“Il tuo volto Signore io cerco…”
PAOLA PASQUALINI, COOPERATRICE PASTORALE DIOCESANA
Introduzione sul senso e il significato dell’Icona
Prima di accingerci a vivere insieme questo momento di contemplazione nella preghiera, vedo
necessario che insieme ci introduciamo sul senso e il significato dell’icona.
Oggi, che lo vogliamo o no, noi trasferiamo inevitabilmente nella nostra vita spirituale tutti i tratti
caratteristici della società contemporanea:
- la secolarizzazione della coscienza ecclesiale;
- l’approccio meramente estetico dell’arte;
- il razionalismo;
- la perdita dell’integra percezione del mondo come creazione divina;
- la perdita del linguaggio dell’icona.
Questi sono tutti problemi di ordine spirituale.
Papa Francesco, nell’EG (167) ci invita a ridare la giusta importanza nella catechesi alla “via della
bellezza” (via pulchritudinis), sottolineando che annunciare Cristo significa mostre che credere in
Lui e seguirlo non è solo cosa buona e giusta, ma anche bella. Invita quindi a valorizzare e a
riconoscere tutte le espressioni di autentica bellezza.
Tra queste possiamo ben indicare il linguaggio dell’icona.
L’icona è realizzata nella e per la preghiera. Essa è una sorta di finestra che introduce al mondo
dello Spirito. Racchiude un linguaggio particolare, fatto di segni, dove ogni simbolo esprime
qualcosa in più di quello che esso rappresenta in sé.
Per noi è un’immagine viva!
Oggi è difficile comprenderla perché sulla nostra percezione estetica hanno influenzato
fortemente il realismo pittorico, la fotografia, il cinema …
L’arte dell’icona potremmo dire che in un certo senso si contrappone a questo.
Il mondo di oggi ha bisogno ancora dell’icona, perché ha bisogno dell’Immagine..
L’icona (dal greco   immagine) infatti, esprime la religiosità dell'Oriente cristiano; in
particolare del popolo russo. Dopo l'Incarnazione del Verbo in Gesù Cristo, i credenti hanno
cominciato a raffigurare il volto di Dio. "Cristo è immagine del Dio invisibile" (Col. 1,15).
La loro preziosità per la preghiera di un credente è data dal fatto che è riconosciuta come un libro
della fede, poiché attraverso l’immagine viene trascritto il messaggio evangelico che la Sacra
Scrittura trasmette con la Parola (cfr. CCC §1160). Essa era così preziosa che i Padri della Chiesa
hanno stabilito che le icone venissero venerate come la Croce e il Vangelo.
Alcuni aspetti storici e teologici.
L'arte iconografica raggiunse la massima fioritura nel secolo dei grandi Santi russi, nell'epoca in cui la Russia
si raccoglie intorno alla figura di S. Sergio di Radonez (sec. XIV).
L'icona non è una semplice immagine, ma luogo della Presenza Divina, una finestra sul mistero, capace di
donare un significato per tutto l'uomo, capace di dare una risposta esauriente ai suoi bisogni e alle sue
domande sul senso dell'esistenza; attraverso forme e colori incarna una visione della verità e una
concezione del mondo profondamente religiosa.
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L'icona inoltre è l'arte dei primi secoli del Cristianesimo, l'arte della Chiesa indivisa; è un'arte ecumenica a
cui dobbiamo guardare per ricomprendere e rivivere in modo nuovo le ragioni dell'unità che ha generato
l'Europa: quelle della santità e della fede.
La Russia assume la tecnica iconografica da Bisanzio, dove ebbe il suo apice nella tecnica pittorica di Andrej
Rublev, il genio insuperato dell'iconografia russa.
Fino al XIV secolo si svilupparono quattro grandi scuole:
* La scuola di Mosca, che ha come massimo esponente A. Rublev;
* La scuola di Novgorod, caratterizzata da uno stile più popolare, legato al folclore e alla natura;
* La scuola di Pskov;
* La scuola del Nord, nella quale il materiale è molto più povero (l'oro è sempre sostituito dall'ocra).
A partire dal XVIII secolo comincia per l'icona un processo di decadenza: si smarrisce il significato religioso
dell'icona che diviene così semplicemente un oggetto d'arte e, come tale, cerca forme e ornamenti sempre
più ricercati e sofisticati.
