Università di Roma – Tor Vergata
Facoltà di Ingegneria – Dipartimento di Ingegneria Industriale
Corso di:
“TERMOTECNICA 1”
FLUIDODINAMICA:
MOTO IN CONDOTTI E ATTRITO
Ing. G. Bovesecchi
[email protected]
06-7259-7127 (7249)
Anno Accademico 2012-2013
Fluidodinamica – Moto in condotti
FLUSSO ENTRO I CONDOTTI A SEZIONE CIRCOLARE
Passiamo ora ad analizzare a cosa succede quando il fluido si
muove all’interno di un condotto.
Nel moto di un fluido all’interno di condotti (ad esempio a sezione
circolare ma le considerazioni qui descritte si possono applicare a
qualsiasi sezione, ad eccezione delle zone vicino agli spigoli)
l’andamento dello strato limite si ottiene da quello della lastra
piana immaginando di avvolgere su se stessa la lastra.
LAMINARE
TURBOLENTO
!
Fluidodinamica – Moto in condotti
Nel moto laminare lo spessore dello strato limite cresce sino a
raggiungere l’asse del condotto. La portata risulta costante e quindi
se la velocità sul bordo diminuisce a causa della viscosità, aumenta
sul centro, ma l’area sottesa dal profilo di velocità (dopo
integrazione su tutta la sezione) risulta costante. Lo strato limite
raggiunge l’asse del condotto alla distanza Li dall’imbocco. Una
relazione empirica fornisce Li /d=0,05 Red essendo d il diametro
del condotto
Nel caso laminare i profili di velocità nel moto completamente
sviluppato (dopo il tratto di imbocco) assumono andamento
parabolico con legge:
u
y ⎛ y⎞
= 2 −⎜ ⎟
uR
R ⎝ R⎠
2
con R il raggio del condotto e y = R – r, con r il raggio generico
Fluidodinamica – Moto in condotti
Nel caso del moto turbolento l’andamento degli strati limite
(sottostrato laminare e strato turbolento) si ottengono immaginando
di avvolgere su se stessa una lastra piana ed il relativo strato limite.
Chiaramente risulta più che probabile che lo strato limite raggiunga
l’asse del condotto, e quindi che non vi sia più entro il condotto
una velocità indisturbata.
Nel caso del moto turbolento l’andamento della velocità sul profilo
assume l’espressione (empirica):
u ⎛ y⎞
=⎜ ⎟
uR ⎝ R ⎠
1/7
con R è il raggio del condotto e y = R – r, con r il raggio.
La velocità di riferimento (con cui calcolare per esempio il numero
di Reynolds) non può più chiaramente essere la velocità
indisturbata.
Fluidodinamica – Moto in condotti
Si assume la velocità media calcolata dalla portata massica:
m
u=
ρA
m = ∫ dm = ∫ ρ u dA
A
A
se ρ è costante (fluido incomprimibile):
m = ρ ∫ u dA
A
E quindi:
m
1
u=
= ∫ u dA
ρA A A
Fluidodinamica – Moto in condotti
Se invece ρ è varibile:
1
ρu = ∫ ρ u dA
A A
E quindi:
m = ρ u ⋅ A
Fluidodinamica – Fattore di attrito
Per valutare nel moto laminare il fattore d’attrito, si parte dalla
relazione:
1 dP
τ =− r
2 dx
da cui risulta come lo sforzo di taglio sia direttamente
proporzionale al raggio e al gradiente di pressione lungo la
lunghezza del condotto.
Il suo valore massimo si ha sulla superficie interna del condotto,
r=R, a contatto con la parete. In questo punto:
1 dP
τ0 = − R
2 dx
τ0 ⋅ r
e τ=
R
Fluidodinamica – Fattore di attrito
Il gradiente di pressione lungo la lunghezza del condotto, dP/dx,
in genere non è elevato (la pressione varia gradualmente e
abbastanza lentamente), ed è all’incirca costante, almeno per il
caso di condotti a sezione costante.
Si può esprimere τ0 in funzione della velocità media sulla sezione
del condotto, della densità e di un fattore adimensionale ξ (fattore
d’attrito). Tale espressione vale:
ξ=
8τ 0
ρu2
Da cui:
dP 2τ 0 4τ 0 4 ρ u 2 1 ρ u 2
−
=
=
= ξ
= ξ
dx
R
D 8 D
2 D
Fluidodinamica – Fattore di attrito
quindi:
ΔP 1 Lu 2
= ξ
ρ 2 D
tenendo conto che il gradiente di pressione è costante.
