (…) Come fai
ad andartene. Il tuo posto è qui. Con me. Parlami.
Di' qualcosa?
28
Truman esita. Poi si rivolge direttamente in
camera, al suo creatore, ripetendo una formula che
era solito rivolgere ai suoi «finti» vicini, ogni
giorno.
Truman: E caso mai non vi rivedessi, buon
pomeriggio, buona sera e buonanotte«
Truman si inchina, beffardo e sorridente, di fronte
al suo creatore e a tutti i suoi spettatori, ed esce.
I telespettatori di tutto il mondo applaudono e si
commuovono. Ma adesso, finito il Truman Show,
che cosa ci sarà in televisione? Meglio consultare
la guida TV….
Il film quindi non deve essere banalmente interpretato come una
critica alle deformazioni della televisione, «cattiva maestra»
(Popper).
Il finale rimane aperto: cosa troverà Truman, nella «vita reale»?
Forse, superata quella porta, davvero Truman scoprirà, come il
demiurgo gli ha anticipato, che non vi è una realtà diversa e più
autentica rispetto al suo paradiso/microcosmo artificiale.
Weir e Niccol, piuttosto, «sostengono narrativamente» che
costitutivo della vita umana è il fatto di vivere da sempre,
inconsapevolmente, in un mondo fittizio, frutto di un artificio,
risultato dell'attività di un demiurgo che nasconde la verità alla sua
creatura (Curi 2000. 143).
E questo tema può condurre, con gli studenti, a una discussione sul
rapporto tra naturale e artificiale, e a una riflessione sul modo in cui
la nostra realtà è plasmata e formattata dalla fiction, dal mondo della
rappresentazione, dal cinema stesso.
29
5. Conclusioni
Alla conclusione dell'intervento ho brevemente tentato un
riepilogo delle questioni per consolidare/stabilizzare le tematiche
affrontate. Ho riepilogato le "risposte" che le due opere
cinematografiche - nei loro mondi narrativi - forniscono ad alcune
questioni classiche della filosofia.
Ho poi verificato, anche al di fuori delle ore di lezione, l'interesse
suscitato dalla visione / discussione dei film.
Mi sembra di poter dire -pur consapevole dei limiti dell'esperienza
realizzata - che l'intervento in classe sia riuscito e che quindi forse il
progetto «Cinema e filosofia» conferma di poter essere uno
strumento adeguato per la didattica della filosofia, con effetti
positivi sulla motivazione, la curiosità e l'interesse degli studenti nei
confronti della disciplina.
30
Appendice 1
Cartesio e il pensare per immagini
Se esaminiamo alcuni passi decisivi delle Meditazioni metafisiche
(al passaggio tra la prima e la seconda meditazione) possiamo
vedere all'opera il filosofo nell'uso che fa di potenti immagini. Il
pensare per immagini consente di legare insieme un corso di
pensieri astratti e una concatenazione di emozioni.
Nelle Meditazioni metafisiche la sequenza delle figure è la
seguente:
il Genio maligno:
«Io supporrò, dunque, che vi sia, non già un vero
Dio, che è fonte sovrana di verità, ma un certo
cattivo genio ...»;
lo Schiavo:
«E a quel modo che uno schiavo, il quale godeva
in sogno di una libertà immaginaria, ...»
il Naufrago:
«Come se tutt'a un tratto fossi caduto in un'acqua
profondissima, sono talmente sorpreso, che non
posso né poggiare i piedi sul fondo, Né nuotare per
sostenermi alla superficie»
il punto archimedeo
«Archimede, per togliere il globo terrestre dal suo
posto e trasportarlo altrove, domandava un sol
punto fisso ed immobile»
Cartesio, Meditazioni metafisiche, pp.21-22
.
31
Ciascuna di queste immagini concentra in sé un determinato stadio
della coscienza e un determinato valore emotivo: sono fasi di una
narrazione in prima persona, di un percorso individuale che ha
valore paradigmatico-universale.