Dopo la Rivoluzione (1915), quantità incalcolabili di icone sono state bruciate e distrutte dal regime
sovietico, oppure fatte oggetto di speculazioni con i mercanti d'arte occidentali. In tal modo il popolo russo
è stato privato di una patrimonio preziosissimo. Oggi la maggior parte delle icone in Russia è custodita nei
musei ed sono ridotte ad oggetto d'arte e non di preghiera e contemplazione (come la loro natura
richiede).
Tuttavia quest'arte è ancora molto viva nel mondo orientale ed è stata abbracciata con serietà e rispetto
dalla tradizione occidentale.
Il luogo dell'icona era ed è la chiesa, e l'angolo d'onore ("l'angolo bello") in casa, verso cui gli ospiti
s'inchinano prima ancora di salutare i padroni di casa.
E le icone non solo quelle dipinte su tavole, ma anche affrescate, e scritte nella tecnica a mosaico (di cui il
nostro paese ne è impreziosito: San Marco a VE; Ravenna; Palermo; Monrelae, Cefalù, Pisa, Spoleto, e
ancora in Roma, san Clemente, Santa Maria Maggiore, Santa Maria in Trastevere, e altre).
Ci sono vari elementi di estetica che ci possono aiutare a leggerle. Ci basti per stasera sapere che:
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Il volto e lo sguardo dei personaggi sono particolarmente importanti. Il volto è costruito secondo la
struttura dei cerchi concentrici e raramente è di profilo. Esso generalmente viene dipinto per
ultimo, perché è il volto o i volti che danno al luminosità definitiva all’icona.
- La prospettiva inversa. La rappresentazione dello spazio non deve avere profondità, ma ogni cosa è
raffigurata come proiettata sul piano. L'iconografia non utilizza la prospettiva lineare (che rende
verosimili le cose rappresentate ponendole in prospettiva), ma piuttosto la prospettiva inversa (o
rovesciata), affinché sia l'immagine rappresentata ad "avanzare" verso lo spettatore, e non
viceversa. In questo modo viene raffigurato lo spazio "non di questo mondo". L'icona è una
finestra sul mondo santo, che si apre davanti alla persona che lo guarda, per cui in questo schema
gli oggetti diventano più grandi quanto più si allontanano dallo spettatore.
Non si rappresentano mai scene all'interno; l'avvenimento rappresentato si svolge in un primo
piano, e le raffigurazioni retrostanti devono essere riportate anch'esse sul primo piano.
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I colori vengono usati nel loro valore simbolico
Ogni colore ha un simbolismo legato alla rappresentazione dell’umanità e della divinità, delle
tenebre e della luce.
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 Il bianco: è il colore che rappresenta direttamente il mondo divino, appare vicino alla luce stessa.
Nell’icona il bianco domina l’immagine con il suo irradiamento, sembra fare un salto in avanti con
più forza di tutti gli altri colori (cfr. Trasfigurazione). È anche il colore dell’innocenza, perché a
coloro che si convertono Dio promette che i loro peccati diventeranno bianchi come la neve.
 Il blu: è il colore della trascendenza in rapporto a tutto ciò che è celeste e sensibile. Tra tutti i colori
ha un irradiamento più spirituale. Produce un’impressione di profondità e di calma. Nell’immagine
si fa indietro e resta passivo.
 Il rosso: è il colore più attivo. Avanza verso lo spettatore, s’impone. Insieme con l’oro e il bianco
può servire da fondo dell’icona.
 Il verde: nelle Scritture serve come attributo della natura. Il verde è la giovinezza e la vitalità.
L’irradiamento del verde è calmo e neutro. Con la composizione di altri colori, armonizza l’insieme.
È largamente utilizzato per i personaggi delle icone.
 Il bruno: colore composto di rosso, blu e verde e contiene nero. Esso riflette la densità della
materia. Lo troviamo per indicare tutto ciò che è terrestre.
 Il nero: è assenza totale di luce. Tutto l’universo dei colori si spegne nella notte del nero. Lo
troviamo negli Inferi, nella tomba di Lazzaro, nella grotta della Natività, per ricordare che il
Salvatore viene a portare luce a “colore che stanno nelle tenebre”. Il bambino deve passare
attraverso la morte per donare la vita eterna.
