Giornate di spiritualità della Famiglia salesiana Tavola rotonda – 20 gennaio 2005 Suor Antonia Colombo TEMA: CONTRIBUTO DELLA DONNA NELLA CHIESA, OGGI La via dell’incontro Come la Samaritana del Vangelo, la donna oggi è chiamata nella Chiesa a privilegiare la via dell’incontro. Incontro anzitutto con Cristo, che porta alla verità su noi stesse, facendoci abbandonare le nostre vecchie anfore e suscitando una domanda più profonda: dov’è tuo marito? La giovane donna di oggi, come la Samaritana, sembra avere molti mariti, molti idoli – culto dell’immagine esteriore di sé, enfatizzazione del corpo come strumento di piacere, ricerca del successo … - che la rinchiudono in false sicurezze e le impediscono una libertà profonda. L’incontro con Gesù svela pienamente il suo essere e la sua missione. Le fa sentire il mistero profondo che la avvolge: così che si scopre raggiunta e amata da uno che la conosce fino in fondo; avverte il bisogno di limpidezza nei rapporti, l’urgenza di comunicare ad altri il motivo che la rende felice. Diventa così evangelizzatrice della sua gente. La sua missione è ora portare a Gesù. Tanta gioventù naviga oggi nelle acque del non-senso, di una vita apparentemente appagante, piena di tante cose, ma priva di orientamento e di felicità vera. Le sue anfore sono vuote; il pozzo a cui attinge è screpolato. Si lascia spesso attrarre dai falsi miraggi di una vita facile, priva di impegno e responsabilità. La donna credente, oggi, può trasformarsi in samaritana per tanti giovani. Uomo e donna a immagine e somiglianza di Dio Nel suo commento alla Strenna il Rettor Maggiore precisa che ringiovanire il volto della Chiesa non è opera di lifting. L’apporto che l’uomo e la donna possono offrire nella Chiesa per renderla più bella e attraente è radicato nel principio biblico espresso nel libro della Genesi: «Dio creò la persona umana a sua immagine, maschio e femmina li creò» (Gn 1,27). È il principio di reciprocità che rivela il disegno di Dio sulla persona umana. La somiglianza con Lui, iscritta come qualità personale dell’uomo e della donna, è per entrambi una chiamata e un compito: chiamata a vivere in comunione; compito di valorizzare la diversità nel reciproco arricchimento e nel servizio alla vita. Se le donne, consapevoli della loro specifica chiamata, si aiutano a viverla come un compito, superando i forti condizionamenti sociali antichi e nuovi, possono offrire un contributo insostituibile alla cultura della vita, denunciando il pericolo di un progresso unilaterale, che può comportare una graduale scomparsa della sensibilità per ciò che è essenzialmente umano. In questo senso, soprattutto i nostri giorni, attendono la manifestazione del genio della donna che assicuri la sensibilità per l’essere umano in ogni circostanza, per il solo fatto che è persona umana (cf Mulieris Dignitatem, n. 30). 2 Vita e vangelo: la missione della donna Ringiovanire il volto della Chiesa è opera di Spirito Santo, ma esige la mediazione di persone disposte a lasciarsi trasformare dalla sua azione, a vivere secondo lo spirito di Gesù e la realtà delle beatitudini evangeliche. In questa linea è l’apporto delle donne a favore della vita e della umanizzazione della cultura, la disponibilità a prendersi cura della ricostruzione del tessuto sociale quando è lacerato da tensioni o a rendere possibile la sopravvivenza per tutti in situazioni precarie o di guerra, l’impegno a denunciare situazioni che interrogano la nostra coscienza e responsabilità. Penso al fenomeno del traffico delle donne e dei bambini per il commercio sessuale. Non sono solo le donne e i bambini le vittime nella perdita della loro dignità, ma tutti coloro che sfruttano la corporeità umana e mercificano il dono della sessualità. Gli effetti più gravi sono la perdita del genuino senso dell’amore umano, la disgregazione della famiglia, la disumanizzazione della cultura. Oltre alla denuncia, questa situazione chiede, particolarmente a noi donne, di impegnarci nella elaborazione e realizzazione di una proposta educativa che trasmetta il senso della vita come dono e come vocazione per tutti. L’antropologia biblica a cui ho accennato, proietta una luce nuova non solo sulla comprensione della relazione uomo-donna, ma anche sulla bellezza di ogni