Il "Genio maligno" è coscienza della differenza tra la certezza e la
verità, accompagnata dal senso di pericolo implicito nel trovarsi di
fronte ad una entità malvagia.
Lo schiavo è la coscienza della libertà della mente, seguita dalla
coscienza del pericolo dell'autoinganno; a cui si accompagnano, in
sequenza, i valori emotivi del falso sentimento di sicurezza dato
dalla illusione della mente, cui segue l'amara disillusione.
Il naufrago: la caduta manifesta la coscienza della propria
incertezza intellettuale, accompagnata dall'angoscia di chi sta per
annegare.
Il punto archimedeo: la speranza della conquista intellettuale della
identità di certezza e verità, accompagnata dal senso si sicurezza.
Questo quadrato di immagini si può applicare tanto al percorso del
protagonista Neo, in Matrix, quanto a quello di Truman, in The
Truman Show.
32
Appendice 2
Esempi di dialoghi con contenuti
"filosofici" in Matrix
Nell'impossibilità di allegare brani audiovisivi, riportiamo, come
esempio di momenti di "contenuto filosofico", la trascrizione di
alcune scene del film.
Incontro tra Neo e Morpheus
Morpheus fa accomodare Neo in una poltrona.
Morpheus: Immagino che in questo momento ti sentirai un po'
come Alice che ruzzola nella tana del Bianconiglio.
Neo: L'esempio calza.
Morpheus: Lo leggo nei tuoi occhi: hai lo sguardo di un uomo che
accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E
curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino,
Neo?
Neo: No.
Morpheus: Perché no?
Neo: Perché non piace l'idea di non poter gestire la mia vita.
Morpheus: Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico
perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a
spiegarti: senti solo che c'è. È tutta la vita che hai la sensazione che
ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di che si
tratta, ma l'avverti. È un chiodo fisso nel cervello, da diventarci
matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa
sto parlando...
33
Neo: Di Matrix.
Morpheus: Ti interessa sapere di che si tratta, che cos'è? Matrix è
ovunque, è intorno a noi, anche adesso nella stanza in cui siamo. È
quello che vedi quando ti affacci alla finestra o quando accendi il
televisore. L'avverti quando vai al lavoro… quando vai in chiesa…
quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo dinanzi agli
occhi, per nasconderti la verità.
Neo: Quale verità?
Morpheus: Che tu sei uno schiavo. Come tutti gli altri sei nato in
catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura,
che non ha odore. Una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è
in grado purtroppo di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire
con i tuoi occhi che cos'è. È la tua ultima occasione: se rinunci, non
ne avrai altre.
Morpheus offre a Neo la scelta tra due pillole.
Morpheus: Pillola azzurra: fine della storia. Domani ti sveglierai
in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa: resti nel
paese delle meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del
Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.
Neo accetta la pillola rossa
(....)
Neo viene preparato per un esperienza: gli vengono applicati
degli elettrodi.
Morpheus: Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti
vero? E se da una sogno così non ti potessi più svegliare, come
potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?
34
Morpheus presenta a Neo la «vera realtà»
Morpheus e Neo all'interno di Struttura, programma di
caricamento simile a Matrix.
Neo (toccando una poltrona): Questo non è reale?
Morpheus: Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale.
Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo
odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici
interpretati dal cervello.
Questo è il mondo che tu conosci (Morpheus accende un
televisore e mostra immagini del nostro mondo): il mondo com'era
alla fine del XX secolo e che ora esiste solo in quanto parte di una
neurosimulazione interattiva che noi chiamiamo Matrix. Sei vissuto
in un mondo fittizio, Neo. Questo è il mondo che esiste oggi
(Morpheus mostra le immagini di città distrutte, oscurate da una
spessa coltre di nubi). Benvenuto nella tua desertica, nuova realtà.
(...)