 Il giallo: è un colore vicino alla luce. Nella tinta pura (giallo limone), diffonde una tristezza costante
(icona della deposizione al sepolcro).
 L’oro: è il riflesso puro della luce. Non ha colorazione materiale, è puro splendore. È simbolo della
luce divina.
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Le luci. Lo sfondo dell'icona è luce ed è rappresentato con l'oro o con i colori luminosi.
Nelle icone non c'è sorgente di luce e ombre.
La luce irradia dalle cose stesse.
La tecnica dell’illuminazione è fondamentale soprattutto nell’esecuzione dei volti, che vengono
completati da tocchi chiarissimi, le lumeggiature, che sottolineano molto gli occhi.
Meditazione sul Volto del Salvatore.
- Come creature e come credenti portiamo nel nostro cuore una grande nostalgia di vedere il Volto di Dio.
Il volto, in una persona è la parte che rimane “svelata”, ed è ciò che in qualche modo “rende visibile” ciò
che la persona è in profondità (ne svela il cuore e la mente).
Così capiamo perché vorremmo vedere Dio faccia a faccia: significa vederLo come Egli è, nella sua
interiorità. In Lui c’è misericordia, tenerezza, giustizia, fedeltà, pazienza. Vedere il suo Volto raggiante,
luminoso, splendente significa non solo che Egli è buono nel guardarci, ma anche che Egli riversa su di noi
tale bontà. Se il Signore fa’ splendere su di noi il suo Volto, illumina con la sua interiorità la nostra
interiorità e ci porta a guardare dentro di noi come Egli stesso ci guarda. Dove entra la luce, entra la verità,
la certezza, e la forza dell’amore.
Il desiderio di vedere il Volto di Dio si è realizzato in modo splendente nella sua incarnazione.
Il Volto di Gesù Cristo può essere cercato, sfuggito, capito, non riconosciuto, ma sarà sempre il volto di Dio,
fatto splendere su di noi con una fantasia di amore impensabile.
In ogni suo tratto è racchiuso un tratto della sua Parola, del suo Pensiero, del suo Amore. Più noi lo
contempliamo, più saremo portati a somigliare in volto all’amato.
- Come creature noi siamo stati fatti ad immagine somigliantissima di Dio: quindi il Volto di Dio è il volto
degli uomini. Anche nel volto umano più lontano e peccatore, dove il comportamento della persona è
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ben lontano da quello paterno, rimango le fattezze e i lineamenti del Padre. L’impronta che ognuno di
noi ha ricevuto è indelebile …
E così i volti dei fratelli e delle sorelle ci riflettono i tratti del Volto di Gesù, e nel contemplare il suo Volto, di
vero uomo, si riflettono tutti i tratti dei volti di tutti gli uomini e le donne del mondo.
Da questo ne deriva che se io guardo in Volto Gesù Cristo, vedo in esso tutti gli uomini-fratelli, con i loro
dolori, le loro gioie, le loro fatiche, le loro aspirazioni, la loro storia, le loro paure, ansietà, i loro slanci. In Lui
si raccolgono tutte le caratteristiche dell’uomo.
Nel volto dell’uomo si riflette invece qualche tratto soltanto del volto di Gesù, perché la nostra somiglianza
è debole. Essa però è sufficiente per ricordarci che Egli si è fatto uomo nella sua umanità ma anche in quella
di ciascuno, al punto che ritiene fatto a sé ogni atto di amore o di odio fatto a ciascuno degli uomini (cfr la
bellissima pagina di Mt 25). Se noi non saremo capaci di scoprire il Volto di Gesù nei fratelli che incontriamo
durante la nostra vita terrena, la nostra cecità di cuore sarà giudicata come non-somiglianza con il Volto di
Dio, al punto che Dio non ci riconoscerà più come figli.
Accogliere questo mistero (riconoscere i tratti di Dio nei fratelli) ci aiuterà a non giudicare nessun uomo, a
non disperare di nessuno e ad amare Gesù Cristo in ciascuno.
- Specchiandoci nel Volto di Gesù e nel volto dei fratelli, possiamo conoscere il nostro volto.
Nel Volto di Gesù scopriamo quanto egli ci ami, e quanto possiamo rovinare con le nostre fragilità
l’immagine di Dio messa in noi.