differenza umana - personale e culturale - quando è assunta come polo di reciproco potenziamento nell’accoglienza, nel dialogo, nella comunione. Lavorare per la dignità dell’umano, mentre aiuta l’uomo e la donna a vivere secondo il disegno originario di Dio, rende più bella e giovane la Chiesa, dove figli e figlie di Dio si accolgono valorizzandosi reciprocamente, celebrando insieme la festa di sentirsi amati da Lui e chiamati a trasmettere lo stesso amore ad altri. Offrire speranza I giovani e il futuro camminano insieme: uno slogan spesso usato nei nostri centri giovanili. La giovinezza è proiettata sul futuro, ha bisogno di prospettive, di sognare un avvenire diverso. È stato detto che il mondo apparterrà domani a chi avrà offerto una speranza più grande. Qual è la speranza che noi possiamo offrire? La certezza che il Dio-con-noi, dal momento dell’incarnazione, abita la nostra storia e la conduce verso fini di salvezza. Ma il Dio-con-noi ha bisogno delle nostre mani, della nostra azione, della nostra vita per organizzare la speranza. In quanto donne, siamo particolarmente sensibili alle forme di ingiustizia sociale e di discriminazione, di cui le donne soffrono le conseguenze più gravi. Per avvicinare le giovani donne alla Chiesa, dobbiamo farci buone samaritane della loro vita. L’icona del samaritano, insieme a quella della samaritana, è stata lo sfondo del Congresso sulla Vita Consacrata, a cui ho partecipato con altri circa 850 consacrati e consacrate, nel novembre scorso. Credo che il nostro compito consista nel coscientizzare le donne circa la loro dignità, aiutandole ad essere più consapevoli delle proprie risorse, della loro capacità di resistenza, abilitandole ad elaborare proposte e azioni alternative. Esse potrebbero avere spazi maggiori nella partecipazione ai processi che riguardano la pace, lo sviluppo sostenibile, l’affermazione dei diritti umani. 3 Come Istituto, gestiamo centri di promozione delle donne mediante corsi di alfabetizzazione e cura della salute; gruppi di auto-aiuto, coordinamento di micro-crediti e altre iniziative che mirano al potenziamento dell’autocoscienza femminile, alla riappropriazione del compito di agenti di trasformazione della propria esistenza e della situazione economica, sociale, culturale e religiosa delle loro famiglie e, attraverso di esse, della società e della Chiesa in quanto tale. Siamo convinte che la lotta contro la povertà di ogni tipo, passando per il cuore e la mente delle donne, può sbocciare nelle relazioni di reciprocità tra persone, nazioni, culture e religioni. Può rendere le donne testimoni della risurrezione che è il cuore dell’annuncio evangelico della Chiesa in ogni tempo. Guardare a Maria Maria è donna di relazione. Ha conosciuto quella più intima e profonda di portare Gesù nel grembo: una relazione nata dall’adesione al disegno del Padre che le chiedeva il consenso di generare in lei l’umanità del Figlio col solo intervento dello Spirito. Lei si è fidata, ha creduto alla parola. Per questo è considerata madre e modello della Chiesa. Da Maria la Chiesa apprende l’accoglienza, nella fede, della parola di Dio, la conoscenza più intima di Gesù e della sua compassione per ogni uomo e donna. Il volto giovane della Chiesa risplende in Maria, donna del sì, madre dei credenti. Il riferimento alle sue disposizioni di ascolto, di accoglienza, di umiltà, di fedeltà, di lode, di attesa toglie le rughe della pesantezza, della stanchezza, della sterilità. La sua attenzione a ciò che è piccolo, debole, indifeso, bisognoso di cure, il suo essere madre, mentre la pone a modello di tutta la Chiesa, è particolarmente congeniale alla donna, che vive tutto ciò con maggiore intensità e naturalezza. Per questa realtà il ruolo della donna nella Chiesa è di particolare importanza. L’invito di Maria Domenica Mazzarello - collaboratrice con don Bosco alla fondazione del nostro Istituto - ad essere vere immagini di Maria è appello ad aprirci all’esperienza della vita nello Spirito, vivendo con Maria il cammino di conformazione a Cristo per cui Ella ci è madre e maestra. Alla sua scuola impariamo come si vive da credenti cristiani e come si educa ad essere tali, ad essere umani secondo il disegno di Dio. Accogliendo nella nostra esistenza la persona di Maria, donna