Morpheus spiega che ora viviamo in un mondo popolato di
macchine, che si servono degli uomini come fonte di energia.
Morpheus: Un corpo umano genera più bioelettricità di una
batteria da 120 volt ed emette oltre 6 milioni di calorie. Sfruttando
contemporaneamente queste due fonti le macchine si assicurarono a
tempo indefinito tutta l'energia di cui avevano bisogno. Ci sono
campi, campi sterminati, dove gli esseri umani non nascono,
vengono coltivati. A lungo non ho voluto crederci, poi ho visto quei
campi con i miei occhi, ho visto macchine liquefare i morti affinché
nutrissero i vivi per via endovenosa.
35
Scena raccapricciante in cui un bambino viene nutrito attraverso
tubi con un liquido nero.
Dinanzi a quello spettacolo, potendo constatare la loro limpida
raccapricciante precisione, mi è balzata agli occhi l'evidenza della
verità. Che cosa è Matrix? È controllo. Matrix è un mondo creato al
computer per tenerci sotto controllo al fine di convertire l'essere
umano in questa (una pila).
Neo: No! non è possibile! Io non ci credo!
Morpheus: Non ho detto che sarebbe stato facile: ho detto che ti
offrivo la verità.
36
Appendice 3
Riflessioni su temi filosofici
filosofici a partire da Matrix
Matrix non è solo un possibile oggetto di riflessione filosofica, ma
esercita attivamente la riflessione filosofica, sostenendo addirittura
delle tesi. Matrix investe esplicitamente questioni filosofiche
classiche, peraltro presenti anche nella filosofia di oggi.
S ne possono citare quattro:
1) il tema dell’autonomia dell’artificiale, e quindi del confine tra
artificiale e naturale;
2) il tema del rapporto tra mente e corpo;
3) il tema della distinzione tra realtà (o "vita vera") e sogno, o
meglio, il tema della domanda "non potrebbe essere tutto un
sogno?",
4) il tema dell’illusione perfetta, della realtà virtuale.
L’autonomia delle macchine
Da secoli è viva, specie nella letteratura, la preoccupazione per la
la possibilità che, come Adamo si ribellò a suo tempo al suo
fabbricatore, così i nostri Adami si ribellino a noi. L’archetipo
dell’antropoide ribelle, dell'automa potentissimo, è il Golem. Un
personaggio inquietante, perfetto soggetto per un film espressionista
come Der Golem (1920) di Paul Wegener. Ma il tema - della tecnica e
dell'artefatto che si ritorce contro il creatore - ritorna spesso in nella
settima arte (Frankenstein, Jurassic Park, 2001 Odissea nello
spazio, Blade Runner, Terminator, ecc.).
L’angoscia nei confronti dell’artefatto è legata alla possibilità
della sua autonomia: se l’artefatto sviluppa, o addirittura viene
37
dotato, di una volontà sua propria, questa volontà – come quella di
Adamo - può volgersi al male, o comunque a danno del suo
fabbricatore. L’artefatto autonomo non è più completamente un
artefatto, perché diventa capace di resistere alla volontà umana.
L’artefatto è prodotto per essere permeabile alla volontà di chi lo ha
prodotto: per essere solo uno strumento. Nel momento in cui non è
più completamente prono alla nostra volontà, l’artefatto cessa di
essere tale, almeno per un aspetto importante.
La garanzia del limite della naturalizzazione dell’artificiale sta
però nella sua non-autosufficienza. L’artefatto, anche se intelligente
e autonomo, continua a dipendere da noi per la sua attività. Agli
eventuali supercomputer ribelli basterebbe staccare la spina.
L’artefatto, anche autonomo, non è autosufficiente e quindi non è
fino in fondo naturalizzato.