Nel volto dei fratelli, scopriamo il nostro peccato, la misericordia che Dio ha per noi, il nostro amore per gli
uomini.
Tutto questo dovrebbe portarci ad un appassionato desiderio di assomigliare sempre di più a Gesù,
ricopiandone i tratti personali, per imparare ad amare Dio in tutti.
Nel contemplare il suo Volto, stasera vorremmo porre la nostra attenzione su ogni sfumatura della sua
fisionomia, e chiedere la grazia che i suoi tratti diventino i tratti del nostro volto.
Abbiamo davanti a noi tre icone, contemporanee, dipinte da un’iconografa di Treviso.
Una si rifà al modello del Salvatore “Acheropita” che ha una lunga tradizione nella scrittura delle icone.
Una si rifà al Cristo Pantocratore, del VI secolo, che si trova nel Monastero di Santa Caterina sul Sinai.
Una è il particolare di un affresco.
In esse viene ben espresso il Volto inesauribile e sorprende di Gesù.
La pacatezza, la compostezza, l’espressione dolce e forte, la luminosità profonda, che ci parla della
tenerezza infinità del Dio della misericordia.
Nulla è fuori posto, racchiuso in un’armonia lieta e serena.
L’icona acheropita (no fatta da mano d’uomo) riproduce secondo la tradizione, le sembianze reali di Gesù
impresse su una tela di lino, il mandilion. Si narra che lo stesso Gesù l’avrebbe fatta avere al re agar V di
Edessa che, gravemente malato di lebbra, aveva inviato il suo archivista in Palestina da Gesù per invitarlo a
venire da lui. Avendo ricevuto da Gesù un rifiuto, l’archivista si mise a dipingere il suo volto; Gesù se ne
accorse, si bagnò il viso e se lo asciugò nel telo, lasciandovi impressi i suoi tratti. Il prezioso telo fu portato
a Edessa e custodito per secoli, fino al 944, anno in cui fu portato a Costantinopoli. Questa sarebbe l’origine
del mandilion, reliquia molto venerata a Costantinopoli, tanto che diede inizio a una speciale ufficiatura
celebrata ancora oggi il 16 agosto.
In questa icona, vediamo rappresentato solo il Volto, senza collo, di fronte: il Cristo ci invita a rivolgerci a
lui dandogli del “Tu”, ci invita al dialogo, a non avere paura: la “frontalità” è sempre offerta e disponibilità
al dialogo. Il “profilo”, al contrario, non dialoga, si difende, nasconde parte del volto.
I capelli, simmetricamente divisi, sembrano un velo che si alza per mostrare il volto di Gesù che illumina “la
divina tenebra”, cioè il mistero di Dio. Si apre il sipario sulla storia dell’umanità e appare il Nuovo Adamo.
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La fronte, ampia, scoperta, è la sede della sapienza.
Gli occhi grandi e dolci, sono pieni di luce e offrono vitalità con tono maestoso, quasi severo, anche se
accogliente.
Lo sguardo del Signore è solenne. Sembra esclamare: “Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il
regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34). La capacità di contemplare un’icona è
anzitutto dono di Dio. L’iniziativa parte unicamente da Lui.
La bocca è piccola e chiusa. Invita al silenzio, ad ascoltare la voce dello Spirito, ed è nell’atteggiamento
appena accennato di soffiare lo Spirito santo.
Lo sfondo d’oro che avvolge il Volto indica l’immersione della persona nella luce divina … nell’icona
contempliamo il Volto trasfigurato e trasfigurante del Risorto.
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L’icona del Pantocratore, cioè il Dio dell’universo, è la più antica giunta ai giorni nostri. Risale alla prima
metà del Vi secolo ed è dipinta su tavola di legno. Nell’originale il Cristo è seduto su un trono, che si scorge
alla spalle. Il grande nimbo dorato contrasta con i capelli scuri, mentre gli occhi molto aperti sono fissi oltre
i confini dello spazio e del tempo. La mano sinistra stinge al petto un prezioso Vangelo chiuso da fermagli
dorati e ricoperto di pietre preziose, bianche, rosso scure e blu, che al centro formano una croce. Altre
volte invece è raffigurato con il Libro aperto e indicante alcuni brevi passi del Vangelo (tipo: "Venite a
me voi tutti che siete affaticati e stanchi. Prendete su di voi il mio giogo leggero"; "Non giudicate dalle
apparenze, ma con giustizia; la stessa misura con cui misurerete, sarà applicata a voi"; "Il mio regno non è
di questo mondo, se fosse di questo mondo ... "; ecc).