Questa equazione è l’espressione di Darcy Weissbach, ed è
quella più utilizzata per il calcolo delle perdite di carico (o
caduta di pressione) distribuite all’interno dei condotti.
L’espressione può anche essere scritta nella forma:
ΔP 2 D
ξ=
L ρ u2
Fluidodinamica – Fattore di attrito
Ricordando che per il moto laminare la velocità media è
funzione della caduta di pressione dalla relazione:
ΔP D 2
u=
32 µ L
Che inserita nella relazione:
ΔP 2 D
ξ=
L ρ u2
Portano alla relazione:
ξ=
u 32 µ 2D
D
2
Pu
2
µ
64
= 64
=
Dρu Re
Fluidodinamica – Fattore di attrito
In regime turbolento bisogna considerare che le grandezze
dinamiche (velocità, temperatura, etc) hanno andamenti
variabili nel tempo e nello spazio. Se si utilizzano i valori
medi, si può affermare che la velocità media continua ad avere
come unica componente quella assiale, e risulta ancora
costante nella direzione del flusso (la portata è sempre
costante).
La pressione non può più essere considerata rigorosamente
costante sulla sezione, e τ rappresenta lo sforzo di taglio
totale, dovuto sia alla viscosità che alle turbolenze che
spostano materia da un punto all’altro provocando variazioni
della velocità del fluido (sono i cosiddetti sforzi apparenti o di
Reynolds).
Fluidodinamica – Fattore di attrito
τ risulta ancora funzione solo della distanza dall’asse secondo
la relazione:
r
τ = τ0 ⋅
R
l’equazione di Darcy Weissbach continua ad essere valida.
Unicamente il fattore d’attrito ξ non dipende più solamente
dal numero di Reynolds, ma anche dalla rugosità del
condotto.
Dall’analisi dimensionale si ottiene che il fattore d’attrito ξ
(adimensionale) risulta funzione degli altri due numeri
adimensionali Re e e/D, essendo e la rugosità.
La dipendenza di ξ da Re e e/D viene rappresentata da un
diagramma, molto usato per il calcolo delle perdite di carico,
chiamato diagramma di Moody.
Fluidodinamica – Fattore di attrito
Fluidodinamica – Fattore di attrito
Qui di seguito sono presentate alcune espressione empiriche per
determinare il fattore d’attrito nei condotti per il moto turbolento.
Se e/D è trascurabile (tubi lisci), cioè se:
⎛
⎞
eρ u
D
≤ 5 ⎜ 5,75log + 5,77⎟
2e
µ
⎝
⎠
si usa la formula semiempirica di Prandtl (valida per Re<3,4 106):
1
ξ
(
)
= 2.035log Re ξ − 0,91
Fluidodinamica – Fattore di attrito
Oppure la formula di Blasius (valida per 3000<Re<100000):
ξ=
0,3164
Re0,25
o l’altra analoga (valida per 20000<Re<300000):
ξ=
0,184
Re0,2
Quando invece predomina la rugosità, cioè vale la condizione:
⎛
⎞
e ρu
D
> 70 ⎜ 5,75log + 4,75⎟
2e
µ
⎝
⎠
Si utilizza la relazione:
⎛
⎞
D
ξ = ⎜ 2log + 1,74⎟
2e
⎝
⎠
−2
Fluidodinamica – Perdita di carico
E’ da notare come le relazioni sopra descritte predicono per
il moto laminare una dipendenza di ΔP/L da u di tipo
lineare, mentre per il moto turbolento ΔP/L risulta
1.75
1.8
proporzionale a u oppure u secondo la relazione usata.
Per le perdite di carico concentrate ΔP/L è proporzionale
2
u
invece a
.
Quando il fattore d’attrito risulta funzione sia della rugosità
che del numero di Reynolds, si utilizza la relazione empirica
di Colebrook White:
⎛ 2e 18,7 ⎞
1
= 1,74 − 2log ⎜ +
⎟
ξ
⎝ D Re ξ ⎠
Che dà il fattore d’attrito in forma implicita. Occorre quindi
effettuare un calcolo iterativo per ottenerne il valore.
Fluidodinamica – Perdita di carico
Si noti come il diagramma di Moody rappresenta esattamente la
soluzione (chiaramente numerica) dell’equazione implicita
descritta dalla relazione di Colebrook White.