Matrix estremizza l’angoscia per la possibile ribellione delle
macchine: immagina che le macchine, superintelligenti e autonome,
si siano rese anche autosufficienti, sfruttando l’energia che ricavano
allevando bambini umani. L’angoscia si
raddoppia grazie
all’inversione della relazione strumentale: non solo l’artefatto è
diventato autosufficiente, ma lo è diventato trasformando gli uomini
in suoi strumenti: sono gli uomini, ora, ad essere artefatti delle
macchine. L’immagine è potente – anche visivamente.
Inoltre la "produzione" di bambini, che sfrutta tecniche di
gestazione artificiale, porta a considerare un’altra delle angosce
attualmente in circolazione, quella legata alle biotecnologie.
Insomma, in Matrix, abbiamo una meditazione non banale e
suggestiva sul confine tra artificiale e naturale.
38
La mente e il corpo
«Il corpo non sopravvive senza mente», dice uno dei personaggi
del film. Questa affermazione rappresenta l’inversione del senso
comune, secondo il quale è la mente ad aver bisogno del corpo, in
particolare del cervello.
Il corpo ha bisogno della mente, per cui un danno alla mente è, o
comporta, un danno al corpo; non un danno cerebrale, ma un danno
al corrispettivo fisico del corpo vissuto, cioè dal «fantasma del
corpo», che è vissuto come danneggiato nella vita mentale.
E’ chiaro che, nel film, questa concezione è motivata da esigenze
narrative e di spettacolarizzazione: bisogna che il rischio che i
personaggi corrono nella loro vita virtuale in Matrix sia a tutti gli
effetti un rischio mortale, e che le loro ferite virtuali siano (anche)
vere ferite.
Anche se i motivi non sono, probabilmente, filosofici, sta di fatto
il film si trova a sostenere una concezione spinozistica del rapporto
tra mente e corpo: la mente non è il cervello ma l’intero corpo in
una sua possibile descrizione.
La teoria che Matrix assume per le proprie esigenze poetiche va
nella direzione di concepire la mente in rapporto non al solo
cervello ma all’intero corpo: molti dei nostri processi cognitivi
sarebbero possibili solo grazie al "sapere del corpo", cioè solo
grazie ai meccanismi di interazione con l’ambiente che sono
incorporati nei nostri organi percettivi e motori.
E se fosse tutto un sogno?
Se niente esistesse per davvero? Né noi, né questo scritto, né la
SSIS, né questo esame finale, né il mio stesso corpo - ma tutto fosse
un’illusione completa e coerente, generata dalla mia mente (come i
39
sogni) oppure indotta da un ente dotato di un immenso potere di
suggestione? Solo la mia mente (ed eventualmente l’Ingannatore)
esisterebbero davvero; tutto il resto sarebbe "della stessa materia di cui
son fatti i sogni", come dice Shakespeare: fantasmi, immagini, deliri, il
tipo di cose che si agitano nella nostra mente quando sogniamo.
La capacità degli esseri umani di sognare e di formare immagini,
di cose che non esistono e di situazioni non realizzate, è alla base di
questa antica fantasia filosofica. Nel caso in cui non si concepisca
alcun Ingannatore esterno, questa teoria ha il nome di solipsismo:
solo io esisto, solo la mia mente.
La formulazione canonica di queste ipotesi è dovuta a Cartesio.
Nella versione di Cartesio, l’illusione che chiamiamo ‘realtà’
potrebbe essere prodotta da un essere perfido, un genio maligno. In
Cartesio, l’ipotesi del genio maligno è una delle ipotesi che
vengono prese in esame lungo il percorso che dovrebbe portare ad
una fondazione certa del sapere scientifico.
L’ipotesi dell’illusione coerente è una fantasia filosofica classica,
a cui sono state date risposte non meno classiche. Quel che è
interessante di Matrix è che contiene delle risposte a queste
obiezioni, anche se non è molto probabile che i registi, i fratelli
Wachowski, abbiano studiato il problema o la letteratura filosofica
che ne tratta.
Prendiamo in esame due di queste obiezioni,
(1) L’obiezione della parzialità del sogno.
