ICONA DELLA NATIVITÀ DI GESÙ DI NAZARET
FIGLIO DI MARIA e FIGLIO DI DIO
dipinta da Alessandro Genta
L
a tradizione occidentale della Natività, si formalizza con San Francesco di Assisi. Nel Natale del 1223 a
Greccio, in provincia di Rieti, volle rievocare la nascita di Gesù con una rappresentazione vivente della scena
narrata nei vangeli (Mt 2,1-23; Lc 2,1-52). Secondo la leggenda, durante la Messa serale un bambino in carne e
ossa apparve nella culla; Francesco lo prese in braccio e … nacque la tradizione del presepe che si estenderà ben
presto a tutto l’occidente fino ai nostri giorni.
iprendendo un pensiero teologico, comune ai Padri della Chiesa, fin dal sec. III con Origene1 che espone il
«Lògos condensato», Francesco parla di «Lògos abbreviato»2: nella creazione Dio agì con dieci parole (Gen 1),
nell’incarnazione e nella morte di Gesù «Dio si è accorciato» in una sola Parola per essere accessibile all’umanità.
R
ella tradizione occidentale prevale la visione affettiva, poetica e, forse, anche magica, che si discosta dal
«senso» delle Scritture per acquietarsi nella dimensione favolistica, a volte artistica, in cui il «mistero di Dio
incarnato» è solo il pretesto per giustificare il «clima natalizio» come atmosfera consumistica e folcloristica.
N
1
ORIGENE, Perì Archôn I,2,8; cf anche GREGORIO DI NAZIANZO, Or. in Epiph. PG XXXVI, 313 B; MASSIMO IL
CONFESSORE, Ambigua XCI, 1285 C/1288 A, e Capita Gnostica 2,37, PG XC, 1141 C (Duecento Capitoli del nostro padre
Massimo Confessore intorno alla teologia e al piano dell’incarnazione del figlio di Dio, PG 90, 1083-84); PSEUDO-MACARIO,
Omelia, 4, 10, in L. CREMASCHI, ed., Pseudo-Macario, Spirito e fuoco. Omelie spirituali (collezione II), Magnano 1995, 8889).
2
Regola Bollata (1223), IX,2 in Fonti Francescane, Movimento Francescano, Assisi 1977 [2a rist. 1978] n. 98.
iversa strutturalmente è la tradizione orientale che, invece, non conosce il presepio, ma celebra la Natività
attraverso l’Icona che nei colori e nella disposizione delle figure celebra e contempla il «Mistero» rivelato di
Dio, Uno e Trinità. E’ la visione contemplativa, teologica ed escatologica del cuore della Fede.
D
arte bizantina dal sec. IV raffigura il Bambino, appena nato, deposto nella mangiatoia che ha la forma di
sarcofago, prefigurando già nella nascita anche la morte non ancora accaduta. La nascita di Gesù è, dunque,
riletta alla luce del «Mistero Pasquale», cioè della morte, risurrezione e ascensione di Gesù.
L’
ella mistica orientale, l’Icona non è un quadro o un dipinto ornamentale, ma il «luogo» dove Dio si «incarna/
si manifesta» visibilmente per farsi prossimo di chi guarda e, guardando con gli occhi, contempla con l’anima,
oltre ciò che vede, perché attraverso i colori della divinità e le figure dipinte, si possa immergere nel mistero del
«Lògos [che] carne fu fatto (Gv 1,14).
N
Nell’icona di ALESSANDRO GENTA, qui esposta, osserviamo:
aria è al centro, ai piedi della montagna, dove cielo e terra si incontrano per la nascita di Gesù Signore. Ella
volge le spalle al Bambino per segnalare distacco da lui, che pure ha dato alla luce, ma non gli appartiene
perché è consapevole che, pur essendo suo figlio, è prima ancora «Figlio di Dio». E’ la gerarchia della verità: Maria
non è Dio, è la Madre adagiata su un materasso rosso, il colore dei re, qui della regalità divina che l’avvolge.
M
atteggiamento di Maria esprime in forma sublime l’affidamento di sé alla volontà divina nella cui profondità s’immerge: «Sua Madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51). Allo stesso tempo e mette
in evidenza l’affidamento di Gesù alla volontà del Padre con cui è una cosa sola: «Sono disceso dal cielo non per
fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38).
L’
l Bambino è nella culla/mangiatoia/sarcofago, «sacramento» simbolico dell’Eucaristia che nutre (mangiatoia) e
della morte, plasticamente richiamata dal sepolcro, immagine reale del suo sacrificio di salvezza.
I
S
an Giuseppe sta in disparte, in una posizione defilata, non primaria, in atteggiamento riflessivo, in compagnia
del dubbio, ma senza pregiudizio perché è volto vero la Natività. La figura di San Giuseppe, padre putativo o
legale, è piccola, quasi insignificante, davanti alla Paternità di Dio che lo ha convocato a servizio del Bambino e
di sua Madre. Per questo Giuseppe è «uomo giusto» (Mt 1,19).
li angeli lodanti ringraziano lo Spirito Santo, Sapienza e Potenza, che scende dal cielo e qui raffigurato dalla
stella cometa ornata da tre raggi, simbolo del Mistero trinitario. La cometa/Spirito discende nella caverna
oscura, immagine degli «inferi» che attendono la salvezza portata dal Bambino perché Gesù dalla Croce redime
anche coloro che aspettavano la sua venuta nel sonno della morte: «Discese agli inferi» (Credo dell’Eucaristia).
G
l vero protagonista dell’icona, non è il Bambino, ma la Volontà di Dio, cioè il suo Progetto di Alleanza, il suo
Disegno di Umanità intrisa e pervasa di Divinità, simboleggiati dal Bambino e dalla Madre, dall’Uomo e dalla
Donna, da Dio Sposo e dal suo Popolo Sposa. Ognuno di noi porta in sé la fiamma della Presenza di Dio.
I
utto il clima che promana dall’Icona è pervaso da un senso di serena mestizia e, contemporaneamente, di
gioiosa e dolorosa attesa pacificata, che ispira sentimenti di profondità e di silenzio contemplativo, quasi a dire:
T
Non celebrate la mia nascita,
ché Io-Sono da sempre
- dice il Signore -;
celebrate piuttosto la rinascita vostra
di creature nuove.
[Icona e scritto di Alessandro Genta, pittore - Genova Natale 2012]