della nuova Alleanza, impariamo a superare la paura della realtà complessa in cui viviamo, a credere che il messaggio salvifico di Cristo è universale e a proporre la persona di Gesù, o almeno i valori evangelici, con la testimonianza della nostra vita, delle relazioni che valorizzano ogni persona in quanto tale. Maria è la via che conduce a Cristo e avvicina i giovani a Cristo. Dove l’identità mariana è sfocata, anche la vita cristiana illanguidisce. Testimoniare la gioia e l’impegno di appartenenza alla Chiesa La Chiesa – richiama il Rettor Maggiore – è la Madre della nostra fede. Nella Chiesa scopriamo la nostra vera vocazione, che è sempre vocazione all’amore – come ricorda Teresa del Bambino Gesù. La nostra realizzazione in quanto donne non sta tanto nei compiti o responsabilità che in essa possiamo ricoprire, ma nell’amore. Questa priorità apre possibilità e spazi impensati. 4 Non basta proclamarlo a parole; occorre condividere insieme, come Famiglia salesiana, un cammino e a questo educare i giovani. Si tratta di un percorso che ci rende accompagnatrici e accompagnatori dei giovani. La nostra stessa testimonianza di comunione nel vivere in modo differenziato l’identità cristiana suscita interrogativi di senso, aiuta a scoprire il proprio progetto di vita, invoglia a spendersi per gli altri. La disaffezione dei giovani alla Chiesa è anzitutto disaffezione degli adulti. Spesso, soprattutto i giovani, registrano una distanza troppo grande tra la proposta della Chiesa e la vita. La storia, la cultura, l’ambiente chiamano in causa la responsabilità dei cristiani. La testimonianza di adulti che non sono perfetti, ma che si lasciano plasmare dall’ascolto attivo della Parola, dalle sue esigenze di conversione è una forte provocazione per i giovani; un invito a venire e a vedere dove abita il Maestro, dove abita la verità che fa liberi ed è capace di incarnarsi, di diventare vita, dove trovare risposte alle domande profonde del cuore umano. Giovani invisibili? È abbastanza frequente oggi sentir parlare di giovani invisibili: giovani che non fanno opinione, non ricoprono ruoli decisionali e hanno pochi contatti con le istituzioni; giovani eterni adolescenti, spesso conformisti, consumisti, senza sogni, utopie, progetti. Personalmente sono convinta che vada affermandosi gradualmente ma decisamente una nuova visibilità giovanile. Sta crescendo, in questi anni, il numero di giovani che desiderano esserci, esprimendo una presenza propositiva nella Chiesa e nella società. Sono giovani sensibili al valore e alla priorità della vita, disponibili a rendersi solidali con altre persone che hanno minori possibilità di crescere in umanità; aperti al valore dell’ecologia, consapevoli che solo una nuova alleanza tra società civile e natura potrà assicurare opportunità di vita e di sviluppo anche alle prossime generazioni. Giovani che ricercano la pace e vogliono sentirsi cittadini del mondo; giovani dal volto solidale, come dimostra l’attrazione per il volontariato. Sono questi i nuovi valori, o forse i nuovi linguaggi in cui tali valori vengono espressi. Sta a noi saperli cogliere, interpretare, incoraggiare, prestando attenzione non solo al disagio degli esclusi, ma ai messaggi che provengono dagli inclusi, dai ragazzi normali, anche da quelli che frequentano le assemblee domenicali. Essi chiedono agli adulti presenza e accompagnamento, orientamento onesto e competente che li aiuti a situarsi nella complessa realtà sociale e a trovare il loro modo peculiare di vivere e sentirsi responsabili. Chiedono soprattutto fiducia. Essa è il perno del metodo educativo di don Bosco perché aiuta a scoprire nei giovani le potenzialità di bene, ad orientarle verso mete di comunione e di condivisione. I giovani amano sentirsi dire la verità, anche se sulle prime essa può sconcertare. Se chi la proclama è riflesso di Cristo e della sua Chiesa, essi sanno abbracciarla e arrivano a spendere la propria vita per Cristo e per la Chiesa, suo Corpo. La donna, come la Samaritana, può aiutare a rendere giovane il volto della Chiesa quando annuncia Cristo e porta a Cristo con la vita, diventando testimone non di una Chiesa dei privilegi, ma di una Chiesa diaconale, che loda il suo Signore, lo ama e lo serve specialmente nei poveri.