Per la progettazione pratica degli impianti vengono utilizzati
dagli impiantisti dei diagrammi ad hoc, che riportano in
ascissa la portata massica (in kg/s) o volumica (in m3/h, ad
esempio), in ordinata la caduta di pressione per unità di
lunghezza, dovuta alla perdita di carico distribuita (in Pa/m,
o in millimetri di caduta d’acqua al metro).
Inoltre sono riportate nel diagramma le curve della velocità
del fluido e i diametri dei condotti.
Un esempio è il seguente.
Fluidodinamica – Perdita di carico
!
Fluidodinamica – Perdita di carico
Fluidodinamica – Perdita di carico
Nei condotti non circolari, in particolare in quelli in cui la
sezione presenta degli spigoli (condotti a sezione rettangolare o
polinomiale), chiaramente non vi è più simmetria cilindrica, ma
l’equazione di Darcy Wiessbach si può continuare a considerare
valida se si sostituisce il diametro del condotto con il cosiddetto
diametro idraulico equivalente, definito come il diametro di un
condotto circolare che presenta lo stesso fattore d’attrito del
condotto considerato. Una espressione analitica di tale diametro
equivalente è la seguente:
4A
Deq =
P
dove A è la sezione del condotto e P il perimetro, inteso come la
somma dei tratti bagnati dal fluido. Chiaramente il diametro
equivalente coincide con il diametro effettivo nel caso di
condotti circolari.
Fluidodinamica – Perdita di carico
Inoltre è uguale al lato per un condotto di sezione quadrata,
vale 2 volte lo spessore di un’intercapedine in cui un lato sia
molto maggiore dell’altro, e la differenza dei diametri in un
condotto di sezione anulare.
Il diametro equivalente si utilizza solo per il calcolo del fattore
d’attrito e delle perdite di carico, quindi nelle espressioni
empiriche del fattore d’attrito, come lunghezza caratteristica dei
numeri adimensionali (Reynolds, Nusselt, Grashof, etc.), ma
non chiaramente nel calcolo della sezione effettiva e della
portata.
Fluidodinamica – Perdita di carico
Nel caso delle perdite di carico in condotti a sezione non
circolare percorsi da un fluido in moto non laminare,
l’espressione del fattore d’attrito non vale più ξ=64/ReDeq , bensì
si usa un altro fattore, che è dato da tabelle in funzione del
rapporto dei lati nel caso di condotti a sezione rettangolare, e del
rapporto dei raggi nel caso di sezione ad anello.
Per un condotto a sezione rettangolare definendo α = L1/L2 dove
L1 è il lato inferiore, il numero n che sostituisce 64
nell’espressione del fattore d’attrito si può calcolare
dall’espressione:
(
n = 24 1− 1,3553α + 1,9467α 2 − 1,7012α 3 + 0,9564α 4 − 0,2537α 5
)
Fluidodinamica – Perdita di carico
Nel caso delle perdite di carico in condotti a sezione non
circolare percorsi da un fluido in moto non laminare,
l’espressione del fattore d’attrito non vale più ξ=64/ReDeq , bensì
si usa un altro fattore, che è dato da tabelle in funzione del
rapporto dei lati nel caso di condotti a sezione rettangolare, e del
rapporto dei raggi nel caso di sezione ad anello.
Per un condotto a sezione rettangolare definendo α = L1/L2 dove
L1 è il lato inferiore, il numero n che sostituisce 64
nell’espressione del fattore d’attrito si può calcolare
dall’espressione:
(
n = 24 1− 1,3553α + 1,9467α 2 − 1,7012α 3 + 0,9564α 4 − 0,2537α 5
)
Fluidodinamica – Perdita di carico
PERDITE DI CARICO CONCENTRATE.
Si tratta di tratti localizzati del percorso delle tubazioni dove
avviene una perdita di carico per effetti diversi dal semplice
attrito distribuito. Si hanno per esempio perdite di carico
concentrate in occasione di bruschi restringimenti o
allargamenti dei condotti, di curve, diramazioni e
ricongiungimenti.
Esistono apposite tabelle che danno il fattore di perdita
concentrata kL in funzione di alcuni parametri del condotto e
della perdita (ad esempio rapporto tra il raggio della curva e il
diametro del condotto, o rapporto tra le sezioni prima e dopo la
contrazione).