La nozione di sogno presuppone l’idea di veglia e di risveglio: da
un sogno deve essere possibile svegliarsi. Un sogno da cui non ci
si potesse svegliare non sarebbe un sogno; almeno non nel nostro
senso di sogno. Perciò un sogno «globale» è una contraddizione
in termini: un sogno è intrinsecamente parziale.
40
Matrix risponde a questa obiezione perché dall’illusione della vita
virtuale di Matrix è possibile uscire: gli hackers protagonisti del
film sono appunto dei risvegliati. Non è ben chiaro come si esca
da Matrix (né del resto come ci si rientri): ma il fatto che se ne
possa uscire la legittima concettualmente. Matrix è un’illusione
che ha un "fuori", quindi è davvero un’illusione nel senso
normale del termine.
L’altra obiezione, simile a questa, si potrebbe chiamare
(2) L’obiezione della vuotezza dell’ipotesi.
Un’illusione globale, coerente e inevitabile, non può essere
contrapposta alla realtà perché non è veramente distinta dalla
realtà; non è altro che la realtà stessa. Spesso noi contrapponiamo
l’apparenza alla realtà: il bastone nell’acqua sembra spezzato ma
in realtà non lo è, ecc. Quando contrapponiamo apparenza e
realtà, abbiamo sempre qualche evidenza a favore di ciò che
chiamiamo ‘realtà’. Il bastone sembra spezzato ma, se lo
tocchiamo, lo sentiamo intero; se lo tiriamo fuori dall’acqua non
lo vediamo spezzato, e abbiamo ragione di ritenere che gli oggetti
del tipo dei bastoni non cambino forma quando sono immersi
nell’acqua; e le leggi dell’ottica ci spiegano perché il bastone, pur
essendo integro, ci appare spezzato. L’apparenza ha qualche
ragione dalla sua, ma la realtà ha ragioni preponderanti.
Volendo essere estremisti, si potrebbe dire che chiamiamo
‘apparenza’ ciò che ha dalla sua una minoranza di ragioni, e
‘realtà’ ciò che è sostenuto da ragioni preponderanti.
Comunque, nel caso dell’illusione globale le cose non stanno
così. La realtà che vorremmo contrapporre all’illusione non ha
nessuna via d’accesso: non abbiamo e non avremo mai evidenze
41
da contrapporre a quelle che il genio maligno, o lo scienziato
malvagio di
Putnam, ci rendono accessibili.
Il mondo
dell’illusione coincide col mondo delle evidenze, cioè con la
realtà; dunque non è possibile alcuna contrapposizione tra sogno
(o illusione) e realtà.
In questo senso si può dire che l’ipotesi "che sia tutto un sogno" è
vuota. Una realtà in linea di principio inaccessibile non potrà mai
essere contrapposta all’illusione.
Anche in questo caso l’obiezione non si applica al mondo di
Matrix: Matrix ha un "fuori", accessibile con fatica ma accessibile,
se non altro agli eroi del film. La realtà – il mondo impoverito e
devastato in cui comandano le macchine e vegetano gli esseri
umani - è il contenitore di un colossale contenuto, Matrix.
E' proprio il suo carattere di contenitore a farne la realtà, e a fare
di Matrix l’illusione. Matrix accade nella realtà, mentre la realtà
non accade in Matrix.
Realtà virtuale
L’idea centrale di Matrix è un’elaborazione dell’idea di realtà
virtuale. Gli sviluppi della computer graphics, resi familiari da film
come Jurassic Park (Spielberg 1993), hanno consentito di simulare
con grande verisimiglianza immagini tridimensionali che l'occhio
umano distingue da rappresentazioni fotografiche, cinematografiche
o televisive.