La mano destra è benedicente e forma con le dita raccolte le iniziali del monogramma di Cristo IC XC.
Il nimbo che circonda il capo del Salvatore ha sempre inscritta una croce e nei tre bracci superiori c'è la
definizione scritturale "Colui che è" espressa con tre lettere greche: , in alto,  a sinistra (di chi osserva) e
N a destra.
Sull'icona deve essere scritto il nome della figura rappresentata. Per Gesù Cristo, si usa mettere in alto
l'abbreviazione greca IC XC, e questo anche nelle scritte in Russia.
Il colore rosso della veste di Cristo è tradizionale in tutte le icone e indica la sua divinità, mentre il manto
blu è segno della sua vera umanità.
Il colorito del volto, del collo e delle mani non è certo quello di una carnagione naturale, ma un uso radicato
dai toni scuri.
C'è una fondamentale somiglianza tra le moltissime icone del "Pantokrator" dipinte lungo i secoli:
i capelli a casco, divisi nel mezzo, ricadono sulla nuca; la fronte spaziosa ha gli archi sopraciliari ben
inarcati, gli occhi grandi, profondi, pensosi, divisi dal setto nasale piuttosto allungato; le labbra rosse,
strette in un saggio silenzio; le orecchie piccole, quasi un po' deformate, per sottolineare l'atteggiamento di
ascolto.
Il volto del Salvatore Onnipotente, talvolta sembra severo, ma ha sempre un'espressione di profonda
bontà.
Lasciamoci ora attrarre da questo volto, posando lo sguardo sull’icona che più ci attrae.
Prova a chiederti: quante volte lo sguardo di Gesù è stato per me un monito a cambiare, a convertirmi, a
lasciarmi trasformare il mio cuore di pietra?
So guardare il fratello con lo sguardo di Cristo che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”
per noi? (1 Corinzi 13,7).
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Lasciati penetrare dalla luce del Volto di Gesù. Con i due discepoli, fermati presso di Lui. La sua luce dorata
è grazia che ti rende nuovo, libero, in armonia con te stesso. Se ora ti lasci inondare dal suo amore, anche in
te nascerà il desiderio della carità, di essere più buono, di cercare di assomigliargli.
“Amatevi come io vi ho amato” : più che un comando è un’aspirazione profonda che ognuno di noi porta
nel suo intimo, è il desiderio di poter vivere una vita decorosa, intima e benefica per tutta l’umanità perché
quando uno ha provato l’esperienza d’essere amato, non può fare a meno di comunicarla.
Lo sguardo di Gesù lo insegna: è solo l’amore che ci muove, dal profondo, ad essere migliori. Gesù non
ascolta tanto le mie parole, i miei pensieri o le mie promesse. Lui legge nel cuore. E’ un Dio che tutto
capisce e semplicemente am .
Contempla Gesù che col soffio del suo Spirito vuole trasformarti, farti diventare simile a lui. E’ importante
scoprire che siamo davvero chiamati a lasciarci tra sformare dall’amore di Dio, anche e solo attraverso le
piccole cose, gli incontri quotidiani, nonostante gli sbagli e le debolezze umane. Solo così l’amore di Dio
prende carne in me e diventa testimonianza.
Bibliografia essenziale di introduzione all’icona:
DONADEO M.”Le icone, Morcelliana, BS, 1980
DONADEO M. “Le icone della Madre di Dio”, Morcelliana, 1982
DONADEO M. “Le icone di Cristo e dei Santi”, Morcelliana, 1983
EVDOKIMOV P. “Teologia della bellezza. L’arte dell’icona”, Ed. Paoline, 1984
NOUWEN H.J.M. “Contempla la bellezza del Signore. Pregare con le icone”, Queriniana, 1987
SENDLER E. “L’icona immagine dell’invisibile. Elementi di teologia estetica ed tecnica”, Ed. Paoline,
1984
SPIDLIK T. – Rupnik M. I. “Narrativa dell’immagine”, Lipa; 1996
TRADIGO A. “Icone e Santi d’Oriente”, Electa, 2004
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