Fluidodinamica – Perdita di carico
L’espressione per le perdite concentrate , analoga a quella di
Darcy Weissbach, è:
ΔP 1
= k Lu 2
ρ 2
(chiaramente le perdite di carico concentrate non dipendono
dalla lunghezza e in genere neanche dal diametro a meno della
dipendenza del fattore d’attrito da questo). A volte per unire in
un’unica espressione le perdite di carico distribuite e
concentrate si definisce una lunghezza fittizia equivalente alle
perdite concentrate, cioè una lunghezza del tubo che mi dà una
perdita di carico distribuita uguale a quella concentrata, da
aggiungere alla perdita distribuita dovuta alla lunghezza del
condotto.
Fluidodinamica – Perdita di carico
Tale lunghezza fittizia equivalente vale chiaramente:
kL D
Leq =
ξ
ΔP
1 2 L + Leq
= ξu
ρ tot 2
D
Per le perdite di carico concentrate chiaramente vi è dipendenza
2
di ΔP/L da u .
Le perdite di carico possono essere in serie o in parallelo.
Fluidodinamica – Perdita di carico
In una analogia elettrica, le perdite di carico possono essere
assimilate a cadute di tensione, le prevalenze (aumenti di
pressione dovuti a elementi attivi, quali pompe, compressori o
ventilatori) a forze elettromotrici, la portata di fluido alla
corrente elettrica, e le resistenze al moto, quindi non il fattore
d’attrito, ma la quantità:
ΔP
=
m
⎛ l
⎞
ξ
+ ∑ζ i ⎟
⎜
2⎝ d
⎠
2
⎛ πd ⎞
ρ⎜
⎟
4
⎝
⎠
Alla resistenza elettrica.
m
Fluidodinamica – Perdita di carico
Quando si hanno tratti del circuito in serie, pertanto, le perdite
di carico e le prevalenze si sommano (o sottraggono) mentre le
portate rimangono le stesse. Quando i circuiti sono in parallelo,
le perdite di carico devono essere le stesse sui vari tratti (in
parallelo appunto); le portate che entrano nei nodi invece
devono essere uguali a quelle che escono.
Nei circuiti chiusi, l’andamento della pressione si può valutare,
anche qualitativamente, tenendo conto che aumenta solamente
in corrispondenza degli elementi attivi (pompe, compressori,
ventilatori) e diminuisce a causa delle predite di carico (in modo
improvviso per quelle localizzate e in modo graduale lungo il
precorso per quelle distribuite).
Fluidodinamica – Perdita di carico
Si deve valutare l’andamento della pressione nel precorso più
lungo tra tutti quelli in parallelo, tenendo conto del ramo di
andata e quello di ritorno, la pressione finale e quella iniziale
chiaramente coincideranno.
I calcoli sulle perdite di carico determinano le differenze di
pressione ma non la pressione assoluta, che invece viene
stabilita da opportuni dispositivi (ad esempio negli impianti di
riscaldamento ad acqua dal vaso di espansione). Nei diversi
rami in parallelo, come detto sopra, la caduta di pressione deve
essere la stessa. Le considerazioni generali qui fatte verranno
applicate direttamente nel caso degli impianti di riscaldamento
ad acqua.
Fluidodinamica – Perdita di carico
Nel caso di circuiti aperti, la situazione è simile, ma bisogna
tenere conto che l’inizio del circuito si trova alla pressione del
volume da cui viene estratto il fluido (una vasca aperta per
l’acqua, o un ambiente per l’aria) e la fine in un volume
analogo, che può essere lo stesso o più facilmente un altro.
Anche per tali circuiti, se come avviene di solito le pressioni
dell’ambiente di estrazione e quella di immissione sono le
stesse, la prevalenza dell’elemento attivo deve compensare le
perdite di carico, ma la pressione assoluta del circuito viene
determinata dalla pressione dell’ambiente aperto che è stabilita.
Fluidodinamica – Perdita di carico
Nel caso dell’acqua (e in casi particolari anche per l’aria, come
nel caso dei camini) occorre anche tenere conto delle variazioni
di pressione dovute all’altezza, cioè della componente
piezometrica, che fa aumentare la pressione quando la quota del
circuito si abbassa, e la fa diminuire quando si alza. Nel caso dei
un circuito chiuso queste variazioni si compensano tra andata e
ritorno. Nei circuiti aperti invece bisogna tenere conto della
differenza di quota tra ingresso e uscita.