E' possibile coordinare queste simulazioni grafiche a certe nostre
attività percettive e motorie in modo da ottenere quegli effetti di
immersione e integrazione che sono caratteristici del nostro
rapporto col mondo reale. E' possibile far coincidere l'immagine
simulata col campo visivo dell'utente, che a quel punto non vede più
42
l'immagine in uno schermo (e lo schermo come oggetto tra altri
oggetti), ma vede soltanto l'immagine simulata dal computer. Si
ottiene così un primo effetto di immersione. In secondo luogo, è
possibile far coordinare le immagini con i movimenti dell'utente. La
simulazione può essere completata con proprietà tattili, acustiche,
olfattive ecc. Diventa così possibile, ad esempio, spostare un
oggetto toccandolo (in realtà, modificare l'immagine muovendo una
mano, i cui movimenti sono comunicati al computer attraverso un
"guanto"). Si ottiene, in altre parole, una simulazione completa di
un frammento di realtà: per esempio una stanza ammobiliata, o una
strada percorsa da vari veicoli. Ed è questo che si intende per "realtà
virtuale".
In Matrix si immagina che la simulazione possa essere non solo
globale anziché frammentaria, ma anche collettiva: una stessa
simulazione è contemporaneamente fruita da molti utenti, che
interagiscono con la simulazione e quindi, indirettamente, anche tra
di loro. L’idea di Matrix è quella di simulare la condivisione di un
mondo.
L'idea di realtà virtuale e i tentativi di realizzarla portano con sé
interessanti riflessioni su che cosa significa, per noi, abitare il
mondo; o più precisamente, su quali stimoli devono esserci forniti, e
in quali condizioni, affinché la nostra mente costruisca le immagini
degli oggetti come oggetti «reali».
43
Appendice 4
Matrix e il velo di Maya (Schopenhauer)
Matrix si basa sull'ipotesi che la cosiddetta «realtà» esperita dal
soggetto non sia altro che «parvenza». E' del tutto evidente, e forse
fin troppo semplice, rilevare qualche coincidenza tra questa visione
e la teoria al centro della filosofia di Schopenhauer.
Schopenhauer distingue, come è noto, tra fenomeno e noumeno: il
fenomeno è il mondo della rappresentazione, il mondo così come
noi ce lo rappresentiamo, quindi il dominio dell'apparenza, il "velo
di Maya", il regno dell'illusione e della menzogna che nasconde la
verità.
Il noumeno è invece la stessa verità che si cela dietro il fenomeno
e la nostra rappresentazione, una verità dura e crudele: tutto è
Volontà, tutto è cieco e irrazionale impulso di vivere. Tale Volontà
non ha altro scopo che riprodurre se stessa. Da questo punto di vista
anche l'amore non è che un'illusione tramite cui la vita, ingannando
i singoli, perpetua se stessa, promovendo l'attività sessuale,
finalizzata alla pura e semplice riproduzione delle specie.
Anche in questo caso non mancano parallelismi con il mondo
virtuale creato con Matrix: tale mondo è un gioco illusionistico atto
a nascondere la verità, ovvero il dominio e l'istinto di sopravvivenza
delle macchine. I singoli uomini non hanno alcun valore se non
come mezzi per garantire la continuità della specie delle macchine:
essi "sono coltivati" da queste per ottenere alla fine delle pile con
cui alimentare la propria vita.
Come vincere la Volontà di vivere? Per Schopenhauer attraverso
tre stadi:
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1) l'arte (farsi "puri occhi del mondo" di fronte alle opere d'arte);
2) l'etica della pietà, della giustizia e della carità (mettersi nei
panni degli altri, assumendo su di sé la loro sofferenza,
amandoli disinteressatamente);
3) ascesi.
Anche per Neo la salvezza passa attraverso passaggi analoghu:
con-patire Morpheus e amare Trinity, contemplare con distacco i
codici e linguaggi informatici che costituiscono il mondo virtuale,
scorgere la nullità stessa di questo mondo («Il cucchiaino non
esiste»), giungere all'ascesi intellettuale che consente di dominare
le apparenze.
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